
GPII 1983 Insegnamenti - Incoronazione di immagini mariane - Czestochowa (Polonia)
Titolo: Con la croce il regno di Cristo è radicato nella storia dell'umanità
"Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,32-33).
1. Desidero ricollegarmi a queste parole del Vangelo dell'Annunciazione di Luca, nel momento in cui mi è dato di compiere l'atto liturgico dell'incoronazione delle immagini della Madre di Dio: - di Lubaczow; - di Brdow; - di Stoczek Warminski; - di Zielenice. Compio questo atto a Jasna Gora nel giorno in cui insieme con i figli e le figlie della mia diletta Nazione, rendiamo grazie per i 600 anni della presenza della Genitrice di Dio nella nostra storia.
Desidero inserire in modo particolare l'atto della nazione liturgica delle suddette quattro immagini in questo giubileo patrio. L'incoronazione è unita alla dignità regale. perciò mi richiamo alle parole dell'Annunciazione, che parlano della dignità regale di Cristo. Al Regno del Figlio è legato il regnare di sua Madre. Incoronando con un atto liturgico i quadri o le sculture, prima poniamo una corona sul capo del Figlio, del Cristo, e poi su quella di Maria.
2. Nelle parole dell'Annunciazione la dignità regale di Cristo è espressa in modo messianico. Proprio dalla stirpe regale di Davide doveva nascere Colui che sarebbe stato inviato da Dio come Unto, cioè come Messia, per la salvezza del suo popolo: Colui che venne unto con lo Spirito Santo e con potenza.
Quando Gesù di Nazaret rivelava la sua potenza messianica operando miracoli e segni grandi tra il popolo, quest'ultimo voleva farlo re. Tuttavia Cristo si allontanava sempre dai fautori di un regno terreno. E quando, durante il processo; sotto l'influsso delle imputazioni da parte dei nemici di Gesù, Pilato gli chiederà: "Tu sei il re dei Giudei?", Cristo risponderà: "Il mio regno non è di questo mondo, se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei". Pilato ode in questa risposta l'affermazione che Gesù di Nazaret non è un re "di questo mondo", e tuttavia parla del suo "regno". E perciò chiede un'altra volta: "Dunque tu sei re?". Risponde Cristo: "Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è della verità, ascolta la mia voce" (cfr. Jn 16,33-37).
Così dunque Cristo non ha accettato nessuna corona sul suo capo, in un senso temporale. Ha accettato solo la corona di spine, conficcata sul suo capo per rendere ridicolo il "re dei Giudei". E con questa corona di spine sul suo capo, Gesù di Nazaret rese lo spirito nelle mani del Padre, sul Calvario: Re Crocifisso.
Oltre a ciò, infatti, sopra la sua testa fu scritta l'imputazione della sua colpa: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei" (Jn 19,19). In questo modo si compi la promessa dell'Annunciazione. La Croce sul Calvario divenne per il Messia il Trono di Davide. Pero, proprio in questa umiliazione del Re Crocifisso, acquistano il loro pieno senso le parole: "Il suo regno non avrà più fine". Nella Risurrezione il Cristo ha confermato di essere il Signore della vita e della morte. Il Signore, che abbraccia ogni tempo dell'esistenza umana sulla terra, guidandolo verso l'eternità: "Il suo regno non avrà fine".
3. Quando, nell'atto liturgico dell'incoronazione delle immagini, poniamo una corona sul capo di Gesù - di Gesù come Figlio di Maria, che è in braccio a lei - abbiamo davanti agli occhi questa verità evangelica sul regno di Cristo. E unitamente alla verità sul regno di Cristo emerge davanti agli occhi della nostra fede, anche la verità sul regno di Maria.
La Madre del Messia, sin dal momento dell'Annunciazione, ha avuto una particolarissima parte in questo regno, che divenne la missione dei suo Figlio.
Quando stava sotto la Croce, ella, col cuore, accettava sulle proprie tempie la corona di spine del Figlio. Come nessun altro, lei, la Madre, partecipava al sacrificio del Figlio: il sacrificio della nostra Redenzione. Vi partecipava maternamente. E Cristo consocio questa partecipazione materna al suo Sacrificio redentivo, dando come figlio a Maria il suo discepolo Giovanni: ecco il tuo figlio; e, nella sua persona, le diede ogni uomo, perché ognuno è abbracciato dalla forza misericordiosa della Redenzione. così dunque quel regnare di Maria, al quale diamo espressione ponendo con un atto liturgico una corona sul suo capo, ha il suo inizio decisivo nell'unione della Madre alla Croce e alla morte del Figlio.
Unita a lui nella spogliazione, viene unita anche nella gloria, che si manifesta innanzitutto mediante la Risurrezione. Noi crediamo che la Genitrice di Dio partecipi alla Risurrezione di Cristo mediante la sua Assunzione al cielo.
L'Assunta partecipa anche a quel regno, del quale aveva udito parlare nel momento dell'Annunciazione: "Il suo regno non avrà fine". Vi partecipa a titolo di Madre - e vi partecipa maternamente. Ponendo una corona sul capo della Madre di Cristo, rappresentata nell'immagine che viene incoronata, desideriamo esprimere la fede in questa mirabile partecipazione di Maria al regno del suo Figlio.
4. Il suo regno - e il regno di lei - non è di questo mondo. Tuttavia esso si è radicato nella storia dell'uomo, nella storia di tutto il genere umano, anzitutto per il fatto che il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, si fece uomo per opera dello Spirito Santo nel seno di Maria. E quel regno si è definitivamente radicato nella storia dell'umanità mediante la Croce, accanto alla quale stava la Genitrice di Dio come "Socia Redemptoris". E, in questo radicamento, quel regno perdura. Perdura sulla terra. Perdura nei diversi luoghi della terra. Varie comunità umane sperimentano il regno materno di Maria il quale avvicina a loro il regno di Cristo. Questo sperimentare si collega con i luoghi, con i tempi, con le immagini. Quando in una continuità del Popolo di Dio, quell'esperienza del regno di Maria raggiunge, mediante la fede delle generazioni, una particolare maturità, allora nasce il desiderio di esprimerlo con un atto liturgico. E la Chiesa, dopo aver costatato la rettitudine di questo desiderio, compie l'atto dell'incoronazione.
Gioisco perciò per il fatto che oggi mi sarà dato di compiere a Jasna Gora proprio un tale atto.
5. Devo porre le corone papali sul capo di Gesù e di Maria nell'immagine di Lubaczow. Saluto cordialmente Monsignor Marian Rechowicz, Amministratore Apostolico in Lubaczow, unitamente al Capitolo, al clero e agli Ordini religiosi maschili e femminili. Saluto tutti i pellegrini venuti da quell'arcidiocesi, gli inizi della quale risalgono ai tempi di Casimiro il Grande.
Con profondissima commozione onoro con le corone questa effige che è stata testimone dei voti di Giovanni Casimiro, nella Cattedrale di Leopoli, nei
1656; effige davanti alla quale la Genitrice di Dio è stata chiamata per la prima volta Regina della Polonia e il nostro popolo si è impegnato a una nuova e zelante dedizione al servizio della sua "Regina Misericordiosissima" (voti di Giovanni Casimiro re di Polonia).
6. Devo anche porre le corone papali sul capo di Gesù e di Maria nell'immagine di Brdow, nella diocesi di Wloclawek. Questa circostanza ha una particolare eloquenza nel pellegrinaggio, che mi è dato di compiere in Patria, dopo la canonizzazione di san Massimiliano Kolbe. Infatti questo primo Santo polacco del secondo millennio, è nato a Zdunska Wola, proprio nella diocesi di Wloclawek. Che l'incoronazione odierna diventi l'espressione di quella straordinaria venerazione e di quello straordinario amore ch'egli ebbe verso l'Immacolata.
Ma è possibile menzionare solo lui, parlando di quella che è forse la più grande tra le diocesi polacche, che offri un'ecatombe di vittime tra i suoi sacerdoti, con a capo il servo di Dio, il Vescovo Michal Kozal? D'altronde, poi, proprio da quella diocesi venne alla sede di Lublino, e poi a quella di Primate, l'indimenticabile Cardinale Wyszynski, il Primate del millennio.
Cordialmente dunque saluto Monsignor Jan Zareba, il Pastore della diocesi, i Vescovi ausiliari, il Capitolo, il clero diocesano e religioso: le sorelle e i fratelli. Saluto tutti i pellegrini venuti dalla diocesi di Wloclawek, e prima di tutto dal Santuario di Brdow. Compiendo il servizio dell'incoronazione condivido con voi la gioia mariana.
7. Devo ora porre le corone papali sul capo dell'immagine di Gesù e di Maria del Santuario di Stoczek, della diocesi Warmia. Con questo atto manifesto gratitudine alla Madre della Pace per gli oltre 300 anni di protezione della Santa Warmia, che nel corso della storia e della stabilità della sua sorte ha mantenuto la fede a Cristo e alla sua Chiesa.
Conosciamo pure Stoczek Warminski come luogo dell'incarcerazione del Cardinale Stefan Wyszynshi negli anni 1953-1954. Proprio li, il Primate del millennio compose l'"Atto di consacrazione personale alla Madre santissima" e li pure ha fatto questa consacrazione l'8 dicembre 1953.
Saluto cordialmente il Pastore della diocesi, il Vescovo Jan Oblak, i Vescovi ausiliari Julian e Wojciech, i Capitoli della Cattedrale e della Collegiata, il Seminario diocesano "Hosianum" così fortemente legato all'illustre figura del Servo di Dio Cardinale Stanislaw Hosiusz; saluto i sacerdoti, le Famiglie religiose maschili e femminili, e tutti i pellegrini della diocesi. In voi saluto tutta la Chiesa di Warmia.
In questo solenne momento desidero pure ricordare tutte le generazioni di Vescovi e di sacerdoti, che nel passato hanno costruito questa Chiesa sul fondamento della fede e dell'amore. In modo particolare richiamo alla memoria coloro che, dopo la seconda guerra mondiale, senza tener conto delle difficoltà, vi hanno portato il loro servizio pastorale.
Tutti voi affido alla Madre della Pace.
8. Devo inoltre porre le corone papali sul capo di Gesù e di Maria nell'immagine del Santuario di Zielenice, della diocesi di Kielce. Con questo atto liturgico desidero al tempo stesso esprimere gratitudine alla Santissima Trinità, al nostro Redentore e alla sua Madre, per il centenario della diocesi di Kielce.
Salutando cordialmente il pastore della diocesi, Monsignor Stanislaw Szymecki e ambedue i Vescovi ausiliari, desidero contemporaneamente ricordare tutti i Pastori della diocesi di Kielce nell'arco di questi cento anni, sino a Monsignor Jan Jaroszewicz scomparso da poco. Saluto tutti i Capitoli di Kielce e di Wislica, e il Seminario Maggiore. Saluto i sacerdoti diocesani e le Famiglie religiose maschili e femminili. Contemporaneamente ricordo tutte le generazioni del clero, che durante questi cento anni esercitarono il servizio evangelico tra il Popolo di Dio, nella Chiesa di Kielce.
Salutando poi tutti i pellegrini, fratelli e sorelle, giunti per l'odierna cerimonia, ricordo al tempo stesso tutte quelle generazioni di diocesani, che durante i trascorsi cento anni hanno costituito la viva comunità del Popolo di Dio della diocesi. In quella comunità si è realizzato il regno della Croce e della Redenzione di Cristo e continuamente è rinata la speranza della vita futura grazie alla Risurrezione di Cristo. In quella comunità è stata sempre tra voi la Madre di Cristo. Oggi desideriamo coronare questa sua materna presenza insieme al Figlio ponendo le corone dell'immagine della Genitrice di Dio di Zielenice.
Che Maria sia con voi per gli anni successivi e le successive generazioni, avvicinando a voi Cristo e il suo regno: regno di grazia e di verità, regno di fede, di speranza e di carità, regno di vita eterna.
Data: 1983-06-19 Data estesa: Domenica 19 Giugno 1983
Titolo: La verità, prima e fondamentale condizione di rinnovamento sociale
Miei cari fratelli nell'Episcopato, Cardinale Primate, Cardinale Metropolita di Cracovia, Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi, Membri della Conferenza Episcopale polacca!
1. I miei primi passi, durante il pellegrinaggio di quest'anno in Patria, li ho diretti alla cattedrale di Varsavia, alla tomba del Cardinale Stefan Wyszynski di santa memoria, il Primate del millennio. La prima Santa Messa l'ho celebrata per lui, raccomandando a Dio la sua anima immortale e insieme ringraziando per il servizio da lui reso alla Chiesa in Polonia per oltre trent'anni, come Vescovo e come Primate. E' senz'altro difficile esprimere l'importanza di questo servizio, non solo riguardo alla Chiesa in Polonia, ma anche riguardo alla Chiesa universale.
Scrivendo dal Policlinico "Gemelli" in Roma la mia lettera dopo la morte del Primate, mi sono espresso tra l'altro nel modo seguente: "...Abbiamo restituito a Dio stesso colui che soprattutto a Dio apparteneva e a noi fu dato come Pastore e Primo vescovo in Polonia per la sua profonda edificazione. Egli è diventato, ai nostri tempi, nel corso dei trent'anni del suo servizio pastorale, un autentico testimone di Cristo tra gli uomini, è diventato maestro ed educatore nello spirito di tutta la verità sull'uomo e insegnando e svolgendo il ministero pastorale ha cercato, a somiglianza di Cristo e della sua Madre, di servire gli uomini e la Nazione, che il buon Dio ha messo sulla strada della sua missione.
Come intrepido portavoce della dignità dell'uomo e dei suoi inviolabili diritti nella vita personale, familiare, sociale e nazionale, il compianto Primate è diventato un singolare esempio dell'amore per la Patria e deve essere annoverato tra i personaggi più grandi della sua storia" (7 giugno 1981).
2. Quando sono stato in Polonia per la prima volta come Papa, nel giugno del 1979, il Cardinale Wyszynsky mi invito per il Giubileo di Jasna Gora. Penso che - vegliando vicino al trono della Regina della Polonia - abbia contribuito con la sua preghiera a far si che questo secondo pellegrinaggio, nonostante difficoltà così grandi, si sia potuto realizzare.
Nell'ambito della Conferenza Episcopale polacca desidero rendere omaggio ancora una volta, dopo la sua morte, alla memoria del grande Primate, al quale la Chiesa, la Polonia e noi tutti - io in particolare - tanto dobbiamo. Rievocando il defunto Primate, desidero ricordare al tempo stesso tutti i membri della Conferenza Episcopale polacca, che l'Eterno Padre si è degnato di chiamare a sé dopo l'ultima mia presenza nella Patria: i Vescovi residenziali: Cardinale Stefan Wyszynski, Arcivescovo e Metropolita di Gniezno e di Warszawa, Primate di Polonia; Bernard Czapiinski, Vescovo di Chelmno; Piotr Golebiowski, Amministratore Apostolico della diocesi di Sandomierz; Jan Jaroszewicz, Vescovo di Kielce; Mikojal Sasinowski, Vescovo di Lomza; e i Vescovi ausiliari: Edmund Ilcewicz, a Lublino; Aleksander Mosicki, a Lomza; Jozef Kazimierz Kluz a Gdansk; Waclaw Majewski, a Warszawa, Stanislaw Jakiee, a Przemysl.
Raccomandiamo alla Misericordia Divina l'anima del defunto Primate e di tutti i defunti fratelli nell'Episcopato.
3. Permettete ora, venerati e cari fratelli, che ci rivolgiamo a tutti coloro che l'Eterno Pastore ha chiamato al posto di quelli che ci hanno lasciato.
Mi rivolgo in primo luogo al Cardinale Jozef Glemp, Arcivescovo di Gniezno e di Warszawa, successore sulla Sede Primaziale. Tutti ci rendiamo conto che, insieme ad una grande dignità, si è posato sulle tue spalle, caro Primate, un enorme peso. Tutti in qualche modo sentiamo questo peso, specialmente di fronte allo sviluppo degli eventi in patria. Dinanzi a questa situazione, ha un particolare significato l'unità collegiale della Conferenza Episcopale, la quale - essendo un appoggio per ogni Vescovo - lo è particolarmente per il Primate.
Nell'arco di quattro anni, dal tempo del mio ultimo soggiorno in Patria, l'Episcopato si è arricchito di nuovi nomi. Desidero, seguendo l'ordine della preconizzazione, dare il benvenuto a tutti i nuovi Vescovi. Desidero farlo, salutando insieme i "vecchi compagni" con i quali, ancora alcuni anni fa, ci si sedeva insieme nell'ambito della Conferenza Episcopale.
4. E così, accanto al nuovo Arcivescovo di Gniezno e di Warszawa, saluto il nuovo Vescovo di Chelmno, Monsignor Marian Przykucki; il Vescovo di Sandomierz-Radom, Monsignor Edward Materski; il Vescovo di Kielce, Monsignor Stanislaw Szymecki; il Vescovo di Warmia, Monsignor Jan Oblak; il Vescovo di Lomza, Monsignor Juliusz Paetz.
Saluto pure i nuovi Vescovi ausiliari di Lodz, Szczecin-Kamien, Poznan, Katowice, Opole, Wloclawek, Gniezno, Warszawa, Chelmno, Warmia, Lublin, Kiclce, Lomza, Gdansk. L'Episcopato polacco conta ora 85 Vescovi.
Desidero aggiungere che, nello stesso tempo, è stato elevato alla dignità di Arcivescovo titolare il Segretario della Conferenza Episcopale, Monsignor Bronislaw Dabrowski, e a Roma è stato nominato Arcivescovo Monsignor Andrea Deskur, Presidente della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali. Infine Monsignor Zenon Grocholeski, Segretario del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica, è stato consacrato Vescovo.
5. Molto cordialmente ringrazio l'Episcopato polacco per l'invito al Giubileo di Jasna Gora.
Sono lieto che insieme a me possano partecipare all'odierno incontro i miei collaboratori romani: Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato; l'Arcivescovo Eduardo Martinez Somalo, Sostituto; il Vescovo Jacques Martin, Prefetto della Casa Pontificia; l'Arcivescovo Luigi Poggi, Nunzio Apostolico con incarichi speciali; e altri, qui presenti, che partecipano al mio pellegrinaggio.
La preparazione per la visita pontificia è costata molta fatica da parte di diversi organi (ho già espresso il ringraziamento verso le istituzioni governative). Desidero in questo luogo ringraziare in modo speciale l'Episcopato e gli organi ecclesiali.
Ringrazio innanzitutto la Commissione Centrale Ecclesiastica Organizzativa, il Comitato dei Padri di Jasna Gora, i Comitati Diocesani e le rispettive sezioni: pastorale, liturgica, organizzativo-tecnica, di assistenza ai pellegrini, di coordinamento, di sicurezza e di ordine, dei servizi sanitari, di approvvigionamento e comunicazione. Rivolgo una parola di ringraziamento inoltre all'Ufficio stampa dell'Episcopato e all'intero servizio di informazione e documentazione. Chiedo di perdonarmi se ho omesso qualcuno. Ringrazio tutti di cuore.
Ringrazio per l'opera organizzativa svolta nella preparazione del pellegrinaggio. Soprattutto, pero, ringrazio per la preparazione pastorale.
Questa preparazione si manifesta nel motto: "Il dono della vita: dono di una vita degna, dono della vita soprannaturale". "Il dono della vita comprende la difesa dei nascituri e l'atmosfera religiosa della famiglia; "il dono di una vita degna, si riferisce alla sobrietà, alla castità, all'opporsi alla crescente pornografia, alla sensibilizzazione circa la minaccia della droga, alla cultura e alla verità nella vita quotidiana; "il dono della vita cristiana, comprende la preghiera particolarmente nella famiglia, la partecipazione alla Messa domenicale, i Sacramenti con particolare attenzione al Sacramento della penitenza, le opere di misericordia (cfr. Istruzione pastorale dell'Episcopato polacco, 5 febbraio 1983).
In nessun altro modo Dio si fa presente con la sua azione nei confronti dell'uomo così radicalmente, e in nessun altro modo si manifesta all'uomo così tranquillamente, come nella sua azione creatrice, cioè come Datore del dono della vita umana! perciò, il rapporto al dono della vita è una manifestazione e una fondamentale verifica dell'autentica religiosità e della morale.
Fratelli miei! Il più ardente desiderio del mio cuore è che la mia presente visita in Patria serva alla realizzazione di tutti questi scopi, che avete formulato nella sua preparazione. Essi riguardano problemi fondamentali della vita della Nazione, per la sua moralità, per il suo futuro. Tanto, tanto fervidamente, prego per questo insieme a voi!
6. Costantemente seguo gli sforzi intrapresi dall'Episcopato polacco per il compimento della missione evangelica della Chiesa. Compite questa missione davanti agli occhi dell'intera società in Polonia, e contemporaneamente davanti agli occhi del mondo. Gli avvenimenti, infatti, degli ultimi anni hanno concentrato sulla Chiesa in Polonia l'attenzione di una vasta opinione.
La lunga esperienza della storia, specialmente l'esperienza degli ultimi secoli, e forse ancor di più quella degli ultimi decenni confermano che la Chiesa in Polonia vive in un profondo legame con la Nazione. Ed è un legame evangelico e pastorale. Essa rimane sulla stessa linea, nella quale l'intera Chiesa d'oggi, fedele allo spirito del Vangelo e del Vaticano II, desidera essere la "Chiesa dei poveri" senza chiudersi affatto a nessuno, in rapporto a nessun gruppo sociale né ad alcun uomo. L'uomo infatti è "la prima e fondamentale via della Chiesa", come mi sono espresso nell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 14).
"Chiesa dei poveri" significa che essa assume impegni diversi sul globo terrestre in favore dell'uomo, dei suoi bisogni spirituali e materiali, dei fondamentali e inalienabili diritti. Questi impegni corrispondono a diverse situazioni. Infatti nelle diverse situazioni si tratta di diversi bisogni e diritti dell'uomo prima di tutto. Nel caso concreto, l'impegno della Chiesa deve rispondere alla nostra situazione polacca.
Quest'impegno fa parte del programma di evangelizzazione, come si pronuncio Paolo VI a conclusione del Sinodo dei Vescovi del 1974, mediante l'esortazione "Evangelii Nuntiandi". Ecco le sue parole: "...L'evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello, che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale, dell'uomo. Per questo l'evangelizzazione comporta un messaggio esplicito, adatto alle diverse situazioni, costantemente attualizzato, sui diritti e sui doveri di ogni persona umana, sulla vita familiare, senza la quale la crescita personale difficilmente è possibile, sulla vita in comune nella società, sulla vita internazionale, la pace, la giustizia, lo sviluppo... Tra evangelizzazione e promozione umana - sviluppo, liberazione - ci sono infatti dei legami profondi. Legami di ordine antropologico, perché l'uomo da evangelizzare non è un essere astratto, ma è condizionato alle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poiché non si può dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere e della giustizia da restaurare. Legame dell'ordine eminentemente evangelico, quale è quello della carità: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, autentica crescita dell'uomo?" (EN 29-31).
7. Ho seguito assiduamente nell'arco degli ultimi anni e dei mesi recenti, gli enunciati della Conferenza Episcopale e in particolare i comunicati delle sessioni plenarie. Ad alcuni brani di questi enunciati ho fatto riferimento nelle mie parole ai polacchi durante le Udienze generali del mercoledi, e in altre occasioni. Mi è sembrato anche che i comunicati della Conferenza Episcopale soddisfano il bisogno di udire la verità, così acuto nella società. La verità è la prima e fondamentale condizione del rinnovamento sociale. Senza di essa non si può parlare del dialogo sociale, che l'Episcopato postula così giustamente e che la società certamente attende. La società polacca infatti ha uno stretto diritto a tutto ciò che le assicura la soggettività ad essa propria, cioè la somma dei diritti che scaturiscono dalla natura stessa della persona umana e dalla comunità nazionale.
Il servizio alla verità nella missione della Chiesa va di pari passo con il servizio della carità. L'ultimo periodo ha aperto qui davanti a voi, cari fratelli, davanti a tutti i Pastori, e davanti a tutta la comunità della Chiesa in Polonia, enormi compiti.
"Ad essa, dunque, alla Chiesa toccava il compito di visitare i carcerati e gli internati, organizzare l'aiuto alle loro famiglie, distribuire i viveri e gli indumenti ai bisognosi, con una particolare attenzione ai bambini, alle persone anziane, ai malati, alle famiglie numerose. Un capitolo a parte costituisce l'aiuto materiale, non mai visto nella storia, proveniente da innumerevoli organizzazioni e persone private al di fuori del Paese e affidato esclusivamente alla Chiesa per la distribuzione. Le dimensioni di questo aiuto possono essere illustrate ad esempio dal fatto che dal gennaio 1981 all'aprile 1982, attraverso il punto di distribuzione dei medicinali a Varsavia, sono passate centoventi tonnellate di farmaci forniti alle cliniche e agli ospedali. Grazie ad una efficiente organizzazione questo aiuto è giunto, attraverso i comitati diocesani, alle parrocchie fin dei più lontani angoli del Paese". Sono le parole del Vescovo Czeslaw Domin, Presidente della Commissione Caritativa dell'Episcopato (cfr. "Tygodntk Powszechny", 20 giugno 1982, n. 25, p. 5).
Esiste la necessità della sollecitudine per ogni uomo, della difesa di ogni connazionale, di proteggere ogni vita, di prevenire le mutilazioni, così facili nel caso di percosse, specialmente se si tratta di organismi giovani e deboli.
Un'analoga sollecitudine è necessaria verso gli anziani, i soli, gli abbandonati, gli ammalati... La Chiesa in Polonia ha le mani piene di lavoro caritativo. Questo attivo amore del prossimo trasforma l'immagine cupa, e sotto vari aspetti dolorosa, della vita della società, che si è creata nell'arco dell'ultimo anno. Su questo quadro doloroso cade qualche raggio di luce, che porta con sé l'attivo amore del prossimo.
8. Il Giubileo di Jasna Gora ci conduce, cari fratelli, verso quei contenuti, che hanno formato la pastorale in Polonia nel periodo della Grande Novena e del millennio del Battesimo del nostro Paese.
Sono contenuti mariani (e mariologici) di particolare profondità e intensità. Ne ho parlato durante il precedente pellegrinaggio in Patria, specialmente a Jasna Gora. Una particolare eredità dell'anno del millennio rimane sempre quell'Atto di donarsi "nella materna schiavitù d'amore per la libertà della Chiesa nel mondo e in Polonia". Quest'Atto rimane in unione ideale con l'eredità del Concilio, con il programma della "Evangelii Nuntiandi" e con l'impegno della Chiesa dei poveri.
Dall'ispirazione mariana del nostro millennio, sostenuta dalla figura di san Massimiliano, deve scaturire tutto ciò che serve la libertà della Chiesa; e mediante ciò la Chiesa deve servire la vera libertà dell'uomo e della Nazione.
Questo è divenuto particolarmente attuale sullo sfondo degli avvenimenti degli anni Ottanta.
Con profonda emozione ho letto i postulati che la Conferenza Plenaria dell'Episcopato polacco ha formulato all'inizio del maggio scorso. Non certo per la prima volta, poiché tali postulati vennero formulati più di una volta dopo il 13 dicembre del 1981. Esprimo la profonda convinzione che questi postulati corrispondano ai presupposti più profondi dell'ethos cristiano e insieme patriottico. Servono la causa dell'uomo e al buon nome della Patria nell'opinione del mondo e della storia.
9. Gli eventi degli anni Ottanta mettono in rilievo in modo particolare l'importanza della dottrina sociale della Chiesa, e specialmente l'importanza del "Vangelo del lavoro", che sta al centro stesso di questa dottrina. Ho cercato di esprimerlo nell'enciclica "Laborem Exercens".
Sempre (sin dal tempi in cui la Divina Provvidenza mi permise di fare l'esperienza personale del lavoro fisico) ho nutrito la convinzione che la dottrina sociale della Chiesa non passa accanto, ma proprio s'incontra con le vere aspirazioni degli uomini del lavoro. La dottrina cristiana sul lavoro postula da una parte la solidarietà dei lavoratori e dell'altra il bisogno dell'onesta solidarietà con gli uomini del lavoro.
Ho parlato su questo tema nel mese di giugno 1982 a Ginevra su invito dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro: "Per creare un mondo di giustizia e di pace, la solidarietà deve scalzare le fondamenta dell'odio, dell'egoismo, dell'ingiustizia, erette troppo spesso a principi ideologici o in legge essenziale dalla vita nella società. All'interno di una stessa comunità di lavoro, piuttosto che tendenze alla distinzione o all'opposizione, la solidarietà spinge a scoprire esigenze di unità inerenti alla natura del lavoro. Essa rifiuta di concepire la società in termini di lotta "contro" e i rapporti sociali in termini di opposizione irriducibile delle classi. La solidarietà, che trova la sua origine e la sua forza nella natura del lavoro umano e dunque nel primato della persona umana sulle cose, saprà creare gli strumenti di dialogo e di collaborazione in grado di risolvere le opposizioni senza cercare la distruzione dell'oppositore.
No, non è utopia affermare che si potrà fare del mondo del lavoro un mondo di giustizia" (n. 9).
Permettete che in questo contesto io menzioni ancora "Lo spirito del lavoro umano", il libro che in un certo qual senso fu la carta d'identità del Cardinal Stefan Wyszynski, quando nel 1946 entro nell'Episcopato polacco, e poi occupo la Sede di Primate.
Si apre qui - quasi in una nuova dimensione e con una nuova intensità - l'antico, per non dire l'eterno compito della Chiesa: il compito della pastorale e dell'apostolato in Polonia. Il senso di questo apostolato e di questa pastorale è duplice; si tratta dello spirito del lavoro umano, e si tratta anche della sua forma sociale. La problematica dei sindacati nella loro forma autentica è radicata nell'uno e nell'altra.
10. Ci siamo abituati in Polonia alla pastorale programmata e "globale". Un piano globale è stata la Grande Novena. Lo è stato anche, fino a un certo grado, il sessennio prima del Giubileo di Jasna Gora.
Desidero ancora dire, in conclusione, che proprio in quest'anno 1983 l'ispirazione mariana polacca s'incontra con la prospettiva cristologica.
Ecco: il Giubileo polacco di Jasna Gora nella nostra Patria si fonde in un certo qual modo con l'Anno della Redenzione, il Giubileo straordinario della Chiesa universale. Questo Giubileo è quasi un fermarsi della Chiesa sulla strada verso l'anno 2000 dalla nascita del Redentore. Possiede dunque in un certo senso il carattere dell'avvento.
E in questo modo ci ricolleghiamo di nuovo all'ispirazione mariana: Maria è presente nell'avvento della Chiesa e dell'umanità. Ella viene nel mondo prima che nasca Cristo - sin dal momento della sua Immacolata Concezione - diventa la via definitiva per l'entrata di lui nella grande famiglia umana.
Ricordando ciò alla fine del mio discorso, desidero chiarire così ancora un'altra ragione del mio pellegrinaggio in Polonia quest'anno. Al tempo stesso vi auguro di tutto cuore, cari fratelli, di continuare a trovare nel terreno dell'Anno della Redenzione e dell'ispirazione mariana il sostegno per i piani pastorali, che serviranno a unire sempre più il Popolo di Dio in terra polacca e anche a sollevare i cuori umani verso quella dignità che hanno in Cristo, redentore del mondo.
Data: 1983-06-19 Data estesa: Domenica 19 Giugno 1983
Titolo: Affido a te, Maria, questa terra, questa gente, questo patrimonio
1. Nell'ora dell'appello di Jasna Gora, desidero prima di tutto ringraziarti, Madre della mia Nazione, per questa solenne giornata. Da tempo ho deposto questo giorno nel tuo Cuore materno, chiedendo che tu stessa guidassi ogni cosa. Ti ringrazio, dunque, di essere potuto giungere qui come santo pellegrino e di poter partecipare al Giubileo della Patria nel 600° anniversario di Jasna Gora: di aver potuto ringraziarti, o Madre, per la tua provvidenziale presenza qui, nell'Immagine così amata da tutti i polacchi.
Davanti a te, Signora di Jasna Gora, ringrazio tutti coloro che oggi, insieme con me, sono giunti dal Paese e da oltre le sue frontiere per partecipare alla nostra festa nazionale di ringraziamento e di affidamento.
Davanti a te, o Madre, ringrazio tutti coloro che, sia da parte dello Stato, sia da parte della Chiesa, si sono adoperati per la preparazione di questo pellegrinaggio e per il suo svolgimento. Che Dio ricompensi tutti.
2. Tra poco dovremo ripetere le parole dell'appello di Jasna Gora. Parole essenziali. Parole evangeliche. Parole semplici e forti. Parole d'amore, con le quali desideriamo raggiungere il cuore della Madre, e in questo Cuore incontrarci tra di noi. Un tale incontro è estremamente importante. Non possiamo rimanere in questa difficile terra polacca, senza l'incontro nel Cuore materno della Signora di Jasna Gora.
E perciò, rinnovando insieme con voi, che siete qui, l'appello di Jasna Gora, desidero abbracciare in esso anche tutti i nostri connazionali in terra polacca e oltre i suoi confini. In quante parti del mondo, in quanti Paesi, in quanti Continenti, l'effige di Jasna Gora è allo stesso tempo il segno visibile dell'anima polacca e della terra polacca! In terra, polacca, invece desidero che questo appello di Jasna Gora diventi la preghiera di una particolare visitazione. Che questa visitazione supplisca la mia assenza in tutti i luoghi nei quali sono stato invitato e nei quali non sono potuto arrivare. Oggi nell'appello di Jasna Gora mi unisco in modo particolare con voi, cari fratelli e sorelle, che non mi è stato dato di vedere né d'incontrare sull'itinerario del mio pellegrinaggio in Polonia. Per mezzo dell'immagine di Nostra Signora di Jasna Gora vi faccio una visita, e sono unito con voi.
Desidero anche unirmi in modo speciale in questa comunità di preghiera con quei miei connazionali che - specialmente negli ultimi tempi - si rivolgevano a me tramite lettere, e in esse il più spesso mi assicuravano di sostenermi con la preghiera e con il sacrificio. Che nell'odierno incontro alla presenza della Signora di Jasna Gora essi trovino una risposta e una parola di ringraziamento.
3. In questo raggio della nostra preghiera, desideriamo invitare tutti coloro che soffrono. Siamo riuniti nel nome di Cristo che dice: "Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare... ero malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi (Mt 25,35-36).
Cari fratelli e sorelle sofferenti, in quest'ora dell'appello di Jasna Gora, veniamo a voi. Siamo con voi: con il cuore e con il ricordo. Vi invitiamo alla comune preghiera. Voi, specialmente, avete molto da dire alla Regina e Madre della nostra Nazione. E anche lei è particolarmente con voi, così come il Suo Figlio, il quale ha detto: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli... l'avete fatto a me" (Mt 25,40).
Madre di Jasna Gora! In quest'ora serale di sincerità nella quale apro il mio cuore davanti a te, non posso tralasciare i problemi che occupano molti cuori. Penso che le mie parole siano povere - perché è difficile parlare ad alta voce di questi problemi dolorosi. Dunque ti chiedo solamente, o Madre della mia Nazione... per coloro che soffrono, e per coloro che causano le sofferenze... poiché tuo Figlio non vuole respingere nessuno!
4. O Madre e Signora di Jasna Gora, desidero - unitamente a tutti - affidarti ancora una volta la mia Nazione. Sono suo figlio, porto in me l'intero patrimonio della sua cultura, della sua storia, l'eredità delle sue vittorie - quest'anno ricordiamo in modo particolare Giovanni III, Sobieski e Vienna - ma porto anche l'eredità delle sue sconfitte. Porto in me la consapevolezza delle sue negligenze, dei suoi peccati e delle sue colpe, ma anche la consapevolezza delle ingiustizie storiche, che ha subito specialmente durante gli ultimi due secoli.
Sono figlio di questa Nazione, e perciò ne sento profondamente tutte le sue nobili aspirazioni, il desiderio di vivere nella verità, nella libertà, nella giustizia, solidarietà sociale - il desiderio di vivere la sua propria vita.
Infatti, dopo mille anni di esperienze storiche, questa Nazione ha la sua propria vita, la sua cultura, le sue tradizioni sociali, la sua identità spirituale.
5. Madre di Jasna Gora! Desidero affidare proprio a te tutto ciò che è stato elaborato nel difficile periodo degli ultimi anni, specialmente dall'agosto del
1980; tutte queste verità, principi, valori e atteggiamenti. Fa' che non si perda di esso niente di ciò che è vero e giusto. Fa' che esso diventi materia di vero rinnovamento sociale e morale. A questo rinnovamento la Nazione giustamente lega le sue speranze. Fa' che si ritrovi il coraggio del dialogo sociale mediante il quale la Nazione possa recuperare la speranza di partecipare tutta intera alle decisioni sulla forma della propria vita comune.
Regina della Polonia, voglio affidarti anche i compiti difficili di coloro che esercitano il potere in terra polacca. Uno Stato è forte, prima di tutto, con l'appoggio della società. Davanti a te, o Madre di Jasna Gora, elevo una preghiera ad alta voce, affinché quest'appoggio possa essere il frutto di piena comprensione della via storica della Nazione e delle esperienze contemporanee. Questa è al tempo stesso la via del rispetto dell'uomo, della sua coscienza e delle sue convinzioni.
In questa difficile ora della storia affido a te, o Madre, tutti i polacchi, perché da ciascuno in qualche misura dipende la perseveranza sulla via del rinnovamento, della giustizia e della pace.
6. Sempre più spesso nella bocca della Chiesa, posta in mezzo alla grande famiglia umana, si presenta la parola "riconciliazione". Cristo infatti, come dice san Paolo, ci ha riconciliati con Dio "in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia (Ep 2,16). Quest'anno che è il Giubileo straordinario della Redenzione, questa parola è ritornata con una forza nuova. La croce di Cristo ci chiama alla riconciliazione con Dio, apre l'accesso a lui a tutti gli uomini. Contemporaneamente la via alla riconciliazione con Dio conduce attraverso la riconciliazione con gli uomini. "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Queste parole costituiscono una potente barriera contro lo sviluppo di odio e di rivincita. Queste parole della preghiera del Signore assicurano l'unione inter-umana alle sue radici.
Madre dei nostri cuori! Fa' che queste parole formino la forza del perdono ovunque, dove senza il perdono non sapremo svincolarci dalle catene dell'odio. L'odio è infatti una forza distruttrice, e noi non possiamo né distruggere né lasciarci distruggere da essa. Bisogna che ci fermiamo alla soglia della Preghiera del Signore, bisogna che sostiamo sempre al limite della possibilità della riconciliazione.
Inoltre il perdono testimonia la grandezza dello spirito umano, prova che esso è permeabile all'opera dello Spirito Santo. Quanti uomini in terra polacca hanno dato la testimonianza di ciò negli ultimi tempi. Ti ringraziamo di questo, o Madre di Jasna Gora. Ti ringraziamo per ogni vittoria dell'amore nell'anno della canonizzazione di padre Massimiliano Maria e davanti alle beatificazioni dei servi di Dio: Raffaello, Alberto e Orsola.
Il perdono è forte della potenza dell'amore. Il perdono non è debolezza.
Perdonare non significa rinunciare alla verità e alla giustizia. Vuole dire: tendere alla verità e alla giustizia sulla via del Vangelo.
O Madre, impetraci in quest'Anno della Redenzione la disponibilità alla riconciliazione. Insegnaci ad aspirare con perseveranza alla verità e alla giustizia, così come ce lo insegna tuo figlio.
7. Sono venuto qui a Jasna Gora nell'anno 1979 sulle orme dei santi patroni della Polonia, Adalberto e Stanislao, da Gniezno a Cracovia. Quest'anno vengo sulla scia di san Massimiliano, martire d'amore, martire del campo di Oswiecim. Vengo anche dalla tomba ancora fresca, del Cardinale Stefan Wyszynski, il grande Primate del millennio.
Per la memoria di queste figure che tracciano la via della Chiesa nel nostro difficile ventesimo secolo, ti prego, Signora di Jasna Gora, che questa Chiesa possa continuare in terra polacca ad adempiere il suo servizio.
Come quasi vent'anni fa essa preparo la Nazione al grande anniversario del millennio del Battesimo, così prepari ora tutto il Popolo di Dio in terra polacca all'inizio del terzo millennio della nascita di Cristo. Questo è quasi un nuovo Avvento dell'umanità. Maria è la luce del Salvatore sulla terra. Ella infatti ha preceduto la prima venuta del Salvatore sulla terra. Che la luce della sua maternità divina splenda fortemente qui, a Jasna Gora, e costantemente ci avvicini a Colui che è Via, Verità e Vita.
Per sei secoli i figli e le figlie di questa terra sono stati sensibili a questa Luce della Madonna di Jasna Gora. Che continuino a rimanere così sensibili, come lo esige da loro la nostra difficile epoca: epoca della storia dell'umanità e della storia della nostra Nazione in mezzo alla grande famiglia umana.
8. Infine, o Madre di Jasna Gora, sono venuto qui, per dirti ancora una volta: "Totus tuus"! Sono, o Madre, tutto tuo, e tutto ciò che è mio è tuo! Tutto ciò che è mio, quindi anche la mia Patria la mia Nazione.
O Madre! Sono stato chiamato a servire la Chiesa universale sulla sede romana di san Pietro. Pensando a questo servizio universale, ripeto costantemente "Totus tuus". Desidero essere servo di tutti! Al tempo stesso, sono figlio di questa terra e di questa Nazione. Questa è la mia Nazione. Questa è la mia Patria.
Madre! Tutto ciò che è mio è tuo! Madre! Tutto ciò che è mio è tuo! Che cosa posso dirti di più? Come ancora diversamente affidarti questa terra, questa gente, questo patrimonio? Te li affido così come so. Tu sei Madre.
Tu comprenderai e accetterai.
9. Una cosa ancora. Il 13 maggio sono passati due anni da quel pomeriggio in cui mi hai salvato la vita. Questo è accaduto in Piazza San Pietro. Li, durante l'udienza generale, è stato puntato verso di me un colpo, che doveva privarmi della vita. Lo scorso anno il 13 maggio sono stato a Fatima, per ringraziare e affidare. Oggi desidero qui, a Jana Gora, lasciare come ex voto un segno visibile di quest'avvenimento, la fascia della tonaca bucata dalla pallottola.
Il tuo grande Veneratore, il Cardinale August Hlond, Primate di Polonia, sul letto di morte pronuncio queste parole: "vittoria - quando verrà - verrà per mezzo di Maria".
Totus tuus. E non aggiungo ormai nient'altro.
10. Cantiamo ora le parole dell'appello di Jasna Gora.
Data: 1983-06-19 Data estesa: Domenica 19 Giugno 1983
GPII 1983 Insegnamenti - Incoronazione di immagini mariane - Czestochowa (Polonia)