Gemma a Mons Volpi
1 Aprile - maggio 1899
Monsignore,
Devo dirgli tante cose da parte di Gesù ed anche da parte mia. Non so se farò meglio a dirgliele a voce oppure se devo scrivergliele, ma mi pare che Gesù sia più contento se dico da me. Mi farebbe tanto piacere se per mezzo di Palmira mi volesse dire come devo fare.
Gli domando la sua benedizione e preghi tanto tanto Gesù per la povera
Gemma
2 Aprile-maggio 1899
Mercoldì passato mi feci un brutto sogno. Venerdì venni a confessarmi e non mi riuscì dirglielo; ieri Gesù mi gridò e mi disse che oggi venissi subito a dirglielo. Mi pareva di essere in chiesa dalle salesiane: pregavo, vedo uscire dalla sagrestia una monaca (in convento non l'avevo mai veduta). Mi venne a prendere per la mano e mi condusse alla grata di Chiesa. Mi disse che guardassi; infatti guardai e vidi la Superiora che piangeva e le altre monache tutte afflitte. Le dimandai che cosa avesse la Superiora che piangeva; mi rispose che aveva avuto un grosso dispiacere dalla Comunità e soggiunse: «Altri anche più grossi dovrà averne, se non farà ciò che vuole Gesù». Delle altre non mi disse niente, mi riprese per mano e mi condusse davanti al Cuor di Gesù, recitò una preghiera e alcuni Pater e mi faceva tutto ripetere anche a me. Infine mi disse che tutte le Comunioni che avessi fatto nella settimana le facessi in riparazione di un brutto scandalo avvenuto in questo convento tanto a Gesù caro, e mi disse che pregassi tanto tanto che Gesù è assai che sopporta. Guai a loro e a chi le guida, se ricusano di fare ciò che vuole Gesù e se negano di sentir la sua voce, non tarderanno a pentirsene, ma quando non saranno più in tempo, perché Gesù mai più farà regnare tra loro quella pace che da lungo tempo ha regnato: crescerà tra loro ogni giorno la discordia e presto saranno costrette a separarsi.
Infine mi disse che dicessi tutto al confessore e gli dicessi ancora che ogni giorno vi possono rimediare; anzi che il risultato è pronto, ma se poi ancora resistessero a Gesù, guai a loro.
Le dimandai quale fosse il rimedio; mi rispose che quando io avessi detto tutto avrebbero subito capito quale fosse questo rimedio. Mi riprese per mano e mi ricondusse alla grata e mi lasciò.
Giovedì poi, Gesù nell'ora santa mi dimandò se tutto quello che avessi sofferto quella notte volentieri l'avessi sofferto per il male che avevano fatto alcune monache. Gli risposi di sì tanto volentieri... il resto glielo dico da me. Se oggi potesse venirmi a confessare, ne avrei tanto piacere: ho tante cose da dirgli. Se poi non può, aspetto volentieri Venerdì.
Gemma.
3 Maggio 1899
Sono già parecchi giorni che Gesù mi dice queste parole: «Vai dalla Superiora e dille che se ancora continua a non volere acconsentire alla mie ispirazioni, se ancora sta ferma nel suo proposito e non vuole a nessun modo cedere a ciò che i suoi Superiori gli comandano, presto se ne avvedrà, poiché io il castigo l'ho già preparato.
Guai a lei se non dà retta a questo ultimo avviso. Digli ancora che se ho trattenuto il castigo, solo l'ho fatto per riguardo a alcune anime a me molto care, ma ora non ho più tempo, poiché il tempo è trascorso di già. Digli che tutto è in sua mano...»
Ho scritto queste cose a Lei per la sola ubbidienza, ma appena lette lo prego a voler subito bruciare questo scritto e non dir niente alla Superiora, perché son tutte cose della mia testa, e però non è niente vero.
Gemma
Avrei da dirgli altre cose, ma le dico da me.
4
Maggio-giugno 1899
Monsignore,
Quanto tempo è che ho bisogno di confessarmi! Lo cerco, mi dicono che non c'è. Stia a sentire. Ho disobbedito. Ieri mattina e ieri mattina l'altra, quando ebbi fatto la Comunione (ero in S. Michele, perché volevo Lei), ero contenta; volevo stare buona, e nessuno si avvedesse che avevo Gesù, ma non mi riuscì: ero troppo contenta; quel che accadde non lo so, so però che dopo una signora credeva che mi sentissi male; non mi lasciò fino a che non vennero a prendermi. Stavo tanto bene, che non credevo più di essere nel mondo e neppure in chiesa: ero con Gesù. Stamani non l'ho neanche sentito; forse saranno state le ultime volte, però mi trovo assai contenta; perché mi ha fatto capire Gesù che se Lui si allontana, non è per i gran peccati, perché mi disse era come una prova che voleva fare. Ci ho da dirgli tante altre cose, ma in Confessionario.
È già tanto che gli dico certe cose, e ora la vergogna mi dovrebbe essere passata; ma invece sento che ogni volta che devo scrivere o mi devo confessare, mi cresce; ma non è vergogna, non lo so come potrei dire, quasi paura.
Mi benedica e preghi per la povera
Gemma.
Mi ci mette anche in convento? Guardi di mettermici in qualche posto; se sapesse quanto sto male così! Mi lasci andare... Non ce lo scrivo, perché ho paura che qualcuno la legga [la lettera].
5 Luglio 1899
Monsignore,
Per obbedire P. Gaetano bisogna che Gli dica una cosa, che mi avvenne pochi giorni sono. Una sera, mentre scrivevo, mi sentii chiamare per nome; mi voltai e vidi una Signora con un bambino in braccio. Fece per darmi a me il bambino; io lo presi, poi la Signora mi disse: «Tu, figlia, hai ricuperato la salute, e però voglio che tu te ne serva per servire il Figlio mio nell'ordine delle Passioniste. Tu sarai Passionista». Dette queste parole, prese il bambino, mi benedì, mi guardò tanto tanto, e poi quando ebbe fatti alcuni passi, si voltò di nuovo e mi disse: «Devi dire al Confessore che quello che ha rifiutato a te, non lo rifiuti a me, che sono la Regina del Cielo. Io ho dato a te l'ordine di entrare nella Compagnia delle Passioniste, e tu devi fare quello che ti ho comandato». Appena dette queste parole andò via. Io dopo questa cosa non feci che piangere tutta la notte, perché vedo che sono molto lontana dall'aiuto delle persone in questa cosa. Io però penso che, se la Madonna me lo ha ordinato, mi aiuterà. Ho preso una risoluzione: di andare via da me; le parole della SS. Vergine sosterranno il mio coraggio. Anderò via così come sono, senza niente; non mi ripugna niente il soffrire qualunque cosa: non arriverò mai a soffrire quanto ha sofferto Gesù; e poi sarò contenta, se a forza di sacrifizi potrò entrare nelle Passioniste. Io quest'ordine l'ho avuto dalla Madonna e ho il dovere di obbedire. Mi benedica. Dev.ma Gemma.
6
Luglio-agosto 1899
Monsignore,
Sabato mi dette il permesso di alzarmi la notte; mi alzo e prego, ma vorrei fare quello che fanno le monache; è contento che dica a P. Gaetano, a nome Suo, che m'insegni quello che fanno le monache, e poi lo faccia anch'io?
Ieri Gesù mi fece soffrire tanto, sudai tutto il giorno sangue; non ero in casa però, ero con la Sig.ra Cecilia Giannini; non so se si sia avveduta di nulla. Gesù mi raccomanda continuamente che non mi faccia accorgere di niente da quelli di casa mia, se no mi castiga. Mi dice sempre che devo vergognarmi di farmi vedere da qualunque persona, perché l'anima mia è piena di difetti. Se vedesse come è brutta l'anima mia! Gesù me l'ha fatta vedere.
Ieri sera poi, quando fui libera, mi pareva che Gesù mi si stringesse forte forte al collo e non volesse lasciarmi; mi diceva che sono tutta sua, che vuole tante cose da me, che ha da darmi tanti avvertimenti, ma quando sarò in convento; ora non può, e mi diceva: «Devi dire al tuo Confessore che me lo faccia questo regalo, che lo voglio: ti metta in convento». Ho detto a Gesù che glielo avevo detto, e Gesù mi ha risposto: «Ripetiglielo e digli anche che faccia presto, e se avessero qualche difficoltà a riceverti, devi dirgli che Io solo sono responsabile di tutto». E poi mi ha detto che del convento non me ne parlerà più, perché ha detto assai da potere essere capito; «se poi resistono, [- ha soggiunto -] ci penserò Io». Gesù mi ha lasciata, e mi diceva che più presto possibile dicessi tutto a Lei.
Gli chiedo la sua Benedizione e preghi Gesù per la povera
Gemma.
Per piacere, dice a Palmira se devo dimandarla a P. Gaetano quella cosa, e se Lei ha capito bene quello che gli ho scritto?
G. G.
Gesù, quando mi diceva queste cose, era arrabbiato.
7
Agosto-settembre 1899
Monsignore,
Ieri parlai con P. Gaetano, e mi diceva che Lei voleva che pregassi Gesù, perché mi levasse tutto il sonno. Io l'ho detto a Gesù; Gesù mi ha risposto che mi leverà tutto tutto quando andrò in convento; fino che sono fuori, mi farà stare così come sono ora, perché allora avranno più premura di nascondermi. Mi ha detto Gesù che dicessi a Lei che mi metta (le monache dicono converse), ma Gesù non ha detto conversa, proprio a fare le ultime cose, come serva, ma in convento, che allora la spesa è pochissima; che poi pensa a farmi fare tutto Lui. Mi benedica e preghi tanto Gesù. per la povera
Gemma.
8
8 settembre 1899
Monsignore,
Se fosse stato solo, Gesù l'avrebbe ben persuaso. Oggi, quando mi sono messa a fare le tre ore di agonia, senta quello che mi è accaduto: ieri sera Gesù mi aveva avvisato che oggi doveva venire Lei; io non mi ci volevo mettere, perché mi vergognavo; alla fine ho vinto. Sul primo ho un po' sofferto al capo e dalla parte, ma dopo un po' di tempo Gesù mi ha detto così: «Non ti ricordi, figlia mia, che tempo indietro ti dissi, che veniva un giorno nel quale nessuno più ti crederà? Ebbene quel giorno è appunto oggi. O, ma quanto mi sei più accetta così disprezzata, che prima, quando tutti ti credevano santa». Gesù allora mi ha detto che insieme a Lei vi era ancora un'altra persona; ma Gesù mi ha detto che quella persona non ha veduto niente; mi ha detto anche che era un medico, e Gesù non voleva.
Gesù oggi ha voluto che io facessi questo sacrifizio, e l'ho fatto volentieri. Sia pure come ha detto quel medico, che è isterismo: appunto perché è così, Gesù mi vuol più bene. Però mi ha detto che in confronto a quello che devo passare, questo è nulla. Gli chiedo la sua Benedizione, e preghi Gesù che ogni sorta di patire mi manda, mi dia forza per tutto sopportare.
Gemma.
9
12 settembre 1899
Monsignore,
Ieri sera Gesù mi disse che dicessi a Lei queste cose: «Devi dire al tuo Confessore che qualunque segno vorrà di me, io glielo darò, purché sia solo; mi basta che Lui solo sia certo che non è una malattia, come l'hanno creduta, e non è opera tua; però devi dirgli che io a te ti manderò tante croci», che invece di ricevere amore, riceverò odio e disprezzo, e per giunta sarò anche abbandonata da Gesù; però quando Gesù mi avrà messo in questo stato, io non devo pensare alla fine: ma devo prepararmi a delle altre croci, e a sostenerle fortemente. Mi ha detto poi Gesù: «Sai, figlia mia, in che maniera io mi diverto a mandare croci alle anime a me care? Io desidero possedere l'anima loro, ma intera, e per questo la circondo di croci, e la chiudo nelle tribolazioni, perché non mi scappi di mano; e per questo io spargo le sue cose di spine, perché non si affezioni a nessuno, ma provi ogni suo contento in me solo. Figlia mia, - mi diceva Gesù - se la croce non la sentissi, non si potrebbe chiamare col nome di croce. Stai pure sicura che sotto la croce non ti perderai. Il demonio non ha forza contro quelle anime che per amor mio gemono sotto la croce. O figlia mia, quanti mi avrebbero abbandonato, se non li avessi crocifissi! La croce è un dono troppo prezioso, e da esso si apprende molte virtù».
Pregavo poi Gesù, che non mi concedesse altra grazia che di amarlo tanto tanto, e Gesù mi ha detto: « O anima a me cara, se veramente vuoi amarmi, eccoti il mio calice: puoi beverlo fino all'ultima stilla. In quel medesimo calice Io ho posto le mie labbra, e tu stessa voglio che tu beva». Ho risposto a Gesù, che faccia di me quello che vuole. E poi mi diceva: «Tu questa croce che io ti ho mandato, non l'hai tanto cara, anzi è contraria al tuo cuore, e quanto più è contraria, è più simile alla mia. Non ti parrebbe cosa orrenda vedere un padre tra i dolori, e la figlia tra i godimenti? Quando sarò tuo sposo di sangue, - diceva Gesù - io ti vorrò, ma crocifissa; mostrami tu l'amor tuo verso di me, come io l'ho mostrato verso di te, e sai come? Soffrendo pene e croci senza numero. Devi però tenerti onorata, se ti tratto così e se ti conduco per vie aspre e dolorose; permetto che ti tormenti il demonio, che ti disgusti il mondo, che ti affliggano le persone a te più care, e con quotidiano martirio e occulto permetto che l'anima tua sia purificata e provata. E tu, figlia mia, pensa solo in questo tempo ad esercitare grandi virtù, ché questo è il momento; corri per le vie del divino volere, e umiliati, e stai sicura che se ti tengo in croce, ti amo».
Gli chiedo la sua Benedizione.
Gemma.
Non creda niente, perché è la mia testa.
10
13 settembre 1899
Monsignore,
Ieri mi disse che pregassi Gesù o che mi togliesse tutto, oppure che facesse bene conoscere le cose a Lei e a chi voleva Lei. Pregai tanto, oggi pure e domani pregherò tanto, ché la voglio, la voglio in tutti i modi [questa grazia]. Mi pare che la mia testa mi abbia promesso che [Gesù] farà tutto quello che vuole il Confessore. Ho detto a Gesù che se è Lui veramente, faccia vedere tutto; se poi è il diavolo, me lo levi, ché non lo voglio; se fosse la mia testa, non la sopporterei più e la spaccherei tutta.
Ieri sera mi andò così. Ero con la Sig.ra Cecilia; quando fu l'ora, andai in camera, rimasi proprio sola sola, e mi pareva (ma dormivo) che Gesù Bambino mi fosse venuto in braccio, e pareva mi volesse bene. Allora io gli cominciai a parlare con tutta confidenza; gli dissi che facesse conoscere bene le cose a Lei, e che non mi facesse più inquietare, che non gli volevo più bene; che a me non piaceva questa cosa e quello scherzo che fece Venerdì. Gesù rideva e mi diceva: «Te la farò, te la farò». Ma lo diceva adagio e piano. Io gli dissi che non aspettasse tanto a farmela, perché non ho più voglia di aspettare né io né il Confessore. La voglio e la voglio per forza. «Se non me la fai (io dicevo), non ti voglio più bene, non ti rispondo più quando mi chiami, e non rido più con te. E poi quando a una persona si vuole bene, si fa tutto quello che vuole». E Gesù mi diceva: «Ma ti ho voluto più bene a te, che a tante altre mie creature, benché tu fossi la peggio». «Ma, è vero, Gesù, me ne hai fatte tante delle grazie, ma se non mi fai questa, mi pare che sia la più necessaria, un [= non] hai fatto nulla; non per me, ma lo sai te, Gesù, per chi: prima per il Confessore e poi...».
Insomma mi pare che Gesù me lo abbia promesso. Vedremo. Lei, e chi vuole Lei, vedrà tutto. Se vedesse che in queste parole non fossi stata sincera, me lo dica, che delle bugie non vorrei dirne; anche se sono stata disobbediente, mi avvisi subito, perché dei peccati non vorrei farne più: mi pare di averne fatti assai.
Gli chiedo la sua S. Benedizione e preghi tanto tanto per la povera
Gemma.
11
Settembre 1899
Monsignore,
Mi perdoni, se anche stamani lo importuno. Senta: mi pare di aver dato in questi giorni un grosso dispiacere alla Sig.ra Cecilia. Gesù stesso mi pare che mi abbia detto che il dispiacere l'ha avuto, e lo ha sentito molto; ma però mi dice che non sono stata io che glielo ho dato, è stato Lui; Gesù ha permesso così. Oggi mi ha detto che viene da Lei; pensi Lei, se crede bene, farla stare tranquilla. Mi pare anche che sia cambiata un po' con me; anche su questo gli dica Lei come si deve contenere con me, faccia come Lei crede meglio.
Se vedesse, quante persone sono cambiate con me da qualche giorno! La mia testa mi pare che mi faccia fino vedere i pensieri che passano per le menti degli altri. Per queste cose accadute, era qualche giorno che non pensavo più ai peccatori. Gesù mi ha conteso e mi ha detto che non devo pensare che ai poveri peccatori; alle altre cose farà da sé: io non pensi a nulla. Mi ha ridetto poi che mi metta in convento subito.
Queste cose, come gli ho sempre detto, son tutte della mia testa, e però non ci creda; faccia Lei come vuole Gesù, ché son sicura che Gesù qualche cosa gli avrà detto.
Gli chiedo la sua SS. Benedizione e raccomandi a Gesù la povera
Gemma.
La Sig.ra Cecilia scrive al P. Provinciale, e mi ha detto se io volevo scrivergli. È contento Lei che gli scriva tutto quello di questi giorni? E a P. Gaetano è contento che gli dica tutto?
12
Ultimi di settembre 1899
Monsignore,
Otto giorni sono, una sera mentre dormivo, mi parve che Confratel Gabriele mi dicesse che se volevo ottenere la grazia tanto desiderata (Lei sa quale è), facessi per 7 sere la corona dei dolori e ogni giorno recitassi lo Stabat Mater. Ieri, sesto giorno, Confratel Gabriele insieme a Maria SS. dei dolori mi parve che mi dicesse che quando Lei volesse fare la prova, loro sono pronti.
Io gli ho scritto questo per obbedire, se poi Lei non mi crede, io sono contenta lo stesso.
Avrei tante cose da dirgli, ma siccome Lei non mi ha domandato più nulla, avevo paura di far male a dirglielo. Mi benedica e preghi Gesù per la povera
Gemma.
Anzi mi pareva che Confratel Gabriele mi rimproverasse per la poca devozione che ho verso M. SS. Addolorata, e mi diceva che Lui qualunque grazia in vita gli chiedeva, tutte gliele faceva. Io gli ho chiesta questa; me l'ha promessa. Ci pensa Lei, è vero? a fare quello che crede?
Sono la povera
Gemma.
13
Settembre-ottobre 1899
Monsignore,
Era già qualche giorno che il diavolo mi lasciava un po' in quiete, ma ora invece sono due giorni che mi tormenta tanto tanto. Però prima bisogna che gli dica che Lunedì, quando uscii dall'ora di guardia (ero alle monache), mi venne un pensiero di superbia. Il pensiero fu questo: Gesù in quella medesima ora mi aveva detto tante cose, e mi pareva che mi volesse tanto bene; e pensai tra me: ma dunque io sono più degli altri, ché Gesù mi tratta così; ogni giorno si fa vedere da me. E con questo pensiero mi trattenni un po' di tempo; dopo non ci pensai più. Mercoledì poi Gesù mi rimproverò tanto, e mi disse che per castigarmi non mi avrebbe mandato per qualche sera Confratel Gabriele, ed avrebbe dato il permesso al diavolo di tentarmi per più parti, e anche di picchiarmi; e tutto poi si è avverato.
Mercoledì sera, quando fu sul tardi, mi cominciò una gran tristezza; capii che era vicino (non ero in casa mia: Gesù in casa mia non me lo avrebbe permesso, perché feci un po' di fracasso). Ero con la Sig.ra Cecilia sola; mi tenne lei un po' calma per mezzo dell'obbedienza, se no chi sa quella bestia quello che mi avrebbe fatto. Cominciò a tentarmi che non pregassi, ché non avevo bisogno. Mi diceva che quando Lei mi mette in convento, non mi ci fa andare, perché la sera prima mi fa tutta a pezzetti con le tanaglie. Mi pare che l'abbia molto con P. Gaetano; mi diceva che è un bugiardo, che se l'avesse tra i denti vorrebbe strangolarlo. Dissi tanti spropositi, ma io non li volevo dire: mi venivano detti. Poi mi bastonò anche un po'; finalmente poi con l'acqua benedetta, e più con S. Paolo della Croce, mi lasciò. Mi misi un po' a pregare; quando fui a metà della meditazione, eccolo di nuovo, e allora dissi: «Vai via, brutta bestia! non ti accorgi che invece di farmi perdere, mi fai guadagnare?». Scappò lontano lontano. Continuai a pregare e finii bene; dopo poi ero sgomenta, perché credevo di aver fatti dei peccati; ma Gesù mi assicurò che ero libera, perché non ci avevo mai acconsentito.
Ieri sera poi credevo che mi lasciasse stare, perché era la sera tanto bella per me; venne e mi tormentò dalle nove alle dieci; mi diceva che andassi a letto invece di pregare. La Sig.ra Cecilia pregava per dispetto a me, e siccome ci era in camera un Passionista, - il diavolo di quelli ha paura - non permise che facessi nulla; pregavano ed io mi sentivo dal diavolo proprio mordere dentro; mi davano il Crocifisso, ma non potevo prenderlo. Verso le 9½ poi un po' mi lasciò, perché gridai forte: «Viva la croce! viva le pene!». Appena dissi così, andò via: presi il Crocifisso tra le mani e un po' mi raccolsi. Venne Gesù per darmi la sua croce; la presi, e in quello stesso momento mi dette i segni nelle mani e nei piedi, con tanto dolore. In quel momento volevo alzarmi e mettermi in ginocchio per fare la mia ora; ma ecco di nuovo quella bestia in forma di un giovine e mi diceva all'orecchio: «Che fai? sei pure stupida a metterti a pregare un malfattore, che vuole vendicarsi con te. Vedi quello che ti fa: t'inchioda sulla croce come lui; vedi male che ti fa. Calpestalo e digli che tu vuoi essere buona, e non un malfattore; lui ti crede cattiva e per questo t'inchioda sulla croce; sputagli in faccia, digli che ti lasci stare, ché ti guido io». Allora io baciai Gesù per dispetto a lui, e dissi tra me: «O Gesù, invece ti ringrazio di tante grazie, io ti voglio amar tanto». E lui [= il diavolo] mi diceva sempre all'orecchio: «Ma come fai a voler bene a un malfattore, condannato a morte, e uno che non conosci? Guardami me: io sono un bel giovine, buono, che non faccio mai male a nessuno; io non inchiodo nessuno; quel malfattore lì, vedi, fa sempre soffrire; io invece faccio sempre godere; obbediscimi, e allora ti mando via tutti i dolori nelle mani e nei piedi, e se tu mi dai retta, ti faccio sempre godere e ti porto con me».
Io a tutte queste cose non ci avrei voluto acconsentire, ma mi venivano dette certe brutte cose contro il povero Gesù. Dopo avermi dette tutte queste cose mi lasciò, e mi misi a fare la mia ora; quella mi venne bene: appena m'inginocchiai, Gesù subito venne, e mi trattenni un po' con Lui. Gli dimandai dove mai era andato; mi rispose: «Ero vicino a te». « O Gesù mio, - dissi - ho sofferto tanto con la bestia dell'inferno, e poi sono carica di peccati, e poi ti avrò offeso». E Gesù mi disse: «Figlia mia, non mi hai offeso niente niente, perché tu non hai mai acconsentito. Ora però ti libero, e non verrà più a disturbarti». Mi dimandava poi se soffrivo volentieri per amor suo, e io risposi: «Sì, Gesù mio; mi sentirei forza di soffrire anche di più: il soffrire per te, o Gesù, è un godere; si gode soffrendo». In fine poi pregai Gesù che volesse perdonarmi tutti i peccati, e mi rimandasse Confratel Gabriele. Dopo un po' me lo rimandò. Che consolazione che provai! Erano due sere che non veniva: mi benedì, mi disse tante cose riguardo al soffrire le tentazioni e anche le altre cose; mi rimproverò perché commetto troppi difetti, e mi ha promesso che ogni sera, se sarò buona, verrà e mi dirà tante cose. Mi benedì di nuovo e mi lasciò.
Era il tocco e mezzo passato; andai a letto, ma non fu il sonno della notte, fu il solito sonno; mi sono trattenuta con Gesù tutto il resto della notte, ed ho patito con Lui, e sono stata bene.
O, Monsignore, quanto è bella la vista di Gesù! altrettanto quanto è brutta e orrenda quella del diavolo!
Mi benedica, e faccia presto a mandarmelo via. Preghi Gesù per la povera
Gemma.
14
Ottobre 1899
Monsignore,
Non so se ieri mattina mi confessai bene, ma credo di no. Quando Lei m'interrogava su quello che facevo la notte, quando non c'è il mio fratello, o quante cose ci lasciai! Mi domandò se quando la notte avevo quelle brutte tentazioni mi alzavo; risposi di no, ma invece più volte mi sono venute cose brutte in mente nel corso della nottata. Allora io mi sono alzata, sono uscita di camera e sono andata... Ieri notte poi, mi sentii tanto presa forte da una tentazione brutta (non ne potevo proprio più). Uscii di camera, andai dove nessuno mi vedeva né sentiva; presi la fune, che ogni giorno porto fino a mezzogiorno; l'empii tutta di chiodi, e poi me la misi tanto strinta, che alcuni mi entrarono dentro; ma il dolore fu così forte, che non mi riuscì resistere e cascai in terra senza rinvenirmi dove fossi. Dopo tanto tempo mi parve di vedere Gesù. O come mi parve di vederlo contento in quel momento! Mi alzò, mi prese in braccio (mi pareva che mi volesse tanto bene), mi allentò la fune, ma me la lasciò. Allora avrei voluto dirgli e fargli tante cose, ma non ho coraggio neppure di guardarlo. Finalmente Gli dissi: «Gesù mio, dove eri tu, quando mi sentivo in quel modo?». E Gesù: «Figlia mia, ero con te, e molto vicino». «Dove?» gli dissi. «Nel cuore». « O Gesù mio, se tu fossi stato con me, non avrei avuto simili tentazioni. Chi sa mai, Dio mio, quanto ti avrò offeso?». «Ma che ne avevi forse piacere?». «Tanto tanto dolore invece ne avevo». «Allora, figlia mia, consolati: non mi hai offeso per niente». Gesù continuava a tenermi in braccio, e mi diceva: «Guardami». Io non ho mai avuto coraggio di guardarlo, e mi diceva: «Se tentazioni anche più grosse ti mandassi, tu che faresti?». «Gesù, purché non ti offenda mai, e poi mandami quel che ti pare. Vedi, Gesù, - gli dissi - è il mio corpo che si risente, ma saprò io farlo stare zitto. Tante volte piange, non mi vorrebbe dar retta, ma ci penso io. Ieri sera pareva che si volesse rivoltare, quando ero per fare la disciplina, ma lo feci poi chetare dandogli dei colpi assai sodi».
Da ieri a ora quanto sono stata cattiva! In chiesa, invece di pregare, mi misi a ridere senza sapere di che cosa, e di più mi pare anche che il diavolo mi sia tornato un po' d'intorno; perché per mettermi a pregare, o quanta fatica mi ci vuole!
Mi benedica e preghi Gesù per la povera
Gemma.
Mi ci mette in convento? Non ne posso proprio più. Ci ho da dirgli tante cose, ma non mi ci rinvengo neppure.
15 1899
Monsignore,
Mi fa la carità di venirmi a confessare? Sono due giorni che non faccio la Comunione, sono carica di peccati, sono disperata. Ho bisogno tanto di Lei. Non posso più stare se non faccio la Comunione. Mi fa la carità di venire? Non posso più: sono disperata. Preghi per la povera Gemma
16 1899
Monsignore,
Ero proprio disperata, se Gesù non mi avesse fatto conoscere tutto e non mi fossi vita di scrivere tutto a Lei. Dopo la SS. Comunione ho preso questa risoluzione di scrivere.
Ieri l'altra mattina appena tornata dalla messa, mi misi a rifare un po' la camera e vedevo vicino a me un bel giovine coi capelli neri neri e lunghi, scalzo, vestito di bianco con una fascia alla vita d'argento. Mi si accostò, ma dai suoi piedi uscivano lampi di fuoco; aveva per mano quella bimba che viene in casa con noi. Mi disse: «Guardami: non vedi come son bello, sono un angelo. Vuoi tu esser bella e felice come me? Se tu farai ciò che t'insegnerò stamane, ti renderò felice e bella subito. Sei contenta? Vedi, nessuno si prende cura di te per farti divenire buona e per renderti contenta, ma io ci ho pensato. Eccomi ai tuoi ordini, amami, obbediscimi e sarai felice. Non lo sai che io sono il padrone di tutto il mondo? Tutto ciò che vuoi, che mi domanderai, subito, te lo concederò». «E che devo fare?» gli risposi io. «Vedi questa bambina? Prendila e fai tutto ciò che ti dico io». «Bada - gli dissi - se sei un angelo davvero, non m'insegnare cose cattive». «Vuoi sapere chi sono? Sono l'Angelo del Signore, tutto è in mie mani, vengo per renderti felice, non pensare ad altro». «Ma se sei il padrone del mondo devi essere Gesù, allora non sei più angelo». «Sono più di Gesù: vuoi vedere?» Mi prese e mi tenne tanto per aria. «Io sono il padrone della tua vita. Obbediscimi, se no ti ammazzo». «Ti obbedisco» gli dissi. «Guarda, prendi questa bimba: guardala, toccala e fa tutto ciò che farò io». Quando sentii dire questo, gli sputai in faccia, e lui sempre fermo. «Io ti compatisco - mi disse - non ci sei avvezza a far queste cose, ma dopo oggi non è più altro, o è una cosa da nulla. Dio ti compatisce: tutti i santi, sai, hanno avuto questi sfoghi: non è mica un peccato! Su via, consolami: non vedi quanto è bella questa creatura? (o in questo momento Gesù mi aiutò davvero). Tu dopo non soffrirai più né il Venerdì, né mai; le tue mani, la tua vita dopo questo non sarà più tormentata. Sarai bella, sarai felice».
Mi voltai per guardare, ma in quel mentre caddi per terra, non ci vedevo più, non potevo più parlare. Allora quel birbante, il padrone di tutto, mi prese le mani; feci tutti gli sforzi per liberarmi, ma lui ebbe più forza di me. Addosso a quella bambina ne fece di tutte, poi con l'altra mano mi fece toccare... (Dio mio!). «Maria Immacolata - esclamai - fammi morire!» Maria Immacolata, appena invocata, venne: aprii gli occhi e me la vidi accanto e vidi nello stesso tempo un fuoco che sparì tutto insieme a quel giovine. Dopo mi accorsi che tutta la camera era piena di cenere. La Madonna mi alzò, mi abbracciò e mi disse: «Figlia mia, non temere: avrai sempre in me un aiuto speciale». «Chi sa se tu non mi avessi aiutata, quel che avrei fatto stamani. Mamma mia, aiutami! Ti ho offesa?». E lei: «Confessati di tutto e non temere». Mi baciò e mi lasciò. Me se mi disse che me ne confessassi è segno che l'ho offesa.
Mi benedica e preghi per la povera Gemma
17
Ottobre 1899
Monsignore,
Ieri mattina volevo scrivergli subito, ma ero tanto confusa, che proprio non potei.
Ben me ne avvedo e spesso lo sento di essere sotto l'impressione forte del diavolo, perché certe cose io davvero non lo so, ma se per caso ci avessi davvero mancato... Mi pare proprio di no, no; non vorrei davvero fare dei peccati, e ora per sempre preferisco morire, che commettere un solo peccato. Prego sì Gesù che vorrei piuttosto divenire cieca per sempre, prima che offenderlo anche leggermente contro la S. Modestia; e così vorrei di tutti i sensi del mio povero corpo restarne affatto priva, prima che peccare con essi. Stanotte è andata come Giovedì passato precisamente: a un certo punto mi sono lamentata con Gesù, perché permette certe cose, e Gesù: «Sono Io che permetto così, affinché tutti conoscano che sei debole e puoi peccare, e poi perché conoscano la tua miseria, e tu perché tu impari ad essere umile, veramente umile. Con tutti i tuoi difetti prova un po' a insuperbirti». «Ma, Gesù mio, - gli dissi - almeno fa che non ti offenda più». «Non ci mettere mai la volontà, e poi vivi sicura».
Mi benedica, e preghi per la povera
Gemma.
18
Ottobre 1899
Monsignore,
Oggi la Sig.ra Cecilia ha scornato il demonio insieme a me. Ero decisa di non più scrivergli, perché il demonio mi dice che tutti i miei scritti Lei li ha sempre tutti, che poi un tempo serviranno per tante cose; neppure oggi volevo scrivergli, ma poi ha vinto Gesù.
Nell'ora di guardia, mi pareva di vedere Gesù con la croce su le spalle, e mi diceva: «Gemma, la vuoi la mia croce? Vedi, questo è il regalo che ti ho preparato». Ho risposto: «Gesù mio, datemela pure, ma datemi anche la forza, perché le mie spalle son deboli. Gesù mio, almeno che non ci cada sotto». Gesù me lo ha promesso, mi ha dimandato se la volessi per sempre, oppure per il Venerdì, come sono solita. Ho risposto che faccia Lui la sua volontà. Allora Gesù: «Dillo al tuo Confessore; se Lui è contento, te la regalo per sempre». Dimandavo poi a Gesù che lo volevo amare tanto, ma ho il cuore piccolo e non so fare. Gesù allora mi si è fatto vedere tutto piaghe, e mi ha detto: «Figlia mia, guardami e impara come si ama: non sai che me mi ha ucciso l'amore? Vedi, queste piaghe, questo sangue, queste lividure, questa croce, è tutta opera di amore. Guardami, figlia mia, e impara come si ama». Ho detto: «Ma, Gesù mio, dunque se io soffro, è segno che vi amo». Gesù mi ha risposto che il segno più chiaro, che può dare ad un'anima che a Lui gli è cara, è di soffrire e di farla camminare per la via del Calvario. «La Croce - diceva Gesù - è la scala del Paradiso, ed è il Patrimonio di tutti gli Eletti in questa vita. Ti dispiacerebbe - mi diceva Gesù - se io ti dassi a bere il calice mio fino all'ultima goccia?». Ma non ora, ha detto Gesù, quando sarò in convento. Ho risposto: «Gesù, sia fatta la tua SS. Volontà».
È contento che dimandi a Gesù se mi fa fare l'agonia tutte le notti? Se Lei vuole, lo voglio anch'io e anche Gesù; se no, no.
Gli dimando la sua S. Benedizione, e preghi Gesù per la povera
Gemma.
Gemma a Mons Volpi