
GPII Discorsi 2000 605
0805
Illustri Signori!
1. Rivolgo un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, provenienti dai cinquant'uno Paesi aderenti all'Unione delle Federazioni Europee di Calcio e convenuti a Roma per il Grande Giubileo dell'Anno Duemila. L'odierno incontro vede rappresentata la quasi totalità delle Nazioni europee. In particolare, la presenza delle Federazioni dell'Est, che dopo la caduta del Muro di Berlino hanno aderito alla vostra Unione, testimonia ancor più la volontà di pace e di fratellanza che anima le vostre federazioni, come pure l'impegno ad allargare gli orizzonti, a superare ogni barriera ed a creare una sistematica comunicazione tra i diversi popoli, al fine di offrire un fattivo contributo alla costruzione dell'unità europea.
Vi sono, pertanto, grato per questa visita che mi permette di apprezzare le nobili finalità che ispirano il vostro servizio, teso a sostenere uno sport capace di promuovere tutti i valori della persona umana. Saluto l'Avvocato Luciano Nizzola, Presidente della Federcalcio Italiana, e lo ringrazio per le cordiali espressioni che ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti.
2. Nella società contemporanea il calcio è un'attività sportiva molto diffusa, che coinvolge un gran numero di persone e, in particolare, i giovani. In questo sport, indipendentemente dalla possibilità di ricreazione salutare, hanno anche l'opportunità di svilupparsi fisicamente e di ottenere traguardi atletici, che richiedono sacrificio, impegno costante, rispetto per gli altri, fedeltà e solidarietà.
Il calcio è anche uno dei maggiori fenomeni di massa e coinvolge molti individui e famiglie, dai tifosi allo stadio e gli spettatori televisivi a quanti operano a vari livelli nel campo dell'organizzazione degli eventi sportivi, della formazione degli sportivi e nel vasto settore dei mezzi di comunicazione di massa.
Questo fatto evidenzia la responsabilità di quanti gestiscono l'organizzazione e promuovono la diffusione di questa attività sportiva a livello professionale e amatoriale. Sono chiamati a non perdere mai di vista le importanti possibilità educative che il calcio, come altre simili discipline sportive, può sviluppare.
In particolare, gli sportivi, soprattutto i più celebri, non dovrebbero mai dimenticare di costituire dei modelli per il mondo dei giovani. È dunque importante che, indipendentemente dalle capacità tipicamente sportive, sviluppino attentamente qualità spirituali e umane che li renderanno esempi veramente positivi per la gente.
Inoltre, data la diffusione dello sport, sarebbe bene che i promotori, gli organizzatori a diversi livelli e gli agenti di comunicazione si impegnino in sforzi congiunti per assicurare che il calcio non perda mai la sua caratteristica autentica di attività sportiva e che non venga sommerso da altre priorità, in particolare di tipo finanziario.
3. Cari Amici, siete venuti a Roma per celebrare il grande Giubileo. Nel corso dell'Anno Santo, la Chiesa invita tutti i credenti e gli uomini di buona volontà a considerare i loro pensieri e le loro azioni, le loro attese e le loro speranze, alla luce di Cristo, "l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato" (Gaudium et spes GS 22).
Ciò presuppone un cammino di autentica conversione, ossia la rinuncia alla mentalità mondana che ferisce e svilisce la dignità dell'uomo; ciò presuppone anche l'adesione, con una fiducia totale e un impegno coraggioso, al modo liberatorio di agire e di pensare proposto dal Vangelo. Come non vedere nell'evento giubilare un invito a fare in modo che lo sport sia anche un'occasione di autentica promozione della grandezza e della dignità dell'uomo? In questa prospettiva, le strutture del calcio sono invitate ad essere un terreno di autentica umanità, dove i giovani sono spronati ad apprendere i grandi valori della vita e a diffondere ovunque le grandi virtù che sono alla base di una degna convivialità umana, come la tolleranza, il rispetto della dignità umana, la pace e la fraternità.
Sono certo, cari Amici che rappresentate le Federazioni europee, che condividete i miei auspici, affinché il calcio costituisca sempre più un luogo di serenità e ogni competizione realizzi ciò che lo sport deve essere: un'intera valorizzazione del corpo, un sano spirito di competizione, un'educazione ai valori della vita, la gioia di vivere, il gioco e la festa.
4. Il calcio, come ogni sport, divenga sempre più espressione del primato dell'essere sull'avere, liberandosi - come ha opportunamente osservato poc'anzi il vostro Rappresentante - da tutto ciò che gli impedisce di essere proposta positiva di solidarietà e di fraternità, di mutuo rispetto e di leale confronto tra gli uomini e le donne del nostro mondo.
Mi è noto, altresì, il recente impegno della vostra Federazione, che con le proprie risorse ha intrapreso una lodevole opera di assistenza ai Paesi poveri e di speciale cooperazione con i Paesi dell'Est europeo, per diffondere il calcio tra i giovani ed iniziarli ad un'esistenza sana, ispirata a saldi principi morali. Sia questo lo stile costante d'ogni vostra iniziativa.
Vi prego, infine, di farvi interpreti dei miei cordiali sentimenti presso le società sportive che voi rappresentate, gli atleti, il personale tutto e le rispettive famiglie.
Su tutti invoco la benedizione di Dio.
1105
Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
Cari Direttori Nazionali, Collaboratori e Collaboratrici
delle Pontificie Opere Missionarie!
1. Porgo con affetto il mio benvenuto a ciascuno di voi. Anzitutto al Signor Cardinale Jozef Tomko, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che si è fatto interprete dei vostri sentimenti e lo ringrazio per le gentili espressioni rivoltemi. Saluto Monsignor Charles Schleck, Segretario Aggiunto di detta Congregazione e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie ed i Segretari Generali delle quattro Opere.
Un particolare pensiero riservo a voi, cari Direttori Nazionali, che svolgete con perizia ed impegno il vostro compito di animazione della cooperazione missionaria nei vostri rispettivi Paesi. Attraverso di voi, intendo salutare tutti i vostri collaboratori e collaboratrici che, spinti da generosità evangelica, hanno a cuore la proclamazione della Parola di Dio in ogni luogo e in ogni situazione del mondo.
2. L'odierno incontro avviene nel tempo e nello spirito del Grande Giubileo, che la Chiesa universale sta vivendo con grande fervore. Questo è un singolare Anno di grazia, nel quale la comunità cristiana sta facendo una più viva esperienza della bontà di Dio, manifestatasi nell'incarnazione del Figlio e annunciata con gratitudine dalla Chiesa a tutte le genti. Risuonano nel nostro spirito le parole dell'Apostolo: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!" (2Co 6,2).
La celebrazione del Grande Giubileo appare, quindi, un'occasione quanto mai opportuna per riflettere sulla misericordia che Dio Padre, mediante l'opera dello Spirito Santo, ha offerto in Cristo a tutta l'umanità. Il Grande Giubileo è "annuncio di salvezza", che va fatto risuonare in ogni angolo della terra, affinché chi l'ha udito ne divenga a sua volta testimone e se ne faccia strumento per la salvezza di ogni persona. Siamo tutti chiamati ad aprire gli occhi dinanzi alle necessità delle numerose pecore senza pastore (cfr Mc 6,34), per metterci al loro servizio, al fine di far conoscere loro il nome del Signore, perché, confessandolo, anch'esse abbiano parte alla salvezza (cfr Rm 10,9).
3. Voglio qui ricordare in modo particolare quanti, uomini e donne, dedicandosi "ad vitam" alla missione "ad gentes", hanno fatto di questa attività la ragion d'essere della propria esistenza. Essi sono un esempio incomparabile di dedizione alla causa della diffusione del Vangelo. Ringrazio e benedico di cuore coloro che, in forme tanto discrete quanto efficaci, si impegnano nel lavoro dell'animazione e della cooperazione missionaria. Sono in tanti. Ai sacerdoti, alle consacrate ed ai consacrati si uniscono numerosi laici, individualmente o come famiglia, desiderosi di dedicare alla missione alcuni anni della loro vita o, addirittura, l'intera loro esistenza. Non poche volte essi proclamano la Buona Novella e manifestano la loro fede in ambienti ostili o indifferenti. Portate loro, carissimi Fratelli e Sorelle, la mia riconoscenza ed il mio incoraggiamento a continuare generosamente questo vigoroso impegno missionario. Dio, che non si lascia vincere in generosità, li saprà ricompensare.
La recente commemorazione dei Testimoni della Fede del ventesimo secolo, celebrata la scorsa Domenica nel Colosseo, ci ricorda che non di rado, per la missione, la prova suprema è il dono della vita fino alla morte. "Come sempre nella storia cristiana, i «martiri», cioè i testimoni, sono numerosi e indispensabili al cammino del Vangelo. Anche nella nostra epoca ce ne sono tanti: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, a volte eroi sconosciuti che danno la vita per testimoniare la fede. Sono essi gli annunciatori ed i testimoni per eccellenza" (Lett. enc. Redemptoris missio RMi 45).
Nel rendere grazie a Dio per questi nostri fratelli e sorelle nella fede, preghiamo perché il lavoro missionario della Chiesa sia sempre animato da grande generosità.
4. Voi, carissimi, siete chiamati a svolgere un lavoro capillare di sensibilizzazione tra tutti i cristiani. Vostro costante anelito sia operare perché ognuno senta l'urgenza di continuare la stessa missione di Gesù che prima di morire, ha detto ai suoi discepoli: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,22). Trasmettete questo spirito ai vostri collaboratori ed alle tante persone di buona volontà che condividono con voi questa medesima missione ecclesiale.
In effetti, la chiamata alla missione, oltre che un dovere per ogni battezzato, è una grazia. Lo sanno bene coloro che ne hanno fatto la scelta prevalente dell'esistenza. Chi è inviato a nome della Chiesa ad annunciare la Buona Novella è associato in modo singolare alla persona e alla missione di Gesù stesso. Afferma san Giovanni a questo riguardo: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo" (Jn 17,18). Noi siamo mandati da Cristo nel mondo!
In virtù di questa vocazione e di questa missione, a voi compete, cari Direttori Nazionali, in stretta collaborazione con i vostri legittimi Pastori, la formazione e l'animazione missionaria del Popolo di Dio in tutto il mondo, avendo ben presente che l’opera missionaria "riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali" (Lett. enc. Redemptoris missio RMi 2).
5. Carissimi Fratelli e Sorelle, come sapete, la vostra Congregazione ha stabilito di celebrare il "Congresso Missionario Mondiale Duemila" dal 18 al 22 ottobre prossimi, in concomitanza con la Giornata Missionaria Mondiale. Mi rallegro di questa opportuna iniziativa.
La preparazione di tale evento, preceduta dalla celebrazione di Congressi Nazionali, in cui sono coinvolti i responsabili delle Pontificie Opere ai vari livelli, si sta rivelando fin d'ora occasione propizia per sensibilizzare l'intero Popolo di Dio circa l'imprescindibile compito missionario, affidato dal Signore ad ogni battezzato.
Quanti potranno prendere parte a quest'importante incontro rifletteranno sul tema: "Gesù, sorgente di vita per tutti". Auspico di cuore che tale provvidenziale riunione contribuisca a rinnovare con vigore nella Chiesa un più incisivo sforzo missionario per proseguire con entusiasmo e coraggio nella sempre attuale opera della prima evangelizzazione. Spero, altresì, che l'impegno da voi profuso a favore delle missioni possa essere benedetto da frutti abbondanti e susciti numerose vocazioni "ad gentes". Ecco il prezioso contributo a voi chiesto per la nuova evangelizzazione in cui la Chiesa è oggi impegnata (cfr Lett. enc. Redemptoris missio RMi 2), per offrire a tutti la possibilità di attingere abbondantemente alle sorgenti di acqua viva del Vangelo.
6. Fratelli e Sorelle carissimi, continuate instancabilmente nel compito che avete intrapreso ed al quale dedicate il meglio delle vostre energie, senza lasciarvi turbare dalle difficoltà né fermare dagli ostacoli. Perseverate nel convinto servizio all'azione missionaria della Chiesa e sarete docili strumenti che contribuiscono ad edificare nel mondo la civiltà dell'amore.
Mentre affido voi, le vostre attività e le persone a voi care a Maria, Stella dell'evangelizzazione, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a ciascuno di noi, estendendola volentieri a quanti collaborano al vostro infaticabile lavoro di animazione, formazione e cooperazione missionaria in ogni Continente.
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Amatissimi fratelli e sorelle del Venezuela,
1. Vi saluto con cordialità e sono lieto di darvi il benvenuto. Benvenuti a Roma e benvenuti in Vaticano, dove si conserva la memoria dell'apostolo Pietro! Il tempo provvidenziale del Giubileo vi ha guidati come pellegrini alla città di Roma, per confermare la vostra fede in Cristo e riaffermare il vostro impegno di vivere secondo lo spirito del Vangelo. La vostra presenza così numerosa testimonia gli stretti e ininterrotti vincoli di comunione e di affetto che uniscono la Chiesa in Venezuela al Successore di Pietro. Mi ricorda anche le emozionanti giornate che la Provvidenza mi ha permesso di trascorrere nella vostra Patria, in occasione dei miei due viaggi apostolici. In essi ho potuto comprovare la fermezza della vostra fede e l'azione che la Chiesa dispiega in mezzo a voi, contribuendo con la sua parola e con le sue istituzioni a elevare la vita di tutti i venezuelani.
2. Ringrazio Monsignor Ignacio Velasco García, Arcivescovo di Caracas, per le cordiali parole che mi ha rivolto, facendomi presente i sentimenti che vi animano in questo vostro pellegrinaggio giubilare alla Città Eterna, testimone del martirio degli apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa. Nel ringraziarlo per i sentimenti che ha espresso anche a nome vostro, desidero salutarvi tutti: sacerdoti, religiosi e religiose, giovani e tutti gli altri fedeli che formate questo gruppo.
3. Stiamo vivendo l'anno del Grande Giubileo, che ci offre la possibilità di accedere al tesoro di grazia e di misericordia che Dio ha affidato alla Chiesa. A quanti anelano a un coraggioso rinnovamento interiore, il Signore chiede di avvicinarsi a Lui con fiducia. A ognuno chiede un cambiamento di mentalità e di stile di vita per seguire da vicino il Signore e affrontare così le realtà quotidiane secondo lo spirito del Vangelo.
Seguire Cristo in modo radicale esige un'intensa e costante crescita interiore. A tal fine è necessario coltivare con assiduità la preghiera, partecipare con la maggiore frequenza possibile all'Eucaristia e al Sacramento della Penitenza e praticare le virtù evangeliche. Nel vostro Paese potete già contare su testimoni di Cristo che sono stati elevati agli onori degli altari. Mi riferisco alla Beata Maria di San José, che ho avuto l'onore di beatificare fra la gioia di tutti i venezuelani. Che il suo esempio e i suoi insegnamenti vi infondano continuamente l'entusiasmo e il coraggio per aderire in modo sempre più deciso a Cristo! Sarete così preparati ad affrontare con fiducia e speranza le difficoltà del nostro tempo e le sfide della nuova evangelizzazione.
4. Fra queste difficoltà non posso dimenticare l'indicibile tragedia che lo scorso anno ha colpito il vostro Paese e che ha causato tanti morti e tanta distruzione. Fin dal primo momento ho elevato le mie preghiere al Signore per le persone scomparse, chiedendo consolazione, serenità e una luce per coloro che, in mezzo a tanto dolore, avevano dinanzi a sé l'arduo compito della ricostruzione.
La mia voce si è levata anche per sollecitare la cooperazione internazionale, esortando i popoli fratelli a non lasciare solo il Venezuela in simili momenti e a contribuire a porre rimedio a un disastro naturale di così vaste proporzioni.
Vi incoraggio quindi a restare accanto a quanti ancora subiscono le tragiche conseguenze di quella situazione, a essere sempre solidali gli uni con gli altri, a preoccuparvi della sorte del prossimo, anche a costo di sacrifici.
5. L'altra sfida del momento presente è il continuare lungo il cammino della nuova evangelizzazione. Evangelizzare, lo sapete bene, miei amati fratelli e sorelle, è missione di ogni battezzato. Qualunque sia la sua condizione di vita, ognuno è chiamato a rendere testimonianza a Cristo e al Vangelo. Formulo voti affinché il vostro pellegrinaggio rechi gli anelati frutti del rinnovamento religioso e pastorale. Voglia Dio che questa visita alle tombe degli Apostoli rafforzi la vostra determinazione ad evitare il peccato, a convertirvi al bene e a seguire il Signore.
L'evangelizzazione contribuirà inoltre a far sì che i valori del Regno di Dio siano presenti nella società in questi momenti in cui la vostra Nazione sta rivedendo la sua organizzazione legislativa e istituzionale. A tale riguardo, è necessario che voi cristiani facciate udire la vostra voce affinché i valori del Vangelo continuino ad essere presenti nella vostra Patria e non vengano accantonati per nessuna ragione.
6. Alla Vergine Maria, che venerate con il titolo di Coromoto, e che ho avuto la gioia di coronare, affido le intenzioni che vi animano nel vostro pellegrinaggio giubilare. Imploro da Lei per voi la grazia di essere missionari autentici dell'amore insondabile di Dio nella società venezuelana. Che vi proteggano San Pietro e san Paolo, i cui sepolcri avete visitato con devozione. Il Papa vi rinnova il suo affetto e imparte a voi, come pure ai vostri cari e a tutti i fedeli venezuelani, una speciale Benedizione Apostolica.
1205
Illustri Signori e gentili Signore,
carissimi organizzatori, promotori
e partecipanti al Giro d'Italia!
1. Sono lieto di accogliervi alla vigilia dell'inizio della popolare gara ciclistica, che da domani vedrà molti di voi protagonisti sulle strade della Penisola. Nel porgere a tutti il mio più cordiale benvenuto, ringrazio in modo speciale il Dott. Cesare Romiti ed il Dott. Candido Cannavò per le cortesi parole che hanno voluto rivolgermi a nome dei presenti e con le quali hanno evocato ideali e valori che animano questa grande manifestazione sportiva.
Un particolare saluto va ai partecipanti alla Staffetta ciclistica della Madonna del Ghisallo, venuti a Roma in occasione della partenza del Giro d'Italia, per ricordare il cinquantesimo anniversario della proclamazione, da parte del mio venerato Predecessore Pio XII, della Beata Vergine Maria del Ghisallo quale principale Patrona dei ciclisti italiani.
La stima, l'interesse e l'ammirazione che la vostra storica corsa ciclistica da sempre riscuote non soltanto tra i cultori dello sport, ma anche tra gli operatori dell'informazione giornalista e radiotelevisiva, come pure tra la gente comune, hanno reso il Giro d'Italia una manifestazione di alto rilievo sportivo e di grande impatto sociale nella storia e nel costume italiani.
2. L'edizione di quest'anno assume, in coincidenza col Grande Giubileo del Duemila, un significato speciale. Com'è stato poc'anzi opportunamente ricordato, il Giro d'Italia partirà da Roma, chiudendo la prima tappa in Piazza San Pietro. Si potrebbe perciò dire che la frazione di domani non è soltanto il "prologo" del Giro d'Italia, ma costituisce come una "prima tappa" del Giubileo degli sportivi che, a Dio piacendo, avremo la gioia di celebrare insieme nell'ultima domenica del mese di ottobre allo Stadio Olimpico.
Questo intreccio tra manifestazioni sportive e celebrazioni giubilari contribuisce a mettere bene in luce il rapporto che deve sempre unire l'attività sportiva e i valori spirituali. Anzi deve costituire un'importante opportunità di riflessione e di rinnovamento, affinché lo sport risplenda con quelle caratteristiche di limpidezza, coerenza, onestà e condivisione che ne fanno uno dei veicoli significativi di alti valori di umanità.
Infatti ogni attività sportiva, a livello sia amatoriale che agonistico, richiede doti umane di fondo, quali il rigore nella preparazione, la costanza nell'allenamento, la consapevolezza dei limiti delle capacità della persona, la lealtà nella competizione, l'accettazione di regole precise, il rispetto dell'avversario, il senso di solidarietà e di altruismo. Senza queste qualità, lo sport si ridurrebbe ad un semplice sforzo e ad una discutibile manifestazione di potenza fisica senz'anima.
3. Anche la pur legittima ricerca di mezzi tecnici sempre più efficaci e adeguati alle condizioni della corsa, deve essere sempre posta a servizio della persona dell'atleta e non viceversa, evitando rischi inutili o dannosi per gli sportivi o per gli spettatori.
L'attività sportiva, quando è vissuta ed interpretata in modo corretto, costituisce una singolare espressione delle migliori energie interiori dell'uomo e della sua capacità di superare le difficoltà, di proporsi delle mete da conquistare mediante il sacrificio, la generosità e la costanza nell'affrontare le fatiche della competizione.
In tutto ciò sono di esempio le nobili figure di atleti che hanno reso grande lo sport del ciclismo in Italia e nel mondo. In questo momento il pensiero va spontaneamente a Gino Bartali, recentemente scomparso, grande figura di sportivo, di cittadino esemplare e di convinto credente. Il suo esempio rimane per tutti un punto di riferimento di come si possa praticare lo sport con una grande carica umana e spirituale, facendone una luminosa espressione dei più alti valori della esistenza e della convivenza sociale.
4. Cari amici, auguro a tutti voi, che vi accingete ad iniziare il Giro d'Italia, di vivere questo importante avvenimento sportivo animati da autentica "sportività", cioè da una grande passione agonistica, ma anche da un forte spirito di solidarietà e di condivisione.
Vi guidi e vi assista la celeste protezione di Maria, alla quale è dedicato in modo particolare il mese di maggio, e che voi invocate come vostra speciale patrona con il bel titolo di Madonna del Ghisallo. Vi accompagni anche la mia benedizione, che imparto con affetto a tutti voi qui presenti, agli organizzatori, a quanti prenderanno parte alla manifestazione ciclistica, come pure a tutta la grande famiglia sportiva del Giro d'Italia.
Signor Presidente della Repubblica,
Signor Primo Ministro,
Venerato Signor Patriarca di Lisbona,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Distinte Autorità,
Mie Signore e miei Signori!
Dio mi ha concesso di ritornare in Portogallo e anche di questo Gli rendo grazie e Lo benedico. A voi convenuti qui ad accogliermi e a tutti i figli e le figlie di questa nobile Nazione, offro il mio cordiale saluto di solidarietà e di pace. La mia prima e deferente parola va a Lei, Signor Presidente, che ha voluto onorare il mio arrivo con la sua presenza: grazie tante!
Fin d'ora desidero esprimere la mia riconoscenza per tutta la comprensione e la disponibilità con cui le Autorità dello Stato hanno reso possibile questa breve visita, che in pratica si riassume nella cerimonia liturgica presso il Santuario di Fatima. Corrispondendo all'insistente appello dei Signori Vescovi di Portogallo, ho accettato di venire alla Cova da Iria per celebrare, insieme con la Comunità cattolica, la beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta Marto nello stesso luogo che fu per essi culla e diventa ora altare. So che la Patria canta i suoi eroi e si gloria dei suoi Santi; il Papa si associa ben volentieri alla gioia del Portogallo.
All'inizio della mia visita, esprimo la mia viva stima e affetto a tutti i portoghesi, ai quali auguro un futuro di pace, di benessere e di prosperità, nel solco delle loro più autentiche tradizioni e dei genuini valori patrii, che sono radicati nel cristianesimo. Dio vegli su tutti i figli e le figlie di questa Terra di Santa Maria. Dio benedica il Portogallo!
1305
Cari pellegrini di Fatima!
Desidero ora rivolgere un particolare saluto ai numerosi malati qui presenti. Con esso intendo anche abbracciare quanti, sia nelle loro case che negli ospedali, ci accompagnano spiritualmente.
Il Papa vi saluta con vivo affetto, carissimi malati, assicurando un speciale ricordo nella preghiera per voi e per le persone che vi stanno accanto. Porto i desideri e le richieste di ciascuno presso l'Altare in cui Gesù incessantemente intercede e si sacrifica per l'umanità.
Sono venuto oggi in mezzo a voi come testimone di Gesù risorto. Lui sa che cosa è il patire; ha vissuto le angosce della morte; con la sua morte, però, ha ucciso la stessa morte, essendo Lui il primo umano, in assoluto, che si è liberato definitivamente dalle sue catene. Egli ha compiuto tutto l'itinerario dell'uomo fino alla patria del Cielo, dove ha preparato un trono di gloria per ognuno di noi.
Carissimo fratello malato!
Se qualcuno o qualsiasi cosa ti facesse pensare di essere al capo linea, non lo credere! Se conosci l'eterno Amore che ti ha creato, sai anche che c'è dentro di te un'anima immortale. Ci sono diverse stagioni nella vita; se per caso tu sentissi arrivare l'inverno, voglio che tu sappia che questa non è l'ultima stagione, perché l'ultima sarà la primavera: la primavera della risurrezione. La totalità della tua vita si estende infinitamente oltre i suoi confini terrestri: è previsto il Cielo.
Carissimi malati! Io so che "le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in voi" (Rom 8, 18). Coraggio! In quest'Anno Santo, si riserva l’abbondanza della grazia del Padre su chi sa accoglierla con l’animo semplice e fiducioso del bambino. Gesù ce lo ha ripetuto nel brano evangelico proclamato poc’anzi. Tra questi "piccoli" sappiate porvi anche voi cari ammalati, affinché Gesù possa compiacersi in voi. Tra poco, Egli Si avvicinerà a voi per benedirvi di persona nel Santissimo Sacramento. Egli viene a voi con la promessa: "Ecco, Io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5). Abbiate fiducia! Abbandonatevi nelle sue provvide mani, come hanno fatto i pastorelli Francesco e Giacinta. Essi vi dicono che non siete soli. Il Padre celeste vi ama.
1505
1. Porgo volentieri il mio cordiale benvenuto a tutti voi, atleti non udenti, accompagnatori, interpreti gestuali e membri del Comitato organizzatore della prossima edizione dei Giochi Mondiali Silenziosi, che si terrà qui a Roma nel 2001. Benvenuti, e grazie per la vostra gradita visita. Ringrazio, in modo particolare, il Presidente, Professor Mario Carulli, per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi a nome vostro, delineando al tempo stesso le prospettive della vostra Federazione.
Esprimo volentieri il mio plauso per l'opera che la vostra Federazione svolge e per gli ideali che vi guidano. Sono ideali di solidarietà e di attenzione all'uomo, che vi spingono a porvi accanto, attraverso l'attività sportiva, a tanti fratelli meno fortunati per favorire la loro piena integrazione nei vari ambiti della vita sociale. Si tratta di un impegno di alto significato, che di cuore incoraggio.
2. L'importante manifestazione sportiva internazionale del prossimo anno avete voluto intitolarla al "silenzio". Il "silenzio", che segna l'esistenza di voi, giovani atleti non udenti, anche se fa sorgere indubbie difficoltà di relazione con la realtà circostante, non deve rappresentare per nessuno chiusura o isolamento. Al contrario, facendo leva sui valori interiori e le capacità di cui siete portatori, ponete ogni vostra energia a frutto per offrire un prezioso contributo, diverso certo ma non meno significativo al rispetto e all'integrazione sociale di ogni persona.
La vostra Associazione riunisce atleti non udenti di ben ottanta Paesi dei cinque continenti. E' senz'altro una preziosa opportunità quella di stare insieme per conoscersi meglio e sostenersi reciprocamente. Insieme voi potete offrire una testimonianza di speranza a quanti si trovano nelle vostre stesse condizioni. Potete manifestare con il vostro coraggioso ardimento umano e sportivo che possono essere superate anche difficoltà apparentemente insuperabili. Come non riconoscere che l'attenzione a quanti si trovano in condizioni di minore efficienza fisica e personale aiuta la società stessa a strutturare nel suo interno rapporti più rispettosi tra ogni suo membro?
Possa il vostro lavoro raggiungere gli scopi che si prefigge, quelli cioè di una più larga attenzione ai problemi di quanti presentano difficoltà di comunicazione e di integrazione in senso lato.
Da quest'attitudine scaturisce uno stile di relazioni umane favorevoli alla mutua cooperazione tra persone e popoli diversi. Si promuove così anche la tanto auspicata civiltà dell'accoglienza e dell'amore, l'unica capace di annullare tra gli uomini ogni mortificante emarginazione.
3. Stiamo vivendo l'Anno Giubilare, durante il quale i cristiani, in forza della loro fede, si sentono particolarmente sollecitati a difendere e promuovere il rispetto d'ogni persona, nel cui volto si riflette l'immagine di Cristo. Essi comprendono ancor meglio quanto le attenzioni prodigate a chi è soggetto a menomazioni fisiche siano indissolubilmente legate a quella testimonianza di salvezza e di redenzione dell'uomo, nella quale ogni discepolo di Cristo deve sentirsi coinvolto.
Cristo, che per amore ha dato la sua vita per noi, ci ha offerto l'esempio di come dobbiamo rapportarci ai nostri fratelli. Egli benedica i vostri sforzi e li renda fecondi di bene, concedendovi abbondanza di grazie, di pace e di consolazione.
Con tali sentimenti, mentre formulo cordiali auspici per un'efficace celebrazione dell'Anno Giubilare e per un fruttuoso proseguimento della vostra apprezzabile attività, soprattutto in vista della prossima edizione dei Giochi Mondiali Silenziosi, rinnovo a voi tutti l'espressione della mia stima e solidarietà, e sono lieto di impartire a voi, ai vostri familiari ed a quanti prestano alla vostra Federazione il contributo della loro competenza e dedizione, una speciale Benedizione.
Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari amici,
Sono lieto di accogliervi, gruppo animatore, sacerdoti, religiosi e religiose che partecipate all'anno di formazione presso l'Istituto di Formazione degli Educatori del Clero, in occasione del trentesimo anniversario della sua fondazione, all'indomani del Concilio Vaticano II. Il nostro incontro mi permette di rendere omaggio all'attenzione che la conferenza dei Vescovi di Francia rivolge alla formazione dei futuri sacerdoti e di ringraziare tutti coloro che sono impegnati nella formazione del clero, in particolare la Compagnie de Saint-Sulpice per gli sforzi coraggiosi che ha compiuto in questo ambito dagli inizi dell'IFEC, con una sollecitudine incessantemente rinnovata per i bisogni delle Diocesi. I miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno contribuito allo sviluppo di questo Istituto, in particolare a Padre Constant Bouchaud, suo co-fondatore, e a Padre Raymond Deville, entrambi membri della Compagnie de Saint-Sulpice, come pure all'Abate Pierre Fichelle, della Diocesi di Lille, allora Superiore del seminario di Merville, anch'egli co-fondatore. Essi hanno saputo sviluppare le intuizioni conciliari nell'ambito della formazione sacerdotale, per far fronte alle difficoltà dei decenni trascorsi e per preparare guide capaci di aiutare i giovani seminaristi e di assistere i Vescovi nella gestione delle questioni diocesane. Sono lieto dell'apertura dell'IFEC a sacerdoti di altri continenti e a responsabili d'Istituti religiosi, manifestando così la loro preoccupazione di offrire il proprio sostegno alla Chiesa universale. Per preparare il futuro è in effetti particolarmente importante formare una nuovo generazione di sacerdoti capaci di assumersi grandi responsabilità diocesane e di "guide" a tutti i livelli della Chiesa.
Il discernimento e la formazione alla direzione spirituale sono elementi essenziali per i sacerdoti investiti di responsabilità. Essi fanno appello, in primo luogo, a un lavoro interiore su se stessi, che voi avete compiuto nel corso dell'anno, in particolare mediante il vostro ritiro ignaziano, per unificare il vostro cammino sacerdotale, e anche per avanzare lungo la via della santità e dell'amore di Cristo e della sua Chiesa. Presuppongono un'apertura interiore alle mozioni dello Spirito Santo, nostro maestro e nostro educatore, e una vigile attenzione alle realtà e ai comportamenti umani.
Hanno bisogno di saper rileggere con lucidità e serietà la propria pratica di Pastori e di insegnanti, al fine di permettere ai giovani di maturare la loro vocazione e di schiudersi nel loro ministero o nella vita religiosa, mediante un accompagnamento fraterno. Si tratta in definitiva di un rinnovamento profondo della persona e del modo di considerare il ministero sacerdotale che viene così coinvolto, affinché ogni missione doni la vera gioia e rechi frutti.
Ringrazio i sacerdoti, i professori dei seminari, i vicari generali ed episcopali, come pure i membri degli Istituti consacrati, che, nonostante i loro numerosi impegni ministeriali e i loro compiti di governo, hanno accettato di formarsi sul piano intellettuale, spirituale, pedagogico e pastorale, per prendere attivamente parte alla formazione sacerdotale e religiosa, dall'importanza capitale (cfr Decreto Optatam totius, preambolo).
Numerosi Paesi fanno l'esperienza della mancanza di vocazioni e della fragilità dei giovani segnati da un mondo in cui le difficoltà sociali non contribuiscono alla maturazione della personalità. Spetta ai Pastori e a tutti i fedeli essere, mediante la loro testimonianza di vita, modelli che infondano il desiderio di seguire totalmente Cristo e di saper ritrasmettere più direttamente la chiamata al sacerdozio e all'impegno religioso.
Desidero inoltre richiamare la vostra attenzione sulla formazione permanente del clero, che aiuta i sacerdoti e vivere le diverse realtà del ministero, a superare le inevitabili crisi dell'esistenza e a essere sempre più disponibili alla missione. La formazione permanente permette di approfondire l'incontro con il Signore nei sacramenti, in particolare nell'Eucaristia, rafforza l'amore fiducioso verso la Chiesa, permette di mettere in luce le conoscenze religiose e umane per intrattenere un dialogo più fruttuoso con gli uomini, e favorisce la vita fraterna, che è l'anima del presbiterio (cfr Presbyterorum ordinis PO 19). Auspico dunque vivamente che numerose persone possano beneficiare di un anno di formazione presso l'IFEC, fedele alle intuizioni che hanno presieduto alla sua creazione.
Affidandovi all'intercessione della Vergine Maria, che accompagnò e sostenne con la sua sollecitudine materna gli Apostoli alle origini della Chiesa, imparto volentieri a voi, così come a tutte le persone che beneficiano del vostro ministero, la Benedizione Apostolica.
Al P. ANGELO BRUSCO
Superiore Generale
dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani)
1. La gioia che accompagna la celebrazione del Grande Giubileo dell'Incarnazione acquista una particolare tonalità per la Famiglia Camilliana, la quale si appresta a ricordare i 450 anni dalla nascita di San Camillo De Lellis, avvenuta a Bucchianico il 25 maggio 1550. Mi unisco volentieri al rendimento di grazie di codesto Ordine, da lui fondato, come pure a quello delle Congregazioni delle Ministre degli Infermi di San Camillo e delle Figlie di San Camillo, degli Istituti secolari delle Missionarie degli Infermi Cristo Speranza e Kamillianische Schwestern, nonché della Famiglia Camilliana laica, che dal carisma e dalla spiritualità del grande Santo abruzzese hanno successivamente tratto origine.
La ricorrenza acquista una particolare rilevanza nel mondo della salute e della sofferenza, non soltanto per il generoso impegno dei figli di San Camillo in favore degli ammalati, ma soprattutto perché il vostro Fondatore è stato proclamato Patrono dei malati e degli ospedali nel 1886 dal Papa Leone XIII, del personale sanitario nel 1930 dal Papa Pio XI e della sanità militare italiana nel 1974 da Paolo VI.
La coincidenza di tale celebrazione con l'Anno Giubilare assume, inoltre, un significato del tutto particolare, perché l'intero itinerario umano e spirituale di San Camillo si inserì nel contesto di grandi scadenze giubilari, dalle quali egli trasse un desiderio profondo di conversione e generosi propositi di servire Cristo nei fratelli ammalati. Infatti, egli, nato nell'Anno Santo 1550, si convertì nel 1575 e, durante il Giubileo del 1600, perfezionò gli orientamenti per l'attuazione del carisma della carità misericordiosa verso gli infermi. Tali coincidenze costituiscono per codesto Ordine e per le Famiglie religiose ad esso legate uno speciale invito ad accogliere le grazie del Grande Giubileo e dell'anniversario della nascita del Fondatore come occasione di rinnovata fedeltà al Signore ed al carisma camilliano.
2. San Camillo de Lellis vive in un periodo particolarmente complesso, nel quale dominano profondi aneliti alla santità, ma anche tenaci resistenze ad una vita evangelicamente ispirata. Con la sua ricca personalità e la sua testimonianza di carità egli offre alla società del suo tempo preziosi stimoli di rinnovamento spirituale, contribuendo in maniera originale al progetto di riforma della Chiesa, promosso dal Concilio di Trento. La sua vita, sotto l'influsso dello Spirito, appare come un racconto meraviglioso dell'amore di Dio creatore e redentore, che manifesta in modo speciale la sua tenerezza misericordiosa di medico delle anime e dei corpi.
La sua opera al servizio dei sofferenti appare come un'autentica scuola, di cui il Papa Benedetto XIV riconoscerà la novità nel servizio reso con amore e competenza, cioè abbinando alle conoscenze scientifiche e tecniche gesti e atteggiamenti ricchi di quella umanità attenta e partecipe che ha le sue radici nel Vangelo. Nelle Disposizioni e modi che si devono seguire negli ospedali per servire i poveri infermi, da lui redatte nel 1584, egli propone intuizioni e indicazioni che saranno riprese in gran parte dalla scienza infermieristica dei nostri giorni. Egli sostiene l'importanza di considerare con attenzione e rispetto tutte le dimensioni dell'ammalato, da quella fisica a quella emotiva, da quella sociale a quella spirituale. In un noto passaggio delle Regole, egli invita a chiedere al Signore la grazia "di un affetto materno verso il suo prossimo" in maniera da "poterlo servire con ogni carità tanto nell'anima come nel corpo. Infatti con la grazia di Dio desideriamo servire gli infermi con quell'affetto che una madre amorevole suole avere verso il suo unico figlio infermo".
Tuttavia San Camillo con il suo esempio insegna soprattutto a fare del servizio agli infermi un'intensa esperienza di Dio, che porta a cercare costantemente il Signore nella preghiera e nei sacramenti. La sua vita sembra calcare il gesto della donna di cui riferisce il Vangelo di San Giovanni (cfr 12,3). Anch'egli cosparge i piedi di Gesù, presente nei sofferenti, con l'unguento prezioso della carità misericordiosa, inondando tutta la Chiesa e la società del profumo del suo ardore apostolico e della sua spiritualità. La sua testimonianza ancor oggi costituisce un forte richiamo ad amare Cristo, presente nei fratelli che portano su di sé il fardello della malattia.
3. Nel corso dei secoli, tale appello, accolto da tante anime generose, ha manifestato ampiamente la fecondità del carisma di Camillo de Lellis. Così codesto Ordine, realizzando gli auspici dell'amore senza limiti del suo santo Fondatore, ha esteso i suoi rami nei cinque Continenti, diffondendosi in questi ultimi cinquant'anni in venti nuovi Paesi, per la maggior parte in via di sviluppo. Recentemente, obbedendo al desiderio del Successore di Pietro, ha fatto brillare la croce di San Camillo anche in Armenia e in Georgia, proclamando il Vangelo della carità verso i malati tra quei popoli per tanti anni oppressi da regimi avversi alla religione cristiana.
Che dire poi di coloro che, abbracciando gli ideali e il modello di vita di San Camillo, hanno raggiunto le vette della santità? In questa circostanza, desidero ricordare, in particolare, i membri eletti della grande Famiglia Camilliana, che io stesso ho avuto la gioia di elevare all'onore degli altari: Enrico Rebuschini, religioso di codesto Ordine; Giuseppina Vannini, Fondatrice delle Figlie di San Camillo, Maria Domenica Brun Barbantini, Fondatrice delle Ministre degli Infermi di San Camillo.
Ma non posso dimenticare, al tempo stesso, i religiosi camilliani che, nel corso dei secoli, "hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle vittime di malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita consacrata" (Vita consecrata VC 83). Come non vedere in questo fiorire di santità una conferma della validità del carisma camilliano, quale cammino verso la perfezione della carità?
4. La celebrazione del 450° anniversario della nascita di San Camillo costituisce per i suoi Figli un importante invito ad affrontare con fedeltà e creatività le sfide del mondo contemporaneo, ed a mostrare con rinnovato impegno l'attualità dei suoi insegnamenti e del suo carisma.
All'inizio del terzo millennio cristiano, i Camilliani sono chiamati, in modo speciale, a testimoniare fedelmente Cristo, divino Samaritano, attraverso una vita santa e fervorosa, sostenuta da costante preghiera e da un'esperienza gioiosa della misericordia divina. Essi contribuiranno così ad aiutare la comunità ecclesiale ad andare alla scoperta del volto del Signore crocifisso in ogni persona che soffre.
Sarà necessario, pertanto, coltivare una solida spiritualità per superare i facili rischi di un pragmatismo senz'anima, dimentico della fondamentale verità secondo cui la salvezza di chi soffre e muore è opera della grazia di Dio. Sull'esempio del santo Fondatore, ogni Camilliano sia un vero contemplativo nell'azione, coniugando costantemente consacrazione e missione.
5. Tale scelta renderà codesto Ordine capace di infondere nelle strutture sanitarie una forte ispirazione evangelica, oggi particolarmente necessaria nel mondo della sanità e della salute, insidiato da enormi conflitti etici, provocati da un preoccupante distacco della scienza e della tecnologia dall'autentico rispetto dei diritti della persona umana nelle diverse fasi del suo sviluppo.
In tali difficili contesti, i Religiosi Camilliani sono chiamati ad adoperarsi con generosa dedizione, perché nelle istituzioni sanitarie i malati siano sempre considerati come "i signori e padroni", secondo la felice espressione di San Camillo. Essi porranno, altresì, particolare cura perché il malato diventi consapevole di poter essere soggetto attivo di evangelizzazione attraverso l'offerta della propria sofferenza, in comunione con Cristo crocifisso e glorificato (cfr Christifideles Laici CL 52-53 Vita consecrata, 83).
La loro attenzione sia rivolta, inoltre, alla promozione di una cultura rispettosa dei diritti e della dignità della persona umana, attraverso gli Istituti accademici, in particolare il "Camillianum", i Centri di pastorale e le strutture sanitarie, già presenti in varie Nazioni.
6. I figli di San Camillo sanno di essere chiamati a privilegiare "nelle loro scelte gli ammalati più poveri e abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malati terminali, le vittime della droga e delle nuove malattie contagiose" (Vita consecrata VC 83). L'opzione di stare accanto ai poveri, promuovendo la salute comunitaria e testimoniando l'amore della Chiesa verso gli ultimi, risulta particolarmente urgente nei Paesi in via di sviluppo, dove la situazione di indigenza aggrava le condizioni di salute della popolazione, favorendo la diffusione delle nuove malattie sociali, in particolare della tossicodipendenza e dell'AIDS, espressioni di degrado morale della civiltà e di ingiustizie sociali, che sollevano numerosi problemi umani ed etici.
Conosco il notevole impegno dell'Istituto nell'assistenza alle vittime di queste malattie e nella relativa opera di formazione e di prevenzione. Nel compiacermi dei notevoli risultati raggiunti, soprattutto negli ultimi anni, auspico che i figli di San Camillo abbiano sempre più a cuore tali drammatiche situazioni, dedicandovisi in maniera generosa, competente e sistematica.
7. Anche nel vostro Istituto si è aperto recentemente un capitolo ricco di speranze, a motivo del folto gruppo di laiche e di laici che hanno scelto di vivere la loro vita cristiana alla luce del carisma e della spiritualità camilliana. Nell'esprimere il mio incoraggiamento per tali promettenti collaborazioni, auspico che l'impegno di formazione e la partecipazione alla vita dell'Ordine possano portare "inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici" (Vita consecrata VC 54).
Alla Famiglia Camilliana laica, nuovo frutto del grande albero nato dalla fede e dall'amore del Santo di Bucchianico, va il mio saluto particolare e l'invito ad approfondire la propria adesione a Cristo, attraverso la pratica di un servizio generoso verso gli ammalati, soprattutto i più poveri.
Formulo di cuore all'intero Ordine l'augurio di vivere il 450° anniversario della nascita di San Camillo nella gioia e nell'impegno apostolico e, mentre affido alla Vergine Immacolata, Regina dei Ministri degli Infermi e Salute degli ammalati, speranze e progetti, auspico che, come per il Fondatore, anche per ogni Camilliano l'Anno Giubilare sia occasione di fervore, di santità e di grazia.
Con tali voti, imparto con affetto la Benedizione Apostolica a Lei, caro Padre, ai Religiosi suoi Confratelli ed a quanti compongono la grande Famiglia Camilliana, come pure a tutti coloro che sono raggiunti dal Loro servizio caritatevole e competente.
Dal Vaticano, 15 Maggio 2000
IOANNES PAULUS II
A Fratel JOHN JOHNSTON
Superiore Generale
dei Fratelli delle Scuole Cristiane
Il Grande Giubileo dell'Incarnazione segnerà per i Fratelli delle Scuole Cristiane un duplice anniversario. Nel corso di questo mese di maggio sarà festeggiato il centenario della canonizzazione di san Giovanni Battista de La Salle, fondatore del vostro Istituto, come pure il cinquantenario della sua proclamazione, ad opera del mio predecessore Papa Pio XII, quale Patrono speciale di tutti gli educatori dell'infanzia e della gioventù. Questo duplice avvenimento mi offre l'opportunità di unirmi profondamente alla vostra preghiera e alla vostra azione di rendimento di grazie, e anche a quelle di tutti i membri della vostra famiglia religiosa, e di rivolgere a tutti un cordiale saluto, soprattutto mentre si riunisce attorno a voi il 43° Capitolo generale del vostro Istituto.
Con il suo genio pedagogico, san Giovanni Battista de La Salle fu un illustre pioniere dell'educazione popolare dei bambini e dei giovani. Come vero apostolo, seppe servire i bambini che frequentavano le sue scuole, sforzandosi innanzitutto di formare i loro maestri. Una simile intuizione resta fondamentale oggi, poiché sottolinea come l'educazione presupponga da un lato la trasmissione dei valori umani e cristiani e dall'altro la testimonianza di adulti che mostrino ai giovani cos'è una vita bella ed equilibrata. L'educazione è dunque più che un mestiere, è una missione, che consiste nell'aiutare ogni persona a riconoscere ciò che ha d'insostituibile e di unico, affinché cresca e si sviluppi. Proclamando il vostro fondatore Patrono di tutti gli educatori dell'infanzia e della gioventù, la Chiesa lo propone come modello da imitare e come esempio per tutti coloro che hanno un compito educativo, invitandoli a dare prova di creatività, di pazienza e di dedizione, e a discernere i bisogni dei giovani, rispondendo così alle loro aspirazioni profonde.
Spetta ai fratelli far conoscere la grandezza dell'apostolato e della visione cristiana di educatore di san Giovanni Battista de La Salle, che conservano tutta la loro attualità per il mondo di oggi. Il suo carisma, alimentato dalla contemplazione assidua di Dio, Creatore e Salvatore, e vissuto secondo l'ideale religioso di un'esistenza consacrata al Signore in una vita comunitaria e fraterna, mostra che educare, insegnare ed evangelizzare formano un tutt'uno.
L'educazione resta incompleta se non conduce all'apprendimento del rispetto della vita e della libertà, del servizio alla verità e del desiderio del dono di sé. Annunciando il Vangelo nelle scuole, scopo del vostro apostolato, vi sforzate di formare ogni uomo, di formare l'uomo integrale.
Incoraggio dunque tutti i Fratelli nella loro missione di educazione e di evangelizzazione, soprattutto fra i bambini e i giovani poveri o in difficoltà, mostrando loro che ognuno è infinitamente prezioso agli occhi di Dio. Essi partecipano così in modo insigne alla missione della Chiesa. Li esorto a essere autentici figli di san Giovanni Battista de La Salle, sostenendosi a vicenda lungo la via della santità. Prendendo parte all'"opera di Dio" e vivendo pienamente la dimensione catechetica del loro nobile compito, che raccolgano sempre, nei numerosi Paesi dove sono presenti, le sfide attuali e future, in particolare in questo tempo in cui, in un mondo in evoluzione, molti punti di riferimento della vita morale stanno scomparendo! Come vi ho detto durante il vostro ultimo Capitolo generale, il 14 maggio 1993, "siate in ogni circostanza maestri, testimoni di Cristo, educatori cristiani, con l'esempio e la parola"! Che possiate, mediante questa duplice commemorazione al centro dell'anno giubilare, ravvivare la vostra missione e invitare i giovani a seguire l'ideale lasalliano nella vita religiosa!
Affidando all'intercessione della Vergine Maria e di san Giovanni Battista de La Salle voi e tutti i vostri fratelli, i Professori, gli studenti delle vostre scuole e i loro genitori, gli ex alunni e la famiglia lasalliana che collaborano con voi nella vostra missione, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 2 maggio 2000
GIOVANNI PAOLO PP. II
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GPII Discorsi 2000 605