GP2 Discorsi 1999 223

GIOVANNI PAOLO II



AD UN GRUPPO DI PELLEGRINI POLACCHI


Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria

Domenica, 15 agosto 1999




Dio vi ricompensi perché siete venuti qua. Oggi si compiono 21 anni, ma sembra che tutto sia capitato solo ieri. Comunque, 21 anni, è già qualcosa di più. Voi tutti siete più vecchi.

Oggi concludiamo il giorno che è un giorno di grande solennità ecclesiale: l'Assunzione della B. V. Maria. In questo stesso giorno, per noi polacchi, ricorre la memoria della vittoria, del «Miracolo sulla Vistola». Tra tutti i luoghi che ho potuto visitare il giugno scorso in Polonia ho conservato, in modo particolare, nel mio cuore, Radzymin: il luogo dove si è svolta la battaglia, che ha deciso il futuro della guerra contro i bolscevichi. Questa guerra - come ho già detto - era una delle più importanti guerre d'Europa.

224 In spirito ritorno su quel luogo. Proprio in quell'anno, 1920, io sono nato. Sempre mi chiedo, che cosa sarebbe successo senza l'«evento di Radzymin», senza il «Miracolo sulla Vistola»? Questo evento, questo giorno, si è iscritto profondamente nella mia storia personale, nella storia di noi tutti. Voi siete più giovani, ma siete un prolungamento di quell'anno 1920, del «Miracolo sulla Vistola», dell'«evento di Radzymin».

Sono contento, perché abbiamo potuto terminare così questa solennità mariana, e, allo stesso tempo, fare memoria di un grande ricordo dalla nostra storia nazionale.

Vorrei benedire voi tutti.

Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Buona notte!



MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II,


A FIRMA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO ANGELO SODANO,


AI PARTECIPANTI AL XX MEETING PER L'AMICIZIA TRA I POPOLI





Eccellenza Reverendissima,

l'annuale appuntamento del Meeting per l'Amicizia tra i Popoli, giunto alla sua XX edizione, non mancherà di suscitare in coloro che vi prenderanno parte un rinnovato slancio apostolico. In questa prospettiva, il Santo Padre affida a Vostra Eccellenza l'incarico di esprimere agli organizzatori ed ai partecipanti i Suoi sentimenti di stima e di apprezzamento per l'impegno che li anima, assicurando loro il Suo ricordo nella preghiera, perché dall'iniziativa possano scaturire copiosi frutti di bene.

Il tema, che il Meeting si è proposto per questa edizione - «L'ignoto genera paura, il Mistero genera stupore» - richiama alla mente le prime parole di Gesù risorto: «Non temete» (Mt 28,10), o quelle dell'angelo alle donne che vanno al sepolcro: «Non abbiate paura...» (Mc 16,6). Gesù Cristo è il Mistero che non solo si è reso vicino all'uomo, ma che ha sconfitto alla radice, una volta per tutte, la paura. Egli infatti ha reso noto l'ignoto, essendo il Mistero che ci si è svelato. Cristo ha vinto la paura dell'ignoto, perché ha vinto la morte togliendole il letale pungiglione (cfr 1Co 15,55-56). Dal propagarsi nel mondo dell'annuncio di questo evento mirabile - Cristo morto e risorto per l'umanità - è scaturita la possibilità di una costruzione pienamente umana della vita personale, familiare e sociale.

In questa fine di millennio l'uomo, nelle più diverse culture, non riesce a mascherare la propria preoccupazione di fronte alle sfide del nuovo secolo che avanza. Un sintomo di tale disagio può ravvisarsi nei nuovi sincretismi religiosi, che vanno sorgendo in varie parti del mondo. Essi promettono armonia e pace come risultato di una volontà rinnovata dell'uomo di salvarsi da sé, riconciliandosi con la natura offesa, con il proprio male e con gli altri uomini. In realtà, tale promessa si rivela incapace di allontanare l'angoscia che nasce da una vita in cui tutto appare affidato all'affanno di un «fare», preoccupato di mille cose, ma alla fine dimentico dell'ultimo traguardo. Nell'intento di migliorare se stessi attraverso le tecniche e le tecnologie, l'uomo ha messo da parte le grandi domande di ogni tempo, i grandi desideri di giustizia, di bellezza, di verità. Si è creata così un'armonia artificiale e fragile, che entra in crisi non appena si ripropongono fenomeni oscuri quali la guerra, le grandi ingiustizie sociali, le sventure personali, le calamità naturali. Risorgono allora paure ataviche, per esorcizzare le quali si cercano in molti modi vie di fuga. Alcuni movimenti artistici, ad esempio, si rifugiano nell'astratto e nel virtuale, mentre una certa ideologia scientifica propone un superuomo capace di autogenerarsi e migliorarsi fino ad una pretesa perfezione. Ma proprio da tali vie rinascono, ingigantiti, i problemi: si pensi ad esempio, alla biogenetica e ai drammatici interrogativi da essa posti, con le conseguenti, legittime paure che ne scaturiscono.

Molte volte il Santo Padre ha messo in guardia contro simili pericolose illusioni, ricordando allo scienziato che «la ricerca della Verità, anche quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell'uomo, non termina mai; rinvia sempre verso qualcosa che è al di sopra dell'immediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono l'accesso al Mistero » (Discorso all'Università di Cracovia, 8 giugno 1997).

Oggi, inoltre, non sono pochi coloro che, smarrita anche l'ultima traccia dell'evento mirabile della Risurrezione, scelgono come campo di fuga il ritorno alla superstizione e cercano di vincere il sentimento di solitudine e paura del futuro mediante il ricorso ad oroscopi, astrologi, maghi e sette esoteriche. Si tratta di usi molto simili a quelli del mondo pagano del quarto secolo. Dai promotori di tali pratiche già sant'Agostino metteva in guardia e, smascherando l'illusorietà delle loro previsioni e dei loro calcoli, ricordava le parole della Scrittura: «Se tanto poterono sapere da scrutare l'universo, come mai non ne hanno trovato più presto il Creatore?» (Sg 13,9).

225 Nell'Enciclica Fides et ratio Giovanni Paolo II ha ricordato che «ogni uomo inserito in una cultura da essa dipende, su di essa influisce. Egli è insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso. In ogni espressione della sua vita, egli porta con sé qualcosa che lo contraddistingue in mezzo al creato: la sua apertura costante al mistero ed il suo inesauribile desiderio di conoscenza. Ogni cultura, di conseguenza, porta impressa in sé e lascia trasparire la tensione verso un compimento. Si può dire, quindi, che la cultura ha in sé la possibilità di accogliere la rivelazione divina» (n. 71).

Perché allora abbandonare la via maestra? Perché non riconoscere ciò di cui l'uomo ha più bisogno? Non il prometeico tentativo di superare la propria limitatezza, ma l'abbandono confidente nelle braccia di Colui che ha detto: «Coraggio, sono io, non abbiate paura» (
Mt 14,27), rivelandosi come il Mistero buono, resosi amico dell'uomo fino alla totale donazione di sé. Guardando a Lui si comprende che all'origine di tutto c'è l'amore: è questo il Mistero che crea e regge l'intero cosmo.

Solo percorrendo questa via è possibile vincere l'insicurezza, che sta all'origine di tanta violenza tra gli uomini. Solo così ogni ricerca sull'uomo può affrontare senza sgomento gli aspetti misteriosi di eventi che altrimenti genererebbero angoscia e che invece possono aprire allo stupore pensoso e grato. L'esperienza insegna quanto insostituibile sia per l'umanità Colui che «svela l'uomo all'uomo » (Gaudium et spes ).

Sua Santità augura di cuore che i partecipanti al Meeting per l'Amicizia tra i Popoli, approfondendo insieme la conoscenza delle grandi possibilità che scaturiscono dall'accoglimento del mistero di Cristo, testimonino davanti al mondo come, liberati dal timore della caducità e della morte, si possa costituire una nuova unità oltre le frontiere e le divisioni sociali, senza nulla temere, perché Gesù ha oltrepassato vittoriosamente la barriera contro la quale s'infrange ogni sforzo umano: la barricata della morte.

Nell'affidare a Dio, per intercessione della Vergine Santissima, i lavori del Meeting, il Santo Padre imparte di cuore a Vostra Eccellenza ed a tutti i partecipanti la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Anch'io formulo l'augurio che l'incontro possa raggiungere ogni desiderato frutto spirituale e profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

Suo dev.mo nel Signore
ANGELO Card. SODANO

Segretario di Stato


PAROLE DI RINGRAZIAMENTO DI GIOVANNI PAOLO II


AL TERMINE DEL CONCERTO DEL QUARTETTO "CONTEMPO"


PROMOSSO DALL'AMBASCIATA DI ROMANIA


PRESSO LA SANTA SEDE


Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Domenica, 22 agosto 1999




226 Gentili Signore e illustri Signori,
Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Al termine di questo concerto, desidero rivolgere un cordiale ringraziamento agli Artisti del Quartetto «Contempo», che con sensibilità e perizia ci hanno donato un momento di intensa contemplazione estetica. Il mio ringraziamento si estende anche all'Ambasciata di Romania presso la Santa Sede, che ha progettato e organizzato questa serata musicale.

I brani, nell'alternarsi di fasi serene e vivaci, drammatiche e struggenti, sono stati per noi tutti occasione di coinvolgimento e di riflessione. L'arte, infatti, sarebbe vuota esercitazione estetica, se non aprisse all'intuizione dell'aspetto più profondo della realtà, traducendosi in invito all'impegno, perché quanto è stato percepito non resti astrazione vana, ma si concretizzi nella vita di ogni giorno portandovi luce di bellezza e di verità. L'arte, ho scritto nella Lettera agli Artisti, è «appello al Mistero» (n. 10).

Due indicazioni pedagogiche, in modo particolare, ci offre l'esperienza artistica: indicazioni che, a loro volta, diventano ispirazioni per la vita. La prima è data dalla constatazione dell'armonia che sboccia dalla diversità: la bellezza scaturisce da varie componenti, che non si annullano vicendevolmente, ma si fondono insieme in un unico disegno. La seconda è relativa alla nobiltà dei sentimenti: la bellezza non è mai frutto di appiattimento e mediocrità, ma di tensione verso ciò che è più alto e più perfetto. Nell'impegno di realizzare questi valori nell'esistenza quotidiana, le singole persone e le società crescono e maturano.

2. Un ulteriore motivo rende questa serata particolarmente lieta ed evocatrice: pochi mesi fa, ho avuto la gioia di visitare la Romania, incontrando Autorità e cittadini di quell'amata Nazione ed accogliendo nel mio cuore propositi e speranze delle donne e degli uomini di quell'illustre Terra. La musica di questa sera, quasi eco fedele delle ricchezze culturali del popolo romeno, riporta alla mia memoria quell'incontro straordinario, ricco di cordialità e di condivisione, e rinnova in me ammirazione sincera per la storia, la civiltà, le realizzazioni di quel grande popolo.

A Lei, Signor Ambasciatore, chiedo di rendersi interprete presso le Autorità del suo Paese dei miei sentimenti di stima sincera e di cordiale vicinanza. Ai valenti Artisti auguro un lusinghiero cammino professionale e una ancor più soddisfacente realizzazione umana.

Il Signore, Dio della bellezza e dell'armonia, riempia di gioia la vostra vita, colmando ciascuno delle sue benedizioni.


AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA INTERNAZIONALE


DELLA FAMIGLIA TRINITARIA


Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Giovedì, 26 agosto 1999




Carissimi Fratelli e Sorelle!

227 1. Sono lieto di incontrarmi con voi in una circostanza così significativa com'è questa: voi celebrate quest'anno l'VIII centenario di fondazione dell'Ordine della Santissima Trinità e il IV della sua riforma. Opportunamente, pertanto, la Famiglia Trinitaria, che affonda le sue radici nel progetto del Fondatore San Giovanni de Matha e vive dello stesso carisma, ha pensato di raccogliersi in «Assemblea Generale» per riflettere insieme sui comuni problemi e sulle possibili soluzioni alle soglie del nuovo millennio.

Saluto il Ministro Generale dell'Ordine, Padre José Hernández Sánchez, e lo ringrazio per le gentili parole rivoltemi. Con lui saluto i responsabili e le responsabili dei vari Istituti facenti parte della Famiglia Trinitaria, come pure i religiosi, le religiose ed i laici convenuti per questa Assemblea da ogni parte del mondo. Essa costituisce un momento particolarmente propizio per intensificare il cammino di fedeltà al dono dello Spirito ricevuto dal Fondatore, e per inserirvi più vitalmente nel rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II, così da poter rispondere alle esigenze e alle interpellanze del mondo di oggi.

2. Nel corso di otto secoli, attraverso molteplici vicende storiche, la Famiglia Trinitaria, animata e vivificata dal carisma originario centrato sulla glorificazione della Trinità e sulla dedizione alla redenzione dell'uomo, si è sviluppata e propagata nella Chiesa e nel mondo mediante la fioritura di vari Istituti e di diverse Associazioni laicali. I singoli organismi si riconoscono nel nome della Trinità, alla quale sono consacrati in modo speciale, ed in San Giovanni de Matha, che venerano quale Padre comune. Tutti partecipano allo stesso carisma di glorificazione della Trinità e di impegno per la redenzione dell'uomo, dedicandosi a opere di carità e di liberazione a favore dei poveri e degli schiavi del nostro tempo.

Oggi la Famiglia Trinitaria è composta oltre che da religiosi, anche da religiose di vita sia contemplativa che attiva. Queste ultime si articolano in diverse Congregazioni: vi sono le Suore Trinitarie di Valence, di Roma, di Valencia, di Madrid, di Mallorca, di Siviglia. Si aggiungono, inoltre, l'Istituto Secolare delle Oblate Trinitarie e l'Ordine Secolare Trinitario, insieme con Confraternite e numerose Associazioni del Laicato Trinitario, che testimoniano nel mondo la dimensione secolare dello spirito trinitario.

A tutti rinnovo l'esortazione a vivere con generosa fedeltà il carisma originario, che conserva una straordinaria attualità nel mondo d'oggi. L'uomo contemporaneo ha bisogno di sentirsi annunciare la salvezza nel nome della Trinità Santissima e di essere salvaguardato da catene non meno pericolose, perché meno appariscenti, di quelle d'un tempo. La Famiglia Trinitaria farà bene, pertanto, a mettersi in ascolto delle implorazioni che salgono dalle vittime delle moderne forme di schiavitù, per trovare vie concrete di risposta alle loro attese accorate.

Vi sostengono nella vostra riflessione e nel vostro impegno i tanti fratelli e sorelle che vi hanno preceduto e vi hanno lasciato esempi luminosi di virtù e di santità nell'attuazione dello stesso carisma: religiosi, religiose e laici i cui nomi, spesso imporporati di sangue, sono scritti nell'albo dei santi e vivono nella testimonianza della tradizione Trinitaria.

3. Nella luce di questa eroica testimonianza, voi volete approntare progetti concreti con i quali introdurvi nel nuovo millennio. In particolare, avete pensato di istituire un organismo internazionale della Famiglia Trinitaria, mediante il quale poter intervenire più efficacemente a difesa dei perseguitati o discriminati a causa della fede religiosa e della fedeltà ai valori del Vangelo o alla loro coscienza. Avete dato al nuovo organismo il nome di «Solidarietà Internazionale Trinitaria», intendendo coinvolgere l'intera Famiglia nel servizio verso tanti sofferenti e sventurati, che nella loro miseria sospirano verso una «epifania» del Cristo Redentore.

Un altro progetto molto significativo è quello di una nuova fondazione nel Sudan, che avete programmato come espressione della missione redentrice e misericordiosa propria dell'Ordine. L'iniziativa si propone, insieme con l'apostolato missionario e di liberazione, il dialogo interreligioso tra Cristianesimo ed Islam, secondo le indicazioni date dal Concilio Vaticano II e riprese e sviluppate in successivi documenti del Magistero.

4. Il Grande Giubileo dell'Incarnazione costituisce per tutta la Famiglia Trini taria uno stimolo ulteriore ad approfondire la meditazione del Mistero Trinitario, nel quale essa ravvisa il cuore della propria spiritualità. Attingendo a quella inesauribile Sorgente, essa non mancherà di impegnarsi nello sviluppo di tutte le potenzialità della consacrazione Trinitaria, arricchendola di nuova pienezza. Da questa esperienza Trinitaria fortemente vissuta fluirà un rinnovato impegno di liberazione nei confronti di ogni forma di oppressione.

Il Capitolo Generale straordinario, concluso in questi giorni, ha posto al centro della vostra riflessione il tema della Domus Trinitatis et Captivorum. Nello spirito originale del progetto di San Giovanni de Matha - meritevole di valorizzazione anche ai nostri giorni - in tale Domus deve regnare il dinamismo dell'amore, che ha la sua fonte nel mistero Trinitario e che si estende verso i privilegiati di Dio: schiavi e poveri. Lo Spirito del Padre e del Figlio, che è amore, vi sospinge a farvi dono di amore per gli altri. L'unità e la carità saranno la migliore testimonianza della vostra vocazione Trinitaria nella Chiesa.

La Vergine Santissima, che da secoli quotidianamente invocate con la bella preghiera: «Ave, Filia Dei Patris, Ave, Mater Dei Filii, Ave, Sponsa Spiritus Sancti, Sacrarium Sanctissimae Trinitatis», vi introduca sempre più nella contemplazione saporosa del Mistero e vi aiuti a vivere i giorni del Grande Giubileo come tempo di rinnovata speranza e di sereno giubilo nello spirito.

228 Con questi auspici, di cuore imparto a voi ed a tutti i componenti della Famiglia Trinitaria una speciale Benedizione Apostolica.


AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO PROMOSSO


DALL'ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II


PER STUDI SU MATRIMONIO E FAMIGLIA


Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell'Episcopato,

Distinti Signore e Signori!

1. Con grande gioia do oggi il benvenuto a tutti voi che prendete parte alla Settimana internazionale di studio, promossa dal Pontificio Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia. Saluto anzitutto Mons. Angelo Scola, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense e Preside dell'Istituto, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto all'inizio del nostro incontro. Insieme a lui, saluto Mons. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Ferrara e suo predecessore, il Cardinale Vicario Camillo Ruini ed il Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, i Presuli presenti, gli illustri docenti, che mi hanno esposto alcune interessanti considerazioni, e quanti, a vario titolo, cooperano alla riuscita di questo vostro Convegno. Saluto tutti voi, cari membri dei corpi docenti delle varie sedi dell'Istituto che vi siete riuniti qui a Roma per un'organica riflessione sul fondamento del disegno divino sul matrimonio e la famiglia. Grazie per il vostro impegno e per il servizio che rendete alla Chiesa.

2. Fin da quando nacque diciotto anni fa, l'Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia ha curato l'approfondimento del disegno di Dio sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia, coniugando la riflessione teologica, filosofica e scientifica con una costante attenzione alla cura animarum.

Questa relazione tra pensiero e vita, tra teologia e pastorale, è veramente decisiva. Se guardo alla mia stessa esperienza, non mi è difficile riconoscere quanto il lavoro svolto con i giovani nella pastorale universitaria di Cracovia mi abbia aiutato nella meditazione su aspetti fondamentali della vita cristiana. La quotidiana convivenza con i giovani, la possibilità di accompagnarli nelle loro gioie e nelle loro fatiche, il loro desiderio di vivere pienamente la vocazione alla quale il Signore li chiamava, mi aiutarono a comprendere sempre più profondamente la verità che l'uomo cresce e matura nell'amore, cioè nel dono di sé, e che proprio nel donarsi riceve in cambio la possibilità del proprio compimento. Questo principio ha una delle sue più elevate espressioni nel matrimonio, che «è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell'umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite» (Humanae vitae HV 8).

3. Muovendosi in questa ispirazione di una profonda unità tra la verità annunciata dalla Chiesa e le concrete opzioni ed esperienze di vita, il vostro Istituto ha reso in questi anni un lodevole servizio. Con le Sezioni presenti a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, a Washington, a Città del Messico e a Valencia, con i centri accademici di Cotonou (Benin), Salvador di Bahia (Brasile) e Changanacherry (India), il cui iter di incorporazione all'Istituto è ormai iniziato e con il prossimo avvio del centro di Melbourne (Australia), l'Istituto potrà contare su proprie sedi nei cinque continenti. E' uno sviluppo di cui vogliamo rendere grazie al Signore, mentre guardiamo con doveroso riconoscimento a quanti hanno dato e continuano a dare il loro contributo alla realizzazione di quest'opera.

4. Vorrei ora insieme a voi proiettare lo sguardo verso il futuro, partendo da un'attenta considerazione delle urgenze che, in questo campo, si presentano oggi alla missione della Chiesa e, pertanto, al vostro stesso Istituto.

Rispetto a diciotto anni fa, quando iniziava il vostro cammino accademico, la provocazione rivolta dalla mentalità secolaristica alla verità sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia si è fatta, in un certo senso, ancor più radicale. Non si tratta più solamente di una messa in discussione di singole norme morali di etica sessuale e familiare. All'immagine di uomo/donna propria della ragione naturale e, in particolare, del cristianesimo, si oppone un'antropologia alternativa. Essa rifiuta il dato, inscritto nella corporeità, che la differenza sessuale possiede un carattere identificante per la persona; di conseguenza, entra in crisi il concetto di famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, quale cellula naturale e basilare della società. La paternità e la maternità sono concepite solo come un progetto privato, da realizzare anche mediante l'applicazione di tecniche biomediche, che possono prescindere dall'esercizio della sessualità coniugale. Si postula, in tal modo, un'inaccettabile «divisione tra libertà e natura», che sono invece «armonicamente collegate tra loro e intimamente alleate l'una con l'altra» (Veritatis Splendor VS 50).

In realtà, la connotazione sessuale della corporeità è parte integrante del piano divino originario, nel quale uomo e donna sono creati a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,27) e sono chiamati a realizzare una comunione di persone, fedele e libera, indissolubile e feconda, come riflesso della ricchezza dell'amore trinitario (cfr Col 1,15-10).

Paternità e maternità, poi, prima di essere un progetto dell'umana libertà, costituiscono una dimensione vocazionale inscritta nell'amore coniugale, da vivere come responsabilità singolare di fronte a Dio, accogliendo i figli come un suo dono (cfr Gn 4,1), nell'adorazione di quella paternità divina «da cui ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome» (Ep 3,15).

229 Eliminare la mediazione corporea dell'atto coniugale, come luogo dove può aver origine una nuova vita umana, significa nello stesso tempo degradare la procreazione da collaborazione con Dio creatore ad una "ri-produzione" tecnicamente controllata di un esemplare di una specie e smarrire quindi la dignità personale unica del figlio (cfr Donum Vitae, II B/5). In effetti, solo quando si rispettano integralmente le caratteristiche essenziali dell'atto coniugale, in quanto dono personale dei coniugi, corporeo ed insieme spirituale, si rispetta anche, nello stesso tempo, la persona del figlio e si manifesta la sua origine da Dio, fonte di ogni dono.

Quando, invece, si tratta il proprio corpo, la differenza sessuale in esso inscritta e le stesse facoltà procreative come dei puri dati biologici inferiori, passibili di manipolazione, si finisce col rinnegare il limite e la vocazione presenti nella corporeità e si manifesta così una presunzione che, al di là delle intenzioni soggettive, esprime il misconoscimento del proprio essere come dono proveniente da Dio. Alla luce di queste problematiche di così grande attualità, con ancora maggior convinzione riaffermo quanto già insegnato nell'Esortazione apostolica Familiaris consortio: «Il destino dell'umanità passa attraverso la famiglia» (n. 86).

5. Di fronte a queste sfide, la Chiesa non ha altra strada che volgere lo sguardo a Cristo, Redentore dell'uomo, pienezza della rivelazione. Come ho avuto occasione di affermare nell'Enciclica Fides et ratio, «la rivelazione cristiana è la vera stella di orientamento per l'uomo che avanza tra i condizionamenti della mentalità immanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica» (n. 15). Questo orientamento ci è offerto proprio attraverso la rivelazione del fondamento della realtà, cioè di quel Padre che l'ha creata e la mantiene, in ogni istante, nell'essere.

Approfondire ulteriormente il disegno di Dio sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia, è il compito che vi dovrà vedere impegnati, con rinnovata lena, all'inizio del terzo millennio. Vorrei qui suggerire alcune prospettive per questo approfondimento. La prima concerne il fondamento in senso stretto e cioè il Mistero della Santissima Trinità, sorgente stessa dell'essere e, quindi, cardine ultimo dell'antropologia. Alla luce del mistero della Trinità, la differenza sessuale rivela la sua natura compiuta di segno espressivo di tutta la persona.

La seconda prospettiva, che intendo sottoporre al vostro studio, riguarda la vocazione dell'uomo e della donna alla comunione. Anch'essa affonda le sue radici nel mistero trinitario, ci viene pienamente rivelata nell'incarnazione del Figlio di Dio - nella quale natura umana e natura divina sono unite nella Persona del Verbo -, e s'inserisce storicamente nel dinamismo sacramentale dell'economia cristiana. Il mistero nuziale del Cristo Sposo della Chiesa, infatti, si esprime in modo singolare attraverso il matrimonio sacramentale, comunità feconda di vita e di amore.

In questo modo, la teologia del matrimonio e della famiglia - ecco il terzo spunto che desidero di offrirvi - si inscrive nella contemplazione del mistero dell'Unitrino che invita tutti gli uomini alle nozze dell'Agnello compiute nella Pasqua e perennemente offerte all'umana libertà nella realtà sacramentale della Chiesa.

Inoltre, la riflessione sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia si approfondisce dedicando una speciale attenzione al rapporto persona-società. La risposta cristiana al fallimento dell'antropologia individualista e collettivista richiede un personalismo ontologico radicato nell'analisi dei rapporti familiari primari. Razionalità e relazionalità della persona umana, unità e differenza nella comunione e le polarità costitutive di uomo-donna, spirito-corpo e individuo-comunità, sono dimensioni co-essenziali ed inseparabili. La riflessione sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia si lascia così, ultimamente, integrare nella Dottrina Sociale della Chiesa, finendo per diventarne una delle sue più solide radici.

6. Queste ed altre prospettive per il lavoro futuro dell'Istituto dovranno essere sviluppate secondo la doppia dimensione di metodo che si evince anche da questo vostro incontro.

Da una parte è imprescindibile partire dall'unità del disegno di Dio sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia. Solo questo punto di partenza unitario permette che l'insegnamento offerto all'Istituto non sia la semplice giustapposizione di quanto teologia, filosofia e scienze umane ci dicono su questi temi. Dalla rivelazione cristiana scaturisce un'antropologia adeguata ed una visione sacramentale del matrimonio e della famiglia, che sa interagire dialogicamente con i risultati della ricerca propri della ragione filosofica e delle scienze umane. Questa unità originaria è anche alla base del lavoro comune tra docenti di diverse materie e rende possibile una ricerca ed un insegnamento interdisciplinari che hanno come oggetto l'"unum" della persona, del matrimonio e della famiglia approfondito, da punti di vista diversi e complementari, con metodologie specifiche.

Dall'altra parte, va sottolineata l'importanza delle tre aree tematiche sulle quali sono concretamente organizzati tutti i "curricula" di studi proposti all'Istituto. Tutte e tre queste aree sono necessarie per la completezza e la coerenza del vostro lavoro di ricerca, di insegnamento e di studio. Come prescindere, infatti, dalla considerazione del "fenomeno umano" quale è proposto dalle diverse scienze? Come rinunciare allo studio della libertà, cardine di ogni antropologia e porta di accesso alle domande ontologiche originarie? Come fare a meno di una teologia in cui natura, libertà e grazia siano viste in articolata unità, alla luce del mistero di Cristo? E' qui il punto di sintesi di tutto il vostro lavoro, giacché «in realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell'uomo» (Gaudium et spes
GS 22).

7. La novità del Pontificio Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia non è solo legata al contenuto e al metodo della ricerca, ma si esprime anche attraverso la sua specifica configurazione giuridico-istituzionale. L'Istituto costituisce in un certo senso un "unicum" nel contesto delle Istituzioni Accademiche Ecclesiastiche. Esso, infatti, è uno (con un unico Gran Cancelliere ed un unico Preside) e, nello stesso tempo, si articola nei diversi continenti attraverso la figura giuridica della sezione.

230 Ci troviamo così di fronte ad una traduzione giuridico- istituzionale del normale dinamismo di comunione che fluisce tra la Chiesa universale e le Chiese particolari. In questo modo, l'Istituto vive, esemplarmente, la duplice dimensione romana e universale che caratterizza le istituzioni universitarie dell'Urbe e, in modo particolare, la Pontificia Università Lateranense, presso la quale si trova la sezione centrale, e che è definita dall'articolo 1 degli Statuti "l'Università del Sommo Pontefice a titolo speciale".

Se guardiamo all'Istituto e alla sua storia, vediamo quanto il principio dell'unità nella pluriformità sia fecondo! Esso poi non si concretizza soltanto in una unità di orientamento dottrinale che dà efficacia alla ricerca e all'insegnamento, ma si esprime, soprattutto, nell'effettiva comunione tra docenti, studenti e personale addetto. E ciò sia all'interno delle singole sezioni come pure nel reciproco scambio tra le sezioni pur così diverse fra loro. Voi collaborate in tal modo all'arricchimento della vita delle Chiese e, in ultima analisi, della Catholica stessa!

8. Perché gli uomini potessero partecipare, come membri della Chiesa, della sua stessa vita, il Figlio di Dio ha voluto diventare membro di una famiglia umana. Per questa ragione la Sacra Famiglia di Nazareth, quale «originaria Chiesa domestica» (Redemptoris Custos, 7), costituisce una guida privilegiata per il lavoro dell'Istituto. Essa mostra chiaramente l'inserimento della famiglia nella missione del Verbo incarnato e redentore ed illumina la stessa missione della Chiesa.

Maria, Vergine, Sposa e Madre, protegga i docenti, gli studenti ed il personale addetto del vostro Istituto. Accompagni e sostenga la vostra riflessione e il vostro lavoro affinché la Chiesa di Dio possa trovare in voi un aiuto assiduo e prezioso nel suo compito di annunciare a tutti gli uomini la verità di Dio sulla persona, sul matrimonio e sulla famiglia.

A tutti il mio grazie e la mia Benedizione.


AI PARTECIPANTI AL I CONVEGNO INTERNAZIONALE


«GIOVANI VERSO ASSISI»


Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo

Sabato, 28 agosto 1999

Carissimi giovani!


1. Con vera gioia vi accolgo, al termine del vostro primo convegno internazionale dal titolo "Giovani verso Assisi", svoltosi in forma di pellegrinaggio, ripercorrendo le orme di san Francesco d’Assisi. Benvenuti! Vi saluto tutti con affetto.

Ringrazio ognuno di voi per il contributo che avete offerto alla riuscita dell'iniziativa; ringrazio il Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali per le cortesi parole che mi ha rivolto. Esprimo il mio compiacimento, in particolare, ai Frati Minori Conventuali che vi hanno proposto questo singolare pellegrinaggio come tempo di esperienza pre-giubilare, in preparazione alla XVª Giornata Mondiale della Gioventù del 2000, che si terrà a Roma fra circa un anno. Ad essi porgo l'augurio di saper vivere costantemente la loro consacrazione come dono che il Signore fa alla Chiesa, fedeli allo stile di vita consegnato all'Ordine dal Poverello d'Assisi.

2. Carissimi ragazzi e ragazze, l'itinerario che vi ha condotto in luoghi così cari alla spiritualità mariana e francescana, è stato scandito da momenti di preghiera, di penitenza e da incontri di riflessione. A Padova, a Loreto e ad Assisi avete avuto modo di visitare santuari significativi della fede in Italia e l'odierna vostra tappa a Roma ben completa questo vostro percorso spirituale. Vi guida la domanda "Perché, Francesco, il mondo ti vien dietro?". Sono certo che, ascoltando insegnamenti e testimonianze, abbiate potuto ricevere utili stimoli per una vostra rinnovata adesione al Vangelo.


GP2 Discorsi 1999 223