GPII 1995 Insegnamenti 598
Titolo: Corriamo con entusiasmo verso la Pasqua sorretti dall'esperienza rigenerante della divina misericordia
"Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (Ps 125(126],3).
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1. Il periodo di quaranta giorni della Quaresima fa costante riferimento ai quarant'anni del cammino compiuto dagli Israeliti, dopo l'uscita dalla schiavitù egizia, verso la Terra promessa. La prima lettura odierna, tratta dal Libro del profeta Isaia, evoca appunto l'esodo, che costituisce l'evento "pasquale" dell'Antica Alleanza. Non si tratta, tuttavia, di rivolgersi al passato. Dice infatti il Profeta: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Apriro anche nel deserto una strada, immettero fiumi nella steppa" (Is 43,18-19).
Con le parole del profeta Isaia, la Chiesa ci introduce più profondamente nel senso cristiano della storia: gli eventi passati costituiscono come una grande profezia. Dio costantemente conduce il suo Popolo verso la nuova Pasqua. Di questo parla il Salmo responsoriale, col cui ritornello poc'anzi abbiamo insieme manifestato la nostra riconoscenza: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (Ps 125(126],3).
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2. Domenica scorsa la Liturgia ci ha presentato la parabola del "figliol prodigo".
Oggi, il Vangelo secondo Giovanni pone davanti ai nostri occhi una scena tra le più toccanti della vita di Cristo, e per l'esistenza di ogni uomo. Viene condotta a Gesù una donna sorpresa in adulterio. Postala nel mezzo, gli scribi e i farisei interpellano il Maestro: "Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?" (Jn 8,5). L'Evangelista aggiunge: "Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo" (8,6). Gesù accetta la prova - non è del resto la prima volta - e fornisce la risposta.
Dapprima rimane in silenzio, e quel silenzio possiede una particolare, misteriosa eloquenza. Gesù infatti, senza dir nulla, comincia a scrivere col dito per terra (8,6). Nulla ci è detto di ciò che Egli scrisse in quel momento, l'unico in cui ci è dato di sapere che Gesù abbia scritto. I Vangeli infatti ci trasmettono le parole da Lui pronunziate, ma di Cristo non ci è giunto alcun documento scritto.
Quel silenzio non soddisfece gli scribi e i farisei, i quali aspettavano una risposta chiara e univoca. Se Gesù infatti avesse graziato la donna, sarebbe caduto in palese conflitto con la legge di Mosè. E poiché, come leggiamo altrove nel Vangelo, Gesù era accusato di essere "amico dei peccatori" (cfr. Mt 11,19), anche questa volta qualcuno auspicava una risposta in contrasto con la legge.
Continuavano dunque ad insistere, attendendo la risposta.
Ed ecco che Gesù cessa di scrivere per terra, si alza e proferisce una frase concisa: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Jn 8,7).
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3. In che cosa consiste l'importanza di questa memorabile risposta di Gesù? Egli si appella alla coscienza di ciascuno dei presenti. La Legge, norma oggettiva della moralità degli atti umani, si attua sempre per il tramite della coscienza, la quale ha la facoltà di accusare interiormente l'uomo di peccato. E la risposta di Gesù suona alla mente degli accusatori più o meno in questi termini: la vostra coscienza non vi accusa di niente? Avete il diritto di condannare questa donna? O piuttosto anche voi siete complici degli stessi peccati? Impostazione del problema che si dimostra efficace. "Quelli - infatti - udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo" (Jn 8,9).
Ognuno degli accusatori è costretto a riconoscere di non essere senza peccato e di non avere il diritto di condannare quella donna, in particolare di non possedere i requisiti morali per eseguire la condanna a morte prevista in quel caso dalla legge di Mosè. In tal modo, Gesù dimostra ai suoi interlocutori che Dio solo ha il diritto di punire i peccatori, e che Dio non vuole prima di tutto punire, ma salvare (cfr. Ez 18,23)! Ancora una volta Gesù si colloca nell'ambito della tradizione come fautore di una nuova "economia" morale, che porta a compimento la Legge mosaica. Dio, che mediante Cristo offre alla donna adultera la possibilità del riscatto, è il Padre ricco di misericordia che accoglie il figlio prodigo e gioisce per il suo ritorno.
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4. Ma riflettiamo ancora sulle ultime parole dell'odierno brano evangelico.
Rimasto solo con la donna salvata dalla lapidazione, Gesù le chiede: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed ella risponde: "Nessuno, Signore". E Gesù: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più" (cfr. Jn 8,10-11).
Questo breve dialogo contiene un messaggio di grandissimo valore. La domanda di Gesù non si riferisce alla sola esecuzione della sentenza. "Condanna" qui vuol dire rifiuto della persona a causa del male morale. Cristo dunque constata: quegli uomini non hanno potuto respingerti a causa del tuo peccato, perché si sono resi conto di essere loro stessi peccatori. Rimane tuttavia la questione della tua colpa, che può rovinare il tuo rapporto con Dio e condurti alla perdizione. perciò, non peccare più! Io non ti condanno. Non sono venuto per condannare l'uomo (cfr. Jn 3,17). Lo scopo della mia missione è del tutto opposto: sono venuto per cercare e salvare ciò che era perduto (cfr. Lc 19,10). D'ora in poi, dunque, non peccare più! Questa esperienza, questo pericolo per la tua vita, ti aiutino a non tornare più al peccato. Ecco che cosa desidero per te: la tua salvezza.
Ci troviamo qui ad un punto di enorme importanza per il nostro itinerario quaresimale. Carissimi Fratelli e Sorelle, valorizziamo l'odierna liturgia della Parola per l'opera della nostra conversione personale. Il Vangelo dell'adultera ci può essere, al riguardo, di grande aiuto.
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5. Vi saluto tutti con affetto, sacerdoti, religiose e laici che formate la famiglia parrocchiale di Santa Maria Consolatrice! In particolare saluto il Cardinale Vicario, con il suo predecessore, Cardinale Poletti. Saluto pure il Cardinale Ratzinger, già titolare di questa chiesa, il Cardinale Canestri che ne fu parroco. Vorrei congratularmi con voi per il fatto di incontrarci con quattro Cardinali. Uno era il vostro parroco, uno è un mio grande collaboratore. Quando pronuncio il nome del Cardinale Ratzinger, penso alla Veritatis splendor ed anche all'Evangelium vitae. E quando faccio riferimento al Cardinale Poletti, penso subito a Santa Maria Maggiore e alla Salus Populi Romani. Saluto poi gli Arcivescovi Monsignor Maccari e Monsignor Appignanesi, rispettivamente primo, storico parroco e terzo parroco. Saluto l'Arcivescovo Storero, che qui ha collaborato ed ora è Nunzio Apostolico in Grecia. Infine saluto il Vescovo del vostro settore, Monsignor Mani. Si vede che siete contenti per aver avuto tanti insigni parroci e di avere tanti concelebranti in questa visita pastorale.
Ringrazio il Signore di trovarmi in mezzo a voi nel cinquantesimo anniversario della Parrocchia, eretta nel 1945 a Casal Bertone. Una serie di parroci zelanti ne ha accompagnato la crescita, imprimendo alla Parrocchia uno stile di grande comunione, favorito dalla presenza operosa e fedele dell'Azione Cattolica. Oggi, si tratta di dedicarsi con entusiasmo ad una rinnovata evangelizzazione, per attirare i credenti ad una vita sacramentale sempre più fervorosa e al tempo stesso per raggiungere tante persone la cui fede è come imprigionata da modi di pensare e di vivere scristianizzati.
Affido questo arduo ma affascinante impegno apostolico alla protezione di Maria Santissima, di cui sono lieto di incoronare oggi la bella effigie. Per sua intercessione, invoco doni abbondanti di fede e carità sul Parroco e i Viceparroci, sui Sacerdoti collaboratori, sulle Suore di Maria Consolatrice, sulle famiglie della parrocchia, sui bambini, sui giovani, sugli anziani e su tutti i sofferenti.
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6. Vi auguro, carissimi, di approfondire in questa Quaresima la conoscenza di Cristo. Ecco infatti il valore supremo. San Paolo lo afferma nella seconda lettura di oggi (cfr. Ph 3,8), che viene a completare la riflessione a cui ci ha condotto il Vangelo. L'Apostolo afferma quale grande bene sia conoscere Cristo e trovarsi in Lui. E trovarsi in Lui vuol dire non affidarsi alla giustizia derivante dalla Legge, ma a quella che Dio ci ha rivelato per mezzo della Croce di Cristo e che è la via per la risurrezione. Un tema che ha bisogno di ulteriore approfondimento.
"Ho lasciato perdere tutte queste cose - egli scrive - e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede" (Ph 3,8-9).
Ecco il nucleo centrale della dottrina paolina.
L'Apostolo è consapevole di essere stato un tempo nemico della Croce di Cristo e che la sua vita è gravata dal peccato, benché egli abbia perseguitato la Chiesa non per cattiva volontà ma per erronea convinzione. Tanto più egli apprezza la grazia della conversione, che gli permette di partecipare alla Croce di Cristo, fonte di eterna salvezza. Guidato da tale consapevolezza, Paolo dimentica il passato e si protende con tutte le forze verso ciò che gli sta dinanzi. Anche questa è una indicazione per la nostra Quaresima: camminiamo, anzi corriamo con entusiasmo verso la Pasqua ormai vicina, sorretti dall'esperienza rigenerante della divina misericordia. Essa ci fa esclamare: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi" (Ps 125(126],3).
(Ai bambini:] Vorrei domandarvi chi ha scritto la prima lettera ai bambini. E stato Gesù, perché usava dire: "Lasciate i bambini venire a me". E stato lui, Gesù, quindi, che ha scritto la prima lettera ai bambini, abbraciandoli, accarezzandoli ma soprattutto predicando il Vangelo, la Buona Novella e dando la sua vita per tutti noi, bambini, adulti, giovani, anziani.
Ci avviciniamo alla Settimana Santa, in cui la Chiesa commemora la morte di Gesù, la sua crocifissione, la sua sepoltura e la sua Risurrezione. così, dando la vita, ci ha rivelato che è più forte della morte. Attraverso tutto questo, Gesù ha scritto una grande lettera, la lettera di Dio all'uomo, e, naturalmente, anche ai bambini.
Io vi auguro di leggere questa lettera e di darle una risposta. Avete dato una risposta alla mia lettera e vi ringrazio, ma vi auguro soprattutto di leggere la lettera di Gesù a tutti gli uomini e di darle una risposta con la vostra vita. Questo è il mio augurio per la Santa Pasqua che faccio alla vostra parrocchia e ai bambini di questa comunità.
(Il Papa ha quindi raggiunto il sagrato della Chiesa, dove così si è rivolto ai fedeli presenti:] Questa parrocchia è privilegiata, perché oggi è un giorno di primavera anche se non troppo avanzata. Ma c'è il sole, mentre le previsioni annunciavano la pioggia. Ora ci prepariamo a celebrare l'Eucaristia. Saluto tutti i presenti, le vostre famiglie e tutta la vostra parrocchia con Monsignor parroco. E una parrocchia privilegiata perché avremo la concelebrazione di quattro Cardinali e quattro Vescovi. E la prima volta in una parrocchia di Roma.
Vorrei dirvi che prego spesso Maria Consolatrice, perché sono molte le persone che conosco bisognose di consolazione. Probabilmente queste persone sono molte anche nella vostra comunità parrocchiale. Hanno bisogno di consolazione e la cercano in Cristo e nella sua Madre. Il titolo di questa vostra grande ed imponente chiesa è molto adatto.
(Al Consiglio pastorale:] Ho già parlato del titolo di questa comunità durante l'omelia, vorrei ancora una volta ringraziarvi per la Celebrazione odierna per il 50° anniversario della parrocchia. Ho detto che 50 anni sono già qualcosa. Dipende dai riferimenti.
Nella storia dell'umanità o del Cristianesimo sono pochi, ma per la storia di una comunità parrocchiale 50 anni di vita sono già qualcosa. Lo sono anche per i matrimoni o per il sacerdozio. Vorrei congratularmi con voi, con il vostro parroco e con i suoi collaboratori per questo anniversario.
E una chiesa molto privilegiata. Non ho mai visitato una parrocchia a Roma dove hanno concelebrato quattro Cardinali, tre Arcivescovi e un Vescovo, Monsignor Mani, che è il più vicino a voi perché è di questo settore e conosce le famiglie.
Vi ringrazio per essere il Consiglio pastorale di questa parrocchia, perché noi Pastori, e anche il vostro carissimo parroco, abbiamo bisogno di essere consigliati dalla comunità, dalle persone che conoscono i bisogni e le ansie della popolazione. Vi ringrazio per questo lavoro e vi auguro di continuare bene in questa funzione. Vi auguro tutto il bene per le vostre famiglie, per i giovani, per i figli e per i nipoti. Buona Pasqua.
(Ai giovani:] Vorrei dire qualcosa a questi giovani ma abbiamo un appuntamento giovedi sera nell'Aula Paolo VI. Vi aspetto come aspetto tutti i giovani di Roma, perché siete una parte di questa grande città.
Siete simpatici, senza dubbio. La simpatia è una cosa connaturata alla vostra età.
Vorrei darvi almeno un consiglio. Il Cardinale Ratzinger, che è stato titolare di questa chiesa, ha il grande merito di aver preparato e pubblicato il Catechismo della Chiesa cattolica. Un'opera storica, l'ultimo Catechismo della Chiesa era nato infatti dopo il Concilio di Trento.
Sarebbe una cosa utile leggere, qualche volta, almeno un brano. Fate una buona scelta e leggete.
Questo è il mio consiglio di oggi. Buona scelta. E un consiglio adeguato alla vostra età. Vi auguro di scegliere bene per tutta la vita la vostra vocazione, la vostra chiamata. Cristo vi vuole guidare. Fate una buona scelta e pregate per questa scelta. La Madonna, che è Consolatrice ma anche Ausiliatrice, ci aiuta a fare una buona scelta. Pregate la Madonna per fare una buona scelta, per fare la giusta strada e per non distruggere la vita di se stessi e degli altri.
Uno dei vostri vice parroci mi ha fatto grandi elogi dei giovani di questa parrocchia. Io spero che sia vero.
Vi invito giovedi 6 aprile per questo raduno dei giovani che sarà una piccola Manila. Vi auguro tutto il bene, una buona Quaresima in queste ultime settimane e una Buona Pasqua.
Data: 1995-04-02 Data estesa: Domenica 2 Aprile 1995
Titolo: "Voi vi preparate ad annunciare il Vangelo della salvezza nel vostro Paese che, uscito da un sistema totalitario ateo, continua a soffrire per le ferite della guerra"
Cari fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Cari Seminaristi!
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1. Il mio cordiale benvenuto va innanzitutto a Lei, Monsignor Ciril Kos, Pastore della diocesi di Djakovo e Srijem, ed al suo Ausiliare, Monsignor Marin Srakic.
Saluto con affetto anche voi, Sacerdoti, responsabili della formazione, e tutti voi, Seminaristi, che avete ardentemente desiderato vedere il Successore di Pietro "faccia a faccia". Il vostro Seminario possiede una ricca tradizione spirituale ed ha dato numerosi Sacerdoti, distintisi per zelo pastorale, per santità e per servizio reso alla Chiesa ed alla società.
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2. Ringrazio voi, Educatori, per l'impegno con cui seguite la crescita dei giovani nella fede, nella speranza e nella carità.
Esorto voi, Seminaristi, a conservare intatti la gioia e l'entusiasmo con i quali avete risposto alla chiamata di Gesù, ed a prepararvi con generosità alla missione di pastori del Popolo di Dio, ministri della sua parola e dei suoi Sacramenti. Il Signore vi chiama ad essere dispensatori della grazia per gli uomini del nostro tempo.
Voi vi preparate ad annunciare il Vangelo della salvezza e della pace nell'ambiente specifico del vostro Paese, che, uscito recentemente da un sistema totalitario ateo, continua a soffrire per le ferite materiali e spirituali della guerra, purtroppo non ancora terminata.
Per questo è importante fin d'ora acquisire l'autentico spirito evangelico e una profonda unione con Cristo, sostenuta da un'adeguata maturità umana.
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3. Rivolgo un pensiero particolare anche a voi, stimati Superiori e Professori, a cui è affidato il non facile compito di formare i ministri della Salvezza, operata da Cristo nel Mistero Pasquale. Vi incoraggio a rispondere con totale impegno alle esigenze educative, umane e spirituali, dei giovani. Sappiate trasmettere loro, insieme alle conoscenze teologiche ed umanistiche, soprattutto lo zelo per le anime, l'impegno nella santità personale, la fedeltà alla chiamata del Signore. In tal modo essi potranno diventare veri pastori d'anime, all'altezza dei compiti e delle attese della Chiesa e del mondo.
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4. Carissimi, nelle vostre persone desidero incontrare oggi e salutare anche il Clero, i Religiosi, le Religiose ed i Fedeli della cara Diocesi di Djakovo e Srijem, in modo particolare i profughi e gli esuli. Mentre affido ciascuno a Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, di cuore imparto a tutti una speciale Benedizione Apostolica.
Siano lodati Gesù e Maria!
Data: 1995-04-03 Data estesa: Lunedi 3 Aprile 1995
Titolo: Nell'attesa della piena unità
A Sua Santità il Patriarca Catholicos di tutti gli Armeni
E per me una gioia porgerLe le mie più sentite felicitazioni in occasione della Sua elezione e della Sua intronizzazione a Catholicos di tutti gli Armeni. Possa la Santissima Trinità proteggere la Sua persona e rendere ricco di frutti apostolici al Suo nuovo ministero pastorale! Mi preme inoltre farLe sapere che la Chiesa di Roma si associa col pensiero e nella preghiera fervente alla gioia spirituale che in questo momento albergherà nei cuori dei fedeli della Santa Sede di Etchmiadzine. A tutti i figli della Chiesa apostolica armena va anche il mio affettuoso saluto: prego il Signore di volerli conservare nell'immutata fedeltà alla loro identità di cristiani.
In questo giorno di festa resta presente nella mia preghiera la santa memoria del Suo venerato predecessore, Sua Santità Vasken I. Non posso non ricordare il nuovo indirizzo impresso alle relazioni tra la Santa Sede di Etchmiadzine e la Chiesa cattolica dalla sua decisione di inviare osservatori al Concilio Vaticano II. Un avvicinamento fattosi poi ancora più stretto in occasione della memorabile visita resa dal compianto Catholicos a papa Paolo VI, nel maggio del 1970, quando, nel corso del loro incontro, firmarono insieme un'importante dichiarazione comune. Da quel giorno delegazioni delle nostre due Chiese hanno continuato nello scambio di visite allo scopo di approfondire quei legami di unità che un giorno permetteranno di ritrovarci tutti insieme intorno alla stessa mensa eucaristica.
In attesa di quel momento, che tutti noi ci auguriamo vicino, è mio vivo desiderio - e sono certo sarà anche il Suo - non solo conservare i buoni rapporti tra le nostre Chiese, ma anche intensificare i nostri contatti e collaborare più attivamente. Nella recente Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, indirizzata all'episcopato, al clero e ai fedeli cattolici, e concernente la preparazione del Giubileo dell'anno 2000, ho auspicato che i cristiani possano arrivare alla fine del secondo millennio se non del tutto uniti, almeno il più vicino possibile alla piena comunione delle Chiese (cfr. TMA 34). E affinché "cresca l'unità tra tutti i cristiani delle diverse Confessioni fino al raggiungimento della piena comunione", ho espresso l'auspicio "che il Giubileo sia l'occasione propizia di una fruttuosa collaborazione nella messa in comune delle tante cose che ci uniscono e che sono certamente di più di quelle che ci dividono.
Quanto gioverebbe in tale prospettiva che, nel rispetto dei programmi delle singole Chiese e Comunità, si raggiungessero intese ecumeniche nella preparazione e realizzazione del Giubileo: esso acquisterà così ancora più forza testimoniando al mondo la decisa volontà di tutti i discepoli di Cristo di conseguire al più presto la piena unità nella certezza che "nulla è impossibile a Dio "" (TMA 16).
La certezza della "potenza" del Padre si manifesta in modo eclatante il giorno di Pasqua, nella resurrezione del Figlio: la morte è sconfitta, ingoiata dalla vittoria di Cristo (cfr. 1Co 15,54). Questo evento si impose ai discepoli ben venti secoli fa e nessuno da allora ha potuto più cancellarlo. E quello stesso evento continua a essere la nostra fede, la nostra speranza e la fonte della nostra gioia, quella gioia pasquale che ci è donata e che noi tutti proclamiamo dinanzi al mondo: Cristo è veramente risorto, alleluia! Con questi sentimenti e con una fede rinnovata nella straordinaria forza dello Spirito del Signore, Le do assicurazione, carissimo Fratello, del mio profondo e fraterno amore.
Dal Vaticano, 5 aprile 1995.
IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal francese]
Data: 1995-04-05 Data estesa: Mercoledi 5 Aprile 1995
Titolo: Occorre ricominciare dai giovani per ricostruire il cuore della nostra città
"Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21).
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1. Cari giovani di Roma! Queste parole di Cristo Risorto sono al centro del messaggio per la nona e decima Giornata Mondiale della Gioventù. Vi ringrazio perché anche oggi le avete fatte risuonare in occasione di questo nostro incontro. Saluto i giovani Filippini residenti a Roma, che mediante l'inno della Giornata Mondiale di Manila ci hanno riportato con la mente e col cuore alle indimenticabili ore trascorse nella loro patria; come pure ringrazio i ragazzi che ci hanno presentato un'azione scenica e musicale sulla figura di San Filippo Neri.
Avete fatto bene a scegliere Filippo Neri come protagonista di questo incontro, non solo perché ricorre quest'anno il quattrocentesimo anniversario della sua morte, ma perché la sua testimonianza ci aiuta a meditare e comprendere la parola di Gesù "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".
San Filippo, infatti, ha vissuto con autenticità questo messaggio nella sua Roma, la Roma del secolo decimosesto, una città segnata dalla guerra, dalla fame, dalle malattie del corpo e dello spirito. Una Roma diversa dalla nostra, ma per tanti aspetti simile a quella in cui viviamo.
Oggi vivere a Roma presenta certamente molti aspetti positivi: sensibilità, comportamenti e iniziative che aprono alla fiducia e alla speranza.
Ma la solitudine pesa sugli anziani e spesso sui giovani. Forse Roma non ha abbastanza fiducia nel proprio futuro e non investe abbastanza in esso. Forse non crede sufficientemente nel "Vangelo della vita", nella salvezza che viene da Dio.
Nella sua Roma Filippo ricomincio dai giovani, e così, nella nostra Roma, occorre ancora ricominciare dai giovani.
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2. San Filippo incomincio intessendo con i giovani legami di una vera amicizia, fatta di conoscenza personale e di ascolto attento di ciascuno, illuminando le menti con l'annuncio della verità di Cristo, proponendo a tutti la devozione eucaristica, la carità verso il prossimo, la direzione spirituale. Con i giovani ricostrui il cuore della città, chiamandoli fortemente a vivere la santità e utilizzando a questo scopo l'arte, la musica, le visite alle memorie della Roma cristiana; infondendo in tutto gioia e preghiera.
Cos'è infatti, cari amici, la santità se non l'esperienza gioiosa dell'amore di Dio e dell'incontro con Lui nella preghiera? Essere santi significa vivere in comunione profonda col Dio della gioia, avere un cuore libero dal peccato e dalle tristezze del mondo e un'intelligenza che si fa umile davanti a Lui.
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3. Cari giovani, Dio ha fatto l'uomo per la gioia e - direi - ha fatto soprattutto voi per la gioia. Dio è gioia, e nella gioia di vivere c'è un riflesso della gioia originaria che Dio provo creando l'uomo.
Seminate per Roma questa gioia! Vorrei che questa sera, tra noi, risuonassero le parole di Isaia: "Consolate, consolate il mio popolo... parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù" (Is 40,1-2). San Filippo Neri ha realizzato queste parole, ha saputo consolare chi era schiavo e prigioniero dei falsi maestri di vita gridando che in Cristo c'è la vera libertà, che soltanto quando l'uomo accetta Cristo nella propria vita finisce la schiavitù del peccato e della morte.
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4. Cari giovani, oggi qui è stata usata la tecnica dell'oratorio: unendo i propri talenti, giovani di varie parrocchie e gruppi, artisti, ballerini, musicisti, cantanti, attori, ci hanno suggerito un modo concreto di evangelizzazione. Potete farlo tutti, dato che l'evangelizzazione deve inserirsi nel vissuto culturale di una comunità. Che cos'è infatti la cultura se non quel complesso di conoscenze, valori, tradizioni, modi di vivere tipici di un popolo o dell'intera umanità? La cultura è la stessa vita degli uomini. Se dunque ciascuno di voi si impegna a sviluppare le capacità che il Signore gli ha donato, diverrete evangelizzatori in grado di animare la cultura della nostra città.
A questo vuole prepararvi anche il prossimo Convegno degli universitari sul tema "Testimoni del Vangelo in Università", che si terrà il 6 maggio prossimo all'Università "La Sapienza".
Giovani di Roma, fate risuonare in voi le parole di Gesù "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Accoglietele come fece Filippo in quella notte di Pentecoste, alle catacombe di San Sebastiano. E divenne apostolo di Roma, il secondo patrono di Roma! Portate a Roma la gioia di Cristo risorto!
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5. Infine, un arrivederci a Loreto, presso la Santa Casa di Nazaret, dove si terrà dal 6 al 10 settembre un grande incontro di giovani europei. Da Maria Santissima impareremo insieme ad accogliere nell'obbedienza della fede Cristo nella nostra vita. A questo incontro, dove il Papa non potrà mancare, vi aspetto tutti.
Arrivederci allora a Loreto, e intanto buona Pasqua a ciascuno di voi. Ringrazio e benedico quanti hanno realizzato questo incontro: i membri del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile e tutti voi che ne siete stati protagonisti.
Portate ai vostri coetanei nelle varie parrocchie della città, il saluto del Papa e dite loro: "Giovedi ci siamo visti col Papa". E' stato veramente bello tutti insieme sperimentare la presenza di Cristo fra di noi. E alle vostre famiglie, ai vostri amici, a quanti incontrerete recate il mio saluto e la mia benedizione.
Data: 1995-04-06 Data estesa: Giovedi 6 Aprile 1995
Titolo: Sono venuto in Croazia e avrei voluto portare anche a Sarajevo lo stesso messaggio evangelico di amore, di perdono e di pace
Signor Cardinale, Cari Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Illustri Ministri del Governo croato, Fratelli e Sorelle in Cristo!
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1. Sono molto lieto di accogliervi oggi qui, presso la tomba dell'Apostolo Pietro, in quest'Udienza speciale, che mi riporta alla mente la memorabile Visita pastorale che ho avuto la gioia di compiere nella vostra amata Nazione il 10 e l'11 settembre dello scorso anno, in occasione delle Celebrazioni dei 900 anni dell'Arcidiocesi di Zagabria.
Saluto con affetto il carissimo Cardinale Franjo Kuharic, insieme con il Vescovo Ausiliare, Monsignor Marko Culej, ed i Membri del Comitato Ecclesiastico per la Visita pastorale. Il mio cordiale benvenuto va, inoltre, al Dottor Jure Radic, agli illustri Membri del Governo croato e ai Componenti del Comitato Statale. A tutti desidero manifestare la mia profonda riconoscenza per l'odierno incontro e per la generosa collaborazione offerta in occasione della mia venuta in terra croata.
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2. Il Viaggio a Zagabria rimane per me un'esperienza indimenticabile. Durante le poche ma intense ore della mia presenza sul vostro suolo ho potuto constatare la fede viva della popolazione croata, forte di una tradizione di oltre tredici secoli. Essa si è manifestata lungo le strade, nella Cattedrale metropolitana, dove riposano le spoglie mortali del Servo di Dio il Cardinale Alojzije Stepinac, e soprattutto durante la Santa Messa nell'Ippodromo, con la commossa partecipazione di una straordinaria moltitudine di fedeli, tra i quali numerosi profughi ed esuli, venuti da tutte le parti della Croazia ed anche dall'estero.
Sono venuto in Croazia per confermare i fratelli nella fede, per rendere testimonianza alla speranza e per dire ai Membri delle varie denominazioni religiose e a tutti gli uomini di buona volontà che soltanto sull'amore e sul perdono si può costruire un futuro di pace e di crescita spirituale e materiale: un futuro veramente degno dell'uomo. Questo stesso messaggio evangelico di amore, di perdono e di pace avrei voluto portare anche a Sarajevo e in Bosnia ed Erzegovina, ma non c'è stata possibilità! L'odierno nostro incontro mi offre l'occasione di confermare ancora una volta l'impegno del Successore di Pietro e della Santa Sede a servizio del bene spirituale e materiale dei singoli e dei popoli.
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3. Proprio tale ambito costituisce un vasto campo per lo sviluppo di una proficua collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, nel rispetto delle reciproche competenze e nella solidale ricerca e promozione del bene comune. Infatti, sia la Chiesa sia lo Stato intendono servire la stessa persona umana e la stessa società civile.
Esprimo l'auspicio che nella Croazia, oggi libera e sovrana, vengano superate le difficoltà ereditate dal vecchio regime, operando per guarire le profonde ferite del passato e per risanare le grandi distruzioni morali e materiali provocate dalla guerra, purtroppo ancora non terminata.
In particolare, vorrei inoltre richiamare l'attenzione su quanto ho scritto nella Enciclica Evangelium vitae circa i vasti campi che si aprono alla collaborazione tra la Chiesa e la comunità politica nella promozione di una autentica cultura della vita.
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4. Carissimi, ritornando in Croazia portate con voi la certezza della costante preghiera del Papa, soprattutto per quanti piangono i loro cari, per i feriti e per i malati, per i numerosi profughi ed esuli in attesa di poter tornare nei loro paesi d'origine. Il Papa prega quotidianamente per la pace nella giustizia sia in Croazia che in Bosnia ed Erzegovina, come pure in tutto il Sud Est dell'Europa e in ogni altra regione del mondo.
Mentre affido la vostra Patria alla "Advocata Croatiae fidelissima", imparto a tutti la Benedizione Apostolica.
Dio benedica la Croazia e tutti i suoi abitanti! Siano lodati Gesù e Maria!
Data: 1995-04-07 Data estesa: Venerdi 7 Aprile 1995
Titolo: Contribuite ad insegnare i fondamenti della dottrina sociale cattolica
Cari Professori, Assistenti e Collaboratori dell'Università di Augsburg! In occasione del Colloquio socio-politico interdisciplinare svoltosi a Roma, vi porgo un cordiale benvenuto in Vaticano. Il mio personale ringraziamento va a tutti voi per questa lodevole iniziativa e per la possibilità di un dibattito che coinvolge molteplici aspetti.
Voi siete responsabili in ambito accademico e, in parte, anche in quello socio-politico. Il Colloquio dovrebbe essere, nel contempo, un invito a riflettere sugli effetti delle due radicali risposte alla vita quotidiana di milioni di uomini, concernenti l'ordinamento economico e sociale: da un lato, un capitalismo sfrenato che pone il potere, il profitto e il culto di un'arida efficienza al di sopra di qualunque altra considerazione; dall'altro, l'ugualmente pericolosa illusione di trovare una soluzione ideologica materialistica ed essenzialmente atea per i problemi sociali.
Io confido nel fatto che i vostri Colloqui contribuiscano ad insegnare ad apprezzare sempre più i solidi fondamenti della dottrina sociale cattolica, la sua dimensione profondamente umana e lo spirito del Vangelo da cui è ispirata. I responsabili dell'economia, della società, della politica e della cultura, devono divenire nuovamente coscienti delle profonde radici dell'umanità, ovvero, dell'interrogativo concernente il significato e lo scopo della medesima.
Se un uomo vive in un ambiente spirituale e in questo medesimo contesto è reso consapevole della propria responsabilità nel collaborare a risolvere i grandi compiti dell'umanità, quest'uomo non si lascerà mai disingannare o amareggiare, giacché egli vive sempre nella speranza.
Nella mia ultima Enciclica Evangelium Vitae ho indicato come assolutamente necessario "riscoprire l'esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell'essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere" (EV 71).
Anche il moderno progresso tecnologico non deve in nessun modo annientare lo spazio riservato all'uomo. Il lavoro non può mai essere ridotto a semplice cosa, né può l'uomo che lavora essere degradato a semplice ingranaggio nella catena di montaggio dell'industria moderna. Per costruire e conservare un modello di umanità moralmente integra, occorre una visione dell'uomo vincolata alla giustizia e che dia espressione alla sua dignità in un agire concreto e credibile.
Nell'esternarvi i miei più sinceri ringraziamenti per la conduzione del Colloquio a Roma e per il vostro contributo alla divulgazione del pensiero sociale cattolico, vi concedo di tutto cuore la mia Apostolica Benedizione.
(Traduzione dal tedesco]
Data: 1995-04-08 Data estesa: Sabato 8 Aprile 1995
Titolo: Un grande "si" alla vita
Carissimi Fratelli e Sorelle! Al termine di questa suggestiva celebrazione, desidero rivolgermi ancora una volta ai giovani per affidare loro simbolicamente la recente enciclica Evangelium vitae.
Cari giovani, proclamate e testimoniate il vangelo della vita! Voi sentite pulsare, forte e prepotente in tutto il vostro essere, la vita. Ma non basta sentirla. Questo inestimabile bene va compreso sempre più profondamente, nella sua piena verità, perché lo si possa apprezzare, gustare ed amare.
E' questo il contributo che la Chiesa, popolo della vita e per la vita, ha voluto offrire all'umanità con l'enciclica Evangelium vitae. A chi la legge integralmente e con animo sereno, essa apparirà per quello che è: un invito a riconoscere la vita come dono, da accogliere con gratitudine, da vivere secondo la legge dell'amore di Dio, da offrire responsabilmente nel servizio dei fratelli.
In essa, certo, non mancano esigenze severe: dei "no" fermi quanto doverosi, che traducono per il nostro tempo il comandamento divino "non uccidere", da sempre iscritto nel cuore di ogni uomo. Ma i "no" sono in funzione di un grande "si" alla vita. Un "si" che consegno in modo speciale a voi, cari giovani: fatevi voce di questo "si", fatevi apostoli di questo "si". Come i giovani che accolsero festosamente Cristo a Gerusalemme, aprite anche voi il vostro cuore al Redentore: siate il suo popolo, il popolo della vita e per la vita. Con il vostro entusiasmo operoso, costruite un argine contro la cultura della morte, e fate avanzare la cultura della vita! (Seguono saluti in francese, inglese, spagnolo, tedesco, portoghese, polacco]
Data: 1995-04-09 Data estesa: Domenica 9 Aprile 1995
Titolo: Seguendo il Divino Pellegrino sulle strade del mondo
"Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore" (Lc 19,38).
GPII 1995 Insegnamenti 598