GPII 1984 Insegnamenti - Al Rosario nella basilica di San Francesco - Paola (Cosenza)
Titolo: "Affido la Calabria al Cuore Immacolato di Maria"
Testo:
Carissimi fratelli e sorelle! In questa sera del primo sabato di ottobre, mese dedicato dalla pietà cristiana, in modo speciale alla Madonna del Rosario, recitero qui a Paola, nel corso del mio pellegrinaggio pastorale nella regione calabra, la preghiera mariana così cara al popolo cristiano.
Invito tutti coloro, che in questo momento mi stanno ascoltando, a unirsi con me in questa orazione "così semplice e così ricca", nella quale siamo spronati a meditare i principali episodi del mistero della salvezza compiuto in Cristo: la sua natività e infanzia; la sua passione e morte; la sua risurrezione e ascensione; la discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente e la glorificazione della sua purissima e dilettissima Madre.
Il 29 ottobre 1978, pochi giorni dopo la mia elezione al supremo pontificato così esortavo i fedeli riuniti in piazza San Pietro: "Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. In questa preghiera ripetiamo molte volte le parole che la Vergine Maria udi dall'arcangelo e dalla sua parente Elisabetta. A queste parole si associa tutta la Chiesa. Si può dire che il Rosario è, in un certo modo, un commento-preghiera all'ultimo capitolo della costituzione "Lumen Gentium" del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa".
Domani ci uniremo spiritualmente anche alla "Supplica" alla Madonna di Pompei, composta e diffusa in tutta la Chiesa dal beato Bartolo Longo, che coltivo una tenera e profonda devozione alla Vergine Madre di Dio.
A lei, al suo Cuore immacolato, affido voi, i vostri cari, la Calabria, l'Italia, la Chiesa, l'umanità tutta, perché fioriscano la giustizia e la pace.
Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984
Titolo: "E' questo il luogo più importante della Calabria"
Testo:
Venendo in Calabria, ho pensato che forse il luogo più importante fosse Reggio Calabria, forse Catanzaro, forse Cosenza, ma vedo che il luogo più importante è quello dove è san Francesco di Paola. Non ho saputo questo prima, ma venendo qui lo vedo e lo vedo anche in questa circostanza, che il Papa, per la seconda volta, deve venire qui, in questo santuario. Ieri era la prima volta, e oggi sono dovuto tornare da Cosenza per recitare il Rosario che, tramite la Radio vaticana, il Papa recita nel primo sabato del mese e viene diffuso in tutto il mondo. così, vedo che il punto più importante è quello dove si trova san Francesco di Paola. Voi siete, dopo tanti secoli, i concittadini di questo santo, di questo grande santo, grande perché si è chiamato minimo. Se voi siete i concittadini di questo santo, dovete imitarlo. Egli era molto umile, molto buono, era pieno di carità. Vi auguro di essere i concittadini di san Francesco in questo senso. Soprattutto carità, umiltà, bontà: tutto questo è direi la consanguineità spirituale con san Francesco.
Ecco, resta ancora domani, domenica, ultimo giorno della mia visita, del mio pellegrinaggio in Calabria. Devo visitare Crotone e Reggio Calabria. Allora prego il vostro santo Francesco di uscire un po' e di proteggerci anche domani, come ci ha protetto ieri e oggi. E poi lo prego di proteggere la vostra città, Paola, che è famosa grazie soprattutto alla sua personalità, alla sua santità. Si conosce bene Paola perché si dice san Francesco di Paola. Da ragazzo non ho saputo molto su Reggio Calabria, su Cosenza e neanche su Catanzaro. Un po' di Roma, di Napoli. Ma ho conosciuto Paola perché c'è san Francesco di Paola. E mi sono domandato che cosa è questa Paola. Dopo tanti anni ho potuto vederla. Finalmente ho saputo vedere dove è questa Paola e che cosa è questa Paola, questa Paola della Calabria.
Allora vi ringrazio per questa riunione che non era prevista nel programma. Il Papa doveva tornare, recitare il Rosario e concludere la giornata.
Invece voi siete venuti qui. Io vi ringrazio per questa visita, e vi auguro tutto il bene per le vostre persone, per le vostre famiglie, per le vostre parrocchie, per tutta la città di Paola, famosa grazie a questo grande santo, san Francesco minimo, e poi per tutta la vostra Calabria.
Do adesso a tutti e a tutta la vostra città una benedizione. Abbraccio tutti i vostri bambini, tutti i vostri malati infermi. Buona notte. Sia lodato Gesù Cristo.
Data: 1984-10-06 Data estesa: Sabato 6 Ottobre 1984
Titolo: "Aprite le fabbriche a Cristo redentore e liberatore"
Testo:
1. Esprimo innanzitutto la mia gratitudine al signor sindaco della città e all'arcivescovo monsignor Giuseppe Agostino per le cortesi parole di benvenuto che mi hanno rivolto, e dico il mio grazie all'operaio e al dirigente che a nome di tutto il personale degli stabilimenti industriali della Montedison, della Pertusola, delle altre industrie e aziende mi hanno indirizzato così significative espressioni che hanno toccato il mio cuore.
Ringrazio con sincero affetto tutti i presenti, per la calorosa accoglienza. Saluto la bella e vetusta città di Crotone e tutti i suoi abitanti; saluto le comunità cristiane di Santa Severina e di Crotone e invoco dalla vostra "Madonna di Capocolonna" ogni aiuto e protezione per le vostre persone, per le vostre famiglie, per i vostri cari vicini e lontani, per gli ammalati, per le persone anziane, per coloro che si sentono soli e abbandonati, per tutti coloro che soffrono.
Un saluto particolare rivolgo a voi, cari operai e dirigenti dell'area industriale del Crotonese, e attraverso voi, a tutto il mondo del lavoro di Calabria. Desidero manifestarvi la mia gioia e la mia soddisfazione di trovarmi in mezzo a voi; sono sentimenti che provo tutte le volte che mi trovo accanto a coloro, come voi, che mediante il lavoro, si procurano il pane quotidiano e contribuiscono al progresso di tutta la società.
Si tratta di sentimenti profondi e radicati nel mio animo, e io li esprimo volentieri a conferma della singolare vicinanza che provo per il mondo del lavoro, nel ricordo dell'esperienza personale di operaio da me vissuta, anche se breve e ormai lontana. Quell'esperienza non si cancella, ma si ravviva quando, durante le tappe del mio ministero, mi è dato di incontrare lavoratori e dirigenti, quali siete voi. Essa si rivela, anzi, preziosa nell'esercizio del mio apostolato, perché mi mette in condizione di capir meglio la vostra mentalità, come i vostri problemi e sacrifici.
2. Sono a conoscenza che il Crotonese, con la sua vasta area industriale, con la sua agricoltura e il recente superamento del latifondo, con i due porti e l'aeroporto, con la genialità del suo artigianato e col crescente incremento delle attività turistiche, costituisce uno dei più rilevanti poli di sviluppo economico della Calabria.
So anche che non mancano le difficoltà e le ricorrenti crisi che mettono in pericolo gli stessi posti di lavoro e creano disoccupazione: difficoltà e crisi, che sono comuni anche alle società più industrializzate ed economicamente forti, ma che qui, nel quadro della "questione meridionale" e più specificamente della "questione calabrese", assumono connotazioni di particolare gravità, per le conseguenze sociali che comportano, per le preoccupazioni che suscitano in numerose famiglie e per lo scoraggiamento che provocano nei giovani e il terribile male della droga che in questi alimenta.
Il comprensorio del Crotonese, con le sue molteplici attività economiche, sta a dimostrare la laboriosità di questo popolo, come di tutto il popolo calabrese; sta a dimostrare che, con l'apporto di tutte le forze, con il necessario intervento dello Stato e della regione insieme all'opera dei comuni e delle libere iniziative, questa vostra laboriosità, accompagnata alla tenacia del vostro impegno e allo spirito di sacrificio che lo contraddistingue, può essere in grado di sconfiggere le difficoltà, di superare le crisi, di valorizzare tutte le risorse che non mancano alla vostra terra e quindi di creare quelle condizioni di benessere cui ogni essere umano ha diritto.
3. Cari lavoratori e cari fratelli e sorelle! So che da me, messaggero del Vangelo, non vi aspettate la soluzione dei problemi economici e sociali della vostra terra; da me voi aspettate una parola che aiuti la vostra crescita umana e soprattutto che rafforzi la vostra vita spirituale e religiosa. Aspettate da me una parola di incoraggiamento che vi sostenga nel quotidiano impegno, vi aiuti a superare le difficoltà del momento, alimenti in voi "la speranza di luce", di cui hanno parlato nella loro lettera i vescovi della vostra regione. Ebbene, la mia parola, a spirituale conforto, quasi per accendere quella speranza e avviare l'auspicata ripresa, vuol essere l'annuncio del "Vangelo del lavoro" che ci rivela in modo compiuto la dignità e la sacralità del lavoro umano.
Oggi è domenica, e dunque giorno di riposo, mentre gli altri giorni sono quelli destinati al lavoro. Ma proprio questa coincidenza è favorevole per fare una sorta di pausa, e opportuna per avviare una riflessione in merito alla vera natura del lavoro. Come ogni espressione dell'uomo, così anche il lavoro partecipa della dignità dell'uomo e, essendo questi creatura spirituale, "creata a immagine e somiglianza di Dio" (cfr. Gn 1,26), non può non comunicare qualcosa di se stesso a tutto quello che fa, con le mani e con la mente, producendo, trasformando, realizzando. Il lavoro umano, in tutte le sue forme e modalità, ha sempre un intrinseco carattere sacro.
Oggi, forse, a motivo dei tanti problemi che assillano, c'è il rischio di circoscrivere in una sfera del tutto terrena il concetto stesso di lavoro. Ma così non può né deve essere, anche se sono pienamente giustificate le preoccupazioni e le accennate difficoltà. E' necessario - vorrei ricordarvi - tener sempre presente l'anteriore e superiore qualità del lavoro, che come "frutto dell'uomo", cioè del suo impegno, della sua genialità, della sua coscienza, appartiene alla sfera della spiritualità e della moralità.
Da questo elevato punto di vista non è difficile salire ulteriormente fino al piano religioso.
L'uomo che lavora presta una sorta di collaborazione, limitata quanto si vuole, ma reale, a Dio che crea: egli sa di aver ricevuto tutto da Dio, conosce il mondo nel quale opera, e non può fare a meno di prenderne atto con un senso di ammirato stupore e di sincera riconoscenza. Ecco, io penso che dall'immagine dell'umile coltivatore delle età più remote, il quale deponeva la rudimentale sua zappa e, certo intuendo la "santità" della sua fatica, si levava al pensiero dell'onnipotente Creatore, venga anche al giorno d'oggi, all'operaio di oggi, che pur si avvale di una tecnica incomparabilmente più raffinata, un'indicazione e quasi una lezione di perdurante validità. Ben lungi dall'abbassare o degradare, il lavoro è sempre un fattore di elevazione morale e, se rettamente inteso e onestamente esercitato, può addirittura contribuire alla necessaria formazione religiosa dell'uomo.
Questo è il "Vangelo del lavoro", questa è la verità sul lavoro umano, che vale per i lavoratori calabresi come per i lavoratori di ogni parte del mondo, per i lavoratori dell'industria come per quelli dell'agricoltura e di ogni altro settore di attività: che vale per il lavoro manuale come per il lavoro intellettuale, dirigenziale e amministrativo e per qualsiasi altro lavoro nel quale si esprime l'attività dell'uomo nella società.
Questo significa che ogni società, come la società calabrese, deve essere organizzata in modo che ogni cittadino abbia il suo lavoro, che questo lavoro sia dalle leggi adeguatamente tutelato e difeso, e che sia rispettato il principio della priorità del lavoro umano nei confronti degli altri elementi della produzione, tenendo sempre presente che mai la ricerca del profitto debba essere anteposta ai bisogni dell'uomo che lavora.
4. Oggi è il giorno del Signore, e ciò dicendo sia voi che io siamo facilmente portati a ricordare quel grande comandamento della legge antica e nuova, che suona così: "Ricordati di santificare le feste". Ci sono - come ho già accennato - i giorni riservati al lavoro, ma ci sono anche, e ci debbono essere per naturali e ovvie ragioni fisiologiche e psicologiche, i giorni del riposo.
Ma come debbono esser vissuti questi giorni? Solo nell'astensione dalle occupazioni ordinarie? Solo nell'onesto divertimento e nella pratica dei cosiddetti hobbies? Ci vuole - io vi dico fraternamente - qualcosa di più e di meglio: non si debbono mai dimenticare nella propria vita le esigenze di ordine spirituale. Che ne sarebbe della nostra fede, se ignorasse nel corso ordinario dell'esistenza la pratica religiosa e non ne avvertisse la necessità? Occorre, cari fratelli e sorelle, che la nostra fede cristiana si manifesti anche all'esterno con puntuale presenza e frequenza, rendendo a Dio Padre il culto dovuto, edificando con l'esempio gli altri fedeli, dimostrando e attestando la realtà storico-esistenziale di quella Chiesa, della quale ciascuno di noi è parte viva.
5. Cari lavoratori! Sappiate che la Chiesa vi guarda con simpatia e solidarietà: anche voi guardate alla Chiesa con amicizia. La Chiesa vi è amica perché il suo stesso fondatore, Gesù Cristo, fu un lavoratore, perché egli - come leggiamo nel Vangelo - nelle parabole sul regno di Dio si richiama costantemente al lavoro umano: al lavoro del pastore, dell'agricoltore, del seminatore, del padrone della vigna, dei vignaioli, del pescatore, del mercante, dell'operaio, ai diversi lavori delle donne.
La Chiesa vi è amica perché vuole che sia riconosciuta la vostra dignità di lavoratori, perché nel mondo del lavoro vuole che regni la giustizia.
Aprite le porte delle vostre fabbriche al Cristo redentore e liberatore.
Ricordate che Gesù, divino lavoratore, appartiene al mondo del lavoro, come voi appartenete a lui; egli è sempre vicino a voi accanto al banco del vostro lavoro; quando la fatica del lavoro si fa sentire, ascoltate le sue parole: "O voi tutti che siete affaticati e oppressi, venite a me e io vi ristorero" (Mt 11,28).
Gesù è un vostro amico, è un vostro fratello, che conosce e condivide le vostre fatiche. Egli vi precede nelle strade della vita per illuminarvi, per confortarvi, per portarvi - lui vero Figlio di Dio - alla conoscenza e all'esperienza dell'incontro con l'unico Padre che sta nei cieli.
Data: 1984-10-07 Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1984
Titolo: Unire le energie per una società degna delle tradizioni
Testo:
1. Desidero manifestare il mio sincero ringraziamento al signor ministro, al presidente del consiglio regionale e al signor sindaco per le elevate parole che mi hanno rivolto e per le nobili espressioni con le quali hanno accolto il mio arrivo in questa meravigliosa città. Ringrazio soprattutto voi qui presenti, cittadini di Reggio Calabria, per l'entusiasmo che mi manifestate e per la gioia che leggo sui vostri volti.
Anch'io sono lieto di trovarmi in mezzo a voi: attendevo con ansia questo momento, e sono ora grato a Dio che mi ha dato di viverlo nella cornice di questo incontro, caratterizzato da tanto calore e da tanta spontaneità.
Ecco l'antica Reggio, le cui origini si perdono nella notte dei tempi! Ecco la Reggio della Magna Grecia, di cui ancora conservate le vestigia monumentali e i preziosi cimeli nel vostro importante Museo nazionale, che ora accoglie anche i due grandi bronzi di Riace. La storia di Reggio corre lungo i filoni delle grandi civiltà classiche europee: la greca, la romana, e la cristiana.
Nel toccare il suolo di questa città, provo una viva emozione al considerare che qui approdo, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, e che qui l'Apostolo delle genti accese la prima fiaccola della fede cristiana; da qui il cristianesimo ha iniziato il suo cammino in terra calabra, espandendosi in ogni direzione, sia verso la costa ionica sia verso la fascia tirrenica. E' questo un primato che mi piace sottolineare e che è motivo di giusto orgoglio per la Chiesa e per la città di Reggio Calabria.
2. Il vostro cristianesimo, ormai bimillenario, ha permeato le radici più profonde della vostra civiltà e della vostra cultura e vi ha dato la forza di far fronte con coraggio, e talvolta con eroismo, ai difficili momenti della vostra storia, durante le molteplici invasioni e dominazioni che la Calabria ha dovuto subire. Ma soprattutto, il vostro animo temprato dalla fede ha trovato la forza di resistere alle calamità naturali; per due volte il terremoto, nel 1783 e, più recentemente, nel 1908, ha distrutto la vostra città, e per due volte l'avete ricostruita più grande e più bella.
Si, la natura ha dotato di una bellezza particolare questa terra: Reggio, con l'azzurro intenso del suo cielo e le chiare acque del suo mare, con lo splendore del suo sole e il verde dei suoi monti aspromontani e, dall'altra parte dello stretto, la dirimpettaia Messina, città egualmente meravigliosa, con i monti Peloritani e con l'Etna che giganteggia sullo sfondo del mar Ionio, compongono uno degli scenari più suggestivi che sia dato ad occhio umano contemplare.
3. Ma l'affascinante storia del passato e la bellezza della natura non mi fanno dimenticare la vostra odierna condizione, le difficolta economiche e sociali nelle quali la città e la provincia di Reggio si dibattono. Oggi, sono qui in mezzo a voi con la piena consapevolezza di trovarmi in una regione del Mezzogiorno e nella città del più profondo Sud d'Italia, dove i problemi della "questione meridionale" nei suoi molteplici aspetti, geologici, economici, sociali, morali, amministrativi e politici, come pure culturali e religiosi, si manifestano nel modo più grave e talvolta più drammatico.
Sono problemi che da tempo aspettano le giuste soluzioni; non v'è dubbio che in questi ultimi trent'anni molto si è fatto; ma ancora moltissimo rimane da fare sia attraverso l'intervento dello Stato, sia mediante la sollecita e concorde opera della regione, delle province e dei comuni, sia con la coraggiosa imprenditorialità dell'iniziativa privata. Molte sono state le attese deluse; molti, d'altra parte, sono i motivi di speranza per uno sviluppo economico, agricolo, industriale, turistico e commerciale di questa parte importante della Calabria.
C'è poi il problema della disoccupazione che qui a Reggio è particolarmente acuto; la disoccupazione dei giovani, la disoccupazione intellettuale. E' l'effetto del mancato sviluppo e della crisi economica che, nel contesto di tutti gli altri problemi, diventa causa di mali ancora più gravi. E come non ricordare ancora il fenomeno delle attività criminose e mafiose e le preoccupanti forme di omertà e di corruzione che esso genera!
4. Oggi, sono qui per dire a tutti voi una parola di incoraggiamento e di speranza. Vi invito innanzitutto a resistere alla tentazione del male, a fortificare le vostre virtù umane, a far convergere tutte le vostre energie di intelligenza e di cuore, che sono tante e così valide, verso l'edificazione di una società migliore, più giusta, più ordinata, più umana, una società degna della tradizione cristiana della vostra civiltà.
La Vergine santa che voi venerate col titolo tanto significativo e propiziatorio di Madonna della consolazione, vi aiuti e vi consoli sempre. A lei si elevi con particolare intensità la vostra preghiera in questo mese di ottobre, dedicato al Rosario.
Reggio! Città che hai nelle tue radici la fede di Paolo. Reggio! Che hai un cuore antico ma sempre giovane e caldo, nel nome di Dio ti saluto e ti benedico!
Data: 1984-10-07 Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1984
Titolo: "Siate forza morale che sconfigge prepotenza e vendetta"
Testo:
Carissimi giovani!
1. Il mio animo è colmo di gioia nel trovarmi in mezzo a voi, giovani della città di Reggio e dell'intera Calabria, per questo incontro tanto atteso e desiderato.
Vi ringrazio per questa calda accoglienza, per le parole che mi ha rivolto, a vostro nome, la giovane, vostra rappresentante. Vi saluto dal profondo del vostro cuore, con grande affetto.
Esprimo il mio saluto anche a tutti i giovani della Calabria, sparsi nelle tre province della vostra regione, come pure a tutti quei giovani calabresi che, per la ricerca di un lavoro, hanno dovuto lasciare la loro terra, emigrando in altre città d'Italia o all'estero. Tutti ho presenti nella mia mente e nel mio cuore; tutti saluto con pari affetto.
L'incontro con i giovani è sempre per me uno dei momenti più belli.
Sentire le vostre voci, vedere il vostro entusiasmo, ma soprattutto leggere sui vostri volti l'attesa della parola che esprima amore che illumini il senso della vita e che tracci un cammino sicuro da percorrere è motivo di speranza e di confronto.
2. Conosco le vostre preoccupazioni per il presente e le inquietudini per il futuro, conosco i problemi della vostra terra, che sono tanti e da lungo tempo irrisolti. C'è nel fondo di ogni condizione umana e di ogni problema una persistente domanda, la più esistenziale delle domande che attiene alla vita stessa dell'uomo: che senso ha la vita che viviamo, vale la pena impegnarsi per questa vita, è possibile sperare? Si, cari giovani, la risposta a queste domande la troviamo in quell'annuncio, in quella buona notizia, che, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, anche se con le catene ai piedi, porto ai vostri avi, approdando in questa terra. La risposta antica e sempre nuova ai dubbi e alle angosce dell'uomo moderno è una sola: Gesù Cristo, il Redentore dell'uomo e del mondo, il Risorto, Figlio di Dio e nostro fratello in umanità; è lui che ci ha svelato il mistero di Dio, è lui che ha rischiarato il mistero dell'uomo facendoci conoscere la nostra origine, la dignità, il valore, il senso della vita umana, il destino eterno di amore e di salvezza cui tutti noi siamo chiamati.
Oggi, come Paolo di Tarso, anch'io desidero portarvi questo annuncio di salvezza; anch'io desidero qui proclamare che Cristo è "la nostra pace" (Ep 2,14), "la nostra vita" (Col 3,4), la nostra "sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (Col 1,30), il nostro "unico fondamento" (1Co 4,11): è lui la nostra "speranza" (Col 1,27). Accogliete questo annuncio, lasciatevi inondare dalla luce che viene da questo messaggio e fate che "Cristo abiti mediante la fede nei vostri cuori" (Ep 3,17).
La fede in Cristo risorto, che ha sconfitto la morte e il peccato, ci fa comprendere il vero senso della vita come prezioso dono di Dio, che vale la pena di vivere per costruire un mondo migliore dove regni l'amore, la giustizia e la pace. Tutto questo è possibile anche per la vostra terra, se voi giovani calabresi saprete fare di questi valori un ideale di vita e, soprattutto, se vi impegnerete a testimoniarli, con la generosità e con l'entusiasmo della vostra gioventù nella Chiesa e nella società di Calabria.
3. Questa meravigliosa visione della vita, alimentata dalla fede e animata dalla speranza, non vi estranea dalle difficoltà che travagliano l'esistenza quotidiana, né dai gravi problemi della vostra società calabrese, che sono i problemi di tutto il Mezzogiorno d'Italia. Anzi, questa fede e questa speranza vi danno la forza di superare ogni scoraggiamento e vi impegnano di più a prepararvi, con lo studio, con l'acquisizione della necessaria formazione personale, con l'approfondita conoscenza della realtà nella quale vivete, ad essere gli artefici della rinascita economica, sociale, morale e spirituale della vostra Calabria.
Cari giovani! So che uno dei problemi che angustia il vostro animo, e che talvolta è anche motivo di scoraggiamento, è quello della disoccupazione di tanti giovani e in particolare di quelli ancora in cerca della prima occupazione, nonostante che siano forniti delle necessarie competenze e siano animati da tanta buona volontà. A questi giovani esprimo tutta la mia solidarietà e l'auspicio che la loro legittima aspirazione possa essere presto coronata da successo.
Nell'enciclica "Laborem Exercens", dedicata al lavoro umano, ho trattato ampiamente del problema della disoccupazione e del danno che essa arreca all'uomo e alla società. Qui, in questa terra e in questa città, dove il fenomeno è più grave che altrove, desidero ribadire che il lavoro è un diritto, oltre che un dovere, e che la società deve creare le condizioni perché tutti possano usufruire di questo diritto. Desidero affermare che la disoccupazione è un'ingiustizia perché contraddice questo fondamentale diritto dell'uomo. Non basta che la società garantisca, a coloro che sono occupati, i diritti del lavoro con la legislazione sociale; è necessario che la società garantisca il diritto al lavoro, che in certo senso è prioritario rispetto allo stesso diritto del lavoro.
4. Il giovane senza lavoro e senza speranza per il futuro è esposto a ogni genere di tentazione: mi riferisco in particolare alle tentazioni della violenza e della droga.
Voi, giovani carissimi, in questo campo dovete dare una testimonianza forte e coraggiosa. Non cedete mai alla tentazione della violenza criminosa e mafiosa, anzi dovete essere la forza morale più determinante per sconfiggere ogni mentalità che porta alla prepotenza, all'oppressione e alla vendetta. Faccio mio quanto a tale proposito i vostri vescovi hanno ripetutamente dichiarato.
E inoltre, è atto di grande carità e umanità aiutare quei giovani che, caduti nella rete della delinquenza organizzata, vogliono liberarsi e redimersi: sostenete, con la vostra generosa e fraterna accoglienza, il loro sforzo di rientrare nel tessuto sano della società e del vivere civile.
C'è poi la tentazione della droga, alimentata da un turpe mercato, che imperversa anche nelle vostre città e si affaccia persino nei piccoli centri agricoli della vostra terra. Questo male, che diffonde dolore e morte, è frutto di questa società dei consumi che spegne nei giovani ogni ideale, crea una mentalità edonistica: questo tipo di società detta paradossalmente del "benessere", in effetti "consuma", l'uomo nella sua umanità e, in ultima analisi, provoca il suo malessere. Anche su questo fronte, i giovani cristiani, che portano una visione della vita e della società fondata sulla dignità dell'uomo redento da Cristo devono essere in prima fila nel combattere questo male, mobilitando le coscienze, dando esempio ai propri coetanei di come si affronta la vita senza cedere alla falsa illusione della droga, aiutando coloro che ne sono divenuti vittime, a liberarsi da questa letale dipendenza, e collaborando con quanti, nella società, sono impegnati a debellare questo terribile flagello.
Carissimi, voi tutti siete una grande famiglia, famiglia dei giovani, famiglia dei giovani ispirata da Cristo. Io affido a questa famiglia dei giovani questi vostri coetanei, questi giovani che hanno ceduto alle tentazioni della vita disorganizzata della droga, della violenza. Affido questi vostri compagni a voi, alla vostra grande famiglia.
5. La vostra presenza così numerosa in questa piazza, sulla quale si affaccia il duomo della città, ricostruito dopo il terremoto del 1908, con le sue forme romaniche di moderna fattura, con la sua bianca luminosità, è segno di vivacità di questa Chiesa di Reggio.
So che molti di voi fanno parte di associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali nei quali vivete, giorno per giorno, la vostra esperienza di fede.
Desidero tutti benedire e incoraggiare. Queste differenti aggregazioni sono espressione della ricchezza della Chiesa e del carisma che la anima. Queste diversità di esperienze, quando sono vivificate dallo Spirito, tendono naturalmente verso l'incontro e sentono l'esigenza della comunione tra di loro e di tutti intorno al vescovo, che è il pastore della Chiesa locale. Vi esorto a ricercare sempre la comunione tra di voi e intorno al vescovo. Pur nell'originalità di ciascuno, insieme si possono realizzare grandi cose, così come insieme le diverse aggregazioni ecclesiali hanno preparato l'indimenticabile incontro dei giovani a Roma per la conclusione dell'Anno giubilare della redenzione.
Il campo dell'azione comune è vastissimo, soprattutto quando si tratta di operare per dare soluzione ai grandi problemi della vostra terra. Vi incoraggio anche ad esternare le esperienze del volontariato a favore degli emigranti, degli handicappati, dei vecchi, degli ammalati, vivendo così il vostro impegno cristiano di carità a favore degli "ultimi", cioè di quelli che sono i primi nel regno di Dio. Non si vive la fede senza la carità, non si è cristiani senza la carità.
6. Inoltre, un grande impegno la Chiesa in Italia deve oggi affrontare in modo particolare: quello dell'educazione religiosa delle nuove generazioni e, più specificatamente, quello dell'insegnamento religioso nelle scuole statali. Come voi già ben conoscete dalla vostra storia e dalle vostre radici cristiane che si richiamano all'apostolo Paolo, la religione cattolica fa parte del più prezioso patrimonio del popolo italiano; essa è componente essenziale di ogni formazione umana, per cui non vi può essere vera e completa educazione senza l'insegnamento religioso.
Come è noto, i recenti accordi con lo Stato italiano assicurano la possibilità di usufruire, nell'ambito scolastico, dell'insegnamento della religione cattolica: spetta alle famiglie, e in particolare ai giovani stessi, avvalersi di questa preziosa possibilità. Invito voi giovani di Calabria e dell'intera penisola a compiere consapevolmente questa scelta, dando così esempio e testimonianza ai vostri coetanei e corrispondendo, insieme alle vostre famiglie, all'ansia apostolica della Chiesa di assicurare, anche attraverso la scuola, la formazione cristiana della gioventù.
Direi che questo è uno dei campi dell'apostolato giovanile. I giovani sono i primi apostoli dei giovani. Già nella parrocchia, come nella scuola.
Speriamo che questo apostolato fondamentale sia vostro. Io, come principale responsabile, dell'apostolato della Chiesa vi affido questa consegna.
Vi esorto infine ad impegnarvi per la pace, formando innanzitutto in voi una mentalità di pace, che produca i suoi frutti nelle vostre famiglie nella scuola, nel mondo del lavoro, in tutte le relazioni interpersonali e sociali: è la premessa per la costruzione di una pace più grande tra i popoli e le nazioni.
Sapete che il tema della Giornata mondiale della pace, che celebriamo all'inizio del prossimo anno, è "La pace e i giovani camminano insieme".
Cari giovani! L'avvenire della Calabria è nelle vostre mani e nel vostro coraggioso impegno di cittadini e di cristiani. Sappiatelo, giovani! Cristo non si è fermato a Eboli: egli è qui in cammino con voi, per costruire insieme a voi una Calabria più giusta, più umana e più cristiana!
7. E' mezzogiorno, l'ora che l'antichissima consuetudine cristiana, assai radicata anche in Calabria, ha consacrato a Maria santissima. Innanzitutto rivolgiamo il nostro pensiero filiale alla Madonna della consolazione, protettrice della vostra città, la cui immagine qui presente, ricca di tanta storia e circondata da tanta devozione popolare, noi ammiriamo e veneriamo.
In questa domenica di ottobre, "mese del Rosario" invochiamola col titolo di "Regina del santo Rosario". Il Rosario fu definito da Pio XII "compendio di tutto il Vangelo" (AAS 38 [1946] 419). Nella sua struttura semplice e sapiente, offre temi di meditazione sulla trama del cammino di Cristo e di Maria, attraverso i misteri di gioia, di dolore e di gloria. Di impronta evangelica sono anche le preghiere del Padre nostro e dell'Ave Maria. L'insistenza, poi, nella ripetizione di queste preghiere è il riconoscimento della nostra umana indigenza, e, nello stesso tempo, l'espressione della nostra incrollabile fiducia nell'aiuto che ci viene dall'alto e particolarmente nella materna intercessione della Vergine.
Nutrimento fecondo della pietà personale, il Rosario è in certo senso la preghiera tipica della famiglia cristiana. Il Concilio ha definito la famiglia cristiana "chiesa domestica" (LG 11), intendendo mettere in luce la realtà sacra genuinamente ecclesiale, costituita nell'ambito familiare. La famiglia pertanto è chiamata a tradurre in sé l'immagine della Chiesa di Cristo.
Nella recita del Rosario essa gusta la propria unità, gode della circolazione degli affetti, si eleva alla contemplazione del divino, colloca in questa superiore dimensione le proprie necessità, le angustie e le conquiste del vivere quotidiano.
La Regina del santo Rosario è particolarmente onorata nell'insigne santuario di Pompei, dove oggi, in quest'ora meridiana, si recita l'antica "Supplica", alla quale si uniscono spiritualmente le popolazioni d'Italia. A questo coro implorante aggiungiamo, carissimi giovani, la nostra fervida invocazione: "O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli angeli. Torre di salvezza, negli assalti dell'inferno. Porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai di conforto nell'ora dell'agonia, a te l'ultimo bacio della vita che si spegne. E l'ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o rifugio dei peccatori, o sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo.
Amen".
Data: 1984-10-07 Data estesa: Domenica 7 Ottobre 1984
GPII 1984 Insegnamenti - Al Rosario nella basilica di San Francesco - Paola (Cosenza)