GPII 1995 Insegnamenti 1080

Visita "ad limina": la traduzione del discorso di Giovanni Paolo II a Presuli della Conferenza Episcopale del Brasile, Regione Est 2 - Città del Vaticano

Titolo: Un sacerdote santo santifica il gregge che gli è affidato un sacerdote che dà cattivo esempio lo allontana dalla fede

Carissimi Fratelli nell'Episcopato,

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1. Vi accolgo fraternamente in occasione della vostra Visita ad limina Apostolorum e, mediante voi, saluto cordialmente tutta la Chiesa di Dio in Brasile, in particolare negli Stati di Minas Gerais e dello Espirito Santo. La vostra visita vi porta a cercare appoggio in questi pilastri della Chiesa che sono gli Apostoli Pietro e Paolo per un rinnovato impulso del vostro ministero pastorale. I nostri incontri mi permettono di conoscere meglio le vostre preoccupazioni e i vostri motivi di speranza, e di confermare i forti vincoli che uniscono i Vescovi con il Successore di Pietro e che mettono le Chiese particolari in comunione con la Chiesa universale.

Rendo grazie a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, per tutti voi che annunciate la Buona Novella nell'immensa "Terra de Santa Cruz", aperta all'accoglienza fraterna di persone provenienti da ogni dove.

Le distanze e le difficoltà di comunicazione non vi impediscono di giungere fino alle più lontane comunità delle vostre diocesi per conoscere le pecore del gregge, rivelando la vostra anima di Pastori con una testimonianza di vita semplice e molte volte di povertà personale, identica a quella di gran parte del vostro popolo.

Nell'ascoltarvi, capisco l'onere del vostro compito, ma allo stesso tempo intravvedo il vostro ardore, la vitalità delle vostre comunità nella fede e il coraggio disinteressato degli operai che lavorano nella vigna del Signore.

Ringrazio il Vescovo di Guaxupé, Don Gerardo Oliveira do Valle, che, facendosi interprete dei vostri pensieri, con le sue parole mi ha reso partecipe dei progetti e delle speranze che animano il vostro lavoro apostolico.

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2. L'occorrenza della celebrazione dei trent'anni dalla pubblicazione del documento conciliare Presbyterorum ordinis, frutto della riflessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, si presenta come un'occasione opportuna per riprendere il suo insegnamento sul sacerdozio ministeriale. Con voi desidero oggi affrontare l'importante questione della formazione dei futuri presbiteri, tanto più necessaria in quanto maggiori e più urgenti sono le esigenze della nuova evangelizzazione.

I nostri sentimenti devono essere gli stessi del Signore che "vedendo le folle, ne senti compassione" e disse: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (
Mt 9,37-38). La debolezza umana, mediante la preghiera, si trasforma, con la grazia divina, in forza, poiché tutto possiamo in colui che ci dà forza (cfr. Ph 4,13).

Degni di lode e di ancora maggiore incoraggiamento sono sia lo sforzo della vostra Conferenza Episcopale che, attraverso organismi e commissioni clericali, fornisce mezzi e strumenti affinché ai vostri sacerdoti venga offerta una migliore preparazione, sia anche il sacrificio dei Vescovi che non temono di restare temporaneamente senza alcuni dei loro collaboratori quando questi ultimi si recano nelle varie università, e in modo particolare in quelle di Roma, per ricevervi un'abilitazione accademica.

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3. E' con gioiosa speranza che noto, nel vostro Paese, un discreto ma costante aumento del numero delle vocazioni al presbiterato. Sebbene ancora non si sia esteso in modo uniforme a tutte le regioni della vostra Nazione, il fenomeno esige da tutti i Pastori una particolare attenzione, poiché potrà fornire elementi per una riflessione pastorale e per una minuziosa revisione delle opzioni già compiute, e anche per l'elaborazione di nuove strategie e direttive.

Potremmo chiederci: in quali regioni le vocazioni aumentano e quali sono i motivi di questo aumento? Che forma assume la pastorale vocazionale locale? Questa stessa domanda può formularsi all'inverso: laddove ancora mancano vocazioni, perché questo fenomeno? La vocazione sacerdotale è un dono di Dio, mediante il quale, partecipando "nella funzione degli apostoli, ad essi è concessa da Dio la grazia per poter essere ministri di Cristo Gesù fra i popoli" (
PO 2). Sappiamo, tuttavia, che tale dono deve essere accolto da un cuore sensibile e attento alla chiamata. Solo una pastorale vocazionale che presenti chiaramente il sacerdozio cattolico in tutta la radicalità delle sue esigenze, e che aiuti i giovani ad udire la chiamata del Signore e a rispondergli in modo libero e coraggioso, in totale fedeltà al Magistero della Chiesa e al Successore di Pietro, realizzerà il grande progetto della "nuova evangelizzazione, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione" (Discorso ai Vescovi del CELAM, 9-III-1983).

Per affrontare un compito così grande, sarà necessario prestare la più viva attenzione a tutte le fasi che la pedagogia della Chiesa prevede per l'accompagnamento dei chiamati sia nella selezione dei candidati e nella formazione e ricezione degli Ordini Sacri, sia nella così chiamata formazione permanente. Tutta questa attenzione diviene indispensabile per garantire la costante efficacia del ministero e per evitare i tristi fenomeni di defezione che feriscono profondamente il cuore di Cristo e della Chiesa.

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4. Nel dare un nuovo impulso al primo dovere della vostra sollecitudine pastorale nella guida e nella formazione dei chiamati, si rende necessario prestare una particolare attenzione alle motivazioni profonde che portano un giovane a bussare alla porta del Seminario.

Come non considerare la crisi della famiglia, ambiente nel quale il giovane cresce e si sviluppa, e che a volte lascia segni profondi e non sempre positivi nella sua personalità? O ancora i concetti di vita e di valori generati dalla cultura del permissivismo e dell'edonismo, che creano una mentalità diffusa, estranea, quando non ostile, allo spirito di rinuncia e di dedizione senza riserve che il sacerdozion esige? Non dovrebbero anche essere oggetto di attenta analisi i facili e fragili entusiasmi di quanti fossero mossi o da un'illusoria prospettiva di miglioramento di vita sociale ed economica per il proprio futuro, o da un'erronea interpretazione dello stato clericale e dell'esercizio del ministero, inteso prevalentemente sotto l'aspetto sociologico, con allineamento politico partitico e con i suoi conseguenti conflitti? E' necessario un discernimento costante circa le capacità del giovane, discernimento che si trasforma necessariamente in un permanente processo di formazione psicologica, umana e spirituale, che inizia con una prima selezione particolarmente accurata. La Chiesa ha il dovere non solo di carità, ma anche di giustizia, di non accettare coloro che, con segni evidenti, manifestano disturbi della personalità che, se considerati in modo superficiale durante la formazione, potranno avere conseguenze funeste e turbare la futura vita del ministro sacro. Il superamento delle difficoltà proprie dell'impatto ministeriale con la molteplice dimensione dell'apostolato avverrà con l'umile e saggia condivisione dell'esperienza altrui e con la docile e fiduciosa comunione con le proprie autorità gerarchiche.

Non abbiate paura di essere rigorosi nella selezione: è il bene della Chiesa e dei propri giovani che lo esige. E' meglio avere pochi candidati, con i quali si potrà pero iniziare un cammino formativo serio, che vedere i nostri seminari pieni di candidati che, nella loro personale deficienza, rendono la propria formazione impraticabile e ostacolano quella degli altri.

In un Paese vasto come il vostro è necessario stabilire canali di comunicazione tra i responsabili della selezione vocazionale, i direttori dei seminari e gli stessi Vescovi, in modo da evitare che un candidato escluso da una casa di formazione per validi e seri motivi venga accettato in un'altra, senza le dovute informazioni e senza una conoscenza dettagliata delle sue condizioni personali e delle cause della precedente esclusione. Speciale attenzione deve essere rivolta all'ammissione di candidati provenienti da altre regioni o da un territorio non appartenente alla propria diocesi. Il rigore deve essere ancora maggiore quando si tratta di candidati prossimi all'ordinazione diaconale o presbiterale.

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5. Riconoscendo le nuove sfide da affrontare nella preparazione degli uomini che diventeranno i sacerdoti del Terzo Millennio della Cristianità, volli che fosse pubblicata l'esortazione Pastores dabo vobis al fine di orientare i Pastori e tutti gli interessati nel loro compito di ravvivare la preparazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale dei seminaristi. (cfr.
PDV 42).

Tenendo presente che il sacerdote "scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (He 5,1), è necessario che il futuro ministro plasmi la sua personalità umana "in modo da renderla ponte e non ostacolo per gli altri nell'incontro con Gesù Cristo Rendentore dell'uomo" (PDV 43): il senso di civiltà, di rispetto per gli altri, di disponibilità generosa e di buona educazione sociale, tutto, infine, deve essere orientato in modo che egli possa operare in persona Christi Capitis e in nome della Chiesa (cfr. CEC 1548-1553).

Da parte sua, perché la nuova evangelizzazione dia frutti, la Chiesa avrà bisogno di sacerdoti la cui vita spirituale sia stata forgiata dall'ascesi e dalla disciplina interiore che permette loro di "vivere intimamente uniti" a Gesù Cristo (cfr. Decreto sulla formazione sacerdotale OT 8). Per questo, il Concilio diceva ai formatori di insegnare ai seminaristi "a cercare Cristo nella fedele meditazione della Parola di Dio; nell'attiva partecipazione ai misteri sacrosanti della Chiesa, soprattutto nell'Eucaristia e nell'ufficio divino" (Ibidem OT 8). In verità, tutta la vita del sacerdote è volta alla Liturgia, "culmine verso il quale tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana la sua virtù" (Costituzione SC 10); per questo, "la sacra liturgia, nei seminari e negli studentati religiosi va computata tra le materie necessarie e più importanti, nelle facoltà teologiche poi tra le materie principali" (Ibidem, SC 16).

D'altro canto, il Concilio sottolineava che "nel sacro rito dell'ordinazione, il Vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere 'maturi nella scienza'... Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch'essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro" (PO 19). E' questa la grande importanza della formazione intellettuale, volta a favorire la comprensione della Fede. L'insegnamento della filosofia sia realmente la base per lo studio teologico (cfr. OT 15). I professori di teologia, attentamente selezionati, non insegnino semplicemente correnti di opinione ma si preoccupino di inserirle nella Dottrina della Chiesa. I futuri sacerdoti non sono chiamati a essere divulgatori di opinioni teologiche, ma testimoni qualificati della fede che riceviamo dal Deposito della Chiesa, e che dobbiamo trasmettere fedelmente. "Si faccia in modo che - come è già stato detto - negli incontri sacerdotali i documenti del Magistero siano approfonditi comunitariamente, sotto l'autorevole guida, in modo da facilitare, nella pastorale diocesana, quell'unità di interpretazione e di prassi che tanto giova all'opera di evangelizzazione" ().

Permettetemi di ricordarvi, infine, che nel periodo del seminario, lo studio ha la preminenza sull'ineludibile necessità di pratica pastorale.

Quest'ultima, tuttavia, dovrà essere praticata come conseguenza degli studi, integrata in essi, come apprendistato guidato, e volta a preparare la futura attività del ministro ordinato. Essa non potrà mai essere una giustificazione per non dedicarsi profondamente agli studi (cfr. PDV 51).

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6. Inoltre, una volta compiuta con la massima attenzione l'autentica selezione dei chiamati, sarà necessario, con uguale zelo, preoccuparsi della selezione e della preparazione degli educatori e dei formatori nei seminari e nei noviziati in vista di una serena ma previdente, solida e vigorosa formazione umana, culturale, spirituale e ascetica. Per una buona formazione al ministero pastorale si esigono formatori ben preparati dal punto di vista culturale e disciplinare, che siano stabili e non improvvisati od occasionali e temporanei. Per questo è necessario che essi vengano scelti tra i migliori elementi del nostro clero, anche se, a tal fine, dovremo ridurre altri campi della pastorale diocesana.

Grande cura è ancora necessaria nella scelta dei formatori spirituali, che devono essere anche psicologicamente capaci di conquistare la fiducia e l'apertura d'animo dei candidati, per guidarli con prudenza ed equilibrio. Anche se non devono invadere il campo del foro interno, i superiori disciplinari hanno tuttavia il dovere di contribuire alla formazione spirituale e ascetica dei candidati, svolgendo una metodica azione di illuminazione circa le reali implicazioni morali e spirituali legate allo svolgimento del ministero sacerdotale.

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7. Prima di decidersi a favore dell'ammissione agli Ordini Sacri, occorre appurare, per avere la certezza morale, che il candidato sia chiaramente consapevole di quella che sarà la sua vita futura e che sia stato formato per una scelta libera e personale in base alle proprie capacità naturali e all'aiuto della grazia. E' importante, quindi, prestare una particolare attenzione all'esame completo del candidato, specialmente prima dell'ammissione agli Ordini, con la scrupolosa e religiosa osservanza dei cosiddetti "scrutini" (Codice di Diritto Canonico,
CIC 1051) per comprovarne l'idoneità canonica (Ibidem, CIC 1029) al ministero sacro.

La gradualità nella formazione presuppone un aumento delle esigenze man mano che si avvicinano le fasi della decisione definitiva. Il diaconato deve essere punto-chiave, come ingresso nelle file clericali e come momento di impegno definitivo per la scelta del celibato ecclesiastico. In questo senso, particolare attenzione deve essere rivolta alla virtù della castità e alla maturazione in pienezza della personalità dei formandi. La costatazione delle virtù e delle doti richieste si farà in base al superamento delle prevedibili difficoltà personali legate alla solitudine, con l'esemplare osservanza della vita di celibato, sostenuta e alimentata con la preghiera, la frequenza dei sacramenti, la comunione presbiteriale e la dedizione al lavoro pastorale.

Non posso non richiamare la vostra attenzione sulla responsabilità personale del Vescovo nell'imporre le mani sul candidato, ordinandolo diacono o presbitero. Noi risponderemo dinanzi a Dio, e dinanzi alla Chiesa, delle ordinazioni che conferiamo. In questo contesto, è importante riaffermare nuovamente la necessità del Seminario Maggiore come luogo di formazione sacerdotale, casa propria di formazione, "normale spazio, anche materiale, di una vita comunitaria e gerarchica" (PDV 60), una volta superati altri tipi di esperienza formativa, che si sono dimostrati insufficienti e insoddisfacenti.

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8. Tenendo, inoltre, nella giusta considerazione le difficoltà sopra elencate, la cui importanza e gravità mutano non solo in relazione all'ambiente del ministero, ma anche alle caratteristiche specifiche del "ministro sacro", sarà necessario che la vostra provvidente attenzione, venerabili Fratelli, consideri, oltre a ciò che abbiamo definito come formazione iniziale, anche la così chiamata formazione permanente degli stessi ministri sacri.

Nel 1992, i Padri sinodali giustificarono la sua necessità "qualificandola come "fedeltà" al ministero sacerdotale e come "processo di continua conversione" (
PDV 70). So di molte diocesi che promuovono incontri regolari del Vescovo con i sacerdoti giovani, che vengono seguiti da vicino, in vari modi, durante i primi anni del sacerdozio; desidero esprimere loro il mio incoraggiamento e il mio sostegno. Lo stesso vale per la formazione dei sacerdoti con anni di esperienza ministeriale, anche degli anziani: seguirli è un dovere di giustizia e di delicata carità, poiché si tratta di aiutarli a riscoprire continuamente le "vene sorgive della spiritualità sacerdotale" () e il senso della propria consacrazione a Dio. Un sacerdote santo santificherà il gregge che gli è stato affidato; un sacerdote che non compie i suoi doveri, lo trascinerà, con il suo cattivo esempio, prima verso l'abbandono religioso e poi - Dio non lo permetta! - verso l'indifferentismo religioso, possibile preludio della perdita della fede.

La Dichiarazione Finale del primo Congresso Latinoamericano di Vocazioni svoltosi nel 1994, ha ribadito la convinzione che qualsiasi vocazione è primariamente opera dello Spirito di Gesù Cristo. Ciò esige dalla Chiesa, e dagli agenti della Pastorale Vocazionale, un atteggiamento orante. Maria Santissima, con il suo ascolto, la sua vita e la risposta data a Dio, è modello tanto del chiamato quanto dell'agente di Pastorale Vocazionale. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti che ardano di zelo e si dedichino anima e corpo alla causa del Regno: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49).

Siamo alle soglie del terzo millennio cristiano. Saranno i sacerdoti a portare la "fiaccola" della luce, della vita e del calore che emanano dal cuore di Dio. L'ordine del Signore - "mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8) - è ancora lungi dalla sua completa realizzazione. Per questo è urgente che i cristiani vengano permeati dallo spirito della nuova evangelizzazione affinché trasformino l'ambiente in cui vivono, mossi dall'entusiasmo dei nostri ministri sacri.

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9. Cari fratelli nell'Episcopato, tornate alla vostra amata Patria con la certezza della mia stima e del mio affetto per tutto il vostro popolo. Ricordate ai vostri sacerdoti, ai seminaristi, ai religiosi e ai laici il mio amore in Gesù Cristo, e dite loro che a Roma "ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere" (
1Th 1,2). Nell'affidare i cattolici del Brasile all'amorevole intercessione della Virgen de Aparecida, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di unità e di pace nel suo Divino Figlio.

Data: 1995-06-13 Data estesa: Martedi 13 Giugno 1995


Il Papa ai partecipanti alla "Staffetta della Pace" - Piazza San Pietro, Città del Vaticano

Titolo: "Siate testimoni di pace, araldi di speranza e costruttori della civiltà dell'amore"

Cari amici della "Staffetta della pace", benvenuti in Piazza San Pietro! Vi saluto tutti cordialmente. Siete partiti dal Santuario di Pompei e vi dirigete a quello di Loreto, alla Santa Casa, di cui celebriamo quest'anno il settimo centenario. Avete voluto così congiungere i due Santuari che rappresentano in maniera significativa la fede e la cultura cristiana del popolo italiano, per elevare una speciale invocazione alla Vergine, Regina della Pace, in questo nostro tempo ancora segnato, purtroppo, da non pochi focolai di guerra.

Vi accompagnano numerosi ragazzi, giovani, dirigenti sportivi e atleti disabili. Insieme volete esprimere la volontà di onorare la Vergine Maria attraverso una manifestazione ricca di contenuti religiosi, culturali e sportivi, tesi a favorire lo sviluppo della persona umana secondo il disegno d'amore di Dio Creatore.

La vostra Staffetta porta il nome della pace e vuol essere un segno ed insieme un invito alla fraternità, all'unità e alla solidarietà tra gli individui e tra i popoli. Siate testimoni di pace; siate araldi di speranza e costruttori della civiltà dell'amore. Sia questo il vostro impegno sostenuto da costante ed intensa preghiera, alla quale unisco la mia. Possiate essere degni missionari della pace nel vasto mondo dello sport, affinché lo sport diventi sempre più tempo e luogo di fraternità, di festa e di pace.

A tutti la mia Benedizione!

Data: 1995-06-14 Data estesa: Mercoledi 14 Giugno 1995

Nella Solennità del "Corpus Domini" il Papa celebra la Messa e presiede la processione da S. Giovanni in Laterano a S. Maria Maggiore - Roma

Titolo: Per le vie del mondo il Popolo di Dio confessa la fede nell'Eucaristia



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1. "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga" (
1Co 11,26).

Oggi, qui riuniti, davanti alla Basilica di san Giovanni in Laterano, cattedrale del Vescovo di Roma, annunciamo in modo particolare la morte di Cristo.

E' in questo stesso tempio che ogni anno celebriamo la liturgia del Giovedi Santo.

L'odierna solennità è "in un certo senso" il complemento della liturgia del Giovedi Santo, come la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, che ricorre la prossima settimana, costituisce un significativo complemento della liturgia del Venerdi Santo.

Il Giovedi Santo ci ricorda la Cena del Signore e l'istituzione dell'Eucaristia nel contesto della Settimana Santa, Settimana della Passione del Signore. Tale contesto non ci permette di esprimere fino in fondo tutto ciò che significa per noi l'Eucaristia. Al termine della liturgia del Giovedi Santo, dopo la Santa Messa in Cena Domini, il Santissimo Sacramento viene riposto in un'apposita cappella.

Si tratta di una processione eucaristica che riveste una tonalità caratteristica: sostiamo accanto a Cristo all'inizio degli eventi della sua Passione. Si sa, infatti, che l'ultima Cena fu seguita dalla preghiera al Getsemani, dalla cattura e dal giudizio prima davanti ad Anna, e poi davanti a Caifa, all'epoca sommo sacerdote. così, dunque, il Giovedi Santo noi accompagniamo Gesù nel cammino che lo conduce verso le ore terribili della Passione, a poche ore dalla condanna a morte e dalla crocifissione. Nella tradizione polacca il luogo dove viene deposta l'Eucaristia, dopo la liturgia della Cena del Signore, si chiama "la cappella buia" perché la pietà popolare ne associa la memoria a quella prigione nella quale il Signore Gesù passo la notte tra il giovedi e il venerdi.

Notte certamente non di riposo, bensi ulteriore tappa di sofferenza fisica e spirituale.

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2. Ben diverso è il clima che circonda la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. E' stata istituita relativamente tardi, nel periodo del Medioevo, e risponde al profondo bisogno di manifestare, in modo diverso e più completo, tutto ciò che l'Eucaristia è per la Chiesa.

"Pange, lingua, gloriosi corporis mysterium, sanguinisque pretiosi...".

Nelle parole dell'inno famoso san Tommaso d'Aquino ha espresso in modo eloquente tale bisogno del popolo di Dio. "Pange, lingua!" La lingua degli uomini deve cantare il mistero dell'Eucaristia! Deve cantarlo non soltanto come mysterium passionis, ma anche come mysterium gloriae. Da qui prende origine la tradizione delle processioni eucaristiche, specialmente della processione del Corpus Domini, che costituisce una singolare espressione di quella viva commozione che prova il credente di fronte al "mysterium" del Corpo e del Sangue del Signore, di cui la Chiesa vive ogni giorno. Anche la processione di questa sera, che dalla Basilica di san Giovanni in Laterano, attraverso le vie della Città Eterna, raggiunge la Basilica di Santa Maria Maggiore all'Esquilino, riveste un simile significato.

Ricordo molte processioni di questo tipo alle quali ho preso parte da bambino. Le ho poi guidate io stesso come sacerdote e Vescovo. La processione del Corpus Domini costituiva sempre un grande evento per le comunità alle quali appartenevo. E' così anche a Roma, anzi qui più che altrove, poiché qui ha reso la sua testimonianza uno dei testimoni diretti dell'ultima Cena: l'apostolo Pietro.

Recando per le strade della Città il Santissimo Sacramento, noi assumiamo nel modo caratteristico del secondo millennio il patrimonio di fede che fu anche suo.

L'odierna lettura, tratta dalla Lettera di san Paolo ai Corinzi, mette bene in luce questa fede. Si tratta probabilmente della più antica relazione scritturistica dell'istituzione dell'Eucaristia. L'Apostolo scrive: "Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzo e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me". Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (
1Co 11,23-26).

La Chiesa ripetendo in ogni Santa Messa le parole: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta", è come se le traesse dalla bocca dell'Apostolo delle Genti per farle sue e ridirle davanti al mondo.

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3. La liturgia del Corpus Domini ci ricorda il sacerdozio di Cristo. Ne parla sia il Salmo responsoriale che la prima lettura, tratta dal Libro della Genesi: "Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek" (Ps 109(110], 4). Melchisedek, vissuto ai tempi di Abramo, era re di Salem, la città che più tardi prenderà il nome di Gerusalemme. Egli offri a Dio pane e vino. Abramo onoro questo straordinario re-sacerdote, quasi presagendo in lui la futura vocazione di quel popolo di Dio di cui doveva diventare padre nella fede: vocazione dunque non limitata soltanto dall'Antica Alleanza, ma estesa anche alla nuova ed eterna Alleanza.

E' straordinario questo Salmo che parla del sacerdozio di Cristo sul modello di quello di Melchisedek, mettendo in rilievo che si tratta di un sacerdozio eterno: "Tu sei sacerdote per sempre"! Alla luce della fede pasquale, appare chiaro che questo sacerdote della nuova ed eterna Alleanza è il Figlio consostanziale al Padre.

Fermiamoci a riflettere sulle parole: "Oracolo del Signore al mio Signore: "Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi". Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: "Domina in mezzo ai tuoi nemici"" (Ps 109(110],1-2); e infine: "dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato" (109(110],3). Che cosa può significare questa metafora poetica? Essa, letta alla luce della piena rivelazione del Nuovo Testamento, parla della generazione del Verbo, Figlio dell'eterno Padre. Questo Figlio, in virtù del giuramento di Dio stesso, divenne mediante il suo proprio sacrificio "sacerdote per sempre". Offri il sacrificio come sacerdote, offri il sacrificio del suo Corpo e Sangue. E allo stesso tempo lascio alla Chiesa l'unico ed irripetibile sacrificio sotto le specie del pane e del vino, gli stessi alimenti cioè che, ai tempi di Abramo, offriva in sacrificio Melchisedek.

In tal modo il sacrificio di Cristo, come Eucaristia, diventa banchetto - il banchetto dell'Agnello. E la Chiesa, esortandoci a partecipare all'Eucaristia ci invita al banchetto. Lo fa ogni giorno e in modo particolare oggi. Essa ha inoltre la consapevolezza, originata dalla fede, che questo cibo e questa bevanda, che è l'Eucaristia, mai si esauriranno e mai mancheranno. Sono destinati a tutti, come indica l'odierna pericope dal Vangelo di S. Luca: "Tutti mangiarono e si saziarono" (
Lc 9,17).

Nel giorno del Corpus Domini vogliamo onorare questa singolare abbondanza del dono eucaristico, da cui il popolo di Dio su tutta la terra attinge incessantemente.

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4. Si! Su tutta la terra! Oggi, nel giorno del Corpus Domini, celebrando la liturgia e soprattutto compiendo la processione eucaristica, ci sentiamo uniti a quanti la celebrano, nelle varie parti del mondo, "dal sorgere del sole al tramonto". Ecco l'Eucaristia di Roma, ma contemporaneamente l'Eucaristia dell'Italia e delle Isole del Mediterraneo; l'Eucaristia di tante Chiese nel continente europeo; l'Eucaristia del Nord, del Centro e del Sud America; l'Eucaristia dell'Africa e delle innumerevoli comunità che in quel Continente hanno accolto il messaggio del Vangelo; l'Eucaristia delle isole dell'Oceano Atlantico, di quello Indiano e del Pacifico; delle Chiese dell'Asia e dell'Australia.

Avviamoci dunque nella processione eucaristica che si snoda per le vie di Roma, e allo stesso tempo pronunciamo con commozione quest'unica parola: Eucaristia, Eucaristia, Eucaristia. Davanti agli occhi dell'anima si fanno presenti le Chiese sparse in tutto l'orbe terrestre, dall'Est all'Ovest, dal Sud al Nord.

Esse, insieme con noi, confessano, celebrano, ricevono la stessa Eucaristia. Con noi ripetono le parole dell'Apostolo: "Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta".

E' un'attesa, questa, che non sarà delusa.

Amen!

Data: 1995-06-15 Data estesa: Giovedi 15 Giugno 1995

Lettera al Cardinale Franjo Kuharic - Città del Vaticano

Titolo: Per il 50° anniversario di sacerdozio

Al Venerato Fratello Nostro Cardinale S.R.E. Franjo Kuharic Arcivescovo di Zagabria Quella particolare benevolenza con la quale Noi sempre, con grande affetto, guardiamo al suo popolo e alla sua terra, per cui tante volte abbiamo invocato, in pubblico e in privato, il dono celeste della pace così desiderata per tutta quella regione, si accresce oggi immensamente in Lei, Venerato Fratello Nostro, mentre Lei scriviamo questa fraterna lettera per parteciparle apertamente la gioia del Nostro animo, colmo di gratitudine, insieme a tutta la dilettissima comunità di Zagabria che Lei governa tanto lodevolmente ed efficacemente a nome di Cristo da venticinque anni.

Ma ora pensiamo ad un'altra non meno importante e memorabile ricorrenza giubilare della sua vita, che, nel prossimo mese di luglio, come sarà per Lei motivo di grandissima consolazione, così, già in anticipo, è oggi per Noi motivo di gioia. Il quindici di quel mese infatti Ella compirà il cinquantesimo aureo anniversario da quando, figlio fedelissimo della stessa Chiesa di Zagabria, fu iniziato al sacerdozio eterno di Cristo, e deputato per opera di Dio ad un fruttuosissimo ministero di così tanti anni tra i pastori e i fedeli della sua stessa gente: prima come presbitero di una comunità, poi come Vescovo Ausiliare del Vescovo titolare, Seper, di venerata memoria, infine come Arcivescovo, unendo nel frattempo a questo ministero presso la sua Chiesa l'incarico molto più ampio di presiedere, lodevolmente e per molti anni, la Conferenza Episcopale prima dell'intera Jugoslavia, poi della sola Croazia.

Difficilmente lo spazio così esiguo di questa lettera potrebbe contenere a sufficienza il gran numero dei suoi meriti nei riguardi della sua Chiesa locale, della Croazia come pure di tutta la regione recentemente così tormentata da avverse vicende. Né una sola volta prima d'ora abbiamo celebrato le lodi del suo apostolato, la sua opera spesa in favore della pace, dilatando le energie impiegate per annunciare dovunque il Vangelo di Cristo, quando dodici anni fa la scegliemmo tra i porporati della Chiesa, quando poi Ella condusse il suo pellegrinaggio qui, ad limina Apostolorum, quando ci salutammo di persona sia qui che là.

Tutti questi elogi per la sua attività pastorale, riferitici parimenti anche da altri, Noi li rinnoviamo molto volentieri, valutando nel suo insieme il lungo cammino della sua opera salutare. Ci auguriamo che la memoria e la coscienza della ardua fatica da Lei impiegata nel passato Le procuri in questi giorni un'abbondante consolazione, e che lo stesso Pastore divino La assista elargendoLe i Suoi premi già sulla terra. La nostra speranza è che questo suo anniversario brilli del massimo splendore per Lei, i Suoi familiari ed i fratelli nel presbiterato, e La accompagni ancora per moltissimi anni.

La Nostra Benedizione Apostolica, trasmessa con questa lettera, sia per lei, Venerato Fratello Nostro, nel medesimo tempo un segno della Nostra benevolenza verso di Lei ed un pegno certissimo dei doni celesti.

Dal Vaticano, 15 giugno 1995, diciassettesimo anno del Nostro Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II (Traduzione dal latino]

Data: 1995-06-15 Data estesa: Giovedi 15 Giugno 1995

Udienza: il discorso del Papa ai partecipanti al Capitolo Generale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco - Città del Vaticano

Titolo: Fatevi compagni di viaggio dei nostri contemporanei offrendo loro la freschezza del messaggio del Santo di Assisi

Carissimi Frati del Terzo Ordine Regolare di san Francesco!


GPII 1995 Insegnamenti 1080