GPII 1984 Insegnamenti - Al mondo della cultura - Seoul (Corea)
Titolo: Dialogo tra Chiesa e cultura: fondamento per il futuro dell'uomo
Testo:
Signore e signori, cari amici.
E' con grande piacere che questa sera mi incontro con voi. Come eminenti educatori, scienziati, artisti, scrittori e giuristi, voi siete in prima linea nei nobili sforzi dell'uomo per capire e realizzare se stesso in un orizzonte sempre più vasto di nuove conoscenze, espressioni e idee. Voi avete la nobile e difficile missione di diffondere il meglio delle conquiste umane e anche di aprire nuove frontiere alla cultura. Siate certi che la Chiesa nutre grande stima per la vostra vocazione e per la vostra missione.
1. Siamo tutti convinti che l'uomo può essere veramente uomo soltanto mediante la sua cultura, mediante la sua libertà di crescere integralmente e con tutti i suoi talenti speciali. E l'uomo che giustamente persegue questa crescita è anche dotato di suprema dignità e libertà, come conviene a un essere creato a immagine di Dio e redento da Cristo.
Ecco perché, come cristiani, voi siete chiamati a una missione ancor più alta, di evangelizzare la stessa cultura umana. Ed è di vero conforto per me apprendere che ci sono così tanti laici cattolici, uomini e donne, in ogni campo d'iniziativa culturale in Corea. Il vostro compito è veramente difficile ma splendido. Questo è il vostro apostolato.
Il Concilio Vaticano II ha dato nuovo impulso al dialogo tra fede e cultura, poiché era diventato evidente che una drammatica frattura minacciava di approfondirsi tra la Chiesa e i vari movimenti culturali che si sviluppavano nel mondo. Mentre il mondo moderno era affascinato dalle sue conquiste e dai suoi progressi scientifici e tecnologici, aveva a volte perduto i suoi riferimenti e aveva dato credito a ideologie e principi etici che non erano in armonia con il Vangelo.
Ecco perché il Concilio volle porre tutta la Chiesa in ascolto dell'uomo moderno per comprenderlo e per cercare una nuova forma di dialogo che consentisse all'originalità del messaggio evangelico di penetrare nelle menti e nei cuori degli uomini contemporanei.
Profondamente convinto della fondamentale importanza di questo compito, da parte mia mi sono occupato con grande interesse del dialogo tra la Chiesa e il mondo della cultura. L'anno scorso ho istituito un Pontificio consiglio per la cultura, chiamando a collaborarvi uomini e donne eminenti in tutti i vari campi dello scibile. Sono fermamente convinto che questo dialogo tra la Chiesa e la cultura è di grande importanza per il futuro dell'umanità.
2. Ci sono due aspetti principali e complementari della questione che corrispondono alle due dimensioni nelle quali la Chiesa agisce. Una è la dimensione dell'evangelizzazione delle culture, l'altra è quella della difesa dell'uomo e del suo progresso culturale.
La Chiesa deve adattarsi a tutti i popoli. Ci attende un lungo e importante processo di inculturazione per far si che il Vangelo possa penetrare proprio nel cuore delle culture attuali. Promuovendo questo processo, la Chiesa risponde alle profonde aspirazioni dei popoli e li aiuta a entrare nell'ambito della stessa fede. I vostri avi, i primi cristiani di Corea, videro questo molto chiaramente. Essendo pervenuti alla conoscenza di Cristo attraverso una seria ricerca della pienezza di umanità, essi fecero allora degli sforzi esemplari per incarnare il Vangelo nei modelli di pensiero e nella sensibilità del popolo.
Seguendo l'esempio di questa disponibilità ad adottare un atteggiamento di scambio e di comprensione con l'identità culturale del popolo, dobbiamo ora anche operare per portare le stesse diverse culture ad essere più vicine tra loro.
E ciò dobbiamo fare affinché le singole culture possano poi arricchire più efficacemente le altre, e in modo che i valori universali possano diventare patrimonio di tutti. A questo proposito, il vostro ruolo di costruttori di ponti tra le culture è d'importanza fondamentale. Ma il vostro contributo sarà tanto più valido quanto più profondamente voi rimarrete radicati nella vostra specifica identità di coreani, e quanto più voi sarete consapevoli di portare la parola salvifica del Vangelo in questo dialogo. Poiché noi crediamo che il Vangelo deve penetrare in tutte le culture, elevarle e purificarle.
Naturalmente, tuttavia, l'arricchimento fa sentire anche in altro modo i suoi effetti. L'esperienza antica di tanti popoli, il progresso della scienza e della tecnologia, l'evoluzione delle istituzioni sociali, la fioritura delle arti: questi sono tutti modi in cui la natura dell'uomo si rivela sempre più pienamente.
Si aprono così nuove strade verso la verità e si approfondisce la nostra comprensione dei misteri di Dio. I progressi nelle scienze cosmiche, nelle scienze della vita, nelle comunicazioni, nella medicina, nella diffusione dell'istruzione, nella psicologia, nei mezzi di produzione, nell'elaborazione elettronica dei dati: tutto questo può portare a una più profonda valorizzazione dell'uomo. Invero, questi splendidi progressi del genere umano sono un segno della grandezza di Dio e la manifestazione del suo misterioso disegno. Attraverso di essi si apre una porta nella creazione di Dio, e sul significato del suo dono di redenzione. In tale contesto, noi possiamo vedere così chiaramente quanto pericolosa sia ogni dicotomia tra il Vangelo e le vere culture. E' bene che tutti ricordiamo queste importanti parole di Paolo VI: "La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre" (EN 20).
3. Dovremmo opportunamente apprezzare e ammirare il potere dato all'uomo da Dio, e la bellezza dell'operosità umana. E proprio perché il potere che detiene è così grande, l'uomo ha anche bisogno di un lucido senso di discernimento. Questo potere produce meraviglie, ma può anche distruggere chi lo usa imprudentemente.
Ecco perché non possiamo mai dimenticare che il Vangelo ci impone di amare l'uomo in se stesso, per se stesso, come l'immagine vivente di Dio stesso.
La misericordia e l'amore di Dio, rivelati a noi nel suo Figlio fatto uomo per noi, ci impongono di proclamare che l'uomo merita rispetto, onore e amore per se stesso, e che deve essere considerato nella pienezza della sua dignità. Nessun uomo può mai essere ridotto a strumento; il disprezzo e l'ingiuria nei confronti di un solo uomo sono disprezzo e ingiuria contro lo stesso Creatore.
Dal momento che non ha autentica "saggezza" nell'uso delle proprie capacità, l'uomo è minacciato nella sua esistenza biologica dall'irreparabile inquinamento, dalla manipolazione genetica, dalla soppressione della vita prima della nascita. Il suo essere morale può diventare preda dell'edonismo nichilista, del consumismo esasperato e del decadimento del senso dei valori. E nel nostro tempo, in proporzioni finora mai sperimentate, ingiusti sistemi economici sfruttano intere popolazioni, pressioni politiche e ideologiche opprimono la vera anima di interi popoli, con il risultato che essi sono costretti in un'apatica uniformità o in un atteggiamento di completa sfiducia nei confronti degli altri.
4. Come cristiani, non possiamo tacere di fronte a siffatte minacce contro la dignità dell'uomo, contro la pace, contro il vero progresso. La nostra fede ci impone di resistere a qualsiasi cosa impedisca agli individui, ai gruppi e a interi popoli, di realizzarsi pienamente secondo la loro vocazione più profonda.
La nostra fede cristiana ci impone soprattutto di andare al di là della semplice condanna: ci porta a costruire, ad amare! Ritengo che sia stata molto importante l'affermazione fatta davanti a tutte le nazioni riunite all'Unesco, e che desidero ora ripetere a voi proprio per la sua rilevanza: "Bisogna affermare l'uomo per se stesso e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso! Ancor più, bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa..." (All'Unesco, 2 giugno 1980, n. 10).
Parimenti, a conclusione dell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 21), ho scritto che "l'uomo è e diventa sempre la "via" della vita quotidiana della Chiesa". Si, l'uomo è "la via della Chiesa" perché senza questa profonda considerazione per l'uomo e per la sua dignità come si potrebbero proclamare le parole di verità e di vita?
5. La vostra, poi, è una duplice missione: evangelizzare la cultura e difendere l'uomo. Il Vangelo stesso è un fermento di cultura nel suo effondersi incontro all'uomo nei suoi modi di pensare, di comportarsi, di operare, di riposare, cioè nella sua dimensione culturale. D'altra parte, la vostra fede vi darà fiducia nell'uomo, creato a immagine di Dio e redento da Cristo, che voi difenderete e amerete per se stesso. E poiché la vostra fede implica una profonda consapevolezza dei limiti dell'uomo e della sua inclinazione al peccato, affronterete la sfida dell'evangelizzazione della cultura con realismo e con la necessaria partecipazione. In una parola, voi siete chiamati ad aiutare la Chiesa a diventare creatrice di cultura nel suo rapporto con il mondo moderno. E' davvero una grande missione, affidata specificamente a voi come uomini e donne di cultura, in virtù della quale voi dovete dare davanti al mondo testimonianza della buona novella del Vangelo.
Sono consapevole dei peculiari ostacoli che vi si oppongono, in questo, nella Corea di oggi. Quando voi educate i giovani, cercate e trasmettete la conoscenza scientifica, create opere d'arte che esprimono l'anima dei tempi, scrivete parole dell'uomo sull'uomo, perseguite giuste relazioni tra i popoli, vi vengono offerte una responsabilità e un'opportunità: invero, avete una grande vocazione e un gran compito. E questo in un momento della vostra storia in cui il patrimonio del passato viene messo in discussione, e perfino ingiustamente ripudiato, in cui nuovi movimenti non assimilati stanno creando confusione, in cui le differenze tra le generazioni stanno diventando profonde, in cui il clima sociale e politico impedisce a volte una chiara visione morale delle realtà, in cui interessi privati e benessere personale tendono a diventare un imperativo fondamentale, in cui regole e valori a volte sembrano essere nient'altro che forme vuote.
Ma più il compito è difficile, più è urgente e meritorio raccogliere questa sfida, in modo che tutti possano vivere nel Signore risorto. Certo, il vostro è un popolo tollerante, pieno di vitalità, di ottimismo, di creatività, di personalità e di cuore: un popolo che ha sempre dimostrato una profonda religiosità e una profonda umanità. Ho fiducia che voi continuerete ad essere un popolo di alta cultura, aperto a Dio e aperto a tutta l'umanità! Al vertice di tutta la vostra sapienza c'è la grande rivelazione di Dio: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).
E possa Gesù Cristo, questo Verbo fattosi carne, guidarvi nel vostro lavoro! Possa la beata Madre che genero il Verbo, la sapienza di Dio, essere vicino a voi oggi e sempre.
Data: 1984-05-05 Data estesa: Sabato 5 Maggio 1984
Titolo: Affidamento della Corea a Maria
Testo:
Siamo riuniti questa mattina, qui in questa cattedrale dell'Immacolata Concezione che è, si può dire, la madre di tutte le chiese di questo Paese, per rinnovare una volta ancora l'antica preghiera dei fedeli di tutto il mondo, una preghiera molto cara ai cristiani di Corea fin dalle origini: "Sotto la tua protezione ci rifugiamo, o Madre di Dio".
Quando nel 1837 il vescovo Imbert ottenne la grazia di poter finalmente dare a questa terra una festa di Maria, chiese alla Santa Sede di avere come patrona del Paese Maria con l'appellativo di Immacolata Concezione. Questo desiderio fu soddisfatto più tardi dal suo successore, il vescovo Ferréol che, nel 1846, in mezzo all'infuriare di una violenta persecuzione, segretamente consacro la popolazione e la Chiesa di questa terra alla beata Madre, come compatrona con san Giuseppe, nel piccolo villaggio di Surich'igol, presso Kwangju.
E non appena la Chiesa ottenne la libertà di culto, si costrui qui a Chong'hyon questa cattedrale, come simbolo visibile della fede cattolica in questa terra, santificata dal sangue dei martiri, e solennemente dedicata dal vescovo Mutel, il 29 maggio 1898, all'Immacolata Concezione.
Sono anche molti gli eventi importanti, nel destino del popolo coreano, che coincidono con le feste di Maria, dei quali il più recente è la liberazione avvenuta il 15 agosto 1945. E così oggi, in questo bellissimo mese di Maria, in questo giorno fausto più di ogni altro dell'intera storia della Chiesa in Corea, nel quale i suoi migliori figli e figlie stanno per essere elevati agli onori degli altari, io, Giovanni Paolo II, affido di nuovo l'intero popolo e la Chiesa di questa terra all'amorosa protezione della beatissima Madre, Madre di Gesù e Madre di tutti noi.
Atto di affidamento a Maria Madre di tutti gli uomini e di tutti i popoli, tu conosci le sofferenze e le speranze di ciascuno. Come Madre, tu conosci la lotta tra la luce e le tenebre, tra il bene e il male, che si combatte nel mondo e dentro i nostri cuori.
Tu hai generato Gesù, figlio dell'uomo e figlio di Dio, nel quale il popolo di Corea, con luminosa gioia, ma anche attraverso molta sofferenza, ha trovato "la via, la verità, e la vita".
O Madre di misericordia, noi ora affidiamo al tuo cuore amoroso l'intero popolo e la Chiesa di questa terra. Tienici lontani da ogni ingiustizia, divisione, violenza, e guerra. Proteggici contro la tentazione e la schiavitù del peccato e del male. Sii con noi! Aiutaci a vincere il dubbio con la fede, l'egoismo con il servizio, l'orgoglio con la mansuetudine, l'odio con l'amore.
Aiutaci a vivere il Vangelo con la "follia" della croce, dando testimonianza a Gesù che è morto su di essa, cosicché possiamo risorgere con il tuo Figlio alla vera vita, con il Padre nell'unità dello Spirito Santo. O Madre di Cristo, conforta e dà forza a tutti coloro che soffrono: i poveri, quanti sono soli, i malati, i non amati, gli oppressi, i dimenticati.
Benedici noi! Prega per noi! Insieme con san Giuseppe, unisci tutti noi nell'amore. Dona la pace alla nostra terra divisa, e a tutti la luce della speranza. Mostraci il frutto benedetto del tuo grembo: Gesù! Amen.
Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984
Titolo: La fioritura della vostra Chiesa frutto dell'eroismo dei martiri
Testo:
"Non doveva forse il Messia patire tali cose e così entrare nella sua gloria?" (Lc 24,26).
1. Queste parole, tratte dal Vangelo odierno, sono state pronunciate da Gesù mentre andava da Gerusalemme a Emmaus in compagnia dei suoi discepoli. Essi non lo riconobbero, e gli descrissero come a uno sconosciuto quanto era avvenuto a Gerusalemme in quegli ultimi giorni. Parlarono della passione e della morte di Gesù. Parlarono anche delle loro speranze svanite: "Noi speravamo che egli fosse Colui che deve liberare Israele" (Lc 24,21). Queste speranze vennero sepolte con la morte di Gesù.
I due discepoli erano scoraggiati. Nonostante avessero sentito dire che le donne e gli stessi apostoli non avevano più trovato - nel terzo giorno dopo la sua morte - il corpo di Gesù nella tomba, non sapevano che egli era stato visto vivo. I discepoli non sapevano neanche che in quel preciso istante stavano guardando proprio lui, che camminavano in sua compagnia, che parlavano con lui. In verità, i loro occhi non potevano conoscerlo (Lc 24,16).
2. Allora Gesù inizio a spiegare loro, partendo dalle Sacre Scritture, che proprio attraverso la sofferenza il Messia doveva raggiungere la gloria della risurrezione. Le sole parole, pero, non ottennero il loro effetto. Anche se il loro cuore bruciava mentre ascoltavano le parole di questo sconosciuto, egli continuava a rimanere per loro tale, uno sconosciuto. Solo durante la cena, quando egli prese il pane, lo benedisse, lo spezzo e lo diede loro, "allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31), ma allora egli scomparve dalla loro vista.
Avendo riconosciuto il Signore risorto, essi divennero testimoni per tutti i tempi della risurrezione di Gesù Cristo. Attraverso loro, tutti gli apostoli, attraverso gli uomini e le donne che hanno testimoniato la vita e la morte di Gesù Cristo, il suo Vangelo e la sua risurrezione, la verità su di lui si è diffusa prima a Gerusalemme, in tutta la Giudea e quindi in tutti i Paesi e tra tutti i popoli. E' entrata nella storia dell'umanità.
3. La verità su Gesù Cristo raggiunse anche la terra di Corea. Arrivo per mezzo di libri portati dalla Cina. E per una via meravigliosa, la grazia divina spinse presto i vostri dotti antenati prima ad una ricerca intellettuale sulla verità e la parola di Dio, e quindi ad una fede viva nel Salvatore risorto.
Desiderando ardentemente una maggiore partecipazione alla fede cristiana, i vostri antenati inviarono, nel 1874, uno di loro a Pechino, e là egli fu battezzato. Da questo seme buono nacque la prima comunità cristiana in Corea, una comunità unica nella storia della Chiesa, perché essa fu fondata unicamente da laici. Questa Chiesa inesperta, così giovane e già così forte nella sua fede, ha resistito a diverse ondate di feroci persecuzioni. Fu così che, in meno di un secolo, essa già poteva vantare alcune decine di migliaia di martiri. Gli anni 1791, 1801, 1827, 1839, 1846 e 1866 portano per sempre il marchio di sangue dei vostri martiri, e sono impressi per sempre nel vostro cuore.
I primi cristiani nei primi cinquant'anni furono assistiti soltanto da due sacerdoti, venuti dalla Cina, e solo per un breve periodo di tempo; nonostante ciò essi approfondirono la loro unità in Cristo attraverso la preghiera e l'amore fraterno. Essi non fecero distinzione di classe e incoraggiarono le vocazioni religiose, e cercarono un'unione sempre più stretta con il loro vescovo a Pechino e il Papa nella lontana Roma.
Dopo aver invocato per anni l'invio di un maggior numero di sacerdoti, i vostri antenati diedero il benvenuto ai primi missionari francesi nel 1836. Anche alcuni di loro figurano tra quei martiri, che hanno donato la loro vita per la causa del Vangelo, e che saranno canonizzati oggi nel corso di questa celebrazione storica.
La splendida fioritura della Chiesa di oggi in Corea è realmente frutto della testimonianza eroica dei martiri. Anche oggi il loro spirito immortale sostiene i cristiani della Chiesa del silenzio nel Nord di questo Paese tragicamente diviso.
4. Oggi mi è dato - come Vescovo di Roma e successore di Pietro nella Sede Apostolica - di partecipare al Giubileo della presenza della Chiesa in terra di Corea. Già da alcuni giorni mi trovo tra di voi in qualità di pellegrino, rendendo, come Vescovo e Papa, il mio servizio ai figli e alle figlie dell'amata nazione coreana. La liturgia odierna rappresenta il momento culminante di questo servizio pastorale.
Osservate, infatti: mediante questa liturgia di canonizzazione i beati martiri coreani vengono iscritti nell'elenco dei santi della Chiesa cattolica.
Questi sono veri figli e figlie della vostra nazione, unitamente a tanti missionari di altri Paesi. Sono i vostri avi per discendenza, lingua e cultura. E contemporaneamente sono i vostri padri e le vostre madri nella fede, una fede che essi hanno testimoniato con lo spargimento del loro stesso sangue.
Dal tredicenne Peter Yu al settantaduenne Mark Chong, uomini e donne, clero e laicato, ricchi e poveri, gente del popolo e nobili, e molti di loro discendenti di martiri sconosciuti di epoche precedenti, tutti sono morti con gioia per la causa di Cristo.
Ascoltate le ultime parole di Teresa Kwon, una delle prime martiri: "Dato che il Signore del cielo è il Padre di tutta l'umanità e Signore di tutto il creato, come potete chiedermi di tradirlo? Perfino in questo mondo colui che tradisce il proprio padre o la propria madre non sarà perdonato. A maggior ragione io non posso tradire colui che è il Padre di noi tutti".
Una generazione più tardi, il padre di Peter Yu, Agostino, dichiarava decisamente: "Ora che io ho conosciuto Dio, non mi è possibile tradirlo". Peter Cho va ancora oltre e dice: "Supponendo anche che il proprio padre commettesse un crimine, nessuno ha il diritto di ripudiarlo e di non riconoscerlo più come il padre. Come posso dunque sostenere di non conoscere il celeste Padre e Signore, che è tanto buono?".
E cosa rispose la diciassettenne Agatha Yi, quando a lei e al fratello minore venne riferita la falsa notizia secondo cui i genitori avrebbero rinnegato la fede? "Il fatto che i miei genitori abbiano tradito o meno è cosa loro. Per quanto ci riguarda, noi non possiamo tradire il Signore del cielo che abbiamo sempre servito". A queste parole, altri sei cristiani adulti si consegnarono volontariamente nella mani dei magistrati per affrontare il martirio. Agatha, i suoi genitori e gli altri sei saranno canonizzati oggi. Inoltre, ancora moltissimi umili martiri sconosciuti hanno servito con eguale fede e coraggio il Signore.
5. I martiri coreani hanno portato la loro testimonianza al Cristo crocifisso e risorto. Attraverso il sacrificio della propria vita essi sono diventati simili a Cristo in un modo molto speciale. Essi avrebbero, in verità, potuto far proprie le parole di san Paolo: "Sempre portiamo nel nostro corpo i patimenti di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù sia manifesta nel nostro corpo... siamo dati di continuo in preda della morte, a causa di Gesù, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale" (2Co 4,10-11).
La morte dei martiri è simile alla morte di Cristo sulla croce, perché, come la sua morte, così anche la loro è divenuta l'inizio di una nuova vita.
Questa nuova vita non si è manifestata unicamente in loro stessi - cioè in coloro che hanno patito la morte di Cristo ma è stata estesa ad altri. E' diventata il lievito della Chiesa come comunità viva di discepoli e testimoni di Gesù Cristo.
"Il sangue dei martiri è seme dei cristiani": queste parole del primo secolo del cristianesimo trovano conferma ora davanti ai nostri occhi.
Oggi la Chiesa che si trova in terra di Corea desidera ringraziare nel modo più solenne la Santissima Trinità per il dono della redenzione. Di questo dono san Pietro ha scritto: "Sapete bene che non a prezzo di beni corruttibili, con oro e argento, foste riscattati, ma a prezzo del sangue prezioso dell'agnello illibato e immacolato, Cristo" (1P 1,18-19). A questo alto prezzo, a questo prezzo della redenzione, la vostra Chiesa desidera, sulla base della testimonianza dei martiri coreani, aggiungere una testimonianza duratura di fede, speranza e carità.
Possa, attraverso questa testimonianza, Gesù Cristo essere sempre più conosciuto nel vostro Paese: il Cristo crocifisso e risorto, Cristo, la via e la verità e la vita, Cristo, vero Dio: Figlio del Dio vivente. Cristo, vero uomo: Figlio della Vergine Maria.
Quella volta, ad Emmaus, due discepoli riconobbero Gesù "nell'atto di spezzare il pane" (Lc 24,35). In terra di Corea, possano sempre nuovi discepoli riconoscerlo nell'Eucaristia. Accogliete il suo corpo e il suo sangue sotto le specie del pane e del vino, e possa il Redentore del mondo accogliervi nell'unione del suo corpo, per mezzo della potenza dello Spirito Santo.
Possa questo giorno solenne divenire pegno di vita e di santità per le generazioni future. Gesù Cristo è risorto dai morti e oggi vive nella sua Chiesa.
"Realmente è risorto il Signore" (Lc 24,34). Amen. Alleluia.
Non posso fare a meno di evocare con viva gratitudine e ammirazione i missionari francesi delle Missioni estere di Parigi, venuti da tanto lontano per portare a questa Chiesa nascente il loro zelo evangelico per l'approfondimento della fede, e la grazia del loro ministero episcopale e sacerdotale, che solo conferisce alla comunità la sua struttura ecclesiale, unendo i fedeli a Cristo capo e facendoli entrare nel seno della Chiesa universale. Voglio nominare in particolare monsignor Imbert, che fu il primo vescovo a predicare su questa terra la parola di Dio, e monsignor Berneux, che si applico per mettere a disposizione dei fedeli libri di dottrina e di spiritualità cristiana. Celebriamo anche lo zelo e il martirio di una decina di sacerdoti missionari francesi: insieme con i loro vescovi, essi si prodigarono giorno e notte per la causa del Vangelo, rafforzando la fede nel periodo della persecuzione e cercando anche di suscitare vocazioni sacerdotali nel Paese, e accettarono il sacrificio della loro vita per Cristo.
Saluto qui i vescovi e gli altri pellegrini francesi venuti in rappresentanza dei compatrioti di quei valorosi servitori del Vangelo, le loro famiglie, il loro istituto missionario, le loro diocesi. Lo Spirito Santo susciti tra loro un nuovo slancio missionario, come già chiedevo a Lisieux: la Chiesa ne ha sempre tanto bisogno!
Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984
Titolo: Grandi cose ha compiuto Dio nell'amata terra di Corea
Testo:
Abbiamo appena celebrato insieme il giorno più felice, la festa più grande di tutta la storia della Chiesa di Corea.
I nostri cuori sono pieni di gioia. Potremmo mai ringraziare e lodare abbastanza il Signore del cielo, Padre di noi tutti, per aver fatto tali "grandi cose" in questa sua amata terra di Corea? E per averci dato in questi santi martiri così splendidi modelli di fede, di coraggio e di amore? La Chiesa universale è qui con voi, a Youido, in questo giorno glorioso, rallegrandosi e lodando il Signore: "Gloria in excelsis Deo"! Oggi i vostri santi antenati vengono glorificati della gloria del Signore risorto. Poiché gli hanno dato testimonianza fino alla morte, uniti alla sua croce, ora partecipano per sempre della sua vita risorta. Essi condividono così la gioia di Maria, che ai piedi della croce partecipo alla passione e alla morte del suo Figlio, il nostro salvatore. La Regina dei martiri si rallegra con voi! Ma, pur in tale momento di più grande gioia, non possiamo fare a meno di ricordare coloro che, a noi cari, non sono potuti venire a condividere la nostra esultanza: quei fratelli che vivono nel Nord di questa terra, e anche quelli che vivono in Cina, la terra attraverso la quale la Corea venne alla conoscenza di Cristo. Noi preghiamo che essi possano continuare ad essere forti nel dare testimonianza alla fede. Maria, la Madre di tutti noi, li conforti e fortifichi mentre la invochiamo come Madre del cielo.
[Dopo il Regina coeli:] Sono profondamente commosso. Ho sentito questi due secoli della fede, del martirio, della Chiesa che oggi ho potuto quasi coronare, con questa solennità stupenda! Come sono grato a Dio che mi ha permesso di venire qui in Corea per questa solennità! Come sono grato al vostro cardinale che mi ha invitato, già da anni, a venire qui, per prendere parte alla vostra celebrazione bicentenaria! Ma questo ringraziamento mio personale è soltanto una piccola parte del ringraziamento comune: ecco, la Chiesa in Corea ha ringraziato la Santissima Trinità per le "mirabilia Dei". Ha ringraziato non da sola, ma nell'unione profonda, con la Chiesa di Roma e con la Chiesa universale di Cristo che vive in tutto il mondo. Come sono grato a Dio per avermi concesso di essere io il ministro, il servitore, di questo ringraziamento, insieme con i miei fratelli vescovi, coreani e ospiti di diverse nazioni! Come sono grato per questo ministero sacerdotale episcopale e papale che mi è stato dato di compiere oggi, qui, nella vostra terra, a Seoul! Carissimi miei fratelli e sorelle coreani, durante questi giorni della mia visita apostolica ho potuto ammirare la vostra Chiesa cresciuta sul fondamento di un secolare martirio e ho potuto ammirare questa vostra Chiesa odierna, costruita giorno per giorno da voi tutti. Voglio allora ringraziare voi tutti, presenti e assenti; voglio ringraziare i vostri sacerdoti zelanti e laboriosi, le vostre famiglie religiose, le sorelle coreane, i fratelli, voglio ringraziare tutti coloro che prendono parte all'apostolato dei laici: tutto questo rientra nell'insieme di questa nostra odierna concelebrazione. Tutto questo è un frutto di due secoli, un frutto di questo stupendo martirio dei martiri coreani.
Voglio aggiungere una parola di ringraziamento per tutti coloro che hanno preso parte all'organizzazione della visita del Papa e specialmente di questa celebrazione odierna. Ringrazio tutti, ringrazio di cuore: è stata un'organizzazione perfetta. Ma "organizzazione" è parola troppo laica: è un apostolato, una testimonianza, e di questo vi ringrazio.
Ma sia permesso ancora di aggiungere una parola di ringraziamento a tutti coloro che appartengono al servizio pubblico, al servizio delle comunicazioni, al servizio dell'ordine pubblico, della sicurezza pubblica. Vi sono grato come vostro ospite e riporto da questa visita in Corea una buona impressione: un Paese ordinato e maturo.
Devo ancora aggiungere una parola per me stesso. Dico a me stesso che devo già fermarmi e non parlare più perché questa gente sta qui da ore e ore ed è stanca, affaticata: "Tu, Papa, ti devi fermare e devi dire solamente grazie!".
Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984
Titolo: La Chiesa promuove una maggiore comunanza con le religioni
Testo:
Cari fratelli, nel prepararmi a venire in Corea, non vedevo l'ora di incontrarmi con voi, capi spirituali in questa venerabile terra.
Voi sapete che il principale motivo della mia visita è la responsabilità che mi è stata affidata di guidare e confermare la fede dei seguaci di Gesù Cristo che sono membri della Chiesa cattolica. Ma volevo anche esprimere a voi la mia profonda stima per i millenni di preziosa eredità culturale e le mirabili tradizioni di cui voi siete i custodi e i testimoni viventi. Vi ringrazio perché me ne offrite oggi l'occasione con la vostra presenza.
1. La Chiesa cattolica cerca di entrare in dialogo fraterno con tutte le grandi religioni che hanno guidato l'umanità attraverso la storia. Questo continueremo a fare, in modo che la nostra reciproca comprensione e collaborazione possa crescere, e i valori spirituali e morali che sosteniamo continuino ad offrire saggezza e forza interiore agli uomini e alle donne del nostro tempo.
Infatti, le religioni hanno oggi più che mai un ruolo vitale da svolgere in una società in rapida evoluzione qual è quella coreana. In un certo senso, proprio come l'individuo deve trovare il proprio vero "io" trascendendo se stesso e deve sforzarsi di raggiungere l'armonia con l'universo e con gli altri, così pure una società, una cultura, la comunità umana devono cercare di alimentare i valori spirituali che sono la sua anima. E questo imperativo è tanto più urgente, quanto più profondi sono i mutamenti cui e soggetta la vita odierna.
2. A questo proposito, il mondo guarda alla Corea con particolare interesse. Il popolo coreano, infatti, lungo la storia ha cercato, nelle grandi ispirazioni etiche e religiose del Buddhismo e del Confucianesimo, la via al rinnovamento dell'individuo e al consolidamento dell'intero popolo in santità e nobiltà di aspirazioni. Il profondo rispetto per la vita e la natura, la ricerca della verità e dell'armonia, il rinnegamento di sé e la compassione, l'incessante sforzo di trascendere: queste sono alcune delle nobili caratteristiche della vostra tradizione spirituale che ha guidato, e continua a guidare, la nazione e il popolo al porto della pace pur attraverso periodi turbolenti.
La nostra diversità di credenze religiose ed etiche è per tutti noi un invito a coltivare un genuino fraterno dialogo e a tenere in speciale considerazione ciò che gli esseri umani hanno in comune e ciò che favorisce tra loro la convivenza (cfr. NAE 1). Un tale concorde sforzo creerà certamente un clima di pace nel quale possono fiorire la giustizia e la compassione.
3. Noi cattolici abbiamo appena celebrato l'Anno Giubilare della Redenzione. In questo periodo di grazia abbiamo cercato di vivere ii dono della riconciliazione che ci è stato fatto in Cristo e ci siamo sforzati di riconciliare noi stessi con Dio e con i nostri simili. Non sarebbe in verità una buona cosa se anche tra credenti di differenti tradizioni, e tra le religioni stesse, un analogo incontro di menti e di cuori potesse realizzarsi con il concorso della nostra buona volontà comune e l'adempimento del nostro dovere di servire il vero bene della famiglia umana? Quando la Chiesa cattolica proclama Gesù Cristo ed entra in dialogo con credenti di altre religioni, essa lo fa per dare testimonianza del suo amore per tutti gli uomini di tutti i tempi, un amore che fu manifestato sulla croce per la riconciliazione e la salvezza del mondo. E' in questo spirito che la Chiesa cerca di promuovere una più profonda comunanza con tutti i popoli e con tutte le religioni.
4. Mi sia concesso rivolgere un saluto particolare ai membri della tradizione buddhista mentre si preparano a celebrare la festività della nascita del Buddha Signore. Possa la loro esultanza essere totale e la loro gioia completa.
Rinnovo a voi i miei sinceri sentimenti di stima e di benevolenza. Che noi tutti possiamo essere illuminati per il saggio adempimento delle gravi responsabilità che ci incombono. Grazie.
Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984
GPII 1984 Insegnamenti - Al mondo della cultura - Seoul (Corea)