GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i lebbrosi, a Salvador da Bahia
Titolo: Con intensità di affetto
Carissimi figli e figlie, 1. La vostra presenza risveglia nella mia anima un sentimento particolare, qualche cosa di quella emozione e di quell'affetto che nostro Signore Gesù Cristo provo, durante il ministero della vita pubblica, per gli ammalati che da tutte le parti accorrevano per udire la sua parola di salvezza ed essere curati dalle loro infermità.
Tra i tanti episodi di guarigioni narrati dai quattro Evangelisti voi certo ricorderete quello che descrive san Luca: l'uomo ammalato che, con la faccia a terra, lo supplicava: "Signore, se vuoi, puoi sanarmi". Gesù stese la mano; lo tocco e gli disse: "Lo voglio, sii risanato!". E sparirono tutti i segni della malattia (cfr. Lc 5,12-13).
L'umile Vicario di Cristo si trova oggi tra voi con la stessa intensità di affetto con cui il Maestro divino accoglieva e benediceva le folle e, in modo speciale, le persone afflitte dall'infermità che affligge anche voi.
2. Commentano molti che la purificazione esterna del corpo era il simbolo di una trasformazione interiore: il rinascere di una purezza, di una fiducia, di un coraggio che viene dall'alto. Il Papa vorrebbe che il suo contatto con voi apportasse questi inestimabili sentimenti interiori. Egli vi esorta a non lasciarvi abbattere dal timore e neppure dalla mancanza di fiducia. A non cedere alla tentazione dell'isolamento. A unire la fiducia nei progressi della medicina con un atteggiamento di costante e fiduciosa preghiera.
3. In nome di quello stesso Gesù, che oggi rappresento davanti a voi, io vi esorto anche ad utilizzare bene e a valorizzare la sofferenza che portate impressa nel vostro corpo e nel vostro spirito. Ricordatevi sempre che il dolore non è mai vano, mai inutile. Anzi, precisamente nel momento in cui ferisce la vostra esistenza, limitandola nella sua affermazione umana, se è elevato a una dimensione soprannaturale può sublimare e riscattare questa esistenza per un destino superiore, che oltrepassa la soglia della situazione personale per attingere la società intera, così bisognosa di chi sappia soffrire e offrirsi per la sua redenzione.
Se applicherete alle vostre intenzioni queste grandi intenzioni, che superano il livello puramente umano, collaborerete con Cristo nel piano della salvezza e sarete capaci di diffondere attorno a voi meravigliosi esempi di forza morale, che solamente chi soffre con questa fede nell'anima può comunicare agli altri.
4. Ho molta fiducia nel vostro ricordo, nel vostro aiuto e nella vostra preghiera, non solo per il buon esito di questo viaggio apostolico nel Brasile, ma anche per tutte le sollecitudini che porto nel mio cuore di pastore della chiesa universale.
Con questi pensieri, salutandovi con benevolenza e esprimendo il mio alto apprezzamento per coloro che hanno cura di voi e vi assistono, vi affido alla materna protezione della santissima Vergine, della quale so che siete molto devoti, e vi concedo di tutto cuore la Benedizione apostolica.
[Traduzione dal portoghese]
Data: 1980-07-07 Data estesa: Lunedi 7 Luglio 1980.
Titolo: E' Dio a volere la vostra promozione umana
Carissimi amici, fratelli e sorelle in Cristo.
1. Questo incontro con voi mi dà una grande gioia; il calore della vostra accoglienza mi impressiona e mi commuove. Salutandovi tutti con affetto in Cristo Signore, elevo a Dio un pensiero di gratitudine per avermi permesso di arrivare fin qui, a visitare il luogo dove vivete e soprattutto a vedervi.
Quando viaggio per le mie visite pastorali, con la missione di rappresentare Cristo a tutta la Chiesa sparsa nel mondo, mi ricordo sempre che lo stesso Cristo ha richiesto a san Pietro e, perciò, a quelli che avrebbero occupato il suo posto, nella "Chiesa che presiede all'assemblea universale della carità" (S.Ignatii Antiocheni "Epistula ad Romanos", "Inscriptio", 1,1-2, 2: Funk, 1, 213), una professione di amore. Amore a questo Cristo, senza il quale è impossibile pascere bene i fedeli cristiani, che egli chiamava gli "agnelli" e le "pecore". E amore al prossimo, e in primo luogo ai fratelli nella fede. Per questo amore, tutti sapranno che siamo suoi discepoli (cfr. Jn 13,35).
Per obbedire a questo comandamento, io faccio il possibile per incontrarmi con tutti: ricchi e poveri, quelli che vivono con comodità, almeno relativa, e quelli che affrontano grandi difficoltà per vivere. A tutti voglio dire e testimoniare l'amore di Nostro Signore Gesù Cristo, perché credano in lui e possano arrivare alla salvezza.
Ma i meno favoriti di beni della terra, poiché hanno maggiore bisogno di aiuto e conforto occupano sempre un posto speciale in questa mia preoccupazione di esser fedele continuatore della missione di Cristo: "Annunziare ai poveri un lieto messaggio", la salvezza di Dio (cfr. Lc 4,1).
Considero come rivolto a voi tutto quanto ho detto durante la mia visita alla "favela", di Vidigal a Rio de Janeiro.
Io mi sento interpellato, come anche la Chiesa si sente interpellata, dalla enunciazione delle beatitudini proclamate da Cristo Signore e mi sento impegnato a fare qualcosa, affinché tutti gli uomini si lascino interpellare da questa proclamazione e si mobilitino per realizzare questo grande compito di promozione di una maggiore giustizia: la costruzione di una società sempre più giusta e, conseguentemente, più umana.
Tuttavia, la giustizia, nuovo nome del bene comune, come ho già avuto occasione di affermare, si potrà consolidare soltanto sulla base della conversione delle menti e delle volontà: far si che ogni uomo abbia un cuore di povero: "Beati i poveri in spirito" (Mt 5,3).
2. così sono qui perché voglio essere fedele allo spirito di Cristo e perché vi amo, come siete e come vi presentate. Tutti siete persone umane e miei fratelli nel Nostro Signore Gesù Cristo. Ho pensato a tanti quartieri poveri di Salvador e di tutto il Brasile, che avrebbero avuto piacere di ricevere la visita del Papa.
Il Papa sentirebbe un piacere ben grande nel fare questa visita a ogni casa o baracca dove vivono famiglie o persone semplici, alle volte in dura povertà. Non essendo pero possibile farlo, voglio che la visita che adesso vi faccio sia anche un simbolo, come se entrando qui io stessi entrando in tutti i rioni uguali a questo.
Dicevo che avvicinandomi a voi io incontro persone umane: esseri che posseggono una intelligenza assetata di verità e una volontà che desidera l'amore, figli di Dio, anime redente da Cristo, e perciò esseri ricchi di una dignità che nessuno può calpestare senza ferire lo stesso Dio. così voi apprezzate, certamente, chi vi dà conforto, animo, coraggio e speranza: chi vi aiuta a crescere e a svilupparvi nella vostra capacità di persone umane e a superare gli ostacoli che si frappongono alla vostra promozione: chi vi aiuta ad amare in un mondo di odio e ad essere solidali in un mondo terribilmente egoista. Ma è chiaro che voi avete coscienza di non essere solamente oggetto di benemerenza, ma persone attive nella costruzione del vostro destino e della vostra vita. Dio voglia che possiamo essere in molti a offrirvi una collaborazione disinteressata affinché voi vi liberiate di tutto quello che in certo modo vi schiavizza, ma rispettando pienamente quello che voi siete, e il vostro diritto di essere i primi autori della vostra promozione umana. La mia più grande gioia è stata di sapere da varie fonti che ci sono in voi, tra le altre, due grandi qualità: voi avete, grazie a Dio, il senso della famiglia e possedete un grande senso di solidarietà, per aiutarvi gli uni gli altri, quando è necessario. Continuate a coltivare questi buoni sentimenti, ad essere molto amici di tutti, anche di quelli che, per qualsiasi motivo, pare che vi chiudano il loro cuore. Voi siate cuori sempre aperti! 3. Vedete: solo l'amore conta - non lo ripetiamo mai troppo - soltanto l'amore costruisce. Voi dovete lottare per la vita, fare di tutto per migliorare le condizioni in cui vivete: è un dovere sacrosanto, perché questa è anche la volontà di Dio. Non dite che è volontà di Dio che voi restiate in una situazione di povertà, malattia, abitazione malsana, che spesso sono contrarie alla vostra dignità di persone umane. Non dite: "E' Dio che lo vuole". So che questo non dipende soltanto da voi. Non ignoro che molto dovrà esser fatto da altri per porre termine alle cattive condizioni che vi affliggono o per migliorarle.
Ma siete voi che dovete essere sempre i primi nel fare diventare migliore la vostra vita in tutti gli aspetti. Desiderare di superare le cattive condizioni, darsi la mano gli uni gli altri per far sorgere - insieme - giorni migliori, non aspettare tutto da fuori, ma cominciare a fare tutto il possibile, cercare d'istruirsi per avere maggiori possibilità di miglioramento: questi sono alcuni passi importanti nel vostro cammino.
E così, da questo luogo e in questo momento, in nome vostro come vostro fratello in umanità, soltanto con il potere dell'amore e della forza del Vangelo di Gesù Cristo, io chiedo a tutti quelli che possono o devono aiutare, che lascino entrare nel proprio cuore l'eco delle angustie dei vostri cuori, vedendo mancare gli alimenti, i vestiti, la casa, l'istruzione, il lavoro, le medicine, infine tutto quello che è necessario per vivere come persona umana. E che questo mio grido susciti un dialogo, anche se silenzioso, un dialogo di amore, che si esprime con atti di aiuto e condivisione tra fratelli. Dio, Padre di noi tutti, vedrà con gradimento e benedirà questa bontà, come Gesù ha promesso: "Date e vi sarà dato" (Lc 6,38).
Con questo appello alle coscienze, desidero incoraggiare il desiderio vostro, che è anche mio, di migliorare il vostro livello di vita per diventare sempre più uomini con tutta la vostra dignità: più fratelli di tutti gli uomini, nella famiglia umana: e più figli di Dio, sapendo e mettendo in pratica quello che ciò vuol dire. E con grande affetto benedico tutti voi, le vostre famiglie e tutti voi abitanti degli Alagados, come pure tutti i presenti. Il Papa prega per tutti: pregate anche voi per lui, specialmente in questi giorni che è in Brasile.
Data: 1980-07-07 Data estesa: Lunedi 7 Luglio 1980.
Titolo: State costruendo nella luce cristiana una società multi-razziale
Signor Arcivescovo Cardinal Avelar Brandao Vilela, signor Arcivescovo coadiutore monsignor Joao de Souza Lima, signor Vescovo ausiliare monsignor Tomàs Murphy, miei fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio ministeriale, amati figli e figlie, religiosi e laici.
1. Sono quasi 480 anni che circondato da un gruppo di scopritori e forse dagli indios attoniti e curiosi, fra Henrique de Coimbra celebrava la santa messa sull'arena della spiaggia battezzata poi come Porto Seguro. Oggi avete voluto che il sacrificio eucaristico fosse un ricordo commemorativo di quella prima messa nel Brasile.
Questa circostanza conferisce al presente rito un carattere singolare e una nuova dimensione. Sono le radici storiche del Brasile che traspaiono in questa celebrazione.
In questo contesto, le letture che abbiamo udito proclamare portano un messaggio e chiedono la nostra meditazione.
Il testo di san Matteo riproduce un momento decisivo della Chiesa. E' il momento in cui il Risuscitato, al termine della sua vita terrena, deve far ritorno al Padre. Restano gli apostoli e resta la Chiesa, nata dal potere comunicato al Verbo incarnato e da lui trasmesso agli apostoli. Quale la missione della Chiesa e degli apostoli? "Ammaestrate tutte le nazioni" - ordina Gesù -, insegnate a vivere secondo il Vangelo. Battezzate in nome di Dio uno e trino. Sapete che io me ne vado, ma rimango con voi fino alla fine (cfr. Mt 28,18-20).
L'apostolo Paolo riflette su questa missione, avendo davanti agli occhi la vita concreta di una Chiesa tra altre. Egli la vede una e molteplice.
Molteplice nella diversità dei carismi, dei ministeri e attività, una nell'unico Spirito che suscita la diversità. Molteplice nella varietà di razze, di condizioni sociali, di provenienza di coloro che sono chiamati a comporla, una perché uno solo è il battesimo che introduce tutti nella Chiesa.
Molteplice come molteplici sono i membri, una a immagine dell'unità del corpo.
La Chiesa già dai suoi albori viene meditando questi testi e questi messaggi, ma ha coscienza che ancora non li ha approfonditi come vorrebbe (e arriverà forse un giorno ad approfondirli?). Nelle differenti situazioni concrete essa rilegge questi testi e scruta questi messaggi nel desiderio di scoprire in essi una applicazione nuova. Prendiamo contatto con essi una volta ancora in questa espressiva celebrazione eucaristica.
2. Voi avete voluto che la messa del Papa nel suo passaggio per questa città fosse il ricordo commemorativo di un'altra messa: quella che fu la prima celebrata nella terra appena scoperta. Che cosa dirvi allora? La prima osservazione da fare è che mentre la maggioranza dei popoli arrivarono a conoscere Cristo e il Vangelo dopo secoli della loro storia, le nazioni del continente latino-americano e, tra esse, in modo speciale il Brasile, nacquero cristiane. Le caravelle che il 3 aprile 1500 approdarono alla baia di Porto Seguro portavano anche i primi missionari ed evangelizzatori, i figli di san Francesco. Sbarcati Pedro Alvares Cabral e i primi colonizzatori, fu innalzata una croce e celebrata la prima messa, alla quale erano già presenti, ammirati, alcuni indigeni. Si diede alle nuove terre scoperte il nome di Terra Santa Cruz. Questi fatti, all'aurora del Brasile, avrebbero dovuto segnare profondamente la storia ormai oggi cinque volte secolare della nuova nazione che nasceva per l'occidente.
Identico fenomeno si verifico per tutta l'America Latina, come si legge nelle conclusioni di Puebla: "L'America Latina costituisce l'ambito storico in cui si incontrano tre universi culturali: l'indigeno, il bianco e l'africano, arricchiti poi da diverse correnti migratorie. Qui convergono nello stesso tempo modi differenti di concepire il mondo, l'uomo e Dio, e di reagire di fronte ad essi. Si è realizzata una specie di meticciato latino-americano..." (Puebla, 307).
Il certo è che apostoli, come il padre José de Anchieta, che ho avuto la gioia di includere nel catalogo dei beati della Chiesa il 22giugno scorso, si collocarono decisamente dalla parte delle popolazioni indigene, imparandone la lingua, assimilandone i gusti, adattandosi alla loro mentalità difendendone la vita e, simultaneamente, annunciando loro la verità salvifica di Gesù Cristo, convertendoli al Vangelo, battezzandoli e integrandoli nella Chiesa.
3. Nasce, così, il cattolicesimo brasiliano, risultato, come lo stesso Brasile, di uno degli amalgami più importanti della storia umana. Qui si mescolarono durante tre secoli, l'indio, l'europeo e l'africano e, dal secolo scorso, vennero a sommarsi loro il sangue e le culture degli arabi, come i cristiani maroniti e degli emigranti giapponesi asiatici, che oggi costituiscono una grande comunità, in predominanza cattolica. In questo senso il Brasile offre una testimonianza altamente positiva. Qui si va costruendo sotto l'ispirazione cristiana una comunità umana multi-razziale. Un vero tappeto di razze, come affermano i sociologi, amalgamate tutte dal vincolo della stessa lingua e della stessa fede.
Restano così definite in questo modo, almeno a grandi tratti, le caratteristiche di questo popolo giovane, dinamico, laborioso, grande speranza della Chiesa. Un popolo di una religiosità profonda, come lo provano non solo il nome di Stati - Sao Paulo, Spirito Santo, Santa Catarina - e di molte capitali - Belém, Sao Luiz, Salvador o la sua grande devozione alla Madre di Dio, invocata sotto vari titoli, ma specialmente sotto il titolo di "Nostra Signora Aparecida"; le feste popolari del "Cirio di Nazaré", del "Signor do Bonfim", del "Divino Spirito Santo", alle quali la gente accorre tanto numerosa; le processioni, caratteristiche per la grandissima partecipazione, dell'"encontro", del "Signore morto", del "Signore risuscitato", dei santi patroni; ma anche l'adesione dei fedeli ai loro Vescovi e sacerdoti, al Papa, vicario di Cristo e successore di san Pietro.
Queste sono altrettante prove della grande religiosità dei brasiliani cattolici nella assoluta maggioranza dei suoi figli e figlie.
Tuttavia è necessario guardare più avanti che indietro. Occorre saper trarre dal passato le lezioni per il futuro. E urgente promuovere il vero progresso, che risulta da un processo di sviluppo integrale, salvando ad ogni costo i valori sacri della fede, della morale, e della famiglia. E' questa, cari figli e figlie, la grande sfida che dovete affrontare. Essa è il vostro grande compito, fratelli nell'episcopato, sacerdoti, religiose e laici cattolici.
Sforzatevi di non deludere le speranze che il Papa pone in voi. Siate degni dei missionari che vi evangelizzarono, degni dei cristiani che vi precedettero nella fede.
4. So che si discutono anche tra voi, come in Africa che ho da poco visitata, le vie giuste del processo di acculturazione. Si, è sacra e degna di rispetto nei suoi elementi essenziali, la cultura di ogni popolo. Ma è importante, anche, ricordare i diritti di Dio, della Chiesa e del Vangelo. così, ugualmente, il fondamentale diritto di ogni uomo ai benefici della redenzione operata da Gesù Cristo. "Ogni uomo deve potersi incontrare con Cristo", ricordavo nell'enciclica "Redemptor Hominis" (Ioannis Pauli PP. II, RH 13). Ogni uomo, anzi, ha bisogno di Cristo, egli stesso uomo perfetto e salvatore dell'uomo.
Cristo è la luce che, integrata nelle più diverse culture, le illumina e le eleva dal di dentro. La vera fede non è in contraddizione nemmeno con i valori religiosi della religione di ogni popolo, poiché rivela loro il vero volto di Dio, che è padre. La fede cristiana rispetta le espressioni culturali di qualunque popolo, purché siano veri ed autentici valori.
Ma tralasciare di trasmettere a tutti gli uomini l'integro deposito della fede sarebbe una infedeltà alla stessa missione della Chiesa. Equivarrebbe non riconoscere agli uomini un loro fondamentale diritto: il diritto alla verità.
E' chiaro che l'annuncio della fede suppone un adattamento alla mentalità di coloro che sono evangelizzati. Ma in nessun modo pero questo adattamento implica un'espressione e un annuncio del Vangelo incompleti. Siamo custodi della parola di Dio e, quindi non abbiamo il diritto di mutilarla nelle nostre predicazioni, a chiunque siano dirette. E neppure si dica che l'evangelizzazione dovrà, necessariamente, seguire il processo di umanizzazione.
Il vero apostolo del Vangelo è colui che va umanizzando ed evangelizzando allo stesso tempo, nella certezza che chi evangelizza anche civilizza. E così che si deve procedere. Ricordino sempre i missionari e gli evangelizzatori di questo caro Brasile che il loro impegno principale è il Vangelo, essendo competenza e dovere primario dello Stato offrire a ogni brasiliano le condizioni richieste per una vita degna, risultato del conveniente soddisfacimento di tutte le necessità primarie dell'esistenza. Solo in modo sussidiario compete alla Chiesa la soluzione dei problemi di ordine temporale.
La Chiesa desidera entrare in contatto con tutti i popoli e con tutte le culture. Essa stessa vuole arricchirsi con i valori veri delle più diverse culture. La liturgia è uno dei campi - non certamente l'unico - per questo interscambio tra la Chiesa e le culture. In questo senso l'esperienza mostra in modo convincente che è possibile salvaguardare religiosamente quelle verità ed espressioni culturali che la legittima autorità ecclesiastica propone come di istituzione divina, e rispettare con amorosa e attenta fedeltà i testi e i riti che la stessa legittima autorità deliberatamente esclude dalla creatività degli individui e gruppi - commentatori, animatori liturgici, presidenti di assemblee eucaristiche, celebranti principali dei sacramenti -, e allo stesso tempo dare alla celebrazione un carattere di incarnazione nell'ambiente in cui essa si celebra; la saggezza con cui i presidenti e i celebranti svolgono il loro ruolo è di estrema importanza. Devono beneficiare di questo interscambio permanente e fecondo tanto la cultura indigena, quanto quella negra e europea, come anche, perché non dirlo, la stessa Chiesa nel vostro paese.
5. Viene qui opportuno un cenno, anche se breve, a un tema di rilievo. Vari documenti della Chiesa universale, della Chiesa nell'America Latina e delle vostre Chiese particolari hanno trattato del problema della religiosità popolare. Ricordo l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (cfr. Pauli VI EN 48) del mio predecessore Paolo VI, i documenti di Medellin, le conclusioni di Puebla (cfr. Puebla, 444-469) e la mia enciclica "Redemptor Hominis" (Ioannis Pauli PP. II, RH 13-14). Constato con gioia che anche in Brasile si fanno ricerche, si scrivono saggi e si fa uno sforzo sempre maggiore nel senso di rispettare la religiosità popolare che, peraltro, è essa pure espressione di una dimensione profonda dell'uomo. E' l'anima stessa del popolo che affiora nelle espressioni e manifestazioni della religiosità popolare, alcune molto sincere. Nel più profondo della religiosità popolare si trova sempre una vera fame del sacro e del divino.
E' quindi necessario non disprezzarla, non ridicolizzarla. E' necessario coltivarla e servirsi della religiosità popolare per migliorare l'evangelizzazione del popolo. Le manifestazioni religiose popolari, purificate dei loro sottovalori, da ogni superstizione e magia, costituiscono senza dubbio un mezzo provvidenziale per la delle masse nella loro adesione alla fede dei loro antenati e alla Chiesa di Cristo. "Come tutta la Chiesa, la religione del popolo deve essere evangelizzata sempre di nuovo. Nell'America Latina, dopo quasi cinque secoli di predicazione del Vangelo e del battesimo conferito in maniera generalizzata ai suoi abitanti, questa evangelizzazione deve fare appello alla "memoria cristiana dei nostri popoli". La evangelizzazione sarà quindi un lavoro di pedagogia pastorale, con cui il cattolicesimo popolare venga assunto, purificato, completato e dinamizzato dal Vangelo. Questo implica, in pratica, riprendere un dialogo pedagogico, a partire dagli ultimi agganci che gli evangelizzatori del passato lasciarono nel cuore del nostro popolo. Perciò si devono conoscere i simboli, il linguaggio silenzioso e non verbale del popolo, per riuscire a comunicare, in un dialogo vitale, la buona novella mediante un processo di reinformazione catechistica" (Puebla, 457).
6. Visitando lo Stato di Bahia e la vostra bella città di Salvador, culla della nazione brasiliana e punto di partenza dell'evangelizzazione del vostro grande paese, saluto di gran cuore i vari gruppi etnici che si sono incontrati e si sono fusi: gli indigeni, gli uomini di colore, gli europei del Portogallo e di altre nazioni, gli orientali e gli asiatici. Perseverate con grande costanza nella strada percorsa fino ad oggi. Siate fedeli alla vostra missione storica nell'America Latina e nel mondo. Voi state dimostrando con successo come la legge fondamentale del cristianesimo, la fraternità, può portare alla convivenza armoniosa e costruttiva del futuro i più differenti popoli. Siete ancora la prova di come la buona volontà alleata alla fede cristiana può costruire una democrazia caratterizzata dall'umanesimo e dalla fraternità.
Delle vostre radici storiche si può dire che esse ci trasmettono due lezioni: quella di una cultura impregnata, già dal primo momento della propria esistenza, dai valori della fede, e della capacità che questa stessa fede ha di integrare razze ed etnie le più diverse. Non senza ragione quindi gli studiosi del Brasile osservano che, insieme alla lingua, è la fede cattolica della maggioranza del vostro popolo un eminente fattore di questa integrazione che sfida l'ostacolo delle enormi distanze, delle difficili comunicazioni, delle diversità climatiche.
Voglia il Signore che la diversità nell'unità evocata dai testi di questa messa si realizzi con la possibile perfezione in tutti i livelli della vostra comunità nazionale. Per questo il Signore vi ricopra con le sue benedizioni.
Data: 1980-07-07 Data estesa: Lunedi 7 Luglio 1980.
Titolo: La terra è dono di Dio per tutti gli uomini
Carissimi fratelli e sorelle.
voi specialmente, lavoratori della terra del nordest e, rappresentati da voi, lavoratori della terra di tutto il Brasile.
1. La mia prima parola, molto semplice, ma che risponde a un impulso del cuore, è di saluto molto cordiale.
Saluto quelli che sono qui, a prezzo di non so quanti sacrifici. Voi siete venuti certamente spinti dalla fede e desiderosi di vedere e ascoltare il vicario di nostro Signore Gesù Cristo. Questo gesto non mi sorprende perché conosco da molto tempo il vostro grande spirito religioso.
Saluto quelli a cui e stato impossibile venire nonostante il loro grande desiderio. Spero che a loro la mia voce possa giungere almeno attraverso la radio.
Vorrei potervi salutare ad uno ad uno, ma voi capite che è del tutto impossibile. Sappiate almeno, e lo vorrei dire a ciascuno in particolare, che il Papa vi tiene in grande considerazione, sa e apprezza quello che fate, vi ama come veri figli, è felice di questo incontro.
2. E perché; questo incontro con i lavoratori della terra del nordest? In primo luogo, perché hanno un'enorme importanza nella società brasiliana dei nostri giorni e meritano una parola di stimolo e incoraggiamento da colui che ha ricevuto la missione di pastore universale della Chiesa. Poi, perché essi affrontano situazioni particolarmente dolorose di emarginazione - miseria, indigenza, sotto-alimentazione, insalubrità, analfabetismo, insicurezza - e hanno bisogno di quella parola di conforto, di speranza e di orientamento che un padre ha il dovere di dare in modo particolare ai figli più abbandonati e più provati dalla vita. Non potrei passare attraverso il Brasile senza rivolgere loro queste parole.
3. Non è un segreto per nessuno che il mondo sta attraversando un'ora difficile della sua storia. Problemi gravi colpiscono tutti i settori della vita dei popoli e delle nazioni e, in modo particolare, il settore agricolo. Come ho avuto modo di dire in occasione della mia visita alla sede dell'organizzazione delle nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura, il settore agricolo è un settore "mantenuto" troppo a lungo al margine del progresso dei livelli di vita, un settore colpito in maniera particolarmente dolorosa dal rapido e profondo cambiamento socio-culturale del nostro tempo. Questo mette in evidenza le ingiustizie ereditate dal passato; destabilizza uomini, famiglie e società, accumula le frustrazioni e costringe a emigrazioni spesso massicce e caotiche" (Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad Legatos "Fao", 2, die 12nov. 1979": "", II,2[1979] 1134).
Seguo con infinito interesse gli sforzi convergenti di tutti gli uomini di buona volontà e non ho lasciato sfuggire alcuna occasione di sostenerli con la preghiera, con la parola, con il mio impegno personale, nella speranza che anche nell'ambito dell'agricoltura questi sforzi pervengano alle migliori soluzioni in vista del bene personale di ogni uomo, nel rispetto delle esigenze del bene comune.
Le considerazioni che ora faro nel quadro di questo nostro incontro sono dettate da un solo proposito: partendo dalla missione propria della Chiesa e dalla funzione che le spetta, riflettere per quanto è possibile alla luce del magistero di questa stessa Chiesa nel campo sociale e aiutare così a "consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina" (GS 42). In questo modo, con la forza dello Spirito, che è l'unica di cui dispone, in pieno rispetto dell'autonomia del campo temporale ma cosciente delle sue responsabilità, la Chiesa non intende ritirarsi quando si tratta di fare in modo che la "vita umana divenga sempre più umana", e di formare le coscienze "perché tutto ciò che compone questa vita risponda alla vera dignità dell'uomo" (Ioannis Pauli PP. II RH 14).
4. Una riflessione seria e serena sull'uomo e sulla convivenza umana in società, illuminata e irrobustita dalla parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa fin dalle sue origini, ci dice che la terra è dono di Dio, dono che egli fa a tutti gli esseri umani, uomini e donne, che egli vuole riuniti in una sola famiglia e in rapporto gli uni con gli altri in spirito fraterno (GS 24).
Pertanto non è lecito, perché non è secondo il disegno di Dio, gestire questo dono in modo tale che i suoi benefici siano a vantaggio soltanto di alcuni pochi, restandone esclusi gli altri, l'immensa maggioranza. Più grave ancora è lo squilibrio e più stridente l'ingiustizia ad esso inerente, quando questa immensa maggioranza si vede condannata proprio per questo a una situazione di carenza, di povertà e di emarginazione.
Lo stesso diritto di proprietà, in sé legittimo, deve, in una visione cristiana del mondo, compiere la sua funzione e osservare la sua finalità sociale (cfr. Ioannis Pauli PP. II "Allocutio ad "Indios", quos dicunt, in pago "Cuilapàn", die 29 ian. 1979": "", II [1979] 240-244). così, nell'uso dei beni posseduti, la destinazione generale che Dio ha loro assegnato e le esigenze del bene comune prevalgono sui vantaggi, le comodità e, alle volte, anche sulle necessità non primarie di origine privata. Questo è anche vero - come ho avuto già occasione di dire - quando si parla del mondo rurale e dello sfruttamento della terra, poiché la terra è stata posta da Dio a disposizione dell'uomo. Nel primo capitolo della Genesi (il testo che abbiamo appena ascoltato) Dio dice: Prendete possesso della terra..., "vi do ogni erba che produce seme... e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo" (Gn 1,29). La terra è dell'uomo perché all'uomo Dio l'ha affidata e, col suo lavoro, egli la domina (cfr. Gn 1,28). Non è perciò ammissibile che nello sviluppo generale di una società restino esclusi dal vero progresso degno dell'uomo proprio gli uomini e le donne che vivono in zona rurale, quelli che sono pronti a rendere la terra produttiva mediante il lavoro delle loro mani, e che hanno necessità della terra per mantenere la famiglia.
Quindici anni fa, il Concilio Vaticano II - la Chiesa che prendeva coscienza di se stessa e del mondo - proclamava, riferendosi esattamente al problema che ci interessa: "In molte zone, tenendo presenti le particolari difficoltà del settore agricolo..., gli addetti all'agricoltura vanno sostenuti... affinché essi non rimangano... in condizioni sociali di inferiorità" (GS 66). E non è impensabile che si vedano ridotti a condizioni anche ben meno nobili.
Non basta effettivamente disporre di terra in abbondanza, come succede qui nel vostro amato Brasile; ci vuole una legislazione giusta in materia agraria perché si possa dire che abbiamo una società corrispondente alla volontà di Dio, quanto alla terra e alle esigenze della dignità della persona umana, di tutte le persone umane che vi abitano. Ci vuole una legislazione che sia attuata e serva al bene di tutti gli uomini e non soltanto gli interessi di minoranze o di individui.
Anche qui all'abbondanza della terra e ad una legislazione adeguata si deve aggiungere, più che la buona volontà, una sincera conversione dell'uomo all'uomo nella sua pienezza trascendente. L'uomo del campo si identifica col suo lavoro, con la terra, dalla quale fa sgorgare il sostentamento di tanti, anche nelle grandi città. Li getta radici profonde, che segnano indelebilmente il suo essere. Strapparlo alla sua terra natale, spingerlo verso un esodo incerto, in direzione delle grandi metropoli, oppure non garantire i suoi diritti al legittimo possesso della terra significa violare i suoi diritti di uomo e di figlio di Dio.
Significa introdurre un pericoloso squilibrio nella società. Inoltre, l'integrale sviluppo misurato e umano implica garantire sempre in parità di condizioni tanto il progresso tecnico e industriale di una nazione come un'attenzione prioritaria verso le questioni agricole, così indispensabili ai nostri giorni, nell'ambito di una società indipendente, armoniosa e giusta. In questo aspetto mi limito a richiamare l'attenzione per le direttive emanate dal mio predecessore Giovanni XXIII, nell'enciclica "Mater et Magistra". "Verso dove vai?" - ho fatto questa domanda nelle varie tappe del mio viaggio apostolico in Brasile. Voglio ripeterla qui, per voi e con voi, per tutti coloro che hanno in qualche misura una parte di responsabilità per il mondo rurale e per il bene comune: "Verso dove vai?". Che la risposta sia un atteggiamento coraggioso, fermo, ispirato ai più puri valori cristiani in difesa della promozione dei diritti dell'uomo, dell'uomo del campo, anch'esso associato nella vita e nella costruzione di una società ogni giorno più giusta e perciò più umana.
Nel pensiero della Chiesa, considerare che l'organizzazione sociale è al servizio dell'uomo e non il contrario, è un principio fondamentale. Questo principio vale per tutti e sempre. Vale principalmente per quelli che hanno ricevuto dalla società il mandato di garantire il bene di tutti. Le iniziative che essi prendono, riguardanti il settore agricolo, devono essere iniziative a favore dell'uomo, sia sul piano legislativo, sia nell'ambito giudiziario, come pure in quello della salvaguardia dei diritti dei cittadini. Una situazione nella quale la popolazione, anche quella della zona rurale, vede che la sua dignità umana non è rispettata, porta alla rovina, poiché lascia il campo aperto ad altre iniziative, ispirate dall'odio e dalla violenza.
5. I lavoratori della terra, come i lavoratori di qualsiasi altro ramo della produzione, sono e devono restare sempre, ai propri occhi e agli occhi altrui, concettualmente e praticamente, prima di tutto persone umane: devono avere la possibilità di realizzare le potenzialità contenute nel loro essere, le possibilità di "essere più" uomo e, insieme, di essere trattati in conformità con la loro dignità umana. Essendo "il lavoro per l'uomo, e non l'uomo per il lavoro", è esigenza fondamentale e pienamente rispettosa della sua dignità, che l'uomo possa trarre dal medesimo lavoro i mezzi necessari e sufficienti per affrontare decorosamente le sue responsabilità familiari e sociali. Mai l'uomo è semplice "strumento" di produzione.
Così, in seno a una stessa comunità politica ben ordinata, giustizia e umanità non si amalgamano né si conciliano "con un certo abuso della libertà da parte di alcuni, abuso legato appunto a un atteggiamento consumistico non controllato dall'etica, in quanto limita contemporaneamente la libertà degli altri, cioè di quelli che soffrono rilevanti deficienze e si vedono spinti a condizioni di ulteriore miseria e indigenza" (cfr. Ioannis Pauli PP. II RH 16), in una versione gigantesca della parabola biblica del ricco e del povero Lazzaro (cfr. Lc 16,19-31).
In questa parabola, Cristo non condanna il ricco perché è ricco, oppure perché veste con lusso. Egli condanna fortemente il ricco che non prende in considerazione la situazione d'indigenza del povero Lazzaro, che desidera soltanto alimentarsi con le briciole che cadono dalla tavola del banchetto. Cristo non condanna il semplice possesso dei beni materiali. Ma le sue parole più dure si dirigono a quelli che usano la loro ricchezza in maniera egoistica, senza preoccuparsi del prossimo, cui manca il necessario.
Con queste parole, Cristo si colloca dalla parte della dignità umana, dalla parte di quelli la cui dignità non è rispettata, dalla parte dei poveri.
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,3). Si, beati i poveri, i poveri di beni materiali che tuttavia conservano la loro dignità d'uomo. Beati i poveri, quelli che, a causa di Cristo, hanno una speciale sensibilità per il loro fratello o la loro sorella che si trova nel bisogno: per il loro prossimo che è vittima di ingiustizie: per il loro vicino che soffre tante privazioni, compresa la fame, la mancanza di lavoro o l'impossibilità di educare degnamente i suoi figli. Beati i poveri, quelli che sanno staccarsi dai loro beni e dal loro potere, per metterli a servizio dei bisognosi, per impegnarsi nella ricerca di un ordine sociale giusto, per promuovere quei cambiamenti di atteggiamenti che sono necessari affinché gli emarginati possano trovare posto alla mensa della famiglia umana.
Per quanto riguarda i beni di prima necessità - alimentazione, vestito, casa, assistenza medico-sociale, istruzione di base, formazione professionale, mezzi di trasporto, informazione, possibilità di svago, vita religiosa -, si impone che non ci siano strati sociali privilegiati. Che tra gli ambienti urbani e gli ambienti rurali non si verifichino disuguaglianze clamorose e quando queste appaiono, ci sia una pronta applicazione dei mezzi adeguati affinché siano eliminate o ridotte fin dove è possibile. In questo tutti e ciascuno devono sentirsi impegnati: persone, gruppi sociali e poteri pubblici a tutti i livelli.
6. Ai lavoratori della terra, come agli altri lavoratori, non possono essere negati, sotto nessun pretesto, il diritto di partecipazione e comunione, con senso di responsabilità, nella vita delle imprese e nelle organizzazioni destinate a definire e salvaguardare i loro interessi e anche nell'arduo e pericoloso cammino verso l'indispensabile trasformazione delle strutture della vita economica, sempre a favore dell'uomo.
Una tale presenza attiva dei lavoratori in questi diversi livelli della società, alla quale li lega la loro attività, presuppone sempre un'economia al servizio dell'uomo, con tutta la verità del suo essere personale. E così, per superare contrasti che sorgono ogni volta che si confonde libertà con istinto d'interesse individuale e collettivo, oppure con istinto di lotta e di dominio, qualunque siano i colori ideologici che li polarizzano, affinché questa partecipazione dei lavoratori sia efficace e costruttiva, si impone una previa conversione delle menti, delle volontà e dei cuori: la conversione all'uomo, alla verità dell'uomo. Conoscere e accettare la verità è la condizione fondamentale della libertà: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32).
7. Nel linguaggio della Bibbia il pensiero di Dio riguardo alla relazione uomo-terra si esprime in questi termini: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gn 2,15). In un altro passo si legge che alla prima coppia umana disse: "...Riempite la terra; soggiogatela e dominate" il creato (cfr. Gn 1,28).
Ora, "dominare", "coltivare" la terra dovrebbe essere il principio sempre osservato da tutti gli uomini nell'amministrazione di questo dono di Dio: il principio che detta la linea d'azione assolutamente obbligatoria per tutti quelli che sono responsabili e interessati al problema della terra: persone investite di pubblici poteri, tecnici, imprenditori e lavoratori.
Succede, invece, che "l'uomo sembra spesso non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo. Invece, era volontà del Creatore che l'uomo comunicasse con la natura come "padrone" e "custode" intelligente e nobile, e non come "sfruttatore" e "distruttore" senza alcun riguardo" (Ioannis Pauli PP. II RH 15).
Davanti alle risorse immense e alle bellezze meravigliose di questa grande nazione, nasce spontaneo il grido dell'anima: coltivate e salvate il vostro amato Brasile! Sfruttate e dominate questi beni, fate in modo che essi rendano di più a favore dell'uomo, dell'uomo di oggi e di domani. Qui, quanto all'uso del dono di Dio che è la terra, bisogna pensare molto alle generazioni future, bisogna pagare un tributo di austerità per non debilitare, o ridurre o, peggio ancora, rendere insopportabili le condizioni di vita delle future generazioni. Lo esigono la giustizia e l'umanità.
8. Un'ultima parola, specialmente per coloro che, quando lavorano, hanno la felicità di camminare alla luce di Cristo. Il lavoro è fattore di produzione, fonte di beni economici, mezzo per guadagnarsi da vivere, ecc... Ma esso deve essere concepito e vissuto anche come dovere, come amore, come fonte di onore e come preghiera.
Questo vale per tutti i lavoratori, naturalmente, ma in maniera speciale per voi, lavoratori della terra. Voi siete chiamati a rendere un servizio agli uomini-fratelli, in contatto con la natura, collaborando direttamente con Dio, creatore e padre, affinché questo nostro pianeta - la terra - sia sempre più conforme ai suoi disegni, l'ambiente desiderato per tutte le forme di vita: la vita delle piante, la vita degli animali e, soprattutto, la vita degli uomini.
Vedete, "del Signore è la terra e quanto contiene, l'universo e i suoi abitanti" (Ps 23,1). Facciamo tutto quello che sta nelle nostre possibilità, come "suoi custodi intelligenti e nobili", affinché sempre, servendo all'uomo, a Dio "si prostri tutta la terra, [a lui] canti inni, canti al [suo] nome" (Ps 65,4).
Vi ho parlato col cuore aperto, cosciente che la Chiesa, fedele al suo Signore, sa che deve aprirsi alle realtà umane, interpretarle alla luce del Vangelo e impregnarle di Vangelo, cercando di portare gli uomini a modificare - quando ne è il caso - i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita, che si manifestano in contrasto con i disegni di Dio (cfr. Pauli VI EN 19).
9. E' noto che in questo paese si stanno studiando e mettendo in pratica iniziative di grande portata per il settore agricolo. Voglia Dio che un umanesimo cristiano sempre le illumini: un vero senso dell'uomo. Questo uomo è ciascuno di voi e ciascuno di quelli che voi qui rappresentate, con la sua dignità di persona e di figlio di Dio. E' necessario agire con prontezza e profondità per affrontare una situazione sulla quale il vostro silenzio parla con molta eloquenza. Non permettete mai che si umili la vostra dignità morale e religiosa con l'accettazione di sentimenti come l'odio e il desiderio di violenza. Amate la pace! Sollevate gli occhi al vostro Padre e Signore di tutti: è lui che a ciascuno darà la ricompensa di quello che è e fa.
Per voi e con voi, carissimi fratelli lavoratori della terra, in nome vostro e in nome di Dio, io chiedo a tutti gli altri nostri fratelli: si cerchi la collaborazione e la concordia: tutti i responsabili e interessati al bene di ogni uomo - poteri pubblici a livello nazionale, statale e locale, gruppi, organizzazioni e tutti gli uomini di buona volontà, con lo specifico contributo della Chiesa nel compimento della sua missione - ricerchino e applichino le misure reali, adeguate ed efficaci, per soddisfare i diritti dell'uomo della campagna, per aiutarlo. In questo, chi più possiede, più deve sentirsi obbligato a cooperare.
Siamo la famiglia dei figli di Dio. Come fratello voglio dirvi, amati lavoratori della terra del Brasile, che voi valete molto. Conservate le vostre ricchezze umane e religiose: l'amore alla famiglia, il senso dell'amicizia e della lealtà, la solidarietà con i più bisognosi tra voi, il rispetto alle leggi e a tutto quello che nella convivenza civile è legittimo, l'amore alla buona armonia e alla pace, la fiducia in Dio e l'apertura al soprannaturale, la devozione alla Madonna, ecc... Per intercessione sua, della Madonna, qui davanti alla sua venerata immagine che si presenta sotto il titolo a voi tanto caro - la Madonna del Carmelo - chiedo a Dio che tutti assista, conforti, aiuti. Amen. Data: 1980-07-07 Data estesa: Lunedi 7 Luglio 1980.
GPII 1980 Insegnamenti - L'incontro con i lebbrosi, a Salvador da Bahia