GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Venezuela in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: "Date nuovo impulso alla evangelizzazione"
Testo:
Cari fratelli nell'episcopato.
1. Al termine del mio colloquio individuale con ciascuno di voi, vi manifesto la mia profonda gioia e il mio ringraziamento per la vostra presenza in questa riunione fraterna, momento molto significativo della visita "ad limina" dei vescovi venezuelani.
In questa occasione, che apre a voi il mio spirito e i miei sentimenti, mi accorgo che al di sopra dell'affetto e della fraternità esistenti tra il Papa e l'episcopato di una nazione concreta, prende corpo un fatto misterioso che supera le nostre persone e ci introduce in una realtà grandiosa nella quale entra pienamente lo Spirito di Cristo che palpita e si manifesta nella grazia reciproca tra la Chiesa di Roma e le vostre Chiese particolari.
In questa magnifica prospettiva di fede che ci coinvolge e compromette personalmente, i nostri cuori si aprono alla speranza, perché sappiamo che la comunione in e con Cristo è la forza salvifica inesauribile che valorizza i nostri sforzi. Questo sguardo speranzoso e ottimista è la prima disposizione alla quale ci richiama la verità profonda di questo incontro, al cui centro è presente la sollecitudine per le vostre comunità ecclesiali, nel loro insieme e in ciascun loro membro.
2. La Chiesa in Venezuela si trova alle porte del suo mezzo millennio di evangelizzazione. Ben note difficoltà storiche hanno impedito che tale evangelizzazione fosse nel passato più concreta. E la situazione attuale del vostro Paese, non alieno alla perdita di valori e alla crisi economica che colpisce l'America Latina, propone nuovamente il problema con particolare urgenza.
Di fronte a ciò mi sovviene il passo biblico così pieno di insegnamenti in cui Pietro dice al paralitico prostrato alle porte del tempio: "Guarda verso di noi. Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!" (Ac 3,4-6).
Questo "guarda verso di noi" di Pietro traduce la profonda fame di Vangelo e di giustizia del vostro popolo cattolico, assetato di autenticità, di veder resa viva la fede che la Chiesa annuncia, di contemplarla profondamente ancorata nella realtà del vostro Paese libero e indipendente, per interpellarlo, per dar testimonianza della propria solidarietà verso gli uomini, e, allo stesso tempo, totalmente fedele all'assoluto di Dio. Una Chiesa che proceda sempre in ardore contemplativo e di adorazione, nello zelo della sua attività missionaria, caritativa, promozionale, seguendo dei modelli, sui quali si interrogava con insistenza il mio predecessore Paolo VI e che urgono sempre più (cfr. EN 76).
L'uomo attuale aspetta dalla Chiesa il segno, la parola, la luce efficace. E non vi è dubbio che la Chiesa possa portare molto alla società attuale. Non può essere ridotta la forza trasformatrice della parola di Dio (cfr. 1S 3,1). Tutto ciò condurrà ai grandi obiettivi del lavoro di evangelizzazione in un'epoca particolarmente affamata di Spirito "perché affamata di giustizia, di pace, di amore, di bontà, di forza, di responsabilità, di dignità umana" (RH 18). E tali obiettivi condurranno l'uomo alla sua piena dignità e solidarietà in Cristo, facendo prevalere l'etica sulla tecnica, la persona sulla cosa (cfr. LE 12-13 LE 21-22).
3. E' un uomo concreto quello che oggi si trova di fronte a noi, proprio come quello di fronte a Pietro. Costui attende, forse senza dirlo, di essere sanato, completato, evangelizzato. Ci guarda attentamente. Chi è? Come vive! Che desidera? Che problemi affronta nel Venezuela di oggi? E' l'uomo che, determinato nel suo essere dalla fede cattolica, vuole conoscerla meglio, desidera una più solida istruzione religiosa, il dono dei sacramenti e tutte le forme di alimento per la sua fame spirituale. Ed è anche in parte di un popolo che negli ultimi tempi ha raggiunto nuove mete di progresso materiale, ma in cui esistono ancora ampi settori di abbandono, ingiustizia, emarginazione e povertà. Per questo io stesso osservavo, durante il mio ultimo viaggio sul vostro continente: "Un'analisi sincera della situazione indica come alle sue radici si incontrino profonde ingiustizie, sfruttamento di alcuni a danno di altri, grave mancanza di equità nella distribuzione delle ricchezze e dei beni della cultura" (Alla XIX assemblea ordinaria del Celam, Haiti, 9 marzo 1983, I, 3).
Quando queste carenze e le sue cause tendono ad accrescere stati di ansia, di sfiducia e di frustrazione nella società, come oggi sta accadendo, vuol dire che è giunto il momento in cui il messaggio di Cristo e la persona stessa del Redentore, "che fece e insegno" (Ac 1,1), possono presentarsi come salvezza, come speranza. In questa situazione Gesù Cristo è colui che può dar senso profondo all'essere della persona, illuminare una nuova scala di valori, dare potentemente impulso all'azione trasformatrice a favore dei fratelli che nel bisogno cercano fede e giustizia.
4. La storia dell'evangelizzazione cristiana nel vostro paese è passata attraverso non poche difficoltà. Sono stati numerosi gli ostacoli, superati sempre con sforzi e povertà di mezzi. Oggi giorno questa storia ci sprona a dare, con realismo e speranza allo stesso tempo, un nuovo impulso all'evangelizzazione. I vicini e i lontani, gli adulti e i giovani hanno bisogno di una parola chiara, sincera, profondamente cristiana.
Hanno bisogno di Gesù Cristo vissuto, Gesù Cristo seguito e predicato; questa è la nostra unica ricchezza e la nostra forza. E' quindi imprescindibile che la Chiesa, da una posizione di povertà e libertà rispetto ai poteri di questo mondo, annunci con vigore la verità di Gesù Cristo, fermamente convinta della forza trasformatrice del messaggio cristiano che, con la forza dello Spirito di Dio, è capace di trasformare moralmente i cuori, cammino, questo, per rinnovare le strutture.
5. Questa nuova evangelizzazione richiederà una serie di sforzi da coordinare in base ai compiti che si considerano più urgenti e importanti.
La catechesi innanzitutto. Impartita in forma organica e sistematica apporterà al credente gli elementi necessari per una vita cristiana integrale: il contenuto centrale e indispensabile della dottrina, il vivere religiosamente nella pratica, insieme a un impegno apostolico accompagnato da dinamismo sociale.
Solamente così il cristiano possiederà la sicurezza necessaria per mantenersi saldamente e serenamente nella fede cattolica, anche nell'ambiente avverso e in quello in cui, con frequenza, proliferano gruppi di pseudo contenuto religioso.
Con questo obiettivo bisognerà tener presente che la catechesi "tende al duplice obiettivo di far maturare la fede iniziale ed educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più approfondita e sistematica della persona e del messaggio di nostro Signore Gesù Cristo. Ma nella pratica catechetica questo ordine esemplare deve tener conto del fatto che spesso la prima evangelizzazione non c'è stata" (CTR 19). Tale situazione non è eccezionale, a volte, nella catechesi di giovani e adulti.
6. Altro aspetto che riveste oggi la massima importanza, è la retta formazione della coscienza del cristiano, vale a dire, il contenuto morale della catechesi, che non potrà non "chiarire, come conviene - nel suo sforzo di educazione alla fede - alcune realtà, quali l'azione dell'uomo per la sua liberazione integrale, la ricerca di una società più solidale e fraterna, le lotte per la giustizia e per la costruzione della pace" (CTR 29).
Queste azioni dovranno partire da un'autentica conversione del cuore.
Perché è chiaro, per esempio, che la degna valorizzazione e la giusta promozione della donna non potranno essere dovutamente prese in considerazione senza che essa stessa, e l'uomo che a volte abusa della sua condizione, accettino in profondità la fede in Cristo, con tutte le conseguenze che derivano da rapporti personali di giusta valorizzazione e reciproco rispetto.
7. Il nucleo familiare, la famiglia cristiana, la sua crescita e il suo consolidamento debbono essere tra gli obiettivi e i frutti più considerati di questa catechesi. Non riusciro mai abbastanza a caldeggiare l'importanza che ciò deve rivestire nel vostro progetto evangelizzatore.
Il sacramento del matrimonio, così come lo intende e predica la Chiesa, è un alto ideale. Possono intorpidire o favorire la sua realizzazione diversi fattori di tipo storico, economico, culturale e psicologico. Aspetti, tutti questi, che dovranno essere attentamente presi in considerazione. Non per accettarli senza condizione, con rassegnata passività o fatalismo, bensi come incitamento a una presa di coscienza che porti a decisioni e piani di azione concreti e possibili. Vi esorto dunque ad affrontare con delicatezza e rispetto, ma allo stesso tempo con profonda convinzione, l'evangelizzazione del nucleo familiare, la preparazione al matrimonio cristiano e la retta formazione a una paternità responsabile che concordi con le norme del magistero.
Da questo sforzo sorgeranno numerose ricchezze: per gli sposi venezuelani e per il loro modo cristiano di vivere l'amore; per i loro figli; per lo sviluppo umano e morale di tutta la società; per la stessa istituzione del matrimonio che la Chiesa santifica, rinnova e rafforza nello spirito di Cristo, e anche - con tutta l'importanza che ciò riveste - per il sorgere di più numerose e solide vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa nel vostro Paese, un problema centrale per la vita della Chiesa in Venezuela.
Sono a conoscenza delle vostre sollecitudini e dei vostri sforzi per suscitare tali vocazioni; so che come frutto di una vera promozione vocazionale, vi è stato un incremento nel numero dei candidati al sacerdozio, ma non è ancora sufficiente per le necessità di una popolazione in continuo aumento. Dovete continuare a trasmettere ai fedeli la necessità di pregare il Signore affinché mandi operai per la sua messe. Da questa organizzazione sorgeranno, come dono provvidenziale, le vocazioni e la perseveranza dei sacerdoti al loro ministero.
I laici e coloro che svolgono ministeri laicali sono certamente un valido aiuto, ma il sacerdote, ministro del perdono, dell'Eucaristia, della parola è insostituibile per la vita della Chiesa, così come la fondo allora e la vuole oggi Gesù Cristo il Signore.
Che i seminaristi continuino ad occupare un posto privilegiato nel vostro cuore e stiano sempre sotto il vostro sguardo pastorale, rendendo partecipi i fedeli, soprattutto i padri di famiglia, alla sollecitudine di questa preziosa parte della comunità diocesana.
Impegnatevi quindi sempre più nel dare ai seminaristi una formazione umanistica, filosofica e teologica d'accordo con le esigenze della cultura moderna e con le necessità della vostra gente, vigilando costantemente affinché l'insegnamento sia sempre fedele all'orientamento e al magistero della Chiesa.
8. Grande e affascinante, ma non facile, è il compito che si profila ai vostri occhi, cari fratelli. Permettetemi che termini queste riflessioni suggerendovi un aiuto valido per il vostro lavoro, e che sarà a sua volta il frutto di tutto questo sforzo evangelizzatore. Mi riferisco ai laici, che sono la gran maggioranza del popolo di Dio. Il loro lavoro e il loro inserimento nella Chiesa, la loro saggia e previdente organizzazione in vari gruppi e movimenti apostolici sarà decisiva negli anni a venire.
Il Concilio Vaticano II ci esorta a utilizzare la loro coscienza ecclesiale, la loro disponibilità e capacità apostolica, ancora non sufficientemente valorizzate, nell'evangelizzare, nel catechizzare, nel lavorare per un cambiamento che impregni di valori cristiani tutta la società. Per questo, una delle vostre più attente sollecitudini deve essere rivolta a preparare, attualizzare e dinamicizzare comunità cristiane e movimenti di apostolato secolare con una sufficiente formazione, sentimento di unità ecclesiale e profonda spiritualità. così la Chiesa moltiplicherà la sua forza evangelizzatrice in tanti campi della vita che richiedono la specifica e propria collaborazione dei laici.
9. Cari fratelli: so che inizierete una grande missione nazionale che servirà a risvegliare e a consolidare la coscienza cristiana dei vostri fedeli. Mi rallegra questa felice iniziativa. Sapete che resto con voi, sostenendo il vostro sforzo.
Terro ben presente queste intenzioni nelle mie preghiere al Signore e alla cara Madre di Coromoto, patrona del vostro Paese. In esse ricordero ciascuno di voi e le intenzioni dei vostri diocesani e dell'amato popolo del Venezuela, così sempre presente nel mio cuore e che con gioia pastorale visitero, Dio volendo, tra pochi mesi.
Portate a tutti il mio affettuoso ricordo e saluto, mentre a voi qui presenti e a loro tutti, che sono lontani, impartisco la mia speciale benedizione apostolica.
Data: 1984-08-30 Data estesa: Giovedi 30 Agosto 1984
Titolo: Inviato speciale al Congresso eucaristico nazionale croato
Testo:
Al nostro venerabile fratello, cardinale Franz König.
Nei giorni 8 e 9 del mese di settembre, ricorrerà la solennità del 1300° anniversario della cristianizzazione della Croazia. Si tratta del terzo Congresso col quale il popolo croato, come in una sacra trilogia, commemora quell'evento, per il quale quella nobile popolazione è diventata membro vitale della Chiesa e partecipa, del suo travaglio e dei suoi pericoli, come del suo onore e della sua gloria. Si aggiunge poi la ricorrenza del ritrovamento della statua di Marija Bistrica, nascosta durante una guerra perché non ricevesse danni né andasse completamente distrutta.
L'inizio delle imminenti celebrazioni risale all'anno 1976, nella città di Solin, nell'arcidiocesi di Spalato, quando venne celebrato il millenario della fondazione della Chiesa di Solin da parte di Elena l'Augusta, regina dei croati; la seconda solennità si ebbe nell'anno 1979 nel paese di Nin, 1100 anni dopo che il re Branimiro, con una lettera al sommo pontefice Giovanni VIII, quasi come con una stretta di mano, confermava la sua fedeltà a quella del suo popolo alla Chiesa romana. Quel santo sommo pontefice li ringrazio e li benedisse. Naturalmente, da allora, quella comunità fu tenuta dalla Sede apostolica come una figlia amatissima.
In entrambe le celebrazioni, specialmente nella seconda, come se la fede fosse rinata per beneficio divino, spirando il soffio della grazia, il popolo croato è affluito numerosissimo a Solin e a Nin dai luoghi più disparati e ha rinnovato la sua fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro: la fedeltà dei cristiani infatti è tale che, lungi dal distogliere i cuori degli uomini dai loro doveri di cittadini, è al servizio del progresso per mezzo della scrupolosità della regola di condotta. Tutto ciò induce a sperare con certezza che anche oggi questo popolo generoso e intrepido, progenie di santi e di poeti, sia presente in gran numero, come un fiume accresciuto dalle piogge, a far memoria di quei tempi così pieni di gloria degli inizi. La gloria dei padri infatti si è trasmessa ai figli e la loro virtù è ricco patrimonio dei successori.
Del resto i temi che in questi giorni vengono proposti alla meditazione, nel santuario di Marija Bistrica, come in una dimora comune di tutti i croati, e cioè il mirabile mistero dell'Eucaristia e Maria, madre amabile di Cristo, sono grandi e adatti a questi tempi. Infatti nell'adorazione di Cristo, Figlio di Dio nascosto nel Sacramento dell'altare, il discepolo fedele non soltanto ritrova la luminosissima fiaccola della verità, ma l'Autore stesso della luce, nel quale sta ogni verità, quale cardine di tutte le cose, saziando l'intelletto umano. A coloro che da questa umana Sirti cercano le spiagge celesti, sembra che Cristo parli dolcemente dall'Eucaristia: "Alzati e mangia, perché ti rimane ancora da fare un lungo viaggio" (1R 19,7), rivolgendosi sia a chi è solo che a chi cammina con la Chiesa. Corroborato da questo cibo divino, il cristiano canta e cammina. E sempre cammina con Maria, madre della Chiesa nella gioia e nel dolore.
Dopo queste parole di introduzione, venerabile nostro fratello, vogliamo manifestarti la nostra intenzione che tu presieda queste celebrazioni come nostro inviato. Dunque, venerabile fratello nostro, porta il nostro saluto a quella schiera di figli. Raccomanda loro di stare saldi, di mantenere incorrotta nel cuore la fede cristiana, nella quale soltanto sta la salvezza eterna di tutti, di essere onesti e di cercare quella ricchezza che non perisce. Anche alle autorità civili porta il nostro augurio di prosperità e felicità.
Per quanto ti riguarda non dubitiamo che tu, data la tua saggezza in tutto, la tua religiosità e la tua fedeltà alla Sede di Pietro, assolva al tuo compito scrupolosamente e santamente, a gloria di Cristo e di sua Madre e per il bene dei fedeli.
Intanto invochiamo Dio, Padre onnipotente, che assista te e tutti i presenti, specialmente i padri cardinali, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, tutti i popoli della Jugoslavia e tutti coloro che sono osservanti della verità. A tutti impartiamo la benedizione apostolica.
Dal Vaticano, 1 settembre 1984
Data: 1984-09-01 Data estesa: Sabato 1 Settembre 1984
1. "Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?" (Mt 16,26).
Queste parole di Gesù Cristo, scritte nel Vangelo di Matteo, che abbiamo ascoltato oggi, toccano la questione fondamentale. Perché io vivo? Qual è il valore dell'anima umana? Qual è il bene che può colmarla completamente?
2. La costituzione del Concilio Vaticano II "Gaudium et Spes" esprime questa domanda fondamentale in tale forma: "Che cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste a così caro prezzo raggiunte? Che reca l'uomo alla società, e che cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?" (GS 10).
3. Nella stessa liturgia d'oggi il salmista parla così: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, / di te ha sete l'anima mia, / a te anela la mia carne / come terra deserta, / arida, senz'acqua / ...La tua grazia vale più della vita" (Ps 62,2 Ps 62,4).
4. A questi pensieri, che compenetrano la liturgia dell'odierna domenica, corrisponde pure l'orazione della santa messa: "O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l'amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza".
5. Questi pensieri, che animano la liturgia d'oggi, ora li includiamo nella preghiera dell'Angelus. Che mediante il cuore dell'Immacolata Madre di Dio, essi maturino anche nei nostri cuori! Vorrei raccomandare alla vostra preghiera, alla preghiera di tutti, la mia visita in Canada che, a Dio piacendo, devo iniziare domenica 9 settembre. Mi raccomando alla preghiera di tutti.
Data: 1984-09-02 Data estesa: Domenica 2 Settembre 1984
Titolo: "Siete parte privilegiata del corpo mistico di Cristo"
Desidero esprimere a tutte voi, sorelle, la mia commozione per questa visita ad Alatri. Sono stato invitato per celebrare il IV centenario del ritrovamento delle spoglie del papa martire san Sisto I, che fu uno dei primi successori di san Pietro sulla cattedra di Roma. San Sisto è ben conosciuto da noi tutti perché il suo nome si cita nella preghiera eucaristica romana, nel canone primo, dopo Clemente. Visse ai tempi dell'imperatore Adriano, agli inizi del II secolo dopo Cristo.
Sento una profonda commozione per questa visita che ci riporta a tempi così lontani: così lontani ma anche così vicini. Quando penso che qui, come in ogni cappella, noi ci troviamo dinanzi al Santissimo Sacramento che è lo stesso cibo divino di cui si sono nutriti i cristiani dei tempi passati, allora noi vediamo la Chiesa nelle sue dimensioni storiche e insieme mistiche. E' un mistero che lo stesso corpo durante tanti secoli, durante tante generazioni, abbia nutrito e nutra tante persone, tanti fedeli, tanti testimoni, tanti confessori, tanti martiri. Anzi, lo stesso corpo, il corpo eucaristico di Cristo, fa di noi un solo corpo, perché la Chiesa è il corpo di Cristo.
Questo è stato affermato molte volte, lo insegnava papa Pio XII nell'enciclica "Mistici Corporis", lo afferma chiaramente la tradizione paolina.
Ecco, in questo corpo mistico di Cristo, voi, carissime sorelle, avete una parte speciale, privilegiata. Ma questo privilegio costa, questo privilegio è legato con il sacrificio, sacrificio della vostra vita, totalmente dedicata al Signore, senza riserve. E questo è uno speciale privilegio di ciascuna di voi, una nobile vocazione con cui la Chiesa può vivere sempre più il dono della redenzione.
Ricorderete che con queste parole, "Redemptionis Donum", ho iniziato una speciale lettera indirizzata a tutti i religiosi della Chiesa, durante l'Anno Santo della redenzione.
Mi rallegro per questo incontro, sono felice di trovarmi tra voi, nella vostra clausura, in questo luogo ove si prega, dove Cristo eucaristico viene continuamente - giorno e notte - adorato, glorificato, nei vostri cuori, nelle vostre parole, nei vostri sentimenti e nei vostri spiriti. Mi unisco a voi in questa adorazione, in questa preghiera che è di tutta la Chiesa in tutto il mondo.
Voi, nelle vostre preghiere, nei vostri cuori, direi nelle vostre mani, portate le sorti e i destini della Chiesa e del mondo intero.
Raccomando me stesso e tutta la Chiesa alla vostra preghiera, alla vostra dedizione totale al Signore, alla vostra vocazione contemplativa e benedettina. Lo dico a voi qui presenti, ma lo dico anche a tutte le altre suore contemplative, soprattutto della vostra federazione e della vostra Regola benedettina, a tutte le suore contemplative di qualsiasi regola, di qualsiasi costituzione, che sono nel mondo. E lo dico anche avendo davanti agli occhi quest'immagine della Vergine, Madre di Gesù e Madre della Chiesa.
Con la mia benedizione.
Data: 1984-09-02 Data estesa: Domenica 2 Settembre 1984
Titolo: La fede è adesione a Dio, alla Chiesa e al suo magistero
"O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l'amore per te e ravviva la nostra fede".
1. Così abbiamo pregato insieme, carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Alatri, nell'orazione di questa messa che oggi mi è dato di celebrare per voi e con voi. La liturgia del giorno ha posto sulle nostre labbra e nel nostro cuore questa bellissima implorazione: "Suscita in noi l'amore... ravviva la nostra fede".
Entriamo, così, subito, in sintonia con il tema del Sinodo, che sarà celebrato nei prossimi giorni: "La Chiesa di Alatri, comunità di fede e di amore".
Come non vedere in questa orazione, che, venendo per la prima volta tra voi, ho pronunciato oggi in mezzo alla vostra festosa assemblea, come non vedere come un segno del cielo, che è di lieto auspicio per l'evento ecclesiale che state per celebrare? Il vostro vescovo, tutti i sacerdoti della diocesi, e i rappresentanti delle varie categorie del laicato cattolico, dedicheranno i giorni del Sinodo allo studio delle sollecitudini, dei metodi, delle esigenze perché si estenda nella vostra comunità la vita di fede e di amore: e oggi, insieme con voi, io, vescovo di Roma venuto ad Alatri come vicario e rappresentante di Cristo in terra, ho pregato proprio a questo fine per tutta la vostra diocesi: "O Dio, nostro Padre... suscita in noi l'amore... ravviva la nostra fede".
In quest'ora di giubilo, per me anzitutto e per voi, nel gioioso presagio di questa coincidenza, io saluto tutti voi qui presenti: le autorità civili e militari, monsignor vescovo Umberto Florenzani, i parroci e i presbiteri tutti, i religiosi e le religiose, i padri e le madri di famiglia, i giovani tanto cari al mio cuore, i lavoratori, gli esponenti della cultura, gli anziani, e specialmente gli ammalati, al cui capezzale vorrei trovarmi singolarmente per dir loro tutto il mio affetto. E' una giornata storica, questa odierna, per la pur storica città e diocesi di Alatri, che sorge fiera attorno alla sua Acropoli e si affaccia sull'orizzonte dei monti Ernici, abbracciando le fertili e pittoresche vallate di questa benedetta terra di Ciociaria. Il mio saluto va all'intera diocesi, alle varie comunità che ne compongono il territorio e si distinguono per l'operosità e l'impegno nel lavoro quotidiano, per l'amore alle loro antiche tradizioni di civiltà e di religione, e soprattutto per la fedeltà alla Chiesa.
Per tutti, oggi, da questa Acropoli santa, il vescovo di Roma ha pregato: "Suscita in noi l'amore... ravviva la nostra fede"! O si, che la Chiesa di Alatri in questo post-Concilio, e raccogliendo i frutti del Giubileo straordinario della redenzione, diventi sempre più "comunità di fede e di amore"!
2. Il programma per la vita di fede ci è stato tracciato da san Paolo nel brano della lettera ai Romani, udito come seconda lettura: "Vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,1-2).
Ecco, fratelli e sorelle carissimi. La fede cristiana è anzitutto offerta di se stessi come sacrificio vivente: perché Dio, prima di ogni cosa, chiede il nostro cuore; aspetta noi, la nostra persona, il nostro lavoro, le nostre sofferenze. Così si esercita il sacerdozio regale, a cui il Concilio Vaticano II ha invitato tutti, laicato compreso.
E infatti, parlando del ruolo dei laici nella Chiesa, ha rilevato che "tutte le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiuti nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventino sacrifici spirituali graditi a Dio per Gesù Cristo" (LG 34).
In tal modo la nostra vita, pur nascosta, pur monotona, pur insignificante agli occhi degli uomini, diventa straordinariamente preziosa davanti a Dio: diventa adesione a lui, alla sua parola di verità e al suo messaggio evangelico; diventa convinta adesione alla santa Chiesa e al suo magistero; diventa un sacrificio continuo, in unione con quello di Gesù: diventa ferma ripulsa di errori e concezioni che vanno contro la parola di Dio, facendo argine, con i valori eterni, agli pseudo-valori che "la mentalità di questo secolo" vorrebbe contrapporre all'indefettibile rivelazione, andando contro la santità dei costumi, il rispetto della vita umana in tutte le sue forme, già fin dal concepimento, l'indissolubilità e sacralità del matrimonio, eccetera.
"Non conformatevi... ma trasformatevi", ci esorta san Paolo: e allora la fede si traduce in pratica affettiva, coerente, decisa, nel "discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".
Queste parole, ne sono certo, cadono in voi, fratelli e sorelle di Alatri, come sul terreno buono della parabola (cfr. Mt 13,8 Mt 13,23). La fede è stata ed è il patrimonio più prezioso della vostra diocesi. Con la vostra devozione al patrono della diocesi, san Sisto I, papa e martire, romano di nascita e vescovo di Roma, voi siete e vi sentite legati da specialissimo vincolo con la Chiesa di Roma. Le sue spoglie giunsero a voi mirabilmente l'11 gennaio 1132, sotto il vescovo Pietro, e furono riscoperte l'11 marzo 1584, esattamente quattro secoli fa, dal vescovo Danti: state perciò celebrando il centenario di questo ritrovamento. Auguro a voi tutti che il ricordo di quegli avvenimenti sia per tutti un forte stimolo a ravvivare la fede - la fede che da Dio, in Cristo, ci è comunicata dalla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica - e a vivere la fede in tutte le forme della vita individuale e collettiva, familiare e sociale, pubblica e privata, in modo che la diocesi possa dare veramente a Dio il suo "culto spirituale", ed essere quella "comunità di fede" che il prossimo Sinodo vuole ravvivare e consolidare.
3. Dalla fede nasce l'amore: ecco quindi questo secondo polo insostituibile della "comunità d'amore", che è anch'esso obiettivo del Sinodo diocesano.
Le letture della messa di questa domenica ci danno un insegnamento fortissimo sulla totalitarietà dell'amore, che Dio ci chiede. Il profeta Geremia, nel brano letto che è stato definito le sue "Confessioni", riconosce in termini drammatici la potenza dell'amore di Dio, che lo ha chiamato a profetare per la conversione del suo popolo: "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre... Nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo" (Jr 20,7 Jr 20,9).
Il profeta ha risposto pienamente alla chiamata di Dio, che pure lo faceva segno di contraddizione, si e lasciato "afferrare" da Dio, a cui ha aderito con tutte le proprie forze.
Altrettanto chiede a noi Gesù Cristo, Figlio del Padre: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita, la troverà... Che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?" (Mt 16,24ss). Dobbiamo seguire Cristo con la forza dell'amore. Dobbiamo dare amore per amore. Perché egli per primo ha amato noi: si è incamminato per amor nostro sulla via della croce, prevedendone in anticipo tutti i dolorosi particolari, e opponendosi risolutamente alle interpretazioni riduttive e ai consigli di umana prudenza che perfino Pietro aveva cercato di dare. Chi più di Pietro è stato privilegiato da Cristo? Eppure egli lo chiama addirittura "satana", quando cerca di sviare il Maestro dalla via regale della croce. Ecco quanto ci ha amato Gesù Cristo: a prezzo del suo stesso sangue, nell'obbedienza offerta al Padre senza chiedere nulla per sé.
Anche a ciascuno Gesù chiede la totalità del dono di noi stessi: ci chiede di seguirlo sulla nostra "via crucis" quotidiana, di non rifiutargli quelle conquiste, compiute talora anche a prezzo di eroismi nascosti, che egli esige da chi gli vuole rimanere fedele, sempre e a tutti i costi; ci chiede di portare la croce della nostra vita quotidiana, senza indietreggiare, aggrappandoci a lui per non cadere per sfiducia o stanchezza, tanto meno senza tradire mai, nella prospettiva del giudizio finale: "Poiché è il Figlio dell'uomo - così conclude il Vangelo odierno - verrà nella gloria del Padre suo... e renderà a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16,27). E, come è stato detto, saremo giudicati sull'amore.
Amore a Dio "con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente; amore al fratello, come noi stessi (cfr. Mt 22,37 Mt 22,39). "Per questo l'amore di Dio e del prossimo è il primo e più grande comandamento - ha tenuto a ribadire il Vaticano II -. Anzi, il Signore Gesù, quando prega il Padre perché "tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola" (Jn 17,21-22)... ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé" (GS 24).
4. "O Dio, nostro Padre, suscita in noi l'amore e ravviva la nostra fede".
Questa preghiera elevo al Signore per voi e con voi, in questa messa, all'inizio ormai del Sinodo diocesano di Alatri. E questo programma, basilare e insostituibile per la vita di tutta la Chiesa, vi lascio come ricordo della mia venuta tra voi.
Siate fedeli, carissimi fratelli e sorelle! Fedeli sempre, senza conformarvi alla mentalità di questo secolo. Fedeli sempre, nel trasformare la vostra mente, ed essere un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Fedeli nel seguire la croce di Cristo.
Nel mettere Dio al primo posto. "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, / di te ha sete l'anima mia, / a te anela la mia carne... / Poiché la tua grazia vale più della vita, / le mie labbra diranno la tua lode. / così ti benediro finché io viva (Salmo responsoriale).
Si, fratelli e sorelle; così sia per voi, ogni giorno della vostra vita.
Con la protezione di san Sisto, papa e martire. Con la continua intercessione della Madre di Dio, che tanto amate, e che tanto vi ama. Affinché siate comunità di fede e di amore.
Amen, amen.
GPII 1984 Insegnamenti - Ai vescovi del Venezuela in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)