GPII 1990 Insegnamenti - Discorso di congedo all'aeroporto - Praia (Capo Verde)
Titolo: Che continui a consolidarsi la coscienza dell'unità degli uomini
Eccellentissimo Signor Presidente della Repubblica, Signor Vescovo di Santiago de Cabo Verde, Eccellenze, Signore e Signori e amati Capoverdiani, Miei fratelli e sorelle in Cristo,
1. Con mio rammarico, è giunta l'ora di congedarsi. In questo momento, desidero esprimere la mia gratitudine per la bella accoglienza che ho ricevuto nella vostra terra, sia qui nella città di Praia, sia al mio arrivo, nell'lsola del Sale e, successivamente a Mindelo, nell'lsola di San Vicente. Tutto è andato molto bene, grazie a Dio, nonostante i problemi di vario genere che affrontate, che sono stati risolti con molta e generosa buona volontà. A quanti si sono impegnati, il mio grazie.
Sono profondamente grato, in particolare, a Sua Eccellenza il Signor Presidente della Repubblica, al Signor Vescovo della Diocesi, ai membri del Governo, Autorità e Responsabili della direzione, dei servizi pubblici e dell'amministrazione di questo Paese. Come si comprende, sarebbe impossibile nominare tutti coloro - persone, gruppi e organizzazioni - ai quali va la mia riconoscenza. D'altra parte, non vorrei che qualcuno si sentisse meno apprezzato, escluso o dimenticato.
2. In questa sincera gratitudine, includo anche tutti coloro che, pur non partecipando agli stessi sentimenti religiosi e umanitari hanno voluto incontrarsi con il Vescovo di Roma, quale Capo della Chiesa Cattolica. Penso infine a quelli che non sono potuti venire personalmente, ma mi hanno accompagnato, attraverso i mezzi di comunicazione sociale; penso soprattutto a quanti hanno pregato affinché tutto andasse bene e per i buoni frutti spirituali della mia visita pastorale.
In questa linea, vorrei rivolgere una parola di stima e simpatia per i molti emigranti Capoverdiani. Tutti conosciamo gli aspetti dolorosi dell'emigrazione, alla ricerca di migliori condizioni di vita: i sacrifici e le penose situazioni umane, personali e familiari, lo sradicamento e perfino i traumi, che abitualmente si accompagnano alla partenza per l'estero. Che questi loro sacrifici siano ben ricompensati e possano contribuire anche alla promozione della qualità della vita dei cittadini, che sono restati nelle loro nostalgiche isole.
3. Tuttavia, avendo i miei pellegrinaggi pastorali un preciso carattere religioso e apostolico e di incontro con la Comunità cattolica, nel caso specifico la Chiesa che sta a Capo Verde, mi sia permessa una speciale parola affettuosa, nel congedarmi, che vorrei fosse insieme di stima e di stimolo, per quanti - sacerdoti religiosi e religiose e laici coinvolti nell'apostolato, guidati dal Signor Vescovo - hanno preso parte attiva e generosa alla preparazione spirituale, e non solo, di questa mia visita. Quanto impegno, ardore e lavoro! Me ne sono reso conto dal modo in cui si sono svolte le celebrazioni e gli incontri. Che il Signore vi ricompensi tutti! Ho beneficiato dell'ospitalità, semplice e naturale, delle vostre comunità e ho potuto verificare la loro vitalità, il fervore nella preghiera e la gioia nel "fare Chiesa" con Pietro, anche se per brevi ore. Sono stati momenti densi di comunione, che mi hanno permesso di fare un'altra esperienza della cattolicità della Chiesa, che conservero nel cuore; e per questo continuero a pregare, affinché i segni intravisti di rinnovamento spirituale e della nuova evangelizzazione continuino a crescere e a dare frutti.
4. Questa mia parola si unisce ai molti auguri che ho già formulato e che sono un invito a guardare avanti, con speranza, con molta speranza. Avendo ricevuto la fede cristiana, approfondite il vostro modo di viverla e di testimoniarla in tutta coerenza: "Sarete miei testimoni", vi ripete oggi il Signore, ancora una volta, per bocca del Vescovo di Roma. In questo modo, contribuirete a plasmare qui una civilizzazione cristiana originale, che si alimenti alle fonti, esalti ciò che c'è di buono nelle vostre tradizioni e confluisca nell'impegno della Chiesa universale alla costruzione della "civiltà dell'amore".
Qui, come in ogni parte, non è il Vangelo che deve cambiare, perché ci sia inculturazione; ma è la cultura che ha bisogno di assimilare i germi di vita portati dal Redentore dell'uomo.
L'apostolo del Vangelo umanizza l'evangelizzato, certo che, nello stesso momento in cui si evangelizza, si civilizza. Evangelizzare, infatti, mira a "convertire" la coscienza personale e collettiva degli uomini, le attività a cui si applicano, la vita e l'ambiente che gli sono propri.
E' questa evangelizzazione, la nuova evangelizzazione di Capo Verde, che compete a tutti i battezzati e impone loro compiti urgenti, all'interno della missione della Chiesa; sono questi compiti - nella famiglia, nell'istruzione scolastica, nell'economia e nella vita sociale - che io vi affido, Fratelli e Sorelle Capoverdiani. Il Papa conta su di voi!
5. Con ciò secondo gli orientamenti del Magistero e con la luce e la forza dello Spirito Santo, sono certo che aiuterete a preparare un buon futuro per questa Nazione; in una armoniosa unione di sforzi con tutti i cittadini, i figli della Chiesa contribuiscono al progresso e alla prosperità, quando diffondono quella verità e quell'amore che costituiscono il nucleo fondamentale del messaggio e la forza rigeneratrice della missione di Gesù Cristo, che, nella storia degli uomini, ha preso la forma e il nome dell'amore e della misericordia di Dio.
Siamo la generazione che già guarda verso il terzo millennio cristiano e alla quale è stato dato di conoscere un notevole progresso nel dominio dell'uomo sulla natura e nell'approfondimento delle leggi del comportamento sociale. Sono caduti gli "idoli" dai piedi di argilla, sono diminuiti gli ostacoli e le distanze che separavano anticamente gli uomini e le nazioni. Voglia Dio che continui a consolidarsi la coscienza dell'unità del genere umano, il riconoscimento dell'interdipendenza dei popoli e la solidarietà mondiale!
6. Non ignoro i difficili problemi che Capo Verde - come del resto altri paesi di questa regione del Continente Africano - devono urgentemente risolvere. D'altra parte so che si può contare sull'indole forte e temprata della sua gente che non si illude, pensando che sia facile la lotta contro le inclemenze del clima e le avverse condizioni sociali.
Come mi scriveva il Signor Presidente, il popolo di Capo Verde, fedele ai "principi che regolano la vita di ogni buon cristiano, ha sempre cercato di trovare in questi stessi principi il contorto e il coraggio necessari a perseverare e a continuare una lotta estremamente difficile, contro le avversità della natura". perciò, porto nell'anima la speranza che ho letto negli occhi vivi dei vostri fanciulli e dei giovani e che si rispecchia nel sereno realismo della generosa gente di questa terra, che sa lottare e per la quale "essere povero non è una vergogna...", secondo il motto della vostra lingua.
Signor Presidente e cari Capoverdiani, in alcune culture, il "verde" è il colore della speranza; ed è il nome della vostra terra. Pertanto è con molta speranza che vi dico "Addio", dando tutto il significato all'espressione: a Dio, Padre di misericordia, vi affido, poiché "Se il Signore non costruisce la casa invano vi faticano i costruttori" (Ps 126/127,1). Non si costruisce la società senza Dio: è Lui la garanzia di una società a misura d'uomo; e essere religioso è pienezza umana.
E' con questa prospettiva di speranza, che rinnovo al caro Popolo Capoverdiano e ai suoi governanti, i migliori auguri di progresso e di prosperità nella pace, ottenuti con la cooperazione e con un'equa partecipazione di tutti, con la solidarietà internazionale, per un futuro sempre più felice sotto la benedizione di Dio Onnipotente.
(Traduzione dallo spagnolo)
Data: 1990-01-27
Sabato 27 Gennaio 1990
Titolo: Verità, libertà, giustizia, amore, solidarietà e pace
EcceIlentissimo Signor Presidente della Repubblica, Signor Vescovo di Bissau, Eccellenze, Signori e Signore, Carissimi abitanti della Guinea, fratelli e sorelle in Cristo,
1. Le parole che il Signor Presidente mi ha appena rivolto rafforzano il mio sentimento di gratitudine; danno maggior significato a questo calore umano con il quale mi accoglie il suo Popolo ospitale, qui altamente rappresentato, nel momento in cui bacio il suolo di questo bel Paese. E con grande gioia che compio questo gesto.
Già da tempo il Signor Presidente aveva manifestato il desiderio che io visitassi questa giovane Nazione. E confesso che, durante i miei diversi pellegrinaggi nel Continente Africano, mi accompagnava sempre l'intima preoccupazione di non dimenticare questo invito con il quale Vostra Eccellenza voleva interpretare anche il volere del diletto Popolo della Guinea. Allo stesso tempo, in nome della Comunità cattolica di questa Nazione, mi sono giunti, più di una volta, gli inviti da parte del Signor Vescovo della Diocesi di Bissau.
La Provvidenza Divina ha finalmente voluto che io potessi venire.
Esprimo qui di nuovo la mia riconoscenza: ringrazio tutti per i passi compiuti e le decisioni prese per facilitare tale visita pastorale.
2. Salutando i presenti estendo il mio saluto a tutta la popolazione della Guinea.
So che è gente attiva, pacifica e gioiosa, dalla religiosità molto spontanea; so anche che vi sono molti giovani, avidi di imparare, disposti a fare di tutto per costruire una società migliore ed aperti alle possibilità di progresso e di reale sviluppo che il mondo gli offrirà.
Mi sia permesso, inoltre, di salutare in modo particolare la comunità cattolica nella persona del suo Vescovo, Don Settimio Arturo Ferrazzetta, e tutti quanti lo accompagnano. Lo faro con l'espressione che mi è abituale, anzi, che ci è abituale: sia lodato Nostro Signore Gesù Cristo! Rivolgo il mio pensiero con grande affetto a tutti coloro i quali non sono potuti venire ad incontrare il Vescovo di Roma, ad incontrare me, giunto qui in qualità di successore di San Pietro. Penso ai poveri, agli ammalati, agli anziani ed ai bambini, ed a coloro che sono intrattenuti da obblighi improrogabili. Che Dio li conforti ed aiuti tutti!
3. Rendo grazie al Signore per essere oggi in Guinea-Bissau, Paese che giunto all'indipendenza soltanto circa quindici anni fa, si trova certamente in un momento importante e difficile: il momento di strutturarsi come Nazione e di affermarsi quale "socio" a pieno diritto, nel concerto delle Nazioni. Esso deve affrontare quindi vari problemi: alcuni specifici, altri comuni a diversi Paesi di questa parte del mondo.
Io vengo in Guinea-Bissau come missionario di Dio Padre, pieno di misericordia. Mi manda Gesù Cristo, Redentore dell'uomo, per compiere l'opera invisibile dello Spirito Santo. Vengo per annunciare il Vangelo, per confermare e per consolidare la fede dei fratelli e per vivere con loro, per alcuni momenti, la comunione negli "stessi sentimenti" con i quali la Chiesa si presenta agli uomini.
In questa visita pastorale, compio, in condizioni facili e piacevoli, oggi, le strade già percorse secoli fa dai missionari che ricordo con gratitudine: uomini e donne che vennero a portare la Buona Novella della Salvezza, - destinata ad essere sempre "gioia per tutto il popolo", anche per il popolo della Guinea - e impiantarono qui la Chiesa.
4. Nella sua Missione la Chiesa, come è noto, rispetta l'Autorità e le istituzioni di carattere temporale. E gioisce per tutto ciò che promuovono al servizio dell'uomo, della persona libera e responsabile, con i propri diritti e le proprie libertà fondamentali, con la propria dignità. L'uomo, centro e vertice di tutto ciò che esiste nell'universo creato, detiene nella sua dignità personale il bene più prezioso, il bene che lo rende un valore in sé e per sé, esigendo che gli altri lo trattino sempre e comunque come una persona, mai come una cosa, un oggetto o uno strumento.
La dignità personale costituisce inoltre il fondamento e l'espressione dell'uguaglianza fra gli uomini, così come la partecipazione e la solidarietà che attraverso le vie del dialogo e la comunione fraterna porteranno tutti a incontrarsi in quello che sono e non solo in ciò che hanno (cfr. Esortazione CL 37).
Sottolineo questo, perché la Chiesa, fedele al suo Maestro e Signore che pose nell'amore fraterno la caratteristica dei suoi discepoli (cfr. Jn 13,35), nel tesoro della sua missione salvifica, ha anche un messaggio che riguarda l'uomo, i suoi valori e la sua convivenza sociale. Questo messaggio implica due scelte ineludibili: una per l'uomo secondo il Vangelo e l'altra per l'immagine evangelica della società. E' per questo che la Chiesa considera suo dovere riflettere su quanto contribuisca a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia (cfr. GS 40).
5. Camminando insieme all'uomo considerato in tutte le sue dimensioni e collocato nel suo ambiente, la Chiesa vuole aiutarlo a realizzare la sua vocazione integrale: attingere ad una piena dimensione umana con le esigenze del suo spirito, la sua apertura alla trascendenza e la chiamata alla vita eterna. Non ignora i problemi che si presentano a coloro i quali hanno la responsabilità di aiutare i cittadini nella realizzazione di una autentica fioritura umana, fino a raggiungere tale piena dimensione, così come non ignora quanto sia difficile trovare i processi politici più adatti, gestirli e dirigerli con successo, per promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune.
Mi sia permesso, nell'interpretare i sentimenti di quanti desiderano la felicità di ogni abitante della Guinea, ricordare qui che i pilastri di qualsiasi modello veramente umano di società rimangono sempre la verità, la libertà, la giustizia, l'amore, la responsabilità, la solidarietà e la pace. In questa ottica voglio fare riferimento solo ad alcuni aspetti di una piena dimensione umana. Ed è in questo la "pietra angolare" di una Guinea nella quale tutti si sentano sempre migliori e più uniti dall'amore patrio pur appartenendo a etnie differenti.
6. In una società illuminata dal primato dell'uomo, è necessario per lo sviluppo armonico di ognuno, nella sua dimensione temporale e spirituale, che i processi educativi partendo da un umanismo reale, tendano all'umanizzazione. Infatti i bambini - come sappiamo - sono un'argilla modellabile. E i giovani, secondo l'esperienza del mio pellegrinare nel mondo, si mostrano disponibili ad imparare e non hanno esaurito la loro generosità per abbracciare gli ideali più nobili e seguire i valori sinceri anche a costo di sacrifici. I giovani non vogliono vivere "demotivati".
Si rivela quindi necessario che l'istruzione, mai separata dall'educazione globale ed integrale, porti qualcosa di più che mere somme di conoscenze, dalle quali risulterebbe un umanesimo limitato, terreno ed autosufficiente che finirebbe per portare gli allievi, soprattutto i giovani, a sentirsi frustrati, trasformati in "oggetto", in un produttivismo incontrollato, guidato solo dall'interesse nazionale o dal consumismo privato. In tal caso si correrebbe il rischio di "evasioni" e della ricerca di uno sfogo, forse nella violenza, con tutte le sue conseguenze, cosa che nessuno desidera.
Auspico che i processi educativi abbiano qui, un pieno successo a cominciare da una reale alfabetizzazione. Questa, si sa, rispetta le culture tradizionali ed i criteri di una sicura inculturazione. Ma non dispensa dal dialogo con altre culture e civiltà per lo sviluppo totale dell'uomo, per affermare quel sentimento di famiglia umana nel quale risplenda la solidarietà per divenire fratellanza universale. Tutto ciò, oltre tutto, potrà arricchire le persone nella loro dimensione religiosa, se verrà riconosciuto il loro diritto, come quello della famiglia, di essere liberi di invocare in privato ed in pubblico il nome di Dio.
Da quest'uomo così formato in "umanità", ci si può aspettare un costruttore della società, istruito nella conoscenza della realtà e, allo stesso tempo, signore, libero nella pienezza del suo essere uomo, del suo comportamento e delle sue relazioni sociali. Nella sua individualità, saprà essere fautore di verità, di libertà, di giustizia e di amore che sono le basi della pace, saprà partecipare ad una generazione "convertita", libera dal "peccato" ed in grado di superare le "strutture del peccato" motivata, competente, chiara e decisa a servire il bene comune (cfr. SRS 46). Un cittadino, infine, che partecipa con responsabilità.
7. E convinzione della Chiesa che per debellare e respingere le discriminazioni e le ingiustizie, bisogna educare, insegnare e vivere una solidarietà radicata nella coscienza della fratellanza di tutti i membri della famiglia umana. Al giorno d'oggi, si nota una crescente presa di coscienza in tal senso, suscitata dall'interdipendenza delle persone e dei popoli nel mondo intero. Poco fa ho esaltato il valore morale positivo di tale coscienza: essa impone ad ognuno di noi una determinazione ferma e perseverante nell'impegnarsi per il bene comune universale. Siamo tutti, realmente responsabili di tutti (cfr. SRS 38).
Per raggiungere tale solidarietà che - come mi ha scritto il Signor Presidente a suo tempo - "nasce dalla collaborazione di tutti i popoli e dalle istituzioni che lottano per un mondo di pace e di progresso", ho insistito, spesso, sulle condizioni e le strade. Non si tratta di scelte lasciate all'arbitrio di ognuno, bensi di imperativi etici fondati sulla destinazione universale dei beni della terra e specificati in norme e priorità, sia per quelli che possono dare, per quelli che ne traggono beneficio.
Tale solidarietà indispensabile degli uomini e dei popoli sarà tanto più reale quanto più verrà considerata come un servizio da prestare, con intelligenza, disponibilità e gratuità. I beni con i quali si può aiutare il prossimo, devono essere garantiti ed offerti, in modo che possano essere accettati liberamente, sia dalle persone che dai gruppi (cfr. GS 74). Prego Dio affinché la Guinea possa godere di una solidarietà così concepita e resa concreta.
Signor Presidente, ribadisco a Vostra Eccellenza ed alle altre Autorità, la certezza che possono sempre contare sulla lealtà dei figli della Chiesa cattolica per questa loro Patria terrena. Essi conoscono i loro compiti. Insieme ai fratelli di altri credi e con tutti i cittadini, sono disposti a partecipare, di tutto cuore, all'opera comune, nella misura in cui gli vengano concessi spazi per agire liberamente.
Consapevole del fatto che spesso gli sforzi e la buona volontà degli uomini non bastano, preghiamo perché Dio. Signore della storia, vi assista ed aiuti nella difficile ma nobilissima missione di servire il bene comune di tutti gli abitanti della Guinea, ai quali faccio i miei migliori auguri. Su di loro e su tutti i presenti imploro la Benedizione di Dio Onnipotente.
(Traduzione dallo spagnolo)
Data: 1990-01-27
Sabato 27 Gennaio 1990
Titolo: L'Africa diventi missionaria di se stessa
Eccellenza, carissimi fratelli e sorelle, "Davvero il Signore è risorto" (Lc 24,34).
1. Con questa grande certezza pasquale, vi saluto tutti cordialmente.
Voglio manifestare la gioia che provo, per l'opportunità datami dalla Provvidenza, di incontrarmi qui con voi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti della Guinea-Bissau. Siete venuti in grande numero in questa bella Cattedrale, centro spirituale della comunità cattolica nel vostro Paese, luogo privilegiato di incontro con Gesù Eucarestia, col Cristo pasquale, morto e risorto, che ci è dato di contemplare con gli occhi della fede.
La Cattedrale, luogo di incontro sacramentale con Dio, è al tempo stesso il centro propulsore della testimonianza cristiana, del rinnovamento interiore e dell'azione missionaria. E nell'atto di "spezzare il pane" intorno alla mensa eucaristica, che la presenza di Cristo ci illumina e il nostro cuore si prepara ad ascoltare gli insegnamenti divini, che ci infiammano di zelo e di entusiasmo per la causa del Vangelo e per la salvezza degli uomini. E anche i nostri occhi si aprono per riconoscere: "Davvero il Signore è risorto!".
Incontriamo una ammirevole spiegazione di questo fondamento eucaristico della missione nell'episodio dei discepoli di Emmaus raccontatoci da San Luca (24,13-35). La Chiesa ci insegna che coloro che vogliono essere annunciatori della Buona Novella al mondo, devono, innanzitutto, lasciarsi compenetrare e convertire dalla parola di Cristo; poi, fare l'esperienza del suo amore pasquale nell'Eucarestia; per porsi infine nel cammino dell'uomo, al fine di affrontare la sua situazione concreta e donargli la novità della vita inaugurata dal Signore risorto.
2. Il momento centrale dell'entusiasmante esperienza dei discepoli di Emmaus fu quando essi riconobbero il Signore risorto, dopo aver dato ospitalità a quel viandante che fino ad un attimo prima, era un pellegrino sconosciuto. Ma già li aveva colpiti grazie al suo meraviglioso potere di attrazione spirituale, quando gli spiegava i passaggi delle Scritture che proprio al Cristo si riferivano.
Il Signore Gesù si manifesto nel fratello, da essi amorosamente accolto alla loro mensa; e si fece conoscere in un momento di intimità e di amicizia, come può esserlo quello del convivio; si manifesto in colui che avevano accolto pur non riconoscendolo, disposti a riconoscerne la dignità e ad ascoltarlo come interprete della Parola di Dio.
Questo gesto di carità, di generosità, di amicizia e di ascolto venne premiato. E quale non fu il loro entusiasmo e la loro gioia, quando scoprirono che il pellegrino sconosciuto era proprio il Signore risorto! La scoperta non poteva lasciarli inattivi. Il contatto con la luce ci rende luminosi. La comunione con la vita ci dà una nuova vita e ci fa comunicatori della vita. Lasciarsi animare dalla presenza di Dio, che agisce in noi, ci arricchisce di uno zelo apostolico insopprimibile e inesauribile, che ci porta ad un costante atteggiamento di servizio ai fratelli, e ci impone di assumere delle iniziative missionarie e di evangelizzazione, sempre nuove e ogni volta più audaci: "Partirono senza indugio" (Lc 24-33), ci dice San Luca, riferendosi ai due discepoli entusiasmati dall'incontro con Gesù risorto.
3. L'impegno missionario è preceduto e preparato dal momento della contemplazione: i discepoli insistono perché il pellegrino, ancora sconosciuto ma già amato per un presentimento del cuore, rimanga con loro "poiché si fa sera" (v. 29). E la prima e forse la più commovente preghiera della comunità cristiana dopo la Pasqua.
Da un lato, questa preghiera allude alla povertà e alla solitudine dell'uomo, che si fanno sentire soprattutto nei momenti oscuri dell'esistenza, quando sembra cadere più scura che mai la notte del disorientamento, dell'angustia e della sofferenza. Si sente, allora, la necessità di un prolungato colloquio di speranza; la necessità di non interrompere la dolcissima presenza del Signore.
D'altro lato l'invito rivolto al pellegrino affinché "resti", poiché si fa sera, è anch'esso un gesto di delicata attenzione, per il timore che egli possa incontrare delle difficoltà col viaggio o con l'alloggio. Quando le tenebre cominciano a scendere, gli uomini tendono a stare insieme, a unire le forze per una difesa comune e un reciproco conforto. I pericoli e le minacce comuni rendono gli uomini coscienti della loro interdipendenza; quest'ultima crea una spinta alla solidarietà reciproca, che anima soprattutto la coscienza dei popoli, poiché sono loro più esposti a tutto ciò che minaccia la sicurezza e la serenità della vita.
Il divenire consapevoli di questa interdipendenza con la imprescindibile solidarietà reciproca che da essa deriva, come ho avuto occasione di affermare nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (SRS 38), costituisce un vero "valore positivo e morale". Un fenomeno che è di consolazione ai popoli contemporanei, che sentono "come proprie le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani commesse in paesi lontani, che forse non visiteranno mai". I discepoli di Emmanus sono poveri; povero è anche il misterioso pellegrino che essi hanno incontrato. E, nel pieno dell'incontro con lui, appare il Signore del Potere e della Gloria.
"Davvero il Signore è risorto!".
4. Il momento della contemplazione ha il suo crescendo: la luce ed il calore dello spirito che emanano dal misterioso pellegrino arrivano gradatamente ad una piena rivelazione: "Ed ecco, si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (v. 31). Ma la visione non può durare, perché non era di questo mondo, come avvenne nel caso della luce del Tabor, il suo scopo non era di saziare definitivamente la sete della Verità, poiché questo sarà possibile solo in Cielo; ma servi per dare fondamento, ragione, stimolo e coraggio ad un'azione in favore del prossimo, alle opere di giustizia, di carità e di misericordia e all'impegno missionario ed evangelizzatore. Serve per rianimarci quando sopravviene la stanchezza e per ricordarci la bellezza e l'elevatezza della meta che ci proponiamo.
La contemplazione in questo mondo ci permette di pregustare il Paradiso; ma nessuno può permettersi, in questa vita, neanche i contemplativi, di riposare nella sola contemplazione. Senza dubbio è necessario tenere gli occhi fissi sulla meta trascendente, per saper dare al nostro lavoro un preciso orientamento, affinché non ci affatichiamo invano né perdiamo il retto cammino del discernimento spirituale. L'esperienza contemplativa, quando è autentica, ovvero quando è fondata sulla vita sacramentale, sulla Parola di Dio e su un rigoroso impegno morale, ci permette di conoscere realmente quale sia la volontà di Dio e cosa dobbiamo fare per ottenere la vita eterna; questa consiste precisamente, come ci insegna l'Apostolo Giovanni, nella contemplazione dell'"unico vero Dio" e di Colui che Egli invio, Gesù Cristo (cfr. Jn 17,3).
5. Fu così che il misterioso viandante, nel quale si celava Cristo, corresse l'idea che i discepoli si erano fatti del Messia: un'idea legata ad una salvezza che si ispira a concetti puramente umani e ad un progetto meramente socio-politico che non coincideva coi disegni trascendenti di Dio.
Se paragoniamo questi suoi disegni iniziali con l'ardente supplica finale che indirizzano al Forestiero, restiamo meravigliati dalla trasformazione avvenuta. Cosa successe perché arrivassero a condividere le idee del persuasivo sconosciuto, e giungessero infine a riconoscere il Messia, non in qualche trionfo terreno o politico, ma nel dono pasquale del suo Corpo eucaristico? La narrazione evangelica attribuisce questa trasformazione alle spiegazioni della Sacra Scrittura: Gesù introduce i discepoli al significato misterioso dell'Antico Testamento. La nuova parola definitiva di Gesù fa si che le antiche parole risplendano nel loro autentico significato profetico, tutto orientato verso la figura del Messia che deve venire; e tutto questo è stato preparato non per vaghe aspettative umane, ma per la generosa fedeltà di Dio.
L'itinerario rivelato dalla parola di Gesù si incontra con lo sconsolato cammino dei due discepoli, trasformandolo in un percorso di speranza; gli imprime un impulso evangelizzatore, un progressivo avvicinamento ai progetti di Dio: lo trasforma in un pellegrinaggio verso la Pasqua, la Chiesa e la Missione "fino agli estremi confini della terra".
"Davvero il Signore è risorto!".
6. Carissimi fratelli e sorelle, in seno al popolo di Dio che abita il vostro Paese, siete tutti particolarmente coinvolti, per diversi motivi e in diversa natura, nell'opera di missione e di evangelizzazione.
L'ambito di lavoro che si presenta ai vostri occhi è ancora vastissimo.
Prego affinché, con l'aiuto dello Spirito Santo e grazie all'elaborazione di un attento piano pastorale, il vostro servizio di carità possa raggiungere un numero sempre maggiore di persone, portandole alla ricerca della verità, della giustizia e della salvezza.
Mi auguro, inoltre, che il Sinodo straordinario dedicato ai problemi e alle prospettive ecclesiali dell'Africa, possa, oltre al resto, offrire a tutti i cristiani del continente nuovi metodi e strumenti adatti per una vasta ed efficace azione evangelizzatrice. Le potenzialità umane e spirituali dell'Africa sono ricchissime e la crescita della realtà ecclesiale, in questo immenso territorio, è molto promettente. Anche nel vostro Paese si prepara oggi un buon lavoro di evangelizzazione, e, possibilmente, a partire da qui, della vostra nazione.
Vogliamo ripetervi, stando con voi, l'esortazione pronunciata un giorno dal mio predecessore Paolo VI: "Africa, sii missionaria di te stessa!". E tale la forza con cui il Cristianesimo sta oggi crescendo in questo continente, che si può certamente dire che esso comincia ad essere nelle condizioni giuste e ad avere energie sufficienti per crescere in modo autonomo, senza dipendere da forze esterne. Queste ultime si trovano sempre, in un certo senso, in svantaggio, rispetto alle possibilità di cui godono le forze interne, nel comprendere in profondità le caratteristiche delle culture indigene e locali dove si impone di far penetrare il messaggio della Buona Novella.
7. Voglio infine congratularmi per l'intenso lavoro che state già realizzando nella vigna del Signore, nonché per la testimonianza che date nel settore della promozione umana, in particolare nei campi dell'educazione e della sanità.
Sono certo che l'urgenza di queste opere e del lavoro da svolgere, per importanti che siano, non vi impediranno di consacrare il tempo indispensabile alla vostra formazione permanente e ad una opportuna realizzazione culturale.
D'altro lato, come sapete, la mancanza o anche solo l'insufficienza di tali momenti di rinvigorimento intellettuale e spirituale finiscono per privarvi della spinta ideale che deve sostenere la vostra azione, abbassandola al livello di un attivismo sterile e frenetico, se non addirittura pregiudiziale per voi stessi e per gli altri.
Vi esorto inoltre a curare nel miglior modo possibile la piena realizzazione della vostra vocazione, in accordo con le direttive datevi dai vostri Superiori, dal vostro Pastore e dalla Chiesa.
"Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13). E che la Beata Vergine Maria - qui chiamata "Nostra Signora della Candelora" - Regina degli Apostoli, vi protegga e vi guidi nel vostro cammino nella Chiesa e nella testimonianza del Vangelo! E ciò che chiedo, nel benedirvi con tutto il cuore insieme alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari.
(Traduzione dallo spagnolo)
Data: 1990-01-27
Sabato 27 Gennaio 1990
Titolo: Testimoniare unità e fedeltà nell'amore coniugale
Carissimi fratelli e sorelle in Nostro Signore Gesù Cristo, "Considerate la vostra vocazione!" (1Co 1,26).
Queste parole, indirizzate dall'Apostolo Paolo ai primi cristiani di Corinto, sono rivolte dalla Chiesa, in questa quarta domenica dell'anno liturgico, a quanti prendono parte a questa celebrazione eucaristica. E le ripete oggi il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, in questa visita che vi rendo qui, nella Guinea-Bissau: "Guardate chi siete voi, chiamati da Dio".
Siate colmi di fiducia nel considerare la vostra vocazione! "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (id. 27). Ha scelto voi che, umili e poveri, non vi coprite di gloria davanti agli uomini, ma soltanto davanti al Signore Gesù Cristo certi che Egli è per voi "sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (id. 30).
Che Dio vi benedica e vi renda felici, fratelli e sorelle, dei vari gruppi etnici che compongono il popolo della Guinea-Bissau: Balantas e Fulas, Manjacos e Mandingas, Pepeis e tutti gli altri! Siate tutti benvenuti a questa celebrazione eucaristica: voi che appartenete alla Comunità cattolica; voi fratelli delle altre confessioni cristiane, che volete condividere la nostra preghiera; e voi, che ancora attendete dalla Chiesa la luce di Cristo e l'annuncio della sua Parola.
Il mio saluto si estende inoltre agli amici musulmani, così come a quanti, pur seguendo altri credo religiosi, specialmente i più tradizionali dell'Africa, adorano l'unico Dio: Creatore del cielo e della terra, il Dio vivo, misericordioso e onnipotente, che si è rivelato agli uomini.
Saluto in particolare le Autorità: il Signor Presidente della Repubblica, i rappresentanti del Governo e delle pubbliche istituzioni. Ad essi va la mia gratitudine per l'accoglienza e l'ospitalità. Chiedo a Dio che si mantengano e progrediscano in questo luogo la concordia e lo spirito di collaborazione tra tutti coloro che sono al servizio di questo popolo e della Comunità ecclesiale.
GPII 1990 Insegnamenti - Discorso di congedo all'aeroporto - Praia (Capo Verde)