GPII 1983 Insegnamenti - Esequie del Cardinale James Robert Knox - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: Camminiamo nella fede verso il Signore
"Nella tua casa Signore, avro la pace!".
1. Abbiamo elevato a Dio questo grido di speranza, ispirato al Salmo 121, che è come un anelito verso la città santa di Gerusalemme, dove è il Tempio, la "casa del Signore", quel luogo privilegiato in cui l'Eterno, l'Immenso si degna di manifestare in modo particolare lo splendore della sua gloria e la sua presenza in mezzo al suo Popolo. "Quale gioia, quando mi dissero: "Andremo alla casa del Signore"" ().
Il nostro fratello, il Cardinale James Robert Knox, ha certamente fatto sue queste parole di letizia. La sua vita di uomo, di cristiano, di sacerdote. di Vescovo è stata infatti una continua e lieta testimonianza di fedeltà a Cristo, alla Chiesa, alla Sede Apostolica. Una vita trascorsa e realizzata nell'adesione all'appello di Dio, anzitutto nella maturazione della vocazione sacerdotale, che lo porto nel seminario di New Norcia e poi nel Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide a Roma, dove ricevette l'ordinazione presbiterale nel 1941. Nel
1953 Pio XII lo nominava Delegato apostolico nell'Africa Britannica e nel 1957 veniva trasferito alla Nunziatura apostolica in India, mentre svolgeva contemporaneamente il compito di Delegato apostolico per la Birmania e per Ceylon.
Ma la Provvidenza divina voleva che tornasse nella sua nativa Australia.
Nel 1967 da Paolo VI era nominato Arcivescovo di Melbourne, dove fu esempio di grande dedizione nei confronti dei sofferenti e dei poveri. Nel 1974 veniva chiamato a ricoprire l'incarico di Prefetto della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino e quindi di Presidente del nuovo organismo, a me particolarmente caro, il Pontificio Consiglio per la famiglia, al quale ha dedicato, con giovanile generosità, le ultime forze della sua giornata terrena.
Queste, in breve, le tappe della vita del compianto Cardinale James Robert Knox, segnate da una crescente disponibilità nei riguardi della volontà di Dio, che lo chiamava ai servizi sempre più impegnativi e delicati nell'ambito della vita della Chiesa universale.
2. La scomparsa di una persona - di ogni persona che stimiamo e amiamo - ripropone in noi i grandi interrogativi, che coinvolgono tutta la nostra esistenza nelle sue radici più profonde: che significato ha questa vita umana? Qual è, in ultima analisi, il valore e l'efficacia delle nostre azioni, delle nostre scelte, come delle nostre gioie e dei nostri dolori? Solo alla luce della Parola di Dio noi, creature inserite nella grande tela della storia dell'umanità, possiamo dare una risposta, che sia capace di svelarci - anche se, per ora, non completamente - il significato e il valore di questo nostro presente e anche del nostro futuro, consapevoli di essere anche noi partecipi della "storia della salvezza", cioè dell'eterno piano di amore che Dio ha progettato per tutti gli uomini.
La vita del cristiano si svolge sotto il segno della fede e della speranza, fondate non sulla forza o sulla capacità dell'uomo ma sull'infinita misericordia di Dio. Il protagonista del "Libro di Giobbe" proclamava a voce alta che, nonostante la sua contingenza e la sua precarietà, che si manifestano chiaramente nel disfacimento biologico della natura umana, gli rimane la certezza di Dio. E l'apostolo Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Corinto, parla anche lui del "disfacimento del corpo" componente tipico della nostra abitazione sulla terra, perché organo di mediazione con l'ambiente esterno. Ma egli ribadisce che c'è un'altra abitazione, una "dimora eterna", non costruita da mani di uomo, nei cieli, un'abitazione che viene donata direttamente da Dio.
Il nostro itinerario terreno è pertanto, nella prospettiva cristiana, un "abitare nel corpo" ed essere "in esilio lontano dal Signore"; un "camminare nella fede"; una fede che, da una parte, ci dà serenità perché fonda la nostra speranza; dall'altra lascia delle zone d'ombra, perché non siamo ancora nella "visione".
Come il salmista, abbandonandosi con fiducia a Dio, poteva affermare: "Abitero nella casa del Signore per lunghissimi anni" (), così il cristiano preferisce andare in esilio dal suo corpo per "abitare presso il Signore" (2Co 5,8); è questa una visione di verità e di libertà, che debbono sconfiggere in noi lo scoramento che sentiamo di fronte alla morte. "...Non dobbiamo piangere i nostri fratelli liberati da questo mondo con la chiamata divina - ci esorta san Cipriano - perché sappiamo che non li abbiamo perduti, bensi che ci hanno preceduti; che morendo ci vanno innanzi, come chi parte per un viaggio, a guisa di naviganti; e noi dobbiamo sentirne nostalgia, ma non piangerli, né qui vestire di nero, mentre essi lassù già hanno ricevuto le vesti candide, né dare occasione ai non credenti di rimproverarci meritatamente e giustamente, per il fatto che lamentiamo estinti e perduti quelli che affermiamo viventi presso Dio" ("De mortalitate", 20: PL 4, 595-596).
3. Cristo, il Verbo di Dio incarnato, ci illumina con la sua parola sul mistero della nostra vita e della nostra morte e chiarisce la situazione di chi lo segue: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24).
Gesù muore e risorge. Dalla sua morte e dalla sua risurrezione promanano quella "esimia santità e inesauribile fecondità in ogni bene" (DS 3013) della Chiesa, suo Corpo Mistico. Animati e confortati da questa verità, noi deponiamo nel cuore della terra le spoglie mortali di tutti i nostri cari, e, oggi, quelle del compianto Cardinale James Robert Knox. E mentre commossi eleviamo preghiere di suffragio per il riposo eterno del nostro fratello defunto; anche noi, pellegrini ancora in questa terra, "in esilio lontano dal Signore", ripetiamo con viva fede: "Nella tua casa, Signore, avro la pace!". Amen.
Data: 1983-06-30 Data estesa: Giovedi 30 Giugno 1983
Titolo: Il gusto delle origini è necessario alla crescita della fede
Cari fratelli nel sacerdozio, Presidente e membri dell'Associazione "Lumen Gentium".
E' una gioia confortante per il Papa sapere che, da dieci anni, voi avete creato e sviluppato, in uno spirito di servizio al clero francese, di amore profondo per la "Mater Ecclesia" e di crescente comunione con i Vescovi del vostro Paese, un'Associazione di sacerdoti che ha come scopo essenziale l'approfondimento della ricchissima tradizione vivente della Chiesa, sempre generatrice di vita spirituale e di intenso apostolato. Il vostro statuto esprime chiaramente la vostra intenzione.
Nella Chiesa, il gusto delle origini, recenti come quelle del Concilio Vaticano II, o più antiche ma ancora fresche e vivificanti come quelle degli altri Concili - mi avete poco fa fatto dono della nuova ed ammirevole collezione dei Concili! -, o ampiamente inaugurate dai Padri della Chiesa e dai grandi Dottori del Medioevo, il gusto delle origini, dicevo, è assolutamente indispensabile alla salute e alla crescita della fede del popolo cristiano. Ed è ben evidente che i teologi di professione che animano la vostra Associazione, e i sacerdoti che ne sono discepoli sono i primi beneficiari di tale migliore intelligenza della fede e della tradizione ecclesiale. Senza pretendere alcun monopolio, voi volete contribuire a far si che la Chiesa cresca sempre come un albero in cui scorra linfa vitale. Mi felicito con voi e vi incoraggio a credere che non ci deve essere dicotomia tra il pensiero teologico speculativo, assolutamente necessario ed espresso in un linguaggio accessibile al pubblico cristiano, e la ricerca concreta di progetti pastorali pazientemente realizzati.
Cari fratelli nel sacerdozio, rimanete molto uniti tra di voi e attorno ai vostri Vescovi. Dialogate e collaborate con le altre istanze di formazione permanente del clero. E' la chiave della vostra felicità e della vostra efficacia! Di tutto cuore, invoco su ciascuno di voi qui presenti e su tutti i membri di "Lumen Gentium" l'abbondanza dei doni dello Spirito Santo.
Data: 1983-07-01 Data estesa: Venerdi 1 Luglio 1983
Titolo: Dal carisma episcopale l'efficacia dei diversi ruoli nella Chiesa
Cari fratelli nell'Episcopato.
In quest'ora di unità collegiale, vi do il benvenuto con affetto profondo in nostro Signore Gesù Cristo. In voi io saluto l'intera comunità ecclesiale d'Australia ed esprimo la mia ammirazione per ciò che Dio ha compiuto nella vostra terra durante i trascorsi decenni. Esprimo la gratitudine della Chiesa universale per il profondo attaccamento del vostro popolo alla fede cattolica, alla Chiesa e, in particolare, all'Eucaristia. Ricordo con rispetto e ammirazione le numerose attività caritative compiute nel nome di Gesù Cristo da una parte vitale della Chiesa. Ringrazio voi e il vostro popolo e tutti coloro che vi hanno preceduto per tutto ciò che avete fatto per consolidare la Chiesa di Dio in mezzo a voi. Due potenti strumenti dell'apostolato e della grazia di Dio sono stati la parrocchia e la scuola cattolica in Australia.
Piaccia a Dio che queste provvidenziali istituzioni rimangano forti ed efficienti per le generazioni a venire. In questi e in molti altri modi, i Vescovi hanno lavorato instancabilmente, insieme ai sacerdoti, i religiosi e il laicato, per diffondere il Regno di Dio e per proclamare la Signoria di Gesù Cristo. In molte e svariate situazioni i Vescovi d'Australia si sono dimostrati autentici pastori del loro popolo. Tra tali situazioni si può menzionare il grande impegno che si sta affrontando per aiutare le numerose famiglie che soffrono dell'odierno grave problema della disoccupazione. Lodo e incoraggio questi sforzi. Nello stesso tempo, dobbiamo ricordare che non c'è bisogno solo di aiuto materiale: è la solidarietà spirituale con chi è nel bisogno che conta molto di più. A questo proposito vorrei anche aggiungere una parola di lode per ciò che si sta facendo per incontrare i bisogni e i problemi particolari dei discendenti dei primi abitatori del vostro vasto Continente. Che gli appositi programmi già a disposizione siano al più presto realizzati.
2. C'è un aspetto particolare della vostra missione pastorale su cui vorrei riflettere con voi oggi. E' la predicazione del Vangelo, che, secondo il Concilio Vaticano secondo, occupa un posto preminente tra i principali doveri dei Vescovi (cfr. LG 25). Questo ruolo è principale e preminente proprio perché Gesù ha detto ai suoi Apostoli: "Andate dunque e ammaestrate tutte le Nazioni.... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). In quanto Vescovi voi siete chiamati a proclamare Cristo: a predicare che Gesù Cristo è il Signore; a proclamare che in lui è la pienezza della Rivelazione: a proclamare che la sua parola è luce e forza per il nostro popolo; a proclamare la necessità di accettare Gesù Cristo, la necessità per ogni individuo di dare una risposta personale di fede al Padre che si rivela nella sua Parola incarnata.
Oggi commemoriamo insieme il comando di Gesù agli Apostoli: predicare il Vangelo. Nello stesso tempo ricordiamo la sua infallibile promessa (Mt 28,20). Noi stiamo infatti mettendo in luce il significato profondo del nostro ministero episcopale: ciò che siamo chiamati a fare, chi siamo chiamati ad essere. Stiamo celebrando la nostra identità di Vescovi della Chiesa di Dio, uniti in un atto di fiducia, gioia e decisione rinnovata. Non è mai a sufficienza riaffermata la responsabilità pastorale del Vescovi di essere araldi del Vangelo, autentici maestri di fede e "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1).
Da parte mia vi sono grato per tutto ciò che avete fatto e continuerete a fare a questo proposito. In particolare vorrei menzionare i vostri sforzi per avvicinare il vostro popolo agli insegnamenti della "Familiaris Consortio", che è in effetti l'applicazione della parola di Dio che tocca la famiglia cristiana. Nel passato vi siete insieme impegnati nella proclamazione della dignità della vita e avete messo in luce il male dell'aborto: altri problemi etici che richiedono la vostra costante vigilanza sono le odierne tendenze nella sperimentazione genetica e anche la questione della cura degli anziani e il rispetto per la loro vita. Non dovete mai cessare di far rilevare che ogni legislazione che permette abusi in queste questioni non è una soluzione ai problemi della società ed è un affronto alla dignità della persona umana.
Mediante il vostro Comitato per l'educazione, avete affrontato i problemi vitali connessi alla trasmissione della fede. Per questi e molti altri impegni per la causa del Vangelo, vi ringrazio con tutto il cuore.
3. Riflettendo sul nostro ministero al servizio della parola di Dio, siamo colpiti dalla terribile responsabilità che ci è stata data: vegliare affinché la fede sia rettamente trasmessa al nostro popolo. perciò il nostro principale impegno è quello di proclamare la parola di Dio, che è alla base di tutta la fede. Secondo le parole di san Paolo: "La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17). Il Signore Gesù che ci ha affidato l'incarico di insegnare e di predicare, ci chiama a presentare la sua parola in tutta la sua pienezza e a mettere in evidenza il suo potere di salvare l'umanità. Il Vangelo è davvero "la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). E poiché il Vangelo contiene il potere salvifico di Dio, dobbiamo presentare il Vangelo in tutte le sue implicazioni e con tutte le sue esigenze. Dobbiamo trasmetterlo alle generazioni future in tutta la sua purezza.
A questo riguardo vediamo l'importanza capitale della missione della Chiesa e della nostra missione episcopale di evangelizzare. Non c'è dubbio a questo proposito: la Chiesa trova la sua identità nella evangelizzazione, e così facendo noi Vescovi troviamo la nostra. Ognuno di noi è chiamato ad essere un segno vivo di Gesù che dice: "Bisogna che annunzi il regno di Dio... per questo sono stato chiamato" (Lc 4,43).
4. Nell'intero processo di evangelizzazione c'è quell'aspetto o "momento" davvero importante che è la catechesi. Lo scopo della catechesi è di far maturare la fede iniziale dei credenti e di condurli ad una più profonda e sistematica conoscenza della persona e del messaggio di nostro Signore Gesù Cristo (cfr. CTR 19-20). Un tale scopo merita la piena attenzione di tutti i Vescovi in quanto pastori e maestri del popolo di Dio, in quanto "catechisti per eccellenza".
E' estremamente significativo che il mio predecessore Giovanni XXIII, rivolgendosi ai Vescovi del mondo in occasione della giornata d'apertura del Concilio Vaticano II, ha espresso in modo chiaro e succinto qual era lo scopo del Concilio, dicendo: "La più grande preoccupazione del Concilio Ecumenico è questa: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente salvaguardato e insegnato" (Discorso dell'11 ottobre 1962). Questa era la più grande preoccupazione del Concilio, e dovrebbe essere anche la nostra più grande preoccupazione in quanto Vescovi della Chiesa post-conciliare: "Che il sacro deposito della dottrina cristiana sia più efficacemente salvaguardato e insegnato".
Questa nostra preoccupazione si esprime sia nello zelante ausilio di metodi catechistici perfezionati, sia nella costante vigilanza per mantenere il pieno contenuto della fede rivelata come essa è proclamata dalla Chiesa.
Il contenuto della catechesi è il contenuto della evangelizzazione e necessita una piena iniziazione cristiana che è legata all'intera attività liturgica e sacramentale della Chiesa. Comunicando mediante la catechesi il mistero vivente di Dio, la Chiesa chiama ad un sempre maggiore impegno nella vita cristiana "in spirito e verità" (Jn 4,23). I Credo della Chiesa, e in particolare il Credo del Popolo di Dio, sono sicuri punti di riferimento per il contenuto della catechesi. La perenne importanza dei Dieci Comandamenti e le implicazioni del Padre Nostro sono per sempre collegati ad una efficace catechesi del popolo cristiano: si trovano davvero al centro della catechesi. Le caratteristiche degli autentici catechismi sono quelle menzionate nella "Catechesi Tradendae" (cfr. CTR 50): fedeltà al contenuto essenziale della Rivelazione e aggiornata metodologia che sia in grado di educare la generazione cristiana del futuro ad una solida fede.
5. E' proprio in quanto maestri della fede, in quanto pastori che personalmente proclamano il Vangelo nella parola e nel sacramento, che i Vescovi cooperano con lo Spirito Santo alla formazione di un popolo evangelizzatore e catechizzante, dotato dell'entusiasmo e del dinamismo del laicato cattolico. Molto rimane da dire a proposito del laicato e della sua condivisa responsabilità alla proclamazione del Vangelo. Ma è molto importante sottolineare il fatto che l'adeguata attuazione del carisma del laicato in questo campo è intimamente connessa al ruolo personale, principale e preminente dei Vescovi di predicare il Vangelo. L'efficacia di tutti i differenti ruoli d'insegnamento all'interno della comunità ecclesiale dipende dall'efficace esercizio del carisma dei Vescovi in unione col successore di Pietro.
Grazie al carisma dei Vescovi, i sacerdoti sono rafforzati nella fede e confermati nel loro ministero della parola, come lo sono i teologi nel loro.
Grazie ai Vescovi, l'autentica fede cattolica viene trasmessa ai genitori affinché essi la trasmettano a loro volta ai figli. Insegnanti ed educatori a tutti i livelli possono ricevere la garanzia della propria fede solo grazie ai Vescovi.
Tutto il laicato rende testimonianza a quella purezza di fede che i Vescovi si adoperano strenuamente di mantenere.
Nella fede pura ed integra predicata dal Vescovi si trova la piena potenza della parola di Dio. Questa potenza della parola di Dio è la risposta che noi diamo a tutte le forze di secolarizzazione e di decristianizzazione nel mondo.
La potenza della parola di Dio è il contributo che noi diamo ai giovani del mondo d'oggi: dà loro la più grande ragione di speranza. La potenza della parola di Dio è ciò che offriamo come atto di amore pastorale al nostro popolo.
Comunicare la potenza della parola di Dio è la vera ragione per cui siamo Vescovi; è la ragione per cui siamo stati mandati.
Venerabili e cari fratelli, sono vicino a voi in questa vostra missione esigente ma anche esaltante. Esprimendo il mio amore pastorale per tutti coloro che voi servite e per tutti coloro che collaborano con voi, vorrei citare ciò che voi stessi avete scritto alcuni anni fa nel documento intitolato: "Noi predichiamo il Signore Gesù Cristo" (p. 6): "Il nostro messaggio non è facile, ma è un incarico magnifico. Il messaggio che noi siamo stati mandati a proclamare non è saggezza umana ma la saggezza di Dio (cfr. 1Co 1,24). Nessuna conoscenza acquisita dagli uomini può trascendere questa saggezza o renderla inutile o non necessaria. Nessuna nuova cultura o civilizzazione può renderla irrilevante o fuori moda... Inoltre, dobbiamo avere piena fiducia che il Cristo vivente e il suo Spirito può rendere capace la Chiesa di presentare il Vangelo agli uomini d'oggi come verità vivente".
Cari fratelli: sia lodato Gesù Cristo, verità vivente!
Data: 1983-07-02 Data estesa: Sabato 2 Luglio 1983
Titolo: Il Rosario del papa alla Radio Vaticana
Rivolgo un cordiale saluto ai partecipanti alla giornata di preghiera e riconciliazione dell'Apostolato di Fatima delle diocesi del nord della Germania, che stasera hanno recitato con noi il Rosario nel santuario mariano di Kevelaer in presenza del Cardinale Patriarca di Lisbona. La preghiera per la pace e la riconciliazione tra i popoli affida alla Madre di Dio un desiderio molto pressante dell'umanità odierna e un tema centrale dell'Anno Giubilare della Redenzione.
Possa Maria, che presso la Croce è divenuta Madre di tutti noi, implorare e offrire in questo Anno Santo la grazia della riconciliazione per tutti gli uomini in tutta la sua pienezza: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Questo è il suo invito materno per noi alla conversione e alla riconciliazione con Dio e con i nostri fratelli. Di cuore imparto a tutti i membri e partecipanti all'Apostolato di Fatima di nostra Signora la mia particolare benedizione apostolica.
Sono lieto di salutare il pellegrinaggio della diocesi di Vittorio Veneto, guidato dal suo Vescovo. Carissimi, auspico di cuore che la vostra presenza a Roma, in occasione dell'Anno Giubilare della Redenzione, sia valido motivo per il rafforzamento della vostra fede e della vostra testimonianza cristiana. Attingete costantemente nella preghiera l'energia necessaria per superare le difficoltà e per nutrire la vostra gioia di vivere "in Cristo", come ci ha insegnato l'indimenticabile Papa Giovanni Paolo I, che inizio il suo ministero episcopale come Pastore della vostra diocesi. E portate il mio saluto e la mia benedizione alle vostre famiglie e a tutti i vostri cari.
Una speciale parola di saluto al gruppo di pellegrini della diocesi di Banjarmasin, in Indonesia, che sono guidati dal loro neo-eletto Vescovo. Possa la Beata Madre di Dio proteggervi e guidarvi lungo il vostro pellegrinaggio e condurvi sempre più vicino al suo Divin Figlio.
Data: 1983-07-02 Data estesa: Sabato 2 Luglio 1983
Titolo: Annunciate il messaggio: Cristo ha vinto ogni miseria umana
1. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2). Questa affermazione, pervasa da trepidazione e aperta alla speranza, cari seminaristi e cari giovani, riecheggia oggi per noi qui riuniti davanti a questa Grotta di Lourdes, all'inizio di una celebrazione eucaristica che si svolge in una cornice tanto suggestiva.
Gli operai sono pochi: il problema si presentava a Gesù nell'affidare ai suoi discepoli l'incarico di predicare il Vangelo al popolo; lo stesso problema emerge anche ai giorni nostri, attualissimo e sempre assillante. Genti innumerevoli, sparse nel mondo intero, attendono la parola di salvezza. Problema dunque di ieri, di oggi, di sempre.
I popoli della terra sono in continua crescita numerica e anelano in modo più o meno consapevole a scoprire i valori fondamentali che danno senso alla vita umana. Quanti poi hanno già accolto il Vangelo corrono il rischio di dimenticare, assediati come sono da ogni parte da prospettive allettanti ma spesso fallaci; essi hanno quindi bisogno di chi li aiuti a rivivere la parola di Gesù.
La verità, inoltre, da comunicare è tanto ricca e vasta che necessita di un continuo approfondimento per sviscerarne tutta la preziosità ed assaporarne tutta la dolcezza. Questi brevi cenni, ispirati al Vangelo di oggi, sono sufficienti a farci intravedere come sia necessario invocare incessantemente "il pane della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).
2. Il messaggio da annunziare è anzitutto un messaggio di salvezza per l'uomo: "Dite loro: è vicino il Regno di Dio" (Lc 10,9). Il Regno di Dio, che è vittoria del suo amore su ogni peccato e miseria umana, è già in mezzo a voi. E' un messaggio, inoltre, di speranza e di consolazione, come aveva preannunciato il profeta Isaia: "Rallegratevi con Gerusalemme... Come una madre consola un figlio, così io consolero voi... Voi vedrete e gioirà il vostro cuore" (Is 66,13-14).
L'uomo, infatti, è destinato a realizzare in Cristo Redentore la pienezza della propria vocazione divina. E' un messaggio, altresi, di pace e di carità: "Prima dite pace a questa casa... Curate i malati che vi si trovano" (Lc 10,5-9). Il Regno di Dio va costruendosi nella storia, offrendo già su questa terra i suoi frutti di conversione, di purificazione, di amore tra gli uomini.
3. Come dovrà essere l'apostolo, con quale spirito egli svolgerà la sua missione? Egli dovrà essere anzitutto consapevole della realtà difficile e talvolta ostile che lo attende: "Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10,3); questa realtà è resa avversa dall'opera del maligno. Per questo, l'apostolo si sforzerà di essere libero da condizionamenti umani di ogni genere: "Non portate né borsa, né bisaccia, né sandali" (Lc 10,4), per fare assegnamento soltanto sulla Croce di Cristo da cui proviene la nostra redenzione, come dice san Paolo nella seconda lettura. Gloriarsi della Croce significa abbandonare ogni motivo di vanto personale, per non vivere che di fede e nel rendimento di grazie per la salvezza operata dal sacrificio di Gesù. Ciò che viene crocifisso è il mondo dell'egoismo personale, dell'autosufficienza, della sicurezza del proprio merito.
Cari seminaristi e cari giovani, la missione dell'apostolo è una missione sublime, entusiasmante e rivolta al bene del mondo intero; essa richiede tanta generosità, la quale supera di molto le capacità dell'uomo. E' necessario perciò rivolgere il nostro spirito in alto, invocando l'aiuto divino che voi impetrerete fiduciosi mediante l'intercessione della Madre di Gesù e Madre nostra.
Vi auguro di essere degli apostoli lieti nell'esercizio della propria missione, perché consapevoli, perché fiduciosi, perché spiritualmente liberi. I discepoli inviati da Gesù "tornarono pieni di gioia" (Lc 10,17). Anche voi, in questi anni di preparazione al sacerdozio, imparate l'arte di essere gioiosi, non per motivi umani, ma basandovi sulla certezza che "i vostri nomi sono scritti nei cieli" (Lc 10,20), che cioè siete dei predestinati dell'amore di Cristo Gesù. Egli vi ha chiamati dalle vostre famiglie, in seno alle vostre comunità ecclesiali per farvi suoi collaboratori, suoi sacerdoti, suoi dispensatori dei divini misteri.
La gioia è opera in noi dello Spirito Santo (cfr. Ga 5,22). Alla sua guida interiore, al suo sostegno vigoroso e indefettibile affidate la vostra vocazione, perché possa maturare "in pace et gaudio" e recare così frutti abbondanti di vita eterna. Amen.
Data: 1983-07-03 Data estesa: Domenica 3 Luglio 1983
Titolo: Il "fiat" di Maria compimento del "fiat" di Israele al Sinai
Il "fiat" di Maria all'Annunciazione permette a Dio di inaugurare una nuova alleanza con l'umanità, ancor più mirabile di quella sancita col popolo di Israele.
1. Ripensiamo un istante al giorno lontano, eppure così esaltante, in cui il Signore, ai piedi del monte Sinai, proponeva alle tribù d'Israele l'offerta della sua alleanza d'amore, per mezzo del profeta Mosè, suo portavoce.
Dio parlava così al popolo: "Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa" (Ex 19,4-6a).
Mosè, allora, spiego al suoi fratelli e sorelle il contenuto del messaggio divino; li istrui per renderli consapevoli di quel progetto che veniva dal Signore. Dio, anche se comanda, non violenta la volontà. Egli, che ha creato liberi i suoi figli, è il custode più geloso della loro libertà.
Dopo essere stato illuminato dal magistero di Mosè, tutto il popolo rispose unanime: "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!" (Ex 19,8; cfr. Ex 24,3 Ex 24,7). Queste parole, che rimarranno memorabili nella spiritualità ebraica di ogni tempo, erano come il "fiat", cioè il "si", col quale Israele accettava di unirsi a Jahvè suo Dio, come Sposa allo Sposo.
2. Alla luce di tali fatti, possiamo forse comprendere meglio la scena dell'Annunciazione. L'angelo Gabriele, mandato da Dio, manifesta alla Vergine il disegno che il Signore ha su di lei: dare alla luce il Figlio stesso di Dio, che diverrà Re e Salvatore del nuovo popolo di Dio (Lc 1,31-33), la Chiesa. E' una forma nuova di alleanza. Stavolta Dio chiede di unirsi a noi prendendo le nostre sembianze.
Maria, di fronte alla proposta divina, si comporta in modo sapiente e libero. Se Dio la interpella, anche lei interpella il suo Dio: "Come è possibile? Non conosco uomo" (Lc 1,34). L'angelo offre ulteriore illuminazione circa la volontà divina: "Lo Spirito Santo scenderà su di te..." (Lc 1,35). Pur essendo chiamata a credere l'incredibile, Maria, a questo punto, esclama: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38a).
In queste parole della Vergine vi è, in sostanza, l'eco di quelle pronunciate dall'intero popolo di Israele, quando accolse il dono dell'alleanza al Sinai. E questo vuol dire che la fede di Israele matura sulle labbra di Maria.
Davvero ella è "Figlia di Sion"!
3. Del "fiat" di Maria faremo adesso memoria orante nell'"Angelus". Chiediamo alla Vergine di rendere sempre illuminato e generoso il "fiat" del nostro Battesimo, e di rinnovarlo nei quotidiani impegni della nostra testimonianza di fede. Vivremo così degnamente la nostra alleanza col Signore nella sua Chiesa, cuore del mondo.
(Al termine della preghiera mariana, il Santo Padre ha detto:) Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell'afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledi 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l'angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso.
Elevo al Signore la mia preghiera perché Emanuela possa presto ritornare incolume ad abbracciare i suoi cari, che l'attendono con strazio indicibile. Per tale finalità invito anche voi a pregare.
(Il Santo Padre ha poi così salutato i vari pellegrini presenti:) I miei saluti vanno anche ai visitatori di lingua francese. Auguro loro di trascorrere un soggiorno romano che sia profiquo alla loro cultura umana e religiosa ma, ancor più, auguro di progredire nello spirito dell'Anno Giubilare della Redenzione. A tutti e a ciascuno, alle loro famiglie e ai loro amici, la mia benedizione apostolica! Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i visitatori e pellegrini di lingua inglese presenti qui oggi. Mediante l'intercessione di san Tommaso che ricordiamo oggi, possiate tornare alle vostre case con una fede rinvigorita nella potenza e nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo.
Cari pellegrini di lingua tedesca! Il ricordo odierno della Incarnazione di Dio nel grembo di Maria ci unisce sempre più col popolo dell'antica alleanza, che nella sua secolare attesa trova in Maria il suo punto più alto. Manteniamo anche noi viva questa attesa, poiché la venuta di Gesù non è soltanto passato ma anche presente e futuro.
Il mio affettuosissimo saluto va anche ai pellegrini, gruppi e famiglie, di lingua spagnola e portoghese, che hanno partecipato a questo incontro spirituale in omaggio alla Santissima Vergine. Che questo Anno Santo sia per voi occasione propizia per seguire con fedeltà rinnovata le tracce del Vangelo e per essere anche segno di speranza cristiana nei vostri ambienti. Vi auguro una felice domenica e vi benedico di cuore.
Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i gruppi italiani presenti al nostro appuntamento domenicale. In particolare saluto il numeroso gruppo di scouts dell'Agesci di varie regioni italiane, che è in partenza per prendere parte al Jamboree internazionale in Canada. Carissimi, vivete intensamente questa vostra esperienza, sia a livello umano che cristiano, e vi accompagni la mia benedizione.
Data: 1983-07-03 Data estesa: Domenica 3 Luglio 1983
Titolo: La comunità sanitaria deve difendere e non stroncare la vita
GPII 1983 Insegnamenti - Esequie del Cardinale James Robert Knox - Città del Vaticano (Roma)