GPII 1988 Insegnamenti - A un gruppo di Vescovi USA in visita "ad limina" - Il Magistero universale ordinario può essere autenticamente considerato come l'espressione usuale dell'infallibilità della Chiesa

A un gruppo di Vescovi USA in visita "ad limina" - Il Magistero universale ordinario può essere autenticamente considerato come l'espressione usuale dell'infallibilità della Chiesa


Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.


1. E' per me una grande gioia ricevervi oggi, fratelli Vescovi di New York. In questa occasione mi tornano in mente molti ricordi della mia visita pastorale del 1979. Nello stesso tempo desidero rendere omaggio nelle vostre persone al pellegrinaggio di fede e d'amore che milioni di cattolici nel vostro stato compiono, uniti con Cristo, verso il Padre, nello Spirito Santo.

Oggi siamo riuniti come pastori, coscienti delle parole di Gesù agli apostoli: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ha comandato" (Mt 28,19-20). Queste parole devono costantemente risuonare nelle nostre menti e nei nostri cuori. Come successori dei dodici, abbiamo come principale dovere l'annuncio del Vangelo a tutte le genti (cfr. CD 12). Questo è un compito sempre necessario, ma ancor più urgente dove c'è ignoranza, errore o indifferenza nei confronti della verità.

Dopo aver comandato di insegnare, Gesù ci assicura la sua presenza e il suo sostegno. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Questa promessa ci ricolma di pace; ci spinge alla fiducia e alla speranza. Il Signore Gesù ci invia e resta con noi! Vuole che noi facciamo la nostra parte, portiamo avanti la nostra missione, siamo vigilanti. Vuole che noi camminiamo nella luce di Cristo e offriamo questa luce alla Chiesa e al mondo.

Oggi desidero parlare di un modo concreto per offrire questa luce all'umanità.

Sono i colleges e le università cattoliche, con il loro impegno istituzionale con la Parola di Dio proclamata dalla Chiesa cattolica.


2. Come dice il Concilio Vaticano II: "L'avvenire della società e della stessa Chiesa è intimamente connesso con lo sviluppo intellettuale dei giovani che compiono studi superiori" (GE 10). Ugualmente il Concilio esorta i Vescovi a prestare un'attenta cura pastorale agli studenti universitari.

Essi hanno bisogno di questa attenzione poiché devono santificarsi nel compimento del loro dovere ed "informare la cultura con il Vangelo" ("Sapientia Christiana", Prol., 1). La ri-evangelizzazione della società dipende in gran parte dagli studenti universitari. Mentre compiono gli studi superiori, essi hanno il diritto di ricevere una formazione cattolica - sia dottrinale che morale - al livello scolastico corrispondente.

L'alta missione dei colleges ed università cattoliche è di effettuare una presenza pubblica, costante ed universale del pensiero cristiano in tutto lo sforzo dedicato a promuovere la cultura superiore, di preparare gli studenti a svolgere compiti impegnativi nella società e a testimoniare la loro fede di fronte al mondo (cfr. GE 10).Le istituzioni cattoliche di studi superiori, che educano un gran numero di giovani negli Stati Uniti d'America, hanno grande importanza per il futuro della società e della Chiesa nel vostro Paese. Ma il loro grado di influenza dipende totalmente dalla salvaguardia della loro identità cattolica. Questa identità cattolica deve essere presente nell'indirizzo fondamentale dato all'insegnamento e allo studio. E deve essere presente nella vita di queste istituzioni che si caratterizzano per uno speciale legame con la Chiesa; un legame che nasce dalla loro connessione istituzionale con l'annuncio cattolico. L'aggettivo "cattolico" deve essere sempre l'espressione reale di una realtà profonda.


3. Noi siamo convinti della necessità di rispettare la legittima autonomia delle scienze umane. Ma siamo convinti anche che i cristiani, che con la ragione illuminata dalla fede, conoscono le verità fondamentali su Dio, l'uomo e il mondo, sono in grado di produrre con il lavoro intellettuale frutti più abbondanti di autentico progresso umano. La fede non limita la libertà nella ricerca della conoscenza. Al contrario, ne è la maggior garanzia. Questo ancora una volta focalizza la nostra attenzione sul significato autentico della libertà a servizio, e nella ricerca, della verità.

"Se rimanete fedeli alla mia parola", ci dice Gesù, "sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,31-32). Queste parole del Signore proclamano la forza di liberazione della verità. Il loro profondo significato lo si coglie più facilmente quando ricordiamo che Cristo stesso è la verità. E' proprio lui, Cristo, che racchiude in se stesso la verità completa sull'uomo; è lui che è la più alta rivelazione di Dio.

La connessione profonda tra la verità e la libertà riguarda tutta la conoscenza. La verità non limita la libertà. Al contrario la libertà è ordinata alla verità. Di più, la verità della fede non limita l'umana conoscenza.

Piuttosto, l'umana conoscenza apre la strada che conduce alla fede cristiana, e la fede cristiana guida l'umana conoscenza. La fede non offre soluzioni alla ricerca della ragione - che segue i suoi propri principi e metodologie in diversi campi e gode di una legittima autonomia; ciononostante, la fede assiste la ragione nel conseguimento della pienezza del bene della persona e della società.

I colleges ed università cattoliche, quando promuovono la vera libertà nella sfera intellettuale, svolgono un servizio particolare per il bene di tutta la società. La cultura di oggi, influenzata da metodi e modi di pensare caratteristici delle scienze naturali, sarebbe incompleta senza l'investigazione della dimensione trascendente dell'uomo. perciò qualunque corrente filosofica che proclami la validità esclusiva del principio della verifica empirica non potrebbe mai rendere giustizia all'individuo o alla società.

I risultati di tutti gli studi possono essere pienamente utilizzati solo in consonanza con queste verità fondamentali sull'uomo, la sua origine, il suo destino, la sua dignità. Per questo l'università per sua stessa natura è chiamata ad essere sempre più aperta al senso dell'assoluto e del trascendente, per poter facilitare la ricerca della verità al servizio dell'umanità.


4. Per quanto riguarda la conoscenza teologica, subito ci volgiamo alla fede, perché la fede è il fondamento insostituibile e la condizione fondamentale di tutta la teologia. La fede costituisce il suo punto di partenza e il suo continuo e intrinseco punto di riferimento. Sant'Anselmo di Canterbury ci ha dato una bella definizione della teologia: "fides quaerens intellectum". La teologia nasce dalla fede, dal desiderio del credente di comprendere la fede.

Ciò che insegna la fede non è il risultato della umana ricerca ma viene dalla divina rivelazione. La fede non è stata trasmessa alla mente dell'uomo come una invenzione filosofica da perfezionare; piuttosto è stata affidata alla Sposa di Cristo come un deposito divino da custodire fedelmente e interpretare infallibilmente (cfr. Conc. Oec. Vat. II "Dei Filius", ch. IV: DS 3020). Nell'ambito della conoscenza puramente umana, c'è spazio non solo per un progresso verso la verità, ma anche, e non raramente, per il riconoscimento di errori sostanziali. Invece la verità rivelata è stata affidata alla Chiesa una volta per tutte. Ha raggiunto il suo compimento in Cristo. Di qui il profondo significato del termine paolino "deposito" della fede (cfr. 1Tm 6,20). Nello stesso tempo, questo deposito permette ulteriori spiegazioni e una crescente comprensione finché la Chiesa è sulla terra.

Questo compito di raggiungere una sempre più profonda comprensione del contenuto della fede tocca a ciascun membro della Chiesa. Ma il Concilio Vaticano II ci assicura che "l'ufficio d'interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa" (DV 10). Questo "magisterium" non si sovrappone alla parola divina ma la serve con uno specifico "carisma veritatis certum" (DV 8), che include il carisma dell'infallibilità, presente non solo nelle definizioni solenni del Romano Pontefice e dei concili ecumenici, ma anche nel magistero universale ordinario (LG 25), che può veramente essere considerato come una espressione dell'infallibilità della Chiesa.


5. Questo tuttavia non impedisce alla Chiesa di riconoscere ed alimentare un legittimo pluralismo in teologia. Proprio dopo il Concilio, Paolo Vl affermo che "una moderata diversità di opinioni è compatibile con l'unità della fede e con la fedeltà verso le norme e gli insegnamenti del Magistero" (Pauli VI "Allocutio ad participantes Congressui Internationali de Theologie Conciliare", die 1 oct. 1966: Insegnamenti di Paolo VI, IV [1966] 442ss). L'ampiezza di questo pluralismo è limitata dall'unità della fede e dagli insegnamenti del Magistero autentico della fede. Ma dentro la sua competenza, la pluralità di teologie dovrebbe avere una certa base concettuale comune. Non ogni filosofia è in grado di dare quella comprensione solida e coerente della persona umana, del mondo e di Dio, necessaria per qualsiasi sistema teologico che cerca di porre la sua conoscenza in continuità con la conoscenza della fede.

Per comprendere i limiti del pluralismo teologico, è necessario distinguerlo chiaramente dall'unità della fede, che dipende totalmente dalla verità rivelata. Riguardo alle espressioni non-infallibili del Magistero autentico della Chiesa, queste dovrebbero essere accolte con religiosa sottomissione dell'intelletto e della volontà (cfr. LG 25).


6. Con il passare del tempo diventa sempre più evldente come certe posizloni sul cosiddetto "diritto di dissenso" hanno avuto gravi ripercussioni sulla condotta morale di un certo numero di fedeli. "Si è notato - ricordai l'anno scorso nel mio discorso ai Vescovi riuniti a Los Angeles - che vi è una tendenza, da parte di alcuni cattolici, ad essere selettivi nella loro adesione agli insegnamenti morali della Chiesa" ("Allocutio Angelopoli, ad Episcopos Civitatum Foederatarum Americae Septemtrionalis coram admissos", die 16 sept. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 552ss). Alcuni si appellano alla "libertà di coscienza" per giustificare questo modo di comportarsi. E' necessario, perciò, chiarire che non è la coscienza a stabilire "liberamente" ciò che è giusto o sbagliato. Per usare una concisa espressione dei Sermoni di John Henry Newman all'Università di Oxford, si può dire che la coscienza è "uno strumento per individuare la verità morale". La coscienza individua la verità morale: essa interpreta una norma che non è lei a creare (cfr. GS 16; Pauli VI "Allocutio in Audientia generali habita", die 12 febr. 1969: Insegnamenti di Paolo VI, VII [1969] 869ss).


7. Cari fratelli: per portare avanti la missione profetica che ci compete come pastori della Chiesa, è di grande importanza avere la collaborazione dei teologi cattolici e delle facoltà ecclesiastiche. Come riflessione sulla fede, fatta nella fede, la teologia è una scienza ecclesiale che sempre si muove all'interno della Chiesa ed è diretta al servizio della Chiesa. Questa è la radice della grave responsabilità del teologo, specialmente se ha ricevuto la "missio canonica" (cfr. CIC 812) di insegnare in una facoltà ecclesiastica.

L'autentica fede dei teologi, alimentata dalla preghiera e continuamente purificata attraverso la conversione è un dono grande di Dio alla sua Chiesa. Da lei dipendono le buone condizioni della teologia nei nostri giorni. Come ricordai all'Università Cattolica di Washington: "E' giusto che il teologo sia libero, ma di quella libertà che è apertura alla verità e alla luce che provengono dalla fede e dalla fedeltà alla Chiesa" ("Allocutio Vasintoniae, in Catholica Universitate habita". die 7 oct. 1979: , II, 2 [1979] 685ss).

L'istituzione cattolica in cui i Vescovi degli Stati Uniti hanno riposto grandi speranze e che hanno lealmente sostenuto - l'Università Cattolica d'America - ha celebrato l'anno scorso il 100° anniversario della sua fondazione. L'anno prossimo ricorrerà il centenario della concessione dell'autorizzazione papale.

Tutte le conquiste del passato sono opera della grazia di Dio, su cui è felicemente fondata la speranza di un futuro che vedrà sempre più grandi traguardi accademici, tra cui anche quelli teologici. In particolare è da sperare che questa Università e tutte le altre università e colleges cattolici contribuiscano sempre più all'arricchimento della Chiesa negli Stati Uniti e dappertutto, che essi sempre rispondano alla loro vocazione di preparare studenti che siano araldi di cultura, servitori dell'umanità e testimoni della fede.

Ottenga per tutti voi la beata Vergine Maria, "Sedes Sapientiae", la luce di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. Vi sostenga nell'impegno pastorale, porti gioia e pace al cuore del vostro popolo.


Data: 1988-10-15 Data estesa: Sabato 15 Ottobre 1988




Proclamazione di tre nuovi beati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Furono pronti a farsi servi di tutti

Testo:


1. "Signore sia su di noi la tua grazia / perché in te speriamo" (Ps 33,22[32]).

Nella liturgia di questa XXIX domenica del tempo ordinario la Chiesa prega con queste parole del salmo. Tutti noi ritroviamo in esse il contenuto della nostra preghiera personale. Che cosa può desiderare maggiormene l'uomo che sperare in Dio, nel suo dono, nell'opera della grazia che da lui proviene e compenetra tutta la vita umana, così da donarle una nuova dimensione? La dimensione voluta da Dio, la dimensione salvifica.

La Chiesa pone oggi le stesse parole del salmista sulla bocca di coloro, la cui vita e la cui opera vengono additate all'ammirazione e all'imitazione dei fedeli. Sono i nuovi beati: - Bernardo Maria di Gesù - Carlo di sant'Andrea - Onorato da Biala Podlaska.


2. Essi si sono dimostrati pronti - così come gli apostoli - a bere fino in fondo il calice bevuto dal loro Maestro. Ciascuno di loro fu pronto a servire, anzi a diventare il "servo di tutti" (Mc 10,44), guardando il Figlio dell'uomo che "non è venuto al mondo per essere servito, ma per servire" (Mc 10,46). E, servendo, "ha dato la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,46).

Coloro che da oggi la Chiesa venera come beati hanno guardato con gli occhi della fede il Cristo, uomo dei dolori, così come lo ha indicato nella sua visione profetica Isaia, molti secoli prima della passione: "Disprezzato e reietto dagli uomini... che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima" (Is 53,3).

"Ma al Signore è piaciuto / prostrarlo con dolori" (Is 53,10).

Ecco la verità del venerdi santo, alla quale segue l'alba della domenica di Pasqua, poiché alla verità della crocifissione è indissolubilmente legata la innegabile verità della risurrezione: "Quando offrirà se stesso in espiazione, / vedrà una discendenza... / Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà / della sua conoscenza; / il giusto mio servo giustificherà molti, / egli si addosserà la loro iniquità" (Is 53,10-11).


3. Ciascuna di queste persone, che la Chiesa proclama oggi beati, ha vissuto profondamente il contenuto totale del mistero pasquale di Cristo.

Ha imparato a conoscere questo mistero pasquale di Cristo. Ha imparato a conoscere questo mistero mediante l'esperienza della propria fede e del proprio cuore, dell'intelletto e della volontà. Ne ha fatto la base e la sorgente del proprio ministero pasquale, della propria testimonianza, nel quotidiano impegno di "mantenere ferma la professione della fede" (cfr. He 4,14), per potersi accostare "con piena fiducia al trono della grazia" (He 4,16).


4. Mantenne ferma la professione di fede, con esemplare fortezza e generosità, il beato Bernardo Maria Silvestrelli, quando, in un difficile e contrastato periodo storico per la vita ecclesiale di questa città di Roma, volle e seppe, nonostante le opposizioni della famiglia e le resistenze della società politica del suo tempo, dedicarsi a Dio, abbracciando la vita religiosa del passionista, cioè del fedele discepolo e devoto del Crocefisso e dell'Addolorata.

Egli ebbe fiducia nell'opera della grazia, quando i problemi della salute parvero intralciare i suoi passi. Potè scoprire, così che la ricchezza di tale grazia è in grado di aiutare chi ha fede a superare ogni ostacolo, poiché "l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame" (Ps 33[32],18-19). Sorretto dalla grazia, Bernardo Maria poté, anzi, conoscere amici e fratelli molto impegnati, tra cui san Gabriele dell'Addolorata, insieme ai quali camminare sulla via della perfezione religiosa.

La Provvidenza dispose che divenisse egli stesso strumento di misericordia e di grazia, quando fu scelto per formare i giovani della sua comunità, e poi per guidare durante lunghi anni la sua Congregazione passionista, difendendola dalle insidie laicistiche del suo secolo, promuovendone lo sviluppo e confermandone i religiosi nell'ardua sequela di Cristo crocifisso, il "sommo sacerdote", modello e maestro di ogni sacerdote, "provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" (He 4,15).

Il nuovo beato incoraggia anzitutto i religiosi della sua Congregazione a continuare con animo generoso nell'austera disciplina della vita passionista, per essere davanti al mondo, memoria vivente della passione di Cristo. A tutti i fedeli, poi, rinnova l'invito a coltivare in cuore una ferma fiducia nell'aiuto di Dio anche nei momenti difficili della vita, perché il Signore resta sempre "aiuto" e "scudo" di chi in lui confida (cfr. Ps 33,20[32]).


5. In padre Carlo di sant'Andrea, un altro sacerdote della Congregazione passionista, troviamo un fulgido esempio della potenza divina che opera per consolare, riconciliare e guarire il suo popolo attraverso il ministero dei suoi fedeli servitori. Il ministero sacerdotale del beato Carlo si svolse nel continuo servizio agli altri. La sua vita è caratterizzata dalla umile ed esemplare dedizione al servizio, che determina la vera grandezza di un discepolo. Come dice Gesù ai discepoli nel Vangelo di oggi: "Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43-44).

La vera santità esercita un influsso sugli altri, un influsso che va al di là della pura spiegazione naturale. Le migliaia di persone che furono attirate a Dio attraverso la santità di padre Carlo testimoniano questa verità. La potenza della grazia di Dio che opera nel suo ministero produce molti frutti spirituali nella vita di innumerevoli persone. Lavora senza tregua in Inghilterra e in Irlanda. Nel monastero passionista del Monte Argus a Dublino egli acquisto grande fama di santità e molti vennero a lui per consultarlo e ricevere il sacramento della Penitenza. Egli perdonava i loro peccati nel nome di Cristo e li guidava a una migliore comprensione del messaggio evangelico di riconciliazione.

Fin dai primi giorni nel noviziato passionista di Ere, in Belgio, egli medito devotamente il mistero della passione del Signore. Egli aveva sperimentato la divisione tra i cristiani nel Paese nativo, i Paesi Bassi, e giunse a vedere questa mancanza di unità dei cristiani come una partecipazione alle sofferenze del Signore. Questo si rese sempre più evidente per lui nelle parole della preghiera di Cristo al Padre alla vigilia della sua passione: "Che tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). Dopo la professione dei voti religiosi e il completamento degli studi teologici, il beato Carlo fu dapprima mandato in Inghilterra per rispondere ai bisogni spirituali dei fedeli cattolici e per lavorare per l'unità dei cristiani. Cinque anni dopo fu mandato a Dublino per aiutare la nuova fondazione dei passionisti. A Dublino gli divenne chiaro che doveva soprattutto dedicarsi al ministero della riconciliazione nel sacramento della Penitenza. Egli doveva confortare ed assistere le persone spiritualmente angustiate, e Dio fece prosperare il suo ministero facendo guarire alcuni malati che erano venuti a farsi benedire da lui. Ogni giorno doveva occuparsi delle difficoltà degli altri. In una parola, seguiva l'esempio di Gesù, venuto "non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti".

L'esempio eccezionale di padre Carlo deve servire di ispirazione a tutti i figli spirituali di san Paolo della Croce. Il suo impegno nel ministero della riconciliazione nel sacramento della Penitenza incoraggia tutti i sacerdoti a continuare a mettere questo sacramento a disposizione dei fedeli. Il suo esempio li aiuta ad avere grande fiducia nella potenza di Dio che opera nel loro ministero. Il beato Carlo richiama tutti i cristiani ad essere una sola cosa nell'unità per la quale Cristo ha pregato nell'ultima cena; egli li implora "nel nome di Cristo a lasciarsi riconciliare con Dio".


6. Ecco colui al quale il Signore ha donato la sua grazia: religioso dedito con magnanimità e fino in fondo al suo ideale di frate minore cappuccino. Vero figlio spirituale di san Francesco. sacerdote e apostolo. Assiduo ministro del sacramento del Perdono e della Riconciliazione, il suo eroico servizio nel confessionale divenne una vera direzione spirituale. Ebbe il profondo dono di saper scoprire e mostrare le vie della vocazione divina. Era uomo di costante preghiera, particolarmente nell'adorazione del Santissimo Sacramento; immerso in Dio e ad un tempo aperto alla realtà terrena. Un testimone oculare disse che egli "camminava sempre con Dio".

E' vissuto, come è noto, in tempi difficili: tempi difficili per la patria e per la Chiesa. La Polonia aveva subito le spartizioni. Nel cosiddetto Regno di Polonia era stato proclamato, dopo l'insurrezione di gennaio, lo stato di guerra. Erano stati soppressi tutti gli ordini religiosi, ed erano rimasti soltanto alcuni monasteri, condannati praticamente a morte, perché i noviziati erano stati chiusi. Su tutti i campi della vita scolastica gravava il terrore poliziesco. Fu allora che il nostro beato formulava il principio che divenne l'ispirazione per la sua attività apostolica: "lo "stato" dei religiosi e delle religiose è un'istituzione divina, quindi non può venir meno, poiché senza di esso il Vangelo non sarebbe realizzato, perciò può e deve cambiare soltanto forma" (O. Kozminski "Notizie sulle nuove congregazioni religiose", Krakow 1980, 45).

Egli cercava personalità eminenti e condivideva con esse la sua sollecitudine per la sorte della patria, della Chiesa e degli istituti religiosi in Polonia.

Quanto eloquente è la sua confidenza: "bisogna pregare ferventemente, il Signore vuole qualche cosa da me... sempre più spesso vengono a me le anime di diversi stati, istruzione, libere e chiedono di indicar loro la direzione, vogliono entrare in un convento, e soprattutto chiedono il permesso di fare i voti di castità. I conventi non ci sono. Dove e come guidare queste anime? Prima di tutto, non è lecito mandarle all'estero, poiché ciò è il frutto di questa terra; qui devono rimanere, non è lecito privare questa terra del frutto maturo e più bello che essa ha dato. Che cosa rimarrà qui quando toglieremo le anime sante, chiamate? Dio vuole qualche cosa, egli provvederà... Pregate anche voi perché otteniamo la luce di Dio, perché Dio riveli ciò che vuole che noi facciamo per queste anime" (J. Chodzynska "Diario", 10-11).

Così ha pensato e operato il beato Onorato, al quale il Signore ha dato la sua grazia e che era spinto da una forza interiore. Indicava la via alla perfezione che nasceva dalla lettura del Vangelo e dalla contemplazione.

Incoraggiava a rimanere nel suo ambiente e ad imitare la vita di Gesù e Maria a Nazaret, a praticare i consigli evangelici nel nascondimento, senza segni esterni.

Divenne un innovatore della vita monastica e fondatore di una sua nuova forma simile agli odierni istituti laicali. Mediante le sue figlie e i suoi figli spirituali cercava di far rigenerare nella società lo spirito di zelo dei primi cristiani, e raggiungeva per il loro tramite tutti gli ambienti. Ancora oggi diciassette congregazioni, provenienti dalla cerchia della sua spiritualità, operano in diciannove Paesi sui quattro continenti. "Chi vuol essere grande tra voi - dice Cristo - si farà vostro servitore... e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43-44).

Il beato Onorato diceva: "Quotidie a Christo exeo, ad Christum eo et ad Christum redeo" ("Ogni giorno vengo da Cristo, vado a Cristo e ritorno a Cristo").

Si è abbandonato a Cristo, sapienza incarnata, come suo schiavo, secondo le direttive di san Luigi Grignon de Montfort. Ripeteva spesso "totus tuus".

Chiedeva che Maria fosse per lui "protettrice, mediatrice, ausiliatrice, maestra delle sue prediche, consigliera per le confessioni, garante della castità, consolatrice, riparatrice".

Il sacerdote Onorato è stato provato da numerose sofferenze fisiche e spirituali. "Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori" (Is 53,10).

Quando ricevette la decisione della Chiesa che lo privava della direzione delle congregazioni e ne cambiava il carattere, scriveva: "lo stesso Vicario di Cristo ci ha rivelato la volontà di Dio ed eseguo quest'ordine con la fede più grande... Ricordate, venerabili fratelli e sorelle, che a voi si presenta l'occasione di dimostrare l'obbedienza eroica alla santa Chiesa" (O. Kozminski "Le lettere circolari alle Congregazioni").

Ed ecco, dopo il suo intimo tormento ha visto la luce e si è saziato della sua conoscenza (cfr. Is 53,11). Oggi riceve la gloria degli altari nella Chiesa. Ci mostra come leggere "i segni dei tempi". Come perseverare, secondo il volere di Dio, e operare nei tempi difficili. Egli insegna come risolvere, nello spirito del Vangelo, i problemi difficili e come rimediare ai bisogni umani alle soglie del terzo millennio da quando "il Figlio dell'uomo... è venuto non per esser servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (cfr. Mc 10,45).


7. "Signore, sia su di noi la tua grazia, / perché in te speriamo".

Ringraziamo oggi la Santissima Trinità per quella grazia, da cui fu pervasa e guidata la vita terrena dei nuovi beati: - Bernardo - Carlo - Onorato.

Ecco, essi hanno sperato in Dio. Come servi di Cristo sono diventati grandi nello Spirito.

Nell'odierno atto solenne della beatificazione lo stesso Signore "prolunga" in un certo senso i giorni della loro vita e permette loro di vedere la "discendenza", nata dalla grazia dello Spirito Santo anche per opera del loro ministero.

E noi qui raccolti, unendoci alla santissima Genitrice di Dio, ripetiamo nella comunione dei santi la stessa preghiera del salmista: "Signore, sia su di noi la tua grazia, / perché in te speriamo".


Che questa grazia ci aiuti a servire i fratelli, seguendo l'esempio di Cristo, il quale "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45) [Omissis. Ringraziamento al termine della santa Messa]


Data: 1988-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1988




Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pio XII: si lascio prendere per mano da Maria santissima, Madre diletta

Testo:

E' stato ricordato in questi giorni il 30° anniversario della morte di Papa Pio XII, mio venerato predecessore. Pur allontanandosi nel tempo, la sua figura resta sempre viva nell'animo di quanti hanno conosciuto i tratti della sua amabile persona e il suo luminoso magistero dottrinale e spirituale, del quale rimangono documenti fondamentali.

In questa preghiera mariana, vorrei solo sottolineare il grande posto che la devozione alla Vergine santissima ebbe nella sua vita interiore e nel suo Pontificato. Già nel ricordino della sua prima Messa, celebrata nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, davanti alla venerata icona della "Salus populi romani", egli aveva scritto con devoto trasporto: "Alma Madre di Dio, al cui altare per la prima volta ho sacrificato a Dio immortale, tu che godi di essere chiamata Salvezza del popolo cristiano, assistimi".

Elevato alla Cattedra di Pietro, come pastore universale, consacro il mondo al Cuore Immacolato di Maria. Il fatto più significativo del suo Pontificato è la solenne proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria santissima in cielo in anima e corpo, da lui compiuta in questa piazza il 1° novembre 1950, tra manifestazioni incontenibili di gioia dei fedeli. In occasione del centenario della definizione della Immacolata Concezione, indisse il primo anno mariano con l'enciclica "Fulgens Corona" per ravvivare la pietà popolare verso la Madonna.

Quasi a suggello del suo Pontificato pubblico l'enciclica "Ad Coeli Reginam", con cui annuncio anche l'istituzione della festa liturgica della Regalità di Maria. In questo mirabile documento esortava, tra l'altro, ad avere "in sommo onore il nome di Maria, più dolce del nettare, più prezioso di qualunque gemma" e ad "imitare, con vigile e diligente cura, nei propri costumi e nella propria anima, le grandi virtù della regina celeste e nostra Madre amatissima".

Sull'esempio di quel grande Pontefice, che si lascio prendere per mano da Maria santissima, come Madre dilettissima, apriamo anche noi il nostro cuore a lei, che veglia su ciascuno di noi e sul mondo intero. Ci insegni lei a vincere il male, ad amare i fratelli e a metterci alla scuola di Gesù, "il frutto benedetto del suo seno".

[Ai religiosi passionisti convenuti in piazza San Pietro per la beatificazione dei due confratelli Bernardo e Carlo] Rivolgo ora il mio saluto ai religiosi passionisti, qui convenuti da ogni parte d'Italia e del mondo, per la beatificazione dei confratelli Bernardo Maria Silvestrelli e Carlo Houben. Valga il loro esempio, carissimi, a confermarvi nel proposito di seguire generosamente il Cristo crocifisso, dalla cui imitazione essi trassero ispirazione e stimolo per una testimonianza di vita che oggi la Chiesa ha suggellato elevandoli all'onore degli altari. La croce di Cristo, morto e risorto, resta la parola definitiva dell'amore di Dio per noi. Non stancatevi di farvene eco con la predicazione e con l'esempio.

Il mio saluto si estende anche alle centinaia di giovani che hanno partecipato, la scorsa estate, alla tendopoli presso il Santuario di San Gabriele e che oggi hanno preso parte alla cerimonia di beatificazione.

Vi ringrazio, carissimi giovani, per la vostra presenza così significativa, e vi esorto a trarre da questi eventi ecclesiali un nuovo slancio per il vostro impegno di vita cristiana, nella luce che proviene dalla croce del Signore.

Saluto, infine, i pellegrini presenti in piazza San Pietro in questo giorno di festa ed auspico che la visita alle tombe degli apostoli e dei martiri rafforzi in loro la volontà di aderire con tutto il cuore a Cristo e di portarne il messaggio nei rispettivi ambienti di vita.


A tutti la mia benedizione apostolica. [Omissis. Seguono i saluti in varie lingue]


Data: 1988-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1988




A un gruppo di fedeli polacchi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Devo molto al retaggio della mia terra natale"

Testo:

Cari compatrioti! Pellegrini venuti dalla Polonia e dai Paesi di emigrazione!


1. Vorrei ringraziarvi per la vostra odierna presenza. Sono lieto che oggi, fra i tre nuovi beati, ci sia padre Honorat Kozminski, fondatore di tante comunità religiose che svolgevano un'attività clandestina - da qui il loro nome di "nascondigli" - sotto il duro regime degli zar, nel più difficile periodo storico della nostra nazione. Sono lieto anche perché questa beatificazione avviene oggi, il 16 ottobre.

Questa data significa per me l'inizio di una nuova vocazione: del mio ministero petrino nella Chiesa. Ogni anno, il 16 ottobre, nel tardo pomeriggio, ringrazio Dio per l'anno che si è compiuto, e gli affido quello che sta per iniziare. Oggi, 16 ottobre del 1988, si tratta ormai di un intero decennio. Vi ringrazio molto di essere venuti a Roma in questo giorno. Ringrazio i Cardinali presenti: il Primate della Polonia, il mio successore nella sede di san Stanislao a Cracovia e il Cardinale Andrea Deskur che dall'inizio è stato per me un particolare sostegno. Ringrazio gli Arcivescovi e i Vescovi. Ringrazio i rappresentanti delle autorità centrali e regionali. Questo sincero ringraziamento lo estendo a quanti sono uniti a noi in patria e nei luoghi di emigrazione, a tutti i sacerdoti, religiosi e persone consacrate, a tutti i connazionali.

Seguendo un'antica tradizione polacca, dico: Dio vi ricompensi! Che Dio vi ricompensi non solo per questa giornata, ma per tutti i giorni dell'intero decennio. Negli Atti degli Apostoli si legge: "una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per Pietro" (cfr. Ac 12,5), quando Pietro è stato imprigionato da Erode a Gerusalemme. Una simile preghiera accompagna i successori di Pietro. So che accompagna anche me, e che la Chiesa in Polonia, i miei compatrioti partecipano a questa preghiera della Chiesa universale in modo particolare.

Lo sento continuamente. In modo particolare l'ho sentito nel 1981, dopo il 13 maggio. E' inestimabile il debito di riconoscenza, che risale a quel periodo, verso colei che è la nostra protettrice e mediatrice, e anche verso tutti i miei fratelli e sorelle.

Dio ha già chiamato a sé il Cardinale Stefan Wyszynski con il quale abbiamo partecipato al Conclave del 1978. Non mi scordero mai quello che mi disse quel 16 ottobre - solennità di sant'Edvige di Slesia - mentre il Conclave era prossimo alla decisione definitiva: "Se la eleggono non rifiuti, per favore". Il Primate del Millennio mi fu allora di grande aiuto. Alla domanda, rivoltami nel momento dell'elezione, potei rispondere: "in obbedienza a Cristo mio Redentore e Signore, in affidamento alla sua Madre - accetto".


2. Non mi sento chiamato a fare oggi un bilancio del decennio passato. Che sia Dio il giudice misericordioso di tutti i pensieri, di tutte le parole e di tutti gli atti - del mio intero servizio. Quello invece che chi esercita questo servizio apostolico dovrebbe pensare di sé, ce l'ha insegnato Cristo stesso: "dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17,10).

L'ormai prossimo anno duemila, la fine del secondo e l'inizio del terzo millennio dalla nascita di Cristo, ci orienta verso quello che "dobbiamo fare". Il Concilio Vaticano II in un certo senso ha preparato la Chiesa al suo servizio, alla sua missione in questa tappa della storia. Tutti i giorni abbiamo le prove che il mondo di oggi attende questo servizio. Ciò non toglie pero che, qualche volta, sia la Chiesa che Cristo sono per lo stesso mondo "segno di contraddizione" (Lc 2,34).

In tutti questi anni la provvidenza divina mi ha permesso di avvicinarmi alla Chiesa che vive nei vari continenti e nei diversi Paesi della terra. Sono convinto che questo è stato possibile grazie al Vaticano II. Vi hanno contribuito diversi fattori, come la collegialità dell'episcopato, tutto il programma conciliare di rinnovamento, l'ecumenismo, e la consapevolezza che la Chiesa è il "sacramento" che opera nel mondo, in mezzo alla grande famiglia umana (cfr. LG 1).

Affrontando le diverse esperienze del mio ministero rimango sempre consapevole di quanto devo, in tutto ciò, a quel retaggio della fede, della cultura e della storia, che ho portato con me dalla mia terra natale.

Devo molto a questo retaggio poiché esso mi rende sempre aperto verso le multiformi ricchezze dei popoli e delle nazioni che fanno parte della comunità della Chiesa universale. Questo mio retaggio non mi chiude in me stesso, ma aiuta a scoprire e a capire gli altri. Mi permette di prendere parte alla vita della grande famiglia umana, dove è sempre attuale il desiderio di pace e di giustizia.

E questo desiderio è unito, in modo organico, alla sfera dei diritti e dei doveri: diritti e doveri dell'uomo, diritti e doveri della nazione.


3. Io penso ai diritti e ai doveri della mia nazione, di ogni uomo in Polonia, nel contesto delle esperienze che la Chiesa acquisisce compiendo la sua missione nel mondo contemporaneo.

Penso, e non mi stanco mai di affidare tutte queste cose, nella mia preghiera, a colei alla quale si rivolge incessantemente il nostro appello di Jasna Gora, l'appello del nostro Millennio: "sono con te, ricordo, veglio!".

Ringrazio il Signore e gli uomini perché nell'ultimo decennio mi è stato dato di visitare la Polonia per ben tre volte, nell'ambito del ministero petrino che svolgo tra le Chiese in vari Paesi e in ogni continente. Credo che ogni mia visita in Polonia sia importante anche per quanto riguarda la missione della Chiesa in tutto il mondo contemporaneo.

Con l'approssimarsi dell'anniversario dell'indipendenza sarebbe opportuno gettare di nuovo uno sguardo su tutta la storia millenaria della nazione e della repubblica che per tanti secoli è stata la repubblica di molte nazioni.

Anche se gravano su di essa errori e colpe - soprattutto nostri - non bisogna dimenticare il suo multiforme patrimonio storico. Il 600° anniversario del Battesimo della Lituania, celebrato l'anno scorso, e il millennio del Battesimo della Rus' di Kiev quest'anno, sono ricorrenze che passano non solo vicino, ma in un certo senso, anche dentro la nostra storia.

Un fatto importante per l'Europa è stato, ed è ancor'oggi, il rendersi conto delle origini di quel processo che è per sempre legato ai nomi dei "fratelli Solun", santi Cirillo e Metodio: "Slavorum Apostoli".

Il prossimo anniversario dell'indipendenza deve essere visto anche nel contesto delle esperienze degli ultimi anni e decenni. Su tutti i fronti della seconda guerra mondiale i polacchi hanno versato il proprio sangue per l'indipendenza. E questa indipendenza non deve essere amministrata secondo criteri geopolitici, ma soltanto con il criterio dell'autentica sovranità della nazione nel proprio Paese.

Non esiste, infatti, altra strada per superare la crisi economica di cui si parla e si scrive così tanto. Non mancano, di certo, le diagnosi che ne rivelano le cause essenziali. E' estremamente importante che ci sia una fiducia reciproca tra le autorità e la società. A tale fiducia si arriva con un sincero e coraggioso impegno di tutti, centrato sul bene comune, e con la serietà da ambedue le parti nel rispettare gli accordi e le intese.

I Vescovi polacchi hanno espresso tutto ciò, mossi dalla loro responsabilità pastorale, nel Comunicato della 230a Conferenza Plenaria dell'episcopato, del 6 ottobre scorso.

"I Vescovi seguono con molta attenzione le iniziative delle forze sociali e dei rappresentanti delle autorità statali, tese a trovare una via d'uscita per questa situazione, una via d'intesa, e non di scontro. Con molto interesse è stata accolta la relazione dei preparativi per la tavola rotonda.

I Vescovi hanno espresso la loro convinzione che verrà garantito il diritto dei lavoratori, soprattutto degli operai e dei contadini, di aderire ai sindacati da loro liberamente scelti. L'intesa sui valori principali dovrebbe creare la base per una fondamentale riforma dello stato, delle sue strutture e dell'economia nazionale. In tal modo si darà inizio ad un processo di consolidamento sociale, e si contribuirà al rafforzamento della posizione polacca sul piano internazionale. La Chiesa appoggerà le azioni volte a favorire il bene comune" (Episc. Poloniae "Relatio de 230a Conferentia Plenaria", die 6 oct. 1988).

Oggi desidero assicurare tutti i miei compatrioti che aspetto con loro quel momento in cui le analisi, le diagnosi e le dichiarazioni si tradurranno in fatti concreti che renderanno sicuro il futuro della nazione.


4. Dieci anni or sono, iniziando il mio ministero nella sede romana di san Pietro, ho sentito il bisogno di esprimere alcuni pensieri su Cristo, redentore dell'uomo, che dopo hanno preso forma nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis".

L'affermazione che "l'uomo è la via della Chiesa" (RH 14) si radica in quella verità evangelica che è stata riscoperta, in un certo modo, dal Concilio, nella costituzione "Gaudium et Spes": Cristo "rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso e gli mostra la sua suprema vocazione" (GS 22). Fuori da Cristo l'uomo non conosce pienamente se stesso. Non sa in fondo chi è.

In risposta alla vostra odierna presenza a Roma, cari compatrioti, e anche alla presenza spirituale di tanti miei fratelli e sorelle nella patria e nei luoghi di emigrazione, vorrei augurare a tutti e a ciascuno di realizzare questa verità "conciliare" sull'uomo.

E' una cosa che si può augurare dopo i mille anni del cristianesimo in Polonia. E che si deve augurare di fronte alle esperienze del nostro secolo. In ogni caso io non trovo altro augurio che corrisponda in modo più completo a tutto ciò che ho sperimentato dai figli e dalle figlie della nostra patria comune.

Quindi, auguro a ciascuno e a tutti di scoprire mediante Cristo una matura pienezza dell'umanità.

Auguro inoltre che nella nostra patria ogni uomo sia sempre di più la "via di Cristo"! L'uomo! L'uomo vivo è la gloria di Dio. Nello stesso tempo è il bene maggiore di tutta la comunità: della famiglia o della nazione.

Consegno tutti questi voti alla Madonna di Jasna Gora, Madre di tutti i polacchi, con le parole di questo canto dei pellegrini: "O Madre, che ci conosci, sii con i tuoi figli! Illumina con la speranza le nostre vie; cammina con tuo Figlio al nostro fianco!".


Data: 1988-10-16 Data estesa: Domenica 16 Ottobre 1988





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