GPII 1988 Insegnamenti
Titolo: 1988: La memoria di un Battesimo che apri la via di Cristo tra i popoli dell'Europa orientale
Testo:
1. "Quando venne la pienezza del tempo" (Ga 4,4).
Salutiamo oggi l'anno nuovo: il 1988 che ha iniziato il suo consueto cammino: il cammino delle ore, dei giorni, delle settimane, e dei mesi.
Salutiamo questa nuova fase del tempo umano, fissando lo sguardo sul mistero che indica la pienezza del tempo.
Questo mistero annuncia l'Apostolo, nella lettera ai Galati, con le seguenti parole: "Quando venne la pienezza del tempo Dio mando il suo Figlio, nato da donna" (Ga 4,4).
La Chiesa saluta l'anno nuovo del calendario umano, partendo dal nucleo centrale di questo mistero: Dio Figlio, nato da donna; la natività divina di Cristo. Oggi si conclude il ciclo di otto giorni a partire dalla solennità che in modo particolare ci rende presente l'incarnazione del Verbo.
La pienezza del tempo.
Il tempo umano del calendario non ha una sua pienezza. Significa soltanto il passare. Dio solo è pienezza, pienezza anche del tempo umano. Questa si realizza allorquando Dio entra nel tempo del passare terreno.
2. O anno nuovo, noi ti salutiamo nella luce del mistero della nascita divina! Questo mistero fa si che tu, o tempo umano, passando, sii partecipe di ciò che non passa. Di ciò che ha per metro l'eternità.
L'Apostolo ha manifestato tutto ciò nella sua lettera in modo forse più sintetico e penetrante.
"Dio mando il suo Figlio... perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5). Questa è la prima dimensione del mistero, che indica la pienezza del tempo. E poi c'è la seconda dimensione, unita organicamente alla prima: "Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!" (Ga 4,6).
Proprio questo "Abbà, Padre" - questo grido del Figlio, che è consostanziale al Padre, questa invocazione dettata dallo Spirito Santo ai cuori dei figli e delle figlie di questa terra, è segno della pienezza del tempo.
Il Regno di Dio si manifesta già in questo grido, in questa parola "Abbà, Padre", pronunciata dal profondo del cuore umano nella potenza dello Spirito di Cristo.
3. Oggi, nel primo giorno dell'anno nuovo, allarghiamo lo sguardo: cerchiamo, col nostro pensiero e il nostro cuore, di abbracciare tutti gli uomini che vivono sul nostro pianeta. Coloro ai quali è ormai giunto questo mistero e coloro che ancora non lo conoscono. Tutti. E a tutti pure, da questa soglia del tempo umano, vogliamo dire: Fratelli e sorelle, noi non siamo soltanto il "genere umano" che popola la faccia della terra, noi siamo una famiglia! "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre". Coloro che possono dire così - coloro che hanno lo stesso Padre - non sono forse una sola famiglia? Il Creatore ci ha sollevato dalla "polvere della terra" fino alla misura della sua "immagine e somiglianza". E rimane fedele a questo "soffio", che ha segnato l'"inizio" dell'uomo nel cosmo.
E quando nella potenza dello Spirito di Cristo, gridiamo a Dio "Abbà, Padre", allora, in questo grido, alla soglia del nuovo anno, la Chiesa esprime per mezzo nostro anche il desiderio della pace sulla terra. Essa prega così: "Il Signore rivolga su di te - umana famiglia in tutti i continenti, - il suo volto e ti conceda pace" (cfr. Nb 6,26).
4. "Dio mando il suo Figlio, nato da donna".
Dall'inizio della storia terrena dell'uomo cammina su questa terra la donna. Il suo primo nome è Eva, madre dei viventi. Il suo secondo nome rimame legato alla promessa del Messia nel Protoevangelo.
Il secondo nome, quello della donna eterna, attraversa le vie della storia spirituale dell'uomo e viene rivelato solo nella pienezza del tempo. E il nome "Myriam": Maria, la vergine di Nazaret. Sposa di un uomo il cui nome era Giuseppe, della casa di Davide. Maria, mistica sposa dello Spirito Santo! Infatti, "nè da volere di carne, nè da volere di uomo" (cfr. Jn 1,13) ma dallo Spirito Santo proviene la sua maternità.
La maternità di Maria è la maternità divina, che celebriamo durante l'intera ottava del Natale, ma in modo particolare oggi, primo gennaio.
5. Vediamo questa maternità di Maria attraverso "il bambino che giaceva nella mangiatoia" (Lc 2,16), a Betlemme, durante la visita dei pastori: i primi chiamati ad avvicinarsi al mistero che segna la pienezza del tempo.
Il lattante che giace nella mangiatoia doveva ricevere il nome "Gesù".
Con questo nome lo chiamo l'angelo all'annunciazione, "prima diessere concepito nel grembo della madre" (Lc 2,2). E con questo nome viene chiamato oggi, l'ottavo giorno dopo la nascita, nel momento prescritto dalla legge israelitica.
Il Figlio di Dio infatti è "nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge", così scrive l'Apostolo (cfr. Ga 4,4-5).
Quella sottomissione alla legge - eredità dell'antica alleanza - doveva aprire la strada alla redenzione mediante il sangue di Cristo, aprire la strada all'eredità della nuova alleanza.
6. Maria è al centro di questi avvenimenti. Rimane nel cuore del mistero divino.
Stretta più da vicino a quella pienezza del tempo, che si collega con la sua maternità, il segno rimane, in pari tempo, il segno di tutto ciò che è umano.
Chi più della donna è segno di ciò che è umano? In lei viene concepito, e da lei viene al mondo l'uomo. Lei, la donna, in tutte le generazioni umane porta in sè la memoria di ogni uomo. Perché ognuno è passato per il suo seno materno.
Si. La donna è la memoria del mondo umano. Del tempo umano che è tempo del nascere e del morire. Il tempo del trapassare.
E Maria pure è memoria. Scrive l'evangelista: "Maria da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).
Ella è la memoria originaria di quei problemi, che vive la famiglia umana nella pienezza dei tempi. Ella è la memoria della Chiesa. E la Chiesa assume da lei le primizie di ciò che incessantemente conserva nella sua memoria... e rende presente.
La Chiesa impara dalla Genitrice di Dio la memoria "delle grandi opere di Dio" compiute nella storia dell'uomo. Si. La Chiesa impara da Maria ad essere madre: "Mater Ecclesia"! 7. L'anno 1988 rinnoverà in modo particolare nella memoria della Chiesa una di queste opere di Dio. La ricorderà e la renderà presente. Ormai da tempo preghiamo la Genitrice di Dio perché sia in modo speciale con noi in quest'anno, durante il quale - dopo mille anni - renderemo grazie alla Santissima Trinità per il Battesimo che ebbe luogo sulle rive del Dniepr, a Kiev. Questo Battesimo apri la via per introdurre la luce di Cristo tra i molti popoli e nazioni dell'Europa orientale, diffondendola successivamente sino oltre gli Urali, in un lungo cammino di fede e di civiltà cristiana.
Tutte queste genti ritroveranno il loro inizio storico nel ricordo millenario del Battesimo ricevuto inizialmente dalla principessa Olga, la prima santa russa, accolto poi e promosso stabilmente tra il popolo della Russia dal principe san Vladimiro.
Condivideremo la gioia di questo inizio con tutti i figli e le figlie dei popoli russo, ucraino, bielorusso e di altri ancora.
Ed ormai oggi, nel giorno della sua maternità, ci rivolgiamo a lei, alla Genitrice di Dio, perché "serbi e mediti nel suo cuore" "tutti i problemi" di quei popoli, di quei fratelli e sorelle.
8. Dio mando il suo Figlio, "nato da donna". Mediante la nascita di Dio in terra partecipiamo alla pienezza del tempo.
E questa pienezza la compie incessantemente nei nostri cuori lo Spirito del Figlio, mandato dal Padre... Io Spirito del Figlio, che conferma in noi la certezza dell'adozione a figli. Ed ecco, dalla profondità di questa certezza, dal profondo dell'umanità rinnovata nella "deificazione" - come proclama e professa la ricca tradizione della Chiesa orientale - da questa profondità gridiamo, sull'esempio di Cristo: "Abbà, Padre". E così gridando, ognuno di noi costata che "non è più schiavo, ma figlio".
"E se figlio, è anche erede per volontà di Dio" (cfr. Ga 4,7).
9. Sai tu, famiglia umana, lo sai, di tutti i paesi e continenti, di tutte le lingue, nazioni e razze..., sai tu di questa eredità? Lo sai che essa è alla base della tua umanità? Dell'eredità della libertà filiale? Che ne abbiamo fatto di questa eredità nella nostra storia? Quale forma le abbiamo dato nella vita delle persone e delle comunità? Nella vita delle società, nella vita internazionale? Non abbiamo forse deformato l'eredità della libertà ricevuta dal Creatore e redenta dal sangue del suo Figlio? Non ne abbiamo forse abusato in diversi modi? Non usiamo forse di questa libertà disprezzando lo stesso Creatore, che ce l'ha donata? E non la usiamo forse anche contro di lui? 10. Gesù Cristo! Figlio dell'eterno Padre, Figlio della donna, Figlio di Maria, non ci lasciare in balia della nostra debolezza e della nostra superbia! O Pienezza incarnata! Sii tu nell'uomo, in ogni fase del suo tempo terreno! Sii Tu il nostro pastore! Sii la nostra pace!
Data: 1988-01-01 Data estesa: Venerdi 1 Gennaio 1988
Titolo: Dal mattino della vita fino al tramonto si levi nel canto l'invocazione a Maria
Testo:
1. La presenza in Roma dei "Pueri Cantores" qui convenuti da varie parti del mondo per il loro 23° Congresso internazionale, mi suggerisce di parlarvi, in questo consueto appuntamento mariano della domenica, della Madonna come ispiratrice della musica. E' un tema molto suggestivo, che richiederebbe un discorso ben più impegnativo.
Il pensiero va innanzitutto a Maria quale soggetto attivamente partecipe ai canti del suo popolo. Come ogni donna ebrea, credente e pia, fedele alla tradizione religiosa di Israele, Maria ha cantato le lodi del Signore, nei pellegrinaggi annuali al tempio e nelle assemblee cultuali presso la sinagoga di Nazaret; Maria ha cantato i salmi e gli inni della tradizione di Israele, così come è stata partecipe della preghiera e della lode a Dio della Chiesa nascente, raccolta intorno agli apostoli. In tal modo, si può ben dire, essa ha continuato ad elevare al Signore le espressioni di riconoscenza e di esultanza, già da lei espresse nel "Magnificat", e le ha trasmesse al nuovo Popolo di Dio, che si stava formando alla scuola del Vangelo. 2. Le parole del cantico di Maria, sono infatti entrate nella preghiera quotidiana della Chiesa, e fin dagli inizi sono divenute voce viva, che ha ispirato ampiamente la musica. Il canto del "Magnificat" risuona tuttora, nell'ora del Vespro, dalle umili chiese fino alle maestose cattedrali, sia nelle melodie ispirate del gregoriano che nelle composizioni solenni dei più noti musicisti.
Vorrei ricordare qui i nomi illustri dei polifonisti classici Pier Luigi da Palestrina, Orlando di Lasso, Tommaso Lodovico da Victoria, come quelli, non meno noti, di Vivaldi e di Bach.
3. Maria è poi invocata nel canto. Al riguardo, si deve ricordare, fra tutti, come un vertice della musica mariana, il Vespro della beata Vergine di Claudio Monteverdi, ove ai salmi si aggiungono l'"Ave Maris Stella", il "Magnificat", le invocazioni a "Santa Maria", la stupenda "Salve Regina". Nelle varie antifone mariane, nelle litanie e soprattutto nella Salve Regina e nell'Ave Maria, l'anelito della preghiera si fa intensamente vivo, a volte come segno di gioia, talvolta come appassionata e fiduciosa voce di pianto o d'invocazione alla Madre di Dio, quale Madre di misericordia. E come non ricordare, ancora, la commossa partecipazione al dolore di Maria, presente sotto la croce di Cristo, che grandissimi musicisti come Palestrina, Pergolesi, Mozart, Haydn, Rossini e tanti altri hanno sperimentato, meditando sulle parole dello "Stabat Mater"? La devozione alla Vergine ha davvero suscitato capolavori ed ha ispirato i più grandi geni della musica, arricchendo l'umanità di un patrimonio artistico che non è possibile ignorare.
4. Vi esorto, perciò, a tener viva nel canto la lode a Maria, unendo le vostre voci a tutte quelle che l'hanno onorata ed invocata lungo i secoli dell'era cristiana. Continuate ad alimentare questa lode alla Vergine! Dal mattino della vita, come già fate voi, "Pueri Cantores", che inneggiate alla gloria di Dio esprimendo con la musica la gioia di servirlo, si levi nel canto l'invocazione alla Madonna, fino al tramonto, quando l'Ave Maria raccoglierà l'ultimo respiro di questo nostro pellegrinaggio terreno, "nell'ora della nostra morte".
L'intera nostra vita sia un canto di lode a Dio e a colei che egli ha scelto come madre sua e madre nostra.
[Al termine della recita dell'"Angelus" il Papa rivolge il suo saluto a tutti i presenti e a tutti gli uomini con le seguenti parole:] Dopo aver pregato insieme Maria santissima, Madre di Dio e madre nostra, desidero rivolgere a tutti il mio augurio più cordiale di "buon anno"! Buon anno a voi, che siete venuti in piazza San Pietro a pregare con me: il Signore vi illumini sempre e vi accompagni nel cammino dell'anno nuovo! Buon anno a quanti sono con noi collegati mediante la radio e la televisione, e a tutti i componenti dell'umana famiglia: l'amore reciproco, la bontà, la pazienza, la comprensione uniscano sempre gli animi, per mantenere la concordia e superare le difficoltà! Nei giorni della gioia come in quelli del dolore nessuno mai dimentichi la bontà paterna di Dio e la sollecitudine amorevole della Vergine santissima. Auguri ai bambini, ai genitori, agli anziani! In modo particolare intendo augurare un anno apportatore di salute ai malati negli ospedali, nelle cliniche, nelle case e a coloro che in qualunque modo soffrono nello spirito e nel corpo: ogni giorno il Papa vi ricorda e prega per voi! Infine, con viva speranza voglio augurare buon anno a coloro che hanno responsabilità sui popoli e sulle nazioni: in nome di Dio, ascoltino l'anelito degli uomini alla pace, al giusto benessere, alla fratellanza, alla solidarietà, ai valori supremi e trascendenti! Iniziando l'anno nuovo a tutti dico con san Paolo: "Camminate nel Signore Gesù Cristo... ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie" (Col 2,6-7).
Auguri a tutti, con la mia benedizione!
Data: 1988-01-01 Data estesa: Venerdi 1 Gennaio 1988
Titolo: L'affidamento è l'unica risposta adeguata all'amore di una madre
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle.
1. Nel primo giorno dell'anno abbiamo contemplato la Vergine Maria nel mistero della sua maternità divina: la "Theotokos!" Oggi vorrei invitarvi a riflettere su Maria, Madre della Chiesa. L'una e l'altra maternità sono strettamente collegate.
Lo rilevava con rigore teologico il Papa Paolo VI, quando, nell'attribuire tale "soavissimo titolo" alla Vergine, disse: "Maria è la Madre del Cristo, il quale, non appena assunta la natura umana nel seno verginale di lei, congiunse in sè, in quanto capo, il suo corpo mistico, che è la Chiesa. Di conseguenza, in quanto Madre del Cristo, Maria è anche madre dei fedeli e dei pastori tutti, cioè della Chiesa" (Pauli VI "Allocutio tertia ss. Concilii periodo exacta", die 21 nov. 1964: Insegnamenti di Paolo VI, II [1964] 666ss) 2. Davanti al presepio, noi siamo invitati a riscoprire la consolante verità della maternità di Maria anche nei nostri confronti. E' una verità che Gesù stesso ha voluto proclamare al culmine della Passione, quando dall'alto della croce rivolgendosi rispettivamente alla Madre e al discepolo prediletto, esclamo: "Donna, ecco il tuo figlio... Ecco la tua madre" (Jn 19,26-27), delineando così il ruolo di Maria nella vita della Chiesa.
E' un ruolo materno che stabilisce per natura sua una relazione unica e irripetibile da persona a persona. Nell'enciclica "Redemptoris Mater" ho scritto: "Anche quando una stessa donna è madre di molti figli, il suo personale rapporto con ciascuno di essi caratterizza la maternità nella sua stessa essenza. Ciascun figlio, infatti, è generato in modo unico ed irripetibile, e ciò vale sia per la madre che per il figlio. Ciascun figlio viene circondato nel medesimo modo da quell'amore materno, sul quale si basa la sua formazione e maturazione nell'umanità (RMA 45).
3. Quale sarà dunque l'atteggiamento nostro verso colei che Gesù stesso ci ha dato per madre? L'atteggiamento non potrà essere che quello dell'apostolo Giovanni, del quale è detto: "E da quel momento il discepolo la prese con sè" (Jn 19,27).
Accogliere Maria nella nostra vita, affidandoci totalmente a lei: questo è ciò che la Madonna s'attende da ciascuno di noi. L'affidamento è l'unica risposta adeguata all'amore di una persona, e in particolare all'amore di una madre.
Con rinnovato slancio di filiale abbandono noi ci affidiamo stamane a Maria: la sua dolce immagine sorride a quanti entrano in questa piazza, dal mosaico che ho voluto fosse posto su una delle facciate del Palazzo Apostolico.
Esso s'ispira alla "Mater Ecclesiae", venerata in uno degli altari della Basilica di San Pietro. Con l'aiuto di lei noi vogliamo diventare discepoli sempre più fedeli del Figlio suo, che ci apre la via verso la casa del Padre.
Data: 1988-01-03 Data estesa: Domenica 3 Gennaio 1988
Titolo: Crescete nell'amicizia con Cristo attraverso l'ascolto della sua parola e l'aiuto al prossimo indigente
Testo:
Rivolgo un particolare saluto ed augurio ai giovani animatori e catechisti di Villafranca Padovana ed ai giovani e ragazzi dell'Azione Cattolica di Piovene Rocchette. Carissimi, mi è gradito dirvi innanzitutto il mio apprezzamento per i motivi di fede e di carità, che vi hanno condotti a Roma, e di cuore vi esorto a crescere nell'amicizia con Cristo, mediante l'ascolto diligente della sua parola, la costante attenzione e un fattivo aiuto al prossimo indigente.
Mentre affido a Maria santissima, sorgente e modello di autentica donazione, le vostre persone, con affetto vi rinnovo la mia benedizione, quale sostegno alla vostra volontà di bene.
Un saluto affettuoso, infine, a due gruppi parrocchiali: quello dei santi Pietro e Paolo apostoli di Carmagnola, in provincia di Torino, e quello dell'oratorio della parrocchia di san Giulio in Cassano Magnago, in provincia di Varese.
Vi ringrazio, cari fratelli e sorelle, per questo vostro segno di comunione, ed auspico che la fraterna collaborazione che vi lega nella costruzione della realtà parrocchiale possa sempre più consolidarsi ed allargarsi nel respiro della Chiesa universale.
Voglia anche per voi la santissima Madre di Dio esser larga nell'ottenervi tutte le grazie necessarie al vostro progresso spirituale, mentre di cuore vi benedico e vi seguo nella preghiera.
Data: 1988-01-03 Data estesa: Domenica 3 Gennaio 1988
Titolo: Da Gesù povero la più grande ricchezza: la grazia di Dio e la fede
Testo:
Vi saluto cordialmente in questo ambiente presso San Pietro, in questo incontro reso possibile dall'iniziativa del Circolo san Pietro, che ringrazio.
Ringrazio anche voi per la vostra venuta, per la vostra presenza, possiamo dire per la vostra visita in Vaticano.
Ho cercato di avvicinare ciascuno e, almeno brevemente, di parlare con ciascuno di voi. Ho conosciuto la situazione difficile in cui si trova ciascuno di voi, specialmente a causa della mancanza di lavoro: questo è un grande problema dei nostri tempi, problema sociale che deve essere affrontato certamente da tutta la società, ma anche la Chiesa da parte sua cerca di fare il possibile.
Incontrando queste persone senza lavoro e molte volte non soltanto senza lavoro, ma senza i mezzi per vivere, per mangiare, per dormire, molte volte senza casa, ho fatto una breve indagine e sono uscite le cose più fondamentali della esistenza umana. Naturalmente non ho potuto dare subito una risposta e, tanto meno, una soluzione, per queste situazioni difficili, ma soprattutto ho cercato di conoscere; vedremo poi con i nostri collaboratori, specialmente con quelli che tanta generosità hanno dimostrato finora, come rimediare. Non si può trovare una soluzione generale perché ogni persona ha una situazione diversa, problemi diversi e anche bisogni diversi: allora si deve cercare la soluzione, caso per caso, persona per persona.
Grazie a Dio ci possiamo incontrare qui, possiamo incontrarci ad una mensa per consumare insieme una cena in questo periodo natalizio. In questo periodo la Chiesa e anche tutta l'umanità si ricordano di Gesù neonato a Betlemme.
Ciò che ci dà una consolazione, ci porta un incoraggiamento è il fatto che anche lui, il Figlio di Dio, è nato fuori casa, era il primo che si trovava senza tetto; dovette servire una semplice stalla come luogo della sua nascita terrena.
Ricordando questo, possiamo dire che ci troviamo nella stessa linea o, piuttosto, lui, Gesù, si è trovato nella stessa linea di tutti quelli che sono senza casa e senza altri mezzi per vivere. E questo io voglio ricordare, incontrandomi oggi con voi.
D'altra parte bisogna sapere sempre che la povertà in cui è nato Gesù, essendo egli povero, ci ha portato una grandissima ricchezza, la più grande che l'uomo e l'umanità abbiano mai avuto: questa ricchezza viene da Dio ed è la grazia di Dio, la fede. Ho trovato tra voi parecchie persone che mi hanno confessato la loro fede profonda e la loro fiducia immensa nella Provvidenza divina. Certamente, non sempre l'uomo con le sue sole forze può risolvere tutto in questa vita; questa fede profonda nella Provvidenza è una ricchezza vera, una forza che ci permette di portare avanti la vita anche in condizioni precarie, difficili. Vi auguro, subito all'inizio del nostro incontro, di questo pasto comune, il miglioramento delle condizioni della vostra vita. Auguro anche che la Chiesa di Roma, per parte sua, possa contribuire a questo miglioramento. Ma vi auguro nello stesso tempo quella forza che viene dalla fede, dalla grazia di Dio, quella forza che ci ha portato un povero: un povero ai poveri, Gesù povero a ciascun povero del mondo, di Roma, dappertutto.
Vi auguro queste due cose e con questi due auguri che mi sembrano più opportuni in questo momento vi invito a consumare il pasto con me.
[Al termine della cena il Papa ha così proseguito:] Sono molto contento per questo incontro e per aver potuto partecipare a questa cena all'inizio dell'anno nuovo. Ripeto che non è facile risolvere i diversi problemi difficili in cui siete coinvolti, ma è almeno utile conoscerli.
E poi si devono cercare le strade per migliorare la vita perché noi siamo tutti consapevoli di quello che vuol dire Gesù Cristo: Dio-uomo, Dio che si è fatto uno di noi, nostro fratello. Sappiamo anche che alla fine del mondo, lui sarà nostro giudice, da fratello. E questo giudizio verterà sul modo in cui abbiamo saputo essere fratelli gli uni per gli altri. così essendo fratelli per gli altri, per le diverse persone, specialmente per i sofferenti, per i poveri, siamo stati fratelli anche per lui. Lui si identifica con ciascun uomo, specialmente con l'uomo che soffre, l'uomo povero. Questo è il suo programma.
Allora per me che voglio essere il suo servo e il suo apostolo è molto importante conoscere questa realtà, almeno in parte.
Sono molto grato a tutti quelli che hanno questo spirito di generosità fraterna verso i bisognosi, ma penso che questa generosità debba sempre crescere perché non è mai sufficiente. Sembra che i bisogni dei nostri fratelli ci sorpassino, che siano più grandi dei mezzi che noi portiamo, soprattutto nei nostri cuori. Sono convinto che nel mondo intero, in Italia, a Roma, dappertutto, i mezzi materiali ci sarebbero. Molte volte manca quel mezzo principale che si chiama cuore umano, sensibilità umana, ciò che costituisce anche il centro propulsivo della fraternità, dell'essere fratello per i fratelli; quello che ci ha portato Gesù con il suo cuore, con il suo amore. Vi ringrazio per la vostra presenza, per avermi dato la possibilità di una nuova esperienza, di nuove riflessioni, di un nuovo senso di responsabilità pastorale, ma soprattutto di avermi dato momenti di fratellanza.
Mi sono sentito bene con voi e spero di potervi incontrare ancora qualche volta. E vero che vi sono molti e diversi impegni nella vita del Papa ma, forse, Gesù una volta non chiederà al Papa: "Tu hai parlato con i ministri, con i presidenti, forse con i Cardinali, con i Vescovi. Non hai trovato il tempo per incontrarti con i poveri, con i bisognosi?". E allora sarà più importante questo incontro di tanti altri.
Così, vi auguro "Buon Anno", nonostante tutto. Le condizioni sembrano non tanto buone, le condizioni esterne: economiche, materiali, esistenziali. Ma queste condizioni non sono ancora tutto, sono importanti, ma più importante è quello che l'uomo porta in sè: il suo cuore e la sua fede e la sua fiducia nella Provvidenza divina.
Auguro a voi e auguro anche a noi tutti, alla società romana, alla Chiesa di Roma, auguro a tutti un miglioramento per tutti; che la vita in questa città, in questa capitale moderna di uno stato moderno, e nello stesso tempo in questo centro del cristianesimo mondiale, della Chiesa, che la vita sia anche più umana per quanto possibile.
Questi sono i miei auguri per voi e per noi tutti. Vi offro la benedizione nel nome della Santissima Trinità.
Data: 1988-01-03 Data estesa: Domenica 3 Gennaio 1988
Titolo: La pace, dono di Cristo per tutti gli uomini
Testo:
Cari amici.
Sono lieto di accogliervi a Roma. E' sempre una gioia per me incontrare dei giovani che servono il proprio paese e desiderano fare visita al Papa quando il loro dovere li porta oltremare. E' poi una gioia particolare incontrare oggi dei membri della sesta flotta americana, nel giorno in cui la Chiesa degli Stati Uniti ricorda la prima santa americana indigena, Elizabeth Ann Seton.
In questo periodo celebriamo la nascita di Gesù Cristo, che è il principe della pace. Il mondo è ricolmo di gioiosa speranza al pensiero di una pace vera e duratura per tutti. Pace è il messaggio proclamato dagli angeli ai pastori di Betlemme. Ma come ci ricordano le Sacre Scritture, il Redentore è nato in un mondo oscurato dal peccato e dalla morte, come si vede nel massacro degli innocenti da parte del re Erode e nella profezia fatta alla Madre di Gesù: "E a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35).
Solo dopo la morte e la risurrezione di Gesù noi arriveremo a capire la pace che egli porta al mondo. Accettando la croce con amore perfetto, Gesù rivelo il cammino alla riconciliazione con Dio e il prossimo. Perdonando anche i suoi carnefici, distrusse l'odio nel mondo.
Voi stessi sapete che la luce di Cristo continua a splendere nelle tenebre del peccato e della morte, nelle tenebre dell'umana sofferenza e della violenza senza significato.
Dobbiamo credere nella pace - per noi e per il mondo - la pace che comincia nel nostro cuore quando rinunciamo all'odio e al male e cerchiamo di superare il male con il bene. Non dobbiamo smettere di sperare nel messaggio del Natale. Dobbiamo riconoscere che la pace è l'eredità che Cristo ha guadagnato per noi, e perciò è possibile.
So che in questo periodo il vostro pensiero e la vostra preghiera sono con i vostri cari a casa e con i giovani tra voi che di recente sono stati feriti o uccisi e con le loro famiglie. Mi unisco a voi nella preghiera per loro e per tutti coloro che soffrono oggi nel mondo.
Su ciascuno di voi invoco la pace, dono di Dio, così che come Cristo possiate superare il male con il bene. Sia la pace nei vostri cuori e nelle vostre case e in tutta l'America.
Data: 1988-01-04 Data estesa: Lunedi 4 Gennaio 1988
Titolo: Al servizio dei poveri e degli umili per realizzare il comandamento della carità
Testo:
Carissimi amici del "Circolo san Pietro".
Con grande gioia anche quest'anno vi accolgo in questo breve ma significativo incontro, in occasione delle festività natalizie e di capodanno, e vi porgo il mio cordiale benvenuto. Ringrazio il nuovo presidente, professor marchese Giovanni Serlupi Crescenzi, per le cortesi parole rivoltemi, e desidero salutare con lui il benemerito marchese Giulio Sacchetti, che è stato presidente generale per due quadrienni.
La mia sentita riconoscenza si estende a tutti voi, soci del "Circolo", sia per l'aiuto concreto che portate alla Santa Sede mediante l'"Obolo" raccolto annualmente in Roma, sia per le opere di carità che compite in questa Città.
Infatti da ormai più di un secolo, il vostro sodalizio, oltre al servizio d'onore prestato nelle cerimonie pontificie, è al servizio dei poveri e degli umili, realizzando in modo fattivo il comandamento della carità. Mi piace sottolineare particolarmente la "Commissione Cucine Economiche", che nei quattro luoghi dislocati nella città ha offerto nel passato anno centoventimila pasti gratuiti, la "Commissione Case Famiglia", e l'"Asilo Notturno" che dà rifugio a tanti bisognosi.
Sono opere, queste, che commuovono profondamente e che stimolano a fare sempre più e sempre meglio, costatando che in realtà c'è sempre da amare perché ci sono sempre fratelli che soffrono. La società moderna, pur con le sue conquiste tecniche e sociali, non riesce ad eliminare il dramma di tante esistenze povere ed emarginate; e poiché continuamente si avvera la parola di Cristo: "I poveri li avrete sempre con voi!" (Mt 26,11), si percepisce la necessità di praticare sempre il "comandamento nuovo": "Amatevi come io vi ho amati".
In tema di carità e di amicizia, mi è caro ricordare la cena che ieri sera è stata da voi apprestata per un buon numero di fratelli e sorelle bisognosi nei locali dell'Ospizio santa Marta in Vaticano, a cui ho voluto partecipare anch'io: è stato un gesto di amore e di affetto, che se ha potuto solo per un istante far dimenticare a quei nostri fratelli la loro miseria e solitudine, tuttavia ha voluto ricuperarli alla speranza; e ci ha spinto a rompere le mura dell'egoismo, mettendoci tutti a servizio gli uni degli altri, sull'esempio di Cristo, nostro maestro.
Insieme con voi desidero ringraziare il Signore che suscita nei vostri animi tanta generosità e tanto spirito di dedizione: continuate a vedere in ogni persona un fratello in Cristo che deve essere capito, aiutato, amato! Voi sapete che la religione cristiana-cattolica esige tre fondamentali realtà: prima la fede in tutto ciò che Gesù ha rivelato e che la Chiesa insegna con il suo magistero autentico e perenne; poi la vita in "grazia" di Dio, praticando tutta la legge morale naturale e rivelata; e infine l'impegno nella carità, affinché la testimonianza della carità renda credibile la dottrina! E' questa una formidabile responsabilità davanti a Dio ed agli uomini; ma è anche una consolante condizione. Siamo tutti poveri e nello stesso tempo dobbiamo essere tutti anche buoni samaritani! Vi esprimo pure il mio vivo compiacimento per la partecipazione che vorrete prendere al Sinodo diocesano della diocesi di Roma, nelle forme indicatedalle competenti istanze, come per la vostra fervorosa adesione allo spirito e alle iniziative dell'anno mariano in corso.
Ripensando al sublime avvenimento del Natale, che abbiamo commemorato meditando con gioia sul dono supremo che Dio ha fatto agli uomini con l'incarnazione del Verbo, divenuto così nostro amico e compagno di strada nel cammino verso la patria del cielo, vi esorto, cari soci, a perseverare nella vostra opera di formazione culturale e spirituale, nella coerenza di vita e nell'impegno della carità: rimanete fedeli e fermi nel vostro spirito di preghiera, di azione e di sacrificio! Fate in modo che, ovunque si svolga la vostra vita familiare e professionale, risplenda la luce della vostra fede, lieti e sereni per la testimonianza di cristiani.
Augurando anche a voi un sereno anno nuovo, nella pace e nella consolazione del Signore, vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo volentieri ai vostri familiari ed alle persone care!
Data: 1988-01-04 Data estesa: Lunedi 4 Gennaio 1988
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