GP2 Discorsi 1999 242


DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

AI VESCOVI DEL BURUNDI

IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Castel Gandolfo - Venerdì, 10 settembre 1999

Cari Fratelli nell'Episcopato,


1. In questo tempo forte del vostro ministero episcopale che è la visita ad limina, è per me una grande gioia accogliere voi che avete la responsabilità pastorale della Chiesa cattolica in Burundi. Siete venuti a raccogliervi sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, per far crescere in voi lo slancio apostolico che li animava e che li ha portati fin qui per essere i testimoni del Vangelo di Cristo, accettando per ciò di offrire il dono totale della loro vita. Incontrando il Vescovo di Roma e i suoi collaboratori, volete anche manifestare la vostra comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Che il Signore benedica il vostro gesto e che vi sostenga nel servizio al popolo che vi è stato affidato!

Il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, Monsignor Simon Ntamwana, ha tracciato a nome vostro un rapido e commovente quadro della situazione della Chiesa in Burundi. Lo ringrazio cordialmente per questo. Attraverso di voi saluto con affetto i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti e i laici delle vostre Diocesi. Che il Signore dia loro forza e audacia per essere, in ogni circostanza, vigili testimoni dell'amore di Dio in mezzo ai loro fratelli! Porgete anche a tutti i vostri concittadini i miei calorosi auguri affinché l'intero Paese ritrovi rapidamente la pace e la prosperità!

2. La vitalità della Chiesa cattolica in Burundi è particolarmente degna di nota. Le vostre relazioni quinquennali mettono in luce in modo significativo i segni di rinnovamento spirituale che si manifestano sempre più nella vita delle vostre Diocesi e delle comunità religiose che vi operano. Gli orientamenti pastorali che avete seguito con zelo per condurre i vostri fedeli verso Cristo stanno già recando frutti incoraggianti dei quali mi rallegro vivamente.

Di fatto, negli ultimi anni, il vostro Paese ha vissuto una situazione tragica. Desidero ancora una volta affidare alla misericordia divina le vittime della violenza ed esprimere la mia profonda solidarietà con tutte le persone che subiscono le conseguenze del dramma che il vostro Paese ha conosciuto. Voi stessi, cari Fratelli nell'Episcopato, avete vissuto questi eventi con grande forza d'animo. Come l'Apostolo Paolo, avete accettato di sfidare tutti i pericoli per sollecitudine e per amore verso le vostre Chiese diocesane e il vostro popolo (cfr 2Co 11,26). Rendo qui omaggio alla memoria di Monsignor Joachim Ruhuna, Arcivescovo di Gitega, vittima della violenza alla quale si è voluto opporre con tutte le sue energie. Insieme a voi, tutta la comunità cattolica è stata duramente colpita nei suoi sacerdoti, religiosi, religiose e laici, che sono rimasti saldi nelle prove, talvolta fino al dono della loro vita. Fra tutti questi testimoni del Vangelo, i giovani seminaristi di Buta, con il loro sacrificio eroico, hanno offerto, in nome del Signore, un esempio magnifico di fraternità che sarà un modello per le generazioni future. Ringrazio vivamente i Pastori, gli agenti di pastorale e tutti i fedeli del Burundi per il loro coraggio e la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa.

Malgrado le innumerevoli difficoltà, i cattolici del vostro Paese hanno conservato viva la loro fede nella presenza del Signore, che non li abbandonerà e che continua a stare al loro fianco. La celebrazione del primo centenario dell'evangelizzazione, lo scorso anno, è stato un segno evidente della vitalità del Paese e della sua speranza per l'avvenire. In questo momento privilegiato della sua storia, la Chiesa ha voluto manifestare solennemente il suo impegno sulla via della riconciliazione e della pace, sperando di segnare così l'inizio di un'era nuova per tutti gli abitanti del Burundi, apportando un contributo attivo. Che questo anniversario resti per tutti i fedeli una fonte di dinamismo per la nuova evangelizzazione del loro Paese!

3. Nel vostro ministero episcopale, spesso difficile, trovate aiuto e sostegno nei sacerdoti, i vostri più diretti collaboratori. Di fatto, uno stretto vincolo, fondato sulla partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo e sulla stessa missione apostolica, vi unisce ad essi. "Il rapporto con il Vescovo nell'unico presbiterio, la condivisione della sua sollecitudine ecclesiale, la dedizione alla cura evangelica del popolo di Dio nelle concrete condizioni storiche e ambientali della Chiesa particolare sono elementi dei quali non si può prescindere nel delineare la configurazione propria del sacerdote e della sua vita spirituale" (Pastores dabo vobis PDV 31). Affinché si sviluppi questa comunione effettiva, indispensabile alla vita della Chiesa, vi incoraggio a restare sempre vicini ai vostri sacerdoti, condividendo con essi le gioie e le sofferenze, le preoccupazioni e le speranze della loro vita e del loro ministero. Nelle difficoltà della vita quotidiana, che essi trovino in voi un padre attento che, in un atteggiamento di carità e di dialogo, sappia guidarli e incoraggiarli e che, se necessario, prenda le decisioni opportune per il loro bene e per quello dei fedeli.

Saluto cordialmente ciascuno dei sacerdoti delle vostre Diocesi. Conosco bene la loro dedizione al servizio della Chiesa e della sua missione. Li invito con insistenza a diventare sempre più consapevoli del fatto che la vocazione sacerdotale comporta una chiamata specifica alla santità.

Mediante la loro consacrazione, i sacerdoti sono configurati a Cristo Capo e Pastore della sua Chiesa, il che l'impegna a condurre una vita improntata ai comportamenti di Gesù, Servo fedele che trova gioia e felicità nella realizzazione della volontà del Padre e della missione che gli è stata affidata. Che nella loro vita attribuiscano un posto fondamentale alla preghiera e alla celebrazione dei sacramenti, soprattutto dell'Eucaristia e della Penitenza, ricercando con perseveranza un autentico incontro personale con il Signore! Ricordandosi di aver ricevuto il compito di riunire e di guidare il popolo di Dio, devono essere essi stessi modelli di vita cristiana e aiutare i fedeli a crescere nella fede e ad accogliersi reciprocamente per costruire la Chiesa famiglia di Dio. Con tutta la loro esistenza, e in particolare con il loro celibato, accolto come un dono prezioso di Dio effettivamente vissuto, che essi rendano testimonianza di un amore totale verso Cristo e la sua Chiesa, in una disponibilità piena e gioiosa per il ministero pastorale (cfr Pastores dabo vobis PDV 50)! In questo spirito, spetta a voi instaurare con essi un dialogo chiaro e fermo sulle esigenze della vita sacerdotale. Li esorto ad essere, in ogni occasione opportuna e non opportuna, messaggeri ardenti dell'amore di Dio che non fa distinzioni fra le persone, qualunque sia la loro origine o la loro condizione sociale.

243 Al fine di preparare i candidati a vivere tutte le esigenze dell'impegno al presbiterato, mediante una vita interiore profonda e in uno spirito di distacco da ciò che non è compatibile con un'esistenza consacrata, la formazione umana, intellettuale, pastorale e spirituale offerta nel seminario assume grande importanza. È anche opportuno che s'insegni al popolo cristiano il vero significato della vocazione sacerdotale e religiosa, affinché divenga consapevole della sua responsabilità, accompagnando con la sua preghiera i futuri sacerdoti, i religiosi, le religiose e aiutandoli a concepire la loro vocazione non come una promozione sociale ma come un servizio generoso che viene richiesto loro per il bene della Chiesa e del mondo. Per far fronte alle difficoltà della società, vi invito ad assicurarvi che nei seminari i temi della giustizia e della pace vengano trattati con vigore, secondo i principi della Dottrina Sociale della Chiesa. In tal modo i futuri Pastori saranno atti ad aiutare le giovani generazioni a comprendere che la giustizia è molto più di una semplice rivendicazione da parte di un'etnia nei confronti di un'altra.

4. Nell'opera di evangelizzazione del vostro Paese, i catechisti hanno un ruolo importante. Nel corso degli ultimi anni, in alcune regioni, per mancanza di sacerdoti, essi sono stati gli unici agenti di pastorale a restare sul posto. Hanno potuto riunire i fedeli e trasmettere la fede. A nome della Chiesa, esprimo loro tutta la mia gratitudine e li invito a proseguire, in comunione con i propri Vescovi e i propri sacerdoti, il loro servizio generoso, affinché il nome di Cristo possa continuare ad essere annunciato e accolto. Cari Fratelli nell'Episcopato, grande è il vostro desiderio di aiutarli e di sostenerli: che trovino sempre in voi dei Pastori attenti alle loro preoccupazioni e desiderosi di offrire quella formazione dottrinale e spirituale che permetterà loro di essere collaboratori competenti ed efficaci nell'evangelizzazione!

La promozione delle comunità di base è anch'essa un elemento fondamentale della vostra pastorale per il rinnovamento della Chiesa. Queste comunità, dove la Buona Novella viene accolta per essere trasmessa agli altri, sono luoghi in cui ci si impegna "a vivere l'amore universale di Cristo, che trascende le barriere della solidarietà naturali dei clan, delle tribù o di altri gruppi d'interesse" ( Ecclesia in Africa, n. 89). È quindi necessario che i loro membri ricevano una solida formazione alla preghiera, all'ascolto della Parola di Dio e alle verità della fede, e che siano spronati ad assumersi con sempre maggiore efficacia le loro responsabilità di battezzati e di confermati nella Chiesa e nella società.

5. La responsabilità propria dei cristiani di adoperarsi per riconciliare e ristabilire relazioni pacifiche fra tutti i membri della Nazione deve portarli a comprendere che, per riuscire a farlo in modo duraturo, è necessario garantire la giustizia per tutti. È dunque urgente prendere chiaramente coscienza del fatto che tutti gli esseri umani hanno pari dignità, meritano lo stesso rispetto, sono uguali e soggetti agli stessi diritti e doveri. Come ho scritto nel mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998: "La pace per tutti nasce dalla giustizia di ciascuno. Nessuno può sottrarsi ad un impegno di così decisiva importanza per l'umanità. Esso chiama in causa ogni uomo ed ogni donna, secondo le proprie competenze e responsabilità" (n. 7). Inoltre, quando i poteri pubblici, in nome della loro responsabilità specifica, devono applicare delle pene, la giustizia deve essere sempre conforme alla dignità della persona e dunque al disegno di Dio circa l'uomo e la società. Come ho scritto nell'Enciclica Evangelium vitae, "la misura e la qualità della pena devono essere attentamente valutate e decise" (n. 56). Non si possono non deplorare i troppi casi di persone per le quali si ricorre alla pena di morte.

Il mio pensiero va anche ai numerosi detenuti che sono vittime della lentezza delle procedure giudiziarie, auspicando che essi vedano i loro processi condotti a termine senza ritardi e che la loro difesa sia correttamente garantita. È importante mettere in atto ogni misura in seno alla società affinché la speranza non venga meno malgrado le difficoltà e le persone abbiano la possibilità di scontare la propria pena nel rispetto della loro dignità e possano correggersi e migliorarsi. Nelle circostanze attuali, il vostro ministero episcopale vi chiama a vegliare in questo campo. Rendo omaggio al lavoro che svolgete, soprattutto grazie alla Commissione Iustitia et Pax, affinché la giustizia trionfi e prevalga sull'odio e sul desiderio di vendetta e un'autentica educazione alla giustizia e alla pace sia offerta a tutti.

In effetti, la promozione della giustizia fra i popoli e all'interno di ogni comunità umana è parte integrante della testimonianza evangelica. Vi incoraggio dunque vivamente nella sollecitudine che mostrate nell'aiutare le vostre comunità a impegnarsi sempre più a fondo per costruire una società nuova fondata sulla giustizia e sulla solidarietà fraterna, nell'armonia fra tutte le sue componenti. È urgente che fin dalla prima educazione ognuno venga formato ai valori morali e civili, sviluppando un acuto senso dei diritti e dei doveri delle persone e delle comunità umane.

Educando alla giustizia, si educa alla pace. A tutti coloro che aspirano alla giustizia e alla pace, e in modo particolare ai giovani, ripeto con forza: "Tenete sempre viva la tensione verso questi ideali, ed abbiate la pazienza e la tenacia di perseguirli nelle concrete condizioni in cui vi trovate a vivere... Abbiate il gusto di ciò che è giusto e vero, anche quando attenersi a questa linea richiede sacrificio ed impegna ad andare controcorrente" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, n. 7). Insieme a voi, esorto i cattolici e gli uomini di buona volontà a vincere il male con il bene (cfr
Rm 12,21), con atti di carità fraterna che sono gli unici a poter garantire un futuro al Paese, a ridare fiducia alle popolazioni e a creare rapporti forieri di un'autentica speranza. Vi incoraggio anche ad assumere una posizione sempre più ferma contro le violenze, da ovunque esse provengano.

Per permettere a tutti i membri del popolo di Dio di procedere con determinazione lungo questa via, vi invito a conferire un posto privilegiato all'insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa. È particolarmente importante che i laici cattolici s'impegnino nella vita pubblica per essere "il sale della terra", rendendo testimonianza con coraggio, nelle loro attività quotidiane, dell'amore e della giustizia di Dio. Il loro impegno riveste oggi una grande importanza, nel momento in cui si ricerca un nuovo sistema istituzionale per edificare una nazione unita e solidale, superando i rancori e accettando le differenze come ricchezze per il bene di tutti.

6. Gli eventi che il vostro Paese ha sopportato hanno fatto sì che molte persone conoscessero la vita dei campi dei profughi e degli sfollati. Purtroppo questa situazione persiste ancora. Certo, la soluzione di questo grave problema umano passa, in particolare, attraverso il ripristino della pace, la riconciliazione e lo sviluppo economico.

A nome di Cristo, la Chiesa, mediante i suoi mezzi caritativi, molto spesso limitati, deve contribuire a ridurre tanta sofferenza e tanta miseria. Tuttavia, essa non può dimenticare il messaggio fondamentale che ha ricevuto dal suo Signore, quello stesso che Gesù ha solennemente proclamato all'inizio della sua missione, riprendendo le parole del profeta Isaia: "Lo Spirito del Signore . . . mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio". Poi ha aggiunto: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi" (Lc 4,18-21). È dunque necessario che la Chiesa si sovvenga di questo aspetto fondamentale della sua missione evangelizzatrice e che i cattolici, in unione con gli altri cristiani, siano incoraggiati a dare prova di creatività per sviluppare quegli atteggiamenti di viva solidarietà e di partecipazione attiva che dimostrano concretamente che sono tutti membra di un solo corpo, come ha detto l'Apostolo Paolo: "Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme" (1Co 12,26).

Il Concilio Vaticano II, presentando la Chiesa come il popolo di Dio e il Corpo di Cristo, ci dà immagini molto significative che devono aiutare i suoi membri a promuovere gli atteggiamenti di solidarietà e di fraternità nelle comunità cristiane. In questa stessa prospettiva, l'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi ha fatto ricorso all'idea chiave della Chiesa famiglia di Dio al fine di esprimere in modo appropriato la natura della Chiesa per l'Africa. In tal modo i Padri hanno posto l'accento sul fatto che ogni membro della Chiesa, qualunque sia il posto che occupa, non può essere escluso dalla mensa comune della condivisione o dalla responsabilità di vivere in reale solidarietà con i suoi fratelli.

244 7. Cari Fratelli nell'Episcopato, al termine del nostro incontro, mi volgo ancora verso il vostro amato Paese per esortare tutti i suoi figli e le sue figlie, ognuno secondo il proprio livello di responsabilità, a impegnarsi risolutamente per costruire una società fondata sulla concordia e sulla riconciliazione. Auspico vivamente che un dialogo sincero e fecondo prosegua fra tutti gli abitanti del Burundi e conduca a una pace definitiva, affinché tutti possano finalmente vivere nella sicurezza e ritrovare le vie della prosperità e della felicità. Che Dio apra i cuori al suo Spirito d'amore e di pace! Che i discepoli di Cristo si volgano al Padre di ogni misericordia, in un atteggiamento di conversione profonda e di preghiera intensa, per chiedergli la forza e il coraggio di essere, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, instancabili costruttori di pace e di fraternità!

Alla vigilia del Grande Giubileo dell'Anno 2000, desidero ardentemente che questo tempo di grazia sia per la Chiesa in Burundi una nuova primavera di vita cristiana e le consenta di rispondere con audacia agli appelli dello Spirito. Affido alla Vergine Maria, Madre del Redentore, il vostro ministero e la vita delle vostre comunità ecclesiali, affinché Ella guidi i vostri passi verso suo Figlio.

Di tutto cuore v'imparto la Benedizione Apostolica, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle vostre Diocesi.




AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DEL PORTO RICO IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»


Castel Gandolfo - Sabato, 11 settembre 1999

Cari Fratelli nell'Episcopato:


1. Con piacere vi ricevo oggi, Pastori della Chiesa di Dio a Porto Rico, nel vostro pellegrinaggio alla tomba degli Apostoli Pietro e Paolo, segno della vostra comunione con il Vescovo di Roma e con la Chiesa universale. La visita "ad limina" vi offre l'occasione di incontrarvi con il Successore di Pietro e con i suoi collaboratori e ricevere da essi il sostegno necessario per la vostra azione pastorale.

Ringrazio cordialmente Mons. Ulises Casiano Vargas, Vescovo di Mayagüez e Presidente della Conferenza Episcopale, per le affettuose parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi, nel rinnovare le vostre espressioni di affetto e di stima e nel rendermi partecipe delle preoccupazioni e delle speranze della Chiesa che è a Porto Rico. Saluto calorosamente, pieno di gratitudine, il Signor Cardinale Luis Aponte Martínez, per lo zelo con il quale ha servito per molti anni l'Arcidiocesi di San Juan, ora presieduta da Mons. Roberto Octavio Gonzáles Nieves. Tramite voi, saluto ugualmente i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli delle vostre Diocesi. Portate loro il pensiero affettuoso del Papa che li ricorda nelle sue preghiere affinché crescano nella fede in Cristo e nella carità verso il prossimo.

2. Nella vostra missione di Pastori del popolo che vi è stato affidato, dovete essere, soprattutto, promotori e modelli di comunione. Così come la Chiesa è una, anche l'Episcopato è uno, essendo il Papa, come afferma il Concilio Vaticano II, "il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (Lumen Gentium LG 23). Per questo l'unione collegiale dell'episcopato è uno degli elementi costitutivi dell'unità della Chiesa.

Questa unione fra i Vescovi è particolarmente necessaria oggi, poiché le iniziative pastorali possiedono molteplici forme e oltrepassano i limiti della loro Diocesi. La comunione deve realizzarsi, inoltre, nella cooperazione pastorale, nei programmi e nei progetti comuni. Ciò si fa sempre più urgente, tenendo conto delle dimensioni geografiche di Porto Rico, dell'agevolazione e della molteplicità dei mezzi di comunicazione e di informazione e della mobilità della popolazione che, per motivi di lavoro o altro, si concentra principalmente nella capitale, dando luogo al fenomeno dell'urbanizzazione con la sua conseguente problematica. Questo fenomeno presenta grandi sfide per l'azione pastorale della Chiesa (cfr Ecclesia in America, n. 21).

D'altro canto le comunità ecclesiali hanno bisogno di Pastori che siano uomini di fede e che siano uniti tra loro, capaci di affrontare le sfide di una società sempre più incline alla secolarizzazione. In effetti, sebbene la maggioranza dei portoricani siano battezzati nella Chiesa cattolica e pratichino una variegata religiosità popolare, mancano a volte di una fede salda e matura. Per questo, molti, soprattutto i giovani, cercano il modo di compensare il proprio vuoto interiore e la mancanza di un progetto di vita con succedanei di diverso tipo, lasciandosi travolgere dall'edonismo, fuggendo dalle proprie responsabilità (cfr Pastores dabo vobis PDV 7). In questo senso, il consumismo, l'edonismo, la mancanza di ideali positivi e l'indifferenza verso i valori religiosi e i principi etici sono un forte ostacolo per l'evangelizzazione. Tutto ciò è anche più difficile per la presenza di sette e di nuovi gruppi pseudoreligiosi la cui proliferazione ha luogo in ambienti tradizionalmente cattolici. Questo fenomeno esige un profondo studio "per scoprire i motivi attraverso i quali molti cattolici abbandonano la Chiesa" (cfr Ecclesia in America, n. 73).

Prima di tutto, come Maestri della sana dottrina, chiamati ad indicare il cammino sicuro che porta al Padre e come servi della luce che è Cristo "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), non dimenticate di dare uniti come Conferenza Episcopale il vostro insegnamento sui problemi che preoccupano la vostra isola, senza sostituirvi ai politici e ai laici nelle loro responsabilità e rispettando la libertà di opzione dei cattolici sullo "status" e sul futuro di Porto Rico.

245 3. Nella vostra missione pastorale contate sulla collaborazione assidua dei sacerdoti che in comunione con voi devono essere sempre e in ogni situazione ministri credibili e generosi di Cristo e della sua Chiesa. Su questo punto esorta il Concilio Vaticano II: "Per questa comune partecipazione nel medesimo sacerdozio e ministero, i Vescovi abbiano dunque i presbiteri come fratelli e amici, e stia loro a cuore, in tutto ciò che possono, il loro benessere materiale e soprattutto spirituale. È ai Vescovi, infatti, che incombe in primo luogo la grave responsabilità della santificazione dei loro sacerdoti: devono pertanto prendersi cura con la massima serietà della continua formazione del proprio presbiterio. Siano pronti ad ascoltarlo, anzi, siano essi stessi a consultarlo e a esaminare assieme i problemi riguardanti la necessità del lavoro pastorale e il bene della diocesi" (Presbyterorum Ordinis PO 7). Per questo, cerate di accompagnare i vostri sacerdoti personalmente nel ministero pastorale, sia nelle loro difficoltà, sia nelle loro gioie, visitandoli e ricevendoli frequentemente, coltivando l'amicizia con loro, aiutandoli con spirito fraterno, e incoraggiandoli ad essere fedeli alle proprie promesse sacerdotali, soprattutto nella loro perseveranza nella preghiera personale.

Poiché il clero delle vostre Diocesi si presenta eterogeneo e insufficiente, date un'importanza capitale al seminario, centro dove si preparano i futuri sacerdoti. Vi incoraggio a continuare, promuovendo un'intensa pastorale vocazionale nelle parrocchie, affinché tutti i presbiteri si sentano responsabili e impegnati nella nascita e nella cura di nuove vocazioni. Nello stesso tempo, occorre dedicare più attenzione e grande impegno ai nuovi candidati, formandoli alla comunione fraterna, dando loro una solida base teologica e culturale e facendo in modo che siano soprattutto uomini di Dio che dovranno dare costante testimonianza di carità e povertà evangelica, sensibili principalmente alle necessità dei più poveri ed emarginati. Per questo è necessario rivitalizzare i

Seminari di San Juan e di Ponce, preparando formatori santi e idonei che accompagnino stabilmente i giovani nella sequela di Cristo per servire la Chiesa. È auspicabile che tutti i seminaristi portoricani si formino in questi due centri; in questo modo i loro Vescovi potranno visitarli frequentemente in modo da instaurare un clima di maggiore confidenza e reciproca conoscenza.

4. Nella pastorale diocesana occupano un posto particolare i religiosi e le religiose che lavorano nel campo educativo, sanitario o sociale. È necessario stabilire anche con loro relazioni di comunione e aiutarli a vivere in santità e in fedeltà al proprio carisma come un arricchimento della vita ecclesiale, dando testimonianza personale nel luogo dove ciascuno svolge la sua missione. Anche le comunità contemplative sono una presenza silenziosa ma molto efficace nella diocesi. Meritano una speciale attenzione perché, con la loro scelta radicale di seguire Cristo, collaborano all'estensione del suo Regno.

5. Inoltre, la pastorale diocesana deve essere diretta particolarmente ai laici, i quali, per mezzo del loro sacerdozio battesimale, devono sentirsi direttamente impegnati nella vita ecclesiale e sociale. Su questo impegno afferma il Concilio Vaticano II: "La missione della Chiesa nono è soltanto di portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche di permeare e perfezionare l'ordine delle realtà temporali" (Apostolicam actuositatem AA 5). Tutte le realtà che configurano l'ordine temporale, tra cui occorre distinguere la famiglia, la cultura, l'economia, le arti, il lavoro, la politica e le relazioni internazionali, devono essere ordinate a Dio grazie all'impegno di cristiani maturi. La Chiesa, attraverso un'assidua e profonda formazione dei laici a livello spirituale, morale e umano deve aiutarli ad essere fermento evangelico nella società attuale.

Per quanto riguarda la famiglia, elemento costitutivo della società, so che Porto Rico sta attraversando un periodo particolarmente difficile, come si osserva dal crescente numero di divorzi e dall'elevata percentuale di bambini che nascono fuori dal matrimonio. Questo suscita l'urgente necessità di promuovere una catechesi che illustri la grandezza e la dignità dell'amore coniugale secondo il disegno divino, per il bene della coppia e dei figli. La famiglia come "chiesa domestica" è chiamata ad essere il luogo dove i genitori trasmettono la fede cristiana e devono essere "per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede. (Lumen Gentium LG 11). Vi invito inoltre a non risparmiare gli sforzi nella pastorale familiare, preparando nuclei familiari, che siano, con la parola e la propria testimonianza di vita, catechisti.

Come già accennato, occorre curare molto l'educazione dell'infanzia e della gioventù. In effetti, "i giovani sono una grande forza sociale e di evangelizzazione. Essi costituiscono una parte numerosissima della popolazione di molte Nazioni dell'America. Nel loro incontro con Cristo vivo si fondano le speranze e le aspettative di un futuro di maggior comunione e solidarietà per la Chiesa e le società in America. (Ecclesia in America, n. 47). Inoltre, fate in modo che la nuova evangelizzazione porti al mondo giovani, attraverso gruppi, movimenti e associazioni che li spingano a partecipare alla vita ecclesiale e anche alle azioni di solidarietà verso i più bisognosi. La formazione della gioventù non deve prendere le distanze dall'educazione religiosa e morale che le scuole e le università cattoliche devono offrire. Per questo occorre curare la formazione religiosa, umana e culturale degli educatori al fine di garantire e completare la trasmissione dei valori che dovrebbero essere promossi in ogni famiglia.

6. In tutto questo processo di formazione delle persone, a volte riscontriamo legislazioni che sono in contrasto con i principi cristiani. In questo senso la Chiesa sostiene che la cultura autentica deve considerare l'uomo integralmente, cioè in tutte le sue dimensioni personali, senza dimenticare gli aspetti etici e religiosi. Per questo è necessario affidarsi a persone preparate per curare la pastorale della cultura. In questo senso sono da lodare diverse iniziative come le Settimane dell'Educazione Cattolica, i Congressi e altre attività culturali. Il contesto culturale attuale, e Porto Rico non costituisce eccezione, tende purtroppo a fomentare una cultura e una vita sociale lontane da Dio.

Alcune idee che si possono considerare basilari della cultura moderna o postmoderna sono chiaramente anti-cristiane. Per quanto riguarda il campo etico, il divorzio, l'aborto, l'eutanasia assistita, le relazioni prematrimoniali e l'edonismo si presentano come "conquiste moderne" in onore di una libertà individuale malintesa e priva di responsabilità. Davanti a questa realtà in un certo qual modo preoccupante, l'Assemblea speciale per l'America del Sinodo dei Vescovi ha considerato giustamente che "la nuova evangelizzazione richiede uno sforzo lucido, serio e ordinato per evangelizzare la cultura". (Ecclesia in America, n. 70).

7. Cari fratelli, prima di concludere questo incontro, che ha luogo a pochi mesi dall'inizio del Grande Giubileo del 2000, vi assicuro la mia profonda comunione nella preghiera unita alla mia ferma speranza nel rinnovamento spirituale delle vostre Diocesi, affinché tutti i fedeli cattolici portoricani accrescano la loro fede, progrediscano nel coltivare le virtù cristiane e diano valorosa testimonianza nel proprio ambiente.

Affido tutti questi pensieri e anche il vostro ministero pastorale all'intercessione di Nostra Signora della Provvidenza e Patrona di Porto Rico, affinché con la sua materna sollecitudine accompagni e protegga la crescita spirituale di tutti i suoi figli e figlie nel clima di serenità e pace sociale.
246 In questa circostanza vi chiedo nuovamente di portare il mio affettuoso saluto ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai nostri seminaristi, ai formatori, agli agenti pastorali e a tutti i fedeli diocesani.

A voi e a tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO


DALLA FONDAZIONE


"CENTESIMUS ANNUS - PRO PONTIFICE"


Sabato, 11 settembre 1999

Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,

Illustri Signore e Signori!

1. Sono lieto di ritrovarmi con voi, gentili membri della Fondazione "Centesimus Annus-Pro Pontifice", qui convenuti con i vostri familiari. Saluto Mons. Agostino Cacciavillan, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, che ringrazio per le cortesi parole rivoltemi. Con lui saluto anche Mons. Claudio Maria Celli, Segretario della medesima Amministrazione, Mons. Daniele Rota e Don Massimo Magagnin, Assistenti Nazionali, e gli altri ecclesiastici presenti. Rivolgo poi un cordiale benvenuto a tutti voi che non avete voluto mancare a questo appuntamento.

L’ultima volta che vi siete incontrati risale appena allo scorso febbraio, ma avete sentito l'esigenza di ritrovarvi ancora in prossimità dell'Anno Santo 2000. Il Giubileo costituisce infatti un grande appuntamento ecclesiale, al quale la vostra fondazione è chiamata a collaborare, nell'ambito del Giubileo del Mondo del Lavoro, per preparare il settore degli operatori finanziari. Mentre vi ringrazio per questa vostra disponibilità, mi compiaccio con voi che, proprio in vista di tale evento, avete opportunamente deciso di approfondire per il prossimo anno il tema: "Etica e finanza". Sono a conoscenza del vostro proposito di organizzare un congresso internazionale sull’argomento alla vigilia della giornata giubilare. Vedo con piacere una simile importante iniziativa ed auguro che apporti frutti abbondanti.

Oggi, poi, avete voluto dedicare ampio spazio all’ascolto di Mons. Miroslav Marusyn, Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, che vi ha parlato del mio recente viaggio apostolico in Romania e delle tante necessità spirituali e materiali che segnano la vita delle Comunità Cattoliche orientali.

2. Illustri Signore e Signori! Nella vostra esperienza quotidiana vi è dato di costatare come all'interno del pervasivo fenomeno della globalizzazione, che caratterizza l'attuale momento storico, un aspetto essenziale e denso di conseguenze sia quello della cosidetta "finanziarizzazione" dell'economia. Nei rapporti economici, le transazioni finanziarie hanno già superato di gran lunga quelle reali, tanto che l'ambito della finanza ha ormai acquisito una propria autonomia.

Questo fenomeno pone nuove e non facili questioni anche sotto il profilo etico. Una di queste chiama in causa il problema del rapporto tra ricchezza prodotta e lavoro, per il fatto che oggi è possibile creare rapidamente grandi ricchezze senza alcun collegamento con una definita quantità di lavoro svolto. Come si può comprendere, si tratta di una situazione alquanto delicata, che esige attenta considerazione da parte di tutti.

Nell’Enciclica Centesimus annus (n.58), trattando la questione della “mondializzazione dell’economia”, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di promuovere “Organi internazionali di controllo e di guida che indirizzino l’economia stessa al bene comune”, tenendo in considerazione anche che la libertà economica è solo uno degli elementi della libertà umana. L’attività finanziaria, secondo caratteristiche proprie, non può non essere orientata a servire il bene comune della famiglia umana.


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