GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: Da Levoca a Sastin la fiducia in Maria ha segnato e segna la storia della Slovacchia
Testo:
Oggi la nostra visita ai Santuari mariani ci porta in Slovacchia, in unione spirituale con i pellegrini riuniti a Levoca. Vi accorrono per la prima domenica di luglio decine di migliaia di fedeli, in gran parte giovani, per trovarsi insieme in preghiera, alla presenza di Maria. E' un incontro che manifesta e rafforza la loro fede, infonde il coraggio, approfondisce i vincoli di unità e convoglia in identità di intenti spirituali le molteplici energie che lo Spirito Santo non cessa di suscitare, nonostante le circostanze non sempre favorevoli.
Da Levoca poi il nostro sguardo si allarga ad altri Santuari mariani, di cui la Slovacchia è ricca. Ricordo almeno i più noti: da Gaboltov a Lutina, da Marianka a Starè Hory, a Trnava, ma soprattutto a Sastin, Santuario nazionale della Addolorata, patrona della Slovacchia. Si può dire così che ogni angolo della Slovacchia vive sotto lo sguardo materno di Maria. Infatti, la devozione alla Vergine addolorata accompagna quelle care popolazioni durante i secoli della loro storia, piena di prove difficili che minacciarono la stessa esistenza nazionale, la loro identità spirituale e la loro fede.
Nelle difficoltà del passato e del presente l'affetto alla Addolorata e la fiducia nella protezione materna di Maria non sono mai venuti meno. Un tale amore alla Vergine trae certamente origine dall'opera dei santi Cirillo e Metodio, i quali confermarono la fede e fondarono la cultura degli antenati slovacchi. così fu sempre, in tutto l'arco della storia, come ne danno prova le chiese dedicate alla beata Vergine Maria in ogni parte della Slovacchia, e costruite in varie epoche, da quelle più remote fino alle più recenti. I pellegrinaggi, come concreta manifestazione popolare della fede e della devozione, costituirono sempre un incontro importante e lo costituiscono anche oggi.
[Omissis. Seguono i saluti in varie lingue]
Data: 1988-07-03 Data estesa: Domenica 3 Luglio 1988
Titolo: Visita ufficiale di sua altezza eminentissima il Principe e Gran Maestro del sovrano militare Ordine di Malta
Testo:
Altezza eminentissima.
1. Sono lieto di riceverla a poco tempo dalla sua elezione a settantottesimo Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. La sua visita conferma il reale, costante attaccamento manifestato dai suoi predecessori al successore di Pietro.
Accolgo con favore le sue intenzioni di far conservare all'Ordine l'alta ispirazione dei fondatori, con lo scopo primario di servire la fede e soccorrere i poveri e gli ammalati.
2. I Cavalieri e le dame hanno questa motivazione per consacrare il loro tempo, la loro generosità e le loro forze: avvicinare i loro fratelli feriti nel corpo e nello spirito, a imitazione di Cristo che, sorprendendo il mondo, affermo con forza la sua identificazione con gli umili. Voi avete il bel nome di "ospitali", che ben suggerisce la rispettosa accoglienza da voi riservata a quanti servite nelle più svariate circostanze. Mi piace sottolineare lo sforzo congiunto da parte dei membri dell'Ordine per dare all'impegno di dedizione vissuta in tutti i continenti l'efficacia di una organizzazione moderna, con una sempre migliore competenza.
Voi ricevete, nella nostra società, numerose richieste ed appelli.
Certamente, le cure mediche progrediscono e richiedono sempre maggiori mezzi finanziari. Ma voi sapete meglio di chiunque altro che non basta la sola tecnica medica per alleviare le sofferenze di un uomo o una donna malata: curare implica una relazione interpersonale, una compagnia piena di affezione, richiede la liberazione dalla solitudine e dalla angoscia, esige sempre l'esercizio di una solidarietà pienamente umana che lascia intravedere la fonte divina della speranza.
Al di là dei problemi sanitari propriamente detti, che restano nel mondo di grande importanza, la partecipazione alle attività di una istituzione come la vostra vi mette in contatto con ogni tipo di vittime nella società, nelle diverse società. Voi dovete rompere il crescente isolamento di molte persone anziane; voi contribuite a proteggere la vita nascente tanto spesso minacciata; voi raggiungete quelli che restano ai margini della strada e si rifugiano nella tossicodipendenza, e altri ancora che si trovano di fatto respinti ai margini della società col rischio di perdere la loro dignità.
3. La presenza dell'ordine sovrano in numerosi Paesi e il suo status diplomatico vi conferiscono grandi responsabilità e vi permettono anche di essere vicini agli uomini in modo originale. Voi siete spesso in grado di far udire la vostra voce nella vita internazionale, là dove nessuno sforzo è troppo grande per far entrare nelle relazioni tra i Paesi e le aree il rispetto dei diritti e dei doveri dell'uomo. I vostri rappresentanti e le vostre istituzioni ben conoscono le molteplici esigenze dello sviluppo integrale dell'uomo e la strada che rimane da percorrere. L'esempio della vostra dedizione ai lebbrosi non esaurisce le forme del vostro impegno nel terzo mondo.
So di poter contare sui cavalieri di San Giovanni per mettere in atto la dottrina sociale della Chiesa, soprattutto nel campo dello sviluppo sul quale la riflessione è stata ripresa di recente, vent'anni dopo la pubblicazione dell'enciclica "Populorum Progressio" di Papa Paolo VI.
4. Con queste semplici riflessioni, desideravo semplicemente, altezza, esprimere il senso del vostro impegno. Il successore di Pietro non può dimenticare il simbolo dell'Ordine che lei dirige. La croce di Cristo è per voi più che un segno distintivo. Essa ricorda ai membri dell'Ordine come anche agli assistiti e ai testimoni della loro azione che la salvezza dell'uomo è stata guadagnata dal sacrificio supremo del redentore, rivelazione dell'immensità dell'amore divino.
Mentre incoraggio le molteplici vostre iniziative di carità, auspico che in esse risplenda la gloria della croce. così l'Ordine manifesterà ancora la sua fedeltà alla Chiesa, che è ripiena della presenza di Cristo e riflette il suo volto davanti al mondo.
Questo incontro avviene nel corso dell'"Angelus" dedicato alla Vergine Maria, così a lei mi rivolgo per affidarle la sua persona, quanti ricoprono le alte cariche dell'Ordine, i cavalieri e le dame di San Giovanni.
E di tutto cuore, prego Dio onnipotente di benedirvi.
Data: 1988-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1988
Titolo: Con i nuovi santi lungo il cammino della totale confidenza nel Signore
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle.
Nella solenne celebrazione di ieri la Chiesa ha levato al Signore un canto di giubilo ed esultanza, proclamando santo fra Simon de Rojas, illustre membro dell'Ordine della Santissima Trinità, fondato da san Giovanni di Mata circa ottocento anni fa.
Per assistere alla canonizzazione di questo sacerdote, gloria della amata Spagna, terra di santi, voi siete venuti a Roma, centro della cattolicità, da vari Paesi europei, come anche dal Canada, dall'America Latina, dal Madagascar, dall'India e da Papua-Nuova Guinea.
A tutti di cuore il mio cordiale benvenuto: vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli.
Il mio saluto particolare alla famiglia trinitaria, qui rappresentata da molte persone, che con la loro consacrazione e donazione particolare a Dio e alla Chiesa, rendono vivo e attuale il carisma dell'Ordine trinitario nel mondo di oggi.
In questa occasione, desidero sollecitarvi a un rinnovato impegno di fedeltà alle esigenze della vostra consacrazione particolare alla Santissima Trinità e alla missione di liberazione e di misericordia che caratterizza la vostra spiritualità e il vostro apostolato.
Sull'esempio di san Simon de Rojas, fate della vostra vita un cantico di esultanza al Padre, in Cristo redentore, animati dalla forza dello Spirito. Sia la preghiera, il rapporto sereno e intimo con Dio, la sorgente da cui promana il servizio redentivo e misericordioso che deve caratterizzare i membri della famiglia trinitaria. Coltivate, come il "Padre Ave Maria", la devozione mariana, vedendo nella Vergine un modello e uno stimolo per comprendere e vivere la vostra vocazione e consacrazione. Impegnatevi, con vero spirito evangelico, nel servizio ai fratelli più bisognosi, ai poveri, ai "prigionieri" del nostro tempo "per la loro fede in Cristo", come dice la vostra Regola originaria.
Il nuovo santo deve essere per tutti voi testimone eccezionale di preghiera, di vita mariana, di vita in unità di amore per Dio e per il prossimo.
Non posso terminare senza affidarvi un compito che certamente adempirete con gioia: portate il saluto affettuoso del Papa alle religiose trinitarie di clausura, che non hanno potuto partecipare alle nostre celebrazioni, pur essendo unite nello spirito e nella preghiera.
A tutti i partecipanti e alle vostre famiglie imparto di cuore una speciale benedizione apostolica.
Cari amici, sono felice di salutare i pellegrini giunti a Roma per questa gioiosa ricorrenza. La canonizzazione di Rose Philippine Duchesne è un momento speciale nella storia della Chiesa, un momento in cui vediamo con maggiore chiarezza l'amorevole Provvidenza di Dio che guida il corso degli eventi umani, portando a compimento per vie imperscrutabili la vittoria dell'amore sul peccato e sulla morte. E' uno di quei momenti in cui con gioia pronunciamo le parole di san Paolo: "A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli!" (Ep 3,20-21).
Santa Rose Philippine fu una donna di viva fede e costante preghiera, una donna piena di zelo per le necessità missionarie della Chiesa. Il suo amore, che non conosceva limiti, era sempre impaziente di raggiungere i bisognosi in Paesi e culture diverse dalla propria. In procinto di iniziare la sua lungamente attesa missione tra gli indiani americani, scriveva a santa Madeleine Sophie Barat che "andare ad ammaestrare i bambini indiani è una grazia, un dono di Dio, non un servizio". E il suo entusiasmo non vacillo mai. Ancora a settant'anni ella era un valido pioniere del Vangelo in viaggio attraverso le pianure del Missouri e Kansas nell'America del Nord per fondare una scuola per le ragazze della tribù indiana Potawatomi.
Come spiegare tanto infaticabile zelo, tanta costante dedizione all'impegno missionario della Chiesa? Certo, solo con un cuore ardente dell'amore di Dio, un cuore sempre in sintonia d'amore con il Sacro Cuore del Signore Gesù.
Anche a voi, cari pellegrini di lingua francese, va il mio saluto pieno di gioia e gratitudine. Santa Rose Philippine Duchesne è nata e vissuta per circa cinquant'anni in terra di Francia. Cordialmente saluto la sua famiglia umana: i discendenti dei Duchesne-Perier sono venuti numerosi insieme alle religiose del Sacro Cuore di Madre Barat. Saluto anche i diocesani di Grenoble, Lyon, Parigi. In questo breve incontro desidero far comprendere per il bene di tutti e di ciascuno il richiamo sempre attuale che scaturisce dalla mirabile esistenza della nuova santa.
Insieme a lui, avanziamo risolutamente sul cammino della fiducia totale nel Signore. Recatasi nel Nord-America senza conoscere niente dei luoghi e delle popolazioni da assistere ed evangelizzare, continuo sempre a gettare i suoi affanni nel cuore di Dio. Il suo spirito contemplativo ci è di richiamo. Nei trentaquattro anni di intensa attività, pieni di preoccupazioni di ogni genere e non privi di insuccessi, ella cerco sempre di guardare ogni cosa e ogni persona con lo sguardo di Cristo. Questa dimensione spirituale occupa uno spazio sufficiente nella nostra vita? Un altro segno di santità di madre Duchesne deve essere ricordato e imitato. Sappiamo che ella conobbe la barriera della lingua. La aggiro magnificamente con la testimonianza concreta, quotidiana della vita. Nella civiltà di oggi, che porta facilmente a usare e abusare delle parole, è indispensabile verificare spesso se la nostra vita quotidiana è abbastanza silenziosa, trasparente, benefica nel suo normale svolgimento. Infine, nella sua azione missionaria, santa Rose Philippine, senza fare della teoria sulla inculturazione del Vangelo, manifesto sempre un profondo rispetto per le culture incontrate. Non è questa una luce e un incoraggiamento per la Chiesa contemporanea, per gli istituti missionari? Che santa Rose Philippine Duchesne ci conduca tutti per i sentieri del Vangelo che ella ha percorso con passione ardente, affinché, là dove la Provvidenza ci ha chiamati, noi lavoriamo senza tregua per l'affermazione del Regno del nostro Signore Gesù Cristo! Cari pellegrini di Francia, vi benedico di tutto cuore.
Data: 1988-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1988
Titolo: "Sono consapevole del vostro amore alla Chiesa e alla Sede apostolica"
Testo:
Signor vicepresidente dell'Associazione dei giornalisti cattolici del Belgio, signore e signori.
L'esemplare puntualità del vostro impegno tradizionale è grandemente da elogiare. Ogni anno, infatti, in occasione della festa di san Pietro, voi consegnate al Papa il frutto della generosa colletta raccolta tra i lettori, e anche i dipendenti e i responsabili dei giornali cattolici del Belgio.
Sulle orme delle generazioni che vi hanno preceduto, siete riusciti a mantenere questa colletta chiamata "obolo di san Pietro", che voi chiamate anche "dono pontificio". Sono consapevole che una simile costanza si accompagna alla creatività, all'impegno responsabile a vari livelli e soprattutto a un amore profondo per la Chiesa di Cristo: attaccamento al suo carattere specifico di istituzione fondata da Cristo per la salvezza dell'umanità e chiara coscienza dei mezzi, anche materiali, indispensabili al buon funzionamento degli organismi della Santa Sede.
Per questo, a nome della Chiesa, vi ringrazio nuovamente di tutto cuore.
Voi saprete certamente, signor vice-presidente, signore e signori, riportare nel modo migliore la grande riconoscenza del Papa a quanti hanno partecipato al "dono 1988". Augurando a tutti e a ciascuno dei donatori la gioia crescente di amare e servire la Chiesa, sono lieto di accordare loro una speciale benedizione apostolica.
A voi, signor vice-presidente, signore e signori, la mia viva gratitudine per la vostra visita confortante e per la vostra cura di ogni anno per promuovere l'"obolo di san Pietro" nella stampa cattolica del Belgio. Il Signore vi colmi delle sue benedizioni.
Data: 1988-07-04 Data estesa: Lunedi 4 Luglio 1988
Titolo: I Vescovi: i più autorevoli catechisti del loro popolo, i principali araldi del mistero del Verbo incarnato
Testo:
Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.
1. La vostra gradita presenza oggi richiama tutti gli eventi celebrati insieme nelle province di Los Angeles e San Francisco durante la mia visita pastorale dello scorso settembre.
Ogni avvenimento non solo coinvolgeva la Chiesa locale ma comportava la partecipazione di molte altre persone. Inoltre, c'erano presenti milioni di fedeli. In questo modo, per esempio, ho potuto parlare da San Francisco a tutti i laici e i religiosi degli Stati Uniti. I precedenti incontri a Los Angeles a Monterey similmente hanno avuto grande importanza per individuare la direzione che la Chiesa cattolica deve prendere nella sua vita e nel servizio all'umanità, mentre cammina sotto l'azione dello Spirito Santo, verso la purificazione necessaria per una adeguata celebrazione del millennio. Occorrerebbe molto tempo per richiamare tutti i particolari di quanto abbiamo vissuto insieme in California. Anche se non è possibile farlo ora, desidero che la Chiesa negli Stati Uniti riviva l'impegno di quei giorni e così rinnovi la apertura alla Parola di Dio proclamata dal successore di Pietro in quelle occasioni. Questo atteggiamento è necessario per assicurare il successo di un piano pastorale complessivo che deve guidare la Chiesa del vostro Paese negli anni a venire.
2. Un avvenimento di quei giorni ha ora uno speciale rilievo. E' la visita fatta alla Basilica di Carinel e alla tomba di frà Junipero Serra. Fra meno di tre mesi alcuni tra noi si ritroveranno ancora qui alla sua beatificazione, con cui la Chiesa lo proclama ufficialmente degno di onore e imitazione da parte di tutti.
Venerando "L'apostolo della California" sulla sua tomba, parlai del suo contributo, che fu di "proclamare il Vangelo di Gesù Cristo all'alba di un nuovo secolo" ("Allocutio in loco v.d. "Missione di San Carlo Borromeo", in urbe "Carmel", ubi veneratur sacellum Fratis Junipero Serra, 1, die 17 sept. 1987: , X, 3 [1987] 694s). Cercai anche di presentare l'essenza del suo messaggio, che è la necessità costante di evangelizzare.
Contestualmente dichiarai: "Come padre Serra e i suoi fratelli francescani, anche noi siamo chiamati ad essere evangelizzatori, a partecipare attivamente alla missione della Chiesa di fare discepoli tutti gli uomini".
La prima evangelizzazione e l'evangelizzazione permanente sono necessità pressanti nel mondo di oggi. La Chiesa, nel perseguimento di questo compito - cercando di legare il mistero dell'uomo al mistero di Dio ha bisogno di avere un'idea molto chiara dello scopo e dei mezzi per conseguirlo. Di grande aiuto in questo sono i principi - guida e le intuizioni sinteticamente espresse dal Concilio Vaticano II. Una di queste verità espresse con forza dal Concilio è che "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22). Per comprendere pienamente l'umanità, la sua dignità e il suo destino, il mondo deve comprendere Cristo. Cristo non soltanto rivela Dio all'uomo ma rivela anche l'uomo a se stesso. Il mistero dell'umanità diventa comprensibile nel Verbo incarnato. Questo principio diventa una forza guida per la Chiesa in tutte le sue iniziative tese a illuminare il mistero dell'umanità nel mistero di Cristo.
3. Questo è vero soprattutto nella catechesi, in cui la Chiesa cerca di guidare l'individuo a una più grande comprensione di sè per, in e con Cristo. Per raggiungere Dio, l'uomo deve comprendere se stesso, e per farlo deve guardare a Cristo. L'essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio. La piena immagine di Dio si trova espressa eternamente in Cristo, che san Paolo chiama la "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15).
In quanto creatura, l'uomo è anche un essere sociale chiamato a vivere in comunità con gli altri. La più alta forma di comunità e di relazione interpersonale è quella vissuta da Cristo nella comunione della Santissima Trinità.
L'essere umano inoltre comprende se stesso come fatto di corpo e anima intimamente uniti in una sola persona. In Cristo sono uniti ipostaticamente in un sola divina persona la natura umana e divina. Il meraviglioso destino dell'uomo è partecipare, attraverso l'umanità di Cristo, di quella natura divina (cfr. 2P 1,4). L'uomo è chiamato a glorificare Dio nel suo corpo e a trattare il suo corpo in un modo degno della sua dignità. In Gesù stesso dimora, corporalmente, la pienezza della divinità (cfr. Col 2,9). Attraverso il suo intelletto l'uomo oltrepassa tutto l'universo materiale e viene a contatto della verità divina. Gesù in quanto Verbo incarnato proclamo la sua totale identificazione con quella verità, quando disse: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).
Per l'azione dello Spirito Santo l'uomo ha la possibilità di conoscere il disegno di Dio, che riguarda la creazione e la redenzione. Gesù stesso è il disegno di Dio: "tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste" (Jn 1,3). E ancora, noi sappiamo che Dio lo ha reso "per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30).
Cominciando a conoscere se stesso, l'uomo scopre nel profondo della sua coscienza una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire (cfr. GS 16). Gesù stesso rivela la pienezza e l'essenza di ogni legge, che si riassume nell'amore di Dio e del prossimo (cfr. Mt 22,37-40).
L'amore come lo comanda Gesù è il solo che soddisfa pienamente il cuore dell'uomo.
La autentica libertà è un segno speciale dell'immagine di Dio nell'uomo.
Gesù uomo comprende in sè la più alta forma di libertà umana, per cui consacra al Padre la sua vita e la sua morte e vive in totale accordo con la sua volontà. Egli afferma che la sua libertà è per il Padre, dicendo: "Io faccio sempre le cose che gli sono gradite" (Jn 8,29). Nello stesso tempo Gesù distrugge ciò che nella persona umana si oppone alla libertà. La sua missione è di vincere chi tiene schiava la coscienza dell'uomo.
Il destino ultimo per gli esseri umani è la morte. Guardando a Cristo l'uomo impara di essere destinato alla vita. L'Eucaristia è il pegno della vita.
Chi mangia la carne di Cristo e beve il suo sangue ha già la vita eterna (cfr. Jn 6,54). Infine, vincendo la morte con la sua risurrezione, Cristo rivela la risurrezione di tutti, proclama la vita e rivela l'uomo a se stesso nel suo destino ultimo, che è la vita.
4. Di importanza suprema per la Chiesa oggi è la presentazione della persona del Verbo incarnato come centro di tutta la catechesi. Alcuni anni fa, nel 1971, in accordo con il decreto conciliare "Christus Dominus", la Congregazione per il Clero stabili il Direttorio Catechetico generale per la Chiesa. L'intenzione era di promuovere una catechesi cristocentrica per tutto il Popolo di Dio. Per questo dichiaro: "La catechesi deve annunciare Gesù nella sua esistenza concreta e nel suo messaggio, vale a dire, deve aprire all'uomo la strada verso la mirabile perfezione della sua umanità" (Congr. Pro Clericis "Directorium Catechisticum generale", 53).
Otto anni più tardi cercai di dare impulso a questo approccio cristocentrico alla catechesi con la pubblicazione della "Catechesi Tradendae". In questo documento io dissi: "Al centro stesso della catechesi troviamo, essenzialmente, una persona: quella di Gesù di Nazaret... L'oggetto essenziale e spirituale della catechesi è... "il mistero di Cristo". Catechizzare è, in un certo modo, condurre qualcuno a scrutare questo mistero in tutte le sue dimensioni... E' dunque svelare nella persona di Cristo l'intero disegno eterno di Dio che in esso si compie... In questo senso, lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo" (CTR 5).
Questo importante sforzo verso una catechesi cristocentrica, così ampiamente trattata nel Sinodo del 1977 e nella esortazione apostolica ricordata prima, è divenuto anche il principio informatore nella preparazione di un catechismo universale che soddisfi alle comuni necessità della Chiesa. Questo documento è destinato ad essere un punto di riferimento per tutti gli sforzi catechetici a livello nazionale e diocesano, e anche per i catechismi di carattere generale e speciale che i Vescovi possono successivamente abbozzare con il proposito di fornire una adeguata conoscenza del contenuto della fede cattolica.
Al suo cuore è la profonda convinzione che il mistero del Verbo Incarnato getta luce su tutta la vita e l'esperienza umana e che egli stesso è nella posizione di comunicare personalmente la verità che egli è. Ancora, secondo le parole della "Catechesi Tradendae", "Bisogna dire dunque che nella catechesi è Cristo, Verbo incarnato e Figlio di Dio, che viene insegnato e tutto il resto lo è in riferimento a lui; e che solo Cristo insegna - mentre ogni altro lo fa nella misura in cui è il suo portavoce consentendo al Cristo di insegnare per bocca sua" (CTR 6).
Ciò che Cristo insegna è la verità che egli è, in se stesso e per noi.
Egli ci ricorda "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato" (Jn 7,16). Egli parla come rivelazione del Padre, progetto di tutta la creazione, parola creatrice di Dio. Nel rivelare il Padre all'umanità, Gesù rivela in se stesso come il Padre guarda all'umanità. Egli rivela il progetto di Dio per la natura umana in tutte le sue espressioni e applicazioni. L'amore umano e il lavoro umano partecipano al divino modello di un amore increato che crea. La procreazione è una speciale partecipazione a quella divina prerogativa. L'autenticità e la finalità della sessualità, della giustizia e della libertà dell'uomo sono fondate nel piano eterno di Dio espresso in Cristo.
5. In quanto pastori della Chiesa voi sperimentate ogni giorno, soprattutto nel caso di migranti ed immigrati, i terribili e pressanti problemi della povertà.
Avete spesso richiamato la vostra gente al senso di solidarietà nei confronti dei bisognosi. Avete sostenuto quanti lottano per una vita conforme alla dignità di uomini. Voi potete affermare con cognizione di causa che "la potente e quasi irresistibile aspirazione dei popoli alla liberazione costituisce uno dei più importanti segni dei tempi che la Chiesa deve studiare e interpretare alla luce del Vangelo" (Congr. Pro Doctr. Fidei Instr. "Libertatis Nuntius" de quibusdam aspectibus theologiae liberationis, die 6 aug. 1984, I, 1). Nello stesso tempo avete sperimentato come la richiesta di libertà e il desiderio di liberazione, che sono universali eppure diversi in forma e grado tra i popoli, hanno la loro fonte e la loro forza nell'eredità cristiana. Nel 1979, a Puebla, ho proposto tre verità - base per orientare l'impegno della Chiesa volto a liberare e sollevare gli indigenti. Si tratta della verità su Gesù Cristo, la verità sulla Chiesa, la verità sull'uomo. Ma in realtà la verità sulla Chiesa e sull'uomo deve essere approfondita alla luce del mistero di Gesù Cristo, Verbo incarnato.
Lo stesso si può dire di tutte le dimensioni della vita umana e cristiana. La provvidenza di Dio viene compresa solo in unione al destino eterno della persona umana così come viene rivelata dal Verbo incarnato. Il pieno significato del progresso umano e dello sviluppo deve tener conto dell'insegnamento di Cristo: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esca dalla bocca di Dio" (Mt 4,4 cfr. Dt 8,3). L'imperfezione della giustizia umana e l'inadeguatezza di ogni compimento terreno sono in ultima analisi collegati al disegno di Dio rivelato in Cristo, che "non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura" (He 13,14). Il problema del dolore fisico e spirituale degli innocenti richiede una spiegazione che solo il Verbo incarnato può dare. E per darlo il più efficacemente possibile, egli la trae dalla croce.
6. Nel vostro ministero di Vescovi, incontrate sempre il fenomeno complesso dell'agnosticismo e ateismo. Voi giustamente siete convinti della necessità di un dialogo intenso e una fraterna collaborazione nei progetti di servizio all'umanità. Voi e le vostre Chiese locali siete impegnati a dare ragione della speranza che è nella cristianità ogni volta che vi viene chiesto. Giustamente contate sulla forza dell'esempio e della preghiera; sapete quanto è necessaria la pazienza e la fiducia perseverante. Tuttavia la grande forza che illumina il dubbio e il rifiuto delle coscienze è solo la luce del Verbo incarnato che è anche per loro come "Una lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori" (2P 1,19).
Di fronte all'ateismo che, come dice il Concilio, è "fra le cose più gravi del nostro tempo" (GS 19) e che si manifesta in fenomeni tra loro molto diversi, la Chiesa deve accettare il giudizio del Concilio che "nella genesi dall'ateismo possono contribuire non poco i credenti" (GS 19). Fino al punto di non rivelare l'autentico volto di Dio e della religione che si trova nel Verbo incarnato.
7. Nell'orientare le menti e i cuori dei fedeli verso il mistero del Verbo incarnato, la Chiesa desidera ardentemente portare questo mistero in ogni attività e cultura dell'uomo. La Chiesa in realtà desidera la nascita di un nuovo umanesimo, profondamente cristiano nella sua ispirazione, in cui la realtà terrena nella sua totalità sarà elevata dalla rivelazione di Cristo. Una delle prime caratteristiche di questo nuovo umanesimo è che la comunità si caratterizza per un senso di interdipendenza che si esprime nella solidarietà.
Questo è in accordo con l'intento di Cristo di elevare l'umanità non solamente come individui, senza reciproche relazioni, ma di raccoglierli in un solo popolo (cfr. LG 9 GS 32). Il Concilio Vaticano II comprese già l'esistenza di questa realtà, quando dichiaro: "In tal modo siamo testimoni della nascita d'un nuovo umanesimo in cui l'uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia" (GS 55). Solo la coscienza dell'interdipendenza - spinta fino alla dimensione mondiale - unirà le comunità a coltivare quei beni e valori naturali che fanno il bene dell'umanità e costituiscono la sua cultura di base.
La risposta di ogni comunità, comprese quelle nella Chiesa, alla coscienza di interdipendenza è l'esercizio della solidarietà, che è "una ferma e perseverante determinazione di impegnarsi per il bene comune" (SRS 38). A sua volta questa solidarietà o determinazione si esprime in una nuova preoccupazione morale per tutti i problemi che incombono sull'umanità. Due problemi di estrema importanza per milioni di nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo sono lo sviluppo e la pace (cfr. SRS 26). L'esito positivo di questi problemi è profondamente influenzato dal modo in cui queste realtà vengono concepite nel contesto di un autentico umanesimo cristiano.
Il contributo specifico della Chiesa - dei suoi membri e delle sue singole comunità - alla causa del nuovo umanesimo, di una cultura davvero umana, è la piena verità di Cristo sull'uomo: il significato dell'uomo, la sua origine, il suo destino e, di conseguenza, la sua incomparabile dignità.
8. Cari fratelli Vescovi, avete un grande compito: guidare le vostre Chiese locali, in unità con la Chiesa universale, nel cammino di salvezza e aiutare con amore fraterno e paterno le diverse categorie di fedeli a compiere il loro dovere e privilegio di testimoniare Cristo nel mondo. Ma dovete ricordare anche - e questo vi darà grande gioia - che voi siete i più importanti annunciatori di Cristo, i più importanti catechisti del vostro popolo, i più importanti araldi del mistero del Verbo incarnato. A voi e a tutti i vostri fratelli del collegio episcopale, in unità con il successore di Pietro, è stata affidata la verità del Vangelo in un modo speciale, per la fedele custodia e la reale trasmissione.
Questa verità noi proclamiamo non solo come salvezza e liberazione dal male, ma anche come base di un nuovo umanesimo che parlerà a tutto il mondo della solidarietà universale e dell'amorosa sollecitudine per tutti gli essere umani.
Tutto questo, cari fratelli, deriva dalla profonda convinzione e principio enunciato dal Concilio Vaticano II: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22). Sulle tracce del vostro apostolo della California, e in solidarietà con tutti i vostri predecessori nell'evangelizzazione, continuate a proclamare con fiducia su e giù per El Camino Real, e oltre, il mistero del Verbo incarnato. Nel suo amore invio la mia benedizione a tutti i sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi e laici della California, le Hawaii e il Nevada. "Pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).
Data: 1988-07-08 Data estesa: Venerdi 8 Luglio 1988
GPII 1988 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)