GPII 1987 Insegnamenti - Omelia durante la liturgia bizantina - Grottaferrata (Roma)
Titolo: Preghiera, studio e dialogo per preparare la piena unità
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle.
1. La celebrazione dei Vespri secondo la tradizione liturgica bizantina, in questo venerato santuario, alla vigilia della festa della nascita di Maria, nel contesto dell'Anno mariano, è una felice circostanza che suggerisce alcuni pensieri particolari. Essa ci riporta, da una parte, al centro stesso del mistero cristiano, l'incarnazione del Redentore, e dall'altra apre il nostro cuore ai fratelli dell'Oriente, con i quali vogliamo raggiungere la piena comunione, e formare così un'unica famiglia attorno alla Madre comune.
Come abbiamo ascoltato dalla prima lettura, Giacobbe ebbe un sogno: "una scala poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo, ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa" (Gn 28,12). Il sogno di Giacobbe è il desiderio profondo di ogni uomo che viene al mondo: essere in comunione con Dio, con l'Eterno, con l'Ineffabile, con l'Assoluto. In quella visione straordinaria, nel punto più alto, sulla cima della scala, stava il Signore che diceva: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo tuo Padre, e il Dio di Isacco".
Egli non è solo il Signore delle generazioni passate, ma anche di tutte le generazioni che verranno. E' il Dio di Giacobbe e di tutta la sua discendenza che si estenderà "a Occidente e a Oriente", per tutte le nazioni della terra, che in lui saranno benedette.
La voce del Signore, dall'alto, rassicura Giacobbe con una irrevocabile promessa: "Ecco io sono con te" (Gn 28,15). Questa misteriosa presenza, questa alleanza gratuita che manifesta la partecipazione vitale di Dio al destino dell'uomo, sostengono la storia dell'umanità. In quella visione gli angeli di Dio salivano e scendevano. Essi sono i profeti, sono i santi annunciatori della verità, sono i testimoni della comunione con Dio.
Ma questo "sogno" si è anche realizzato in Maria. Ella è come una scala che congiunge il cielo con la terra. Infatti la liturgia ha visto in quella "scala" anche un'immagine di Maria. L'inno "akathistos" della tradizione bizantina, che da quasi un millennio si canta ininterrottamente anche in questa Chiesa, fa così esclamare l'arcangelo Gabriele: "Ave, scala sovraceleste, da dove è disceso Iddio; ave, ponte di transito per quelli che dalla terra fa passare al cielo". In Maria ha avuto luogo l'incarnazione del Verbo di Dio. Infatti, per noi uomini e per la nostra salvezza, egli discese dal cielo. E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Egli è così l'Emmanuele, "Dio con noi". Colui che ci redime e ci riconcilia; colui che ci mette in comunione con Dio e rimarrà con noi per sempre.
L'inno ci ricorda anche il movimento di ascesa dell'uomo verso Dio e chiamando Maria "ponte che dalla terra porta al cielo" allude non soltanto alla sua materna intercessione; ma pure al fatto che il Verbo di Dio, assumendo in Maria "la carne e il sangue", ha anche assunto l'umanità stessa, destinandola alla "deificazione", alla trasfigurazione, conformando il nostro corpo di miseria al suo corpo di gloria (cfr. Ph 3,21).
Il ruolo di Maria è pertanto intimamente legato alla storia della salvezza e a quella di ogni credente nel Verbo incarnato. Per tutto questo, giustamente, la liturgia bizantina fa cantare: "E' veramente giusto proclamare beata te, o Deipara, che sei santissima e immacolata e madre del nostro Dio".
2. Questa celebrazione apre oggi la nostra mente e il nostro cuore ai fratelli delle Chiese d'Oriente, con i quali condividiamo la nostra fede nella "Theotokos".
Nell'enciclica "Redemptoris Mater" ho creduto doveroso mettere in rilievo il contributo di riflessione teologica, di pietà orante, di espressione innologica e iconografica che al culto cristiano ha dato la tradizione bizantina e orientale in genere per la comune venerazione di Maria. L'Occidente ha attinto e attinge da questa tradizione ispirazioni e motivi di lode. Il profondo legame che unisce Maria a Cristo e alla Chiesa, salvaguarda anche la pietà popolare e la mantiene pura e rettamente orientata.
Il culto reso a Maria in Oriente e in Occidente, identico nelle motivazioni di fede e vario nelle sue espressioni, fa parte del grande patrimonio comune fra cattolici ed ortodossi. Questo patrimonio spinge a dare piena espressione, superando le divergenze ancora esistenti, alla comunione che il Signore vuole per i suoi discepoli e per la quale ha pregato il Padre "che siano uno, affinché il mondo creda" (Jn 17,21).
Negli ultimi decenni il Signore ci ha concesso di fare passi importanti sulla via della riconciliazione, nel perdono reciproco delle offese del passato e nella comune volontà di trovare un pieno accordo attraverso un dialogo teologico franco e fraterno, che va mostrandosi fecondo e promettente. Oggi, sotto la protezione di Maria Odigitria - "colei che indica la via" verso l'unico Signore -, rivolgiamo il nostro sguardo e il nostro affettuoso saluto ai fratelli delle Chiese ortodosse. Includendo anche esse, preghiamo qui "per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l'unione di tutti".
E qui, davanti al Signore, con animo pienamente fiducioso, osiamo intravedere il giorno in cui cattolici e ortodossi saliranno insieme i gradini, che portano all'altare, per la celebrazione dell'unica Eucaristia nella ritrovata piena comunione ecclesiale e ne discenderanno a portare il pane eucaristico e a trasmettere il segno di pace al popolo orientale e occidentale, insieme radunato nella professione dell'unica fede. Sarà un giorno felice per l'intera comunità cristiana. Sarà un giorno felice per il mondo intero.
3. Nell'attesa di questo giorno, che andiamo preparando con la preghiera, con lo studio, con il dialogo, con l'affetto, non posso dimenticare voi, reverendi padri e fratelli di questa comunità monastica, che da quasi un millennio innalzate quotidianamente qui, nei pressi di Roma, la preghiera liturgica in lingua greca, ricordando l'universalità della Chiesa e la necessità della concordia tra Oriente e Occidente. La vostra comunità si trova qui sin dal 1004, già molto prima che intervenisse la dolorosa divisione fra Oriente e Occidente. I santi Nilo e Bartolomeo trasportarono la tradizione italo-greca dalla Calabria alle porte di Roma. E voi continuate a recitare quotidianamente la stessa preghiera orientale.
Siete un ricordo vivente della Chiesa indivisa. Vorrei oggi esprimervi la gratitudine della Chiesa per la testimonianza vostra e dei vostri padri che, di generazione in generazione, hanno trasmesso l'amore verso l'Oriente nel cuore stesso della Chiesa latina. L'armonica convivenza delle due tradizioni, orientale e occidentale, torna a beneficio della comunione ecclesiale e a gloria di Dio, che riceve così una lode pluriforme.
Questo santuario, dedicato alla Madonna, nonostante le varie vicissitudini storiche, è sempre stato una testimonianza della fede, che lega cattolici e ortodossi e che si esprime in una liturgia profondamente radicata nella Scrittura e intessuta dell'insegnamento dei Padri e dei concili ecumenici.
E' stata la vostra una silenziosa "anamnesis" (ricordo) dell'Oriente e una perseverante "epiklesis" (invocazione) della piena unità fra Oriente e Occidente.
Vorrei esprimere a voi anche un fervido auspicio. Nella fedeltà alla vostra autentica tradizione orientale, che, come ha caratterizzato la vostra storia, così dovrà dare impronta al vostro avvenire, voglia Dio concedervi ogni assistenza perché la comunità conosca nuovo vigore, per continuare a rendere il vostro servizio di preghiera, di studio, di ascesi e di testimonianza cristiana, oggi più che mai necessario alla Chiesa.
4. Un cordiale saluto rivolgo anche ai sacerdoti e ai fedeli oriundi dell'Albania, che hanno voluto essere presenti a questa celebrazione, nel ricordo delle tradizioni religiose della loro patria, a me tanto cara. Ad essi e a tutti i membri della Comunità italo-albanese, in particolare ai giovani, l'augurio di saper mantenere sempre viva la fede dei padri, che costituisce l'anima più profonda e la forza unificante del patrimonio di valori di cui è ricca la storia del nobile popolo albanese.
Saluto inoltre le suore Basiliane, Figlie di santa Macrina, esortandole a perseverare nel loro impegno di consacrazione religiosa, di apostolato e di aiuto al clero.
5. Domani celebriamo la festa della natività della "Theotokos". Di fronte a questa icona di santa Maria di Grottaferrata, che una tradizione vuole consegnata ai monaci da Papa Gregorio IX, ed è qui venerata dal 1230, vorrei invitare tutti voi, fratelli e sorelle qui presenti, a pregare per l'unità dei cristiani.
Vorrei accomunare in ispirito anche tutti i fratelli ortodossi i quali domani celebrano anche loro la stessa festa, affinché possiamo dire insieme: "facendo memoria della tutta santa, immacolata, benedetta, gloriosa Signora nostra, Madre di Dio e sempre Vergine Maria, insieme con tutti i santi, raccomandiamo noi stessi, gli uni gli altri, e tutta la nostra vita a Cristo Dio".
Amen.
1987-09-07 Data estesa: Lunedi 7 Settembre 1987
Titolo: Necessità di alfabetizzazione nel mondo tecnologico dei media
Testo:
Al signor Amadou-Mahtar M'Bow, direttore generale dell'Unesco.
In occasione della celebrazione annuale della Giornata internazionale dell'alfabetizzazione, desidero ridirvi tutto l'interesse e tutta la stima che porto all'azione dell'Unesco in questo campo. Vorrei sottolineare come mi rallegro di vedere che l'Unesco dà sempre più spazio ed efficacia a questa azione, in particolare in prospettiva di un prossimo Anno internazionale dell'alfabetizzazione, raccomandato dalle Nazioni Unite. A questo effetto, molto felicemente nell'ambito del grande programma dell'Unesco, "L'educazione per tutto" si intende legare più strettamente il problema dell'alfabetizzazione a quello della scuola primaria, il luogo normale nel quale essa dovrebbe essere assicurata nelle migliori condizioni, ci si deve congratulare anche di ciò che l'Unesco fa per quelli che conoscono le più grandi difficoltà di vita e che sono spesso i meno alfabetizzati: le donne, i rurali, le persone handicappate, gli emigranti. Le stesse preoccupazioni entrano a giusto titolo nel quadro del decennio mondiale di sviluppo culturale, all'iniziativa delle Nazioni Unite.
Desidero anche apportare il mio appoggio a tutto ciò che l'Unesco fa perché sia ancor meglio riconosciuta la necessità dell'alfabetizzazione. Senza dubbio lo sviluppo della comunicazione audiovisiva, strumento prezioso per l'alfabetizzazione, ha già notevolmente contribuito alla diffusione e all'accesso alla cultura di un gran numero di uomini e non soltanto di un'élite. La scrittura e la lettura restano, per l'uomo, degli strumenti privilegiati per l'educazione alla riflessione e al dominio di sé, come per lo sviluppo delle facoltà intellettuali proprie ad arricchire le comunicazioni di tutti gli ordini tra gli uomini e le donne.
L'alfabetizzazione sembra un fattore di maggiore progresso culturale e anche di promozione professionale, quando una delle cause dell'aumento così inquietante di disoccupazione è la mancanza di qualificazione, gli impieghi esigono un livello sempre più elevato di conoscenze e di formazione generale.
Per questa grande opera di alfabetizzazione, come lei sa, signor direttore generale, la Chiesa ha moltiplicato le iniziative e le realizzazioni nel mondo intero. Essa intende continuare a favorirla, portando il suo contributo particolare a questa impresa per la quale l'Unesco offre delle possibilità considerevoli di cooperazione e di scambi d'esperienza.
Signor direttore generale, le assicuro le mie preghiere per il pieno successo di questa Giornata e perché sia sempre più feconda l'azione dell'Unesco in favore dell'alfabetizzazione.
1987-09-08 Data estesa: Martedi 8 Settembre 1987
Titolo: Evangelizzare le culture in un'autentica missione ecclesiale
Testo:
Carissimi Missionari del Sacro Cuore.
1. E' una grande gioia per me potervi salutare qui a Roma, pochi giorni prima della mia visita negli Stati Uniti, che è uno dei trentasei Paesi dove lavora la vostra Congregazione: e questo mi dà l'occasione di chiedere le vostre preghiere per il successo di questo viaggio. Il vostro capitolo generale vi ha riuniti da diversi Paesi e culture per riflettere, nel dialogo fraterno e nella preghiera, sullo spirito e sulla missione affidatavi dal vostro fondatore. Ringrazio il vostro superiore generale per le gentili espressioni che ha voluto indirizzarmi a nome di voi tutti, auspicando ogni bene per l'intera Congregazione.
2. Vorrei riflettere con voi su alcuni punti di primaria importanza per lo svolgimento della vostra missione nella Chiesa. Infatti il compito apostolico svolto dalla vostra Congregazione è una missione ecclesiale, come è esplicitamente affermato nelle vostre Costituzioni" (n. 27): "La nostra missione di lavorare per l'avvento del regno di Dio come Missionari del Sacro Cuore, ci viene conferita nella e attraverso la Chiesa.
Il vostro fondatore, il padre Jules Chevalier, era pienamente consapevole delle implicazioni del bel nome che vi ha dato: Missionari del Sacro Cuore. Questo nome era pieno di significato per lui, e suo desiderio era che esso vi ricordasse sempre lo stile di vita e la missione della vostra Congregazione.
Anch'io oggi voglio riproporvi con calore questo grande ideale: la vostra vita e il vostro lavoro apostolico devono mostrare chiaramente la convinta e fervente partecipazione ad uno dei massimi misteri della nostra fede: quello della misericordia di Dio che ama gli uomini, e dona se stesso per la loro salvezza. Si, il nostro Dio è Amore e ha rivelato tale Amore in Gesù Cristo, attraverso il suo cuore umano. Gesù stesso c'invita: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28).
3. La vostra specifica professione religiosa vi consacra in modo speciale a partecipare alla stessa missione di Cristo nell'attuale momento storico che stiamo vivendo. Voi siete chiamati a raccogliere questa missione con amore sincero e disinteressato, facendovi tutto a tutti, specialmente a favore dei suoi prediletti, i poveri e i piccoli.
Gesù Cristo è la via, la verità e la vita. Dobbiamo invitare ancora e sempre gli uomini a "volgere lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Jn 19,37 cfr. Za 12,10). Questo Cuore aperto, dal quale sgorgo sangue e acqua, simboli della vita sacramentale della Chiesa, è un'inesauribile sorgente di vita. Il vostro fondatore vide un nuovo mondo che sorgeva dal Cuore del nostro Salvatore, trafitto sul Calvario. La gente oggi, dappertutto, desidera disperatamente un nuovo mondo, e un cuore nuovo che lo animi e lo guidi.
Parlando del Sacro Cuore in una precedente occasione, indicavo il valore e la pratica della riparazione, come elemento essenziale di questa devozione, strettamente legato al desiderio e alle condizioni necessarie per la costruzione di un mondo nuovo: "così - ed è questa la vera riparazione richiesta dal Cuore del Salvatore - sulle rovine accumulate dall'odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà del Cuore di Cristo" (Lettera al padre Peter Hans Kolvenbach, del 5 ottobre 1986).
A più riprese, in passato, ho espresso la mia convinzione che questa devozione al Sacro Cuore corrisponde più che mai alle attese del nostro tempo, e ho sottolineato il fatto che gli elementi essenziali di questa devozione "appartengono in modo permanente alla spiritualità della Chiesa attraverso il corso dei secoli".
4. Sono al corrente del fatto che i Missionari del Sacro Cuore sono al lavoro in tutti i continenti del mondo e che il loro apostolato è spesso assai esigente e difficile, e che talvolta comporta pericoli anche per la loro stessa vita. Nella ricca storia della vostra Congregazione, antica ormai di centotrent'anni, molti suoi membri non hanno esitato ad offrire la loro vita per i fratelli.
Desidero chiedervi di continuare a svolgere il vostro compito missionario mondiale con fiducia e generosità. Sia il vostro apostolato pieno di fortezza e di misericordia, sempre sulle orme di Cristo, il buon pastore, che non è venuto per "giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,17), e che non è venuto per essere servito, "ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,28). Seguitelo! Imitatelo! Siano vostri i suoi stessi sentimenti.
5. Vorrei inoltre accennare a un compito speciale che vi spetta, in quanto siete presenti in tanti Paesi assai diversi tra loro per quanto concerne i costumi e le culture: il compito di evangelizzare la cultura e le culture: è mia convinzione che una spiritualità integrale, fondata su di un'apertura orante e fervorosa al Cuore del Signore, è di importanza capitale per questo compito di evangelizzare la cultura e le culture e dei comportamenti umani, onde renderli conformi al dettato del Vangelo. Insisto sull'espressione "apertura orante e fervorosa al Cuore del Signore", dato che vi sarà impossibile lavorare come suoi missionari, se non vivrete come suoi discepoli, vicini al suo Cuore.
Nel corso di queste importanti giornate dedicate al capitolo generale, desidero restarvi unito nella preghiera, in special modo nella preghiera a Maria nostra Madre alla quale il vostro fondatore dette un bel titolo, così significativo e ispirato: "Nostra Signora del Sacro Cuore".
Con tali voti e sentimenti, imparto a voi, a tutti i membri dell'Istituto, ai vostri parenti, amici e benefattori, una mia larga e affettuosa benedizione.
1987-09-08 Data estesa: Martedi 8 Settembre 1987
Titolo: Promuovere iniziative realizzate nello "spirito di Assisi"
Testo:
Cari amici, sono veramente felice di dare il benvenuto a voi, partecipanti al "Terzo scambio spirituale Est-Ovest. In particolare, saluto il reverendo Hirata Seiko, presidente dell'Istituto per gli Studi Zen, come anche i monaci giapponesi e le suore venuti nei monasteri benedettini e cistercensi per recuperare una più profonda comprensione delle tradizioni cristiane attraverso l'attento ascolto e il rispetto reciproco che caratterizza questi scambi di dialogo interreligioso e può raggiungere un livello più profondo.
Nel precedente scambio intermonastico, i monaci cristiani che vivevano nei nostri monasteri ebbero l'occasione di apprezzare le vostre antiche tradizioni. Furono molto commossi dalla vostra fraterna ospitalità. Desidero ringraziarvi per la vostra squisita cortesia e spererei che questi incontri continuino nel futuro.
L'anno scorso alcuni di voi si unirono a noi ad Assisi, dove pregammo per la pace. Più recentemente rappresentanti della Chiesa cattolica erano presenti all'incontro a Mount Hiei. Credo che queste iniziative, compiute con questo spirito, debbano venir promosse e sostenute, poiché sono un valido aiuto per una conoscenza e un amore più profondi. Desidero anche porgere un saluto cordiale ai monaci cristiani e alle monache che hanno organizzato quest'incontro sotto la guida dell'abate primate dei Benedettini. Sono felice che una Commissione per il dialogo monastico interreligioso porti avanti questo lavoro in stretto contatto con il Segretariato per i non cristiani. Il vostro contributo specifico a questa iniziativa non consiste solo nel mantenere un esplicito dialogo, ma anche nel promuovere un profondo incontro spirituale, poiché la vostra vita più di tutte devota al silenzio e alla preghiera, è una testimonianza di vita comunitaria.
Molto potete fare attraverso l'ospitalità. Aprendo le vostre case e i vostri cuori, come avete fatto in questi giorni, seguite bene la tradizione del vostro padre spirituale, san Benedetto. Con i vostri fratelli monaci venuti da tutto il mondo e da differenti tradizioni religiose voi applicate il bel capitolo della Regola concernente l'accoglienza degli ospiti. Facendo così offrite una collocazione dove può avere luogo un incontro di menti e di cuori, un incontro caratterizzato da un condiviso senso di fratellanza nella famiglia umana che apre la strada di un dialogo sempre più profondo.
Possa ognuno di voi partecipanti al dialogo interreligioso venir incoraggiato e sostenuto nella conoscenza che i vostri sforzi sono incoraggiati dalla Chiesa cattolica e apprezzati da essa come cosa importante per rafforzare i legami che uniscono tutti i popoli che onestamente cercano la verità.
Dio vi benedica tutti.
1987-09-09 Data estesa: Mercoledi 9 Settembre 1987
Titolo: Condividere la libertà e la prosperità con gli altri
Testo:
Signor presidente, cari amici, caro popolo d'America.
1. E' una grande gioia per me essere ancora una volta nel vostro Paese e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Sono profondamente grato a voi tutti. Rivolgo il mio speciale ringraziamento al presidente degli Stati Uniti, che oggi qui mi onora con la sua presenza. Ringrazio la Conferenza episcopale e tutti e ciascuno dei vescovi che mi hanno invitato nelle loro diocesi e che tanto hanno fatto per preparare la mia visita. I miei cordiali saluti e i miei migliori auguri vanno a tutto il popolo di questa terra. Vi ringrazio per avermi aperto i vostri cuori e per avermi sostenuto con le vostre preghiere. Vi assicuro delle mie preghiere. Ad ognuno ripeto in questa occasione ciò che dissi in quel memorabile giorno del 1979 quando arrivai a Boston: "Vengo a te - America - con sentimenti di amicizia, deferenza e stima. Vengo come uno che già ti conosce e ti ama, come uno che ti augura di realizzare pienamente il tuo nobile destino di servizio al mondo" (1 ottobre 1979).
2. Oggi, come allora vengo a proclamare il Vangelo di Gesù Cristo a tutti coloro che scelgono liberamente di ascoltarmi; a raccontare ancora una volta la storia dell'amore di Dio nel mondo; a diffondere ancora una volta il messaggio della dignità umana con i suoi inalienabili diritti umani e i suoi inevitabili doveri umani.
3. Come i molti che prima di me sono venuti in America proprio in questa città di Miami, io vengo come un pellegrino: un pellegrino nella causa della giustizia, della pace e della solidarietà umana che cerca di costruire un'unica famiglia umana. Vengo qui come pastore, il pastore della Chiesa cattolica, per parlare e pregare con i cattolici. Il tema della mia visita, "Unità nell'opera di servizio", mi offre la gradita opportunità di entrare in una comunione sempre più profonda con loro nel nostro comune servizio al Signore. Mi dà inoltre la possibilità di condividere sempre più intensamente le loro speranze e gioie, le loro preoccupazioni e le loro pene.
Vengo come amico, un amico dell'America e di tutti gli americani: cattolici, ortodossi, protestanti ed ebrei, gente di ogni religione, e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Vengo come amico del povero, del malato e del moribondo; di tutti coloro che lottano con i problemi di ogni giorno, di tutti coloro che inciampano, cadono e si rialzano sul cammino della loro vita, di tutti coloro che cercano e trovano e di tutti coloro che non hanno ancora trovato il significato profondo della "vita, della libertà e della ricerca della felicità".
4. Vengo infine per unirmi a voi mentre celebrate il bicentenario di quell'importante documento che è la costituzione degli Stati Uniti di America. Con gioia mi unisco alla vostra preghiera di ringraziamento a Dio per il modo provvidenziale in cui la costituzione ha servito il popolo di questa Nazione per due secoli: per l'unione cui ha dato vita, per la giustizia che ha instaurato, per la tranquillità e la pace che ha garantito, per il generale benessere che ha promosso, per il dono della libertà che ha assicurato.
Inoltre mi unisco a voi nel chiedere a Dio di ispirarvi - come americani avete avuto tanto in termini di libertà, prosperità e arricchimento amano - affinché continuiate a condividere tutto questo con tanti fratelli e sorelle degli altri Paesi del mondo che ancora aspettano e sperano di vivere secondo modelli degni dei figli di Dio.
Con grande entusiasmo attendo con ansia di essere con voi nei giorni a venire. Nel frattempo la mia preghiera per voi tutti, caro popolo d'America, è questa: "Ti benedica il Signore e ti protegga! / Il Signore faccia brillare il suo volto su di te / e ti sia propizio! / Il Signore rivolga su di te il suo volto / e ti conceda pace" (Nb 6,24-26). Dio benedica l'America!
1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987
Titolo: Uniti in preghiera per le necessità della Chiesa e del mondo
Testo:
Caro arcivescovo McCarthy e miei confratelli vescovi, cari fratelli e sorelle, cari amici.
1. E' una grande gioia per me iniziare la mia visita pastorale qui a Miami, in questa cattedrale di Santa Maria. Questa chiesa rappresenta una lunga storia di fede e di vita e testimonianza cristiana da parte di innumerevoli sacerdoti, religiosi e laici di questa città e dello Stato della Florida.
Nel venire fra voi, desidero lodarvi per l'Anno giubilare di riconciliazione che avete osservato in preparazione alla mia visita, e per il Sinodo arcidiocesano che state attualmente tenendo. Questi avvenimenti intendono essere di valore spirituale duraturo per tutti voi che fate parte dell'arcidiocesi, affinché la vostra testimonianza cristiana nella vita di ogni giorno sia sempre più fruttuosa nella società di cui fate parte. Vi lodo anche perché affrontate le sfide di una Chiesa locale in rapida espansione. Nel corso degli anni, avete accolto centinaia di migliaia di rifugiati, di diverse lingue e culture, che sono sfuggiti dall'oppressione religiosa o politica. Avete combattuto al loro fianco e a loro favore per costruire una comunità unita in Cristo. Vi esorto tutti - clero, religiosi e laici di Miami, in comunione con il vostro arcivescovo e con me - a continuare a cercare i modi per approfondire la nostra unità ecclesiale nell'unico corpo di Cristo.
Quest'unità si esprime in molti modi. E' unità nella predicazione del Vangelo, nella professione del Credo, nella celebrazione della liturgia e nella partecipazione ai sacramenti, soprattutto alla sacra Eucaristia. E' unità nel perseverare quale Chiesa missionaria ad evangelizzare il mondo. Ma il fatto che noi siamo qui presenti, in questa casa di Dio, ci ricorda un'altra ragione di unità. Mi riferisco alla preghiera personale di ciascuno e ognuno di noi, sia che venga offerta qui in un momento di silenzio o nel mezzo dei molteplici scenari che fanno da sfondo alla vostra vita quotidiana. "La vita spirituale", come ci ricorda il Concilio Vaticano II, "non si esaurisce nella partecipazione alla sola sacra liturgia. Il cristiano, infatti, chiamato alla preghiera in comune, nondimeno deve anche entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto; anzi, secondo l'insegnamento dell'apostolo, deve pregare incessantemente" (SC 12).
2. Le persone hanno sempre un grande interesse alla preghiera. Come gli apostoli, essi vogliono sapere come pregare. La risposta che Gesù dà è quella nota a tutti noi: è il "Padre nostro", in cui rivela, in poche semplici parole, tutta l'essenza della preghiera. Essa non è incentrata principalmente su di noi, ma sul Padre celeste a cui affidiamo le nostre vite in fede e fiducia. La nostra prima preoccupazione deve essere il suo nome, il suo regno, la sua volontà. Soltanto dopo chiediamo il nostro pane quotidiano, il perdono e la remissione dai nostri debiti.
Il "Padre nostro" ci insegna che il nostro rapporto con Dio è un rapporto di dipendenza. Noi siamo i suoi figli e le sue figlie adottivi attraverso Cristo. Tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo proviene da lui e a lui è destinato a tornare. Il "Padre nostro" inoltre ci presenta la preghiera come un'espressione dei nostri desideri. Afflitti come siamo dalla debolezza umana, chiediamo naturalmente molte cose a Dio. Molte volte potremmo essere tentati di pensare che egli non ci ascolta o non ci risponde. Ma come ci ricorda saggiamente sant'Agostino, Dio sa già ciò di cui abbiamo bisogno prima che glielo chiediamo.
Egli afferma che la preghiera va a nostro vantaggio, in quanto nella preghiera "esercitiamo" i nostri desideri, così che afferriamo ciò che Dio si sta preparando a darci. E' per noi un'opportunità di "allargare i nostri cuori" (cfr. "Lettera a Proba"). In altre parole, Dio ci ascolta sempre e ci risponde sempre, ma dalla prospettiva di un'amore assai più grande e di una conoscenza assai più profonda della nostra. Quando sembra che egli non esaudisca i nostri desideri dandoci quello che noi chiediamo per quanto esso sia altruistico o nobile, egli in realtà sta purificando i nostri desideri per amore di un bene più grande, che spesso va al di là della nostra comprensione in questa vita. La sfida è di "allargare i nostri cuori" per santificare il suo nome, cercare il suo regno, e accettare la sua volontà. Come Cristo nell'Orto del Getsemani possiamo pregare talvolta sia per noi stessi che per gli altri, "Padre, tutto è possibile a te, allontana da me questo calice!". Ma anche, come Cristo, dobbiamo aggiungere, "Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (cfr. Mt 26,39).
L'azione della preghiera intende anche aprirci a Dio e al nostro prossimo, non solo nelle parole, ma anche nelle azioni. Per questo motivo la spiritualità cristiana, seguendo Gesù stesso (cfr. Mt 6), associa la preghiera con il digiuno e l'elemosina. Una vita di abnegazione e di carità è un segno di conversione al modo di pensare di Dio, al suo modo di amare. Donando nella carità, al di là delle esigenze della giustizia, ci apriamo al nostro prossimo. San Pietro Crisologo testimonia questa tradizione quando dice: "La preghiera, il digiuno e la misericordia... si alimentano fra loro. Ciò che la preghiera fa bussando a una porta, il digiuno lo elemosina con successo e la misericordia lo ottiene. Perché il digiuno è l'anima della preghiera; e la misericordia è la vita del digiuno...
Il digiuno non cresce se non viene innaffiato dalla misericordia" ("Sermone" 43).
3. Cari fratelli e sorelle: non dobbiamo mai sottovalutare il potere della preghiera per sostenere la missione redentrice della Chiesa e per portare il bene laddove c'è il male. Come ho detto prima, dobbiamo essere uniti nella preghiera.
Non preghiamo soltanto per noi stessi e per i nostri cari, ma anche per le necessità della Chiesa universale e per tutta l'umanità: per le missioni e per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, per la conversione dei peccatori e la salvezza di tutti, per gli ammalati e i moribondi. Quali membri della comunione dei santi, la nostra preghiera comprende anche le anime che sono in purgatorio le quali, per l'amorevole misericordia di Dio, possono ancora trovare dopo la morte la purificazione di cui hanno bisogno per entrare nella felicità del regno dei cieli. La preghiera inoltre ci fa comprendere che talvolta le nostre preoccupazioni e i nostri desideri sono piccoli se paragonati alle necessità e alle sofferenze di tanti nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo. Esiste la sofferenza spirituale di coloro che hanno perduto la strada nella vita a motivo del peccato o per mancanza di fede in Dio. Esiste la sofferenza materiale di milioni di persone che sono senza cibo, vestiti, alloggio, medicinali e istruzione; di coloro che sono privati dei diritti umani fondamentali; di quelli che sono esiliati o rifugiati a causa della guerra e dell'oppressione. So che Miami non è estranea a questo tipo di sofferenza. Dobbiamo impegnarci ad alleviarla, ma dobbiamo anche pregare non soltanto per coloro che soffrono, ma anche per coloro che infliggono la sofferenza.
Cari fratelli e sorelle: come pastore della Chiesa universale ho ricevuto la grazia delle preghiere di milioni di fedeli di tutto il mondo e oggi desidero manifestarvi il mio profondo apprezzamento per le preghiere che avete offerto per la mia persona e il mio ministero quale successore di Pietro. Vi chiedo di continuare a pregare per queste intenzioni.
Con l'apostolo san Paolo vi dico: "Pregate per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del Vangelo... per annunciarlo con franchezza come è mio dovere" (Ep 6,19). In questo momento elevo la mia preghiera in modo speciale per tutti coloro che tra di voi hanno contribuito a costruire e a mantenere la fede in questa arcidiocesi. Oggi e sempre siamo chiamati a restare uniti nella preghiera: per la gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen,
1987-09-11 Data estesa: Venerdi 11 Settembre 1987
GPII 1987 Insegnamenti - Omelia durante la liturgia bizantina - Grottaferrata (Roma)