GPII 1986 Insegnamenti - Ai preti e seminaristi di New York - Città del Vaticano (Roma)

Ai preti e seminaristi di New York - Città del Vaticano (Roma)

Conoscere e amare il grande mistero della Chiesa


Cari amici.

Sono felice di incontrare questo gruppo di preti e seminaristi dell'arcidiocesi di New York. Spero che la vostra visita a Roma, specie alla tomba di san Pietro, sia l'occasione di un rinnovamento della vostra fede in Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore. La pietra di paragone di quella fede è la vostra abilità a ripetere con sempre più grande convinzione le parole di Pietro a Cesarea di Filippo: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16).

Desidero anche invitarvi a vivere la vocazione nella pienezza cercando costantemente di accrescere la vostra conoscenza e amore del grande mistero della Chiesa. Non una conoscenza della Chiesa qualsiasi ma quella di Sposa di Cristo.

Certamente non la semplice conoscenza basata su parziali e contingenti concetti sociologici. Ma una profonda e spirituale comprensione teologica del mistero della salvezza all'opera nelle vite della gente attraverso il ministero della Chiesa.

Possa egli illuminare gli occhi della vostra mente - come san Paolo scrive agli Efesini (Ep 1,18-19) - per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza".

Non basta un amore qualsiasi. Sicuramente non è sufficiente avere un semplice sentimento superficiale di compassione e di benevolenza. L'amore di cui si ha bisogno è il frutto dello Spirito (cfr Ga 5,22), l'amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (cfr Rm 5,5). Possa la vostra visita servire a sostenervi nella vostra dedizione al popolo di Dio. Vi rammenti la natura universale della Chiesa e vi avvicini alla Sede apostolica di Pietro, il centro dell'unità e della comunione ecclesiale.

Assicuro le mie preghiere per tutti voi a Maria, Madre della Chiesa. Dio vi benedica ora e sempre.

Data: 1986-05-23 Venerdi 23 Maggio 1986




All'Associazione americana FADICA - Città del Vaticano (Roma)

La fede in Cristo nobilita le attività umanitarie


Cari amici, è un piacere per me darvi il benvenuto oggi in Vaticano. Allo stesso modo sono contento di essere informato della vostra attività, dei vostri scopi e dello spirito che vi unisce nell'associazione FADICA (Fondazioni e donatori interessati alle attività cattoliche).

Fate bene a considerare la vostra eredità come strettamente legata ai principi a lungo espressi nella tradizione della Chiesa. Molti di questi principi furono enfatizzati dal Concilio Vaticano II e sono ora una fonte di ispirazione per voi nelle vostre iniziative comuni. Tra questi ci sono i principi di condivisa responsabilità per il Vangelo, l'incarico del laicato, l'ordinare tutte le attività temporali alla gloria di Dio, la promozione del bene comune, l'importanza del servizio alla Chiesa e del servizio nella Chiesa nel mondo e la necessità di portare il sollevante messaggio del Vangelo in ogni sfera della vita umana.

Era conveniente che questa visione conciliare condivisa da un numero di individui potesse cominciare a far sorgere un'organizzazione permanente nel 1975, durante l'Anno santo della redenzione e della riconciliazione. Conseguentemente la vostra associazione vi ha messo in grado di abbracciare una vasta gamma di impegni comprendente l'assistenza fraterna, sforzi caritatevoli e varie iniziative in favore dei poveri e dei bisognosi. Nel vostro impegno vi siete sforzati di condividere vedute ed esperienze, e di collaborare in un modo sistematico e organizzato per raggiungere il vostro fine.

La Chiesa nota con grande soddisfazione il vostro interesse per le sue attività, sia che esse siano a livello di parrocchia, diocesi, Nazione o Chiesa universale. La Santa Sede è molto grata per l'impegno della vostra associazione per rendere la filantropia più effettiva nel sostegno alla missione della Chiesa cattolica, e oggi esprimo volentieri questa gratitudine. Allo stesso tempo vi voglio incoraggiare non solo nelle vostre imprese individuali, e so che la lista è lunga, ma anche a mantenere quello spirito di unità e collaborazione che vi dà maggiori possibilità di generoso servizio.

Tutte le vostre attività e programmi umanitari sono immensamente nobilitati dalla vostra fede in Gesù Cristo e dalla virtù della carità soprannaturale che lo Spirito Santo ha infuso nei vostri cuori. La vostra fede e la vostra carità sono incentivi costanti non solo per perseverare nel rendere servizio all'umanità, ma anche a scoprire con una sempre più nuova creatività ciò che voi potete fare per la Chiesa e per il mondo.

Come laici nella Chiesa siete impegnati nel retto ordinamento e nella giusta amministrazione degli affari temporali. Ma questa vocazione è proprio al cuore del mistero di Cristo, che salva e risolleva l'umanità e che è vivo in voi e desidera amare e servire tramite voi.

Cari amici: in questa occasione che siete riuniti a Roma per riflettere sulle vostre attività e sulle vostre possibilità di servizio e anche sulla vostra vocazione siate coscienti della grande sfida di san Paolo: "Tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (Col 3,17).

Data: 1986-05-23 Venerdi 23 Maggio 1986




A un gruppo di famiglie - Città del Vaticano (Roma)

Adottare un bambino è servire la vita


Carissimi fratelli e sorelle!


1. Siate i benvenuti a questa udienza che si svolge in occasione del primo Convegno Nazionale delle famiglie che hanno adottato bambini provenienti dall'India, promosso dalla Congregazione delle Missionarie della Carità. Saluto cordialmente tutti voi, genitori e figli adottivi, e saluto, in modo particolare, madre Teresa di Calcutta con le sue consorelle che operano in Italia.


2. Come non ricordare, in questo momento, le parole del Signore: "Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me" (Lc 9,48)? La volontà di adottare un bambino nasce sempre dall'amore per i fanciulli e da un profondo desiderio di paternità e di maternità. Nel vostro caso, io penso, è stato anche l'amore a Cristo, che vive in ogni nostro piccolo fratello (cfr Mt 25,40), a muovervi verso l'adozione, grazie alla quale avete accolto come figli questi piccoli, li avete fatti vostri e li amate, con amore di padre e di madre.

Sia ringraziato Dio Padre, dal quale ogni paternità prende nome, perché nelle vostre famiglie, vivendo la grandezza e la bellezza della vocazione all'amore, avete voluto realizzare tale servizio alla vita. La vostra è una testimonianza singolare, che annuncia al mondo fino a che punto il matrimonio può essere aperto a un servizio tanto nobile, spaziando da un ambito circoscritto a uno più libero e spirituale, dominato dalla sensibilità verso l'altro in quanto altro. Voi avete cercato il volto di Cristo nel volto del vostro fratello povero e infelice; e avete saputo vederlo nei bambini che all'inizio della loro vita erano rimasti senza casa e senza famiglia. Accogliendoli nella vostra casa, voi li avete come rigenerati nell'affetto del vostro cuore, e avete saputo riversare su di loro la vostra speranza, fino a riconoscere in essi il vostro futuro.


3. Se è vero che oggi oscure nubi si addensano sulla famiglia, consola il fatto che tante testimonianze di generosità si accendono nelle famiglie cristiane, inducendo il cuore ad aprirsi alla speranza. Le scelte cristiane sono, non di rado, in tensione con la mentalità dell'ambiente; esse tuttavia, con la carica di novità che portano in sé, risultano proposte vive e stimolanti per tutti. Da questo punto di vista l'adozione è un segno, con il quale la famiglia cristiana dichiara di non volersi chiudere in se stessa di fronte alle situazioni che richiedono particolare aiuto.

La decisione di adottare un figlio non è mai facile: essa comporta infatti l'assunzione di obblighi complessi e seri. E' pero una decisione che arricchisce la comunità. Vi esorto ad avere fiducia nel vostro compito e a confidare in Dio, il quale terrà certo presente il vostro generoso impegno verso questi bambini e saprà ricompensarlo. Appoggiatevi perciò a Dio nel quotidiano disimpegno delle vostre mansioni di genitori. Voi dovete garantire il processo graduale e armonico della crescita di questi fanciulli, dovete provvedere alla loro educazione, allo sviluppo delle attitudini morali e spirituali della loro personalità.


4. Mi pare degno di attenzione il fatto che oggi si sono progressivamente moltiplicate le famiglie desiderose di adottare un minore. Tale fenomeno, certamente positivo, risponde a un valore morale molto alto. Per questo esprimo auspicio che venga intrapresa un'opera sempre più efficace da parte di coloro che possono influire su questo settore, affinché si riesca a stabilire un clima sereno, aperto, obiettivo verso l'adozione, promovendo, a livello di norme e di prassi, una sua più facile attuazione, insieme con una più chiara comprensione dei problemi umani, psicologici e giuridici che la riguardano.


5. Auguro a tutti voi che i vostri figli adottivi, inserendosi pienamente nella vostra famiglia, possano crescere nella gioia e recare anche a voi conforto.

Raccomando al tempo stesso ai vostri figli, a quelli almeno che sono ormai grandicelli, di saper rispondere con affetto riconoscente alle vostre cure e alle vostre speranze. Possano essi restituirvi, a conforto e premio, le ricchezze spirituali e morali che avete saputo loro infondere.

La mia benedizione accompagni tutti voi e sia propiziatrice dell'assistenza del Signore nella vostra casa.

Data: 1986-05-24 Sabato 24 Maggio 1986




Al settimanale "Passauer Bistumsblatt" - Città del Vaticano (Roma)

Orientare gli uomini alla scoperta della verità


Cari fratelli e sorelle.

Con il vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli festeggiate con gioia e gratitudine, voi redattori responsabili, collaboratori e lettori, i cinquant'anni del "Passauer Bistumsblatt". Dopo la vostra partecipazione all'udienza generale, durante la quale avete potuto conoscere la grandezza universale della nostra Chiesa, rispondo volentieri al vostro desiderio di un incontro più personale con il successore di Pietro. Io saluto tutti voi molto cordialmente e mi congratulo con voi e la diocesi di Passau per il giubileo del Bistumsblattes. Questa è per me anche un'occasione per ringraziarvi e incoraggiarvi nel lavoro che voi svolgete nell'ambito della comunicazione religiosa, di sostegno e diffusione della stampa cattolica.

Un giornale ecclesiale è un eccellente mezzo della comunicazione sociale all'interno della propria diocesi, informa circa la vita e l'attività della diocesi stessa, approfondisce i rapporti tra i diocesani, partecipa, attraverso il suo servizio alla verità, al compito di "annuncio" della Chiesa e comunica ai lettori un prezioso orientamento cristiano.

Per questo motivo un tale organo di stampa supera il puro ambito interno della Chiesa e diventa un rilevante contributo al coro di molteplici voci dell'opinione pubblica. Proprio nel nostro tempo; grazie alle sempre più facili e migliori possibilità della comunicazione sociale noi cristiani dobbiamo diventare ancora più consapevoli di questo grosso compito della stampa religiosa. In una società secolarizzata, che ha bisogno di una seconda evangelizzazione, dobbiamo portare la nostra fede cristiana nell'ambito pubblico e spiegare il suo valore e importanza per una risposta alle domande fondamentali della vita. Anche a un giornale religioso si offrono oggi numerose possibilità di partecipare alla formazione dell'opinione pubblica, attraverso argomenti e iniziative molto convincenti che testimoniano la nostra fede e speranza cristiana. Il 50° giubileo del vostro "Passauer Bistumsblatt" sia per la redazione responsabile motivo per una nuova coscienza del compito fondamentale riguardo a questo lavoro nel campo della comunicazione. I lettori e tutti i fedeli devono essere animati e incoraggiati in quest'opera di responsabilità nell'importante settore del lavoro pubblico cristiano.

Con questo desiderio imploro per voi e per tutti coloro che sono a Bistum, che voi qui rappresentate, la luce e l'aiuto di Dio e impartisco di cuore a voi, all'intera comunità di lettori del vostro "Passauer Bistumsblatt" e a tutti coloro che con le parole e con i fatti lo sostengono, la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-05-24 Sabato 24 Maggio 1986




Omelia alle ordinazioni sacerdotali - Città del Vaticano (Roma)

Svelare la grandezza dell'uomo servendo lo spirito di verità



1. "Gloria tibi Trinitas". Con tutta la Chiesa cantiamo oggi la gloria della santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Cantiamo gloria a Dio che è uno nell'unità della sua divinità. A Dio che è uno nell'imperscrutabile mistero della divina trinità. Uno nell'unità della divinità. Uno nell'unità della comunione.

"Gloria tibi Trinitas". Cantiamo gloria a Dio "che è, che era e che viene" (Ap 1,4)


2. "Quando... verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13). Quando verrà... Proprio perché egli non soltanto "è", ma anche "è venuto" - proprio per questo fatto - ci ha reso vicino il mistero della sua vita trinitaria. Il Dio dell'assoluta trascendenza si è fatto Dio dell'economia della salvezza. "E noi vedemmo la sua gloria" (Jn 1,14).

Dice Cristo: "Quando verrà lo Spirito di verità... egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà" (Jn 16,13-15).


3. così parlava Cristo alla vigilia della sua passione. Parlava del Padre, di se stesso, dello Spirito... Lo Spirito è colui che nella realizzazione dell'economia trinitaria della salvezza "prende dal Figlio". Prende da ciò che è del Figlio - e nello stesso tempo - da ciò che nel Figlio è del Padre. "Tutto quello che il Padre possiede è mio".

Dal Padre per il Figlio nello Spirito Santo - è l'opera della creazione.

Dal Padre per il Figlio nello Spirito Santo - è l'opera della redenzione. E' l'opera del divino rinnovamento di ciò che è creato. Ogni cosa rinnovata nello Spirito Santo per opera del sacrificio del Figlio deve tornare al Padre dal quale ha preso inizio. E in questo modo "tutto vive". Dio "non è un Dio dei morti ma dei viventi" (Mc 12,27).


4. "Prenderà del mio", dice Cristo agli apostoli la sera nella quale istituisce l'Eucaristia e fa di loro un regno e li costituisce sacerdoti (cfr Ap 1,6 Ap 5,10).

Oggi queste parole devono compiersi in voi, cari neo-presbiteri.

Ecco, lo Spirito Santo deve attingere al sacerdozio di Cristo: al sacerdozio unico ed eterno che è nel Figlio, e deve rendervene partecipi. Deve evocare, mediante il segno di questo sacramento, ciò che è in lui, Gesù Cristo, e che Cristo ha previsto per ciascuno di voi similmente a come lo ha previsto per i Dodici che erano con lui nel cenacolo quando diceva: "Questo è il mio corpo...

Questo... è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo... in memoria di me" (1Co 11,24-25).

Lo Spirito di Verità deve oggi ripeterlo a voi. Deve annunziarvelo mediante l'imposizione delle mani vescovili e sacerdotali che ci uniscono alla sacra eredità del cenacolo.


5. Voi che fra poco riceverete l'ordinazione sacerdotale, provenite da diverse parti del mondo, da 23 nazioni: Spagna, Italia, Francia, Austria, Malta, Scozia, Irlanda, Polonia, Cecoslovacchia, Turchia, India, Canada, Stati Uniti, Messico, Guatemala, Porto Rico, El Salvador, Panama, Venezuela, Perù, Argentina, Brasile, Uruguay. Ciascuno di voi costituisce una persona unica e irripetibile. E ciascuno ha ricevuto, dalla pienezza del dono di Cristo, il proprio dono. Questo dono sarà suggellato oggi con il carattere indelebile del sacramento. E contemporaneamente in questo dono e mediante questo sacramento dovete far parte nella Chiesa di una comunità particolare. Nella pluralità dovete formare nella Chiesa l'unità del presbiterio nata dalla ricchezza infinita dal dono del sacerdozio di Cristo.


6. La Chiesa di Dio vi accoglie con gioia. Con gioia vi accoglie il Vescovo di Roma. Vi accoglie e vi invia con la potenza dello Spirito di Verità, con la potenza del Consolatore. Voi stipulate oggi un'alleanza permanente con la Sapienza divina; con quella Sapienza della quale parla la prima lettura dell'odierna liturgia, con la Sapienza che è eternamente generata in Dio "dagli inizi della terra... quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua" (Pr 8,23-24).

Voi concludete l'alleanza che è stata confermata per sempre nel Sangue di Cristo. Voi vivete a gloria della santissima Trinità: "Gloria tibi Trinitas".


7. Prendetevi profondamente a cuore quella grandezza dell'uomo, della quale parla il Salmo: "Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il Figlio dell'uomo perché te ne curi?" (Ps 8,5). Si, tu te ne curi. E misura di questa sollecitudine paterna è Cristo. Gesù Cristo, nel quale trova vera luce il mistero dell'uomo e la sua vocazione (cfr GS 22).

Prendetevi a cuore questo mistero. Vivete per esso. Lavorate per esso.

Dedicate a esso tutte le vostre forze. Siano per esso fruttuosi la vostra vita sacerdotale e il vostro servizio.


8. Non si riferiscono forse a voi le parole del Salmo: "gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Ps 8,7)? Si. Queste parole si riferiscono a voi in modo particolare. Voi dovete svelare la grandezza dell'uomo traendo occasione anche dal peccato, servendo allo Spirito di verità che viene costantemente per convincere il "mondo quanto al peccato" (Jn 16,8).

"Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati..." (Jn 20,22-23).


9. Cari figli! Voi che "mediante la fede" ottenete "di accedere a questa grazia" (Rm 5,2), a questa grazia speciale che è contenuta nel sacramento del Sacerdozio, permanete in essa! Permanete in essa, per mezzo della potenza del sacrificio di Cristo, per mezzo dell'azione dello Spirito Consolatore; siate in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo (cfr Rm 5,1). Permanete in lui vantandovi nella speranza della gloria di Dio (cfr Rm 5,2).

"Gloria tibi Trinitas"!

Data: 1986-05-25 Domenica 25 Maggio 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Ogni credente porta in sé il mistero del Dio-Trinità



1. "Tutto quello che il Padre possiede è mio..." (Jn 16,15); "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27). "Quando pero verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera... Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà..." (Jn 16,12-14). Lo Spirito Santo "vi annunzierà" ciò che il Figlio "ha rivelato".


2. Nella giornata odierna la Chiesa accoglie, in modo speciale, la rivelazione del Figlio e la testimonianza dello Spirito di Verità. Magnificando Dio Uno e Trino: Padre, Figlio e Spirito Santo, "gloria tibi Trinitas, / aequalis una Deitas / et ante omnia saecula / et nunc et in perpetuum".


3. La Chiesa porta in sé questo mistero indicibile di Dio: Dio-Trinità. E ogni credente lo porta in sé; infatti l'apostolo domanda: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Co 3,16). In questo Spirito, che è Amore e Dono, Dio Uno e Trino si offre al suo creato.

Dice Cristo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui..." (Jn 14,23). "Chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1Jn 4,16).


4. Ecco, colei che ha amato di più. Ecco, colei che più pienamente "dimora in Dio". Ecco, Maria di Nazaret. Uniamoci a lei nel momento dell'Annunciazione.

Il Padre Eterno le dice per il tramite del suo arcangelo: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te... Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce... Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,28-35).


5. Oggi ritorniamo - dopo il periodo di Pasqua - alla preghiera dell'"Angelus Domini". Meditiamo in essa il mistero di Dio che è Unità nella Trinità. Meditiamo il mistero di Dio, "che è, che era e che viene" (Ap 1,4). Viene per diventare uomo nel seno della Vergine Maria.

[Dopo l'Angelus:] Dal 29 di questo mese al 7 giugno si terrà a Bari la IV sessione plenaria della commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme. Ho avuto la gioia di annunciare l'apertura di questo dialogo in occasione della mia visita al patriarcato ecumenico per la festa di sant'Andrea, nel 1979. Da allora, con puntualità e perseveranza, la commissione sta compiendo il suo lavoro, con lo scopo di stabilire la piena comunione tra le nostre Chiese nell'unità della fede.

Occorre intensificare la preghiera, lo studio e il dialogo. Occorre soprattutto invocare lo Spirito Santo perché guidi la commissione sulla giusta via. Anche l'intercessione di san Nicola di Bari, vescovo di Mira della Licia, ugualmente venerato nella Chiesa cattolica e nelle Chiese ortodosse, aiuti i membri della commissione a realizzare un incontro nella verità, nella comunione di fede, nella carità.

Data: 1986-05-25 Domenica 25 Maggio 1986




A ex combattenti francesi - Città del Vaticano (Roma)

Costruire a tutti i costi la pace e la solidarietà


Signori, signore.


1. Quarantadue anni fa, un buon numero di voi passarono qui vicino, risalirono la penisola italiana dal sud al nord, come combattenti della prima Divisione Francese libera. Non avete voluto capitolare davanti a coloro che, per mezzo della forza militare, avevano umiliato il vostro Paese e l'avevano in parte privato della libertà. La vostra lunga marcia ebbe inizio in Africa, vi condusse al fianco dei vostri Alleati sui campi di battaglia in Italia, prima di riconquistare e liberare la Francia. Oggi, accompagnati dalle vostre famiglie e dagli amici che saluto con voi, desiderate ripercorrere, da pellegrini commossi, questi luoghi ai quali è rimasta attaccata una parte della vostra vita e del vostro cuore. E in questa tappa romana avete manifestato il desiderio di incontrarmi. Vi ringrazio per questo passo fiducioso. Vorrei sottolineare soltanto che è importante trattenere questo ricordo per molti aspetti: per voi, per coloro che sono morti, per le nuove generazioni e per il vostro itinerario spirituale.


2. Per voi si tratta di rivivere un'esperienza drammatica e confortante. Il tempo non cancellerà mai il carattere tragico, crudele, disumano di questi combattimenti feroci, nei quali spesso rischiaste la vostra vita. La seconda guerra mondiale causo tante vittime e tali distruzioni da poter trattenere un solo augurio che mai più si riproduca un simile disastro per il quale tante nazioni hanno sofferto a incominciare dall'Europa.

D'altro canto, all'interno di questo mondo segnato dalla violenza, dalla sofferenza, dall'odio e da numerose miserie, avete fatto delle esperienze positive; avete vissuto autentici valori umani e morali. Eravate animati da un grande slancio, perché volevate ridonare ai vostri compatrioti, ai popoli europei, le condizioni di pace, di libertà, di giustizia che costituiscono la dignità degli uomini. Ciò vi rendeva capaci di dedizione, di spirito di sacrificio, spirito talvolta fino all'eroismo. Tra di voi si stabiliva una amicizia, una solidarietà del tutto speciali senza contare l'apertura al di sopra delle frontiere tra soldati francesi, italiani, polacchi, britannici e altri. Questo coraggio e queste virtù vi hanno forgiato un'anima che forse ha segnato il resto della vostra vita.

E' bene che le vostre famiglie e i vostri amici siano iniziati a quest'esperienza.


3. Ma molti dei vostri compagni sono morti in questi combattimenti. I cimiteri restano testimoni permanenti di questa crudeltà della guerra e del sacrificio acconsentito da questi uomini spesso ancora giovani che hanno dato la propria vita per affermare un diritto e una libertà per se stessi e per gli altri (cfr il mio messaggio di Pasqua 1985). Non dobbiamo mai dimenticarli. Io stesso ho voluto inginocchiarmi davanti alle loro tombe il 17 maggio 1979, nel celebre cimitero di Monte Cassino. E l'ho fatto a Ypres nel Belgio fiammingo il 17 maggio 1985, davanti al grande campo di battaglia della prima guerra mondiale. Si, bisogna essere fedeli con il ricordo, con un ricordo di riconoscenza. E per noi credenti questa fedeltà si esprime in Dio misericordioso, affinché accolga nella sua pace e nella sua vita ciascuno di questi morti e continui a riconfortare le loro famiglie. So che è il senso della vostra visita al cimitero francese di Monte Mario.


4. Questo ricordo è anche un'occasione di meditazione, per voi e più ancora per le nuove generazioni. Queste devono fare tutto il possibile per costruire solidamente la pace e la fraternità tra i popoli, perché sia scartato il flagello della guerra, perché siano eliminate le cause della guerra: l'odio, il razzismo, le ideologie totalitarie, gli squilibri economici, i terrorismi, la tendenza ad accumulare armi al prezzo di spese rovinose... Il mondo d'oggi deve anche interrogarsi sui valori morali e spirituali che fondano la vita nella società nella quale si beneficia l'assenza della guerra. Infatti voi avete combattuto perché il vostro Paese conoscesse una vera libertà, una pace sociale e una fraternità autentiche, più giustizia e un più grande rispetto delle esigenze che assicurano la dignità delle persone e delle famiglie. Non sarebbe dannoso vedere la società perdersi sulle false piste di una libertà senza controllo o di un piacere degradante? Voi potete e dovete continuare a portare la vostra testimonianza perché le giovani generazioni comprendano meglio quali sforzi richiede una civiltà degna dell'uomo.


5. Infine l'associazione, come molte di ex combattenti, ex prigionieri dell'una o dell'altra guerra, fa menzione del posto che cappellani militari hanno tenuto in mezzo a voi, sui campi di battaglia, preti che portavano il loro soccorso umano, la loro amicizia e il loro aiuto spirituale. Per molti, grazie a questi preti come anche ai cristiani laici convinti, questo tempo difficile, questo tempo di prova è stato un tempo di riscoperta della fede, nella semplicità di un dialogo nella verità che le preoccupazioni della vita civile rischiano talvolta di soffocare.

Certamente questa adesione alla fede è un passo profondo, spesso lento e progressivo, sempre libero. Ma precisamente sembra che questo richiamo spirituale fosse aiutato allora dal clima che regnava tra di voi. Ringraziate Dio se è stato così per voi. Siate fedeli a questa grazia che vi è data. E non temete di aprire ancora il vostro cuore alla grazia che bussa sempre alla porta in mille modi, allo Spirito Santo che attira, purifica ed eleva coloro che acconsentono di pregarlo.

Vi incoraggio anche in ogni modo a rinsaldare i legami fraterni che vi uniscono profondamente nel rispetto delle coscienze, delle vocazioni e dei vostri itinerari di vita così vari. Prego il Signore di benedire voi e tutti i vostri.

Data: 1986-05-26 Lunedi 26 Maggio 1986









Omelia del Corpus Domini - San Giovanni in Laterano (Roma)

La Chiesa vuole mostrare a tutti come Cristo vive in essa



1. "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek". Oggi la Chiesa è in ascolto delle parole dell'Eterno Padre che parla al Figlio: "Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra... A te il principato nel giorno della tua potenza (Ps 109,1-4).

Di quale potenza parla il Padre al Figlio? Quale gloria proclama con le parole del salmo messianico? Ecco, proclama innanzitutto la gloria dell'Unigenito, la gloria di Colui che eternamente è generato e che sempre è generato: Egli è della stessa sostanza del Padre.

"Io ti ho generato" - dice il salmista - "dal seno dell'aurora, come rugiada" (Ps 109,3). Bella metafora, anche se imperfetta; nessuna immagine presa dal mondo delle creature può riflettere la realtà di Dio, il mistero del Padre e del Figlio, il mistero della generazione che è eternamente in Dio.


2. Eppure, attraverso l'imperfezione delle metafore umane, la Chiesa ascolta le parole del Padre e contempla la gloria del Figlio. La gloria che egli ha eternamente in Dio Trinità e, nel contempo, quella che egli, come Figlio Eterno, dà al Padre. Il Figlio di Dio ("Verbum Patris") - il Figlio dell'uomo - sacerdote per sempre.


3. Questo è il giorno della sua potenza nella storia della creazione. Il giorno della sua vittoria nella storia dell'uomo. Egli, eternamente generato dal Padre e della stessa sostanza del Padre, sale al Padre, entra nella sua gloria quale Redentore del mondo. E il Padre gli dice: "Siedi alla mia destra" (Ps 109,1).

In questo modo esalta colui che gli è uguale (uguale al Padre), ma che, come vero uomo, "umilio se stesso, facendosi obbediente fino alla morte" (Ph 2,8). E proprio mediante questa morte egli ha riportato la vittoria: la vittoria sulla morte del corpo e sulla morte dello spirito, cioè sul peccato. Proprio per questa morte egli domina. E' il Signore nel regno della Vita. E il Padre gli dice: lo scettro del tuo potere stendero da Sion, porro i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi (cfr Ps 109,2 Ps 109,1).


4. Colui che mediante la morte ha ottenuto il dominio sulla morte e sul peccato è sacerdote per sempre. Infatti ha ottenuto tale dominio, offrendo se stesso in sacrificio. Sacrificio del corpo e del sangue. Ha trionfato mediante la croce.

Nel suo dominio nel regno della Vita è iscritto il suo sacerdozio. Colui che offre il sacrificio, serve: compie il servizio di Dio. Rende testimonianza al fatto che tutto il creato appartiene a Dio ed è sottomesso a Dio. Nel dominio di Cristo è quindi iscritto il servizio: la restituzione di tutte le creature a Dio quale Creatore e Padre.

Cristo siede alla destra del Padre, Cristo regna sottomettendo tutte le creature a Dio come Creatore e Padre. Sottomettendole, le restituisce a Colui a cui soprattutto appartengono. Riconsegna tutte le creature e prima di tutto l'uomo, perché egli stesso è Figlio dell'uomo. Nell'uomo restituisce tutto, poiché tutto ciò che è stato creato nel mondo visibile, è stato creato per l'uomo.


5. "Il Signore ha giurato e non si pente: "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek"" (Ps 109,4). Cristo, sacerdote, "entro nel santuario... con il proprio sangue" (He 9,12). Istitui la nuova alleanza di Dio con l'uomo nel suo corpo e nel suo sangue. Verso questo sangue sulla croce, offrendo il suo corpo alla passione e alla morte. Tuttavia egli offri questo sacrificio cruento una sola volta per tutti i tempi. E nessuno può ripeterlo così come nessuno poté anticiparlo.

Invece, il giorno prima di Pasqua, il medesimo sacrificio del corpo e del sangue - sacrificio della nuova ed eterna alleanza con Dio - lo ha compiuto per la Chiesa sotto le specie del pane e del vino. Lo ha istituito come sacramento di cui vive la Chiesa, di cui si nutre la Chiesa. In questo modo Cristo divenne sacerdote "al modo di Melchisedek". Melchisedek infatti, contemporaneo di Abramo che è il padre della nostra fede, offri il sacrificio del pane e del vino: un sacrificio incruento (cfr Gn 14,18). Cristo, eterno sacerdote, rimane per sempre con la Chiesa mediante il sacrificio che è offerto "al modo di Melchisedek".


6. La Chiesa vive quotidianamente di questo sacrificio e di esso quotidianamente si nutre. Per opera di questo sacrificio Cristo è costantemente presente in essa.

Cristo: Eterno Sacerdote. Non c'è infatti sacrificio senza sacerdote. Per opera di questo sacrificio, Cristo riconferma quotidianamente "la nuova ed eterna alleanza nel suo corpo e nel suo sangue". Quotidianamente e incessantemente, essendo "alla destra del Padre", sottomette a Dio tutte le creature, ma soprattutto ogni uomo creato a immagine di Dio.

Per opera di questo sacrificio, per opera dell'Eucaristia, Cristo "sacerdote per sempre al modo di Melchisedek", rende testimonianza a Dio che è non soltanto Creatore e Signore di tutta la creazione, ma è, nello stesso tempo, Padre. E il Padre alimenta e nutre i suoi figli. Alimenta quindi e nutre l'uomo con il cibo e con la bevanda della vita eterna. Con il pane e vino della santissima Eucaristia.


7. La Chiesa vive quotidianamente dell'Eucaristia. Vive di essa senza sosta. Ma oggi - in questo particolare giorno - desidera porgere l'orecchio con speciale attenzione alle parole che il Padre dice al Figlio ("Oracolo del Signore al mio Signore") e desidera meditare le parole del Salmo messianico. Meditare e contemplare la loro eloquenza eucaristica. Questa è infatti la festa dell'Eucaristia.

La Chiesa desidera uscire per le strade, annunciando a tutto il mondo ciò di cui essa vive ogni giorno. Desidera far vedere a tutti come vive in essa Cristo: Colui che era, che è e che deve venire (cfr Ap 1,4). "Ogni volta che mangiamo di questo Pane e beviamo a questo Calice, annunziamo la tua morte, Signore, nell'attesa della tua venuta".

Cristo-Sacerdote per sempre al modo di Melchisedek!

Data: 1986-05-29 Giovedi 29 Maggio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Ai preti e seminaristi di New York - Città del Vaticano (Roma)