GP2 Discorsi 2001 322
Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
323 Illustri Signori e Signore!
1. Sono lieto di inviarvi il mio saluto in occasione della Conferenza internazionale su Il lavoro chiave della questione sociale, che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha promosso, in collaborazione con alcune prestigiose Istituzioni scientifiche e culturali. E' un incontro aperto agli studiosi di scienze sociali che operano nelle università e nei centri di ricerca, e si colloca nel ventennale dell'Enciclica Laborem exercens, della quale intende costituire una significativa commemorazione.
Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i partecipanti, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. A ciascuno auguro che questi giorni di riflessione e di utili scambi di esperienze siano occasione propizia per porre in evidenza la dimensione soggettiva del lavoro, a confronto con le profonde trasformazioni economiche e sociali che l'epoca attuale sta vivendo.
2. In quest'ambito importante della vita sociale, stiamo in effetti attraversando una profonda evoluzione, che talora ha le caratteristiche di un radicale cambiamento. E' cambiata la forma del lavoro, e di esso sono mutati gli orari e i luoghi. Nei Paesi più industrializzati il fenomeno ha assunto tali dimensioni che il modello del lavoro dipendente, svolto in grandi fabbriche con orari rigidi, appartiene ormai al passato.
Come ogni grande trasformazione, anche questa presenta elementi di tensione e, nello stesso tempo, di complementarità tra la dimensione locale dell'economia e la dimensione globale; tra quella che viene definita la «vecchia» e la «nuova» economia; tra l'innovazione tecnologica e l'esigenza di salvaguardare i posti di lavoro; tra la crescita economica e la compatibilità ambientale.
Sarebbe un grave errore, tuttavia, ritenere che i mutamenti in atto avvengano in modo deterministico. Il fattore decisivo, per così dire «l'arbitro» di questa complessa fase di cambiamento, è ancora una volta l'uomo, che deve restare il vero protagonista del suo lavoro. Egli può e deve farsi carico in modo creativo e responsabile delle attuali mutazioni per far sì che giovino alla crescita della persona, della famiglia, della società in cui vive e dell'intera famiglia umana (cfr Laborem exercens LE 10).
A tal proposito, risulta illuminante il richiamo alla dimensione soggettiva del lavoro, cui fa riferimento costante la dottrina sociale della Chiesa: "Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della creazione sottomettendo la terra" (CEC 2427).
3. Finché vi sarà l'uomo, vi sarà il gesto libero di autentica partecipazione alla creazione che è il lavoro. Esso è una delle componenti essenziali per la realizzazione della vocazione dell'uomo, il quale si manifesta e si scopre sempre come colui che è chiamato da Dio a «dominare la terra». Nemmeno volendo, egli non può cessare di essere "un soggetto che decide di se stesso" (Laborem exercens LE 6). A lui Dio ha affidato questa suprema e impegnativa libertà. In tale prospettiva, oggi più di ieri, possiamo ripetere che "il lavoro è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale di tutta la questione sociale" (ibid., 3).
In queste giornate di studio vi è dato di appurare che certe interpretazioni di tipo meccanicistico ed economicistico dell'attività produttiva risultano superate dalla stessa analisi scientifica dei problemi connessi con il lavoro. Rispetto agli anni passati, tali concezioni si mostrano oggi ancora più inadeguate a interpretare i fatti, perché non in grado di riconoscere la natura assolutamente originale del lavoro, quale attività libera e creativa dell'uomo.
La rapida ed accelerata fase di cambiamento che il mondo sta vivendo sollecita il superamento dell'attuale visione del sistema economico e sociale, in cui soprattutto i bisogni umani ricevono una considerazione ristretta e inadeguata. A differenza di ogni altro essere vivente, l'uomo ha bisogni infiniti, perché è il riferimento al trascendente che determina il suo essere e la sua vocazione. A partire da tali bisogni, egli affronta l'avventura della trasformazione della realtà con le sue occupazioni lavorative secondo un impeto ideale che si spinge sempre oltre i risultati in esse conseguiti.
4. Se mutano le forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, non cambiano certamente le sue esigenze permanenti, cioè il rispetto dei diritti inalienabili. Purtroppo c'è il rischio di vedere negati tali diritti. E' il caso, in particolare, della disoccupazione, che nei Paesi di più antica industrializzazione interessa in forma inedita fasce significative di uomini e di donne: penso a coloro che erano impiegati in processi produttivi ormai obsoleti; penso ai giovani e a quanti risiedono in aree svantaggiate, dove ancora permangono elevati tassi di disoccupazione.
324 Vi è, poi, una certa precarietà lavorativa che, se da un lato può offrire maggiori opportunità di occupazione, dall'altra presenta rischi ed oneri di cui occorre farsi carico, quali i costi della mobilità, della riqualificazione professionale, della stessa previdenza sociale.
Nei Paesi meno industrializzati si riscontrano, inoltre, problemi ancora più drammatici: il permanere dello sfruttamento del lavoro minorile; il mancato riconoscimento del valore del lavoro, specie di quello femminile, in famiglia e fuori; la carenza di lavoro dovuta all'instabilità del contesto delle relazioni fra uomini, specie nelle situazioni di conflitto, ed alla fragilità del sistema delle relazioni economiche locali di fronte ai cambiamenti indotti dalla globalizzazione produttiva.
A fronte di questi problemi, vanno immaginate e costruite nuove forme di solidarietà, tenendo conto dell'interdipendenza che lega tra loro gli uomini del lavoro. Se profondo è il cambiamento in atto, ancor più deciso dovrà essere lo sforzo di intelligenza e di volontà per tutelare la dignità del lavoro, rafforzando, ai diversi livelli, le istituzioni interessate.
Grande è la responsabilità dei governi, ma non meno importante è quella delle organizzazioni di tutela degli interessi collettivi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Tutti sono chiamati non solo a promuovere tali interessi in forma onesta e attraverso la via del dialogo, ma anche a ripensare le loro stesse funzioni, la loro struttura, la loro natura e le modalità di azione. Come ho scritto nell'Enciclica Centesimus annus, queste organizzazioni possono e devono diventare "luoghi di espressione della personalità del lavoratore" (n. 15).
5. Alla soluzione di così vaste e complesse problematiche, che in alcune aree assumono dimensioni drammatiche, anche voi, scienziati ed uomini di cultura, siete chiamati a fornire un contributo specifico e decisivo.Occupandovi dei vari aspetti del lavoro nell'ambito delle diverse discipline, condividete la responsabilità di comprendere il cambiamento che in esso va attuandosi. Ciò significa evidenziare le occasioni e i rischi che esso comporta; significa, in particolare, suggerire linee di azione per guidare il cambiamento nel senso più favorevole allo sviluppo dell'intera famiglia umana.
A voi spetta poi il compito di leggere e di interpretare i fenomeni sociali con intelligenza ed amore della verità, senza preoccupazioni dettate da interessi di gruppo o personali. Si può anzi dire che il vostro contributo, proprio perché «astratto», è essenziale per l'agire concreto delle politiche economiche. Non stancatevi, pertanto, di applicarvi con pazienza e rigore scientifico a tali ricerche. Iddio vi aiuti e vi illumini con la sapienza, che è dono del suo Spirito.
Nella dottrina sociale della Chiesa potrete trovare una guida ed un riferimento costante. Auspico, altresì, che la stessa dottrina sociale continui ad avvalersi del vostro contributo, delle categorie e delle riflessioni delle scienze sociali, secondo quel dialogo fecondo che è sempre di reciproco vantaggio.
Con tali sentimenti, mentre di cuore imploro su tutti la protezione di Maria Santissima e del suo Sposo Giuseppe, umile e generoso lavoratore, invio a ciascuno la mia Benedizione.
Da Castel Gandolfo, 14 Settembre 2001
Sabato, 15 settembre 2001
Signor Ambasciatore,
325 1. Sono lieto di accoglierla, Eccellenza, per la presentazione delle Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica d'Armenia presso la Santa Sede. La ringrazio per le sue cordiali parole e Le sarei grato se volesse trasmettere a Sua Eccellenza, il signor Robert Kocharian, Presidente della Repubblica, i miei ringraziamenti per i saluti che mi ha rivolto.
2. È con gioia che mi preparo a visitare il suo Paese fra qualche giorno, per incontrare le autorità civili e il popolo armeno, e per unirmi alle festività del diciassettesimo centenario del cristianesimo in Armenia. Sono lieto di potermi intrattenere con Sua Eccellenza, il signor Presidente della Repubblica, ricordando la visita che mi ha reso in Vaticano due anni fa, e di poter così sviluppare le relazioni cordiali che esistono fra la Santa Sede e il suo Paese. Questo viaggio permetterà anche di perseguire e di rafforzare la via del dialogo e il cammino verso l'unità intrapreso con la Chiesa armena apostolica, soprattutto con le Loro Santità Vasken I e Karekin I, dei quali desidero qui onorare la memoria, ricordandomi del loro attaccamento alla causa dell'unità, felicemente proseguito con Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni.
Mi permetta di ringraziare, attraverso di Lei, tutti coloro, autorità civili e religiose, che hanno contribuito alla preparazione del mio prossimo viaggio.
3. Come Lei ha appena ricordato, il suo Paese ha una lunga storia, e una lunga storia cristiana. Dopo una prima evangelizzazione, che la tradizione fa risalire agli Apostoli Bartolomeo e Taddeo, san Gregorio Illuminatore ottenne l'adesione dell'Armenia al cristianesimo, all'inizio del quarto secolo, attraverso la conversione del re Tiridate III, poi della sua famiglia e di tutto il suo popolo. "Col "battesimo" della comunità armena, a partire dalle sue autorità civili e militari, nasce un'identità nuova del popolo, che diverrà parte costitutiva e inseparabile dello stesso essere armeno" (Lettera Apostolica in occasione del 1700° anniversario del battesimo del popolo armeno, n. 2), facendo di esso il primo popolo ufficialmente cristiano nella storia. L'opera di evangelizzazione ha suscitato da quel momento la nascita di una cultura originale e forte, forgiata nella fede cristiana, che si è rivelata nel corso dei secoli per gli Armeni come il mezzo autentico per preservare la loro identità. La storia dell'Armenia è stata segnata da molte sofferenze, dovute in gran parte alla sua posizione geografica, ai confini con grandi potenze; l'Armenia ha subìto occupazioni ed è stata annessa in diverse occasioni, ma ha serbato sempre la sua identità culturale e religiosa. Si può dunque dire che le radici religiose cristiane dell'Armenia sono costitutive della nazione.
Dopo le immense afflizioni all'inizio del secolo scorso, che culminarono nei tragici eventi del 1915 e nella dispersione dell'esilio che seguì, il suo Paese ha ripreso il cammino, fino a ritrovare, dieci anni fa, la sua indipendenza. Come Lei stesso ha sottolineato, questo cammino è lungo per un popolo che aspira a trovare il suo giusto posto nel concerto delle nazioni, grazie a una cooperazione più forte con i suoi vicini e a relazioni internazionali costruttive per il suo sviluppo economico, sociale e culturale. La Santa Sede incoraggia in tutti i popoli l'aspirazione legittima al benessere e alla libertà, ricordando a ognuno il dovere di partecipare con pazienza e tenacia alla costruzione della Nazione in vista del bene comune. Parimenti, li invita instancabilmente al dialogo con i loro vicini, per favorire una pace giusta e duratura fra tutti e la concordia fra le nazioni. La Santa Sede non dubita della capacità del popolo armeno di realizzare queste legittime aspirazioni.
4. La sua presenza mi dà l'opportunità di salutare la comunità cattolica che vive in Armenia, riunita attorno al suo Pastore, Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX, Patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici, unendo nel saluto anche il suo predecessore, Sua Beatitudine Jean-Pierre XVIII Kasparian. Sono lieto di poter incontrare i fedeli cattolici, di pregare con loro e di potere così, come Successore di Pietro, incoraggiarli, affinché rafforzino sempre più la fede nella fedeltà al loro Battesimo e alla testimonianza eroica di tanti loro fratelli, e affinché contribuiscano, a loro volta, al dialogo ecumenico e, con l'insieme dei loro concittadini, al bene dell'intero Paese.
5. Sia il benvenuto, Signor Ambasciatore, mentre inaugura la sua missione di rappresentanza presso la Santa Sede e accoglie i voti cordiali che formulo per il suo felice compimento. Troverà sempre presso i miei collaboratori accoglienza e comprensione per aiutarla nella sua nobile funzione.
Su di Lei, Eccellenza, sulla sua famiglia, sui suoi collaboratori e su tutto il popolo armeno invoco di cuore l'abbondanza delle Benedizioni Divine.
Sabato 15 settembre 2001
Sono lieto di accogliervi e di porgervi un cordiale benvenuto. In occasione del vostro quarantacinquesimo Capitolo Generale, mentre vi apprestate ad eleggere un nuovo consiglio generale, avete tenuto a incontrare il Successore di Pietro, manifestando così il vostro filiale attaccamento alla sua persona e il vostro vivo senso della Chiesa. Assicurandovi della mia vicinanza spirituale nel corso dei vostri lavori, invoco di buon grado lo Spirito Santo, affinché vi conceda di imitare lo slancio dell'Apostolo Paolo, il vostro santo patrono, per partecipare a questa nuova creatività della carità che ho invocato di cuore all'inizio di questo nuovo millennio. Che la contemplazione del volto di Cristo, fonte di ogni fecondità apostolica, stimoli la fedeltà al vostro carisma fondatore e dia impulso al vostro impegno missionario, in particolare verso i più bisognosi!
Dai tempi della vostra fondazione nel 1696, ad opera dell'abate Louis Chauvet, avete sempre voluto conservare questa fedeltà al vostro carisma, dedicandovi in modo particolare al servizio dei giovani e dei più poveri. Il vostro desiderio di conformarvi totalmente al Signore vi ha spinto ha ricercare il suo volto in quello di coloro con i quali Egli stesso si è voluto identificare. Ancora oggi, nei cinque continenti, la vostra presenza nel campo dell'educazione, in quello della sanità e fra gli emarginati resta un segno eminente della "follia" dell'amore di Cristo per tutti gli uomini e un appello coraggioso a lavorare per l'avvento del Regno di Dio.
326 La gioventù attuale in tutti i continenti vive situazioni difficili, legate al materialismo, ai mutamenti culturali, alle divisioni familiari, alla violenza in ogni sua forma, all'assenza di punti di riferimento morali e spirituali. Nelle vostre missioni educative, insieme ai laici che collaborano alle vostre opere, è importante che offriate una formazione scientifica, umana, morale e religiosa di qualità, dando così ai giovani la possibilità di edificare e di strutturare la loro personalità, e di superare le difficoltà incontrate, permettendo loro di immaginare un futuro più sereno. Non abbiate paura di proporre il cammino della fede e di trasmettere con gioia la chiamata del Signore al sacerdozio o alla vita consacrata. Al contempo, è importante che gli adulti facciano scoprire loro la bellezza della chiamata specifica costituita dal matrimonio cristiano. I giovani si aspettano che gli adulti mostrino loro le vie della santità.
Mentre il vostro Capitolo generale vi dà l'opportunità di trovare uno slancio nuovo per ripartire nella speranza, vi incoraggio a radicare la vostra consacrazione in Cristo, il consacrato del Padre, del quale siete invitate a manifestare la presenza amorosa e salvifica, mostrando con tutta la vostra vita la felicità insita nel dedicarsi totalmente alla sequella Christi. Nel mistero della sua morte e della sua resurrezione, Egli ha rivelato a tutta l'umanità la verità su Dio e sull'uomo, invitando ogni credente ad aderire a questa dinamica pasquale per portare il Vangelo al mondo. Attente a rispondere con fiducia alle nuove sfide che dovrete affrontare, confortate dalla preghiera delle Suore anziane, imparate a passare ogni giorno con Cristo dalla morte alla vita! Lasciatevi rinnovare da Lui, "per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo" (Vita consecrata VC 110)!
Affidandovi all'intercessione della Beata Vergine Maria Addolorata, che la Chiesa invita a festeggiare oggi, vi imparto una particolare Benedizione Apostolica che estendo a tutte le Suore della vostra Congregazione, ai laici che lavorano con voi e a tutte le persone che beneficiano del vostro apostolato.
Sabato 15 settembre 2001
Carissimi Oblati e Oblate del Sacro Cuore!
1. E' per me una grande gioia incontrarmi con voi nel contesto delle solenni celebrazioni per il centenario della nascita del vostro Fondatore, il Servo di Dio Don Francesco Mottola. Sacerdote generoso e illuminato della vostra cara Diocesi, egli ha lasciato una traccia profonda nella vita ecclesiale e nel contesto culturale e sociale in cui visse, diffondendo l'influsso della sua azione apostolica ben oltre i confini della Calabria.
Saluto, innanzitutto, Mons. Domenico Cortese, Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, e lo ringrazio per le cortesi parole con le quali si è fatto interprete dei comuni sentimenti, ricordando efficacemente la figura e il messaggio spirituale di Don Mottola. Estendo questo affettuoso pensiero a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, membri della grande Famiglia oblata. A voi presenti, come pure a tutti i figli spirituali del Servo di Dio, desidero far giungere il mio saluto, insieme con un vivo apprezzamento per la vostra generosa testimonianza evangelica, specialmente accanto ai poveri e ai bisognosi.
2. Come è stato opportunamente sottolineato dal vostro Vescovo, la parola chiave della vita, della spiritualità e dell'azione pastorale e caritativa di Don Mottola è "oblazione". Dotato di una personalità vivace e di ricca sensibilità, egli affrontò fin dagli anni della formazione sacerdotale un'esigente ascesi, alimentata dalla quotidiana preghiera, per dominare il proprio esuberante carattere e identificarsi sempre più a Cristo. Nel Regolamento di vita egli scrive: "La ruota maestra della mia vita spirituale sarà l'abbandono, completo e assoluto, nel Cuore di Gesù". Questo totale affidamento a Cristo trova il suo centro e la sua essenza nell'Eucarestia e si configura come un'"oblazione" senza riserve a Dio e ai fratelli.
Da questa premessa deriva nell'esperienza di Don Mottola una sintesi armonica tra contemplazione e azione, inscindibili tra loro, secondo il noto principio: "Contemplare et contemplata aliis tradere". Modello di tale itinerario spirituale è la Vergine Maria, alla quale il vostro Fondatore ricorreva con fiducia filiale, imitandola sia nella «contemplazione» che nel «servizio», e additando ai suoi Oblati questa perfetta integrazione come una vera e propria «santità sociale», forma di apostolato efficace per i nostri tempi.
Questa alta spiritualità che, non rinunciando al primato della contemplazione, sprona a vivere i consigli evangelici nel mondo e ad accogliere i bisogni dei fratelli, non poteva non essere feconda di iniziative e di attività a favore dei poveri e dei bisognosi. Auspico di cuore che le celebrazioni centenarie costituiscano un forte stimolo per tutti voi ad approfondire e a diffondere il tesoro di spiritualità e di apostolato che questo amato Servo di Dio vi ha tramandato.
3. Desidero rivolgermi ora in modo particolare a voi, cari Sacerdoti del Sacro Cuore, che vivete la vostra identità di Sacerdoti diocesani nello spirito e con gli ideali di Don Mottola. Diffondete con la vostra personale testimonianza e con il vostro apostolato i grandi valori consegnati a voi dal Fondatore. Sappiate essere, per usare una sua suggestiva immagine, i "cenobiti" della strada. Egli amava ripetere: "L'apostolato di fatto - per cui abbiamo rifiutato la cella e siamo rimasti viandanti nel mondo - discende dalla pienezza della contemplazione: come dai nevai la forza dei fiumi, che pur tornano al mare, ansiosi di azzurro, per essere riassorbiti dal sole".
327 Una parola di affetto e di incoraggiamento va pure a voi, care Oblate del Sacro Cuore. Seguendo gli insegnamenti di Don Mottola, voi esprimete la vostra donazione totale a Dio e ai fratelli sofferenti non nella solitudine del chiostro ma nella vita spesso frenetica del mondo, armonizzando preghiera e azione, ricerca di Dio e testimonianza della carità. Amate e conservate gelosamente questo vostro carisma per il bene della Chiesa e della società. Il vostro Fondatore vi ricorda che dovete "attendere alla perfezione spirituale mediante la preghiera contemplativa e l'apostolato: restare nel mondo per essere maggiormente pronte ad avvertire la voce del dolore e della solitudine".
Anche voi, cari Oblati Laici, sappiate essere testimoni di quella contemplazione a cui ogni cristiano, giovane o adulto, celibe o coniugato, è chiamato secondo i doveri del proprio stato. Forti di questa spiritualità, sarete in grado di rinnovare l'ambiente che vi circonda mediante appropriate iniziative di preghiera, come ad esempio i "Venerdì di Corello", e di impegno civile e sociale, come già fate a sostegno di non pochi giovani disoccupati.
Il mio pensiero va, infine, alle Consacrate del Sacro Cuore, che esorto a vivere il carisma oblato nella donazione al Signore e ai fratelli, collaborando generosamente alla vita ed alle attività della comunità parrocchiale e impegnandosi nell'animazione della vita familiare, per favorire "il ritorno di Cristo nelle famiglie".
4. Carissimi Fratelli e Sorelle, la vostra Famiglia spirituale, pur nell'autonomia dei singoli gruppi, vive in costante comunione di ideali e promuove iniziative comuni. Proseguite con generosità e lungimiranza in questa via autenticamente evangelica ed ecclesiale!
Vi sia di sprone l'esempio del Fondatore, sempre pronto a seguire Cristo anche quando dovette affrontare lunghi anni di malattia, autentico calvario che perfezionò la sua conformazione a Cristo Crocifisso. "Usque ad sanguinem!", soleva dire. L'immobilità fisica non fermò, anzi rese più intenso ed efficace il raggio della sua influenza, incidendo in profondità nelle coscienze e lasciando una eredità spirituale ancora oggi feconda di bene.
Vi affido alla materna intercessione della Madonna di Romania, speciale Patrona di Tropea, amata e venerata da Don Mottola con filiale affetto, e imparto di cuore a voi, qui presenti, a tutti gli Oblati e le Oblate del Sacro Cuore ed a quanti incontrate nel vostro quotidiano servizio una speciale Benedizione Apostolica.
Lunedì 17 settembre 2001
Signor Ambasciatore,
1. È con piacere che L'accolgo, Eccellenza, in occasione della presentazione delle Lettere che L'accreditano come primo Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica del Kazakhstan presso la Santa Sede e La ringrazio per le sue cordiali parole. Le sarei grato se volesse trasmettere a Sua Eccellenza il signor Nazarbaiev, Presidente della Repubblica, i miei ringraziamenti per i cordiali saluti che mi ha rivolto.
2. Sono lieto di visitare fra qualche giorno il suo Paese e di stabilire così un contatto più diretto con le sue autorità e con i suoi abitanti, nella loro ricca diversità. Come Lei ha sottolineato, diverse etnie vivono sul suolo del Kazakhstan, con culture, lingue e religioni differenti. Questa situazione pluralistica è una sfida e al contempo un'opportunità. È una sfida poiché, come ho detto nel mio messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2001, "nel passato, le diversità tra le culture sono state spesso fonte di incomprensioni tra i popoli e motivo di conflitti" (n. 8). È dunque opportuno che ogni gruppo particolare s'impegni nel rispetto attento degli altri, sforzandosi di conoscerli meglio, per superare eventuali tensioni.
Formare insieme una comunità nazionale, arricchita dalle diversità di ognuno, è parimenti un'opportunità. Ciò presuppone imparare a vivere in unione gli uni con gli altri, il che "non è mai appiattimento nell'uniformità o forzata omologazione o assimilazione; è piuttosto espressione del convergere di una multiforme varietà e diventa perciò segno di ricchezza e promessa di sviluppo" (Ibidem, n. 10). Possa il suo Paese, che festeggia i dieci anni di indipendenza, continuare il suo cammino pacifico verso questo obiettivo, preoccupandosi sempre più del dialogo fra le culture, dello sviluppo della collaborazione con i Paesi vicini e dell'integrazione nella comunità internazionale!
328 3. La diversità culturale del suo Paese si accompagna a una grande diversità religiosa e confessionale, e Lei ha insistito, signor Ambasciatore, sull'importanza che il suo Governo attribuisce a questo pluralismo religioso, al dialogo fra le diverse religioni, come pure alla dimensione spirituale della vita dell'uomo che esse esprimono. Mi rallegro a tale proposito delle buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e il suo Paese, e degli accordi che garantiscono i diritti e i doveri della comunità cattolica che vive nel Kazakhstan, come pure degli obblighi dello Stato verso di essa. In effetti, in uno stato di diritto, la libertà religiosa è un bene prezioso, espressione della dignità fondamentale della persona umana che sceglie liberamente, secondo la propria coscienza, la religione alla quale aderire. Non vi è dubbio che una simile libertà invita le persone e le comunità religiose a concorrere al bene comune, nel rispetto di ognuno e nel quadro delle leggi del Paese. Auspico che il Kazakhstan trovi in questa ricca diversità un fondamento saldo per il suo sviluppo umano e spirituale.
4. Attraverso di Lei, sono lieto di salutare la comunità cattolica, i suoi Pastori e i suoi fedeli che avrò la gioia di incontrare presto in molteplici occasioni. Li esorto a formare comunità vive e fraterne, testimoniando le ricchezze del Vangelo, preoccupandosi del dialogo con tutti i loro fratelli.
So che partecipano già attivamente, con tutti i loro concittadini, alla vita della nazione e al suo sviluppo materiale e spirituale. Mi permetta di rivolgermi, attraverso di Lei, a tutti coloro, autorità civili e religiose, che si sono generosamente impegnati nella preparazione del mio viaggio. Li ringrazio vivamente!
5. Signor Ambasciatore, Lei inaugura oggi la nobile missione di rappresentare il suo Paese presso la Santa Sede. Voglia accettare i voti più cordiali che formulo per la sua felice riuscita e sia certo di trovare sempre presso i miei collaboratori la comprensione e il sostegno necessari! Su di Lei, Eccellenza, sulla sua famiglia, su tutti i suoi collaboratori e su tutti i suoi concittadini, invoco di cuore l'abbondanza delle Benedizioni Divine.
Lunedì 17 settembre 2001
1. Saluto con gioia tutti i rappresentanti della famiglia marista in questa lieta occasione che fa coincidere i Capitoli Generali dei vostri quattro Istituti e che vi consente di rendere visita tutti insieme al Successore di Pietro. Che ci sia dato di vedervi un segno dello Spirito e un appello a lasciarvi condurre sulle vie di una più grande comunione e di una più intensa collaborazione!
Ringrazio Padre Joaquín Fernández, Superiore Generale della Società di Maria, per le sue cordiali parole che riflettono lo spirito con cui vivete i vostri Capitoli, il vostro radicamento mariano e la vostra sollecitudine missionaria.
2. Voi avete scelto nella Chiesa la vita di consacrati, sull'esempio di Maria, nella fedeltà alle intuizioni dei vostri fondatori e al carisma dei vostri Istituti. I vostri predecessori si sono dedicati all'evangelizzazione nelle parrocchie, all'educazione dei bambini e alla promozione della donna. Poi hanno generosamente coinvolto tutta la famiglia marista nell'annuncio del Vangelo ai popoli dell'Oceania occidentale, lasciando in questa opera la loro impronta, soprattutto con l'educazione al fervore cristiano e la preoccupazione per le vocazioni locali. La Chiesa accoglie oggi con riconoscenza l'opera missionaria svolta e i doni della grazia di Dio manifestati nella vita dei vostri istituti. Questi doni essa li ha riconosciuti in modo particolare come frutti di santità in san Pierre Chanel e in san Marcellin Champagnat.
3. Oggi spetta a voi manifestare in modo originale e specifico la presenza della Vergine Maria nella vita della Chiesa e degli uomini e in tal modo sviluppare un atteggiamento mariano. Questo è caratterizzato da una disponibilità gioiosa alle chiamate dello Spirito Santo, da una fiducia incrollabile nella Parola del Signore, da un cammino spirituale in rapporto con i diversi misteri della vita di Cristo e da un'attenzione materna ai bisogni e alle sofferenze degli uomini, soprattutto dei più piccoli. "Il rapporto filiale con Maria costituisce la via privilegiata per la fedeltà alla vocazione ricevuta e un aiuto efficacissimo per progredire in essa e viverla in pienezza" (Vita consecrata, VC 28). È dunque volgendovi verso Maria, con fedeltà e audacia, lasciandovi guidare da lei a "fare tutto ciò che vi dirà" (cfr Jn 2,5), che troverete vie nuove per l'evangelizzazione del nostro tempo.
4. Mettendosi rapidamente in cammino verso i monti della Giudea per incontrare sua cugina Elisabetta, Maria non vi indica forse la libertà spirituale? Di fatto è importante non lasciarsi assorbire dalla sola gestione dell'eredità del passato, ma discernere ciò che conviene lasciare, con spirito di povertà ma soprattutto con quella libertà evangelica che rende disponibili alle chiamate dello Spirito. Dinanzi alla molteplicità delle sollecitazioni, occorre in effetti una vera libertà per discernere le urgenze. "Prendi il largo": queste parole di Gesù a Pietro ci invitano ad "andare avanti con speranza", lungo le vie del mondo, sicuri che "la Vergine santissima ci accompagna lungo questo cammino" (cfr Novo Millennio ineunte NM 58).
5. Maria si è donata totalmente al Signore, affidandosi in tutto nella Parola di Dio. Come potrebbe non insegnarvi a restare nella forza di questa Parola, a scegliere come l'altra Maria, la parte migliore (cfr Lc 10,42)? Nel mondo di oggi la dispersione minaccia facilmente i discepoli di Cristo, poiché l'abbondanza dei beni materiali può distoglierli dall'essenziale e le sollecitazioni pastorali sono molteplici. Come ho scritto di recente a tutta la Chiesa, abbiamo bisogno di contemplare il volto di Cristo (cfr Novo Millennio ineunte NM 2), di cercare maggiormente la profondità del suo mistero, poiché esso è la fonte autentica a cui attingere l'amore che vorremmo donare. Non lasciate che questo vincolo fondamentale di consacrazione a Cristo si sciolga! Scegliete piuttosto di dedicarvi umilmente alla sequela del Signore, alla maniera discreta di Maria! Adoperatevi con Lei per compiere l'unità della vostra vita nello Spirito poiché, come ricorda san Francesco di Sales, "una delle condizioni necessarie per ricevere lo Spirito Santo sarà di essere con Maria" (Sermone I per la Pentecoste), e lasciatevi configurare maggiormente a Cristo! Allora la vostra vita e la vostra missione troveranno il loro significato profondo e recheranno frutti per gli uomini e le donne di oggi!
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