GPII 1987 Insegnamenti - Le credenziali del nuovo Ambasciatore di Corea - Città del Vaticano (Roma)
Titolo: La giustizia nelle relazioni umane esige il rispetto della dignità della persona umana
Testo:
Signor Ambasciatore, E' per me un grande piacere darLe oggi il benvenuto come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica di Corea presso la Santa Sede.
Accetto con gioia le Sue Lettere Credenziali e La ringrazio per avermi trasmesso le cortesi parole di saluto formulate da sua eccellenza il Presidente Chun Doo Hwan.
Il fatto che Lei sia qui come rappresentante diplomatico del Suo Paese mi fa ricordare la mia indimenticabile visita di tre anni fa. Fui profondamente commosso dal calore dell'ospitalità del popolo coreano e serbo nel cuore quell'esperienza diretta delle tradizionali qualità di buona volontà, di rispetto e industriosità che lo caratterizzano. Ebbi modo anche di comprendere vivamente la penosa divisione che continua a causare così grande sofferenza e che invita a compiere ogni sforzo e a perseverare nell'impegno tutti quelli che servono la causa della giustizia e della pace.
Nel mondo contemporaneo non possiamo ignorare il fatto che le questioni economiche, sociali e politiche che toccano i singoli paesi hanno una dimensione globale e interdipendente. Di più ancora tali questioni necessariamente implicano una dimensione etica e morale che ha le sue radici nel valore unico di ogni vita umana e nella inviolabilità della dignità umana.
La saggezza richiede che, ricercando soluzioni adeguate ai gravi problemi che ogni Paese esperimenta nel suo modo particolare, sia data priorità al bene comune e ai principi etici che lo governano sopra ogni forma di interesse partigiano.
La Santa Sede ritiene che giuste relazioni fra i differenti paesi possano essere costruite solo sul senso condiviso di solidarietà e di responsabilità per il benessere e l'autentico progresso della famiglia umana nel suo complesso. La giustizia nelle situazioni umane richiede rispetto per la dignità di ogni essere umano. Essa rifiuta l'egoismo, sia individuale che collettivo, che favorisce le ineguaglianze e il dominio del più forte. In questa luce le qualità morali e la vitalità religiosa di una nazione hanno un contributo essenziale da dare per la costruzione di una società fondata sulla fiducia reciproca, sulla corresponsabilità, sulla difesa dei diritti umani e sull'attenzione ai bisogni dei poveri e dei deboli.
Poiché la Chiesa svolge la sua missione nel cuore del mondo, le sue attività religiose, educative e caritatevoli non possono che contribuire alla costruzione di una società più umana e più giusta.
Nelle parole del Concilio Vaticano II, "chi... cerca anzitutto il regno di Dio, assume così più valido e puro amore per aiutare tutti i suoi fratelli e per realizzare, con l'ispirazione della carità, le opere della giustizia" (GS 72). Questa è stata anche l'esperienza della Chiesa in Corea, la cui presenza due volte secolare ebbi il privilegio di celebrare sul vostro suolo.
Ho accennato a questi principi generali come un esempio dell'attenzione agli aspetti morali e umanitari della vita pubblica che caratterizza il modo di accostarsi a tali problemi da parte della chiesa e della Santa Sede. E' con tali argomenti che la Sua missione qui, signor Ambasciatore, sarà principalmente confrontata.
Desidero assicurarla che la Santa Sede darà la massima collaborazione per rafforzare e sviluppare sempre più i legami già esistenti fra di noi. Per questo invoco abbondanti benedizioni divine sopra di lei nell'adempimento dei Suoi doveri, e sopra tutti i suoi concittadini nel perseguimento dell'armonia, della giustizia e della pace.
[Traduzione dall'inglese]
1987-04-27 Data estesa: Lunedi 27 Aprile 1987
Titolo: Una nuova evangelizzazione per l'America Latina a 500 anni dal primo annuncio del Vangelo
Testo:
Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, religiosi e laici.
1. Mi è gradito avere questo incontro con i membri del Consiglio Generale della Commissione Pontificia per l'America Latina (Cal) di cui celebrate a Roma la vostra XI sessione per studiare due temi di grande rilievo e importanza per le chiese che peregrinano nel continente latino-americano: la coordinazione di progetti internazionali riguardo alle celebrazioni dei 500 anni dall'inizio dell'evangelizzazione nel Nuovo Mondo, e il problema dell'informazione come fonte di comunicazione e comunione.
Sono grato a tutti per essere venuti a riunirvi col Papa e vi sono particolarmente grato per le amabili parole di saluto che mi ha rivolto il vostro Presidente Cardinale Bernardin Gantin.
2. Come ha fatto notare sua Eminenza sono già otto i viaggi che ho realizzato nel continente della speranza, visitando quasi tutte le chiese che si trovano in quelle latitudini. Ho potuto osservare così, personalmente e direttamente, la vitalità di quelle chiese proiettate con grande generosità pastorale verso il futuro, che per esse ha due date chiave, che costituiscono due fonti irradianti di luce nel loro affannoso cammino come portatori del messaggio del Vangelo a tutti gli uomini: l'anno 1992, quinto centenario dell'arrivo dei primi missionari provenienti dalla Spagna, e l'anno 2000 inizio del III millennio del cristianesimo.
Tutta la Chiesa universale è in atteggiamento di attesa in una situazione di avvento, per prepararsi a passare la soglia del nuovo millennio celebrando Cristo redentore. Ma la Chiesa in America Latina vive una tensione spirituale e apostolica propria ed è entrata in un avvento speciale, per predisporsi a celebrare Cristo salvatore, il cui passaggio giunse nelle terre americane 500 anni fa.
Ho convocato le chiese che sono in questo continente per una "nuova evangelizzazione": "nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione".
A questa nuova evangelizzazione ho avuto occasione di riferirmi durante il mio recente viaggio apostolico in Uruguay, Argentina e Cile, in particolare nei discorsi di Puerto Montt, Viedma, e Salta e desidero ripetervi adesso, a proposito del tema sottoposto all'esame della vostra sessione di lavoro, che tutte le iniziative o progetti, che si organizzino con riferimento ai cinquecento anni dell'instaurazione della Chiesa nei vari paesi latino-americani, devono essere orientati a rendere profonda, efficace e fruttuosa questa nuova evangelizzazione: lavoro che dà alla Chiesa per compiere la missione divina di predicare la buona novella a tutti gli uomini.
3. Voi siete coscienti dell'importanza decisiva che ha l'informazione nell'opera evangelizzatrice. Esaminando questo problema dovete tener presente che l'informazione come avete proposto nell'enunciare il tema è fonte di comunicazione e ciò che deve comunicare la Chiesa, chiaramente e integralmente, è la verità di Cristo e del suo Vangelo: questa è l'unica verità liberatrice e salvatrice; non quella che proviene da ideologie ambigue, estranee alla volontà cristiana dell'America Latina o chiaramente rifiutate dalla Chiesa. Tutta l'informazione ecclesiale - a questo tipo di informazione mi riferisco adesso - perché sia veramente ecclesiale deve racchiudere un messaggio evangelizzatore. Questo dovete tenerlo molto in considerazione, soprattutto, i sacerdoti e gli altri pastori che si dedicano al ministero della Parola scritta, così come i laici cattolici dedicati all'apostolato della scrittura.
Inoltre gli uni e gli altri devono avere la coscienza che l'opera evangelizzatrice, realizzata attraverso l'informazione, più che sulla potenza delle tecniche moderne si appoggia alla forza divina che Cristo ha dato al suo messaggio.
4. D'altra parte, perché l'opera di evangelizzazione sia efficace e produca il frutto desiderato, deve contare su un'informazione che sia fonte di comunione.
Ogni notizia inesatta, tendenziosa, ingiusta, contraria alla verità o sottoposta alla manipolazione delle ideologie, crea malessere nella comunità, mette in pericolo la pace, mina la comunione e disorienta, è per così dire antievangelizzatrice.
Da li la necessità che i pastori vigilino sui meccanismi dell'informazione, particolarmente dell'informazione religiosa, e quando sia necessario denuncino profeticamente i casi di ingiustizia, di mancanza di oggettività o di carenza di correttezza professionale nella trasmissione delle notizie.
L'informazione deve contribuire sempre a creare legami di unione, concordia e intesa nella Chiesa e nel mondo.
5. Desidero che queste brevi riflessioni vi aiutino nel vostro lavoro di questi giorni - esse vogliono essere espressione della mia sollecitudine pastorale per la Chiesa dell'America Latina, le cui intenzioni raccomando al Signore per mediazione di Maria, stella dell'evangelizzazione.
Imparto a tutti di cuore la mia benedizione apostolica.
1987-04-28 Data estesa: Martedi 28 Aprile 1987
Titolo: Proclamazione del Vangelo e dialogo interreligioso, elementi essenziali della missione della Chiesa
Testo:
Cari fratelli nell'episcopato, cari amici.
1. Sono felice di darvi oggi il benvenuto, membri del Segretariato per i Non Cristiani, con gli esperti ed osservatori, riuniti in sessione plenaria. Questo dipartimento vaticano, uno dei frutti concreti e duraturi del Concilio Vaticano II, ha già raggiunto il 25° anno della sua esistenza ed attività. E' buono che voi siate giunti qui per riflettere sull'esperienza di questi anni e per esaminare insieme come in futuro il Segretariato possa servire meglio la Chiesa e l'intera famiglia umana. Il tema della vostra ultima sessione plenaria nel 1984 è stato "Dialogo e missione". Alla festa di Pentecoste dello stesso anno fu presentato all'intera Chiesa il documento prodotto dalla vostra assemblea "La posizione della Chiesa nei confronti dei seguaci delle altre religioni: riflessioni e orientamenti su dialogo e missione".
2. Quest'anno avete scelto di continuare le vostre riflessioni su questo tema, concentrandovi su un particolare aspetto di esso: "Dialogo e proclamazione". La Chiesa esiste per proclamare la sua fede nell'unico Dio, creatore dell'universo, la cui parola eterna si incarna nella persona di Gesù di Nazaret e il cui Spirito permane attivamente nel mondo, conducendo gli uomini alla verità, dando loro la vita e rendendo santi.
Noi crediamo che Gesù Cristo ci permette di entrare in un'intima conoscenza del mistero di Dio e in una comunione filiale attraverso i suoi doni, così che noi lo riconosciamo e proclamiamo Signore e Salvatore" ("Discorso alla gioventù musulmana", Marocco, 19 agosto 1985: "", VIII, 2 [1985] 506). In lui Dio ha compiuto la salvezza di tutta l'umanità (cfr. Jn 42); è lui, insieme con il Padre, che continua l'azione di salvezza.
Come i documenti del Concilio Vaticano II hanno reso chiaro e come ho ripetuto in diverse occasioni, sia qui a Roma sia nei miei viaggi in varie parti del mondo, il mandato della Chiesa cattolica al dialogo con i seguaci delle altre religioni rimane fermo e immutato. Gli eventi negli ultimi anni sottolineano il bisogno di una forte riaffermazione di questo mandato.
3. La vostra assemblea deve così riaffermare il mandato della Chiesa cattolica al dialogo e alla proclamazione del Vangelo. Non ci possono essere questioni di scegliere o ignorare o rifiutare gli altri. Anche nelle situazioni in cui la proclamazione della fede sia difficile, bisogna avere il coraggio di parlare di Dio, sul quale si fonda questa fede, delle ragioni della nostra speranza e della sorgente del nostro amore. E' anche vero che in quelle circostanze in cui la proclamazione del Vangelo produce più frutti, noi non dobbiamo dimenticare che il dialogo con gli altri è un compito dei cristiani voluto da Dio. Inoltre, la proclamazione del Vangelo deve tener conto della religione e del background culturale di coloro a cui si indirizza.
4. Mentre voi cercate di formulare la relazione tra dialogo-proclamazione, io desidererei ricordarvi alcuni aspetti della questione. Come afferma così bene il documento della vostra scorsa sessione plenaria, il dialogo è un insieme di attività umane, fondate sul rispetto e la stima per i popoli di differenti religioni. Comprende un quotidiano vivere nella pace e nell'aiuto reciproco, con ogni testimonianza dei valori appresi attraverso l'esperienza della fede.
Significa una prontezza nel cooperare con gli altri per il miglioramento dell'umanità e il compito di una ricerca comune della pace. Significa la disposizione dei teologi e degli specialisti delle altre religioni di ricercare, con le controparti di altre religioni, aree di convergenza e di divergenza. Dove le circostanze lo permettono, significa un mettere in comune esperienze spirituali e intuiti.
Questa condivisione può assumere la forma di un venirsi incontro come fratelli e sorelle per pregare Dio in un modo che salvaguardi l'unicità di ogni tradizione religiosa.
Già un dialogo interreligioso è un elemento nella missione della Chiesa, la proclamazione dell'azione di salvezza di Dio nel nostro Signore Gesù Cristo è un altro. I seguaci di Cristo devono mettere in pratica il loro mandato nel creare discepoli in tutte le nazioni, battezzare ed insegnare l'osservanza dei comandamenti (cfr. Mt 28,19-20). Come san Pietro e san Giovanni dissero al sinedrio: "Noi non possiamo tacere di ciò che abbiamo visto e udito" (Ac 4,20).
Come san Paolo dobbiamo essere pronti alle conseguenze che potrebbero nascere dal trascurare la proclamazione del Vangelo (cfr. 1Co 9-16). Il Concilio Vaticano Secondo ci ricorda che Gesù Cristo annuncia l'universale amore del nostro Padre celeste, rivela la sua azione redentrice e incarna il suo patto nuovo ed eterno con l'umanità. Di qui l'affermazione del Concilio che "la Chiesa incoraggia coscienziosamente il suo lavoro missionario" (LG 16).
5. Durante il mio pontificato è stata una mia costante preoccupazione di svolgere il compito apostolico e pastorale del dialogo e della proclamazione. Nella mia ultima visita in Africa, incontrai i capi delle religioni tradizionali africane e fui testimone della loro consapevolezza della vicinanza di Dio e la loro rivalutazione della persona religiosa. In Marocco fui accolto caldamente dai musulmani e parlai loro delle esigenze di condurre una vita di fede oggi. In India, constatai l'evidenza delle tradizioni spirituali antiche di quel paese che continua ad essere una fonte di luce, saggezza e forma in mezzo ai problemi della vita moderna. Lo scorso ottobre invitai i rappresentanti di tutte le religioni del mondo ad Assisi la patria di San Francesco, l'uomo santo del dialogo profondo e della proclamazione instancabile per venire insieme a pregare la pace nel mondo.
Allo stesso modo ho sottolineato in altre occasioni l'importanza della proclamazione missionaria, della conversione, la costituzione di Chiese locali, e di idonee catechesi della fede.
6. Rimangono molte questioni che dobbiamo sviluppare ed articolare più chiaramente. Come Dio agisce nella vita di gente di differenti religioni? Come la sua azione redentrice in Gesù Cristo si estende effettivamente a coloro che non hanno professato la fede in lui? Nei prossimi anni questi problemi ed altri relativi ad essi acquisiranno sempre più importanza per la Chiesa in un mondo pluralista, ed i pastori, con la collaborazione di teologi esperti, dovranno puntare l'attenzione dei loro studi verso di essi.
Vi faccio i miei migliori auguri per le vostre deliberazioni durante questa sessione plenaria e chiedo allo Spirito di Dio di guidare il vostro lavoro.
Prego anche che in questi giorni Gesù Cristo rafforzi i legami di fraternità tra voi. Possa Dio onnipotente benedire voi e il lavoro che siete venuti a svolgere a Roma e possa donare a voi e al vostro popolo ispirazione quando tornerete ai vostri rispettivi paesi.
1987-04-28 Data estesa: Martedi 28 Aprile 1987
Titolo: Una visita pastorale che si svolge sotto il segno della testimonianza
Testo:
1. "Mi sarete testimoni" - e non solo a Gerusalemme, in Giudea e in Samaria -, ma "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). Con queste parole di Gesù agli apostoli subito prima della sua ascensione, è iniziato il cammino della Chiesa nel mondo e nella storia. Questo mandato di Cristo ha fatto si che, nel corso dei secoli, uomini e donne, quali messaggeri della fede si recassero presso tutti i popoli agli estremi confini della terra. E ai nostri giorni egli conduce anche il Vescovo di Roma quale successore dell'apostolo Pietro, sulle Chiese locali, ai suoi fratelli e sorelle nella fede di tutto il mondo, per confermarli nella fede conformemente al suo mandato (cfr. Lc 22,32). Egli mi conduce per la seconda volta nella Repubblica Federale di Germania.
Ricordando con riconoscenza la mia prima visita pastorale del 1980, ho accettato nuovamente con grande gioia l'amichevole invito che mi hanno rivolto numerosi Vescovi tedeschi affinché visitassi le loro diocesi. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno riservato una accoglienza tanto cordiale in questo stimato paese e che mi onorano con la loro presenza: soprattutto lei, illustre signor Presidente della Repubblica, per il suo cordiale indirizzo di benvenuto a nome dei cittadini del suo paese. Nell'eminentissimo signor Cardinale Höffner, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, saluto tutti i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli delle diocesi tedesche; e in modo particolare saluto quelle Chiese locali che purtroppo - anche in questo secondo viaggio pastorale - non posso ancora visitare. Nella comunità dell'unica fede, questa mia visita vale per tutta la Chiesa di questo paese ed anche per tutti gli uomini, che in apertura di spirito e solidarietà, mi accolgono cordialmente in mezzo a loro come fratello in Cristo.
2. "Mi sarete testimoni". Gli importanti eventi che celebreremo insieme nei prossimi giorni in unità spirituale nelle diverse diocesi, sono posti in modo del tutto particolare, sotto il segno della testimonianza. Con le due beatificazioni di Colonia e di Monaco, la Chiesa onora due cristiani, che in mezzo a prove di estrema difficoltà ed ai pericoli hanno offerto un'incrollabile, eroica testimonianza della loro fede. Edith Stein, che in solidarietà con il popolo ebreo tormentato, ha percorso come ebrea e come suora cattolica, nella speranza cristiana, il doloroso cammino del suo popolo verso l'annientamento. Nel padre gesuita Rupert Mayer vediamo un seguace ed un apostolo dell'amore verso il prossimo, che nella difesa senza compromessi della fede e della morale contro un potere statale arbitrario e senza Dio, non ha temuto né la persecuzione né la reclusione. Sarà meta della mia rispettosa visita, la tomba del grande Cardinale Clemens August Conte von Galen, che "opportunamente o inopportunamente" (cfr. 2Tm 4,2) ha levato senza paura la propria voce contro una macchina di morte distruttrice per la tutela del diritto alla vita e dell'inalienabile dignità di tutti gli uomini.
Queste luminose figure con la loro testimonianza pronta al sacrificio per Cristo e per l'autentica grandezza dell'uomo, hanno illuminato la terribile oscurità di tutto un periodo storico. Essi rappresentano allo stesso tempo tutti quei tedeschi che si rifiutavano di piegarsi alla tirannia del nazionalsocialismo, che disprezzava l'uomo. Tra questi ricordiamo con grande stima numerosi seguaci e vittime coraggiose fra i nostri fratelli e sorelle di fede evangelica. Tutti questi sono per noi segni di speranza e di impegno per quella testimonianza che oggi dobbiamo dare a favore del diritto e della giustizia nella nostra società, a favore della tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, che sono sempre costantemente minacciati - e della sua vocazione soprannaturale in cui tutti i problemi umani trovano il loro autentico significato ed obiettivo. Che la testimonianza comune di fede dei cristiani possa condurre a poco a poco anche ad una unità sempre più profonda fra le Chiese e le comunità cristiane.
3. Devoto a questi testimoni esemplari del passato, voglio esprimere allo stesso tempo i sensi della mia più grande stima per tutto il popolo tedesco, che dopo i tragici avvenimenti della sua più recente storia, ha riconquistato un posto di grande rispetto fra i popoli dell'Europa e del mondo. Ricordo con gratitudine il grande impegno del vostro paese, per la pace e la giustizia fra le nazioni, e la pronta e solidale disponibilità ad aiutare i popoli del Terzo Mondo. In questo contesto meritano particolare menzione e lode le organizzazioni di assistenza assai efficaci, dei Vescovi e dei cattolici tedeschi, come pure quelle della Chiesa evangelica. Possa la disponibilità del vostro popolo verso i bisognosi ed i reietti, trovare conferma anche nel vostro paese, in cui proprio negli ultimi anni, innumerevoli rifugiati e profughi hanno cercato protezione e asilo. Che i due futuri nuovi beati, i quali hanno dovuto subire le persecuzioni più terribili a causa delle loro convizioni religiose e morali o dell'appartenenza ad una minoranza etnica, rappresentino un simbolo per quegli uomini che sono costretti ad abbandonare il loro paese per motivi religiosi, razziali o etnici. Offrite anche a queste persone in cerca di aiuto nella Repubblica Federale di Germania la vostra solidarietà e il vostro sostegno fraterno.
Vi ringrazio ancora per la cordiale amicizia che avete dimostrato a me e al mio seguito, in questi momenti dell'arrivo, e attendo pieno di gioia i questi giorni nel vostro paese i numerosi incontri con i Vescovi, i religiosi e i fedeli delle diverse diocesi, con i rappresentanti delle comunità ebraiche e delle altre Chiese cristiane, come pure con il mondo del lavoro. Possano questi incontri, e soprattutto le grandi celebrazioni eucaristiche, confermarci nella fede e nella nostra vocazione cristiana, affinché noi oggi - individualmente tutti insieme - diventiamo testimoni sempre più degni di fede, per Cristo e per il regno di Dio che si realizza già in questo tempo.
1987-04-30 Data estesa: Giovedi 30 Aprile 1987
Titolo: "In nome di Dio, in nome della Chiesa, in nome dell'umanità: senza curarvi delle intimidazioni difendete anche oggi la vita!"
Testo:
Amati confratelli nel servizio episcopale.
1. Proprio all'inizio della mia seconda visita pastorale nel vostro paese ho la gioia di incontrarmi con voi, che siete stati eletti dal Signore quali pastori supremi del Popolo di Dio. Al tempo stesso i mio saluto e il mio augurio va anche a coloro che oggi non possono essere tra noi, in particolare a quei confratelli nell'episcopato, che per motivi età o di salute, non sono presenti.
Questa mia seconda visita riceve un'impronta particolare dalle due solenni beatificazioni, che un Papa ha potuto celebrare per la prima volta in questo paese. L'eroica testimonianza di fede di suor Edith Stein e di padre Rupert Mayer ci riportano un tempo di grande sofferenza per la Chiesa e per tutto il vostro popolo. Con la presa del potere del nazionalsocialismo con Hitler si è giunti ad un svolta fatale, durante la quale un partito politico ha portato - nella follia di un razzismo disumano - ad una ideologia totalitaria e addirittura ad un religione alternativa. La conseguenza fu una lotta accanita, sempre più aperta, contro la fede cristiana e la Chiesa cattolica - nonostante le garanzie gli impegni legali solennemente ratificati nel Concordato del Reich.
2. Di fronte a questo drammatico sviluppo, che porto alla brutale persecuzione di chi la pensa diversamente, ed anche di molti fedeli e sacerdoti, la Chiesa e l'episcopato tedesco si trovarono ad affrontare gravi responsabilità. Anche se i Vescovi tedeschi avevano tutti riconosciuto in tempo i grandi errori ed i pericoli del nuovo movimento, e mettevano continuamente in guardia i fedeli, la loro libertà di azione era sempre più circoscritta. A motivo della conseguente laicizzazione della vita pubblica e la sempre più frequente intromissione dello Stato nella vita della Chiesa i Vescovi non avevano altra difesa se non la protesta, l'informazione e l'istruzione dei fedeli. A questo proposito pensiamo alle prediche coraggiose e alle dichiarazioni di numerosi pastori come pure alla lettera pastorale di protesta dell'episcopato olandese, che ebbe gravi conseguenze. Si sviluppo allo stesso tempo una crescente solidarietà tra i cristiani cattolici ed evangelici, tra i pastori e i laici, che si opponevano - a motivo del comune fondamento della loro fede cristiana - all'ideologia anticristiana.
La Santa Sede, che già si era impegnata, con la ratifica del Concordato, ad evitare il peggio, non era rimasta inerte di fronte alla crescente persecuzione della Chiesa in Germania. Ne sono testimoni le numerosissime note scritte al Governo del Reich e da ultimo la lettera enciclica di Papa Pio XI "Mit brennender Sorge" del marzo 1937. Comunque questo terribile processo non potè più essere arrestato. Porto ad un acutizzarsi delle tensioni, ad una persecuzione sciagurata dei cittadini non ariani, soprattutto degli ebrei, all'assassinio di innumerevoli innocenti nelle prigioni e nei campi di concentramento e alla sciagurata seconda guerra mondiale, che ha portato a molti paesi e a molti popoli sofferenze indicibili, morte e distruzione.
3. Su questo sfondo oscuro della storia si elevano le luminose figure dei tre testimoni della fede, che onoriamo in questi giorni: Edith Stein e Rupert Mayer, che saranno presto beatificati, ed il Vescovo Cardinale Clemens August Conte von Galen. Ed anche un Vescovo come Joannes Baptista Sproll che, allontanato dalla sua diocesi di Rottemburg dal potere, ha dovuto vivere per molti anni in esilio.
Insieme a questi vi sono numerosi altri testimoni coraggiosi, che di fronte a una tirannia disumana, a motivo delle proprie convinzioni di fede o in nome dell'umanità, si sono schierati contro un dispotismo e un'ingiustizia atea e per questo hanno spesso pagato con il sacrificio della propria vita. Tutti questi rappresentano insieme l'altra Germania, che non si è piegata di fronte alla prepotenza e al potere brutali e che quindi, dopo la definitiva catastrofe, hanno costituito il nucleo sano e la sorgente di energia per la successiva grandiosa ricostruzione morale e materiale.
In nome dell'umanità o in nome di Dio e della Chiesa, in tutti i secoli sono esistiti uomini, soprattutto in periodi di grandi sofferenze, che, senza curarsi del loro destino personale, sono diventati difensori dell'umanità, della sua inalienabile dignità e dei suoi diritti fondamentali. Con la solenne beatificazione dei prossimi giorni, la Chiesa ci presenta la vita e l'azione di cristiani, che - in modo eroico nella sequela di Cristo - hanno dato testimonianza a Dio e agli uomini. Essi sono le guide della nostra vocazione cristiana. Il loro esempio è per noi oggi una sollecitazione ed un incoraggiamento a dare un'uguale testimonianza a Dio e alla sua verità salvifica nella nostra società e in tutti i campi della vita umana. Con la Chiesa ogni cristiano, nella sequela del Signore, è chiamato a questa testimonianza: "Mi sarete testimoni" (Ac 1,8).
Dobbiamo accogliere coraggiosamente questa testimonianza di discepoli di Cristo e portarla avanti con decisione nel nostro tempo. I beati e i santi della Chiesa, fra i quali verranno annoverati fra poco anche Edith Stein e padre Rupert Mayer, ci invitano a seguire le loro orme.
4. Essere testimoni di Cristo significa dare testimonianza alla verità, a Dio e alla autentica grandezza dell'uomo, all'ordine voluto da Dio in tutti i campi della vita. Per questo motivo il Cardinale von Galen si è schierato a quei tempi tanto decisamente contro lo sterminio sistematico delle cosiddette vite inutili.
Di fronte a una tirannia che disprezzava l'uomo egli ricordava il comandamento di Dio: tu non ucciderai! Anche se oggi la minaccia alla dignità e ai diritti fondamentali dell'uomo non si esercita in modo tanto drammatico, ma più sottilmente, la Chiesa deve essere pronta "nec timore nec laudibus", senza curarsi delle intimidazioni e delle lodi, a difendere allo stesso modo sempre la vita. Di fronte allo spaventoso numero degli aborti e alla crescente pratica clandestina della cosiddetta "eutanasia", per noi Vescovi nella società di oggi il servizio alla vita ha assunto nuovamente una grande attualità ed importanza. Si tratta di annunciare con rinnovata forza Dio, unico Signore della vita e della morte, e di superare gli atteggiamenti ostili alla vita e la mancanza di coraggio nel trasmettere la vita attraverso un nuovo si alla vita. Si tratta soprattutto di promuovere nel matrimonio e nelle famiglie un clima fiducioso, aperto alla vita, l'accettazione di una vita piena di gioia e capace di raggiungere nell'unione viva con Dio, il suo completo sviluppo e il suo compimento; perché Cristo è venuto affinché gli uomini "abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).
Padre Rupert Mayer è per noi un esempio del fatto che la nostra testimonianza ecclesiale a Cristo e alla sua verità deve realizzarsi innanzitutto attraverso l'annuncio della sua lieta novella, attraverso l'insegnamento e il richiamo fraterno.
Come ci è stato riferito, egli stesso ha predicato in un mese fino a settanta volte. "La fede dipende dunque dalla predicazione" dice l'apostolo Paolo, e si chiede: "E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?" (Rm 10,17 Rm 14). I testimoni della fede del passato hanno denunciato l'ingiustizia soprattutto attraverso le prediche, i Vescovi olandesi hanno gridato dal pulpito la loro veemente protesta contro la persecuzione degli Ebrei.
Allo stesso tempo erano impegnati a mostrare all'uomo nell'oscurità e nella sofferenza la via della verità e della giustizia per mezzo della luce della parola di Dio. Quanto più oggi nello Stato e nella società i valori morali fondamentali e i comportamenti morali vengono messi in discussione, tanto più chiaramente e coraggiosamente bisogna annunciare agli uomini, e soprattutto ai cristiani, il messaggio integrale di Cristo e ricordare nuovamente loro che la volontà di Dio è la norma ultima dell'agire morale. Proprio nella società di oggi, caratterizzata dagli audiovisivi, bisogna dare la massima attenzione all'attualità dell'annuncio con tutti i mezzi e le possibilità disponibili.
Come ispirato confessore, padre Mayer ci mostra allo stesso tempo la dimensione intima, sacramentale della nostra testimonianza e della missione della Chiesa. Non bisogna togliere alla vita cristiana la dimensione della penitenza.
L'esempio di padre Rupert Mayer sarà così un appello ai sacerdoti, affinché nel sacramento della confessione grazie ad una rinnovata devozione degli uomini - aprano la via all'incontro personale con la misericordiosa bontà di Dio. Il suo esempio è allo stesso tempo un invito a tutti i fedeli a riscoprire la grazia di questo sacramento, che è uno dei mezzi fondamentali del cammino interiore verso la piena maturità in Cristo. Edith Stein, in questo cammino verso l'interiorità, è per noi un esempio luminoso. Ella dice: "L'illimitata, amorevole dedizione a Dio e la risposta divina, l'unione piena e perenne, è la più grande elevazione del cuore che possiamo raggiungere, il gradino più alto della preghiera. Le anime che hanno raggiunto questo livello, sono veramente il cuore della Chiesa". Lei stessa lo ha vissuto in modo ammirevole. Di questo ha potuto riferire anche un testimone oculare del campo di concentramento di Westerbork, in cui Edith Stein era stata condotta subito dopo il suo arresto: "Suor Benedetta era felice di poter dare il suo aiuto con parole di conforto e preghiere. La sua profonda fede creo intorno a lei un'aureola di vita celestiale". Ella stessa scrive dallo stesso luogo di disperazione e di umiliazione, che "finora ho potuto pregare intensamente". Possa la futura nuova beata far riscoprire nuovamente l'incommensurabile ricchezza interiore della preghiera e della nostra profonda comunità di vita con Cristo! 5. Quale "Apostolo di Monaco" e "15° Nothelfer", come era chiamato, padre Rupert Mayer - con la sua altristica dedizione agli uomini che subivano grandi sofferenze - era segno e strumento dell'amore infinito di Dio proprio verso i poveri e i reietti, gli emarginati e i perseguitati. Non è una conquista del nostro tempo il fatto che la Chiesa si proclami in modo preferenziale "Chiesa dei poveri".
Piuttosto oggi è importante e necessario in modo particolare che la Chiesa realizzi questa sua vocazione con maggior decisione. Malgrado tutte le opere assistenziali statali e le attività caritative l'impegno personale per i fratelli sofferenti resta una caratteristica fondamentale dei discepoli di Cristo.
La sua responsabilità per la costruzione di un mondo esterno degno dell'uomo e impregnato dello Spirito di Cristo, viene assolta in modo particolare dalla Chiesa nella sua dottrina sociale, nei suoi sforzi e nella loro relizzazione. L'attiva presenza della Chiesa nel mondo del lavoro è stata uno degli obiettivi pastorali fondamentali dei Papi di questo secolo. Per questo motivo anche il mio incontro con i lavoratori ed i rappresentanti dell'industria e dell'economia a Bottrop è un momento importante del programma di questa mia visita pastorale. La Chiesa è vivamente interessata ai problemi del mondo del lavoro, dei singoli lavoratori e delle loro famiglie e si è sempre impegnata a cercare soluzioni che rispondano alle esigenze della giustizia, della dignità e del benessere dell'uomo come pure alle esigenze della società. Come il lavoratore, così anche il mondo in cui egli presta la sua opera devono essere impregnati e caratterizzati sempre di più dallo Spirito di Cristo. I diversi incontri che avro nel territorio della Ruhr mi daranno l'oppotunità di ricordare con riconoscenza l'atteggiamento retto e onesto dei lavoratori cristiani, che non si sono lasciati intimidire in passato neanche dalla grave minaccia di un regime totalitario, nella loro testimonianza alla verità e a Cristo.
Oltre alla responsabilità per una evangelizzazione intensiva del mondo del lavoro, la Chiesa sente oggi sempre più urgente anche la necessità di una nuova evangelizzazione per tutta la società, per tutta l'Europa. "Si richiede perciò un nuovo sforzo nell'evangelizzazione e nella catechesi integrale e sistematica", così diceva la "Relazione Finale" dell'assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985. Nel continuo processo di unificazione fra i popoli di questo continente, la Chiesa deve impegnarsi decisamente per giungere ad un accordo costruttivo sui valori morali, che indirizzi l'ulteriore sviluppo della società. Si tratta di promuovere il senso dei diritti fondamentali dell'uomo, lo spirito della riconciliazione e della collaborazione, la ricerca di un'autentica giustizia e il consenso sul destino trascendente dell'uomo, che dia il significato ultimo alla vita e alla morte.
6. Nel corso di questo mio secondo viaggio pastorale, gli incontri con il Consiglio Centrale degli Ebrei e con i rappresentanti delle altre Chiese cristiane sono molto importanti, così come lo sono stati quelli di Magonza nel 1980. Edith Stein, che è entrata nel carmelo di Colonia nel 1933, era una figlia del popolo ebraico, con il quale ha percorso in solidarietà e allo stesso tempo in cristiana speranza il cammino di sofferenza nella "Schoah".
"La salvezza viene dai Giudei" dice Gesù alla Samaritana presso la fonte di Giacobbe (Jn 4,22). Noi cristiani non dobbiamo mai dimenticare queste nostre radici. L'Apostolo delle genti ci ammonisce: "Sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te" (Rm 11,18).
I discorsi e i documenti ecumenici con i nostri fratelli e sorelle evangelici hanno portato, dalla mia ultima visita, a promettenti progressi per un ulteriore avvicinamento sulla via della piena unità nella fede. Ringraziando il Signore, ci è rimasto della nostra comune eredità di fede cristiana molto di più di quello che abbiamo pensato, per molto tempo. Per questo dobbiamo viverla insieme e farla fruttificare per una comune testimonianza di fede. perciò ci resta sempre il compito di considerare in modo realistico tutte le differenze che ancora rimangono, sulla base di questo retaggio positivo, e di fare il possibile per superarle, nella consapevolezza che la grazia dell'unità può venire soltanto da Dio stesso.
Rimangono importanti problemi, che vengono nuovamente sollevati anche con questa mia visita: per esempio la devozione mariana e la venerazione dei santi. Spesso i nostri fratelli e sorelle separati sono stimolati più dalla pratica che non dall'insegnamento della Chiesa cattolica. La naturale devozione a Maria e ai santi non può e non vuole tuttavia sminuire l'unico intermediario, che è Gesù Cristo, come ho sottolineato chiaramente nella mia ultima enciclica "Redemptoris Mater".
In Maria e nei santi la vita cristiana nella sequela di Gesù ha trovato un modello particolarmente intenso e convincente. Si comprende così che prendiamo esempio dalle loro vite e, incoraggiati da loro, percorriamo la nostra strada di pellegrini. Siamo convinti che in una persona concreta si è sviluppato pienamente il dono di grazia della filiazione divina, e che questo santo è stato ammesso alla pienezza dell'eterna beatitudine. Questa convinzione risulta anche dal più importante documento della Chiesa luterana, vale a dire la "Confessio Augustana".
Li si dice del servizio dei santi: "Per quanto riguarda la venerazione dei santi, viene insegnato dai nostri che bisogna meditare sui santi, affinché in tal modo la nostra fede venga rafforzata, affinché noi vediamo come essi hanno ricevuto la grazia e come sono stati aiutati attraverso la fede. Inoltre bisogna prendere esempio dalle loro buone azioni, ognuno nel proprio campo" ("Confessio Augustana", 21). Inoltre molti cristiani invocano Maria e i santi pieni di fiducia per la loro intercessione, e sperano da loro un grande aiuto per superare sofferenze e difficoltà lungo il pellegrinaggio terreno. Quando noi ci affidiamo all'intercessione e all'aiuto della Madre di Dio e dei santi, essi ci fanno sempre intravvedere l'unico intermediario fra Dio e gli uomini, nostro Signore Gesù Cristo. Tutte le opere dei santi per noi qui sulla terra nascono dalla loro felice vicinanza a Dio, Padre onnipotente e misericordioso. Da lui, attraverso di lui e per lui anche essi possono aiutarci. Tutte le forme concrete della devozione mariana e della venerazione dei santi devono far tesoro di questi fondamenti della fede e devono essere chiare nella loro manifestazione. così anch'esse possono contribuire al dialogo ecumenico e alla sperata unità di tutti i cristiani.
7. Cari confratelli! Vorrei concludere questo nostro primo incontro all'inizio della mia visita pastorale con un accenno a Maria, la Regina dei santi. Quest'anno si terrà a Kevelaer il Congresso Mariano Mondiale. Possano da questo maturare ricchi frutti spirituali anche per le vostre Chiese locali. A Kevelaer preghero dinanzi all'immagine della Madre di Dio e affidero alla sua intercessione anche il vostro servizio episcopale e tutti gli incontri e le celebrazioni comuni dei prossimi giorni. Il giorno di Pentecoste verrà inaugurato a Roma l'Anno Mariano, che si protrarrà fino al 15 agosto 1988. In quest'anno vogliamo praticare particolarmente quegli atteggiamenti cristiani fondamentali, che troviamo in Maria in modo esemplare: il suo si all'imperscrutabile volere di Dio, il suo ringraziamento per il comando di Dio, il suo ascoltare e custodire la parola di Dio, il suo riferimento a Gesù: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5), il suo sostare sotto la croce e la sua comunione con i discepoli in preghiera nell'attesa dello Spirito Santo. Maria ci conduce, attraverso la comunione della Chiesa, a suo Figlio e con ciò al fine della nostra vita cristiana, alla santa comunione con Dio, che ci è stata già donata nel battesimo e che si compirà nella nostra risurrezione.
All'intercessione di Maria raccomando infine la missione della Chiesa nel vostro paese e in tutti i paesi, la nostra testimonianza a Cristo e alla sua verità nel mondo di oggi, affinché essa diventi sempre più convincente. La vostra prossima visita ad limina ci permetterà di continuare e di approfondire le riflessioni che abbiamo iniziato qui. Benedico di cuore tutti voi e i nostri fratelli assenti nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo. A lui ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli!
1987-04-30 Data estesa: Giovedi 30 Aprile 1987
GPII 1987 Insegnamenti - Le credenziali del nuovo Ambasciatore di Corea - Città del Vaticano (Roma)