GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: Il Vangelo illumina il futuro dell'uomo
1. "In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste" (Ph 4,6). Con queste parole si rivolge a noi san Paolo, nella liturgia della III domenica d'Avvento. E' la liturgia della gioiosa fiducia. L'Avvento significa vicinanza salvifica di Dio, "il quale vuole che tutti... siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4).
"Viene in mezzo a noi il Dio della gioia" (cfr. Is 12,6), annunzia il ritornello del Salmo responsoriale che si legge nella santa Messa odierna. Questa certezza è la fonte della gioia dell'Avvento. Tutta la sollecitudine dell'Avvento si concentra sul cuore umano: si apre l'uomo alla venuta di Dio? La Chiesa prega per l'apertura dell'uomo.
2. "In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste". La Chiesa prega pure affinché si possa sempre maggiormente avverare tra gli uomini ciò che è inteso dalla volontà salvifica di Cristo: il sacramento dell'unione con Dio e dell'unità di tutta la famiglia umana. Questa consapevolezza, manifestata con le parole del Concilio Vaticano II e rinnovata durante la recente assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi, si trasforma in ardente e incessante preghiera: la Chiesa prega perché in essa e per essa possa compiersi l'Avvento di Dio.
La Chiesa è proprio il "sacramento", con il quale "colui che è, che era e che viene" (Ap 1,4), si fa incontro all'uomo. La Chiesa - come hanno scritto i Padri sinodali nella loro Relazione finale (II, 2) - è "segno e strumento di comunione con Dio e anche di comunione e di riconciliazione degli uomini fra loro" e innalza la sua preghiera perché nel cuore germogli la verità, si affacci e prenda dimora la giustizia (cfr. Ps 84) tra gli uomini sempre più aperti al dialogo di salvezza col Dio dell'eterna, infinita bontà.
"Oggi più che mai il Vangelo illumina il futuro e il senso di ogni esistenza umana. In questo tempo in cui, soprattutto tra i giovani, si manifesta un'ardente sete di Dio, un'accettazione rinnovata del Concilio può ancora più profondamente raccogliere la Chiesa nella sua missione di annunciare al mondo la buona novella di salvezza" ("Messaggio al Popolo di Dio", III).
3. "In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste". La Chiesa prega sempre, e in particolare nel periodo di Avvento, anche per le vocazioni sacerdotali e religiose. Infatti esse sono una particolare espressione della visita di Dio, l'espressione dell'Avvento di Dio. Esse, che sono un frutto della grazia operante nelle anime, in particolare nelle anime giovani, sono pure una verifica della maturità spirituale della Chiesa stessa.
Preghiamo dunque noi tutti, qui riuniti per la recita dell'Angelus, affinché il Signore della messe voglia mandare operai per la sua messe.
[Dopo l'Angelus:] Abbiamo una bella giornata, una bella domenica d'Avvento. Il sole è forte, risplende e riscalda tutti. Sia questo sole per noi un simbolo, un segno di quello che la liturgia d'Avvento chiama "Sol iustitiae", il sole della giustizia, Gesù Cristo. Vi auguro di essere aperti, di essere preparati alla sua venuta nella notte e nel giorno del Santo Natale. Buon Natale a tutti!
Data: 1985-12-15 Data estesa: Domenica 15 Dicembre 1985
La III domenica di Avvento è la domenica della vicinanza di Dio. Tutta la liturgia è permeata da questa verità. Ne rendono testimonianza le letture liturgiche sia dell'Antico, sia del Nuovo Testamento. Sono testimonianze convergenti e in consonanza.
1. Desidero che esse risuonino, come una viva eco, nella parrocchia di San Giuseppe, che oggi ho la gioia di visitare. Compio questo servizio come Vescovo di Roma, il vostro Vescovo. Lo compio insieme con il cardinale vicario e con il vescovo ausiliare mons. Alessandro Plotti. Insieme con voi desidero venerare, in quest'occasione, san Giuseppe, patrono della vostra parrocchia. Benché la liturgia dell'avvento non ci parli di lui - lo presenterà soltanto nella celebrazione del mistero della notte di Betlemme e nel tempo di Natale - tuttavia è noto che lo sposo di Maria, Madre di Dio, fu in modo particolare testimone della vicinanza di Dio. Conviene che noi impariamo da lui come si vive questa vicinanza in modo degno di colui che si è avvicinato a noi.
2. "Il Signore è vicino!". Ecco la testimonianza del profeta Sofonia: l'invito alla gioia. "Rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme!... Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura... Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia" (So 3,14-16).
La vicinanza di Dio, la sua presenza in mezzo al suo popolo, Israele, è, secondo la testimonianza del profeta, la sorgente del nostro vigore contro ogni forma di male. La presenza di Dio è una presenza salvifica: "un salvatore potente" (So 3,17). Essa è la sorgente del rinnovamento dello spirito mediante l'amore. La vicinanza di Dio, la sua presenza tra gli uomini, manifesta il suo amore e lo attua. L'amore vince ogni male.
3. La testimonianza del Nuovo Testamento, pronunziata con le parole della Lettera di Paolo ai Filippesi, converge con quella precedente. "ll Signore è vicino!...
Rallegratevi... ve lo ripeto ancora, rallegratevi" (Ph 4,5 Ph 4,4). Rallegratevi della sua presenza salvifica; questa gioia spirituale si manifesti nella fiducia illimitata in Dio. L'Apostolo scrive: "Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti" (Ph 4,6). In altre parole l'espressione "il Signore è vicino" è un invito all'intimità con lui; intimità che si attua in modo più diretto nella preghiera. E' durante la preghiera che noi ci apriamo davanti a Dio con tutto ciò che costituisce la nostra vita e che decide di essa.
Il Signore è vicino, rallegratevi. Diventate affabili, e perciò benevoli, premurosi, indulgenti verso gli altri. Il Signore è vicino. Egli vi comunichi la sua pace! L'Apostolo scrive: "La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,7). Quale grande bene è una tale pace! 4. Essa è soprattutto la pace della coscienza. La vicinanza di Dio fa nascere il bisogno di entrare in se stessi, di scrutare le nostre opere, di fare un esame della nostra coscienza.
Un'eccellente testimonianza di questo è Giovanni Battista, con la sua missione nei pressi del Giordano, che la liturgia dell'Avvento rievoca più di una volta nella memoria della Chiesa. Giovanni è messaggero, preannunzia la vicinanza del Messia, battezza con il battesimo di penitenza, in attesa di colui che "battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Lc 3,16).
Per l'opera di Giovanni al Giordano i figli d'Israele hanno sentito la vicinanza di Dio. In relazione a questo fatto sta la prima domanda che le folle pongono: "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10 Lc 3,12). Giovanni Battista replica, dando la sua risposta ai pubblicani, ai soldati, a tutti.
La vicinanza di Dio deve risolversi nella conversione, nel rinnovamento della vita, nel cambiamento del modo di comportarsi. Dio che viene, che è vicino, chiama l'uomo prima di tutto "dal di dentro". Lo chiama attraverso la coscienza.
Se la voce della vostra coscienza non risuona, l'uomo non si è incontrato con Dio.
Non ha provato la sua vicinanza "in spirito e verità" (cfr. Jn 4,23). Gli è passato solo accanto, oppure si è scostato da lui.
5. Il cristianesimo è la religione della vicinanza di Dio. Le parole di Paolo "Il Signore è vicino" non risuonano soltanto nella III domenica d'Avvento; ma costantemente, sempre, in ogni momento. Dio è vicino perché ha rivelato se stesso all'uomo: perché ha parlato per mezzo dei profeti e, ultimamente, ha parlato per mezzo del Figlio (cfr. He 1,1-2).
Dio è vicino perché in questo Figlio, nel Verbo Eterno, egli si è fatto Uomo. Nato a Betlemme da Maria Vergine, Gesù di Nazaret "ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo - come leggiamo in un documento conciliare -; egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato" (GS 22). Anzi: divenne povero, obbediente fino alla morte. E' stato condannato alla morte di croce. Si potrebbe dire che nel suo farsi vicino agli uomini egli ha superato tutti i limiti.
Più ancora: Dio è vicino significa che ha assunto l'aspetto del pane e del vino nell'Eucaristia. E' diventato cibo delle anime. Ancora una volta per questa via del sacramento eucaristico egli ha superato tutti i limiti che l'uomo potesse immaginare.
6. Qual è la nostra risposta a questa vicinanza di Dio? Noi chiediamo, come hanno chiesto i figli d'Israele vicino al Giordano: "Che cosa dobbiamo fare?". Questo Dio conosce il mistero interiore dell'uomo, perché egli viene per essere la luce delle coscienze e dei cuori umani.
La nostra risposta alla sua piena vicinanza, alla sua presenza è piena dell'adorazione profonda e insieme di quella dedizione e fiducia a cui ci invita la liturgia dell'Avvento? O abbiamo fatto diversamente? O abbiamo operato in modo contrario a questo spirito? Forse ci siamo "familiarizzati" con questa vicinanza divina; ci siamo "abituati" ad essa? Forse abbiamo perso nei suoi confronti il punto di riferimento della verità interiore? Forse essa è diventata indifferente per noi? Forse a questa divina vicinanza, alla divina presenza in mezzo a noi, noi rispondiamo in cambio, con la nostra "assenza spirituale"? O forse addirittura, questa presenza ci disturba? 7. L'odierna liturgia dell'Avvento costringe a rivolgerci tali domande. Sono domande essenziali. Riguardano non soltanto la morale e il comportamento dell'uomo, ma anche lo stesso essere uomo, e l'essere cristiano.
"Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile" (Lc 3,16).
Il Signore è vicino! Rallegratevi, scrive l'Apostolo. La nostra gioia sarà vera e profonda, quando accoglieremo l'intera verità di queste severe parole pronunciate nei pressi del Giordano. Quel Dio, che è infinitamente vicino, è, nello stesso tempo, un Dio infinitamente santo! 8. La vostra comunità parrocchiale, istituita ottant'anni or sono dal Papa San Pio X per venire incontro alle necessità del rapido sviluppo di Roma in questa zona, ispira la sua vita religiosa all'esempio di san Giuseppe, sposo di Maria.
Sappiate, come lui, custodire e raccogliere con amore, con fede cristiana, con premurosa attenzione la presenza santificante di Cristo.
Desidero che san Giuseppe sia ricordato non solo come patrono della Chiesa, ma come protettore di ogni famiglia in questa parrocchia, e che sul suo esempio si apprezzi il valore del servizio alla volontà di Dio, il senso della fede, la premura per il rispetto e la protezione della vita; si ami come una vocazione e un ministero il ruolo che la Provvidenza ha affidato ad ogni membro della comunità familiare. Si impari, in una parola, a sentire la presenza e la vicinanza di Cristo nella spiritualità familiare.
9. Desidero ora rivolgere il mio saluto a tutti i gruppi di persone che compongono questa Comunità parrocchiale. Anzitutto alla bella "famiglia" dei Canonici Regolari Lateranensi, ai quali è affidata la vostra cura spirituale. Poi alle numerose - sono ben diciotto - comunità femminili presenti sul suo territorio: alle claustrali, anzitutto; ma anche a quelle che si dedicano alla gioventù, all'ospitalità per le studentesse fuori sede, alle sorelle che offrono accoglienza alle persone anziane. Ecco: gli anziani, che formano un gruppo molto numeroso della comunità parrocchiale. Vorrei rivolgere una parola di incoraggiamento e di apprezzamento per tutto quello che, nonostante le difficoltà tipiche di una città movimentata come Roma, essi fanno perché la parrocchia viva i suoi momenti preziosi di vita sacramentale, di diffusione della Parola di Dio e della catechesi, nelle conversazioni tra gruppi di famiglie.
Desidero poi rivolgere la mia parola di vivo incoraggiamento a tutti i catechisti, specialmente a quelli che si dedicano alle famiglie recentemente qui inserite. Non temete le difficoltà: si tratta a volte di ostacoli iniziali, che si connettono con un certo disambientamento dei gruppi nuovi, ma con una pazienza e una costanza evangelica tutto si supera; e troverete la gioia di poter divenire efficaci costruttori di esperienza di Dio e di fede tra i ragazzi e i giovani. Il vostro servizio è richiesto, è desiderato, è cercato, voi lo sapete! Un saluto particolare va alle forze più organizzate, cioè all'Azione Cattolica, specialmente al gruppo dei ragazzi; ai giovani che continuano, dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione, a riflettere sulla loro fede e sul loro impegno cristiano; agli scouts; al gruppo di volontariato vincenziano; alla Legione di Maria; ai ministranti. A tutti desidero dire: Siate una parrocchia che non solo sente di dover vivere la propria fede, ma che raccoglie generosamente l'invito del Signore per una missione; una comunità che si fa testimone attenta per la diffusione della Parola di Dio tra gli uomini.
10. "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi... Il Signore è vicino" (Ph 4,4-5).
Cari fratelli e sorelle! Auguro a tutti voi la vera gioia, che è data dalla vicinanza di Dio, dalla vicinanza del Natale. Voi siete una comunità che ha come patrono san Giuseppe, uno dei testimoni principali dell'Avvento di Dio.
Auguro a ciascuno e a tutti di imparare proprio da san Giuseppe a rispondere alla vicinanza del Salvatore, alla presenza di Dio in mezzo a noi "in spirito e verità". Amen. Saluto ai vari gruppi [A tutti:] Sia lodato Gesù Cristo. Saluto la parrocchia di San Giuseppe, tutta la comunità, tutti quelli che a questa parrocchia appartengono, tutti quelli che sul territorio di questa parrocchia vivono; tutta la comunità umana, cittadina e tutta la comunità cristiana che invoca san Giuseppe come suo patrono speciale.
Ringrazio per le parole rivoltemi dal vostro giovane parroco e da tutta la comunità dei suoi confratelli, i Canonici Lateranensi, che hanno la cura pastorale di questa vostra comunità cristiana, una parola del tutto speciale vorrei indirizzare alle persone sofferenti: sofferenti fisicamente e sofferenti moralmente, spiritualmente. Vorrei dire a tutti che Gesù è la salvezza. In lui si trova la strada, la via, la verità per tutti; Gesù è specialmente vicino a quanti soffrono. Voglio salutare tutte le famiglie, augurando loro la vicinanza di Dio, oggi la Chiesa celebra nella sua liturgia, specialmente questa vicinanza di Dio: "Dominus prope est". E per questo tutta la Chiesa gioisce e invita alla gioia spirituale soprannaturale, cristiana. Io auguro questa gioia a tutti quanti compongono la comunità parrocchiale di San Giuseppe, specialmente a quelli che hanno bisogno di questa gioia che ci dà Cristo. Auguro questa gioia nella prospettiva del Santo Natale. Buon Natale a tutti.
[Agli anziani:] Voglio confermare tutto ciò che ha detto il vostro giovane parroco. Soprattutto voglio confermare quello che ha voluto esprimere riguardo al vostro cuore che è giovane perché è ancora capace di slanci di generosità, di preghiere, di amore. Ve lo dico senza scherzare. Giovani si è non tanto con il corpo, ma con il cuore, con lo spirito. Io penso che i cuori vostri sono ancora giovani; e si vede; si vede che voi siete giovanili, siete aperti, avete cuori gioiosi. Vi auguro perciò di continuare ad essere giovani, giovani di cuore, giovani con l'amore, giovani con le preghiere. Questa è la vostra forza. Il parroco ha detto che voi siete la forza di questa parrocchia. Grazie per tutto quello che costituisce il vostro contributo, la vostra partecipazione attiva nella storia di questa parrocchia ottantenne. In questa comunità avete non pochi meriti.
Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per la parrocchia di san Giuseppe.
Posso anzi affermare che voi avete fatto, per così dire, un'alleanza speciale con questo santo patrono della parrocchia, ma soprattutto sposo di Maria e padre terreno di Gesù Cristo. Vi auguro di essere sempre vicini i lui; vi auguro anche che san Giuseppe sia sempre vicino a voi, Sappiamo bene che lui è un santo del lavoro, ma anche un santo della preghiera, un santo della famiglia, un santo della vita buona e della morte beata. Tutto questo è san Giuseppe e perciò viene venerato nella Chiesa e in questa parrocchia. Vorrei ancora una volta affidare a voi, che siete spiritualmente giovani, questo Papa che non è tanto giovane; non è tanto giovane ma cerca di essere ancora giovane, comportarsi da giovane imitando il vostro esempio. Auguro a tutti buon Natale.
[Alle diverse comunità giovanili:] Voglio ringraziarvi per queste due relazioni; una che toccava l'esperienza della missione popolare, vissuta nella vostra parrocchia e l'altra che toccava l'esperienza della pastorale giovanile.
Poi vi ringrazio per la terza relazione accompagnata dai diversi graditi doni. Vi ringrazio per questi doni molto, molto significativi. Accetto questi doni come un buon annuncio del Natale perché è tradizione cristiana che a Natale si danno e si ricevono dei doni. Questi doni di Natale devono in un certo modo simbolizzare il dono più grande che con il mistero natalizio, l'incarnazione del Verbo divino, ha ricevuto tutta l'umanità. E' il dono più grande: Dio si è fatto uomo. Questo è il dono più grande - dono che non si può superare, solamente Dio può fare un tale dono all'uomo - solamente Dio, libero, sovrano, Dio amore può fare un tale dono all'uomo. Io vi auguro, carissimi giovani, di riflettere, meditare sul mistero dell'Incarnazione, sul santo Natale; vi auguro di meditare a modo vostro, nel modo giovanile con la vostra mente fresca, con il vostro cuore aperto, vi auguro di trovare in questo mistero del sacro Natale un approfondimento della vostra fede cristiana. Ci vuole questo per la continuazione della missione che avete già svolto nella vostra parrocchia e che come avete riferito ha trovato accoglienza ben diversa: a volte, più o meno negativa; a volte, più o meno positiva. Ma penso che siete diventati consapevoli di ciò che vuol dire essere Chiesa; essere Chiesa vuol dire essere in missione, continuare la missione di Cristo, continuare questa missione che Cristo fa sempre, che Cristo continua sempre. La continua tramite i suoi apostoli, tramite i suoi successori; e successori non sono solamente quelli gerarchici, cominciando dal successore di Pietro. Successori sono tutti, tutto il popolo di Dio ha la sua vocazione apostolica, all'apostolato. E questa vocazione nella nostra vita cristiana viene segnata soprattutto dal sacramento della Cresima, e voi siete cresimati o dovete essere cresimati. Essere cresimati vuol dire ricevere consapevolmente la missione di Cristo e della Chiesa, vuol dire accettare la propria parte in questa missione, e ciò vuol dire anche riflettere su quale è la propria partecipazione, in qualità di giovane, di studente, anche in una prospettiva futura, anche nel contesto dell'educazione, nell'educazione diversificata in tanti campi, in tante materie: nella preparazione professionale, ma soprattutto nella formazione umana; essere uomo più maturo, più perfetto, più completo; essere cristiano sempre più maturo e più perfetto. Questo fa parte del progetto della vita di cui ho parlato all'inizio di quest'anno che è l'anno dedicato ai giovani, indirizzandomi ai ragazzi di tutto il mondo. Con queste riflessioni vorrei rispondere alle vostre relazioni e alla vostra generosità espressa con i doni che mi avete offerto. Vorrei anche con queste riflessioni prepararvi al dono dell'Incarnazione di Dio-Figlio, Dio-Verbo, al Natale. Voglio così anche augurarvi buon Natale. Ma la mia intenzione è che la parola buon Natale sia piena del suo vero, profondo significato per ciascuno di voi, per ciascuna di voi, per voi tutti, per la vostra comunità giovanile, per tutta questa parrocchia che gode di un privilegio speciale avendo come patrono san Giuseppe. Buon Natale.
[Ai piccoli parrocchiani:] Saluto tutti questi giovani parrocchiani della chiesa di San Giuseppe. Saluto quanti si trovano in questo ambiente della parrocchia: saluto anche le vostre mamme, i vostri papà, i catechisti, gli insegnanti, saluto tutti i presenti. Mi rallegro molto per questa visita che ho potuto fare alla vostra parrocchia. Sappiamo bene come san Giuseppe era legato a Gesù nella sua nascita. Quando ci avviciniamo al santo Natale, san Giuseppe ci diventa anche più vicino nella sua paterna sollecitudine che lui mostrava verso il Figlio di Dio fatto uomo, verso il bambino Gesù, verso Gesù giovane. così io penso a tutti quelli della parrocchia che imitano san Giuseppe: sono i vostri sacerdoti, pastori, sono poi i vostri genitori, gli insegnanti. Tutti hanno una parte in questa paterna provvidenza di Dio verso i giovani, verso i ragazzi, verso i bambini. Sono molto lieto di essere tra voi in questa parrocchia e di aver potuto ascoltare quanto avete testimoniato sulla vostra presenza in questa comunità, specialmente i piccoli che si avvicinano alla prima Comunione, che si preparano a questo sacramento, all'incontro eucaristico con Gesù. Avete testimoniato con le parole e anche con la generosità di essere coinvolti nella pastorale di questa parrocchia. Avete cantato tutti insieme "Camminiamo". E' un cammino, infatti, la vita cristiana; camminiamo insieme con Gesù; per la strada che lui ci ha mostrato con la sua nascita, con la sua infanzia, con la sua giovinezza, poi con la sua missione messianica, con il suo Vangelo, infine, con la sua morte e risurrezione.
E tutto ciò viene riassunto, nella vita cristiana di ciascuno di noi. Cominciando dal Battesimo, ecco il primo passo, voi probabilmente non vi ricordate in questo momento del Battesimo perché si riceve da molto piccoli e allora non si è consapevoli di quello che si fa. Il Battesimo lo avete ricevuto per la fede dei vostri genitori, della Chiesa, della parrocchia. Per questo voi siete stati battezzati e siete così entrati in questa strada su cui camminate insieme con Gesù, avvicinandovi poi alla prima Comunione, alla Cresima; partecipando, come tanti di voi, all'apostolato della Chiesa: a modo vostro, da ragazzi. Allora questo cammino diventa sempre più esplicito, sempre più visibile, sempre più sentito e più vissuto. Io vi auguro che sia un cammino salvifico per tutti voi, che vi conduca sempre più a Betlemme, al Cenacolo, al Calvario e poi alla risurrezione, nella risurrezione di Gesù. Vi auguro questo cammino cristiano, un cammino che si fa personalmente, interiormente, nel proprio cuore, nella propria coscienza, nella propria intimità. Ma questo è anche un cammino che si fa comunitariamente, tutti insieme. Perciò la parrocchia è una speciale comunità di giovani, di ragazzi, di catechisti, di famiglie. Io vi auguro questo cammino di vita cristiana che vi conduca sempre più a quella consapevolezza che Gesù Cristo è veramente via, verità e vita e che non c'è salvezza per l'uomo senza di lui. Gesù Cristo ci insegna anche di fare quello che voi avete espresso con il vostro canto, di cancellare l'egoismo. Lui stesso ci dà un esempio perfetto di questo altruismo, di questo essere per gli altri, vivere per gli altri, non per se stessi. Con questo programma lui è venuto nel mondo per vivere per gli altri. Io vi auguro di imitare Gesù anche nei vostri primi passi nel cammino cristiano. Imitare Gesù, la sua generosità, essere per gli altri, non per se stessi, cancellare l'egoismo, costruire altruismo, costruire l'amore dei vicini, dei grandi. E in questo amore, crescere anche nell'amore di Dio. Con questi voti vi auguro un Buon Natale come vostro Vescovo, come vostro amico.
[Alle claustrali:] Sono molto felice di potervi incontrare in occasione della visita a questa vostra parrocchia di San Giuseppe. San Giuseppe è un buon patrono, universalmente sappiamo che è un buon patrono della vita contemplativa.
Voi siete chiamate qui in questo convento e in questa parrocchia, in questa città di Roma, in questa diocesi di Roma - evidentemente conoscete il card. Poletti, probabilmente conoscete anche mons. Plotti - dunque voi siete chiamate qui a Roma a gestire e a sviluppare il vostro carisma: la vostra vocazione contemplativa, secondo il carisma della vostra fondatrice. Il carisma contemplativo è sempre consacrazione del tutto speciale, profonda in maniera speciale, si può dire irreversibile in maniera speciale. Vi auguro di continuare in quello che è il vostro cammino. Voi siete necessarie alla Chiesa; la Chiesa universale, la Chiesa di Roma hanno bisogno di voi, della vostra adorazione, della vostra contemplazione, della vostra dedizione completa al Sacro Cuore di Gesù e dunque vi auguro anche in questo periodo di Avvento, vi auguro Buon Natale, un Natale lieto.
Lieto per i vostri cuori, per le vostre anime e anche per la vostra partecipazione alla missione della Chiesa universale, la missione della santificazione universale. Voi santificate con la vostra vocazione, con la preghiera, con la rinuncia, con la rinuncia totale, con la vita claustrale, e contribuite anche alla santificazione dell'uomo, dei vostri fratelli e delle vostre sorelle.
Data: 1985-12-15 Data estesa: Domenica 15 Dicembre 1985
Titolo: Impegno nell'evangelizzazione con le indicazioni conciliari
1. E' con grande gioia che do il benvenuto a voi Pastori della Chiesa dello Stato del Kerala che siete venuti a Roma a compiere la vostra quinquennale visita "ad limina Apostolorum" e quindi a manifestare il legame di unità, di carità e pace nel quale siete congiunti tra di voi e con il Vescovo di Roma e successore di san Pietro, "capo degli apostoli, sulla cui saldezza il nostro Signore ha costruito la sua Chiesa fedele" (Liturgia della Siria orientale: ufficio per la festa dei santi Pietro e Paolo).
Nelle vostre persone io saluto e abbraccio due Chiese individuali, uniche nel carattere: due Chiese che testimoniano due antiche, distine ma complementari forme di cristianità orientale, due Chiese radicate sul suolo indiano e adattate al modo di vita indiano, viventi in pace e armonia con i loro vicini che hanno un'altra tradizione religiosa.
E' stato solennemente affermato che le Chiese orientali, "eminenti quali sono nella loro venerabile antichità, sono vivaci per mezzo della tradizione che viene dagli apostoli attraverso i Padri" (OE 1). Noi sappiamo che voi siete uniti agli apostoli attraverso la tradizione vivente della vostra Chiesa e attraverso la realtà ecclesiale che incarna la vostra liturgia, la disciplina ecclesiastica e tutto il popolo spirituale. Nello stesso tempo la vostra tradizione ecclesiale forma parte della realtà indiana ed è inseparabile da essa.
Il mio incontro con voi oggi è contrassegnato da una coscienza della grazia della piena comunione ecclesiale, intensificata dalla prospettiva di quegli incontri che avro con voi e con i vostri numerosi fedeli il prossimo febbraio durante la mia visita pastorale in India. Intanto vorrei domandarvi di trasmettere ai vostri preti, religiosi e laici la sicurezza del mio ardente desiderio di essere tra di voi la liturgia eucaristica.
2. E' significativo che la vostra visita collegiale segua di poco la sessione straordinaria del Sinodo dei vescovi che è stato convocato per commemorare il 20° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. L'intenzione del Sinodo dei vescovi era di rivivere il Concilio nella sua atmosfera di collegialità e comunione, e questo per lo speciale proposito di garantire la costante promozione dell'insegnamento del Concilio. La vostra presenza oggi è caratterizzata dalla stessa grazia di Pentecoste. Ci offre la possibilità di una compartecipazione fraterna e di interessi e discernimento comuni.
Io so che voi avete ricercato diverse vie per dare una completa applicazione alle decisioni del Concilio che aveva come suo principale tema la Chiesa stessa: il rinnovamento della Chiesa nasce da una profonda e autentica comprensione della sua stessa natura. Questo, in effetti, è il tema unificante dei documenti conciliari. Mai prima d'ora la dignità e la posizione, i diritti e i doveri delle Chiese orientali cattoliche sono stati affermati così inequivocabilmente; mai prima d'ora è stato dato un tale riconoscimento al loro popolo spirituale come al popolo della Chiesa universale di Cristo: "...la varietà all'interno della Chiesa non danneggia in nessun modo la sua unità, ma piuttosto la manifesta. Poiché è nella natura della Chiesa cattolica che ogni chiesa individuale o rito mantenga le sue tradizioni interamente, adattando contemporaneamente il suo modo di vita ai diversi bisogni del tempo e del luogo" (OE 2). E la Santa Sede continua oggi questo veritiero fondamento cattolico, vale a dire, che la diversità dei riti è ornamento della Chiesa e manifestazione e accrescimento della sua unità.
3. Giustamente il processo di compimento delle direttive conciliari hanno aiutato le Chiese orientali in India a realizzare in modo pieno il loro impegno di lavoro di evangelizzazione. Le Chiese particolari dell'Est e dell'Ovest "sono di uguale dignità; esse godono degli stessi diritti e hanno gli stessi doveri, anche riguardo alla predicazione del Vangelo in tutto il mondo (cfr. Mc 16,15) sotto la guida del Pontefice" (OE 3).
Il lavoro di evangelizzazione è stato continuato in patria, nelle immediate vicinanze, e all'estero, non appena possibile, mentre migliaia di cristiani orientali, uomini e donne, sono stati ingaggiati con diverse cariche attraverso l'India al servizio dei vescovi di differenti riti. Qui abbiamo una forma di fruttuosa e zelante collaborazione tra le Chiese cattoliche dell'Est e dell'Ovest che non deve essere dimenticata.
4. I resoconti che avete messo a disposizione mia e dei miei collaboratori nella Santa Sede danno una chiara visione sulla situazione delle varie diocesi e del servizio delicato e diligente del clero, dei religiosi e dei laici. Non posso non essere colpito dalla serietà dei vostri sforzi pastorali e missionari. La vostra iniziativa si manifesta nel campo dell'educazione. Una speciale importanza è data all'educazione cristiana nella famiglia e al catechismo parrocchiale. Essa si manifesta anche nei programmi offerti in alcune parrocchie per una comune formazione teologica di giovani alla vita religiosa, specialmente suore. Infine si manifesta nell'insegnamento di lavori tecnici, di umili lavori domestici che rendono più allegre le case e contribuiscono ad allontanare la povertà, creando un senso di dignità personale.
Siate presenti nel campo della caritativa e dell'assistenza sociale per mezzo di ospedali e farmacie, orfanotrofi, case per anziani, handicappati e per coloro che hanno depressioni morali e che abbisognano di una riabilitazione: i bisognosi trovano rifugio, i poveri trovano amicizia e aiuto. Io noto che voi state intraprendendo attività di sviluppo nelle aree rurali e montane in favore delle popolazioni più arretrate. La carità delle vostre Chiese locali è espressa in molti modi e viene offerta a tutti senza distinzione di credo, razza e rito.
Per tutto questo io ringrazio Dio e prego che Egli vi possa plasmare sempre più a immagine di Cristo, il Figlio Unigenito del Padre che è venuto tra noi a portare il bene.
5. Nella realizzazione dei vostri numerosi e vari compiti, è bene ricordare che tutte le strutture della Chiesa, tutti i servizi che essa rende tendono alla santità di vita e a quel fervore che solo la santità può rendere possibile e sostenere per diverso tempo. La carità dei cristiani è espressione di fede, un incontro con il Dio vivente; è conoscendo Cristo e il "potere della sua risurrezione" (Ph 3,10), proclamando la sua propria natura che la Chiesa stabilisce la sua priorità: l'essere simili a Cristo, questa è la santità.
Manifestare questa santità della Chiesa è il più prezioso servizio che voi potete rendere alla vostra Patria; poiché "santità" è una parola che l'India comprende.
Mi sta a cuore che voi manteniate vivo il senso dell'assolutezza e trascendenza di Dio, il senso della presenza e che vi affidiate a lui con fiducia e gioia. Aiutate a comprendere il valore dei sacramenti come momento e significato dell'incontro con Dio; incoraggiate una spiritualità appoggiando le vostre Chiese sulla ricca vita liturgica. Non dimenticate di insegnare a pregare e di sottolineare il significato della contemplazione e della lode: la preghiera che culmina nella celebrazione dell'Eucaristia. Onorate le Sacre Scritture (cfr. DV 21-26). Il Vecchio e il Nuovo Testamento nella loro indissolubile unità: "vive ed è attivo per la Parola di Dio" (He 4,12).
E' per me una consolazione, e so che lo è anche per voi, che il processo di beatificazione del venerabile Kyriakos Elias Chavara e del venerabile Alfonso, un figlio e una figlia della Chiesa di Syro-Malabar, sia nella fase finale e attende solo il solenne rito che io, quale Pastore della Chiesa universale, celebrero, Dio volendo, durante la mia visita pastorale in India.
6. Tra gli importanti compiti che l'episcopato di Syro-Malabar ha tenacemente svolto in risposta alle direttive conciliari e nella continuazione di un processo iniziato prima sotto la protezione della Santa Sede, è stata la revisione e preparazione di libri liturgici. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato che "tutti i membri del rito dell'Est devono sapere ed essere convinti che essi possono e devono sempre mantenere i loro riti liturgici e i loro modi di vita stabiliti, e che questi non possono essere alterati se non per mezzo di uno sviluppo appropriato e organico" (OE 6). E' per me inoltre particolarmente gratificante che il rinnovamento liturgico accordato alle direttive e allo spirito del Concilio sta procedendo in pace.
Io ammiro voi pastori delle Chiese cattoliche orientali in India per i vostri sforzi di assicurare la formazione dei fedeli di tutte le età specialmente di coloro che sono chiamati a esercitare il ministero catechistico. Per un ulteriore consolidamento delle vostre Chiese i vostri sforzi in questo campo devono essere intensificati e coordinati. Una speciale attenzione deve essere data alla formazione nei seminari minori e maggiori, case di formazione e di istituti religiosi.
7. La Santa Sede è ben conscia della fede dei vostri riti che sono vivi in varie parti dell'India e anche al di fuori e sono affidati ai vescovi del locale rito latino. A questa questione è stata data una seria considerazione nel Concilio Vaticano II e, precisamente, nel contesto delle relazioni tra le Chiese.
Sottolineando che "il provvedimento deve essere fatto per la preservazione e la crescita delle Chiese individuali, il Concilio è andato verso questa direzione: "Per questo proposito, le parrocchie e la gerarchia speciale devono essere formate dove il bene spirituale del fedele lo domanda" (OE 4).
Nello stesso tempo è riaffermata la norma secondo la quale: "Ogni cattolico deve mantenere il proprio rito, tenerlo in gran conto e osservarlo con molta fedeltà".
Non si è ancora trovato in India una soluzione soddisfacente a questo problema. La Santa Sede desidera che a questi fedeli che si trovano al di fuori delle circoscrizioni del rito orientale siano offerte tutte le facilitazioni della cura pastorale e la formazione catechistica nella loro stessa tradizione che le leggi della Chiesa prevedono. La Santa Sede desidera inoltre promuovere l'armonia delle relazioni all'interno della Chiesa e lo sviluppo di un clima di conoscenza e stima reciproche tra il clero e i laici di differenti razze e di diversa preparazione culturale e rituale. Sono convinto che i problemi esistenti tra i vari riti potranno tra breve essere risolti in una maniera che rispecchia perfettamente la sollecitudine materna e pastorale della Chiesa. I vescovi orientali insieme ai loro fratelli vescovi del rito latino potranno sempre aspettarsi un sicuro aiuto dalla Santa Sede, una protezione dei diritti legittimi di ognuna delle Chiese individuali e attenzione ai loro bisogni e al bene comune dell'intera Chiesa.
8. Miei cari fratelli vescovi. E' consuetudine, quando si parla delle Chiese orientali, ricordare la loro venerabile antichità e la ricchezza delle loro tradizioni. Questo è giusto e buono. Ma guardando le Chiese d'India io sono veramente colpito dalla straordinaria freschezza che esse esprimono. La Chiesa universale ha bisogno della loro testimonianza apostolica ed ecclesiale.
Prima di concludere vorrei chiedervi di portare la mia apostolica benedizione ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose del vostro Paese, ai vostri collaboratori laici e a tutto il mondo laico. Il mio caloroso incoraggiamento è indirizzato a voi per il vostro lavoro d'incoraggiamento di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Mando particolari saluti alla vostre tre facoltà teologiche ad Alwaye, Bangalore, Kottayam, come anche al seminario maggiore della Chiesa di Syro-Malankara nel Trivandrum.
Insieme a voi, venerabili fratelli nell'episcopato, io ringrazio Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che vi benedica con un'abbondanza di energia spirituale e fecondità. Vi affido alla protezione della Santissima Vergine Maria, Madre del Signore Gesù Cristo e Madre della Chiesa, e alla protezione del vostro padre nella fede, san Tommaso apostolo. "Il mio amore sia con voi tutti in Gesù Cristo" (1Co 16,24).
Data: 1985-12-19 Data estesa: Giovedi 19 Dicembre 1985
GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)