GPII 1985 Insegnamenti - Ai Passionisti - santuario San Gabriele (Teramo)
Titolo: Abbandonarsi alla volontà di Dio con umiltà e in obbedienza
Carissimi religiosi Passionisti!
1. Durante questa mia visita al tempio, in cui si venera il vostro santo confratello Gabriele dell'Addolorata, a cui accorrono ogni anno folle immense di pellegrini devoti, sono lieto di rivolgere a voi una mia parola, salutando il superiore generale e i suoi collaboratori, i padri responsabili di questo santuario, e tutti voi, sacerdoti e fratelli. Il mio saluto beneaugurante si estende a tutti i Passionisti sparsi nel mondo, nonché alle religiose Passioniste.
2. In questo luogo di fede e di preghiera dove, attorno alle spoglie mortali di san Gabriele dell'Addolorata, maggiormente rifulge la vostra tipica spiritualità e la vostra missione nella Chiesa, desidero ricordarvi due realtà che vi contraddistinguono e che devono esservi di stimolo per perseverare e per sempre più avanzare nel cammino della perfezione.
a) Siete i figli spirituali di san Paolo della Croce, che fu un grande mistico del secolo XVIII. Voi conoscete la sua vita, i suoi esempi, i suoi insegnamenti; voi soprattutto siete convinti che veramente egli ricevette da Dio una missione nella Chiesa e nella società, necessaria per i suoi tempi e valida per sempre. Egli fu un genio religioso, che, illuminato dall'Altissimo e sperimentato attraverso lunghe sofferenze interiori, annunzio e testimonio il valore salvifico della passione di Cristo, a cui è unita la passione della singola persona e dell'intera umanità. Egli predico apertamente e dimostro che la storia umana come ogni singola esistenza è un mistero di amore e di dolore, il cui autentico paradigma sta nel Cristo crocifisso sul Calvario. "La vita è tempo di battaglia" diceva e voleva i suoi figli "querce e non canne". Siate perciò scrupolosi imitatori dei suoi esempi per quanto è possibile; soprattutto accogliete fervidamente i suoi insegnamenti, realizzate la sua spiritualità, senza lasciarvi turbare da nuove opinioni e interpretazioni, che vanno contro l'insegnamento tradizionale della Chiesa e l'esempio concreto dei nostri grandi santi. "La nostra congregazione - scriveva - è tutta fondata "in oratione et jejunio" e in vera solitudine, secondo i sacrosanti consigli del nostro divin Salvatore... Se si getta a terra questo, è totalmente rovinato l'edifizio" ("Lettera al can. F. Pagliari", 13 febbraio 1858). Egli scriveva ancora: "Nella passione di Gesù c'è tutto; essa è il mezzo più efficace per farci santi!".
Ebbene, carissimi fratelli Passionisti, sia questo anche il vostro programma, particolarmente nella predicazione delle missioni e degli esercizi spirituali e nell'assiduo ministero del sacramento della Penitenza.
b) Siete confratelli di san Gabriele dell'Addolorata! Attorno alla figura di questo giovane santo, gloria del vostro Ordine, si constata come davvero chi agisce nella storia degli uomini e della stessa Chiesa è Dio, con la sua grazia divina e con i suoi doni imprevedibili e misteriosi.
Chi avrebbe mai potuto immaginare che Francesco Possenti, entrato a diciotto anni, nel 1856, tra i Passionisti assumendo il nome di "Gabriele dell'Addolorata", e morto pochi anni dopo, avendo ricevuto appena gli ordini minori, avrebbe avuto l'onore addirittura di due templi a Isola del Gran Sasso, a motivo delle moltitudini che qui vengono per pregare, per cambiare vita e ritornare in grazia, per invocare il suo aiuto e la sua intercessione? Si legge nella biografia che egli era un giovane moderno, sensibile, innamorato della vita autonoma e mondana, sportivo, con un temperamento portato piuttosto ai rapporti di società... Inoltre, fino al 1882, in occasione della riesumazione della salma, la sua memoria rimase nascosta. E invece il Signore l'aveva chiamato con segni sicuri, l'aveva formato alla santità con l'alta e infallibile scuola della sua passione, dietro le orme di san Paolo della Croce, e voleva proporlo come esempio e maestro dei giovani, di coloro che si preparano al sacerdozio, delle famiglie cristiane, di coloro che tendono seriamente alla perfezione. Come non ricordare che egli fu fratello spirituale di santa Gemma Galgani? Giovanni XXIII, di venerata memoria, nel primo centenario della morte ricordo la grandezza e la missione di san Gabriele dell'Addolorata con la lettera apostolica "Sanctitatis Altrix", che è una mirabile sintesi sua vita spirituale, tuttora valida per voi, suoi confratelli, e per ogni cristiano (cfr. 27 febbraio 1962).
L'esempio del caro giovane Passionista, che raggiunse in breve tempo la santità ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa - fu canonizzato da Benedetto XV il 13 maggio 1920 - insegna che è necessario abbandonarsi con estrema umiltà e spirito di obbedienza alla "grazia" di Dio: egli vuole il nostro amore! 3. Carissimi! Nel suo "Testamento spirituale", san Paolo della Croce, prima di concludere i suoi pensieri e le sue direttive, rivolge una preghiera a Maria santissima: "E voi, o Vergine immacolata, Regina dei martiri, ancor voi per quei dolori che provaste nella passione e morte del vostro amabilissimo figlio, date ancor voi a tutti la vostra materna benedizione, mentre io tutti li ripongo e li lascio sotto il manto della vostra protezione!".
Le sue parole e il suo esempio, come quello dei vostri santi, vi possano continuamente stimolare a porre ogni vostra fiducia in Maria santissima, invocando il suo materno aiuto, confidando nella sua amorevole presenza! In pegno della mia costante benevolenza, vi imparto di gran cuore la benedizione apostolica, che estendo all'intera congregazione.
Data: 1985-06-30 Data estesa: Domenica 30 Giugno 1985
Titolo: Promuovere in Cristo la dignità e i diritti della persona
Signor ministro, signor sindaco, cari cittadini di Teramo e di Atri.
1. Nell'esprimere la mia particolare emozione per la visita odierna a questa antica città di Teramo, saluto in primo luogo lei, signor ministro, e lei, signor sindaco, per le deferenti parole di benvenuto testé rivoltemi a nome anche dell'intera cittadinanza. Saluto cordialmente le autorità qui presenti, e ringrazio quanti hanno prestato la loro attività collaborazione nella preparazione di questa visita. Saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle. Vi sono grato per la festosa e calorosa accoglienza e per l'affetto che in modo così evidente mi manifestate, anche a nome di tutte le popolazioni abruzzesi, oggi qui significativamente rappresentate.
Questa mia visita vuol essere anzitutto viva espressione della mia vicinanza a voi, cari teramani, e ai vostri problemi sociali ed esistenziali; vuole essere un segno di incoraggiamento e di conforto a ben continuare nell'impegno che questa regione sta portando avanti per migliorare la qualità della vita e per superare definitivamente le conseguenze di certi ritardi nello sviluppo economico e sociale che ancora si fanno sentire tra gli strati più umili della popolazione abruzzese.
2. Ma questa mia visita vuol essere anche una manifestazione di gioia, resa grande dal fatto che chi ci ha convocati è Cristo presente in mezzo a noi e presente soprattutto nell'Eucaristia. Attorno a lui vi esorto a stringervi con grande amore, per rinsaldare la vita di fede e per compiere nel suo nome mature opere che "siano espressione originaria e creativa della fecondità dell'amore cristiano" (Allocuzione a Loreto, 11 aprile 1985).
La maturità cristiana viene raggiunta quando la legge nuova e fondamentale della carità, quale il santissimo sacramento significa e produce, diventa norma quotidiana del pensare e dell'agire, in modo che nel mondo e nella storia operi salvificamente la morte e la risurrezione di Cristo. così facendo continuerete a vivere la vostra religiosità autenticamente cattolica e schiettamente popolare, che affonda le sue radici nella predicazione della buona novella fin dai tempi apostolici. In pari tempo, sarete profondamente uniti alla vita e al lavoro dei fratelli, offrendo loro una genuina e piena testimonianza della carità di Gesù.
Il compito del cristiano nel mondo non è riducibile alla sola collaborazione per il progresso e il benessere materiale. Consiste nel promuovere la dignità, i diritti, l'unione degli uomini, sulla base delle verità religiose e morali, che Cristo ha insegnato con le opere e parole. In tal modo gli uomini vengono aiutati a "raggiungere la salvezza attraverso la carità verso Dio e verso il prossimo; comincia allora a risplendere il mistero del Cristo, in cui appare l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio, e in cui si rivela la carità di Dio" (AGD 12).
3. Tale amore ha caratteristiche stupende. La prima è l'agape, che accetta la morte sulla croce per i fratelli e rivela, in modo profondo e vertiginoso, il volto del Padre: "Quando ancora eravamo privi di forza, Cristo, nel tempo stabilito, è morto per gli empi. E' raro il caso che uno voglia morire per un giusto; tuttavia qualcuno forse accetterebbe di morire per un uomo dabbene. Ma Dio dà prova del suo amore verso di noi, proprio in questo, che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,6-8).
La seconda è che questo amore è per tutti. I Vangeli delineano molte volte l'orizzonte universale dell'amore di Dio, rivelato da Cristo particolarmente agli ultimi, ai poveri, come, per esempio, nelle parabole del buon samaritano, della pecorella smarrita, degli operai dell'undicesima ora.
4. Tornando, al termine di questa giornata, alle vostre case e alle vostre occupazioni quotidiane, siate testimoni di questo incontro. Conservatelo nel cuore come una grazia, la quale vi aiuti a mantenervi nella fede e negli impegni di vita cristiana, che avete attinto dalla ricchezza del Congresso eucaristico diocesano, di cui oggi celebriamo la solenne conclusione.
La beata Vergine Maria, alla quale sono dedicati molti santuari di questa devota terra e, in particolare, la chiesa cattedrale di Teramo, vi aiuti nel desiderio di incontrare Dio nella vita e nell'eternità, vi protegga e vi conforti. Mantenete viva la devozione alla Madonna. A lei ricorrete con fiducia, perché doni ai vostri cuori la forza della verità, la dolcezza della carità, la serenità della speranza.
La mia benedizione sia pegno degli auspicati doni della concordia, della prosperità e della pace.
Data: 1985-06-30 Data estesa: Domenica 30 Giugno 1985
Titolo: L'Eucaristia fonte di unità della Chiesa nei vari carismi
Cari sacerdoti, cari religiosi e religiose, cari fratelli e sorelle del laicato cattolico.
1. E' per me una viva gioia potermi incontrare con voi in questa chiesa cattedrale nella giornata conclusiva del Congresso eucaristico diocesano. Qui, vicino a Gesù eucaristico, segno e alimento della nostra fraterna unione in lui, vi saluto tutti con profonda effusione d'affetto e vi ringrazio per la vostra presenza.
Le parole che desidero proporvi non possono che essere dedicate al mistero della santissima Eucaristia, in quanto sorgente di unità della Chiesa nella varietà dei carismi. Vedo infatti rappresentati in quest'assemblea i carismi del sacerdozio, della vita religiosa e del laicato: tutti questi doni provengono dal dono per eccellenza, che Cristo ha fatto alla sua Chiesa, cioè il suo corpo e il suo sangue, sorgenti perenni di vita e di ogni spirituale perfezione.
Nel mistero eucaristico, Cristo ci è realmente vicino e presente, abita fra noi, si radica nella nostra storia con la virtù redentrice della sua beata passione e con la potenza vivificante della sua gloria divina. E noi ci inginocchiamo in adorazione davanti al pane e al vino consacrati, perché al di là delle specie sensibili, gli occhi della fede e l'affetto della carità vedono la presenza reale dell'"Emmanuele", il "Dio-con-noi".
2. Come già dicevo nella mia lettera "La cena del Signore" (n. 2) del 1980, "il nostro culto eucaristico, sia nella celebrazione della messa, sia verso il santissimo sacramento... unisce il sacerdozio ministeriale o gerarchico al sacerdozio comune dei fedeli" in un unico atto di adorazione che è comune a tutto il popolo di Dio davanti alle incommensurabili ricchezze della misericordia divina contenute in Gesù-ostia, che si offre al Padre per la nostra salvezza.
Al di là dei compiti propri di ciascuno dei credenti, tutti, come un corpo solo - il corpo mistico di Cristo - accedendo alla mensa eucaristica, possiamo e dobbiamo ripetere con san Paolo: "Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice, noi annunziamo la morte del Signore, finché egli venga" (cfr. 1Co 11,26). La carne e il sangue del Signore, entrando nel cuore degli uomini, purificano nell'intimo le realtà di questo mondo innovandole con la potenza dello Spirito, e ricapitolano tutto il corso della storia umana conducendolo alla sua pienezza escatologica.
L'unità ecclesiale, alla quale dà origine la celebrazione del mistero eucaristico, non è peraltro un'unità indifferenziata, ma al contrario è il risultato di una meravigliosa coordinazione di diversi carismi e ministeri, tutti reciprocamente collegati tra loro, quali effetti della sapienza ordinatrice dello Spirito Santo. Ecco allora i gradi del sacerdozio ministeriale, eminentemente ordinato alla celebrazione della santissima Eucaristia; ma, subordinatamente a tale ministero, vi sono tutti gli altri nella comunità ecclesiale, ciascuno con una propria caratteristica funzione.
3. Anzitutto a voi, pertanto, cari sacerdoti, una parola di riflessione e di esortazione. Compito del sacerdote, nella Chiesa, è di svolgere in pienezza la celebrazione del culto eucaristico proprio perché - come dicevo nella mia lettera - l'Eucaristia "è la principale e centrale ragion d'essere del sacramento del sacerdozio". Senza il sacerdote, l'Eucaristia non potrebbe esistere; ma anche il sacerdote senza l'Eucaristia non potrebbe esistere o comunque frustrerebbe alla radice il dono specifico che Dio gli ha dato. Il sacerdote pertanto non potrà mai realizzarsi pienamente, se l'Eucaristia non diventerà il centro e la radice della sua vita, così che tutta la sua attività sia essenzialmente irradiazione dell'Eucaristia.
E' la carità eucaristica che quotidianamente rinnova e feconda la paternità spirituale del sacerdote, assimilandolo sempre più a Cristo-vittima e rendendolo quindi, come lui, "pane" delle anime, mentre per esse volontariamente si consuma in un amore che comunica loro la grazia della salvezza. E in questo espropriarsi di sé il sacerdote trova la sua vera grandezza e l'attrattiva che egli sa esercitare sulle anime, incitandole a imitare l'offerta che l'Agnello di Dio fa di se stesso al Padre per la redenzione del mondo.
Si può dire allora che un sacerdote vale quanto vale la sua vita eucaristica; la sua messa soprattutto. Messa senza amore, sacerdote sterile; messa fervorosa, sacerdote conquistatore di anime. Devozione eucaristica trascurata e disamata, sacerdozio sbiadito, anzi in pericolo.
4. Se è molto stretto il rapporto della santissima Eucaristia col sacerdozio, assai importante è poi quello che ha con la vita religiosa, maschile e femminile.
L'angolatura, infatti, sotto la quale il religioso e la religiosa si accostano al mistero eucaristico è principalmente quella della carità: carità adorante, oblativa, fervorosa. I voti religiosi, infatti, non sono altro che mezzi speciali per il raggiungimento di una più perfetta carità; ed è chiaro, allora, come la consacrazione religiosa sia particolarmente adatta a cogliere il meraviglioso irraggiamento di carità che sgorga dal cuore di Gesù sacramentato.
Carità adorante. I religiosi e le religiose, come già insegnava Paolo VI nell'enciclica "Mysterium Fidei" (MF 38), sono "in modo particolare addetti all'adorazione del santissimo sacramento, facendogli corona sulla terra in virtù dei voti emessi". La vita religiosa, infatti, deve essere una prefigurazione, fin dal mondo presente, di quella gloriosa condizione futura che consisterà in un perenne e indefinibile atto di lode e di adorazione al Padre celeste, svelatamente contemplato e gustato nella dolcezza infinita del suo amore.
Carità oblativa. La vita religiosa s'impegna in modo speciale a sottolineare i valori della penitenza e della riconciliazione; di qui la particolare disponibilità e lo speciale dovere dei religiosi di comprendere a fondo e di testimoniare al mondo il mistero di morte e risurrezione proclamato nella celebrazione della santissima Eucaristia. La vita dei religiosi, più di ogni altra, dev'esser un "segno" dell'offerta sacrificale ed espiatrice che Cristo, nel sacrificio eucaristico, compie di se stesso al Padre nello Spirito per la salvezza del mondo.
Carità fervorosa. La santissima Eucaristia è la sorgente e il culmine di tutta la vita spirituale del cristiano. Ora, il religioso e la religiosa, in forza del loro stesso ideale di vita, sono chiamati a una profonda e mistica intimità con Cristo, grazie ai doni santificanti del suo Spirito. Di qui la speciale responsabilità, propria dei consacrati, di alimentare in modo sempre più intenso e fervente la loro vita spirituale alle sorgenti della pietà eucaristica.
5. Il sacramento del corpo e del sangue del Signore svolge un ruolo insostituibile anche nella vita del laico impegnato. Mi è caro rivolgere ancora un particolare pensiero a voi, laici operatori pastorali, che siete qui presenti insieme con i vostri sacerdoti. La considerazione della vostra vocazione specifica mi consente di allargare il discorso sul tema ricchissimo che ha occupato i nostri pensieri in questo nostro incontro. La vostra missione infatti chiama in causa un altro aspetto essenziale del mistero eucaristico: il suo rapporto con la storia del mondo nel quale viviamo e con l'elevazione umana e cristiana di questa nostra società travagliata da tante tensioni, ma attratta anche con forza crescente dalla prospettiva di un futuro più giusto, nel contesto di una convivenza rispettosa di tutti e solidale con ciascuno.
Ebbene, carissimi fratelli e sorelle del laicato cattolico, nell'Eucaristia voi avete il sacramento che fonda la comunità valorizzando al tempo stesso l'individualità del singolo. Nel convito eucaristico, infatti, ciascuno riceve il medesimo corpo di Cristo: "Chi ne mangia non lo spezza - come ricorda san Tommaso nella sequenza "Lauda Sion" - né separa, né divide: intatto lo riceve". E tuttavia, nell'accostarsi al sacramento, ciascuno qualifica se stesso in un rapporto personale e irripetibile col proprio Dio: "Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca".
Ecco, dunque: l'Eucaristia, come sacramento insieme della comunità e del singolo, si rivela potenza rigeneratrice di tutto l'universo umano. La sua virtù salutare consente, all'uomo liberato dal peccato, di lavorare efficacemente affinché i beni di questa terra, nell'ordine, nella giustizia e nella pace, possano essere progressivamente ricondotti sotto le norme della legge divina.
In questo compito di redenzione e di consacrazione delle realtà temporali, voi laici cattolici avete - come ben sapete - una responsabilità precisa e insostituibile. Sta in questo punto il vostro carisma specifico. E' in questo campo che il Padre celeste vi affida il compito di far discendere le vivificanti energie soprannaturali, che promanano dal cibo eucaristico, in tutti i valori della vita presente, per purificarli e trasfigurarli secondo il piano di Dio, nella prospettiva della salvezza.
In questa missione che vi è affidata, carissimi fratelli e sorelle, la Provvidenza non pone limiti alla vostra generosità e alla possibilità della vostra santificazione, che può raggiungere i vertici più alti della perfezione e della carità e dell'esercizio di tutte le virtù cristiane.
6. Ringrazio vivamente tutti coloro che in vari modi hanno lavorato per la buona riuscita di questo Congresso eucaristico diocesano. Plaudo di cuore al valore dei risultati, che non mancheranno di fruttificare nel prossimo futuro, e invoco dal Signore, per coloro che vi hanno contribuito, l'abbondanza dei suoi favori. A voi tutti, alle vostre famiglie, ai vostri cari, a coloro che per vari motivi non hanno potuto essere qui presenti va la mia affettuosa e speciale benedizione.
Data: 1985-06-30 Data estesa: Domenica 30 Giugno 1985
Titolo: Dio interpella incessantemente le coscienze e i cuori
1. "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?" (Mc 14,12). così chiedono a Gesù i discepoli, quando è giunto il "giorno degli Azzimi", il tempo dell'immolazione della Pasqua, secondo la tradizione dell'antica alleanza. Allora Cristo indica loro dove debbono recarsi e quali preparativi fare, perché la cena pasquale possa svolgersi nel tempo stabilito.
Proprio questa cena pasquale di Cristo con gli apostoli diventa l'ultima cena e insieme la prima. L'ultima che egli ha mangiato con i suoi discepoli prima della passione: e anche l'ultima Pasqua dell'antica alleanza. Nello stesso tempo è la prima Pasqua della nuova alleanza: la prima Eucaristia.
E anche voi, cari fratelli e sorelle di Teramo e Atri, avete preparato nella comunità della vostra Chiesa diocesana, durante la settimana appena trascorsa, e specialmente nell'odierna domenica, la vostra Pasqua di Cristo particolarmente solenne: il Congresso eucaristico.
2. E' per me motivo di grande gioia poter prender parte al momento culminante di questo Congresso eucaristico. Saluto cordialmente il vescovo, monsignor Abele Conigli, e gli esprimo il mio apprezzamento per il ministero che svolge con dedizione sacerdotale. Con lui ringrazio il Signore per il primo frutto di questa assemblea liturgica: l'unità della mente e dei cuori nella celebrazione della fede. Saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici responsabilmente impegnati nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali.
Il Congresso, che oggi solennemente si conclude, è stato voluto in occasione del 50° anniversario di quello nazionale, che si svolse in questa città nel 1935 ed ebbe come tema: "L'Eucaristia e la Sacra Scrittura". So che è stato preparato con cura. In primo luogo con la visita pastorale, la quale, iniziata tre anni fa, ha permesso molteplici incontri spirituali con adolescenti, giovani e famiglie e ha raccolto attorno al vescovo, soprattutto durante la celebrazione del santo sacrificio, i fedeli delle singole parrocchie.
Poi le missioni predicate dagli zelanti padri Passionisti ad Atri, Teramo e a Isola del Gran Sasso. Quindi la preparazione immediata, con la "Peregrinatio Mariae" zelantemente diretta dall'arcivescovo prelato di Loreto.
Durante una settimana, l'effige lauretana di colei, che fu la prima dimora del Figlio di Dio, ha sostato nelle località più popolose, affinché mediante la devozione a Maria, arca dell'alleanza, crescesse la consapevolezza che il cristiano è tempio e tabernacolo del Signore (cfr. san Gerolamo, "Adv. Iov." 1,33: PL 23, 267), il quale attende il "fiat" dell'uomo per stare con lui e sostenerlo nel cammino della vita.
3. Quando il Signore Gesù si è trovato con gli apostoli nella stanza in cui dovevano mangiare la Pasqua durante la cena, egli "prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzo e lo diede loro, dicendo: questo è il mio corpo. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti" (Mc 14,23).
Ogni Eucaristia che celebriamo nella Chiesa è un rendimento di grazie.
In essa ringraziamo, insieme con Cristo, per "le grandi opere di Dio" (cfr. Ac 2,11), che questo sacramento in un certo senso integra e sintetizza. Ringraziamo per i benefici della creazione e della redenzione. Ringraziamo Dio perché è il nostro Padre, e perché in Gesù Cristo è diventato "Emmanuele: Dio con noi" (cfr. Mt 1,23) per tutti i tempi. Ringraziamo per lo Spirito di verità, il Consolatore, che egli continua a mandarci in "nome di Cristo".
Il Congresso eucaristico è un rendimento di grazie particolare, largamente esteso e prolungato. In questo ringraziamento si esprime la vitalità spirituale di tutti noi invitati al banchetto pasquale, alla tavola della parola di Dio e del pane che è il corpo di Cristo.
4. Il vostro Congresso si è articolato attorno al tema: "Riconciliati e uniti nello spezzare il pane".
Quando il Signore Gesù, dopo la transustanziazione del pane pasquale nel suo corpo eucaristico, prese il calice riempito di vino, disse ai discepoli: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti" (Mc 14,24).
Questa è la formula raccolta dall'evangelista Marco. Altrove le parole della transustanziazione del vino nel Sangue del Signore suonano così: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue" (Lc 22,20 cfr. 1Co 11,25). Il testo liturgico della santa messa dice: "Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza".
L'alleanza è frutto della riconciliazione con Dio, o piuttosto del riconciliarsi di Dio con gli uomini. Dio si è riconciliato con il suo popolo, Israele, per mezzo di Mosè, come ricorda la prima lettura dell'odierna liturgia.
Il frutto di tale riconciliazione era stata l'antica alleanza del Monte Sinai, e il segno di essa fu il sangue degli animali sacrificati. "Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi" (Ex 24,8), dichiaro Mosè dopo aver asperso il popolo con quel sangue.
La nuova ed eterna alleanza, che Dio ha concluso con l'umanità in Gesù Cristo, trova la sua espressione sacramentale nell'Eucaristia. Il prezzo dell'alleanza è il corpo e il sangue offerti nel sacrificio della croce, in cui Dio ha riconciliato con sé il mondo, come annunzio san Paolo (cfr. 2Co 5,19).
5. Il vostro Congresso eucaristico ha scelto come tema proprio questa riconciliazione, che è l'iniziativa della santissima Trinità. E' il dono particolare di Dio per noi, e l'Eucaristia di Cristo è il segno incessante e immutabile di questo dono. E' il sacramento della riconciliazione, con la quale l'eterno Padre ha riconciliato con sé il mondo in Gesù Cristo, una volta per sempre: la nuova ed eterna alleanza.
Contemporaneamente, offrendoci questa riconciliazione come un dono beato, Dio l'assegna come compito a noi uomini. Dapprima la rende possibile per noi, per mezzo del sacramento della riconciliazione. E al tempo stesso interpella incessantemente le coscienze e i cuori, perché diventino suscettibili di riconciliazione: della riconciliazione con Dio, e insieme della riconciliazione con gli uomini, della riconciliazione reciproca. "Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati", dice Gesù (Jn 15,12).
6. Il tema del presente Congresso corrisponde a ciò che ultimamente è divenuto il tema centrale del lavoro della Chiesa, la quale, insieme con l'intera umanità, si prepara al passaggio dal secondo al terzo millennio.
Mettendomi in ascolto del grido dell'uomo e vedendo come egli nelle circostanze della vita manifesti una nostalgia di unità con Dio, con se stesso e con il prossimo, ho ritenuto, per grazia e ispirazione del Signore, di proporre con forza quel dono originale della Chiesa che è la riconciliazione. Perciò, nell'autunno del 1983, ho riunito la VI assemblea generale del Sinodo dei vescovi, i cui contributi sono stati proposti nell'esortazione apostolica post-sinodale "Reconciliatio et Paenitentia". Per il medesimo motivo ho indetto l'Anno giubilare della redenzione, il cui scopo, come ben sapete, era di celebrare il 1950° anniversario del sacrificio salvifico del Figlio di Dio e di favorire, così, "un nuovo impegno di ciascuno e di tutti al servizio della riconciliazione non solo tra i discepoli di Cristo, ma anche tra tutti gli uomini" (bolla "Aperite portas Redemptori", 3). Tale impegno sarà sempre più costante e generoso se i credenti accoglieranno Cristo nel loro cuore, con fede profonda, lasciandosi pervadere dal mistero dell'infinita pietà di Dio verso l'uomo.
7. In piena comunione di intenti e di azione, la Chiesa che è in Italia ha perseguito e sviluppato le due citate iniziative col Convegno: "Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini".
Mentre quell'assemblea, durante l'ottava di Pasqua, era riunita a Loreto, io mi recai per prendervi parte e, innanzitutto, per celebrare "con i rappresentanti delle varie componenti del popolo di Dio, che vive la sua fede in Italia, il Cristo risorto, il Redentore dell'umanità. Con essi mi sono posto ai piedi della croce, segno sempre paradossale, ma insostituibile, della nostra riconciliazione, di questo grande dono che manifesta la gratuità e l'efficacia dell'inesauribile amore di Dio".
Volendo poi sostenere il consolidamento della riconciliazione come dono di Dio e come compito affidato al suo corpo mistico, ho indicato quale auspicabile risultato del Convegno "una rinnovata coscienza di Chiesa, grazie alla quale, nella partecipazione dell'unico dono e nella collaborazione dell'unica missione, tutti imparino a comprendersi e stimarsi fraternamente, ad aspettarsi e prevenirsi reciprocamente, ad ascoltarsi e istruirsi instancabilmente, affinché la casa di Dio, cioè la Chiesa, sia edificata dall'apporto di ciascuno e perché il mondo veda e creda" (Allocuzione a Loreto, 11 aprile 1985).
8. Sulla linea di queste iniziative si pone anche il presente Congresso eucaristico. Per le diocesi di Teramo e di Atri esso è stato - ed auspico lo sia a lungo in futuro - una solenne e impegnativa occasione per ravvivare la fede e la vita cristiana, indicando l'Eucaristia come mistero di amore riconciliatore, come fonte di vigore, di pace e di letizia.
Il corpo di Cristo è cibo vitale per noi suoi fratelli, che accostandoci alla sacra mensa, non solamente siamo a lui incorporati, ma veniamo resi partecipi della sua potenza di intercessione. In Gesù, con lui e per lui, noi offriamo al Padre in dono noi stessi quale sacrificio di lode e di espiazione, quale ostia gradita a Dio, che viene spezzata in favore di tutta l'umanità.
Alimentatevi del cibo eucaristico, che vi inserisce nella nuova alleanza e vi fa rimanere nell'amore riconciliatore e misericordioso del Redentore. In questo modo le vostre comunità parrocchiali diventeranno sempre maggiormente segno della presenza divina nel mondo, bisognoso di quella forza unitiva e riconciliatrice che si realizza nell'amore.
9. Quando Mosè, operando nel nome di Dio, riferi, dopo il suo ritorno dal monte Sinai, "al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme", allora "tutto il popolo rispose insieme e disse: tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!" (Ex 24,3).
Eseguiremo: bisogna che una simile disponibilità penetri anche i vostri cuori ora che, con i lavori del Congresso eucaristico, vi sono diventate più vicine "le parole del Signore" sulla riconciliazione in Gesù Cristo. Ora che di nuovo - e ancor di più - si è svelato il mistero di questo sacramento, che è la nuova ed eterna alleanza nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo, offerto per la salvezza del mondo. Bisogna che tutti diventiate, ancor di più, discepoli del divino Maestro e suoi apostoli, conformemente alla "misura del dono" (Ep 4,7) che è partecipato da ciascuno di voi.
10. Torniamo ancora una volta al Cenacolo. Ecco, dopo aver istituito il sacramento del suo corpo e del suo sangue, il sacramento dell'amore, Gesù dice così ai suoi discepoli: "In verità vi dico che io non berro più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berro nuovo nel regno di Dio" (Mc 14,25).
L'Eucaristia è il sacramento che proclama e preannunzia il regno dei cieli. Proclama e preannunzia agli uomini la vita eterna con Dio.
Cari partecipanti al Congresso eucaristico! Auspico che si compiano su di voi - su ciascuno e su ciascuna di voi - le parole della promessa pronunziata da Cristo nel Cenacolo: che vi sia dato di mangiare e di bere dal frutto dell'eucaristia nel regno di Dio; che essa diventi in ciascuno e in ciascuna di voi il pegno della vita eterna! [Al termine della messa:] Carissimi fratelli e sorelle, i Padri della Chiesa, soprattutto i Padri greci, chiamavano i cristiani "teoforoi" o "cristoforoi", che significa "portatori di Dio", "portatori di Cristo". Io voglio rievocare questa splendida tradizione alla fine del vostro Congresso eucaristico perché esso è servito a rendere tutti i cristiani del XX secolo "cristoforoi", cioè portatori di Cristo, e "teoforoi", portatori di Dio. Si, si potrebbe ancora intendere questa parola come "portati da Cristo".
Ecco, la finalità di questo Congresso eucaristico, al quale avete lavorato sotto la guida del vostro vescovo per lungo tempo, è stata quella di compiere un lungo cammino. Un cammino per divenire portatori di Cristo, un cammino per farsi "portare da Cristo".
Carissimi, in questo modo vivevano i cristiani sin dagli inizi dei primi secoli della persecuzione, in diverse parti del mondo; e così vivono anche nel mondo contemporaneo, in mezzo a diverse persecuzioni perché sono "portatori di Cristo", "portati da Cristo". E io vorrei, prima di concludere con la solenne benedizione questo Congresso eucaristico, augurarvi la stessa cosa: questo è il vostro cammino, è il cammino che avete compiuto, il cammino che vi attende. Il Congresso eucaristico ha preparato questa Chiesa a essere più consapevole di cosa vuol dire Eucaristia: Eucaristia è una parola senza limiti, una realtà senza limiti, una profondità divina; insieme è una dimensione umana perché noi tutti siamo partecipi, perché noi tutti siamo portatori di Cristo, di Dio. Per questo il Congresso ci ha preparati. E il cammino che vi aspetta deve vedervi sempre più consapevolmente, sempre più efficacemente, "portatori di Cristo". Ma per essere suoi portatori dobbiamo lasciarci portare da lui. Io auguro a tutti voi e alla vostra Chiesa di essere portati da Cristo in un modo del tutto nuovo, in una misura nuova, più matura, più adeguata alle necessità dei vostri tempi, ai bisogni del nostro mondo. Si, essere cristiani in questo mondo d'oggi, nel mondo di domani, qualche volta sembra difficile, potrebbe sembrare troppo difficile. No, carissimi. E' così come lo era nei primi secoli, così come lo è adesso in Paesi dove si deve pagare per essere portatori di Cristo, pagare un prezzo in termini di sacrificio. Ma è possibile! Anzi, è un cammino unico, l'unica strada degna dell'uomo, l'unica strada che ci porta verso la fine: non verso la morte e la distruzione ma verso la vita, verso il sacramento della vita, portatori di Cristo, portatori della vita, portati da Cristo verso la vita. Ecco, questo voglio augurare alla Chiesa, alla conclusione di questo Congresso, al quale avete voluto anche invitare il Papa. Ve ne sono molto grato.
Data: 1985-06-30 Data estesa: Domenica 30 Giugno 1985
GPII 1985 Insegnamenti - Ai Passionisti - santuario San Gabriele (Teramo)