Familiaris consortio IT 59
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59. La Chiesa prega per la famiglia cristiana e la educa a vivere in generosa coerenza con il dono e il compito sacerdotale, ricevuti da Cristo Sommo Sacerdote.
In realtà, il sacerdozio battesimale dei fedeli, vissuto nel matrimonio-sacramento, costituisce per i coniugi e per la famiglia il fondamento di una vocazione e di una missione sacerdotale, per la quale le loro esistenze quotidiane si trasformano in "sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (cfr. 1P 2,5): è quanto avviene, non solo con la celebrazione dell'Eucaristia e degli altri sacramenti e con l'offerta di se stessi alla gloria di Dio, ma anche con la vita di preghiera, con il dialogo orante col Padre per Gesù Cristo nello Spirito Santo.
La preghiera familiare ha sue caratteristiche. E' una preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme. La comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto ed esigenza di quella comunione che viene donata dai sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai membri della famiglia cristiana si possono applicare in modo particolare le parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza: "In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,19s).
Tale preghiera ha come contenuto originale la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo appello: gioie e dolori, speranze e tristezze, nascite e compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze, lontananze e ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di persone care, ecc.
segnano l'intervento dell'amore di Dio nella storia della famiglia, così come devono segnare il momento favorevole per il rendimento di grazie, per l'implorazione, per l'abbandono fiducioso della famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La dignità, poi, e la responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa domestica possono essere vissute solo con l'aiuto incessante di Dio, che immancabilmente sarà concesso, se sarà implorato con umiltà e fiducia nella preghiera.
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60. In forza della loro dignità e missione, i genitori cristiani hanno il compito specifico di educare i figli alla preghiera, di introdurli nella progressiva scoperta del mistero di Dio e nel colloquio con lui: "Soprattutto nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e della missione del matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il prossimo secondo la fede che hanno ricevuto nel battesimo" (GE 5; cfr. Giovanni Paolo PP. II CTR 36).
Elemento fondamentale e insostituibile dell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto, la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare. Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha rivolto ai genitori: "Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate, in consonanza con i sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età: confessione, comunione, cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo sofferente? A invocare l'aiuto della Madonna e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L'esempio vostro, nella rettitudine del pensiero e dell'azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche: "Pax huic domui!" Ricordate: così costruite la Chiesa!" (Discorso all'Udienza generale (11 agosto 1976): "Insegnamenti di Paolo VI", XIV (1976) 640).
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61. Tra la preghiera della Chiesa e quella dei singoli fedeli vi è un profondo e vitale rapporto, come ha chiaramente riaffermato il Concilio Vaticano II (cfr. "Sacrosantum Concilium", 12). Ora una finalità importante della preghiera della Chiesa domestica è di costituire, per i figli, la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera Chiesa, nel senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della vita personale, familiare e sociale. Di qui la necessità di una progressiva partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana all'Eucaristia, soprattutto domenicale e festiva, e agli altri sacramenti, in particolare quelli dell'iniziazione cristiana dei figli. Le direttive conciliari hanno aperto una nuova possibilità alla famiglia cristiana, che è stata annoverata tra i gruppi ai quali si raccomanda la celebrazione comunitaria dell'Ufficio divino (cfr. "Institutio Generalis de Liturgia Horarum" 27). così pure sarà cura della famiglia cristiana celebrare, anche nella casa e in forma adatta ai suoi membri, i tempi e le festività dell'anno liturgico.
Per preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà, di forme: questa varietà mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo cui lo Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle diverse esigenze e situazioni di vita di chi si rivolge al Signore. Oltre alla preghiera del mattino e della sera, sono espressamente da consigliare, seguendo anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la meditazione della Parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine Santissima, la benedizione della mensa, l'osservanza della pietà popolare.
Nel rispetto della libertà dei figli di Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli alcune pratiche di pietà con una particolare sollecitudine ed insistenza. Tra queste è da ricordare la recita del Rosario: "Vogliamo ora, in continuità con i nostri predecessori, raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia... Non v'è dubbio che la Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera. il Rosario ne sia espressione frequente e gradita" (Paolo PP. VI "Marialis Cultus", 52-54). così l'autentica devozione mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima, costituisce uno strumento privilegiato per alimentare la comunione d'amore della famiglia e per sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera speciale anche la Madre delle famiglie cristiane delle Chiese domestiche.
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62. Non si dovrà mai dimenticare che la preghiera è parte costitutiva essenziale della vita cristiana, colta nella sua integralità e centralità, anzi appartiene alla nostra stessa "umanità": è "la prima espressione della verità interiore dell'uomo, la prima condizione dell'autentica libertà dello spirito" (Giovanni Paolo PP. II, Discorso al Santuario della Mentorella (29 Ottobre 1978): ", I (1978) 78 s.).
Per questo la preghiera non rappresenta affatto un'evasione dall'impegno quotidiano, ma costituisce la spinta più forte perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal senso, l'effettiva partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all'intensità della preghiera con la quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo Signore (cfr. AA 4).
Dall'unione vitale con Cristo, alimentata dalla liturgia, dall'offerta di sé e dalla preghiera, deriva pure la fecondità della famiglia cristiana nel suo specifico servizio di promozione umana, che di per se non può non portare alla trasformazione del mondo (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso ai Vescovi della XII Regione Pastorale degli Stati Uniti d'America (21 Settembre 1978): ASS 70 (1978) 767).
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63. La Chiesa, popolo profetico-sacerdotale-regale, ha la missione di portare tutti gli uomini ad accogliere nella fede la Parola di Dio, e celebrarla e professarla nei sacramenti e nella preghiera, ed infine a manifestarla nella concretezza della vita secondo il dono e il comandamento nuovo dell'amore.
La vita cristiana trova la sua legge non in un codice scritto, ma nell'azione personale dello Spirito Santo che anima e guida il cristiano, cioè nella "legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù" (Rm 8,2): "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).
Ciò ha valore anche per la coppia e per la famiglia cristiana: loro guida e norma è lo Spirito di Gesù, diffuso nei cuori con la celebrazione del sacramento del matrimonio. In continuità col battesimo nell'acqua e nello Spirito il matrimonio ripropone la legge evangelica dell'amore e col dono dello Spirito la incide più a fondo nel cuore dei coniugi cristiani: il loro amore, purificato e salvato, è frutto dello Spirito, che agisce nel cuore dei credenti, e si pone, nello stesso tempo, come il comandamento fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà responsabile.
La famiglia cristiana viene così animata e guidata con la legge nuova dello Spirito ed in intima comunione con la Chiesa, popolo regale, è chiamata a vivere il suo "servizio" d'amore a Dio e ai fratelli. Come Cristo esercita la sua potestà regale ponendosi al servizio degli uomini (Mc 10,45), così il cristiano trova il senso autentico della sua partecipazione alla regalità del suo Signore nel condividerne lo spirito e il comportamento di servizio nei confronti dell'uomo: "Questa potestà Egli (Cristo) l'ha comunicata ai discepoli, perché anch'essi siano costituiti nella libertà regale e con l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato (cfr. Rm 6,12), anzi, servendo a Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare. Il Signore infatti desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè "della verità e della vita, il regno della santità e della grazia, il regno della giustizia, dell'amore e della pace"; e in questo regno anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8,21)" (LG 36).
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64. Animata e sostenuta dal comandamento nuovo dell'amore, la famiglia cristiana vive l'accoglienza, il rispetto, il servizio verso ogni uomo, considerato sempre nella sua dignità di persona e di figlio di Dio.
Ciò deve avvenire, anzitutto, all'interno e a favore della coppia e della famiglia, mediante il quotidiano impegno a promuovere un'autentica comunità di persone, fondata e alimentata dall'interiore comunione di amore. Ciò deve poi svilupparsi entro la più vasta cerchia della comunità ecclesiale, entro cui la famiglia cristiana è inserita: grazie alla carità della famiglia, la Chiesa può e deve assumere una dimensione più domestica, cioè più familiare, adottando uno stile più umano e fraterno di rapporti.
La carità va oltre i propri fratelli di fede, perché "ogni uomo è mio fratello"; in ciascuno, soprattutto se povero, debole, sofferente e ingiustamente trattato, la carità sa scoprire il volto di Cristo e un fratello da amare e da servire.
Perché il servizio dell'uomo sia vissuto dalla famiglia secondo lo stile evangelico, occorrerà attuare con premura quanto scrive il Concilio Vaticano II: "Affinché tale esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni sospetto e manifestarsi tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo Signore al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso" (AA 8) La famiglia cristiana, mentre nella carità edifica la Chiesa, si pone al servizio dell'uomo e del mondo, attuando veramente quella "promozione umana", il cui contenuto è stato sintetizzato nel Messaggio del Sinodo alle famiglie: "Un altro compito della famiglia è quello di formare gli uomini all'amore e di praticare l'amore in ogni rapporto con gli altri, cosicché essa non si chiuda in se stessa, bensì rimanga aperta alla comunità, essendo mossa dal senso della giustizia e dalla sollecitudine verso gli altri, nonché dal dovere della propria responsabilità verso la società intera" (Messaggio del VI Sinodo dei Vescovi alle Famiglie cristiane nel mondo contemporaneo, 12 (24 Ottobre 1980)).
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65. Come ogni realtà vivente, anche la famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere. Dopo la preparazione del fidanzamento e la celebrazione sacramentale del matrimonio, la coppia inizia il cammino quotidiano verso la progressiva attuazione dei valori e dei doveri del matrimonio stesso.
Alla luce della fede e in virtù della speranza, anche la famiglia cristiana partecipa, in comunione con la Chiesa, all'esperienza del pellegrinaggio terreno verso la piena rivelazione e realizzazione del Regno di Dio.
Perciò è da sottolineare una volta di più l'urgenza dell'intervento pastorale della Chiesa a sostegno della famiglia. Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si affermi e si sviluppi, dedicandosi a un settore veramente prioritario, con la certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa domestica (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Discorso alla III Assemblea Generale dei Vescovi dell'America Latina, IV, a (28 Gennaio 1979): AAS 71 (1979) 204).
La sollecitudine pastorale della Chiesa non si limiterà soltanto alle famiglie cristiane più vicine, ma, allargando i propri orizzonti sulla misura del Cuore di Cristo, si mostrerà ancor più viva per l'insieme delle famiglie in genere, e per quelle, in particolare, che si trovano in situazioni difficili o irregolari. Per tutte la Chiesa avrà una parola di verità, di bontà, di comprensione, di speranza, di viva partecipazione alle loro difficoltà a volte drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto disinteressato affinché possano avvicinarsi al modello di famiglia, che il Creatore ha voluto fin dal "principio" e che Cristo ha rinnovato con la sua grazia redentrice.
L'azione pastorale della Chiesa deve essere progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia, accompagnandola passo a passo nelle diverse tappe della sua formazione e del suo sviluppo.
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66. Più che mai necessaria ai nostri giorni è la preparazione dei giovani al matrimonio e alla vita familiare. In alcuni Paesi sono ancora le famiglie stesse che, secondo antiche usanze, si riservano di trasmettere ai giovani i valori riguardanti la vita matrimoniale e familiare, mediante una progressiva opera di educazione o iniziazione. Ma i mutamenti sopravvenuti in seno a quasi tutte le società moderne esigono che non solo la famiglia, ma anche la società e la Chiesa siano impegnate nello sforzo di preparare adeguatamente i giovani alle responsabilità del loro domani. Molti fenomeni negativi che oggi si lamentano nella vita familiare derivano dal fatto che, nelle nuove situazioni, i giovani non solo perdono di vista la giusta gerarchia dei valori, ma, non possedendo più criteri sicuri di comportamento, non sanno come affrontare e risolvere le nuove difficoltà. L'esperienza pero insegna che i giovani ben preparati alla vita familiare in genere riescono meglio degli altri.
Ciò vale ancor più per il matrimonio cristiano, il cui influsso si estende sulla santità di tanti uomini e donne. Per questo la Chiesa deve promuovere migliori e più intensi programmi di preparazione al matrimonio, per eliminare, il più possibile, le difficoltà in cui si dibattono tante coppie a ancor più per favorire positivamente il sorgere e il maturare dei matrimoni riusciti.
La preparazione al matrimonio va vista e attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti, comporta tre principali momenti: una preparazione remota, una prossima e una immediata.
La preparazione remota ha inizio fin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare, orientata a condurre i fanciulli a scoprire se stessi come esseri dotati di una ricca e complessa psicologia e di una personalità particolare con le proprie forze e debolezze. E' il periodo in cui va istillata la stima per ogni autentico valore umano, sia nei rapporti interpersonali, sia in quelli sociali, con quel che ciò significa per la formazione del carattere, per il dominio ed il retto uso delle proprie inclinazioni, per il modo di considerare e incontrare le persone dell'altro sesso, e così via. E' richiesta, inoltre, specialmente per i cristiani, una solida formazione spirituale e catechetica, che sappia mostrare nel matrimonio una vera vocazione e missione, senza escludere la possibilità del dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita sacerdotale o religiosa.
Su questa base in seguito si imposterà, a largo respiro, la preparazione prossima, la quale - dall'età opportuna e con un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale - comporta una più specifica preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa rinnovata catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto necessaria, affinché il sacramento sia celebrato e vissuto con le dovute disposizioni morali e spirituali. La formazione religiosa dei giovani dovrà essere integrata, al momento conveniente e secondo le varie esigenze concrete, da una preparazione alla vita a due che, presentando il matrimonio come un rapporto interpersonale dell'uomo e della donna da svilupparsi continuamente, stimoli ad approfondire i problemi della sessualità coniugale e della paternità responsabile, con le conoscenze medico-biologiche essenziali che vi sono connesse, ed avvii alla familiarità con retti metodi di educazione dei figli, favorendo l'acquisizione degli elementi di base per un'ordinata conduzione della famiglia (lavoro stabile, sufficiente disponibilità finanziaria, saggia amministrazione, nozioni di economia domestica, ecc.).
lnfine non si dovrà tralasciare la preparazione all'apostolato familiare, alla fraternità e collaborazione con le altre famiglie, all'inserimento attivo in gruppi, associazioni, movimenti e iniziative che hanno per finalità il bene umano e cristiano della famiglia.
La preparazione immediata a celebrare il sacramento del matrimonio deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che precedono le nozze quasi a dare un nuovo significato, nuovo contenuto e forma nuova al cosiddetto esame prematrimoniale richiesto dal diritto canonico. Sempre necessaria in ogni caso, tale preparazione si impone con maggiore urgenza per quei fidanzati che ancora presentassero carenze e difficoltà nella dottrina e nella pratica cristiana.
Tra gli elementi da comunicare in questo cammino di fede, analogo al catecumenato, ci deve essere anche una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di responsabilità del matrimonio cristiano, nonché la preparazione a prendere parte attiva e consapevole ai riti della liturgia nuziale.
Alle diverse fasi della preparazione al matrimonio - che abbiamo descritto solo a grandi linee indicative - devono sentirsi impegnate la famiglia cristiana e tutta la comunità ecclesiale. E' auspicabile che le conferenze episcopali, come sono interessate ad opportune iniziative per aiutare i futuri sposi ad essere più consapevoli della serietà della loro scelta e i pastori d'anime ad accertarsi delle loro convenienti disposizioni, così curino che sia emanato un Direttorio per la pastorale della famiglia. In esso si dovranno stabilire, anzitutto, gli elementi minimi di contenuto, di durata e di metodo dei "Corsi di preparazione", equilibrando fra loro i diversi aspetti - dottrinali, pedagogici, legali e medici - che interessano il matrimonio, e strutturandoli in modo che quanti si preparano al matrimonio, al di là di un approfondimento intellettuale, si sentano spinti ad inserirsi vitalmente nella comunità ecclesiale.
Benché il carattere di necessità e di obbligatorietà della preparazione immediata al matrimonio non sia da sottovalutare - ciò che succederebbe qualora se ne concedesse facilmente la dispensa - tuttavia, tale preparazione, deve essere sempre proposta e attuata in modo che la sua eventuale omissione non sia di impedimento per la celebrazione delle nozze.
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67. Il matrimonio cristiano richiede di norma una celebrazione liturgica, che esprima in forma sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e sacramentale del patto coniugale fra i battezzati.
In quanto gesto sacramentale di santificazione, la celebrazione del matrimonio - inserita nella liturgia, culmine di tutta l'azione della Chiesa e fonte della sua forza santificatrice (cfr. "Sacrosantum Concilium" 10) - deve essere per sé valida, degna e fruttuosa. Si apre qui un vasto campo alla sollecitudine pastorale, affinché siano pienamente assolte le esigenze derivanti dalla natura del patto coniugale elevato a sacramento, e sia altresì fedelmente osservata la disciplina della Chiesa per quanto riguarda il libero consenso, gli impedimenti, la forma canonica e il rito stesso della celebrazione. Quest'ultimo dev'essere semplice e dignitoso, secondo le norme delle competenti autorità della Chiesa, alle quali spetta pure - secondo le concrete circostanze di tempo e di luogo e in conformità con le norme impartite dalla Sede Apostolica (cfr. "Ordo celebrandi Matrimonium", 17) - di assumere eventualmente nella celebrazione liturgica quegli elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgono ad esprimere il profondo significato umano e religioso del patto coniugale purché nulla contengano di meno confacente con la fede e la morale cristiana.
In quanto segno, la celebrazione liturgica deve svolgersi in modo da costituire, anche nella sua realtà esteriore, una proclamazione della Parola di Dio e una professione di fede della comunità dei credenti. L'impegno pastorale si esprimerà qui con la cura intelligente e diligente della "liturgia della Parola" e con l'educazione alla fede dei partecipanti alla celebrazione e, in primo luogo, dei nubendi.
In quanto gesto sacramentale della Chiesa, la celebrazione liturgica del matrimonio deve coinvolgere la comunità cristiana, con la partecipazione piena, attiva e responsabile di tutti i presenti, secondo il posto e il compito di ciascuno: gli sposi, il sacerdote, i testimoni, i parenti, gli amici, gli altri fedeli, tutti membri di un'assemblea che manifesta e vive il mistero di Cristo e della sua Chiesa.
Per la celebrazione del matrimonio cristiano nell'ambito delle culture o tradizioni ancestrali, si seguano i principi qui sopra enunziati.
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68. Proprio perché nella celebrazione del sacramento una attenzione tutta speciale va riservata alle disposizioni morali e spirituali dei nubendi, in particolare alla loro fede, va qui affrontata una difficoltà non infrequente, nella quale possono trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto della nostra società secolarizzata.
La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di sposarsi può esistere in gradi diversi ed è dovere primario dei pastori di farla riscoprire, di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni che consigliano alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è imperfettamente disposto. Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell'economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore "al principio". La decisione dunque dell'uomo e della donna di sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche se non in modo pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla volontà di Dio, che non può darsi senza la sua grazia. Essi sono già, pertanto, inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza, che la celebrazione del sacramento e l'immediata preparazione alla medesima possono completare e portare a termine, data la rettitudine della loro intenzione.
E' vero, d'altra parte, che in alcuni territori motivi di carattere più sociale che non autenticamente religioso spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa. La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che riguarda solo chi si sposa. Esso è per sua stessa natura un fatto anche sociale, che impegna gli sposi davanti alla società. E da sempre la sua celebrazione è stata una festa, che unisce famiglie ed amici. Va da sé, dunque, che motivi sociali entrino, assieme a quelli personali, nella richiesta di sposarsi in chiesa.
Tuttavia, non si deve dimenticare che questi fidanzati, in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti nell'Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e che, per la loro retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a ciò che la Chiesa intende fare quando celebra il matrimonio. E, dunque, il solo fatto che in questa richiesta entrino anche motivi di carattere sociale non giustifica un eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del resto, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, i sacramenti con le parole e gli elementi rituali nutrono ed irrobustiscono la fede (cfr. "Sacrosantum Concilium", 59): quella fede verso cui i fidanzati già sono incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la grazia di Cristo non manca certo di favorire e di sostenere.
Voler stabilire ulteriori criteri di ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi rischi. Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati, con grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate inquietudini per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di contestare o di mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di fratelli separati dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo così la tradizione ecclesiale.
Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati, il pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione. Anche se a malincuore, egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far comprendere agli interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa ma sono essi stessi ad impedire quella celebrazione che pure domandano.
Ancora una volta appare in tutta la sua urgenza la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non solo validamente ma anche fruttuosamente.
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69. La cura pastorale della famiglia regolarmente costituita significa, in concreto, l'impegno di tutte le componenti della comunità ecclesiale locale nell'aiutare la coppia a scoprire e a vivere la sua nuova vocazione e missione.
Perché la famiglia divenga sempre più una vera comunità di amore, è necessario che tutti i suoi membri siano aiutati e formati alle loro responsabilità di fronte ai nuovi problemi che si presentano, al servizio reciproco, alla compartecipazione attiva alla vita di famiglia.
Ciò vale soprattutto per le giovani famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio, ad eventuali difficoltà, come quelle create dall'adattamento alla vita in comune o dalla nascita di figli. I giovani coniugi sappiano accogliere cordialmente e valorizzare intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e generoso di altre coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del matrimonio e della famiglia. così in seno alla comunità ecclesiale - grande famiglia formata da famiglie cristiane - si attuerà un mutuo scambio di presenza e di aiuto fra tutte le famiglie, ciascuna mettendo a servizio delle altre la propria esperienza umana, come pure i doni di fede e di grazia. Animato da vero spirito apostolico, questo aiuto da famiglia a famiglia costituirà uno dei modi più semplici, più efficaci e alla portata di tutti per trasfondere capillarmente quei valori cristiani, che sono il punto di partenza e di arrivo di ogni cura pastorale. In tal modo le giovani famiglie non si limiteranno solo a ricevere, ma a loro volta, così aiutate, diverranno fonte di arricchimento per le altre famiglie, già da tempo costituite, con la loro testimonianza di vita e il loro contributo fattivo.
Nell'azione pastorale verso le giovani famiglie, poi, la Chiesa dovrà riservare una specifica attenzione per educarle a vivere responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di comunione e di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita di casa con la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società umana. Quando, con l'avvento dei figli, la coppia diventa in senso pieno e specifico una famiglia, la Chiesa sarà ancora vicina ai genitori perché accolgano i loro figli e li amino come dono ricevuto dal Signore della vita, assumendo con gioia la fatica di servirli nella loro crescita umana e cristiana.
L'azione pastorale è sempre espressione dinamica della realtà della Chiesa, impegnata nella sua missione di salvezza. Anche la pastorale familiare - forma particolare e specifica della pastorale - ha come suo principio operativo e come protagonista responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue strutture e i suoi operatori.
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70. Comunità al tempo stesso salvata e salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella sua duplice dimensione universale e particolare: questa si esprime e si attua nella comunità diocesana, pastoralmente divisa in comunità minori fra cui si distingue, per la sua peculiare importanza, la parrocchia.
La comunione con la Chiesa universale non mortifica, ma garantisce e promuove la consistenza e l'originalità delle diverse Chiese particolari; queste ultime restano il soggetto operativo più immediato e più efficace per l'attuazione della pastorale familiare. In tal senso ogni Chiesa locale e, in termini più particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la pastorale della famiglia. Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non deve mai prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia.
Alla luce di tale responsabilità va compresa anche l'importanza di un'adeguata preparazione da parte di quanti verranno più specificamente impegnati in questo genere di apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le religiose, fin dal tempo della loro formazione, vengano orientati e formati in maniera progressiva e adeguata ai rispettivi compiti. Fra le altre iniziative mi compiaccio di sottolineare la recente creazione in Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, di un Istituto Superiore consacrato allo studio dei problemi della famiglia. Anche in alcune diocesi sono stati fondati Istituti di questo genere; i Vescovi s'impegnino affinché il più gran numero possibile di sacerdoti, prima di assumere responsabilità parrocchiali, vi frequentino corsi specializzati. Altrove corsi di formazione vengono periodicamente tenuti presso Istituti Superiori di studi teologici e pastorali. Tali iniziative vanno incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed aperte, ovviamente, anche ai laici che presteranno la loro opera professionale (medica, legale, psicologica, sociale, educativa) in aiuto della famiglia.
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