GPII 1988 Insegnamenti - Ai dirigenti dell'Alitalia - Città del Vaticano (Roma)

Ai dirigenti dell'Alitalia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riconoscenza per l'apporto allo svolgimento della missione pastorale in tutto il mondo

Testo:

Signor presidente, signori dirigenti e funzionari, rappresentanti degli equipaggi e del personale dell'Alitalia! E' sempre un motivo di gioia per me incontrarvi. Le vostre persone, come potete ben immaginare, mi richiamano i frequenti viaggi che, seguendo un impegnativo e doveroso programma pastorale, posso compiere in tante parti del mondo. A tali ricordi si accosta il desiderio ed il dovere di manifestare a tutti voi ed all'intera Compagnia aerea che rappresentate, la mia riconoscenza, unita al desiderio di ricambiare in qualche modo la vostra ospitalità, le attenzioni che mi usate, i molteplici segni di riguardo e di affetto che sempre riscontro in tutti voi.

Il mio saluto riconoscente, quindi, a tutta la grande famiglia dell'Alitalia, ed in particolare al suo nuovo presidente, il dottor Carlo Verri, ed ai collaboratori che oggi qui lo accompagnano.

Non posso dimenticare quanto deve alla premura della vostra organizzazione il mio pastorale desiderio di incontrare comunità cristiane, fedeli e pastori di regioni lontane da Roma, per recare loro il conforto di una visita, il servizio della parola e dell'Eucaristia, la testimonianza dell'unità e della fraternità, il sostegno e l'incoraggiamento nelle situazioni in cui versano. Tutto questo appartiene al mio ministero di successore di Pietro, poiché a me spetta il compito di raccogliere e tradurre nel tempo moderno l'invito del Salvatore di "confermare i fratelli" (Lc 22,32) nel cammino di fede.

Desidero quindi rinnovare ancora una volta i sentimenti del mio compiacimento e della sincera ed aperta riconoscenza, assicurandovi un ricordo nella preghiera.

Mi è poi gradito rivolgervi una parola di speciale augurio in questo tempo, così vicino alle festività natalizie. Già il clima delle prossime solennità è entrato nell'animo di tutti, e con fede ci prepariamo a rivivere il mistero della nascita di Cristo. Siamo quasi condotti dalle circostanze a fissare lo sguardo sul presepio, per riconoscere nel Bambino Gesù il dono che Dio fa di se stesso all'umanità, inviando a noi il suo Figlio. In lui troviamo speranza, poiché egli è il segno di un'amicizia, di un amore senza fine, di un affetto indescrivibile del Padre verso ciascun uomo. Sappiamo che in Cristo tutte le promesse e le speranze trovano il loro pieno compimento, perché in lui ogni parola di Dio ha trovato il suo si.

Questi pensieri di fede si accompagnino a quelli che spesso insorgono in voi quando, nel vostro lavoro, vi trovate a contatto con l'immensità del creato, con gli spazi infiniti del cielo, con le distanze sconfinate che velocemente superate dall'uno all'altro punto della terra. Voi spesso sentite impellente nell'animo l'interrogativo sull'origine del mondo, dell'uomo, della tecnica, dell'intelligenza che l'ha prodotta. Vi chiedete allora donde nascano tutte le cose che ammirate, e siete indotti a pensare proprio alla intelligenza infinita, alla bontà, alla perfezione del Creatore. Orbene, il Natale vi dice che il Figlio di questo Dio onnipotente, nell'opera del quale è immersa la nostra vita, è nato a Betlemme nell'umiltà e nel nascondimento, per manifestare la bontà del Creatore, il suo amore per gli uomini, la salvezza che egli vuole donare loro con l'effusione di una misericordia infinita, che troverà poi nella croce il suo pieno compimento.

Siano questi i pensieri che vi accompagnano in questo tempo e nella vostra professione. Sappiamo tutti quanto essa esiga di ardimento, coraggio, prontezza di riflessi e di decisioni, quanto, altresi, essa vi affini nella responsabilità verso la vita vostra e di tante persone, sviluppando in voi un profondo senso della solidarietà. Auspico che tale complesso di qualità e di virtù sviluppi in voi anche una consapevole fiducia in Dio, nel suo amore e nella sua costante protezione.

Tale pensiero di fede vi doni sempre serenità, pace interiore e sicurezza, e cresca la vostra professione per meriti davanti a Dio.

Un augurio speciale rivolgo alle vostre famiglie qui presenti, che condividendo con voi gioie e preoccupazioni, seguono con affetto e con la preghiera le comuni intraprese, mentre di cuore imparto a tutti la mia benedizione apostolica.


Data: 1988-12-23 Data estesa: Venerdi 23 Dicembre 1988




Ai telefonisti e giardinieri del Vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un lavoro nascosto ma necessario per la missione della Santa Sede

Testo:


1. Sono veramente lieto di questo incontro con voi, addetti ai servizi dei telefoni e dei giardini della Città del Vaticano, in questi giorni precedenti il Natale.

Porgo il mio cordiale saluto a voi tutti, qui presenti, ed anche agli assenti che non sono potuti venire per ragioni di lavoro, e a tutte le vostre famiglie.

Alla vigilia della festività così bella e intima come e il santo Natale, e allo scadere di un altro anno, desidero rivolgervi una parola di ringraziamento, di augurio e d'incoraggiamento.


2. Innanzitutto il mio ringraziamento: non solo per i vostri auguri, presentati così bene dai vostri interpreti, ma soprattutto per il servizio che ciascuno di voi presta con tanto impegno e fedeltà nell'ambito delle proprie responsabilità.

Il vostro è un lavoro nascosto, anonimo, ma quanto mai utile e necessario, perché la Santa Sede possa svolgere la sua specifica attività, in favore della promozione dei valori spirituali nella società. La vostra è una forma di collaborazione a una missione che viene da Dio e intende portare a lui.

Voi, cari giardinieri, con la cura delle piante, dei fiori, dei viali, della nettezza urbana, avete possibilità non solo di offrire ai visitatori una buona accoglienza, ma anche di facilitare la riflessione spirituale e l'ammirazione per le bellezze della natura, che si può trasformare in preghiera nelle anime più sensibili.

E voi, telefonisti, impegnati nei vari rami di competenza, mantenendo in efficienza i collegamenti via cavo all'interno e all'esterno delle mura vaticane, offrite ai diversi organi della Santa Sede la possibilità di mettersi rapidamente in contatto con le varie parti del mondo, così come facilitate le comunicazioni con i vari Dicasteri della Santa Sede.


3. Il mio augurio, poi, che viene dal profondo del cuore, vuole riferirsi in particolare al mistero natalizio. Il fatto che il Figlio di Dio diventa uomo come noi, è un evento così grande che non riusciamo a capirne adeguatamente tutta la portata.

Natale è la festa della venuta di Dio in mezzo agli uomini per salvarli; è la festa che ci dà la certezza che Dio porta a lieto fine le vicende spesso drammatiche della nostra esistenza umana e terrena. E' la festa della pace, annunciata a Betlemme alla vista di un bambino che oggi nasce in una grotta e domani morirà in croce, per dare a tutti gli uomini di buona volontà la speranza di avere il possesso ineffabile ed eterno di Dio.


4. In questa luce, che ci viene dalla grotta di Betlemme, desidero incoraggiarvi a proseguire con impegno nuovo il vostro lavoro, non solo perché non abbia momenti di stanchezza, quanto perché cresca la consapevolezza di portare un contributo alla missione, per cui il Figlio stesso di Dio è venuto sulla terra.

Imparto volentieri a tutti la mia particolare benedizione.


Data: 1988-12-23 Data estesa: Venerdi 23 Dicembre 1988




Al coro "Harmonici Cantores" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La musica, più delle altre arti, ci parla di cose sante e divine

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Desidero esprimervi anzitutto il mio compiacimento per l'esecuzione con la quale avete abbellito questa mattina la santa Messa natalizia celebrata dal Cardinale Vicario alla presenza del Capo dello Stato italiano e del Corpo diplomatico.

Questa vostra partecipazione esprime da sola i vostri talenti artistici, ed io me ne congratulo con voi, esortandovi a perseverare nell'impegno di allietare l'animo dei fedeli, sollevandoli, col fascino del canto sacro, al pensiero ed al gusto delle cose celesti, anzi, della stessa vita eterna, giacché è classica - come sapete - l'idea secondo cui il cielo risuona eternamente di musiche celestiali! La musica svolge, tra le manifestazioni dello spirito umano, una funzione elevata, unica ed insostituibile. Quando è veramente bella ed ispirata, essa ci parla più ancora di tutte le altre arti della bontà, della virtù, della pace, delle cose sante e divine. E non per nulla essa è sempre stata e sempre sarà parte essenziale della liturgia, come possiamo rilevare dalle tradizioni liturgiche dei popoli cristiani di ogni continente.


2. Avete desiderato farmi visita in occasione del decimo anniversario della mia elezione alla Cattedra di Pietro. Vi ringrazio di cuore per questo delicato pensiero, che è segno di fede sincera e di sentita comunione ecclesiale. E vi ringrazio, in particolare, fin d'ora, per il brano musicale che avete voluto offrirmi e che eseguirete dopo queste mie brevi parole. Il vostro modo di esprimere la devozione al successore di Pietro è un modo prezioso che io apprezzo molto.

Mi conforta poi il vostro interesse per il patrimonio ricchissimo e secolare della musica sacra. Oggi, veramente, è doveroso riscoprire i tesori dimenticati. Per far questo, occorre intelligenza, gusto e grande rigore stilistico. Certo, anche la musica sacra deve evolversi, e non saremo certo noi cristiani a non apprezzare quanto di buono oggi si produce; ma non dobbiamo dimenticare quanto di valido ci hanno lasciato i grandi compositori del passato, che non di rado, oltre ad essere artisticamente dotati, avevano una fede profonda ed una adesione alle realtà dello spirito così generosa da esserci di esempio.

Continuate a valorizzare le grandi composizioni che essi ci hanno lasciato: anche oggi essi possono aiutarci ad elevare il nostro spirito ed a godere di quella pace e di quella gioia, delle quali abbiamo tanto bisogno e desiderio, e che, come ho detto, solo la nobile musica sacra sa darci.

Proseguite, dunque, su questa linea, e rendete un prezioso servizio alla cultura, alla società ed alla Chiesa stessa, la quale sempre si è fatta e si fa patrocinatrice della vera arte, che non è mai disgiunta dalla sanità dei costumi morali e dal senso religioso della vita e dell'esistenza.

Ascoltiamo, dunque, questa esecuzione sacra! A voi tutti ed ai vostri cari la mia cordiale benedizione.


Data: 1988-12-23 Data estesa: Venerdi 23 Dicembre 1988




Omelia durante la Veglia natalizia nella Basilica di San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il grande stupore dell'uomo di fronte al mistero della grotta di Betlemme

Testo:


1. "Vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato... un salvatore" (Lc 2,10-11).

Ascoltiamo questa voce che giunge dal profondo della notte di Betlemme.

L'hanno ascoltata per primi i pastori "che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge" (Lc 2,8). perciò la liturgia di mezzanotte viene, a volte, chiamata la "Messa dei pastori".

Siamo riuniti nella Basilica di San Pietro, per ascoltare ancora una volta le stesse parole: "Vi annunzio una grande gioia".

Insieme con noi - mediante la radio e la televisione - ascoltano quest'annunzio gli uomini di diverse lingue, nazioni, Paesi e continenti.

Così, ogni anno, i pastori di Betlemme sono in qualche modo di nuovo presenti nei diversi luoghi della terra.

E anche se le parole, che ascoltiamo nella notte di Natale, sono ogni anno le stesse, esse sono pero sempre da noi attese e per noi sempre nuove.


2. "Oggi... è nato... un salvatore, che è il Cristo Signore".

E' nato ancora una volta. Ancora una volta è venuto nel mondo, nella notte di Betlemme. Infatti quell'"oggi" di prima, di quasi duemila anni fa, lo riviviamo come nostro.

"Vi è nato un salvatore". può sembrare che l'umanità abbia già fatto tanto, e continui a farlo, per "salvare" se stessa con le proprie forze, perché l'uomo sia sufficiente a se stesso. Tuttavia questi si convince sempre di più che non lo è; che tutto ciò che si chiama "civiltà", "progresso", "sviluppo", non raggiunge le radici del male, che permane nella storia dell'umanità - e perfino, in un certo senso, diventa ancor più profondo e più diffuso. E, d'altra parte, tutto ciò che serve a "elevare" l'esistenza umana, ciò che la fa "migliore", non raggiunge la pienezza di quel bene, al quale è indirizzato l'essere umano.

Intanto le parole: "vi è nato un salvatore", continuano a toccare ciò che nell'uomo è permanente e reale, ciò che è profondamente vero. E ogni anno sono attese con le stesse motivazioni di fondo in questa nostra umanità, anche se molte volte non ne siamo consapevoli.


3. I pastori di Betlemme hanno sperimentato, quella notte, un grande stupore. Ciò che hanno ascoltato li ha riempiti, prima, di timore. Ma, "Non temete" - dice il messaggero - "Vi annunzio una grande gioia".

Nel momento in cui Dio - il Figlio, della stessa sostanza del Padre - nasce come uomo, viene nel mondo come figlio dell'uomo, come figlio di Maria, l'uomo non può non lasciarsi prendere da un grande stupore.

Tutto il Vangelo è il libro di un grande stupore! Dio, infatti, è eterno e invisibile. Egli abbraccia tutto: "In lui... viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,28). Dio è onnipotente. E' "totalmente altro": altro da tutto il creato. E' la trascendenza assoluta.

E' possibile che egli si faccia uomo? Che nasca in una stalla abbandonata, come un bambino di genitori senza tetto? Perché? "Cur Deus homo"? La notte di Betlemme è l'inizio di questo stupore. I primi a viverlo sono stati proprio i pastori. E in questo stupore vi è prima una paura, e in seguito la gioia. Esso non dura soltanto un momento. E' custodito dalla coscienza umana per tutta la vita.

Occorre che ogni uomo si ponga costantemente la domanda: "cur Deus homo"? Ne cerchi costantemente la risposta - e la trovi gradatamente. Che il mistero rivelatosi questa notte lo abbracci e lo compenetri sempre di più.

Si. Il mistero! E' bene, quando l'uomo prova un timore, un tremore interiore. Ed è bene quando trova la gioia. Ma non è bene quando manca l'uno o l'altra. Non è bene.

L'uomo non può essere indifferente di fronte al mistero della notte di Betlemme.

Non può respingere la domanda: "cur Deus homo"? Questo dovrebbe costituire una "lacerazione" di fondo nella sua umanità.


4. così tutti gli uomini sono chiamati a partecipare a questa notte... / "in mezzo ai popoli narrate la sua gloria, / a tutte le nazioni dite i suoi prodigi" (cfr. Ps 96[95],3).

Nel mistero del Natale la storia dell'uomo - di ciascuno e di tutti - è chiamata a superare il limite che interiormente può bloccare il cammino verso la salvezza di Dio. L'uomo può ignorare questa chiamata. può perfino non accettarla.

Ma la "salvezza" non può venire all'uomo se non da Dio. Ed è venuta! Proprio questa notte.

Dio è nato come uomo, che è creatura. Tutto il creato non trova forse il suo posto in questo mistero? Quale significato ha il fatto che noi invitiamo la terra e il mare a partecipare alla gioia del Natale? "Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono / si rallegrino gli alberi della foresta" (Ps 96[95],11-12).


5. "Bet-lehem" - significa letteralmente la "casa del pane". Cristo, che là è nato, senza trovare un tetto, costruirà nella storia del mondo una casa che corrisponde al significato di questo nome: "Bet-lehem".

La casa del pane: l'Eucaristia.

Lui stesso, il Salvatore, abiterà in questa casa in modo sacramentale.

Anzi, lui stesso sarà questa casa: il suo corpo e il suo sangue.

L'intera umanità, nella quale ha inizio la trasformazione divina dell'uomo.

In questo modo l'uomo potrà superare costantemente il limite frapposto alla salvezza - alla salvezza eterna - che Dio stesso ha aperto con la nascita umana del Verbo, dell'eterno suo Figlio.

Con la nascita umana di Dio.

Veramente! "Il popolo che camminava nelle tenebre / vide una grande luce; / su coloro che abitavano in terra tenebrosa / una luce rifulse" (Is 9,1).

Veramente! "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia".


Data: 1988-12-24 Data estesa: Sabato 24 Dicembre 1988




Messaggio di Natale e la benedizione "Urbi et Orbi" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fate rifiorire il deserto: il fascino del Natale si espande in tutte le vie

Testo:


1. "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi"! (Is.

52,7). Come è bello il Natale.

Si! Esso è pieno della povertà umana, porta su di sè il marchio del rifiuto alla porta, quando Giuseppe e Maria cercarono un posto nell'albergo.

Porta su di sè il marchio dell'indifferenza umana - il primo segnale della durezza dei cuori, nella quale s'imbatterà il messaggero di lieti annunzi, non soltanto nei giorni della sua vita terrena, ma anche lungo tutte le generazioni. E proprio - per tutto questo - il Natale è bello! 2. Questo fascino è stato avvertito dai pastori di Betlemme.

L'ha notato, più tardi, lo sguardo penetrante / del vecchio Simeone e della profetessa Anna nel Tempio.

L'hanno percepito / gli occhi dei Magi, venuti dall'Oriente.

Questo fascino - è la rivelazione del mistero del neonato.

E' la rivelazione della verità, del bene e del bello che sussistono in lui / e che anzi sono lui stesso! Il fascino della nascita di Cristo attraversa le generazioni.

Si rivela agli uomini e ai popoli: / se ne estasiano dappertutto gli occhi illuminati dalla fede, / ne cercano l'espressione umana gli artisti: / i pittori, i poeti, i musicisti... / vivono nella sua presenza i santi: / come non ricordare almeno il poverello di Assisi? 3. Gli occhi illuminati dalla fede scoprono il fascino del mistero di Dio sotto il velo della povertà e dell'abbandono. Oh, quanta bellezza hanno visto in quella notte, gli occhi di Maria! Non c'è modo di esprimerla! E lo sguardo di Giuseppe seguiva quello della sposa. E tutta la povertà esteriore si trasformava nei loro cuori in più grande ricchezza, a cui nulla è paragonabile. Veramente, solo così poteva nascere Cristo! Solo così poteva prendere dimora tra gli uomini l'Emmanuele! Il messaggero di lieti annunzi! 4. Il fascino del Natale si espande in tutte le vie, sulle quali passerà lui - il Santo di Dio! Il Figlio, che è irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza (cfr. He 1,3). Egli passerà, beneficando tutti (cfr. Ac 10,38).

Dio rivolgerà, in lui e per lui, la sua parola definitiva all'umanità.

Dio, che aveva parlato molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente... ha parlato... per mezzo del Figlio, per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Egli è erede di tutte le cose (cfr. He 1,1-2). E' venuto per condividere con noi la sua eredità di Figlio.


5. "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi!".

Che cosa proclama? Annunzia la salvezza, annunzia la pace - la riconciliazione con Dio stabilisce l'eterna alleanza nel suo sangue, annunzia, a ogni essere umano, il bene (cfr. Is 52,7), la vita eterna in Dio, che è la realizzazione di ciò che l'uomo porta, da sempre, dentro di sè, come vivo segno della somiglianza col suo divino Creatore e Padre... La grazia è diffusa sulle sue labbra, sulle labbra nel messaggero di lieti annunzi (cfr. Ps 45[44],3).

Questa grazia, il fascino, anticipa la bellezza definitiva e ineffabile, la bellezza del volto divino, quando lo vedremo a faccia a faccia (cfr. 1Co 13,12).


6. Nella notte del silenzio e del rifiuto il messaggero di lieti annunzi reca al mondo, con la sua sola presenza, la novella inattesa e grandiosa: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). La Chiesa prolunga il mistero dell'incarnazione del Verbo e proclama l'annunzio della salvezza fino agli estremi confini della terra, oggi come ieri. Essa porta avanti la prima e la seconda evangelizzazione per colmare le attese che l'uomo reca in sè. Io saluto oggi questa Chiesa missionaria: saluto e incoraggio i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i catechisti, i medici, gli infermieri, i maestri, i tecnici. Saluto e incoraggio gli apostoli presenti là dove la Chiesa riprende le antiche strade per portare di nuovo il lieto annunzio della salvezza; ringrazio questi nuovi missionari dal cuore giovane, dallo sguardo lungimirante, dal coraggio di Pietro e di Paolo. Messaggeri di lieti annunzi, fate rifiorire il deserto! 7. La nascita dell'Emmanuele è avvenuta nel segno della solitudine e della povertà, giacché la potenza di Dio si è spogliata e si è umiliata nella condizione di servo. Nel mistero del Natale trovano, perciò, il loro posto i poveri di tutte le antiche e nuove denominazioni: coloro che soffrono la fame e ne muoiono, gli emarginati, i diseredati, i rifugiati, le vittime degli odi, delle guerre, dei cataclismi ecologici. Penso, in particolare, a quanti sono stati colpiti, in Armenia, dal disastroso sisma, ed ora piangono i loro cari sepolti fra le macerie, vegliano angosciati accanto ai feriti negli ospedali, lottano col freddo e con le intemperie, privi di un tetto sotto cui cercare riparo per sè e per i figli.

Possano essi sentire, in quest'ora tragica, la comprensione e il sostegno dei buoni. Si rafforzi nel mondo lo slancio di generosità che ha mobilitato governi, organizzazioni e singoli in una meravigliosa catena di solidarietà, e col contributo di tutti si avvii l'opera di ricostruzione così che la speranza torni a rifiorire in quella terra tanto provata.


8. Il mio pensiero va pure ai poveri di quel bene prezioso che è la salute, a tutti coloro che sono colpiti dalla malattia, e con essa lottano nelle corsie d'ospedale nelle cliniche o fra le mura delle loro case.

A tutti penso, a tutti dico: non perdete la speranza! La mia parola si volge, soprattutto, ai malati di AIDS, chiamati a sfidare non solo la minaccia del morbo, ma anche la diffidenza di un ambiente sociale impaurito ed istintivamente sfuggente.

Invito tutti a farsi carico del dramma di questi nostri fratelli e, mentre ad essi esprimo il mio affetto partecipe, esorto scienziati e ricercatori a moltiplicare gli sforzi per mettere a punto una terapia efficace del misterioso male.

La scienza e l'amore, insieme congiunti, possano presto trovare il rimedio sospirato: è l'auspicio che depongo presso la culla del neonato salvatore.


9. Davanti all'indigenza di Betlemme la Chiesa per prima si sente chiamata a imitare Cristo povero.

Con lui essa si pone dalla parte dei poveri, impegnandosi a rispettarne la dignità e ad alleviarne le sofferenze.

Con fiducia rinnovata essa leva la sua voce in loro difesa ed esorta: si congiungano le forze, si moltiplichino le iniziative in soccorso dei bisognosi, nei quali Cristo stesso ha voluto identificarsi! Che questo invito risuoni oggi in tutte le latitudini e susciti risposte generose da parte di chi ha, di chi può, specialmente da parte dei giovani.

Che ciascuno sappia vedere Cristo povero nei fratelli poveri.

A tutti rivolgo la mia voce nel nome di Cristo bambino: che non risuoni invano! E' questo il significato dell'augurio, che ora rivolgo nelle varie lingue.


[Omissis. Seguono i saluti nelle varie lingue]


Data: 1988-12-25 Data estesa: Domenica 25 Dicembre 1988




Nella festa di santo Stefano - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: L'"Angelus" a Castel Gandolfo - Roma

Testo:

Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto cordialmente tutti i presenti, tutti i cittadini di Castel Gandolfo, come anche tutti gli ospiti. Nello stesso tempo voglio salutare anche tutti i presenti sulla piazza di san Pietro a Roma, intorno al presepe che si trova nel centro della piazza. Recitiamo insieme l'"Angelus Domini".

[Dopo aver guidato la preghiera mariana ed aver impartito la benedizione apostolica, il santo Padre si rivolge nuovamente ai fedeli radunati nel cortile del palazzo pontificio. Queste le sue parole:] Devo congratularmi con monsignor Vescovo di Albano come anche con il padre parroco di Castel Gandolfo per questi parrocchiani così gioiosi. Auguro a tutti una buona continuazione di queste festività natalizie. La Chiesa è entrata nella gioia con la festa odierna di santo Stefano protomartire. E' una cosa stupenda questo protomartire che esprime per primo la partecipazione alla gioia del Natale. Questo vuol dire che egli ha vissuto per primo questa gioia della incarnazione, della nascita di Gesù e l'ha vissuta definitivamente. Basta leggere le sue parole negli Atti degli Apostoli.

Auguro a tutti una buona continuazione di questa ottava natalizia, ultimi giorni dell'anno 1988. così auguro anche un buon anno nuovo che si avvicina a tutti i cittadini di Castel Gandolfo, parrocchiani della vostra parrocchia, come anche a tutti i fedeli della diocesi di Albano.

Sia lodato Gesù Cristo.


Data: 1988-12-26 Data estesa: Lunedi 26 Dicembre 1988





Nella Cattedrale di Fermo (Ascoli Piceno)

Titolo: La Chiesa di Fermo è chiamata a compiere una "ricognizione pastorale" studiando a fondo le necessità spirituali della comunità diocesana

Testo:

Carissimo Arcivescovo di Fermo e Vescovi della regione marchigiana, Onorevoli signori, autorità civili, amministrative e militari, Cari sacerdoti, religiosi e religiose, fratelli e sorelle tutti!


1. Ritrovarmi all'interno di questo storico tempio, che è come il cuore dell'antica ed illustre "Ecclesia Firmana", costituisce per me un'opportunità assai gradita, poiché mi dà modo di incontrare o, meglio, di visitare e confermare nella fede (cfr. Lc 22,32) una comunità cristiana viva ed operante. Dico viva ed operante non solo in riferimento ad una tradizione plurisecolare di fedele connessione con la Sede apostolica e il successore di Pietro, ma anche e soprattutto in ragione dell'impegno che essa sta dimostrando per l'animazione religiosa e spirituale, com'è oggi necessaria nel contesto, in gran parte nuovo, della nostra età. Già la peculiare circostanza che mi ha portato tra voi - quella di partecipare al raduno delle famiglie che vivono l'esperienza del cammino neo-catecumenale nella vicina Porto san Giorgio - vale a testimoniare un tale impegno di adeguamento e di presenza, come la volontà di dare puntuale risposta alle odierne esigenze.

Nel salutare tutte le illustri personalità presenti, desidero ringraziare, in particolare, il pastore dell'arcidiocesi per le parole affettuose e cordiali, che ha voluto rivolgermi a nome di tutti i presenti. A suo fianco mi piace collocare idealmente l'amabile figura del predecessore monsignor Norberto Perini, che proprio qui ebbe la gioia di accogliere - appena qualche mese prima dell'elevazione al Pontificato - il suo conterraneo ed amico, il futuro Paolo VI.

Il vincolo che già lego quelle anime elette mi è sembrato di avvertirlo ancora nell'indirizzo che ora ho ascoltato, quasi eco di una continuità e comunione che va ben oltre le persone e segna il rapporto tra questa Chiesa particolare e l'universale Chiesa di Cristo.


2. Giustamente, nel presentare le diverse componenti che formano la realtà della vostra Chiesa, l'Arcivescovo ha accennato ai principali problemi che oggi, nell'urgenza delle profonde trasformazioni che sono già avvenute, mentre altre le incalzano, si pongono ad una comunità ecclesiale che voglia crescere e protendersi verso il futuro, l'ormai vicino terzo millennio cristiano. Non si tratta, infatti, solo di mantenere un sacro deposito, ricevuto in eredità dalle generazioni dei padri: si tratta di far si che l'antica radice continui a pullulare e a fiorire; si tratta di andare avanti, tenendo alta e luminosa la fiaccola! Quali sono questi problemi? Come certamente sapete, su un piano generale li ha già individuati il Concilio Vaticano II, prospettando le possibili soluzioni secondo precise linee direttrici di orientamento e di intervento. Non basta, pero, conoscere i problemi e intravvedere come risolverli: bisogna passar concretamente all'azione, bisogna operare con determinazione e tempestività, con discernimento, con fedeltà, con equilibrio, applicando e commisurando i criteri di ordine universale alle particolari circostanze di ambiente.

So che un tale lavoro è già stato avviato da tempo nella vostra diocesi e me ne compiaccio vivamente, perché in esso sono coinvolti, con senso di ecclesiale corresponsabilità, tanti laici, sacerdoti, religiosi sotto la guida del Vescovo. Se la società è cresciuta, se nel territorio fermano e, in genere, in tutta la regione Picena è cambiato il quadro socio-culturale, se da un'economia prevalentemente agricola si è passati ad una variegata realtà artigianale, piccolo-industriale ed anche industriale, se la regione Marche - come han dimostrato recenti statistiche - è balzata ai primi posti nella classifica della produzione e del tenore di vita, sarebbero forse per questo risolti tutti i problemi? O non è forse vero che a volte certi traguardi di ordine temporale e la sicurezza del benessere materiale possono insidiare o alterare quella superiore scala di valori che toccano, incidendovi profondamente, la vita familiare, professionale, morale e religiosa? E ove questo si verificasse, come potrebbe la Chiesa restare indifferente? Per la Chiesa è ragione di vita, è dovere essenziale la missione di andare e di annunziare agli uomini l'immutabile messaggio di liberazione e di salvezza che Cristo le ha affidato; perciò, di fronte a siffatta emergenza essa non potrà assolutamente rimanere estranea o "chiamarsi fuori". Di qui l'urgenza di fare risposta ai problemi via via emergenti della vita sociale, ed attinenti a quella scala di valori primari per riaffermarli ove siano caduti, per testimoniarli nella vita, per proporli con fiducia alle nuove generazioni.


3. A Fermo la Chiesa - forse più che altrove (e ne deve ringraziare il Signore!) - ha strutture operative ben consolidate e collaudate. Quante associazioni vi sono, quanti movimenti ecclesiali, quanti gruppi religiosi? Ma tutti - conviene ricordare - devono essere e mantenersi come attive strutture di servizio, dunque sensibili, attente, sollecite cospiranti - nel rispetto della loro specifica fisionomia - a quel comune obiettivo di servire, cioe di porsi a fianco e di mettersi a disposizione dell'uomo considerato e onorato come vero fratello.

Laddove emerge un bisogno dell'uomo, li la Chiesa è chiamata ad operare, li i suoi figli devono farsi "prossimo" (cfr. Lc 10,29-37), li gli strumenti, di cui si dispone, devono efficacemente rispondere.

So che è in preparazione il Sinodo diocesano: dovrà anche questo essere uno strumento, uno strumento eletto per meglio individuare le urgenze e i settori di intervento. Esso dovrà compiere un'esatta "ricognizione pastorale", studiando a fondo le necessita spirituali della popolazione e, con cura del tutto speciale, le esigenze delle famiglie perché si conservino e si confermino veri focolari cristiani, analizzando le tendenze positive o meno che in esse si determinano, verificando la validità delle scelte pastorali e la funzione apostolica dei vari gruppi associati nell'insieme della vita diocesana.

Certo, il Sinodo farà tesoro di quanto il Magistero della Chiesa ha già elaborato nei settori vitali dell'evangelizzazione, della catechesi, della formazione cristiana e - per ciò che riguarda i gruppi e i movimenti - si atterrà alle conclusioni della più recente assemblea del Sinodo dei Vescovi, dedicata appunto alla missione dei laici. Ma resterà sempre, come compito necessario, quello di calare le indicazioni di carattere generale nell'ambito di questa Chiesa particolare. Formulo fin d'ora l'augurio che un tale sforzo, che sarà proprio del vostro Sinodo, possa ben riuscire ed esprimersi in forme anche originali, com'è nel "genio" di questa gente e di questa terra.


4. Accanto alla pastorale familiare il Sinodo diocesano non potrà non occuparsi del problema delle vocazioni. Se la odierna festa della sacra Famiglia ci richiama - in contrapposizione a certo permissivismo di leggi e di costume - all'esempio delle sublimi virtù che fiorirono nella casa di Nazaret, circa il tema vocazionale non posso che ripetere quanto già dissi ricevendovi in udienza durante l'Anno Santo della Redenzione, allorché auspicai una "salutare inversione di tendenza" (cfr. "", VII, 1 [1984] 757s).

Approfondendo la natura della vocazione battesimale, si scopre agevolmente che da essa devono scaturire le vocazioni di speciale consacrazione.

Non è forse il Battesimo un germe di vita, la cui legge è di crescere e svilupparsi? E non deve, dunque, una comunità di battezzati - grazie alla collaborazione dei presbiteri, dei catechisti, delle famiglie - procurarsi, in numero sufficiente, altre persone pronte ed atte al suo servizio e disponibili al servizio di altre comunità? E' tutta questione di generosità, di spirito di sacrificio, di volontà di rinuncia non già per isolarsi dagli altri, ma per donarsi agli altri; è questione di ascolto e di accoglienza, nella fede, di quella parola che il Signore non cessa di rivolgere ai discepoli del suo Vangelo: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,37-38 Lc 10,2). E' a voi soprattutto, giovani uomini e donne, che io indirizzo questa stessa parola, perché siate attenti all'invito che essa contiene e sicuri, altresi, dell'aiuto che vi promette.


5. Ho parlato finora di servizio, di strutture e di problemi. Ma è tempo ormai che il mio discorso si precisi ulteriormente e si trasformi in appello diretto a voi, sacerdoti e religiosi, che già avete detto si alla chiamata del Signore e - collocati come siete in posizione di dinamica intermediazione tra il Vescovo e il resto del Popolo di Dio - avete un inderogabile, peculiare dovere in ordine al lavoro da svolgere.

Carissimi sacerdoti e religiosi! Sappiamo bene che le risorse umane, l'utilizzo di strumenti moderni, l'originalità delle iniziative sono cose sempre necessarie, ma non sufficienti. Ce lo ricorda il salmista quando afferma: "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode" (Ps 126,1). E non c'è, del resto, più netta la parola del Signore, che dalla similitudine del tralcio che non può dar frutto se non rimane attaccato alla vite conclude in modo perentorio: "Senza di me non potete far nulla" (Jn 15,4-5)? Quante volte pensiamo di aver pur lavorato, abbiamo messo a punto una macchina tecnicamente attrezzata, e poi la macchina non parte!... Ecco perché l'appello, che rivolgo a voi, a ciascuno di voi, è di costruire sempre e soprattutto sull'unico fondamento che è Gesù Cristo (1Co 3,11), di alimentare la vostra spiritualità alla fonte inesausta della sua grazia. Prima delle decisioni, prima delle iniziative, prima di ogni programmazione pastorale dovete andare dal Signore e domandare la sua grazia, cercando lui nell'intimità dell'unione e ottenendo quella con l'assiduità della preghiera (cfr.,Mt 7,7-11). Sarà sempre necessario un quotidiano, rinnovato sforzo di personale santificazione che, com'è nella linea della vocazione ricevuta, così è premessa irrinunciabile perché sia credibile la vostra opera e fruttuoso il vostro ministero verso i fratelli, anche se indifferenti e lontani.


6. Sul punto di lasciare questa Basilica, dedicata a Maria santissima assunta in cielo, consentite che - nel ricordo del recente anno mariano - io tutti vi inviti a levare gli occhi verso la nostra Madre amatissima. So dei bei Santuari che, eretti in suo onore ai piedi dell'Appennino e lungo il mare, definiscono la geografia della vostra pietà, quasi a duplicare il richiamo del maggior Santuario che sorge a Loreto.

Colei che dell'intera sua vita fece un'ininterrotta peregrinazione di fede, ci chiama tutti a seguirla per procedere insieme con lei sulle orme del suo Figlio divino. Se i luoghi a lei consacrati possono segnare un punto di orientamento, è tuttavia il santuario del cuore che dovrà costituire il centro in quello sforzo di rinnovamento e incremento della vita cristiana, a cui è chiamata la Chiesa fermana con tutte le Chiese sorelle della regione.

A confermare i comuni sentimenti e propositi imparto a voi ed alle vostre comunità ecclesiali la propiziatrice benedizione apostolica.


Data: 1988-12-30 Data estesa: Venerdi 30 Dicembre 1988





GPII 1988 Insegnamenti - Ai dirigenti dell'Alitalia - Città del Vaticano (Roma)