GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Salisburgo - Austria
Titolo: Uniamoci pieni di fiducia nella comune lode a Maria
Testo:
Cari fratelli e sorelle! Siamo giunti al termine di questa nostra celebrazione eucaristica. Tra breve riceverete la benedizione del Dio uno e trino e ascolterete l'"Ite missa est" - in tedesco "Gehet hin in Frieden".
Con queste parole, siete inviati nel mondo, nel vostro mondo per portarvi Cristo e per dare testimonianza alla sua verità e alla sua giustizia con le parole e con le azioni. In questo pellegrinaggio di fede vissuta, ci precede Maria, Madre del Signore. Ella meglio di chiunque altro, può ricordarci continuamente chi sia Gesù Cristo, quali progetti fondamentali per la nostra salvezza muovono il suo cuore, quali siano i suoi criteri per la crescita del Regno di Dio. Maria, come sottolineano esplicitamente le Sacre Scritture, ha riflettuto spesso nel suo cuore su questo. Ella invita anche noi a riflettere di tanto in tanto alla luce della fede, sul nostro cammino, al fine di individuare sempre di più in tutti i nostri passi, quella direzione che permetta a noi e ai nostri compagni di viaggio, di riuscire ad avvicinarsi sempre più a Dio e quindi alla nostra vera felicità.
Che tutti, pieni di fiducia, si uniscano ora nella comune lode a Maria.
Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988
Titolo: Giovani: costruite la Chiesa della pienezza e della condivisione perché sia nel mondo la via verso la pace e la libertà
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo.
1. "Non possiedo né argento né oro ma quello che ho te lo do" (Ac 3,6). Con queste parole Pietro, negli Atti degli Apostoli, si rivolge al paralitico sulla porta del tempio. Nel medesimo spirito io, successore di Pietro, desidero oggi rivolgermi a voi tutti. "Quello che ho io ve lo dono... In nome di Gesù Cristo... andate". Il nome di Cristo, la sua persona, le sue parole e le sue azioni devono darvi forza, devono farvi superare ogni difficoltà e devono indicarvi la strada per seguire il Signore: in nome di Cristo, alzati, va', datti da fare, dai prova di essere un discepolo di Cristo.
Sia questo il vostro contributo al motto della mia seconda visita pastorale nella vostra terra. Si alla fede, si alla vita. Riconoscete anche voi questo principio: che un si generoso alla fede cristiana è la fonte più pura per una pienezza di vita, anche per una vita giovane e impegnata.
Sono felice oggi di poter professare e confermare insieme a voi la nostra fede comune. In voi saluto, al tempo stesso, tutti i giovani cattolici e i loro assistenti spirituali di questa diocesi di Salisburgo e di tutta l'Austria e saluto anche tutti coloro che ora certamente sono collegati mediante la radio e la televisione. Desidero rendere partecipi voi tutti della mia fede e della mia testimonianza. In nome di Cristo posso gridare a voi: Dio vi ama, Dio ama ciascuno di voi. In Gesù Cristo egli vi ha liberato e vi ha chiamato a cose grandi.
2. Voi siete salvi! Al primo impatto suona come una provocazione. Tante cose nel mondo e nel vostro ambiente sembrano opporsi a questo annuncio. Voi rivolgete ai vostri genitori, ai vostri sacerdoti, ai vostri professori, e ai vostri politici alcune pressanti domande riguardo al vostro futuro. Ma la prima risposta a tali domande e a tali interrogativi potete già darvela da voi stessi: si, da voi stessi! Se vi rendete pienamente conto, con il cuore e con la ragione, che siete uomini amati da Dio: se riuscirete a vivere con dignità e continua responsabilità secondo questa convinzione allora vi renderete conto che la vita dell'uomo non è una goccia d'acqua nell'oceano né un numero a caso di una statistica né un'insignificante particella nell'universo del computer.
Chi si lascia salvare dalla morte e dalla resurrezione di Gesù Cristo scopre la profonda e intima gioia di essere in pace con Dio e con se stesso. Ha infatti la fede e la costanza necessaria per dominare le difficoltà della propria vita. Poiché conosce la sua vocazione eterna e porta dentro di sé il coraggio e la nobiltà d'animo della fede, ha poi anche la forza e ha in sé una scala di valori per operare nel modo giusto per la pace sulla terra.
Perché egli considera l'uomo non come un prodotto casuale ma come una creatura voluta da Dio e chiamata da Dio alla libertà: per questo egli comprende la libertà in tutta la sua pienezza e può impegnarsi per la liberazione senza pregiudizi ideologici. Soltanto chi vede il mondo con gli occhi di Dio e lo vive ha trovato una certezza che non lo conduce verso nuove discriminazioni ma lo impegna in una lotta efficace contro l'ingiustizia sociale, l'odio e l'indifferenza.
3. Voi siete degli uomini salvi: questa verità si svilupperà nella vostra vita in modi diversi. Voi siete stati salvati per la fede e per la fedele amicizia con Dio in Gesù Cristo. Fate si che questa fede possa crescere in voi così come voi crescete e maturate anche nel corpo e nell'anima. Il si consapevole alla fede comune della Chiesa, all'unità con il Papa e i Vescovi vi aiuterà nella confusa molteplicità e nelle controversie della letteratura religiosa di oggi a trovare il giusto cammino e a riconoscere che cosa realmente la fede è in grado di costruire e approfondire. L'adesione matura a Cristo deve essere cosciente dell'impostazione dei più importanti problemi e delle risposte dell'insegnamento cristiano.
La fede non è certo un sentimento cieco ma un'adesione consapevole alla chiamata di Dio. Nella sua lettera l'apostolo Pietro chiama anche noi: "Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15).
Si, anche noi siamo salvati attraverso la speranza. Un po' di tempo fa andava di moda indossare abiti con la scritta: "No future - nessun futuro". Un giovane cristiano vive esattamente l'opposto: egli ha un futuro, perché cammina insieme al Signore, va verso il Signore che per lui è amore e fedeltà anche quando l'orizzonte sembra tempestoso e pieno di nubi. Egli ha un futuro, perché crede che la più piccola parte di buona volontà e anche un'opera buona imperfetta sono comunque per la gloria di Dio e conducono al suo Regno che inizia già, in tutta la sua pienezza, qui sulla terra e che giunge al suo compimento nell'eternità.
4. Ma, soprattutto, voi siete salvi per l'amore. Come ciò si realizzi in concreto nella realtà ce lo ricorda l'apostolo Paolo in un famoso passo della sua lettera dove afferma: "La carità è paziente è benigna. Non è invidiosa la carità, non si vanta... non cerca il suo interesse, non si adira non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si compiace della verità" (1Co 13,4-6).
L'espressione più alta di questo amore la ritroviamo nel Signore crocifisso, nelle sue braccia inchiodate che si spalancano in un grande invito: vuole trarre a sé l'amico e il nemico e persino coloro che lo avevano condannato.
Ogni croce verso la quale noi alziamo lo sguardo diventa un monito silenzioso: la vera vittoria, che nel mondo sconfigge l'odio, è l'impegno personale che viene dalla forza dell'amore fino alle estreme conseguenze, in una fedeltà perenne.
"Chi perde la sua vita, la troverà": questa è la misteriosa legge del vero amore. Chi accoglie il prossimo accanto a sé, chi si fa da parte cosicché anche gli altri possano vivere e ottenere giustizia, chi si apre al prossimo e offre agli altri amicizia e amore scoprirà che proprio in questo risiede la sua agognata autorealizzazione. Questa regola vale anche per la sfera delle relazioni tra uomo e donna nei loro reciproci rapporti. Opponetevi a chi vuole separare la vostra sessualità dall'amore. Due persone che diventano una sola cosa grazie al dono reciproco fisico e spirituale eviteranno la sopraffazione e lo sfruttamento reciproco soltanto con il rispetto reciproco. Chi vuole godere dell'altro soltanto dal punto di vista fisico offende con questa visione riduttiva l'anima del suo partner; ferisce in lui un "tu", una persona che vuole essere rispettata e amata.
Sempre più, anche oggi, il Signore invita ad una amorevole dedizione a Dio e ad una forma di amore ai fratelli particolarmente intensa e ricca di testimonianza. Egli chiama al servizio sacerdotale, chiama alla strada dei voti di povertà, obbedienza e castità in una comunità religiosa. Se sentite questa chiamata seguitela con generosità e senza timore. Il mondo ha bisogno di testimonianze visibili di un impegno totale; si, in molti angoli della terra tanti uomini anelano a questo messaggio di amore e di giustizia del Signore. Contribuite dunque a rispondere a questo anelito! 5. Ma qualunque sia il cammino della vostra vita, dovete dare testimonianza, in ogni luogo e in ogni situazione della lieta novella della salvezza. Voi siete salvi nella gioia. Questa gioia vi deve pervadere e plasmare, essa pero vuole anche irradiarsi tutt'intorno, vuole suscitare un entusiasmo contagioso. Con questo non mi riferisco soltanto all'allegria superficiale e chiassosa, ma ad una gioia più profonda che resta anche quando affrontiamo affanni, tristezza e dolore.
Anche la Chiesa di oggi ha bisogno di una simile gioia perché la sua verità venga accolta perché la sua liturgia coinvolga anche la sfera fisica, e il suo linguaggio tocchi il cuore e comunichi l'amicizia di Dio all'uomo.
Andate sulla vostra strada come uomini lieti! In un'epoca in cui la ragione, il lavoro e il successo occupano un posto di quasi totale preminenza, molti uomini aspirano ad una maggiore fratellanza e dedizione. Anche nelle nostre comunità ecclesiali essi dovrebbero trovare calore umano e protezione. Il rapporto dei fedeli con persone per lo più incerte e dubbiose richiede molta comprensione e delicatezza.
Andate sulla vostra strada come uomini che sanno anche fermarsi. Lo spirito della nostra epoca, che ci condiziona tutti, tenderà a renderci sempre più nervosi ed affannati. Ma per poter comprendere e valutare nel giusto modo, dobbiamo creare oasi di silenzio e di interiorità e anche di preghiera. Li potremo imparare a contemplare, ad avere orizzonti più ampi, a sperimentare la gioia, a calarci in noi stessi e a considerare la nostra esistenza partendo da Dio.
6. Ma soprattutto procedete sulla vostra strada come uomini riconciliati che nel contempo donano la riconciliazione! Non accantonate semplicemente le scorie dei vostri fallimenti, delle vostre colpe, dei vostri vani proponimenti; altrimenti esse contamineranno il clima spirituale oppure ci faranno cercare un capro espiatorio per i nostri errori. Nessuno può da solo cancellare il passato. Anche il migliore degli psicologi non può liberare l'uomo dal fardello del passato.
Soltanto l'onnipotenza di Dio può, con il suo amore creatore, costruire con noi un nuovo inizio. Questa è la grandezza del sacramento del perdono: che noi stiamo faccia a faccia con Dio e ognuno viene accolto singolarmente come persona e da lui rinnovato.
Egli stesso purifica il terreno contaminato della nostra anima con la grazia del perdono, e così ci dà anche la forza di arrivare ad una sincera riconciliazione senza il minimo calcolo e nascosto rancore con i fratelli a cui abbiamo fatto torto. Cristo non ha lasciato dubbi: la conversione del peccatore è uno degli atti umani più profondi e preziosi. Già il primo passo verso tale conversione avviene alla luce del suo amore salvifico. Se Dio è pronto a risanarci fin dalla radice, allora anche noi dobbiamo trovare la forza di offrire il perdono al nostro prossimo, anche quando riteniamo che egli ci abbia fatto torto.
7. Cari giovani fratelli nella fede, noi tutti sappiamo bene che le grandi cose della vita e i necessari cambiamenti nella società e nella Chiesa non sono facilmente realizzabili e richiedono tempi lunghi e pazienza e durano per generazioni. I nostri predecessori, fra cui i santi, pensatori e uomini che hanno sofferto e lottato, ci hanno lasciato un prezioso retaggio cui ancora oggi attingiamo, un'eredità che noi siamo ben lontani dall'esaurire. Ma al tempo stesso siamo protesi verso un futuro che esige il nostro impegno quotidiano. Oggi noi, i viventi, siamo responsabili della Chiesa di Cristo. Certamente la Chiesa è sempre qualcosa di più di quello che noi costruiamo. Proprio nella estrema debolezza degli uomini, che dovrebbero sostenerla, essa rimane incrollabilmente Chiesa del Signore; nei suoi sacramenti, nella comunione di tutti i santi, al di là dei confini della morte, essa supera ogni fallimento umano. Verso questa Chiesa più grande dobbiamo sempre tenere rivolto il nostro sguardo. Da questa visione deriviamo il nostro slancio e la nostra missione ad essere presenti e ad agire qui e oggi nella reale comunità di vita della Chiesa, perché essa possa essere Chiesa della pienezza e della condivisione, affinché la sua parola sia sempre illuminata dall'ascolto di Dio e degli uomini, affinché essa sia Chiesa nella gioia e nel dolore e diventi nel mondo la via verso la libertà e la pace: più è unita a Dio, più sarà vicina agli uomini.
Molti ragazzi del vostro centro giovanile hanno visitato Assisi. Voglio ricordare a loro e a voi tutti la parola di Cristo: "Francesco, tu devi ricostruire la mia Chiesa". Questa parola vale anche per voi, cari fratelli e sorelle. La Chiesa ha bisogno di voi per rimanere giovane in questa e nella prossima generazione. La vostra gioventù mi ricorda il Figlio di Dio, la cui immagine è rimasta sempre giovane per mostrare che Dio è eternamente giovane. Egli vi accompagni sempre con il suo amore e la sua benedizione.
Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988
Titolo: Non si può ridurre la terra ad un deserto! Il bene e l'amore salveranno il mondo
Testo:
Signore e signori!
1. E' per me una gioia particolare incontrare in questa notissima città voi che siete i rappresentanti delle scienze e dell'arte, della stampa, della radio e della televisione.
A partire dai secoli scorsi fino al giorno d'oggi l'attrattiva di Salisburgo deriva da una variegata ricchezza di produzioni culturali situata in mezzo a un paesaggio di straordinaria bellezza.
Salisburgo è una città internazionale della musica, particolarmente grazie a Wolfgang Amadeus Mozart. Anche il profilo architettonico della città è noto in tutto il mondo e le ha fatto meritare l'appellativo di "Roma tedesca". Il nome del medico Paracelso, che ha terminato in questa città la sua vita errante, occupa un posto di rilievo nella storia della medicina e delle scienze naturali.
Nel mezzo della guerra dei Trent'anni, poi, che devasto l'Europa, un Arcivescovo di Salisburgo fondo l'università come luogo privilegiato per lo sviluppo delle scienze.
A Salisburgo la storia della cultura e dell'arte è intimamente legata alla storia della fede e della Chiesa. Il fatto che si trovino vicini il duomo, le due antiche abbazie benedettine, l'università e il teatro è un simbolo di questa unione.
Moltissime persone vengono da ogni parte del mondo ogni anno in questa città. L'armonia musicale ed architettonica che domina qui fa dimenticare a molti visitatori le stridenti dissonanze del mondo di oggi. Attraverso questa armonia viene donata agli altri la forza morale per impegnarsi con più tenacia di prima per la vittoria sul male.
A tal riguardo la memoria di molti dei visitatori di Salisburgo andrà ad una frase di Dostojevskij. Essa dice: "La bellezza salverà il mondo!". In questo contesto la bellezza va interpretata come il riverbero della bellezza, dello splendore di Dio. Di fronte alla opprimente realtà del mondo contemporaneo, che noi apprendiamo ogni giorno attraverso i notiziari informativi, si dovrebbe realmente ampliare questa frase e dire: "Il bene, la bontà, l'amore salveranno il mondo!". Il cristiano intende con questo l'amore di Dio, che in Gesù Cristo si è manifestato nella sua pienezza salvifica e ci chiama alla emulazione.
2. Oggi è particolarmente urgente un'alleanza fra tutti coloro che desiderano il bene e dispongono di motivazioni e mezzi particolarmente efficaci alla sua realizzazione: ne va dell'uomo e del suo mondo, che viene minacciato in modi finora mai sperimentati.
Cinque anni fa a Vienna in un simile incontro con scienziati, artisti e pubblicisti ho detto: "Non trascurate e non fingete di non ascoltare l'uomo che spera, ama, che è angosciato, soffre e sanguina. Siate il suo sostegno, difendete il suo mondo: la bella e minacciata terra". Oggi vorrei ripetere questa preghiera a voi, signore e signori. Lo sviluppo che da allora ha continuato il suo processo fornisce ad essa un peso aggiuntivo. Nella mia recente enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" ho sottolineato la necessità di "affrontare la tremenda sfida dell'ultima decade del secondo millennio" (SRS 47). Si pensi alla situazione di necessità persistente degli uomini che abitano la parte meridionale della terra. Si pensi al trattamento spesso irresponsabile della vita umana prima e dopo la nascita: lo sterminio di così tanti bambini non ancora nati, i problemi risultanti dall'evoluzione della tecnologia genetica ed informatica, e molti altri ancora. Si pensi infine ai problemi della pace mondiale, dell'uso dell'energia nucleare e alla crescente minaccia portata all'ambiente dell'uomo, alla vegetazione, agli animali, all'acqua e all'aria.
L'immane crescita di ciò che la umanità sa e può in campo tecnologico, ha reso chiaro il carattere ambivalente di questo progresso. perciò ogni uomo, in relazione al suo livello di partecipazione ai processi decisionali ha un'innegabile responsabilità, ma in particolar modo gli scienziati e gli esponenti della vita politica e culturale.
La Sacra Scrittura ci tramanda la tetra immagine di Caino, che rifiuta tale responsabilità con le arroganti parole: "Sono forse il guardiano di mio fratello?" (Gn 4,9). Tuttavia la Bibbia ci mostra anche un simbolo positivo: l'uomo nel ruolo di pastore, di custode di suo fratello e di custode della creatura a lui affidata. Alla luce di così ingenti devastazioni ecologiche e sociali si risveglia oggi la disponibilità a volgersi nuovamente verso questo simbolo, a tornare ad esso. A questa tesi pero viene legata subito la questione decisiva: Chi protegge allora il pastore? 3. L'appello "Siate i custodi della terra" oggi sembra essere generale.
Eppure al di là della sua formulazione non si trova alcuna convergenza.
Basta il timore di una possibile catastrofe al risveglio di un nuovo, più profondo senso di responsabilità? Basta mettere in evidenza che già l'interesse individuale e nazionale può avvicinarci alla ricerca della pace e della rivalutazione dell'ambiente dell'uomo? Basta fare appello alla sorte delle generazioni future, per ridestare la disponibilità al senso di responsabilità? E' in grado l'uomo di identificarsi appieno nella figura del custode della terra e dei suoi simili, se egli non si sente neppure protetto nella propria esistenza? Che cosa dunque trattiene l'uomo nel suo senso di responsabilità? Chi gli dà un sostegno? Queste domande sono imprescindibili perfino in una società secolarizzata. Per questo motivo nel recente passato perfino concetti astratti quali "futuro", "umanità" e "natura" hanno assunto connotazioni quasi personali. E sembra quasi che deterministiche concezioni del mondo esprimano ancora un recondito desiderio umano di sicurezza, di protezione; proteggete quest'uomo almeno con leggi che valgano per tutti.
La storia spirituale europea degli ultimi secoli dimostra quanto venga messo in discussione l'ordine morale dell'universo dalla tesi che la vita del singolo e l'esistenza dell'umanità siano un fatto assurdo, un gioco interattivo di forza dell'universo privo di significato. E' indimenticabile l'opinione di un personaggio di un romanzo di Dostoevskij: se non c'è alcun Dio, allora venga permessa ogni cosa.
Orribili immagini del passato e del presente hanno indotto molti a paragonare l'essere umano ad un pericoloso animale da preda, la cui estinzione in una postulata evoluzione della materia non causerebbe alcun danno. Altri poi vedono l'uomo come un essere, la cui conformazione ereditaria e le cui strutture materiali e spirituali debbono essere riordinate. Dietro a queste due autointerpretazioni estremamente negative si cela la profonda paura, che l'uomo sia realmente condannato a programmare la sua esistenza senza alcuna protezione ed orientamento.
L'appello "Siate i custodi della terra", anche alla luce delle nuove minacce contemporanee non è sufficiente, per conseguire una svolta verso una morale capace di affrontarle, se esso allo stesso tempo non sviluppa una sorgente di senso, di energia morale. Il minaccioso avvertimento di una possibile o perfino probabile catastrofe ha spesso solo condotto ad un atteggiamento che era tipico già di molti contemporanei dell'apostolo Paolo: "Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo" (1Co 15,32).
La mancanza di speranza può portare l'uomo ed una grande parte di società alla mentalità e alla prassi di un eccessivo consumismo, che pone al proprio servizio ogni forma di sapere e conoscenza e non rifugge neppure dalla triste ipotesi di farsi riprodurre biotecnicamente per poter così sfuggire alla morte.
La ricerca di protezione dell'uomo che si trova nella situazione di pericolo si accorda oggigiorno con la tentazione sbandierata da molti di una nuova sorta di "ritorno alla natura", di una fusione con il cosmo. Nella pretesa, che questa epoca sia un punto di svolta e richieda un mutamento paradigmatico, vengono dimenticate o messe in discussione dimensioni fondamentali dell'essere umano come persona. A questa visione dell'uomo, che trascura il fatto che esso non vive solo nella e con la natura ma si contrappone ad essa nel suo senso di responsabilità ed in una insopprimibile tensione, a questa teoria dunque, si oppongono non solo la Chiesa ma anche molti uomini di scienza.
4. Il mondo, le cose sono anche una parola, un messaggio inviato agli uomini. E ad esso egli deve dare una risposta. La sua esistenza è un dialogo non solo con i suoi simili, ma anche con il suo mondo, il cui linguaggio appare spesso all'uomo, gioioso, spesso pero anche oscuro ed ambiguo. Chi tuttavia ha il dono di credere che il mondo è dovuto al Verbo creatore di Dio e che esso è il Verbo di Dio rivolto agli uomini, viene condotto dal suo senso di responsabilità per il mondo ad un colloquio con Dio.
Da questo dialogo sono scaturite le seguenti parole di un salmo biblico: "Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza" (Ps 23[22],1-4).
L'uomo, che nella natura e sugli intrecciati sentieri della storia sperimenta spesso la solitudine e la mancanza di difesa, incontra in questo modo Dio, non come mera idea, come astratto principio, ma come pastore, che precede, accompagna e segue l'uomo, quando egli si è perduto.
All'Areopago ateniese l'apostolo Paolo ha annunciato questo Dio. Davanti a voi, signore e signori, che costituite anche per me una sorta di Areopago, vorrei dare testimonianza a Gesù Cristo, il buon pastore, che ha seguito l'uomo fin nel profondo del suo peccato, fino all'abisso della sua morte e lo ha preceduto per essere eterna protezione. Con lo sguardo fisso su di lui, crocefisso e risorto, l'uomo può comprendere se stesso come creatura realmente capace di amore. Un uomo che mutua il suo metro da Cristo, non deve cercare per timore di avere tutto, di strappare al suo ambiente le gioie della vita, cosa che va a danno degli altri e si rivela in ultima analisi una vera illusione.
5. La condizione presente fa si che l'umanità si trovi a cozzare contro quelle antiche e pressanti domande, il cui temporaneo accantonamento affretta forse il progresso scientifico e tecnico, ma ha creato anche problemi nuovi: cosa possiamo sapere - cosa dobbiamo fare - cosa possiamo sperare? Alla ricerca delle risposte si devono nuovamente ritrovare scienza, tecnica e politica, ma anche filosofia, arte e religione, dopo che le loro strade molte volte hanno percorso un cammino parallelo oppure si sono separate l'una dall'altra.
Il sapere deve nuovamente coniugarsi con la saggezza e con la fede.
La rassegnazione nei confronti della questione della verità, che già fu di Pilato, deve essere superata. La tolleranza è uno spazio per la ricerca della risposta a questa domanda, non per il suo accantonamento. Richiami critici alla teoria finora praticata, della neutralità dei valori propugnati dalla scienza, sono fallaci. La frase biblica "La verità vi farà liberi", ha oggi frequentemente portato alla concezione che la libertà sia in grado di produrre verità. Ciò porta non di rado a quell'arbitrio che ha tramutato l'uomo, che è divenuto in molti campi effettivamente il padrone della terra, da pastore e custode a despota e rende il suo comportamento simile a quello di un lupo in un ovile.
Nel discorso pronunciato a Vienna cui ho già fatto riferimento, ho affermato: "L'uomo ed il suo mondo - la nostra terra, che già nei primi viaggi spaziali si era mostrata come una stella verde ed azzurra - deve essere tutelata e curata... Nell'orizzonte della fede la terra non è affatto una riserva da sfruttare in modo illimitato, ma una parte del mistero della creazione, al quale mistero l'uomo non solo può accostarsi per servirsene, ma deve anche rispetto e meraviglia". Per conseguire questo atteggiamento, sarà necessaria una cultura dell'ascesi, che renda possibile agli uomini ed alle diverse comunità umane, il pieno conseguimento della libertà intesa come capacità di rinunciare al potere personale ed alla propria grandezza per aprire, anche a partire dall'interno, uno spazio per gli altri, e soprattutto per i deboli. La creazione di questo spazio è un aspetto dell'amore per l'uomo, ma anche per Dio. Nel Vangelo troviamo le parole di Cristo riferite a questo argomento: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23).
"Custos, quid de nocte"... (Is 21,11) questa è la domanda rivolta ad uno dei profeti biblici. Questa domanda è oggi di pressante attualità. Lasciatemi affermare davanti a voi la mia convinzione, signore e signori, che non è ancora troppo tardi per un radicale cambiamento verso una figura di uomo solidale con i suoi simili, verso una terra intesa come uno spazio vitale, che deve divenire giardino e non può degradarsi a deserto, anche se questo mondo per il credente non rappresenta l'ultima dimora. E non è troppo tardi per convertirci a Dio, che ci cerca già prima che noi abbiamo cominciato a cercare lui.
Vi ringrazio.
Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988
Titolo: Gratitudine e venerazione per un grande uomo di Chiesa
Testo:
Al termine delle mie considerazioni mi sia permesso ricordare con gratitudine e venerazione un grande uomo della Chiesa, dello spirito e della cultura europea, che il Signore ha chiamato questa mattina inaspettatamente da questa vita: il Cardinale neoeletto Hans Urs von Balthasar, che avrei voluto insignire della dignità di Cardinale al prossimo Concistoro. Con questo alto riconoscimento sarebbe stato reso onore ai suoi grandi meriti, che gli hanno riservato un posto di onore d'eccezione nella teologia e nella filologia di oggi.
Possa Dio stesso essere per lui compimento ed eterna ricompensa per il servizio instancabile da lui reso alla Chiesa ed agli uomini.
Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988
Titolo: Un incontro ecumenico é sempre un'ora di gioia e nello stesso tempo anche un'ora di dolore
Testo:
Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo!
1. "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).
Questo abbiamo appreso dal Vangelo, che chiede a noi tutti di attuare questo incontro fraterno. Questa richiesta del Signore ai suoi discepoli è valida in ogni tempo. Il miracolo della Pentecoste si rinnova continuamente: uomini di diversi popoli e culture possono ascoltare e comprendere il Vangelo e giungere alla fede. Essi si convertono a Cristo, il quale è "la nostra pace", che crea "uomini nuovi" e tramite il suo sacrificio unisce ciò che è diviso: "riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo" (cfr. Ep 2,14 Ep 2,16). Come cristiani battezzati noi tutti possiamo "considerarci uomini che sono morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù" (Rm 6,11).
Questo è il nostro credo comune: da questa missione pasquale viviamo in tutte le Chiese e comunità religiose cui apparteniamo per il Battesimo. Siamo chiamati ad essere simboli e strumenti di quella pace e unità fra gli uomini, che Dio soltanto può donare e che si compirà nel suo Regno. Ciò impegna tutti noi cristiani a ricercare ed a rinnovare l'unità, fino alla sua forma pienamente visibile.
2. Questa nostra preziosa ora di incontro è essa stessa un segno di quella unità che ci è già donata nell'ascolto della Parola divina, nella fede in Dio uno e trino e nella vita nella grazia del Battesimo: in qualità di figli e figlie del Padre celeste, siamo riuniti nello Spirito Santo per rendere onore a Dio in Gesù Cristo. Ringrazio i fratelli e le sorelle di fede evangelica qui in Austria per il cortese invito a venire nella Christuskirche, invito che ho accettato con grande piacere.
Voglio esprimere un ringraziamento particolare per il saluto di benvenuto del presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese in Austria. Allo stesso modo ringrazio lei, illustre signor Metropolita, per le sue cordiali parole di saluto. Con gioia ricordo il nostro incontro con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Dimitrios I del dicembre dello scorso anno a Roma. Voglio ringraziare anche lei, signor sovrintendente, per aver messo in evidenza l'importanza dell'incontro odierno, e lei, signor Vescovo, per la sua predica in cui ci ha spiegato la Parola divina. Infine ringrazio di cuore anche lei, stimatissimo Arcivescovo Berg, e i confratelli della Conferenza episcopale, e tutti coloro che celebrano con noi questo memorabile servizio divino nello Spirito di Cristo.
3. Un incontro ecumenico è sempre un'ora allo stesso tempo di gioia e di dolore.
Gioia, perché siamo consapevoli della nostra unione comune con il Signore e redentore: dolore, perché questa unità già esistente alla radice non sfocia ancora nella piena comunione ecclesiale. Tuttavia è già un frutto prezioso dello Spirito Santo che noi dividiamo questa gioia e sopportiamo insieme questo dolore.
Gioia e dolore li troviamo anche se consideriamo brevemente la storia di questa città, Salisburgo, che oggi ci offre la sua ospitalità. Qui monaci irlandesi hanno diffuso la fede e gettato le basi per una intensa attività missionaria della Chiesa di questo luogo, che si è spinta fino nell'Est e nel Sud dell'Europa. Questi Vescovi fondatori e i loro fratelli erano da parte loro impregnati della tradizione monastica ed ascetica dell'Oriente cristiano. Queste lontane radici della fede oggi sono state rivisitate ed hanno portato tra le altre cose alla Fondazione Pro Oriente, che nel frattempo si è estesa da Vienna anche a Salisburgo, Linz e Graz. Questa lodevole iniziativa ecumenica ha già portato notevoli frutti, che autorizzano a ben sperare.
A Salisburgo incontriamo pero anche la Riforma. Siamo portati qui a ricordare l'allontanamento ingiusto dei protestanti di questo luogo nei secoli diciottesimo e diciannovesimo, secondo il triste principio del "Cuius regio-eius et religio", che in altri tempi si riteneva di dover applicare. Già anni fa l'Arcivescovo di Salisburgo, a nome di tutta la diocesi ha chiesto perdono ai fratelli e alle sorelle evangelici per il torto subito. Il fatto che noi oggi ascoltiamo insieme la Parola di Dio e preghiamo gli uni accanto agli altri nella chiesa evangelica, rappresenta un chiaro segno che questa preghiera di perdono è stata accettata con il cuore ed ha condotto alla riconciliazione.
4. Molti cristiani hanno mantenuto anche in questo Paese un atteggiamento particolarmente ecumenico nella loro comune sofferenza durante l'ultima guerra mondiale. Sebbene di diversa confessione religiosa, essi hanno sperimentato la loro profonda comunione nel sacrificio di Cristo, e ciò particolarmente nella durissima prova del campo di concentramento. Da qui è cresciuta in loro con maggiore forza la convinzione e la disponibilità ad una reciproca comprensione e stima. Uniti vissero allora il messaggio "che tutti quanti sono stati battezzati in Gesù Cristo, sono stati battezzati nella sua morte"; uniti furono pero anche nella speranza che "saremo con lui anche con la sua risurrezione" (Rm 6,3 Rm 6,5).
Si, è il Signore stesso che ci spinge a proseguire sempre sulla via verso l'unità, anche quando è visibile solo un piccolo tratto di strada. In questa ora contempliamo dunque la sua immagine così come ce la pone davanti agli occhi questa Christuskirche. Come è scritto sopra l'ingresso di questa chiesa, Cristo è il Signore del mondo e ci indica la strada. Come è scritto sul pulpito, egli con la sua parola parla a noi. Come il Buon Pastore fra Pietro e Giovanni - così nella finestra sopra di noi - egli ci conosce tutti per nome e ci conduce ad un buon pascolo. Dalla croce - così si vede sull'altare - Cristo ci chiama alla riconciliazione, che egli attraverso la sua sofferenza ci ha già procurato.
Soltanto l'unione amorevole con il Signore nella sua devozione e fedeltà fino alla morte sulla croce ci può portare più vicini all'unità della Chiesa. Dal suo esempio di servitore fedele possiamo imparare l'umiltà necessaria per comprendere tutta la verità completa di Dio e vedere la sua luce anche nei nostri fratelli divisi. Là dove Paolo ci illustra l'ideale dell'unità: "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti", proprio li egli ci ammonisce: "Vi esorto dunque a comportarvi con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,2 Ep 4,4-6).
5. Cari fratelli e sorelle! La mia seconda visita pastorale in Austria è all'insegna del motto: "Si alla fede - si alla vita". Anche queste parole si fondano su Cristo stesso; poiché "in lui c'è stato il "si". E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "si"" (2Co 1,18-20). Questo "si" di Dio vuole essere proclamato nel nostro "si" comune alla fede, nel nostro "si" comune alla vita. Un tale "si" comune di tutte le Chiese e comunioni da trovare e pronunciare il più spesso possibile è il nostro compito ecumenico. Per trovare questo comune "si alla fede" dobbiamo superare stati d'animo, sentimenti e tradizioni pur care. La fede nel Dio uno e trino e il suo concreto cammino di salvezza viene dall'ascolto e presuppone una conversione. Paolo ci dice: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente" (Rm 12,2). Dobbiamo constatare con gratitudine che negli ultimi anni alcuni passi pieni di promesse vanno ascritti a un tale pensiero rinnovato. Citero soltanto la dichiarazione comune su "Battesimo, Eucaristia e Ministero", che la Commissione per la fede e la costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese ha elaborato e presentato. Il Segretariato Vaticano per l'Unione dei Cristiani in collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede ha dato la risposta cattolica a questo documento significativo dell'avvicinamento ecumenico. Ma convergenza non significa tuttavia consenso. Accanto al riconoscimento degli accordi raggiunti, si pongono ulteriori questioni che dobbiamo indirizzare con fedele pazienza.
6. così l'inserimento nel Corpo mistico di Cristo tramite il Battesimo porta alla partecipazione al suo corpo e sangue eucaristico; la questione della partecipazione comune alla Eucaristia ha anche pero una dimensione ecclesiale e secondo la dottrina cattolica non può essere vista staccata dalla comprensione del mistero della Chiesa e del suo ufficio. Vi posso assicurare che addolora molto anche il Papa e i Vescovi cattolici il dover sperimentare così duramente la nostra separazione proprio sull'altare del Signore. Questa spina la si avvertirà particolarmente dolorosa nei matrimoni misti, che vogliono testimoniare l'unione della fede cristiana. La mia sincera preghiera va a loro affinché, con i loro pastori, cerchino le vie di una fede viva, che si aprono oggi loro dinanzi nella peculiare situazione che stanno vivendo.
A questo proposito vorrei chiedere ancora una volta con umiltà e con franchezza fraterna: si è sufficientemente aperta la Chiesa Evangelica alla possibilità di avvicinarsi all'aspetto sacramentale del ministero spirituale, che la Tradizione della Chiesa cattolica ad Occidente ed in Oriente fin dagli inizi concepisce come eredità apostolica e come forma di successione apostolica? Ogni passo in questa direzione sarebbe anche un passo verso la piena comunione eucaristica. Il ministero di Pietro e dei suoi successori è senza dubbio legato in maniera particolare alla unità della Chiesa; esso sottostà contemporaneamente alla permanente direttiva del Vangelo e dello Spirito di Cristo. Come nei miei primi incontri con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli vorrei anche adesso pregare intensamente lo Spirito Santo, "egli illumini tutti noi, pastori e teologi della nostra Chiesa, affinché cerchiamo insieme le forme in cui questo ministero di pastore possa diventare un ministero di amore, che venga riconosciuto da una parte e dall'altra".
7. Uno dei compiti ecumenici è il comune "Si alla vita" dei cristiani. Cristo, il "si" di Dio, "è venuto perché abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza" (Jn 10,10). Il nostro "si alla vita" deve perciò essere altrettanto completo e comprendere tutte le dimensioni della vita umana. A questo proposito vorrei anche segnalare il fatto che negli ultimi tempi si è giunti spesso a posizioni comuni delle Chiese nei confronti di problemi sociali e attuali. Desidero incoraggiare questo cammino, anche se talvolta è reso difficile dai nostri diversi punti di vista sul ministero ecclesiale e le sue concrete competenze.
A questo contesto appartiene anche la "Unione Mondiale delle Chiese per la tutela di giustizia, pace e ambiente", al quale invita il Consiglio ecumenico delle Chiese. La Chiesa cattolica partecipa, senza essere essa stessa organizzatrice, mediante rappresentanti esperti, a queste consultazioni. Io auspico che il comune e devoto ascolto della Sacra Scrittura ci permetta di pronunciare insieme parole di saggezza su questioni centrali riguardanti il futuro dell'uomo e della creazione.
La Chiesa del resto ha sempre considerato come parte della sua missione spirituale la difesa e la promozione dei diritti fondamentali della persona, la condanna delle povertà e della oppressione, oltre ad aver fornito concrete opere di assistenza e modelli per la loro eliminazione. Allo scopo di garantire la pace fra i popoli del mondo, dovrebbero inoltre spiegarsi numerose le forze pacificatrici che sono caratteristiche del pensiero e dell'azione dei cristiani nel mondo.
Così, anche le istanze ecologiche trovano nella nostra fede un forte stimolo a chiarire e a considerare le questioni fondamentali ad esse legate, respingendo ogni politica superficiale.
8. Cari confratelli, l'incontro dei discepoli con il Signore risorto, così come ci viene predicato oggi nel Vangelo, termina con la promessa di Cristo: "Siate certi: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). così noi siamo chiamati alla più intensa attività per la verità e la giustizia di Dio, così come per un' unica Chiesa viva che è l'espressione del suo cammino verso gli uomini. Allo stesso tempo pero dobbiamo attendere a questo compito con serenità e pazienza. E' il Signore stesso che risveglia la fede, dona la vita e crea l'unità.
Il suo Spirito Santo rinnoverà le sembianze della terra. Il Signore sia lodato nella sua Chiesa, oggi e ogni giorno della nostra vita. Amen.
Data: 1988-06-26 Data estesa: Domenica 26 Giugno 1988
GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Salisburgo - Austria