GPII 1985 Insegnamenti - Alle religiose dell'Ecuador - Quito (Ecuador)
Titolo: Seguire Cristo senza condizioni per servirlo nei poveri
Care religiose dell'Ecuador.
1. Rispondo con affetto e gratitudine alla vostra amabile accoglienza. Mi riempie di gioia trovarmi fra voi in questa storica basilica del Voto nazionale, monumento che ricorda la solenne consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù e di Maria. Vorrei dirvi in poche parole, perché possiate facilmente custodire nel cuore quello che Cristo aspetta da voi. Vi siete donate a lui in risposta al suo "vieni e seguimi", un invito fatto con amore (cfr. Mt 19,21), per seguirlo senza condizioni e per servirlo nei fratelli poveri che lo rappresentano.
Nel vedervi qui riunite, ho in mente la figura indimenticabile di santa Mariana di Gesù. Ella visse un impegno con il Signore così autentico ed esigente, che nella sua vita si armonizzarono in modo ammirevole una vera orazione contemplativa, una grande attività missionaria e caritativa e lo spirito di penitenza. Il tempo non può frenare l'impeto di consacrazione al Signore, nel quale vivono anche oggi tante anime consacrate, singolarmente o in comunità.
Ma questa consacrazione deve essere valutata umilmente, per riconoscere con semplicità fino a dove arrivano le esigenze della chiamata divina. Il vostro impegno infatti di donazione radicale non nasce da esigenze sociologiche, ma da un "seguimi" permanente del Signore, che vi chiama a seguirlo e a servirlo nel contesto attuale della Chiesa e del mondo. "L'immediato punto di riferimento di una tale vocazione è la persona viva di Gesù Cristo" ("Redemptionis Donum", 6).
2. La vostra vocazione ha il pregio di essere segno portatore di gioia e di speranza, di serenità e di fedeltà indiscussa al Vangelo. E la gioia di appartenere esclusivamente a Dio.
La rinuncia ai beni e alle sicurezze terrene, nello spirito del discorso della montagna e con la professione dei consigli evangelici, è una consacrazione che trasforma il vostro servizio in missione di presenza e di trascendenza, al tempo stesso. Di vicinanza camminando con gli altri fratelli come compagni del vostro pellegrinaggio; ma facendo già trasparire, con la testimonianza della vostra vita, quell'"al di là" che si compirà nell'incontro definitivo con Cristo.
La vostra vocazione è di attento e amoroso ascolto della parola di Dio, che in voi si trasforma in risposta generosa, attraverso l'orazione contemplativa e la donazione ai fratelli. Con la vostra vita di lode, adorazione e servizio a Dio, collaborate al suo piano di creazione, redenzione e comunione universale. I vostri orizzonti sono quelli del Cuore di Cristo, che si consacra al Padre per la salvezza di tutta l'umanità (cfr. Jn 17,19).
3. La vostra realtà femminile è creatrice: di qui la vostra innegabile capacità di gioia, di purezza, di sincerità. Questo stesso modo di essere vi dà una capacità speciale di comprendere, riconciliare, perdonare. Vi dà anche potere di riunire e convocare, per attrarre all'ovile del Buon Pastore tutti i chiamati dall'amore e dal desiderio ardente di Cristo redentore (cfr. Jn 10,16 Jn 19,28).
Voi sapete molto bene che la vostra capacità di amore e di donazione ad altri ideali può evitare le distruzioni dell'odio e della violenza, può guarire le ferite dell'egoismo e spezzare le catene di tutte le oppressioni e schiavitù che derivano dal peccato. Ma affinché la vostra vocazione e la vostra condizione di persone consacrate a Dio possano dare i loro frutti rendendovi strumenti di riconciliazione, di unità e di creatrice iniziativa, è necessario che tutto il vostro essere sia centrato in colui che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6).
"La nostra vita è Cristo" diceva santa Teresa di Gesù, facendo sua l'esortazione di san Paolo (cfr. Col 3,3).
Ricordate anche che "abbiamo questo tesoro in vasi di creta" (2Co 4,7); per questo, accanto a un atteggiamento serenamente critico ma chiaro e deciso di fronte a un mondo spesso materialista e fiducioso nelle sue conquiste tecniche, non deve mancare la consapevolezza della propria debolezza e dell'esperienza della misericordia divina nella propria vita. ln questo modo diventerete strumenti di misericordia e di perdono per tutti.
Come non ricordare che proprio una profonda esperienza di misericordia rende possibile essere madri di misericordia sull'esempio di Maria? ln effetti, "Maria è colei che, in modo singolare ed eccezionale - come nessun altro - ha sperimentato la misericordia, e al tempo stesso, sempre in modo eccezionale, ha reso possibile con il sacrificio del cuore, la propria partecipazione alla rivelazione della misericordia divina" (DM 9).
4. La parola del nostro Signore e Maestro, interpretata dal magistero della Chiesa, celebrata nella liturgia eucaristica, contemplata nel cuore e vissuta dai santi, deve sostenere la fedeltà generosa e perseverante nella vostra vocazione, al di sopra della tentazione di personalismi egoistici, di idee e iniziative che sono a margine del Vangelo.
La vostra vita consacrata vi fa entrare nel cuore di Dio, per essere in sintonia con i suoi piani di salvezza universale. Li troverete l'opzione preferenziale, che pero non esclude nessuno, di Cristo per i più poveri e i bisognosi. Contemplazione, vita comunitaria e servizio si convertiranno per voi in equilibrio unificatore del vostro cuore, che vi renderà capaci di arrivare a tutte le necessità del mondo di oggi. Per questo dovete essere missionarie senza limiti né frontiere.
5. La vostra vita consacrata nasce da un'espressione di amore manifestato nel "seguimi" di tutti i giorni. La conoscenza di Cristo attraverso il Vangelo e la forza viva dell'incontro personale e comunitario con lui modelleranno la vostra vita obbediente, povera e casta. Un Cristo obbediente al Padre fino alla morte di croce è pazzia per il mondo (cfr. 2Co 1,23), ma è luce per chi obbedisce con questa creatrice immolazione della volontà, che rende feconda la donazione e abbondante il frutto spirituale e apostolico.
Cristo povero, spoglio di ogni potere e donato per nostro amore è la ragione più sicura della povertà e della libertà che in lui si raggiunge, la povertà di Cristo è la via migliore per una liberazione integrale dell'uomo e della società intera.
Cristo vergine vi comunicherà il suo amore sponsale e vi insegnerà a guardare tutte le persone in se stesse, non per le loro qualità, intuendo in esse il mistero divino nascosto nel più profondo del loro essere; nel vostro sguardo e nel vostro servizio incondizionato scopriranno lo sguardo del Buon Pastore.
Attraverso questa donazione e intimo sposalizio con Cristo, diventerete segno portatore di Dio amore per tutti gli uomini, specialmente per quelli che soffrono, i poveri e le famiglie.
"ll mondo ha necessità dell'autentica "contraddizione" della consacrazione religiosa, come lievito incessante di rinnovamento divino. Il mondo attuale e l'umanità hanno necessità di questa testimonianza di amore" ("Redemptionis Donum", 14). La vostra consacrazione diventa massima capacità di associazione a Cristo e di servizio ecclesiale, sull'esempio di Maria nella sua donazione al piano della salvezza.
6. Care religiose, prima di terminare, voglio manifestarvi la gratitudine della Chiesa per il vostro lavoro apostolico e la vostra volontà di donazione. Nel silenzio del chiostro o nella vita attiva, nell'educazione, nell'assistenza ai malati, ai bisognosi, nella catechesi, nelle missioni o parrocchie, e in tanti altri campi in cui vivete la vostra vocazione di servizio agli uomini, siate certe di dare reale testimonianza dell'amore di Cristo ai fratelli.
Anche voi, care consacrate appartenenti a Istituti secolari, mediante il carisma del vostro inserimento laicale nel mondo per santificarlo, state contribuendo anche a costruire in silenzio e con abnegazione la Chiesa, la civiltà dell'amore. Siate sempre fedeli alle esigenze della vostra vocazione cristiana e apostolica, lasciatevi inondare dallo Spirito, affinché, irradiando la sua vita, infondiate slancio e speranza in coloro che vi circondano.
Voi tutte, care religiose ecuadoriane, ricordate che la vita interiore continua ad essere l'anima di ogni apostolato. Ravvivate dunque il vostro spirito di orazione, di sacrificio e di servizio ecclesiale.
Vi affido alla Vergine Maria, Madre e modello di ogni anima consacrata.
Ella faccia fiorire abbondanti vocazioni alla vita di speciale consacrazione, per maggior gloria di Dio, bene della Chiesa e servizio di amore all'uomo. E il Signore vi mantenga sempre fedeli alla vostra vocazione. Nel suo nome vi benedico di tutto cuore.
Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985
Titolo: Offrite al mondo un modello di civiltà cristiana
Eccellentissimi e illustrissimi signori, signore e signori,
1. Ho l'onore di incontrarmi oggi con voi, distinte personalità che
rappresentate il mondo della cultura ecuadoriana. Saluto innanzitutto i membri delle Accademie nazionali della lingua e della storia, della Casa della cultura ecuadoriana e del Centro di ricerche e cultura del Banco centrale dell'Ecuador, le autorità e i professori delle università cattoliche e statali, e in maniera speciale della Pontificia università cattolica. Il mio deferente saluto si estende a tutte le persone qui presenti, uomini e donne, impegnati nei campi delle lettere, delle scienze, delle arti e delle istituzioni sociali.
Giunga in primo luogo a voi il mio ringraziamento sincero per la vostra presenza, insieme con l'ammirazione e il rispetto per tutto ciò che rappresentate nel campo della cultura ecuadoriana, una cultura che presenta oggi un panorama molto valido, un'intensa attività intellettuale e artistica, riconosciuta in campo internazionale e che esprime la creatività di una nazione che vuole salvaguardare la propria dignità e la propria pace, in armonia e collaborazione fraterna con i Paesi limitrofi e con tutte le altre nazioni.
2. Questo magnifico tempio di La Compania, stupenda cornice al nostro incontro, esprime l'apprezzamento plurisecolare che la Chiesa in Ecuador ha mostrato per i valori artistici e per le sue radici autoctone. Esso si erge come una di quelle esimie realizzazioni nelle quali si è plasmata la cultura. Questa opera, una fra le tante che costituiscono l'orgoglio della vostra nazione, è l'esempio di questa trasfigurazione della materia con cui l'uomo esprime la sua storia, conserva e comunica le sue aspirazioni e le esperienze più profonde, incarna e trasmette un'eredità spirituale alle generazioni a venire. L'eredità spirituale che si è venuta forgiando nella nazione ecuadoriana è il risultato di un fecondo incontro tra la fede cattolica e la religiosità indigena di questo Paese, incontro che ha creato una cultura artistica autoctona portatrice e trasmettitrice di grandi valori umani, nobilitati dal Vangelo.
Sono valori sostanziali che impregnano e aggregano le vostre forme di vita familiare e sociale, privata e pubblica. Una profonda saggezza della vostra gente, una memoria storica di lotte e trionfi, una comune aspirazione patriottica, sono simbolizzati negli stessi grandi temi religiosi che vivono nel popolo come fuochi di attività culturale, e che ispirano l'istruzione, l'arte, le varie forme di artigianato, la festa e il riposo, l'organizzazione delle masse e perfino quella delle comunità.
Esempi eminenti di tali simboli si ammirano in tante opere, nelle quali la Scuola quitena espresse il proprio culto ai grandi temi del cristianesimo. Qui, in questa stessa chiesa, i profeti della Bibbia che vivono nei dipinti, ci parlano della storia della salvezza.
Disseminati in tante parti della patria e anche oltre frontiera ci sono i complessi scultorei sulla nascita e la passione del Signore, i molteplici segni della radicata pietà mariana di questo popolo con la mirabile Vergine di Quito che è al tempo stesso sollecitudine nei confronti dell'umile e segno di giubilo, di speranza e di fraternità per tutti gli ecuadoriani.
Di fronte a queste espressioni artistiche e alla cultura esistenziale che rappresentano, di fronte ai grandi valori umani di questa nazione di impronta cristiana, è giusto ricordare il vostro illustre compatriota che defini la Chiesa come "modellatrice della nazionalità" in Ecuador. L'Itinerario per i parroci degli indios del vescovo di Quito, Alonso de la Pena, la prima Carta fondamentale dell'Ecuador repubblicano, redatta da sacerdoti dell'Assemblea ecclesiastica quitena nel 1812, il vigoroso orientamento sociale e scientifico delle cattedre dei gesuiti dell'Università nazionale e la sua prima Scuola politecnica, sono pietre miliari, fra le altre, di questo compito di modellamento e servizio.
3. Tutto ciò non è soltanto ricordo di un passato. E' sforzo di attualità e sfida per il futuro, che passa attraverso il grave impegno che i figli della Chiesa hanno di continuare ad evangelizzare la cultura, di continuare a incarnare la fede nella cultura, perché, come ho detto in altra occasione, la fede che non si converte in cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non vissuta in fedeltà totale.
Perciò mi è gradito ricordare che nel firmamento della cultura brilla un illustre religioso ecuadoriano, il santo fra Miguel, accademico, educatore e catechista che ho avuto l'onore di canonizzare poc'anzi. A lui si affianca una vostra eroina nazionale, i cui resti si venerano in questa stessa chiesa: santa Mariana de Jesus Paredes, che incarno la sua fede religiosa in questa suprema espressione della cultura che è la fraternità nel servizio, e offri la vita per la salvezza del suo popolo.
Tutti voi, signore e signori, conoscete la mia sollecitudine per il tema della cultura nella Chiesa e della sua irradiazione attraverso il dialogo con la società attuale. Nella mia visita all'Unesco volli gettare le fondamenta di una nuova evangelizzazione del mondo culturale, e con la creazione del Pontificio istituto per la cultura ho voluto gettare le basi di un dialogo permanente tra fede e cultura, tra la Chiesa e la società nei suoi alti rappresentanti che sono, come voi, gli interlocutori in una missione comune, di importanza decisiva per l'umanità.
4. Per la Chiesa, la cultura ha come punto di riferimento l'uomo, così come è stato voluto e creato da Dio, con i suoi valori umani e le sue aspirazioni spirituali, con i suoi bisogni e realtà storiche, con le sue connotazioni ambientali, con le sue molteplici ricchezze tradizionali. Sappiamo che questo complesso di valori non è esente da ambiguità ed errori, che può essere manipolato per fini che alla lunga attentano alla dignità dell'uomo.
Per questo la Chiesa si pone di fronte alla cultura in attento e rispettoso atteggiamento di accoglimento e di dialogo, ma non può rinunciare a questa evangelizzazione della cultura che consiste nell'annunciare la Buona novella del Vangelo, dei valori profondi dell'uomo, della sua dignità, della continua elevazione che la sua condizione di figlio di Dio esige. A tal fine essa pone nell'orizzonte della cultura la parola, la grazia e la persona dell'uomo nuovo, Gesù Cristo, che "svela pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (cfr. GS 22 RH 8 RH 13).
La Chiesa è convinta che il suo dialogo e l'evangelizzazione della cultura costituiscano un importante servizio all'umanità e in modo speciale all'umanità del nostro tempo, minacciata paradossalmente da quelle che potrebbero essere considerate realizzazioni della sua cultura autonoma, e che di frequente si convertono in attentati contro l'uomo, contro la sua dignità, libertà, vocazione spirituale.
Perciò la Chiesa continua a proclamare il mistero di Cristo che rivela la verità profonda dell'uomo; essa ha la ferma convinzione che l'incontro del Vangelo con l'uomo, con la società, crea cultura autentica; sa che la cultura che nasce da questo incontro con il Vangelo è umana e umanizzatrice, capace di giungere fino alle profondità del cuore e irradiarsi beneficamente in tutti gli ambiti della società, ai campi del pensiero, dell'arte, della tecnica, di tutto ciò che costituisce autentica cultura, autentico sforzo di promuovere ed esprimere quanto il Creatore ha infuso nel cuore e nell'intelligenza degli uomini, per il bene e l'armonia di tutta la creazione. E' un atteggiamento che la Chiesa vuole riflettere anche nel suo contatto con le culture delle minoranze, degne di ogni rispetto e promozione.
5. In questa ora della vostra patria e con gli occhi rivolti al futuro voglio richiamare alcuni dati che vi sottopongo come messaggio, nella speranza che produca frutti abbondanti.
Innanzitutto mi pare giusto ricordare che l'opera di evangelizzazione della cultura nella vostra nazione presuppone insieme due cose: che la missione evangelizzatrice non può realizzarsi al margine di ciò che è ed è chiamata ad essere la vostra cultura nazionale e che, parallelamente, la cultura ecuadoriana non potrà, senza tradire se stessa, fare a meno di prestare attenzione ai valori religiosi e cristiani che porta nelle sue stesse viscere, anzi dovrà avere uno scambio fruttuoso e fecondo di arricchimento con questi valori.
La Chiesa inoltre vuole essere garanzia e luogo di dialogo, di riconciliazione e di convergenza di tutti gli sforzi culturali che mirino all'elevazione dell'uomo. Lasciatemi dire che è giunto il momento di far scomparire le incomprensioni e le diffidenze che sono potute sorgere in questa nazione fra la Chiesa e i rappresentanti della cultura. Costruiamo insieme il cammino della verità, che, in quanto unica, farà confluire verso di sé i propositi benintenzionati di tutti; costruiamo insieme la civiltà della dignità dell'uomo, del culto incorruttibile della moralità, del rispetto alla coscienza sincera; in una parola, la civiltà dell'amore, assumendo responsabilmente i compiti di fedeltà alla propria condizione e al proprio futuro.
Il nostro incontro è già un segno e un impegno di collaborazione fra la Chiesa e le istituzioni culturali dell'Ecuador, per servire l'uomo di questa nazione, specialmente il più bisognoso, il quale maggiormente ripone la sua speranza di progresso e libertà nella missione della Chiesa e nella rettitudine dell'intelligenza degli uomini influenti della sua patria.
In questo compito devono trovare posto i cristiani e le istituzioni ecclesiali di cultura, facendosi promotori di un affratellamento fra le esigenze della fede e i requisiti della cultura. In un clima di libertà e di rispetto, partecipando onestamente alla vita democratica della nazione in un fecondo dialogo con tutti gli intellettuali, senza privilegi né discriminazioni, senza rinunciare a proporre e chiedere rispetto per i propri valori.
6. Questo vasto progetto assume carattere di urgenza e di solidarietà dinnanzi alle nuove sfide della convivenza sociale, dell'impatto del materialismo, della crescente minaccia della violenza.
Fino a questo momento si è potuta preservare, in questo estremo lembo occidentale dell'America del Sud, la sintesi dinamica di convivenza sociale originata dall'incontro di diverse razze, visioni cosmiche e culture, sotto un segno di carattere cristiano.
Di fronte alle nuove istanze della società attuale che reclama a buon diritto mete di maggiore dignità per le persone, s'impone un grande sforzo a favore della giustizia, del mutamento di strutture ingiuste e della liberazione dell'uomo da tutte le schiavitù che lo minacciano. Senza tralasciare, di fronte al compito che ci incombe, il fatto che forze sociali che militano sotto il segno di materialismi - teorici o pratici - quali che siano, vogliono strumentalizzare, al servizio delle proprie finalità, analisi orientate della realtà sociale; nel contempo elaborano strutture politiche ed economiche in cui l'uomo, spossessato del suo essere intimo e trascendente, viene convertito in una ennesima pedina del meccanismo che lo priva della sua libertà e dignità interiori, della sua creatività di essere libero di fronte a una cultura senza frontiere.
Nell'approssimarsi del quinto centenario dell'epopea evangelizzatrice, si intravede la possibilità che l'America Latina offra al mondo un modello di civiltà che sia cristiana per le sue opere e il suo stile di vita più che per i suoi titoli meramente tradizionali.
La Chiesa lancia un pressante appello a tutti i cristiani dell'Ecuador impegnati in una missione intellettuale dai vasti riflessi culturali, sociali e politici, perché assumano con fede e valentia quella parte di collaborazione e insieme di rischio che spetta loro in questa comune impresa.
Possano questi uomini e queste donne contribuire efficacemente al rafforzamento della nazionalità, fin dalle sue radici di moralità evangelica vivida ed alimentata dalla dottrina della Chiesa. Possa il sapiente umanesimo di questo popolo estendere la sua efficacia ai nuovi campi conflittuali nei quali già oggi si sta discutendo il suo domani. Voglia Iddio che la sintesi tra fede e cultura conduca a una nuova era di pace, di progresso, di elevazione dei più poveri, di feconda convivenza dentro e fuori le frontiere di questo amato Paese.
7. Quantunque solo sommariamente, non posso tralasciare di menzionare alcuni compiti di responsabilità culturale che competono in concreto a voi e alle istituzioni che rappresentate.
La moralità nella vita privata e pubblica è la prima e fondamentale dimensione della cultura, come ho avuto occasione di affermare all'Unesco. Se si sgretolano i valori morali nell'adempimento del dovere, nelle relazioni di mutua fiducia, nella vita economica, nei servizi pubblici a favore delle persone e delle società, come potremo parlare di cultura e di cultura al servizio dell'uomo? L'ordinamento armonioso delle condizioni sociali è uno dei massimi imperativi del nostro tempo. Per questo, nel suo più nobile significato, la cultura è inseparabile dalla politica, intesa come arte del bene comune, da una giusta partecipazione alle risorse economiche, da una ordinata collaborazione nella libertà. La cultura deve sostenere questo nobile compito politico senza permettere ad alcuno di appropriarsi indebitamente della cultura e di strumentalizzarla per le proprie mire di potere.
E' necessario inoltre che il vostro popolo, illuminato dai grandi principi della dottrina sociale della Chiesa, identifichi il cammino della pace e della giustizia sociale nell'amore e nel mutuo rispetto. Non si tratta soltanto di optare fra le alternative dei sistemi che si disputano l'egemonia del potere. A partire dall'originalità cristiana e dalla saggezza del vostro popolo bisogna trovare questa strada percorribile che conduca all'elevazione e alla pace sociale fra tutti i figli della vostra patria.
E' urgente questo sforzo culturale, che, dalle stesse viscere di questo popolo, edifichi una convivenza che non ha bisogno di appoggiarsi a fallaci ideologie contrapposte. Per questo gli intellettuali sono chiamati ad offrire una seria analisi della società che restituisca tutta la loro autonoma importanza ai fattori specificatamente culturali, ben al di là dei meri indicatori economici in cui resta prigioniera la visione materialistica della società.
8. Infine, nel contesto globale della cultura, l'educazione entra in pieno nella formazione degli spiriti. In questo campo occupa un posto privilegiato l'università.
La vostra patria, che ha una tradizione universitaria seria e accreditata, deve favorire i centri universitari, i politecnici e le altre istituzioni dell'insegnamento, come sede imprescindibile della cultura evitando, con una politica culturale adeguata, che si trasformino in luoghi di lotta e di frustrazione per i più giovani. AI contrario, essi devono essere santuari della verità, della rettitudine, del senso di solidarietà, fabbriche di laboriosità intellettuale, comunità vive dove si sperimentino e si vivano le forme pacifiche di una maggiore partecipazione e collaborazione, palestra dei beni dello spirito.
La Chiesa deve essere presente in questi settori, non solo con un'adeguata pastorale universitaria ma anche con la presenza di docenti che, dalla loro vocazione cristiana nel laicato, con la loro scienza e testimonianza offrano la sintesi di una elevata qualificazione intellettuale e di una profonda convinzione cristiana, generatrice di educazione e di cultura.
Queste università, per la loro natura, identità e dipendenza dalla Chiesa, sono chiamate in modo speciale a svolgere il programma di evangelizzazione della cultura cui accennavo poc'anzi.
Non posso infine dimenticare la Pontificia università cattolica dell'Ecuador, con le sue diverse sedi. E' per me motivo di gioia e deve essere impegno di fedeltà questo titolo di Pontificia. Possa lo sforzo di tutti mantenere alto questo nome, tanto per la serietà e autenticità della sua opera culturale, quanto per la piena partecipazione coloro che in essa collaborano: sacerdoti, religiosi e laici; così, fedele alla sua struttura originale, essa potrà favorire il fecondo dialogo con le altre istituzioni culturali del Paese.
9. Signore e signori, ho potuto appena delineare alcuni tratti della vostra elevata missione di uomini di cultura, alla quale mi sento molto rispettosamente vicino. Nel rinnovare la mia profonda stima per la vostra funzione concludo incoraggiandovi a contribuire solidalmente, con uno sforzo culturale integrale e integratore di tutte le risorse, alla promozione dell'uomo ecuadoriano: uomo spesso sofferente e oppresso, uomo profondamente religioso e lavoratore, che non vuole cadere sotto la dittatura dei materialismi, uomo con un immenso patrimonio culturale che sta lottando per preservare, per elevare così la sua propria dignità, uomo che è per tutti la figura-chiave dell'universo, e che per il cristiano è un essere d'immensa dignità perché reca in sé un soffio di vita di colui che si rivelo nella storia attraverso il Figlio dell'uomo, via, verità e vita.
Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985
Titolo: Rifiutare sistemi di violenza contrari alla fede cattolica
Cari lavoratori.
1. Sa questi luoghi storici nei quali, quattro secoli e mezzo fa, il padre Ricke e i suoi compagni gettarono il primo seme di grano nella terra feconda dell'Ecuador, e con esso il seme del Vangelo, rivolgo il mio affettuoso saluto a voi, lavoratori e lavoratrici, contadini, alle vostre famiglie e a tutti gli uomini e le donne che operano nel Paese.
L'ammirevole insieme architettonico, chiamato Escorial de los Andes serve da cornice al nostro incontro: è il frutto dello sforzo e del sudore di tanti lavoratori che innalzarono qui il tempio, il convento e la piazza di san Francesco. Essi, con il silenzioso linguaggio della pietra, continuano un inno alla fede, all'arte e particolarmente al lavoro dell'uomo ecuadoriano. Essi sono stati anche la cornice della scuola di arte di Quito, che tanta bellezza ha prodotto e che ha elevato la condizione sociale di tante persone.
La vostra presenza, fratelli lavoratori, richiama alla mia memoria gli anni della mia gioventù, la mia esperienza indimenticabile di lavoratore, che come voi ha vissuto le gioie e le tristezze, i guadagni e le frustrazioni che accompagnano la vostra dura vita di lavoro. Questo ricordo permanente, accanto agli obblighi del mio ministero pastorale, mi ha spinto a dedicare in tante occasioni una speciale attenzione ai problemi del lavoro. Ad essi ho consacrato anche la mia enciclica "Laborem Exercens". Spero che tutti i lavoratori e i fedeli di questo amato Paese, tra i quali questo documento ha trovato una calorosa accoglienza, come in altri Paesi dell'America Latina, trovino nelle sue pagine luce, per una conoscenza più ampia e profonda del pensiero attuale della Chiesa sul lavoro e i lavoratori.
2. La problematica della frequente ingiustizia e dello sfruttamento del lavoro ha preoccupato da molto tempo la Chiesa. Essa, per cercare di dare una risposta a questi problemi, ha emanato una serie di documenti che compongono la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa. Questa dottrina, che i papi hanno il diritto e il dovere di proclamare a tutte le genti di buona volontà - come parte importante del messaggio di salvezza - ha principi validi ovunque, che pero devono adattarsi alle diverse circostanze di ogni popolo.
Se guardiamo in concreto la vostra situazione, non possiamo ignorare il momento per nulla facile in cui si trova la vostra patria in campo economico-sociale. Come altri Paesi dell'America Latina e del resto del mondo, il vostro Paese - accanto a squilibri strutturali precedenti - subisce in questi momenti il peso enorme di un debito con l'estero che minaccia il suo sviluppo e le conseguenze di un processo di inflazione che porta con sé l'aumento dei prezzi e la diminuzione del potere d'acquisto della moneta. A ciò si aggiunge il grave problema della disoccupazione, del sottoimpiego e della mancanza di posti di lavoro. Sappiamo che tutti questi problemi derivano da cause molto complesse, e che non si può trovare una soluzione efficace senza risolvere al tempo stesso questioni che dipendono dall'ordine economico internazionale. Pero mi rattrista soprattutto che siano specialmente i più poveri, chi ha meno risorse, a dover subire con maggior gravità le conseguenze negative di questa crisi economica.
Di fronte à tutto questo è vero che la Chiesa non ha la competenza né i mezzi per offrire soluzioni tecniche a tali problemi. Tuttavia, come parte integrante della sua missione può e deve proclamare sempre i principi e i valori morali, umani e cristiani della vita sociale. Questi possono aiutare efficacemente a illuminare le coscienze, cambiare i cuori, promuovere la volontà di tutti i cittadini, specialmente di quanti hanno la possibilità e la responsabilità di disporre di mezzi per creare un ordine sociale più giusto, capace anche di superare le difficoltà che si presentino nelle situazioni avverse più disparate.
Come dissi a Puebla (28 gennaio 1979): "Urge sensibilizzare i fedeli circa la dottrina sociale della Chiesa. Bisogna mettere una cura particolare nella formazione di una coscienza sociale a tutti i livelli e in tutti i settori. Quando le ingiustizie si acuiscono e cresce dolorosamente la distanza fra poveri e ricchi, la dottrina sociale, in forma creativa e aperta agli ampi settori della presenza della Chiesa, deve essere preciso strumento di formazione e di azione".
Ancora una volta, in nome del Vangelo, dobbiamo chiamare tutti i cittadini a uno sforzo senza sosta, per arrivare a una società più giusta, dove la vita di tutti sia più umana, più degna dell'uomo. Dobbiamo darci da fare per ottenere che scompaia gradualmente l'abisso intollerabile che divide quelli che possiedono eccessive ricchezze, poco numerosi, dalle grandi moltitudini di poveri e di coloro che vivono persino nella miseria. Bisogna fare tutto il possibile, fino quasi all'impossibile, perché, prima di tutto, questo abisso non aumenti, ma vada diminuendo, in favore di una maggiore eguaglianza sociale, in modo che l'attuale distribuzione, tante volte ingiusta, dei beni prodotti dal lavoro di tutti, ceda il posto a una più giusta distribuzione fra i vari settori della società.
Da questo impegno, costante e instancabile, per una maggiore giustizia, frutto della collaborazione e della solidarietà fra tutti i membri della società, dipendono inoltre il presente e il futuro delle nuove generazioni (cfr. Visita alla "Favela Vidigal", 2 luglio 1980).
3. Cari uomini e donne del lavoro: voglio adesso ricordarvi alcuni punti che la dottrina sociale della Chiesa considera basilari nella sua concezione del lavoro, e che vi possano guidare in questa lotta per un ordine sociale più giusto.
La parola di Dio, dalle pagine del Genesi fino ai brani del Nuovo Testamento che propongono l'esempio di Cristo lavoratore, ci offre molteplici testimonianze della dignità e del profondo significato del lavoro umano. ln effetti, l'uomo creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all'opera della creazione e del suo perfezionamento, compiendo il comando del Signore di sottomettere e dominare la terra. Il lavoro è, inoltre, "un bene dell'uomo, un bene dell'umanità, poiché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura, adattandola alle proprie necessità, ma realizza se stesso come uomo; di più, in un certo senso, diventa più uomo" (LE 9 LE 23).
Questo fatto conferisce al lavoro e a chi lo esercita una dignità che lo realizza come persona e lo rende solidale con gli altri. Voi lavoratori sapete ciò che significa lavorare per sopperire alle vostre necessità e a quelle delle vostre famiglie; poiché il lavoro "è il fondamento sul quale si forma la vita della famiglia" la quale è "la prima scuola di lavoro per ogni uomo" (LE 10). Il vostro lavoro è anche un servizio agli altri, alla città o al popolo in cui vivete, alla nazione intera; poiché "la patria è una grande incarnazione storica e sociale del lavoro di tutte le generazioni". Lavorate dunque convinti della vostra dignità, con ansia di miglioramento personale e familiare, in spirito di servizio e solidarietà, con senso del dovere, serietà e impegno.
La società, da parte sua, dovrà riconoscere in voi, nel vostro lavoro, uno dei fondamenti della sua prosperità e del suo futuro. perciò, ogni ordine sociale che voglia servire l'uomo dovrà porre come fondamento della sua legislazione, delle sue istituzioni e della sua vita produttiva, questo apprezzamento del lavoro dei suoi cittadini; evitando sempre di trasformarlo in una semplice mercanzia, in oggetto di compravendita sul mercato, come succede tante volte nella società dei nostri giorni, sotto l'influsso delle diverse ideologie.
Per questo, le condizioni indispensabili della dignità personale che debbono accompagnare qualsiasi tipo di lavoro, per umile che sia, la sua giusta retribuzione mediante un salario adeguato a soddisfare le necessità oneste della famiglia, così come l'affermazione dei diritti che il felice sviluppo della coscienza sociale è andato concedendo ai lavoratori come la previdenza sociale, le pensioni, eccetera, sono esigenze morali che obbligano in coscienza. Anche gravemente, persino nei casi in cui la legislazione vigente non ha ancora potuto esprimere questi diritti in testi giuridici efficaci.
4. Adesso desidero rivolgere alcune parole in particolare ai lavoratori dei campi, che costituiscono una parte importante del mondo del lavoro ecuadoriano. Nella storia del Paese non sono mancati momenti, come quello chiamato "petrolerismo", in cui molti hanno abbandonato i lavori agricoli per cercare altri mezzi di sussistenza nell'area dell'industria e dei servizi. E' innegabile tuttavia che il lavoro del campo continua ad avere un posto di primo piano nella vita dell'Ecuador. Senza dubbio, "il mondo agricolo, che offre alla società i beni necessari per il suo sostentamento giornaliero, riveste un'importanza fondamentale" (LE 21) che non sempre è effettivamente riconosciuta.
So che con frequenza le condizioni di vita del contadino ecuadoriano, come in altri paesi dell'America Latina, presentano non lievi difficoltà: giornate di lavoro estenuanti, mancanza della necessaria tecnologia, salari insufficienti, carenza della formazione professionale dell'agricoltore, deficiente tutela dei suoi diritti di lavoro e di associazione, mancanza di protezione in caso di vecchiaia, malattia o disoccupazione, e, in generale, un livello di vita inferiore a quello di altri settori della società.
Urge pertanto introdurre, con la collaborazione di tutti, i cambiamenti necessari, per dare all'agricoltura e agli uomini dei campi il loro giusto valore, nell'insieme della società ecuadoriana. Si levi dunque da qui la mia voce a incoraggiamento di tutte quelle iniziative volte a completare in tutte le sue dimensioni la riforma agraria; dotando i contadini di quei mezzi tecnici, finanziari, legali, culturali, che permettano loro di incrementare il rendimento del loro lavoro, ed elevare la qualità di vita per loro e le loro famiglie. E voi, cari contadini, siate solidali e collaborate ad iniziative che voi stessi potete promuovere.
5. Dalla "Rerum Novarum" di Leone XIII la dottrina sociale della Chiesa ha insistito sull'importanza della "solidarietà dei lavoratori" e della "solidarietà con i lavoratori" in difesa dei loro diritti, e nella lunga lotta contro le ingiustizie alle quali sono stati sottoposti, dall'inizio dell'era industriale.
Ancora oggi continua ad essere indispensabile questa solidarietà, che deve trovare espressione adeguata nelle varie organizzazioni sindacali e professionali, quando rappresentano veramente i legittimi interessi e le aspirazioni dei lavoratori, e non forze politiche magari separate da essi.
Desidero, per questo, manifestare il mio incoraggiamento e la mia fiducia alle organizzazioni del lavoro, che, mantenendosi fedeli ai principi del Vangelo e alla dottrina sociale della Chiesa, cercano per i loro aderenti la promozione integrale della persona umana, il rispetto e la difesa dei loro inalienabili diritti, la giustizia nelle relazioni di lavoro, la solidarietà reciproca e la partecipazione attiva, dal campo o dalla città, alla vita nazionale.
6. Esprimo, da ultimo, il mio più grande anelito che la Chiesa cattolica in Ecuador, con a capo i suoi pastori, dedichi rinnovati sforzi all'urgente lavoro di evangelizzazione del mondo del lavoro. Senza perdere di vista le realizzazioni del passato che diedero origine alle organizzazioni del lavoro ispirate ai principi cristiani ricchi di umanità e basati sulla dignità della persona del lavoratore chiedo ai miei fratelli vescovi, ai sacerdoti, agli operatori della pastorale, ai leader del lavoro e ai lavoratori, che facciano causa comune, ispirandosi ai principi, resi attuali, della dottrina sociale della Chiesa, affinché il mondo del lavoro riesca a trovare vie di giustizia, di libertà, di fraternità, di corresponsabilità nel destino comune, mantenendosi fedeli all'amore di Cristo, che insegna la vera pace, la liberazione morale e materiale del lavoratore e di tutti gli uomini.
Cari lavoratori dell'Ecuador: siate ben coscienti della vostra dignità di uomini e di cristiani. La vostra fede cristiana e le realtà che vi insegna sono una grande ricchezza. Che nessuno sia capace di togliervela. Sforzatevi con tutti i mezzi di migliorare la vostra situazione umana, come vuole la Chiesa. Pero che nessuno vi faccia dimenticare la vostra ricchezza interiore, il vostro spirito, che è capace di elevarsi fino a Dio, e ha un destino eterno. Non accettare mai sistemi di violenza che contraddicono la vostra fede cattolica. E non separatevi dalla vostra Chiesa, ma create con la sua guida iniziative di promozione e dignità crescenti, che diano maggiore benessere al corpo e salvezza allo spirito. così sia, con la mia benedizione per voi e le vostre famiglie.
Data: 1985-01-30 Data estesa: Mercoledi 30 Gennaio 1985
GPII 1985 Insegnamenti - Alle religiose dell'Ecuador - Quito (Ecuador)