GPII 1981 Insegnamenti - Cattedrale di Jaro in Iloilo: Incontro con rappresentanti di organizzazioni e movimenti cattolici

Cattedrale di Jaro in Iloilo: Incontro con rappresentanti di organizzazioni e movimenti cattolici

Titolo: Ruolo ecclesiale dei laici nel dialogo di salvezza voluta da Cristo

Cari fratelli e care sorelle, sono venuto alla città di lloilo per annunciare a voi tutti il mio amore in Cristo Gesù. Saluto tutti gli abitanti di questa città e tutto il popolo di questa grande Arcidiocesi di Jaro. Desidero esprimere la mia stima fraterna per i sacerdoti e le suore che lavorano in questo settore della vigna del Signore, e offrire a tutti voi il mio incoraggiamento e il mio appoggio allo sforzo che fate ogni giorno per proclamare il Vangelo di Dio con la parola e l'esempio, per costruire la comunità dei fedeli.

1. Ma la provvidenza di Dio ha stabilito in modo molto speciale che questa parte della mia visita fosse dedicata ad un incontro con i laici cattolici, e in particolare con rappresentanti delle varie associazioni e dei vari movimenti. Miei cari laici: saluto in voi gli eredi della fede cattolica che è profondamente radicata nella tradizione e nella cultura del popolo filippino. Rendo grazie a Dio per il vostro amore e lo zelo radicati in voi dallo Spirito di Gesù. Mi sento molto vicino a voi oggi, è come se mi diceste che apprezzate la vostra missione nella Chiesa, e che volete essere rafforzati e incoraggiati nella vostra vocazione cristiana come laici consacrati nel Battesimo e uniti a Cristo con la fede. Ed è per questo che sono venuto: per parlarvi della vostra dignità cristiana, cosa significa appartenere a Cristo; della responsabilità della vostra missione e dell'urgenza del compito che Cristo vi ha affidato.


2. Si, amati laici, Gesù Cristo stesso con il suo Battesimo e la sua Confermazione vi ha impegnati all'apostolato dei laici, questa meravigliosa condivisione della missione salvifica della sua Chiesa (cfr. LG 33). La vostra missione e il vostro destino sono legati per sempre a Cristo salvatore del mondo. Avete un ruolo specifico da svolgere nell'attuazione del piano di redenzione di Dio. Il Concilio Vaticano II ha parlato della necessità di riconoscere la partecipazione di tutto il creato alla lode di Dio. Vi ha chiamati, con la vostra attività nel mondo, ad aiutarvi vicendevolmente, a raggiungere una santità di vita ancora maggiore, "affinché questo mondo possa essere riempito dallo Spirito di Cristo e possa compiere più efficacemente il suo destino nella giustizia, nell'amore e nella pace" (LG 36).

Per realizzare questo, dovete restare uniti con Cristo. Le sue parole sono il fondamento per la vostra efficacia: "Io sono la vite voi i tralci... senza di me non potete fare nulla" (Jn 15,5). Egli vi chiama veramente oggi stesso ad un maggiore amore, perché v'invita ad una continua conversione del cuore. Vi chiama ad una maggiore unione con Lui nella sua Chiesa, perché è qui che lo trovate.

L'unione con Cristo nella sua Chiesa e inoltre la condizione essenziale per tutta la vostra efficacia apostolica. E' Cristo che vi affida la vostra missione, ma una missione che è coordinata nell'unità del suo Corpo dai pastori della Chiesa.

Questo spiega il grande valore che esiste in una comunione amorevole di fede e di disciplina con i vostri Vescovi i quali, nelle parole della lettera agli Ebrei, "devono rendere conto del modo in cui vegliamo sulle vostre anime" (He 13,17).


4. Avete udito la Buona Novella di salvezza e l'avete abbracciata con gioia, dando frutti di giustizia e santità di vita. E' tuttavia importante che la grazia della fede si sviluppi in voi e in tutti i credenti con l'aiuto di Dio, e vi porti ad una conoscenza più profonda della persona e del messaggio del nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Giovanni Paolo II, CTR 19). La necessità di una catechesi sistematica è una delle massime esigenze della Chiesa al giorno d'oggi.

E' una grande sfida per voi come cattolici filippini. Come laici siete chiamati, individualmente e collettivamente, a rispondere a questa sfida.


5. Tra tutte le possibilità aperte al vostro esercizio dell'apostolato individuale, la famiglia occupa un posto di importanza primaria. La famiglia può dare una risposta efficace alla secolarizzazione del mondo; la famiglia ha un carisma speciale di trasmissione della fede e di assistenza nello sviluppare un'evangelizzazione iniziale. Nell'intimità della famiglia, ciascun individuo può trovare una opportunità per dare testimonianza personale dell'amore di Cristo. I genitori hanno il diritto e il dovere di catechizzare i loro figli; hanno l'immenso privilegio di essere i primi ad insegnare ai loro figli a pregare. Per citare le parole del mio predecessore Giovanni Paolo I, vorrei "incoraggiare i genitori nel loro ruolo di educatori dei loro figli, i primi catechisti e i migliori. Quale grande compito e quale sfida per essi: insegnare ai figli l'amore di Dio, e farne qualcosa di reale per essi. E' con la grazia di Dio, com'è facile per alcune famiglie svolgere il ruolo di "primum seminarium": il germe di una vocazione al sacerdozio viene alimentata attraverso la preghiera familiare, l'esempio della fede e il supporto dell'amore" (21 settembre 1978).


6. Oltre alle svariate opportunità di esercitare l'apostolato individuale, raccomando fortemente di intensificare l'apostolato di gruppo attraverso organizzazioni cattoliche e movimenti laici ispirati alla Chiesa. Voglio citare con profonda gratitudine l'immenso servizio reso alla Chiesa dalle organizzazioni cattoliche durante gli ultimi decenni. La loro dedizione all'apostolato dei laici secondo i carismi delle loro rispettive finalità ha meritato l'ammirazione della gerarchia, e desidero aggiungere il mio proprio apprezzamento. Senza dubbio potranno essere desiderabili alcuni cambiamenti e adattamenti per rendere queste organizzazioni e questi movimenti meglio idonei a venire incontro alle attuali esigenze dell'apostolato, ma l'esistenza di queste associazioni e di questi gruppi continua ad essere il grande aiuto per la missione della Chiesa.

Consultandovi con i vostri Vescovi e Parroci, siate aperti ai metodi nuovi di attività apostolica per costruire continuamente il Corpo di Cristo. Le comunità cristiane piccole, in cui sono più facilmente possibili scambi personali e la pratica dell'amore e della solidarietà fraterna, aprono vaste possibilità di creatività nell'apostolato. Ricordate sempre che l'efficacia della vostra attività nell'apostolato dipende dalla vostra unità con la gerarchia e tra di voi. Il vostro apostolato sarà fruttuoso nella misura in cui sarete fedeli e fermamente attaccati alla Chiesa locale nella quale siete inseriti, e alla Chiesa universale (cfr. Paolo VI EN 58).


7. II continuo impegno cristiano collettivo del popolo laico filippino non è sentito soltanto nella comunità ecclesiale. E' anche una forza immensa che porta la potenza del Vangelo ad agire sulla cultura, trasformandola e rigenerandola.

Operando in armonia con la loro natura ecclesiale, le vostre associazioni e i vostri movimenti sono un mezzo particolarmente efficace per proclamare l'impegno della Chiesa alla dignità della persona umana e al progresso della libertà e dei diritti di tutti i filippini. Il Popolo di Dio, gratificato dalla pace di Dio, deve sentirsi impegnato sempre e comunitariamente a realizzare questa umana giustizia che è un requisito della pace sociale.


8. Cari fratelli e sorelle: non dovete sorprendervi se talvolta le iniziative più degne sono soggette alla fragilità umana e alla opposizione altrui. La vigilanza è sempre una condizione per la libertà cristiana, la vigilanza espressa soprattutto nella preghiera. Gesù disse ai suoi discepoli: "Vegliate e pregate per non cadere in tentazione" (Mt 26,41). Possono presentarsi tentazioni ideologiche, possono sorgere divisioni, ma la grazia di Cristo è sufficiente per voi, la grazia di Cristo che vi chiama all'unità e all'amore fraterno, la grazia di Cristo che vi trasforma in un popolo di speranza.

Gesù Cristo vi ha veramente chiamati a condividere la sua missione salvifica, e a costruire la comunione della sua Chiesa. Nello stesso tempo Egli ci prepara per lo sforzo cristiano e per la vittoria: "Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Jn 16,33). E vincendo il mondo in tutto ciò che è peccaminoso e corrotto, voi sarete nello stesso tempo capaci di offrire al Padre, in unione con Cristo, la gloria della creazione, e rivolgerla alla lode della Santissima Trinità. Come laici nel mondo potete portare un contributo unico nel suo genere, in un ruolo ecclesiale, al dialogo di salvezza della Chiesa. Potete offrire al mondo non soltanto il messaggio di Cristo ma anche la sua concreta applicazione nella vostra vita favorendo lo spirito stesso di dialogo in amicizia, nel servizio e nell'amore. Miei cari fratelli e sorelle: è questa la vostra dignità e la vostra forza: restare uniti con Cristo, condividendo la sua missione salvifica, promuovendo la sua causa, costruendo il suo Regno di verità e vita, di santità e grazia, di giustizia, di amore e di pace. Voi fate questo, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, nel posto ordinario eppure estremamente importante che occupate nella vostra vita quotidiana di cristiani.


9. E non dimenticate mai che Maria Madre di Dio è con voi. Essa è la Madre della misericordia e del bell'amore, che vigila sul popolo filippino da secoli e che continuerà a presiedere al vostro destino negli anni che vengono. Vi condurrà al suo Figlio e vi aiuterà a comunicarlo ad altri, a comunicare Gesù al mondo.

Data: 1981-02-20
Venerdi 20 Febbraio 1981


Legazpi City, Penaranda Park: Omelia alla Messa per gli agricoltori

Titolo: Il dono della terra e il mistero del lavoro

Diletti fratelli e sorelle,

1. Le letture della liturgia odierna, ascoltate sullo sfondo del vostro splendido Mayon, assumono uno speciale significato e una vivida chiarezza. Il cono quasi perfetto del Mayon accentua il verdetto di perfezione pronunciato da Dio riguardo alla sua creazione.

Ma non è soltanto la bellezza della creazione che viene ricordata dal Mayon. La sua forma ci fa pensare a mani in atteggiamento di ringraziamento e di accettazione: ringraziamento per il dono della terra a tutto il popolo, e accettazione di mettere in essa lo sforzo umano del lavoro.

Ho atteso con impazienza d'incontrarvi, per darvi questo duplice messaggio: la terra come dono di Dio per tutti gli uomini, e il mistero meraviglioso del lavoro.


2. Perché proprio a voi, cari agricoltori? Perché voi siete importanti e avete un posto speciale nel piano di Dio per il mondo: voi fornite cibo per tutti i vostri simili. E' un compito che merita l'apprezzamento e la gratitudine di tutti; è un compito che merita il riconoscimento della dignità di coloro che vi sono impegnati. Avete tutto il diritto di aspettare quindi dal Papa, che è vostro padre, fratello e servo in Cristo, una parola d'incoraggiamento e di speranza, di guida e di sostegno.

Ma desideravo così ardentemente d'incontrarvi non solo per questo motivo, ma anche per proclamare i valori importanti ai quali la vostra vita rende testimonianza. Il lavoro rurale possiede realmente delle ricchezze umane e religiose invidiabili: un amore profondamente radicato della famiglia e della pace, un senso religioso, un apprezzamento dell'amicizia, fiducia e apertura verso Dio, e devozione alla Beata Vergine Maria, particolarmente nel vostro caso sotto il titolo di Nostra Signora di Penafrancia.

Non esaltate voi forse questi valori quando cantate: Kung ang hanap mo ay ligaya sa buhay (Se cerchi la felicità nella vita) Sa libis ng nayon doon manirahan: (vai a vivere in campagna) Taga-bukid man ay may gintong kalooban, (sono contadini, ma hanno un cuore d'oro) Kayamanan at dangal ng kabukiran (tesoro e orgoglio della fattoria)? E' un ben meritato tributo di riconoscimento che il Papa desidera esprimervi, perché la società vi è veramente debitrice. Grazie, cari agricoltori, per il vostro prezioso contributo al benessere sociale degli uomini; la società vi deve molto.


3. Il vostro specifico contributo alla società si basa sulla vostra profonda e viva consapevolezza che la terra è dono di Dio, un dono che Egli fa a tutti gli uomini, che Egli desidera vedere riuniti per formare una sola famiglia e trattarsi l'un l'altro come fratelli e sorelle (cfr. GS 24). Non viene forse sottolineato questo dono nel primo capitolo del Genesi? "E Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo"" (Gn 1,29). La terra appartiene all'uomo perché Dio l'ha affidata all'uomo, e con il suo lavoro l'uomo la sottomette e le fa dare frutti (cfr. Gn 1,28).

Cosa ne consegue? Che non è volontà di Dio - non è secondo il suo piano - che questo dono sia usato in modo tale che i suoi benefici vadano a vantaggio solo di pochi, mentre altri, la grande maggioranza ne sono esclusi. E quando questa grande maggioranza è effettivamente esclusa dal condividere i benefici della terra, e quindi condannata ad uno stato di inedia, di povertà e di vita al limite della sufficienza, la cosa è estremamente grave.

In questo caso infatti la terra non serve alla dignità della persona umana, la persona umana chiamata alla pienezza di vita in Cristo Gesù! Ma è proprio questo che voi siete e dovete sempre continuare ad essere, ai vostri occhi e agli occhi degli altri, in teoria e in pratica. Di conseguenza dovete essere in grado di realizzare le vostre capacità umane, capacità di "essere di più".

Avete il diritto di vivere ed essere trattati conformemente alla vostra dignità umana, nello stesso tempo avete lo stesso dovere di trattare gli altri nella stessa maniera. Dovrete essere allora in grado di ricavare dal vostro lavoro nelle fattorie i mezzi necessari e sufficienti per fare fronte alle vostre responsabilità familiari e sociali in un valido modo umano e cristiano.


4. Nel "libro del Genesi" vediamo che "il Signore Dio prese I uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse" (Gn 2,15). E nella nostra lettura odierna abbiamo udito il comando di Dio: Riempite la terra e soggiogatela; e dominate sul creato (cfr. Gn 1,28). Cosa ci dicono questi testi? Il linguaggio chiaro della Bibbia ci dice che è volontà del nostro Creatore che l'uomo comunichi con la natura come un padrone e custode intelligente e nobile, e non come uno sfruttatore avventato. E' questo che s'intende quando ci viene detto di "soggiogare", "coltivare" la terra: il principio che detta la linea di azione obbligatoria per tutti coloro che sono responsabili del problema della terra e interessati ad esso: persone investite di pubblica autorità, tecnici, imprenditori e lavoratori.

Richiamando qui ciò che dissi in un'altra occasione, ma adattandolo a voi e al vostro Paese, vorrei sollecitarvi a coltivare la terra dei vostri amati filippini e a conservarla. Fate tesoro dei beni della natura; assicuratevi che diano di più a favore dell'uomo, dell'uomo di oggi e di quello di domani. Riguardo all'uso della terra come dono di Dio, è necessario preoccuparsi molto delle future generazioni, pagare il prezzo dell'austerità per non indebolire o ridurre, e peggio ancora rendere insostenibili le condizioni di vita delle future generazioni. La giustizia e l'umanità esigono anche questo (Giovanni Paolo II "" II, III, 2 (1980) 184).


5. La nostra risposta al dono di Dio viene fatta attraverso lo sforzo e il lavoro dell'uomo. Questi caratterizzano la lotta dell'uomo nel tempo e nello spazio per soggiogare la natura; sono l'argomento del mio speciale messaggio a voi, miei cari lavoratori, conducenti di tricicli e jeepponi.

Sento una gioia profonda quando incontro lavoratori come voi, perché mi ricordate quegli anni della mia gioventù quando anch'io sperimentavo la grandiosità e la severità, le ore felici e i momenti di ansietà, i successi e le frustrazioni che sono inerenti alla condizione del lavoratore. Vi ringrazio dunque specialmente per avermi offerto l'occasione d'incontrarvi.

Riflettiamo insieme sulla dignità del lavoro, la nobiltà del lavoro.

Devo veramente parlarvene? Voi conoscete la dignità e la nobiltà del vostro lavoro voi che lavorate per vivere, per migliorare la vostra vita, per provvedere al sostentamento, all'educazione e al benessere dei vostri figli. Il vostro lavoro è nobile perché è un servizio alle vostre famiglie e alla comunità allargata, che è la società. Il lavoro è un servizio in cui l'uomo stesso cresce nella misura in cui dona se stesso per gli altri.


6. Per questo motivo una preoccupazione fondamentale di tutti indistintamente - dirigenti sindacalisti e uomini di affari - deve essere questa: dare lavoro a ognuno. Ma vi è un motivo più profondo per cui ogni uomo ha diritto al lavoro; è per essere in grado di adempiere interamente alla sua vocazione umana, ossia diventare in Cristo un cocreatore con Dio. L'uomo diventa più pienamente uomo attraverso il lavoro liberamente intrapreso ed eseguito. Il lavoro non è una punizione, ma un onore. E' diventato difficile e faticoso soltanto in conseguenza del peccato: "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane" (Gn 3,19), ma conserva sempre la sua esaltante dignità.

Non illudiamoci. Fornire lavoro o impiego non è cosa da prendersi alla leggera, o da considerare come un aspetto secondario dell'ordine economico e dello sviluppo. Dev'essere un elemento centrale negli obiettivi della teoria e della prassi economica.


7. Ma la giustizia non richiede soltanto un impiego. La giustizia esige anche che ai lavoratori sia pagato un salario sufficiente e mantenere le proprie famiglie in modo consono alla dignità umana.

Richiede inoltre che le condizioni di lavoro siano le più degne possibili, e che la sicurezza sociale sia perfezionata, in modo da permettere a tutti sulla base di una maggiore solidarietà, di affrontare rischi, situazioni difficili ed oneri sociali; che i salari vengano regolati nelle loro diverse forme complementari; che i lavoratori abbiano una reale e giusta partecipazione nella ricchezza che essi contribuiscono a produrre nelle aziende, nelle professioni e nell'economia nazionale.

Potete star certi che il vostro Papa è con voi per quanto riguarda questa e simili istanze, perché qui è in gioco l'uomo e la sua dignità.

Vi sono ancora molte altre riflessioni che vorrei fare insieme a voi, cari fratelli e sorelle. Ma dobbiamo proseguire con il santo Sacrificio della Messa. Ma prima, comunque, permettetemi ancora una volta di fare un appello: non dimenticate mai la grande dignità che voi, come esseri umani e come cristiani, dovete imprimere al vostro lavoro, anche se è il più umile, anche se è il più insignificante. Non lasciate che il lavoro vi degradi, ma cercate piuttosto di vivere interamente la vostra vera dignità, secondo la parola di Dio e l'insegnamento della Chiesa. Si, dal punto di vista della fede, il lavoro corrisponde alla volontà di Dio Creatore. Fa parte del piano di Dio per l'uomo e per la realizzazione della persona umana; con il lavoro viene data all'uomo una partecipazione al lavoro di Dio, che è la creazione. E dal punto di vista della fede, il lavoro è immensamente nobilitato da Gesù Cristo, il Redentore dell'uomo.

Con il suo lavoro di falegname a Nazareth e con i suoi molti altri lavori Egli ha santificato tutto il lavoro umano, conferendo in questo modo ai lavoratori una speciale solidarietà con Lui stesso e dando loro una partecipazione al suo lavoro redentivo teso a elevare l'umanità, trasformare la società e guidare il mondo alla lode del Padre suo che sta nei cieli. Tutto ciò sottolinea anche la necessità che il lavoro sia fatto bene, e l'obbligo dei lavoratori di svolgere i loro compiti con coscienza e secondo le esigenze della giustizia e dell'amore.

Amati fratelli e amate sorelle in Cristo: il Papa v'invita a pregare con lui e con la Chiesa universale, affinché tutti gli agricoltori e lavoratori del mondo vivano la loro dignità, adempiano il loro ruolo degnamente e portino il loro grande contributo alla costruzione del Regno di Cristo, per la gloria della Santissima Trinità. E possa Nostra Signora di Penafrancia continuare ad amarvi, consolarvi e proteggere voi, le vostre famiglie e il vostro Paese. così sia.

Data: 1981-02-21
Sabato 21 Febbraio 1981


Morong: Visita a un campo profughi

Titolo: L'assistenza ai profughi parte integrante della missione della Chiesa

Cari fratelli e sorelle,

1. Sono lieto di trovarmi oggi con voi, di esprimere la sollecitudine di tutta la Chiesa per voi e per tutti coloro che, a causa di sfortunate circostanze indipendenti dalla propria volontà, sono stati costretti ad abbandonare la propria terra natia. Vorrei che quest'occasione serva come simbolo della solidarietà della Chiesa verso tutti i profughi, come simbolo di quella visita che io vorrei fare, se fosse possibile, ad ogni campo o insediamento di profughi nel mondo. In questo momento della storia, in cui siamo testimoni, con apprensione, del numero sempre crescente di gente costretta ad abbandonare la propria terra, sono grato a Dio per questa occasione di incontrarvi e di assicurarvi, uno per uno, della mia profonda sollecitudine e della mia unione a voi nella preghiera.


2. Colgo quest'occasione per esprimere la mia ammirazione a tutti coloro che hanno partecipato, attraverso vari organismi, alle varie iniziative di aiuto ai profughi: i governi - incluso quello delle Filippine - che hanno accolto i profughi temporaneamente, gli individui e le organizzazioni che hanno offerto una residenza permanente a queste persone espatriate e che le hanno assistite nel lento e penoso processo di inserire la loro miglior tradizione di vita in una nuova cultura e nuova società. E' opportuno anche ricordare il lavoro meritevole dell'Alto Commissariato per i profughi che fa fronte al compito più difficile e che risulta ancora grandemente necessario. Tutti questi sforzi sono certamente encomiabili, poiché essi portano una testimonianza al valore inviolabile ed alla dignità di ogni essere umano. Nello stesso tempo sono un segno di speranza, in quanto indicano una coscienza desta da parte dell'umanità al grido dei poveri e degli indifesi.

Non posso mancare di far memoria dell'importante contributo che è stato dato dalle Chiese locali in tutto il mondo, un contributo mosso dallo spirito evangelico di carità. In particolare, penso a tutti i volontari che lavorano nei campi e nei centri di raccolta, uomini e donne che hanno offerto ospitalità in circostanze molto dure e difficili. A questi volontari ed alle organizzazioni che essi rappresentano, come anche a coloro che lavorano, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, all'assistenza dei profughi nel processo di adattamento alla loro nuova situazione rivolgo una parola speciale di incoraggiamento e di lode.


3. Il fatto che la Chiesa compia sforzi notevoli per soccorrere i profughi, specialmente come sta avvenendo in questi anni, non dovrebbe causare sorpresa a nessuno. Infatti, questo é parte integrante della missione della Chiesa nel mondo.

La Chiesa è sempre memore che lo stesso Gesù Cristo è stato profugo, quando bambino, ha dovuto fuggire con i suoi genitori dalla sua terra natia, per sottrarsi alla persecuzione. Perciò, in ogni epoca la Chiesa sente che essa è chiamata ad aiutare i profughi. Ed essa continuerà a farlo in tutta l'estensione che i suoi mezzi limitati le consentiranno.

In questa parte dell'Asia molti sono stati i disastri naturali e le catastrofi umane. Ci sono stati terremoti, tifoni, inondazioni e contese civili, per nominarne solo alcuni. Alle vittime di queste calamità la Chiesa porge una mano fraterna, ed essa cerca di lavorare in stretta collaborazione con quei governi e organizzazioni internazionali che sono impegnati nel medesimo sforzo di soccorso. Ma tra tutte le tragedie umane del nostro tempo, forse la più grande è proprio quella dei profughi. La Chiesa si rivolge soprattutto ad essi, con il desiderio di porsi al loro servizio.


4. Gesù Cristo ha detto una volta una parabola che amo ricordare in questo momento. Questa parabola è conosciuta anche da quelli che tra voi non condividono la fede cristiana. Si tratta di una parabola che si rivolge ai cuori degli uomini di buona volontà, e non soltanto ai seguaci di Cristo; quella del Buon Samaritano.

Il Vangelo di Luca riporta la parabola, dicendo come un uomo venne derubato, percosso e lasciato mezzo morto al lato della strada. Secondo il racconto del Vangelo, "un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fascio le ferite, versandovi olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento, lo porto ad una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifondero al mio ritorno" (Lc 10,33-35). Il Buon Samaritano non si è preoccupato che qualcuno potesse criticarlo per l'aiuto dato a una persona che "tradizionalmente" era considerata suo nemico. E non gli rivolge nessuna domanda: da dove viene, perché egli sta li, dove sta andando. Non pone alcun quesito. Molto semplicemente, il Buon Samaritano vede la persona ferita nel bisogno e spontaneamente le reca aiuto, la porta in una locanda, e si preoccupa che essa riceva tutto ciò di cui ha bisogno per rimettersi in buona salute. Questa è carità! Una carità che non fa eccezione a causa dell'origine etnica dell'altro, per motivo religioso o preferenza politica, non fa eccezione alcuna; una carità che vede la persona come fratello o sorella in necessità ed ha a cuore soltanto una cosa: di essere di aiuto immediato, di farsi prossimo. Possa questa stessa carità muovere tutti noi in un mondo che si avvicina alla fine del secondo millennio! Possa essa ispirarci tutti ad avere compassione per milioni di profughi, che reclamano il nostro aiuto!


5. Miei fratelli e sorelle qui presenti, e voi tutti profughi che sentirete la mia voce, possiate non perdere mai la fiducia nel resto dell'umanità, possiate pensare che non siete dimenticati. Infatti, non siete stati rigettati da nessuno. Non siete considerati come un fardello che è troppo pesante da portare. In ogni Paese del mondo ci sono uomini e donne di buona volontà che si prendono cura di voi, che si preoccupano del vostro futuro, che vi ricordano ogni giorno nelle loro preghiere.


6. Infine, chiedo che ognuno si unisca a me in un accorato appello alle nazioni.

Alla presenza del Signore della storia e dinanzi al Giudice Supremo del cuore umano, faccio appello a favore di tutte le persone esuli nel mondo intero. Rivolgo un appello, affinché si aumentino gli aiuti in loro favore, in modo che gli sforzi presenti vengano sostenuti, aumentati e rafforzati.

Rivolgo l'appello, affinché si continui a pregare per tutti i profughi sparsi nel mondo e per una calorosa sollecitudine umana e amore fraterno verso ogni fratello e sorella, che hanno bisogno della nostra solidarietà e del nostro sostegno.

Che Dio benedica tutti voi!

Data: 1981-02-21
Sabato 21 Febbraio 1981


Manila: Alla sede di "Radio Veritas" Incontro con un gruppo di lebbrosi del lebbrosario di Tala

Titolo: Moltiplicare gli sforzi per debellare la lebbra

Mga kaibigan (Cari amici) Maraming salamat sa inyong lahat (Ringrazio calorosamente voi tutti).

Avrei voluto visitarvi al vostro domicilio, ma non è stato possibile. Vi ringrazio per essere venuti invece a incontrare me. Vi ringrazio per avere voluto rappresentare gli altri che volevano tanto venire ma che non hanno potuto. Lo stare con voi oggi reca grande gioia al mio cuore. Vi saluto con affetto e spero che sappiate quanto ho atteso questo nostro incontro.

Nelle mie precedenti visite pastorali in Africa e in Brasile ho incontrato altri uomini e donne malati di lebbra. Questi incontri hanno lasciato in me una profonda impressione, perché ho potuto apprezzare la pazienza amorosa e il coraggio con cui vivono nonostante le prove e le avversità.

1. Mi trovo qui in nome di Cristo Gesù per ricordarvi il suo straordinario amore per tutti i suoi fratelli e sorelle, ma in particolare per ciascuno di voi. I Vangeli danno testimonianza di questa verità. Pensate per un momento quanto spesso Gesù manifesto la sua preoccupazione trasformando situazioni di necessità in momenti di grazia. Nel Vangelo di San Luca, per esempio, Gesù è avvicinato da dieci lebbrosi che chiedono di essere guariti. Il Signore ordina loro di mostrarsi ai sacerdoti, e lungo la via vengono guariti. Uno di essi ritorna per rendere grazie. Nella sua gratitudine dimostra una fede che è forte, gioiosa e piena di lode per la meraviglia dei doni di Dio. Evidentemente Gesù ha toccato con il suo amore l'intimità profonda dell'essere di questo uomo.


2. Ancora nei Vangeli di Matteo e Marco, ci viene presentato un lebbroso che chiede a Gesù di guarirlo ma soltanto se è la sua volontà. Che grande riconoscenza prova l'uomo quando la sua domanda e ascoltata! Egli parte per diffondere la gioiosa notizia del miracolo a tutti coloro che incontra. Una felicità così grande deriva dalla fede dell'uomo. Le sue parole "se vuoi tu puoi mondarmi" riflettono una disponibilità ad accettare qualunque cosa Gesù desideri per lui. E la sua fede in Gesù non fu delusa! Cari fratelli e sorelle, possa la vostra fede in Gesù essere non meno ferma e costante della fede di queste persone nei Vangeli.


3. So che la vostra afflizione comporta intense sofferenze, non soltanto attraverso le sue manifestazioni fisiche, ma anche per i malintesi che tante persone della società continuano ad associare al morbo di Hansen. Spesso vi imbattete in pregiudizi molto antichi, e questi diventano una fonte di sofferenza ancora maggiore. Da parte mia continuero a proclamare davanti al mondo la necessità di una consapevolezza ancora maggiore del fatto che, attraverso un aiuto appropriato, questa malattia potrà effettivamente essere vinta. Per questo motivo chiedo a tutti dovunque di appoggiare sempre di più i coraggiosi sforzi che vengono fatti per debellare la lebbra e curare efficacemente coloro che ne sono ancora affetti.


4. Prego affinché non siate mai scoraggiati o inaspriti. Dovunque e ogni qualvolta incontrate la Croce, abbracciatela come fece Gesù, affinché venga compiuta la volontà del Padre. Che la vostra sofferenza sia offerta a beneficio di tutta la Chiesa, in modo che possiate dire con san Paolo: "Perciò sono lieto nelle mie sofferenze... e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del Suo Corpo che è la Chiesa..." (Col 1,24).

Tre giorni or sono beatificavo nel vostro Paese sedici martiri di Nagasaki. Tra di essi vi è il Beato Lazzaro di Kyoto, che era lebbroso. Quanto esultiamo per l'aiuto che il beato Lazzaro forni ai missionari come traduttore e guida. Infine il suo impegno a diffondere il Vangelo gli costo la vita; mori spargendo il suo sangue per la fede. Il suo amore per Cristo comporto molta sofferenza, anche dolori torturanti! Sperimento l'incomprensione, la ripulsa e l'odio degli altri nel suo servizio alla Chiesa! Ma con la forza della grazia di Dio, il Beato Lazzaro diede testimonianza della fede e merito il dono prezioso della corona del martirio.

Cari amici, vi invito a imitare il coraggio del Beato Lazzaro che è così vicino a voi. Condividete le convinzioni della vostra fede con i vostri fratelli e sorelle che soffrono con voi. Contraccambiate l'amore dei medici, degli infermieri e dei volontari che si prendono così generosamente cura di voi. Lavorate per costruire una comunità di fede vivente, una comunità che dia supporto, che rinforzi e che arricchisca la Chiesa universale. E' qui il vostro servizio a Cristo! E' qui la sfida per la vostra vita! E' qui che potete manifestare la vostra fede, la vostra speranza e il vostro amore! Che Dio vi benedica, cari fratelli e sorelle! Benedica tutti i malati di lebbra in questo Paese! Benedica le vostre famiglie, i vostri amici e tutti quelli che vi assistono! Ai higit sa lahat, inihahabilin ko ang aking sarili sa inyong panalangin, sa inyong pagmamahal (E soprattutto, mi raccomando alla vostra preghiera e al vostro amore).

Data: 1981-02-21
Sabato 21 Febbraio 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Cattedrale di Jaro in Iloilo: Incontro con rappresentanti di organizzazioni e movimenti cattolici