GPII 1988 Insegnamenti - Alla Plenaria del Segretariato per i non-credenti - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: La crisi della mentalità neo-scientista apre nuovi spazi al dialogo vitale tra la Chiesa e la società post-moderna
Testo:
Signori Cardinali, cari fratelli nell'episcopato, cari amici.
1. Sono felice di ricevervi nell'occasione dell'assemblea plenaria del Segretariato per i non-credenti, riunita sotto la presidenza del Cardinale Paul Poupard, che aveva come tema di riflessione: "Ideologie, mentalità e fede cristiana".
Avete scelto questo tema per mettere a fuoco meglio il complesso fenomeno dell'ateismo, della non-credenza e dell'indifferenza religiosa e per scoprire le motivazioni profonde dell'uomo contemporaneo.
2. Le ideologie, nate dalle lotte sociali e dalle utopie atee del XIX secolo, manifestano ancora vigore in alcune zone del mondo, tuttavia esse tendono a ristagnare o indebolirsi, anche là dove godono di una posizione ufficiale. Di contro, un'ondata di secolarizzazione si è diffusa per tutto il mondo. Si manifesta nelle società consumiste nell'edonismo, il pragmatismo e la ricerca del successo, senza considerazione per le norme etiche, nel non riconoscimento del carattere sacro della vita. Tutto questo troppo spesso porta al relativismo morale e all'indifferenza religiosa. In sostanza, come bene dimostrano le vostre richieste, si può dire che ci sono meno atei dichiarati, ma più non-credenti, persone che vivono come se Dio non esistesse e che si collocano al di fuori della problematica fede-non credenza, essendo Dio come scomparso dal loro orizzonte esistenziale.
Nello stesso tempo, è apparso un nuovo tipo di mentalità neo-scientista, che tende a ridurre l'attività della ragione alla sola razionalità scientifica. In questa prospettiva riduttiva, il resto dell'attività umana non dipenderebbe perciò che dal sentimento. Ancora, l'atto di fede non sarebbe che un'opzione gratuita non fondata sulla ragione. La struttura ragionevole dell'atto di fede è così svalorizzata come un modo non pertinente di conoscenza simbolica, nell'ottica di una razionalità che si ritiene la sola attività spirituale rigorosamente "scientifica".
3. Questa visione, che è abbastanza generalizzata negli ambienti scientifici e che impregna largamente di sè la mentalità popolare influenzata dai media, tende pero a perdere la sua sicurezza. Questo perché il disinganno del progresso tecnologico è sempre più frequente. L'intervento dell'uomo sulla natura non rischia forse di provocare, a un ritmo accelerato, delle catastrofi ecologiche come quelle che i media ci hanno fatto conoscere negli ultimi anni? Per non parlare del pericolo di una esplosione termo-nucleare e dei rischi delle manipolazioni genetiche.
4. Davanti a questi interrogativi angosciosi, che rimettono in causa i postulati della mentalità scientifica e tecnologica, nuovi spazi si aprono per il dialogo tra la Chiesa e quella che già viene chiamata la post-modernità. Per la sua esperienza imparagonabile, per il suo messaggio universale, per la sua saggezza millenaria attinta alle fonti della rivelazione, la Chiesa è sempre più chiamata a proporre, in nome dell'antropologia che le è propria, la sua visione integrale dell'uomo, come persona libera e responsabile, a immagine e somiglianza di Dio.
Essa si sforza di illuminare le molteplici iniziative che nascono dalla coscienza inquieta dei nostri contemporanei a favore della pace, del rispetto della natura, dello sviluppo integrale e solidale, dei diritti dell'uomo. Essa si sforza di dare un'anima ai cambiamenti culturali nel campo del pensiero, della creazione artistica e della ricerca scientifica. Di fronte ai mutamenti di un mondo sconvolto da una rivoluzione scientifica e tecnica senza precedenti, davanti alla non-credenza e all'immanentismo antropologico che ne sono spesso, di fatto, le conseguenze, la Chiesa non cessa di aprire le prospettive della trascendenza.
Così, ella serve i genuini valori e impedisce che il progresso tecnologico si ritorca contro l'uomo.
Ecco quindi tutto l'interesse dei vostri incontri con i non-credenti, nello spirito del Concilio Vaticano II (cfr. GS 12), per discutere con loro su che cosa sia veramente l'uomo, il suo vero bene, le esigenze di un autentico progresso umano, le condizioni della sua vita personale e sociale in armonia con la sua natura profonda. Voi l'avete fatto a Ljubljana e a Budapest. Lo farete ancora, in futuro.
5. Per quanto riguarda l'ateismo, la non-credenza e l'indifferenza religiosa, la Chiesa ha preso maggiore coscienza di questo grande dramma del nostro tempo e della sfida che esso rappresenta. Ma le vostre inchieste, mentre mostrano senza compiacimento la crescita dell'ateismo pratico, accompagnato spesso dal senso di angoscia e solitudine, rivelano nello stesso tempo il permanere nell'uomo del bisogno religioso e il suo rinascere anche là dove questa dimensione fondamentale dell'esistenza sembrava definitivamente nascosta e quasi sepolta sotto le occupazioni invadenti di una vita tutta materiale.
6. Anche nel cuore delle società più secolarizzate, sorge una nuova generazione di credenti, assetata di punti di riferimento etici e di valori religiosi permanenti, che cerca forme nuove per esprimere la fede: piccole comunità e grandi raduni, celebrazioni festive, pellegrinaggi, solida formazione biblica e teologica, gruppi di preghiera e di riflessione.
Questi uomini e queste donne, riuniti dall'amore di Cristo, danno ogni giorno viva testimonianza che ogni essere umano, in qualunque situazione sia, è amato personalmente da Dio, è personalmente chiamato a condividere la sua vita.
Questo è il dialogo della vita dei credenti con i non-credenti. E questo dialogo è vitale.
7. Per l'uomo moderno, che spesso non crede più alla vita dopo la morte, avvolto nei fumi delle ideologie terrene che riducono i suoi desideri alle realtà visibili e tangibili, questi cristiani sono la viva testimonianza e la prova sperimentabile dell'amore e della speranza manifestati in Gesù Cristo morto e risorto.
Quest'amore e questa speranza devono essere inscritti nel cuore e nella vita quotidiana dei cristiani che, nelle loro diverse realtà, devono mettere in pratica l'annuncio di liberazione delle beatitudini. Sono le comunità cristiane vive, i laici, i religiosi e le religiose, con i sacerdoti intorno ai Vescovi, a parlare in modo credibile all'uomo di oggi secolarizzato di una luce diversa dallo splendore delle cose visibili, di una gioia diversa dalla felicità terrena. In questo mondo del nichilismo, della solitudine e della frustrazione, la testimonianza delle beatitudini è estremamente importante: attraverso l'esperienza fraterna dell'oggi, apre alla speranza di un'altra vita, all'affermazione di un avvenire senza limiti: i cieli nuovi e la terra nuova in cui "non ci sarà più la morte, nè lutto, nè lamento, nè affanno, perché le cose di prima sono passate... E chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita" (cfr. 22,17).
8. Fratelli e amici, membri e consultori del Segretariato per i non-credenti, senza dimenticare i collaboratori del Segretariato a san Callisto, vi ringrazio del difficile lavoro che fate. Per la Chiesa oggi è necessario. Continuate a indagare la complessa realtà dell'ateismo contemporaneo, impressionante, sotto tutte le forme ed espressioni. Si tratta di un'opera di chiarificazione intellettuale e di sensibilizzazione pastorale. L'assemblea plenaria vi consente di conoscere meglio le preoccupazioni della Chiesa nei diversi ambiti culturali dove si trova ad affrontare la non-credenza. Vi trovate a incontrare molteplici esperienze di dialogo. Mi auguro che questi scambi di vedute siano di stimolo per tutti e permettano al Segretariato di svolgere meglio la sua missione di coordinamento e di iniziativa.
Continuate il dialogo con i non-credenti e con coloro che si presentano spesso sotto un'apparente indifferenza. Abbiate negli occhi e nel cuore ciò che ho affermato nell'enciclica "Dominum et Vivificantem" (cfr. DEV 56-57). In ogni uomo si svolge un dramma: o accoglie o respinge Dio, cedendo alle lusinghe del "padre della menzogna". L'ateismo, nel cuore dell'uomo, non è anzi tutto l'effetto di una teoria più o meno capziosa, l'ateismo è una scelta. Una scelta nel profondo della coscienza, in un momento della vita.
Chi può dire come è avvenuto che chi si dichiara indifferente sia giunto a disinteressarsi del senso della sua vita e del mistero della sua morte? Penso con angoscia a questi milioni di uomini e donne, e con speranza al dialogo perseverante dei cristiani con loro.
Cari amici, la fede cristiana ci fa vedere in ogni uomo un fratello, qualsiasi siano le sue convinzioni, un uomo che Dio chiama per nome e invita a vivere la sua vita, un uomo cui, in tanti modi diversi, Dio non cessa di offrire il suo amore. Di qui il carattere serio, drammatico del dialogo con il non-credente. Che il Signore vi permetta di svolgere il vostro compito, difficile e necessario, e di aiutare i membri della Chiesa in questo impegnati. In questo anno mariano, affido questa grave preoccupazione alla Vergine Maria, "colei che ha creduto" (Lc 1,45).
Vi do la mia apostolica benedizione.
Data: 1988-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1988
Titolo: Consolidare la comunione per rinvigorire la missione
Testo:
Venerato fratello nell'episcopato, carissimi sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli della diocesi di Piacenza!
1. Sono molto lieto di ricevervi qui, presso la tomba del Principe degli apostoli, alla quale avete voluto venire in pellegrinaggio per implorare luce e forza in occasione del Sinodo che si sta svolgendo nella vostra antica e nobile Chiesa. Vi saluto cordialmente e vi incoraggio a proseguire generosamente nell'impegno di rinnovamento che un evento come il Sinodo comporta. Fa parte del "ministerium petrinum" il compito di "confermare i fratelli" nella fede (cfr. Lc 22,32), giacché spetta al successore di Pietro - come ha ricordato il Concilio - di essere "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede" (LG 18) di tutta la Chiesa nel pellegrinaggio terreno.
La vostra visita è - in un certo senso - una tappa di questo cammino di fede, che per essere autentico non può non trovare nella Cattedra di Pietro il suo sicuro punto di riferimento.
Saldi vincoli hanno da sempre legato la vostra Chiesa a quella romana, a cui essa ha dato, nel secolo XIII, un degno pastore nella persona di Gregorio X, il quale si adopero intensamente per la causa dell'unione dei cristiani, per favorire la quale indisse un Concilio: il Lugdunense II, del 1274. Nel contesto dei rapporti tra la vostra Chiesa e quella di Roma, desidero ricordare l'apprezzata opera di Cardinali e Presuli piacentini, che hanno svolto e ancora svolgono delicate mansioni a servizio della Santa Sede; sento il dovere di ricordare, in particolare, i Cardinali Agostino Casaroli, mio segretario di Stato, Mario Nasalli Rocca di Corneliano, Opilio Rossi e Silvio Oddi, come anche l'Arcivescovo Luigi Poggi, Nunzio Apostolico in Italia.
Allargando poi lo sguardo all'impegno della Chiesa piacentina per la causa del Regno di Dio nel mondo, mi è caro ricordare i tanti Presuli, sacerdoti, religiose, religiosi e laici, che, fedeli al mandato ricevuto, si sono spesi generosamente per l'annunzio del Vangelo: gli uni consolidando la Chiesa in patria; gli altri contribuendo a fondare nuove Chiese nelle terre di missione; altri ancora prendendosi cura degli emigranti, che, soprattutto alla fine del secolo scorso e nella prima metà di questo secolo, si recavano in altri Paesi per trovare lavoro; altri infine andando in aiuto alle Chiese particolari dei Paesi in via di sviluppo.
Sono, questi, altrettanti segni della vitalità cattolica della Chiesa piacentina, che si manifesta pure nei suoi tre seminari, un tempo così ricchi di candidati al sacerdozio ed ora protesi - voglio sperarlo - verso una vigorosa ripresa, nonostante le difficoltà del momento.
Di questa vitalità si può trovare inoltre una significativa testimonianza nel contributo dato alla cultura cattolica, filosofica e teologica, da provvide istituzioni quali il Seminario Urbano e il Collegio Alberoni e dalla pubblicazione, già dai tempi di Leone XIII, della rivista di filosofia e di teologia "Divus Thomas".
2. La vostra Chiesa, con la celebrazione del Sinodo, sta ora vivendo un momento forte della sua storia. La finalità' di tale evento ecclesiale è stata chiaramente indicata dal vostro Vescovo, il quale, in occasione della Pentecoste del 1985, manifestava l'intenzione di convocare "l'assemblea solenne e straordinaria dei membri della Chiesa - sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne - ...per aiutare il Vescovo a far crescere nella fedeltà al Vangelo e nel servizio all'uomo il Popolo di Dio che è in Piacenza".
All'annuncio solenne del Sinodo, dato all'inizio dell'Avvento del 1986, è seguita una fase di preparazione e di sensibilizzazione, sfociata nell'indizione ufficiale all'inizio della Quaresima del 1987. E' ora in atto la fase di programmazione, di consultazione e di elaborazione delle proposte, che saranno poi esaminate in occasione della vera e propria celebrazione.
Il Sinodo diocesano, nella sua realtà teologica ed ecclesiologica, è un "evento di Chiesa". Ora, la Chiesa è una comunione per la missione, giacché - come dice il Concilio Vaticano II - essa è "in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1).
Il Sinodo deve perciò essere visto come un momento di consolidamento della comunione per il rinvigorimento della missione.
La rivitalizzazione della fede, di cui oggi è tanto sentita la necessità, non può non passare attraverso una rievangelizzazione ed un rilancio dell'impegno di apostolato, necessariamente missionario ed ecumenico, nel suo triplice aspetto di primo annuncio, di catechesi, di santificazione ed animazione delle realtà temporali col lievito evangelico.
Solo così la Chiesa può realizzarsi come comunità visibile dei credenti in Cristo, che annunzia, testimonia ed opera la salvezza dell'uomo nella sua dimensione sia personale che comunitaria.
3. Pur nelle complessità e nelle difficoltà odierne, la Chiesa è e deve continuare ad essere "città posta sul monte" (Mt 5,14), "sale della terra e luce del mondo" (Mt 5,13).
Giustamente, perciò l'itinerario sinodale prevede quest'anno, come tema particolare, l'ascolto di Dio e l'ascolto dell'uomo attraverso l'assimilazione della costituzione conciliare "Dei Verbum" ed una ricerca socio-pastorale riguardante le aree vitali della vocazione e missione della vostra Chiesa particolare.
E', infatti, la parola rivolta da Dio all'uomo e da questi accolta che convoca la Chiesa, la nutre, la edifica, la consolida. E questa parola è rivolta all'uomo nella concretezza della sua situazione esistenziale: il che suppone un atteggiamento di grande attenzione per tutte le componenti che incidono sulla sua quotidiana esperienza.
Tale attenzione, tuttavia, non deve mai andare a scapito dell'impegno di ogni singola comunità per un coraggioso recupero della propria identità, così che il mondo possa sempre riconoscere la Chiesa come "tabernaculum Dei cum hominibus", come presenza di Dio nel mondo per la sua salvezza in Cristo.
Ciò vale specialmente per questo nostro tempo che, nonostante le molte manifestazioni di autentico cristianesimo, non è immune dalle contaminazioni del secolarismo, che si esprime in visioni del mondo aliene, anzi contrastanti con quella cristiana.
4. Nella mia prossima visita alla vostra diocesi avro modo di approfondire la conoscenza di essa e di entrare in tematiche più direttamente attinenti alla vostra vita cristiana.
Ho voluto tuttavia fin d'ora incoraggiarvi nel vostro cammino sinodale, giacché esso costituisce una tappa molto importante nell'itinerario della vostra Chiesa in vista della progressiva attuazione del mistero della salvezza, che avrà nel finale ed irreversibile inserimento nel Cristo risorto il suo pieno compimento.
Come ho scritto nell'enciclica "Redemptoris Mater", guida e modello del pellegrinaggio del Popolo di Dio nella storia è colei, alla quale - assunta in cielo - è dedicata, fin dai primi secoli del secondo millennio cristiano, la vostra splendida Cattedrale e che è teneramente venerata dai fedeli piacentini nelle varie chiese e cappelle a lei dedicate. Della vostra devozione a Maria è anche espressione il pellegrinaggio che nell'ambito di questa visita alla Città Eterna, avete compiuto alla Basilica di santa Maria Maggiore, così cara ai cattolici di Roma e di tutto il mondo.
Sia Maria sempre presente nella vostra mente e nei vostri cuori come colei che guida a Cristo ed esorta a fare tutto ciò che egli dice.
Nel "segno di Maria", in questo anno a lei dedicato, imparto a voi ed ai vostri cari la mia benedizione apostolica.
Data: 1988-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1988
Titolo: Nostra Signora d'Africa: una speranza per tutto il continente
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle.
1. Oggi vogliamo andare in pellegrinaggio al Santuario mariano di Abidjan, nella Costa d'Avorio, che porta il nome di "Nostra Signora d'Africa, Madre di tutte le grazie". E' un titolo che racchiude una speranza, un impegno di evangelizzazione, una forma di consacrazione per tutto il continente africano.
Il Santuario è recentissimo: è stato inaugurato appena un anno fa, nel febbraio 1987. Io stesso, in occasione della mia visita pastorale in quelle terre, ne ho benedetto la prima pietra. L'edificio, realizzato anche col contributo di generosi sacrifici delle comunità cattoliche locali, ha un'architettura dal profilo lanciato verso l'alto, come un dito che voglia indicare il traguardo del cielo.
2. All'ingresso del Santuario si leggono, scolpite a grossi caratteri, le parole evangeliche di Maria: "Io sono la serva del Signore" "Fate tutto quello che vi dirà".
L'interno del tempio, illuminato da grandi e belle vetrate, si apre su un ampio anfiteatro, ove si celebrano le funzioni con maggior concorso di fedeli.
Sia la cupola elicoidale che sovrasta il Santuario, sia l'immagine in cemento che svetta sulla sommità, sono visibili a lungo raggio da quanti percorrono le strade adiacenti e, illuminate di sera, appaiono come un segno sensibile della materna presenza di Maria nella regione.
La Vergine Madre, colà venerata, è raffigurata da una statua in legno pregiato, opera d'un giovane scultore del Paese. Con le sembianze di una fanciulla della Costa d'Avorio, Maria è in piedi, alta e slanciata. Ma la pettinatura e la lunga fascia laterale che la cinge, con l'estremo lembo piegato sul braccio sinistro, non appartengono a nessuna etnia particolare. Amabile e sorridente, presenta il Bambino Gesù che si protende verso i fedeli con le braccia aperte.
3. L'artista ha voluto significare, così, una profonda verità teologica: il Figlio di Dio è nato da una donna e ci viene donato da una donna, che si chiama Maria.
I gesti materni di lei sono di una ammirabile spontaneità. La sua giovinezza vuole significare che ella, non toccata dal guasto del peccato, appartiene a tutte le epoche della storia, ed è, come il Figlio, a noi contemporanea. Il suo sorriso indica la pace la gioia dell'anima, l'abitudine alla contemplazione interiore, l'amore di Dio, che di lei ha fatto il santuario privilegiato dello Spirito Santo.
4. Maria è oggi nella gloria beatificante di Dio in anima e corpo. Ma resta sempre per noi la donna che, da Betlemme, a Nazaret, a Gerusalemme, ha vissuto sulla terra come noi. Noi la raffiguriamo giustamente come partecipe delle caratteristiche di ogni popolo, e quindi anche come donna africana, madre amorosa, vicina in ogni luogo a ciascuno dei suoi figli. Ella continua a darci suo Figlio, perché non conserva per sè nessuno dei doni ricevuti da Dio. Dà tutto ciò che ha avuto, e dona se stessa con materno incomparabile amore.
In quest'anno mariano preghiamo che tutta l'Africa, continente della speranza, possa aprirsi sempre più, a passi affrettati, alla luce e all'amore del Salvatore degli uomini.
Data: 1988-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1988
Titolo: Parrocchia di san Damaso a Monteverde
Testo:
[Il primo saluto alla comunità parrocchiale] Voglio ringraziare il parroco per le parole che mi ha rivolto. Inizio questo incontro salutando tutti i presenti, tutta la comunità sparsa nelle case, in tutte le case. Tutti si sentano abbracciati da questa visita. Mi sento successore di san Pietro e di san Damaso. Compio visite pastorali fuori Roma, in Italia e nei vari continenti. Mi chiamano le Chiese che sono in tutto il mondo e ringrazio Iddio di poterlo fare. Ma, il mio primo compito è quello di essere Vescovo di Roma. Sono un Vescovo di Roma venuto da lontano. Ora sono dieci anni.
Insieme dobbiamo fare la Chiesa di Roma. Ed il modo proprio per fare insieme questa Chiesa è di calarla nel nostro tempo. La Chiesa continua nei secoli per portare Cristo al mondo, il suo Vangelo; portare la sua croce; annunciare la sua morte e la sua risurrezione gloriosa. E questa la testimonianza più grande ed è questo un augurio che auspico per tutti voi: anziani, malati, giovani e bambini: continuare a vivere in questo mistero che porta alla Pasqua di risurrezione.
[Ai bambini e ai ragazzi della parrocchia] I bambini con i fiori in mano sembrano quasi avvertirci che andiamo verso la primavera. Tutto ricomincia a fiorire perché viene il sole, viene la pioggia. E fioriscono prati e giardini. E' un'energia della grazia di Dio che fa fiorire anche la nostra umanità, la nostra anima umana che deve crescere, aprirsi, trovare le forze per arrivare ad un bene destinato alla persona umana, alla persona cristiana.
Poi ho pensato a questa palestra. In questo luogo molti giovani possono fare gli esercizi corporali. Si vede come i vostri giovani corpi sono capaci di arrivare anche a grandi successi ginnici ed artistici. Mi congratulo con tutti voi, giovani, che avete ottenuto questi traguardi con il vostro esercizio. Senza esercizio non si arriva a raggiungere nessuna meta... Anche per crescere umanamente, cristianamente, per crescere nella grazia di Dio e nelle virtù ci vuole esercizio non solo del corpo, ma dello spirito, del nostro intelletto, della nostra volontà. Ci vuole uno sforzo per diventare un artista delle virtù, un artista della santità. Vi auguro di fare questi esercizi, di fare certi sforzi non soltanto corporali. Vi auguro di diventare non solo artisti della ginnastica e delle acrobazie. Vi auguro di compiere questi sforzi spirituali per diventare più uomini e più cristiani.
Terzo pensiero. Il rapporto parrocchia-famiglia. Genitori, catechisti e catechiste insieme con voi fanno un cammino. La famiglia è il primo nucleo, il primo ambiente in cui questo sforzo per educare un essere umano o una giovane vita, per farla crescere umanamente, corporalmente o spiritualmente, cristianamente. Allora, la famiglia è il primo ambiente. Auguro a tutti i genitori, a tutti gli educatori ed ai catechisti di dare una buona educazione umana e cristiana ai bambini, ai ragazzi e ai giovani. Per questo traguardo ci vuole la grazia, lo sforzo, l'esercizio quotidiano. Ci vuole un ambiente, un rispetto, un amore, un legame più forte che unisce e che fa vivere e respirare. E' l'amore che ci ha portato Cristo. Questo amore dono a ciascuno di voi.
[L'omelia durante la celebrazione eucaristica]
1. "Gesù... sapeva quello che c'è in ogni uomo" (Jn 2,25).
La liturgia della III Domenica di Quaresima ci ordina di seguire questa "sapienza". La "sapienza" di Dio circa il cuore dell'uomo è profondamente iscritto negli avvenimenti del Sinai riferitici dal libro dell'Esodo. Ecco, parla ad Israele, al popolo eletto, lo stesso Dio che lo ha "fatto uscire dal paese d'Egitto" (Ex 20,5). Quando dice: "Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare..." (Ex 20,12-17). Dio sa che nel cuore dell'uomo è nascosta una "inclinazione", una predisposizione per ciascuno di questi peccati, per tutte le sfaccettature del male. Perfino per il delitto. Tutto ciò sa il Dio dei nostri padri fin dall'inizio, fin dal tempo dell'albero della conoscenza del bene e del male e dal tempo del primo peccato.
Da allora l'uomo, cedendo all'imbeccata del Maligno, per la prima volta ha creduto di essere egli stesso "come Dio" (cfr. Gn 3,5), ed è sceso per la via del peccato.
2. Tuttavia in quest'uomo è rimasto un misterioso bisogno della ricerca di "dèi" al di fuori dell'unico Dio vero. Il popolo che stava ai piedi del monte Sinai - benché prescelto dal Dio vero - dimostrava anch'esso tale propensione: "di avere altri déi" (cfr. Ex 20,3). Nel corso dei giorni, in cui Mosè restava con Dio sul monte Sinai, ricevendo da lui le tavole della legge divina - o decalogo - il suo popolo si fece pure un "dio" in forma di "vitello di metallo fuso" (Ex 32,4). E in questa forma superficiale e falsificata ha dato sfogo al perenne bisogno del cuore umano che rivolge l'uomo verso Dio. Ha messo "un dio d'oro" al posto del Dio vero.
Ci deve far tanto meditare questo fatto - quanto spazio infatti dedica il libro dell'Esodo a questa problematica: "Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo nè immagine alcuna... (come per esempio quel "vitello di metallo fuso")... Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai..." (Ex 20,3-5).
Il problema, era solo attuale in quei tempi lontani? O non è sempre attuale anche se in altre forme? L'uomo contemporaneo certamente non adora più gli "idoli" come facevano gli antichi pagani. Oggi invece l'uomo fa un'altra cosa con quel profondissimo bisogno del suo essere umano, col bisogno di "trascendenza" (come oggi spesso si usa dire). E seppure non sostituisce materialmente il Dio vero con un "vitello di metallo fuso", vi e qualche altro "idolo" contemporaneo, che ingoia le energie più profonde della sua anima.
Spesso questi "idoli" contemporanei sono di natura sottile, collegati col progresso del pensiero, con la raffinatezza delle propensioni umane, con lo stile della civilizzazione che esalta un programma di vita che faccia a meno di Dio: così come se egli non esistesse.
3. Dio che parla nel libro dell'Esodo chiama se stesso: "Dio geloso" (Ex 20,5).
Si! Dio è "geloso", di una divina "gelosia" per l'uomo. Geloso per questa creatura, in cui ha impresso dall'inizio la sua immagine e somiglianza, e nella cui forma corporale ha inspirato l'anima immortale.
Si! Dio è "geloso" per ciò che di lui esiste nell'uomo, e che non può essere soddisfatto diversamente se non solamente in lui e per lui.
"Non avrai altri dèi di fronte a me... / Amerai il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le tue forze...".
Altrimenti, tu, uomo, non ritroverai te stesso! Ti perderai! Si! Dio è "geloso" dell'uomo così come Cristo fu "geloso" della santità della casa di Dio a Gerusalemme. Ce lo ricorda il Vangelo di oggi: "Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato" (Jn 2,16). Allora "i discepoli si ricordarono che sta scritto: "lo zelo per la tua casa mi divora"" (Jn 2,17).
Cristo scaccio i mercanti dal tempio, così come Mosè ai piedi del Sinai aveva "dissipato" gli idolatri.
4. La principale trama della odierna domenica di Quaresima ci comanda di seguire questa "sapienza" di Dio sull'uomo, che si è rivelata fino in fondo in Cristo.
Chi è il Dio "geloso"? Geloso della divina "gelosia"? E' quel Dio che ha amato il mondo. Con amore eterno ha amato l'uomo nel mondo. E sapendo "quello che c'è in ogni uomo" e di che cosa è capace il suo cuore diviso dalla conoscenza del bene e del male, questo Dio "ha dato il suo Figlio unigenito". Il dono del Figlio della stessa sostanza del Padre è il metro dell'amore di Dio per il mondo: per l'uomo che è nel mondo! Solo in questo Figlio - solo per lui - l'uomo può raggiungere la vita eterna. Ed averla. E proprio niente altro, ma solo questo Dio ha iscritto nel fondo dell'immortale anima umana, chiamandola alla esistenza.
Dio dona all'umanità il Figlio consostanziale, come redentore del mondo, perché conosce fino in fondo "quello che c'è in ogni uomo". Egli solo. Perché solo lui è creatore dell'uomo. Ed è amante dell'uomo ("filo-anthropos").
5. Paolo apostolo è pienamente consapevole di questa "sapienza" di Dio, e di questo mistero divino che si è rivelato fino in fondo in Cristo: crocifisso e risorto.
Cristo crocifisso: colui che ha messo se stesso al posto del tempio gerosolimitano quando ha detto "distruggete questo tempio e in tre giorni lo faro risorgere" (Jn 2,19).
Parlava della sua morte e della sua risurrezione il terzo giorno. Paolo - essendo ancora un nemico accanito - ha incontrato il Risorto nei pressi di Damasco, e alla luce della risurrezione ha creduto nella potenza della sua croce.
Scrive infatti ai Corinzi: "Noi predichiamo Cristo crocifisso... potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,23-24).
Si! E' potenza. Ecco: "fa risorgere di nuovo il tempio del suo corpo martoriato...".
E' sapienza. Si, è sapienza di Dio: conosce - fino in fondo - "quel che c'è in ogni uomo". L'uomo non conosce se stesso, se non partecipa a questa "sapienza" della croce e della risurrezione. Questa è in pari tempo la "sapienza" circa l'"amore con il quale Dio ha tanto amato il mondo" (Jn 3,16).
Questa "sapienza" è potenza. Solo essa è la potenza dell'uomo. Solo essa è capace di trasformare profondamente il cuore umano.
6. Cari fedeli della parrocchia di san Damaso in Monteverde, accogliete queste considerazioni, collegate con la liturgia della odierna domenica III di Quaresima.
Esse ricevono luce anche dalla figura e dalla testimonianza singolare del vostro celeste patrono, il Papa san Damaso, il quale fu davvero pieno di tale sapienza.
In un periodo difficile per la storia della Chiesa, egli seppe essere tenace promotore dell'ortodossia e riportare alla piena comunione ecclesiale quanti erano legati alla eresia ariana. Coltivo le memorie storiche dei Papi, suoi predecessori, e specialmente dei martiri per incitare la comunità cristiana alla fortezza, alla perseveranza e al coraggioso annuncio della Parola di Dio. Per favorire la sempre migliore assimilazione delle ricchezze contenute in questa Parola, incarico san Girolamo di rivedere la traduzione latina del Nuovo Testamento. Com'è noto, san Girolamo continuo poi tale lavoro, traducendo dall'originale gran parte dei libri dell'antico testamento. Il testo sacro, così ricostituito, fu progressivamente accolto in tutta la Chiesa e passo alla storia col nome di Volgata. Piace sottolineare come all'origine di così meritevole impresa vi sia stato l'incitamento di questo insigne Pontefice, vostro patrono.
Guardando a lui dobbiamo riconoscere che la sapienza divina, quando "riempie" una persona, ne fa un artefice di unità e di carità, di evangelizzazione e di promozione umana: e tali furono appunto le doti pastorali del vostro protettore.
7. Saluto il Cardinale Ugo Poletti vicario di Roma. Oggi sono quindici anni dalla sua creazione a Cardinale di Santa Romana Chiesa. Ci congratuliamo con lui, ringraziandolo per la sua opera pastorale al servizio della città; saluto il Vescovo ausiliare del settore, mons. Remigio Ragonesi; saluto il vostro parroco, don Vincenzo Zinno e i sacerdoti che collaborano con lui nell'animazione cristiana di questa zona. A tutti i presenti, e ai loro cari, rivolgo il mio pensiero affettuoso e il mio augurio di ogni bene.
Come è noto, nella vita parrocchiale occupa un posto centrale la partecipazione alla liturgia e ai sacramenti. E' da questa fonte di vita soprannaturale che nasce la comunità; da essa scaturisce la linfa vitale che sostiene la fede e il fervore di ogni credente. A questo proposito desidero attirare l'attenzione sull'importanza della pratica del sacramento della Riconciliazione, soprattutto in questo tempo di Quaresima.
La forza spirituale che da questo sacramento si sprigiona per la vita cristiana è incommensurabile: esso infatti ci avvicina alla santità di Dio; ci consente di ritrovare la pace interiore turbata dal peccato, e di riacquistare la gioia perduta, facendoci sentire intimamente accolti dall'abbraccio misericordioso di Dio.
Desidero esprimere il mio compiacimento per le iniziative che la parrocchia promuove in favore dei giovani, soprattutto di quelli che si trovano in situazioni difficili, a causa dell'uso della droga e della conseguente emarginazione; incoraggio a ben continuare le attività culturali in favore di quanti desiderano istruirsi nella dottrina della fede, le quali vengono a perfezionare e a completare le lezioni di catechesi impartite ai giovani in preparazione alla prima Comunione e alla Cresima. Sono pure riconoscente a tutti coloro che collaborano nell'ambito della pastorale parrocchiale: ai rappresentanti dell'Azione Cattolica, al Gruppo Caritas, alle Suore Missionarie dell'Eucaristia e alle Suore Francescane di Susa.
Il mio plauso va infine a coloro che lodevolmente dedicano il loro tempo libero e le loro energie per assistere ed intrattenere a domicilio le persone anziane o ammalate. Il Signore ricompensi la loro generosa dedizione e la loro solidarietà evangelica! 8. Il salmista proclama: "Il timore del Signore è puro, dura sempre: / i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, / più preziosi dell'oro, di molto oro fino" (Ps 19[18],10-11). Preghiamo per avere il timore di Dio! A volte esso manca all'uomo della nostra epoca. Si! Preghiamo per avere questo timore, che è "principio della sapienza".
Impariamo questa sapienza - la sapienza più profonda e definitiva, che si manifesta nella croce di Cristo - mediante la sua risurrezione.
Perché non ci sorprenda il "giudizio divino", che è sempre "giusto".
Dio sa quello che c'è in ogni uomo. Non ha bisogno della testimonianza di nessuno. Accogliamo solo questa unica testimonianza: è la testimonianza della croce e della risurrezione di Cristo.
Amen.
[Alle religiose] Vi ringrazio per la vostra vocazione, per la vostra professione religiosa, per la vostra testimonianza. E poi anche per questo apostolato, che è nelle vostre mani e nei vostri cuori. Voi aiutate la parrocchia di San Damaso a camminare avanti in modi diversi: con la catechesi, assistendo i malati, e in altri compiti particolari. Il Signore vi benedica, e mi raccomando anche alle vostre preghiere. Dio benedica le vostre gioie e le vostre sofferenze.
[Al Consiglio pastorale] Grazie per la vostra presenza, per la presenza di tutti, e grazie per queste parole che certamente rispecchiano, rendono, lo spirito di tutti voi qui presenti. Parole molto complete, in cui si è espresso anche un riflesso autentico del Concilio Vaticano II, della sua ecclesiologia, e soprattutto del suo insegnamento, del suo indirizzo sull'apostolato dei laici. Voi siete i "Cristofedeli", fedeli in Cristo, cattolici, laici. E come Gesù ci ha detto una volta, voi siete il sale della terra, la luce del mondo.
Queste parole si riferivano e si riferiscono sempre a tutti i cristiani, a tutti i discepoli di Cristo. Non possono, i cristiani, non essere sale della terra, che cerca di rinvigorire l'ambiente, la società, i costumi, la cultura, la scienza. Non può, un cristiano, non essere questo, e non può non essere luce del mondo. Come questa luce che ci illumina e ci riscalda qui in questa stanza.
Certo, queste parole, dette una volta da Gesù ai suoi discepoli, ai suoi ascoltatori, si riferiscono a noi tutti. Voi le prendete sul serio! E certo, come ha detto il vostro interprete, molti battezzati, molti cristiani non prendono ugualmente sul serio le stesse parole.
Ma ringraziamo il Signore, ringraziamo lo Spirito Santo per quelli che lo fanno, per quelli che sono pronti ad animare la Chiesa. Con la loro presenza e con il loro apostolato tra i laici, nella catechesi, nelle opere caritative. E anche in altri ambienti, dove questo apostolato serve per illuminare il mondo, e anche a rinvigorire l'ambiente sociale in cui vivono. Come il sale, come la luce.
Vi ringrazio per questo vostro impegno comunitario, settoriale, perché diversi sono i settori in cui siete impegnati, e soprattutto in quello della catechesi. Vi ringrazio ancora per tutto quello che fate personalmente, comunitariamente, accanto ai pastori di questa parrocchia, e soprattutto accanto al vostro parroco. Vi auguro tutto il bene, per la vostra vita personale e familiare, per la vostra vita professionale e per l'ambiente in cui vivete. Che il Signore sia con voi, e vi sia lui luce e forza. Che sia la luce e la forza di voi tutti la sua croce, la sua morte, la sua risurrezione, il suo mistero pasquale. Ci avviciniamo alle feste pasquali e con questa prospettiva faccio i miei auguri a tutta la parrocchia e a tutti i presenti. Vi benedica Dio onnipotente.
[Ai giovani del pre-cresima e dell'Azione Cattolica] Ho sentito, ho ascoltato con grande attenzione e con interesse le parole rivoltemi prima, nella relazione di un vostro giovane rappresentante: era veramente una profonda analisi della realtà, cristiana e giovanile insieme.
Ha detto molte cose, molte cose veramente conformi alla verità, a questa verità dell'essere cristiano e del vivere da cristiano. Io aggiungerei solamente una parola che proviene da tempi molto lontani, dai Padri della Chiesa. Loro, o almeno uno di loro, dicevano: cristiano è essere un altro Cristo. Questo vuol dire che il cristiano non può ridursi a un elemento statistico, della città, della nazione; a una denominazione puramente esterna.
Cristiano significa una realtà profonda, interna, paragonabile a quella, unica, che si chiama Cristo. E questo ci dice chi è il cristiano. E ancora di più, chi deve essere, chi deve diventare.
Noi abbiamo un modello assoluto, e questa è la forza, questa è la bellezza dell'essere cristiano. Io vi auguro di amare questa bellezza, di imparare ad amarla.
Per questo, certamente, il sacramento della Cresima, di cui ha parlato la vostra collega, è un momento decisivo perché la Cresima è un sacramento della identità cristiana, di questo "alter Christus", altro Cristo; di questa identità cristiana che diventa anche apostolica, che è un sacramento dell'apostolato, dell'apostolato dei laici.
Auguro a tutti questi giovani che si preparano alla Cresima di vivere così il loro sacramento, e di vivere così la loro vita dopo il sacramento: tutta la vita. Mi rallegro molto per la presenza di tanti giovani dell'Azione Cattolica, specialmente dell'ACR, l'Azione Cattolica Ragazzi.
Certamente, cristiani lo si deve essere in modo personale, ma si deve esserlo anche in modo comunitario, associativo: si deve essere cristiani insieme.
E certamente l'Azione Cattolica è una scuola di come essere cristiani, sia nella dimensione personale che in quella comunitaria.
E infine, grazie anche per la presenza di un gruppo filodrammatico. Mi congratulo con tutti i componenti di questo gruppo. Anche l'opera artistica appartiene alle possibilità di essere cristiani perché essere cristiani vuol dire anche essere artista, amare il bello, amare l'arte, amare l'arte drammatica e anche le altre arti. Il bello va insieme con il vero, con il bene, e con tutto ciò che compone le aspirazioni più profonde dello spirito umano. E ancora una volta voglio ringraziare don Vincenzo, il vostro parroco, persona molto discreta... Vi ringrazio. Vi benedica Dio onnipotente...
[All'uscita dalla chiesa, il Papa rinnova la propria gratitudine alla comunità di San Damaso con le seguenti parole:] Vi ringrazio per la vostra ospitalità, e anche per la pioggia, che pero non ha ostacolato il nostro incontro, anzi possiamo dire che lo ha arricchito perché la pioggia è il simbolo di quella grazia di Dio che discende sui cuori umani. così la pioggia discende sulla terra e la fa fruttificare, e porta fertilità. Auguro tutto il bene alla vostra comunità, ai sacerdoti, alle suore e al vostro parroco don Vincenzo. E poiché siamo già nel tempo della preparazione della Pasqua, auguro una buona Pasqua a tutti voi. Sia lodato Gesù Cristo.
Data: 1988-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1988
GPII 1988 Insegnamenti - Alla Plenaria del Segretariato per i non-credenti - Città del Vaticano (Roma)