
GP2 Discorsi 1996 67
67 4. Gentili Signore e Signori, mentre rinnovo il mio apprezzamento per l’iniziativa di cui, con generosa sensibilità, vi siete fatti carico, vi auguro di porvi sempre, nella vostra vita, al servizio del bene. Con gesti solidali come quello da voi compiuto si contribuisce efficacemente alla costruzione dell’autentica civiltà dell’amore. È in questo modo che si pongono le basi per il vero progresso degli uomini, e si prepara per le nuove generazioni un futuro migliore.
Con tali sentimenti invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’abbondanza dei doni celesti e volentieri imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica.
Giovedì, 7 marzo 1996
Eminenze,
Eccellenze,
Cari amici in Cristo,
1. Ancora una volta ho la lieta opportunità di salutare voi, membri del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali in occasione della vostra Assemblea Plenaria. Come sempre, sono particolarmente lieto di vedere lei, Presidente Emerito, Cardinale Deskur. Ringrazio il vostro Presidente, l’Arcivescovo Foley, per le sue parole di presentazione e esprimo a voi tutti e ai funzionari del Consiglio il mio apprezzamento per gli sforzi compiuti per garantire la presenza sempre più responsabile e attiva della Chiesa nel mondo delle comunicazioni sociali.
2. Venticinque anni fa, in risposta a un mandato del Concilio Vaticano II, l’allora Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali pubblicò l’Istruzione Pastorale Communio et Progressio, volta a orientare i cristiani nei loro atteggiamenti verso i mezzi di comunicazione sociale e a renderli sempre più desiderosi di impegnarsi in questo importante settore (cf. n. 2). Quel documento venne accolto con grande soddisfazione e ha costituito la base di una feconda riflessione e di un utile scambio di opinioni nella Chiesa che hanno portato a una comprensione più profonda dei mezzi di comunicazione sociale considerati come provvidenziale dono divino per l’annuncio del Vangelo e per il progresso dell’umanità. Vent’anni dopo, in vista dei rapidi sviluppi della tecnologia delle comunicazioni e delle politiche pubbliche ad essa connesse, il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha pubblicato l’Istruzione Pastorale Aetatis novae, che offre una riflessione profonda e matura sui problemi e sulle opportunità nel campo delle comunicazioni all’alba di una nuova era: la fine del primo millennio cristiano e l’inizio di un altro (cf. Giovanni Paolo II, Discorso all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, 20 marzo 1992).
Queste due Istruzioni Pastorali contengono i principi e gli orientamenti che continuano a governare l’atteggiamento della Chiesa verso i mezzi di comunicazione sociale al servizio della Buona Novella della salvezza in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e al servizio dell’unità e del progresso, communio et progressio, di tutta la famiglia umana. Tuttavia, in un settore dell’attività umana che sta mutando e si sta sviluppando molto in fretta, questi principi e questi orientamenti hanno costantemente bisogno di studi e adattamenti ulteriori. La vostra Assemblea Plenaria fa proprio questo; e in ciò consiste il contributo specifico che offrite al ministero pastorale universale del Successore di Pietro, un contributo per il quale vi sono profondamente grato.
3. Noto che il tema del vostro incontro di quest’anno è "Evangelizzare attraverso i mezzi di comunicazione sociale". Dopo aver esaminato ciò che sta accadendo in questo settore, sapete che l’evangelizzazione nei mezzi di comunicazione sociale non si ottiene soltanto mediante una presentazione veritiera e convincente del messaggio di Gesù Cristo, ma viene promossa anche fornendo informazioni circa ciò che la Chiesa sta facendo nel nome di Gesù in tutte le sue molteplici attività in ogni angolo del mondo: nelle scuole, negli ospedali, nei programmi per l’assistenza ai rifugiati, nella sollecitudine per i più poveri e per gli emarginati della società. L’Evangelizzazione viene rafforzata da una buona stampa e da buone trasmissioni cattoliche che spieghino e difendano l’insegnamento della Chiesa di Cristo e che contribuiscano a rendere più profondo l’impegno dei fedeli proseguendo l’opera di educazione cristiana per gli adulti. Un aiuto è offerto da film e programmi radiofonici e televisivi che elevino l’animo umano e, in tal modo, contribuiscano ad aprire le porte al Redentore.
Fra i numerosi messaggi che viaggiano sulle ali di questi strumenti straordinariamente potenti, qual è più importante per la famiglia umana nella sua interezza di quello costituito dalla verità sull’esistenza: la verità circa la nostra provenienza, la nostra meta e il modo di raggiungerla, la nostra origine di creature di Dio, il nostro destino nei cieli con Dio e la nostra accettazione e sequela di Gesù Cristo, la Via, la verità e la Vita?
68 4. Quest’anno, la vostra Assemblea ha prestato particolare attenzione a un problema che ha enormi implicazioni concrete per gli individui e per le famiglie, così come per la società nella sua interezza: il problema dell’etica nella pubblicità.Per comprendere la complessità delle questioni morali poste da questo importante aspetto del mondo della trasmissione, della stampa e della comunicazione, è sufficiente ricordare l’imperativo del rispetto per la verità in tutti i rapporti umani o l’importanza per la società di evitare le trappole di un consumismo artificiale e manipolatore.
In quanto Pastori e membri del laicato cattolico impegnati nella scienza e nell’arte delle comunicazioni sociali, incoraggerete tutti gli sforzi autenticamente volti a conferire ai mezzi di comunicazione sociale un rinnovato senso di pubblico servizio e livelli più elevati di decoro. Non è raro che famiglie, uomini e donne di buona volontà in tutto il mondo, si lamentino del fatto che film, programmi televisivi e messaggi pubblicitari includano spesso scene violente e sessualmente esplicite che minano i valori morali e culturali, e ciò anche nei programmi per bambini. Spesso proprio i giovani spettatori ammettono di venire profondamente turbati da tali tendenze. Sempre più frequentemente, le persone esprimono il desiderio di una maggiore affidabilità da parte dei mezzi di comunicazione sociale nella costruzione di una società più decorosa e più giusta, una società rispettosa dei valori morali e religiosi e vigile nel tutelare la libertà religiosa.
6. L’approssimarsi del terzo millennio cristiano sta portando molte persone a sperare in un mondo nel quale esistano pace, giustizia e solidarietà autentiche. I mezzi cattolici di comunicazione sociale, e i cattolici che operano in essi, devono proclamare, con impegno e dedizione rinnovati il nome di Gesù, la sua verità e il suo amore, in quanto questa è la chiave non solo di una società più giusta, ma anche di una gloriosa eternità.
Mentre continuate le vostre riflessioni, vi assicuro delle mie preghiere e imparto di cuore su di voi e sui vostri cari la mia Benedizione Apostolica.
Sala del Concistoro - Venerdì, 8 marzo 1996
Eminenza,
Signore e Signori,
1. È una gioia per me dare il benvenuto ai partecipanti a questo Incontro internazionale sul rapporto fra famiglia ed economia organizzato dal Pontifico Consiglio per la Famiglia. Poiché la famiglia è la cellula fondamentale della società, la sua vita, la sua armonia e la sua stabilità hanno delle conseguenze su tutti gli aspetti del benessere e del progresso umani e non da ultimo sullo sviluppo delle economie locali e nazionali, così come sulla stessa economia mondiale. È questo l’oggetto delle vostre riflessioni di questi giorni.
2. Molti aspetti dell’economia condizionano fortemente la vita e l’armonia delle famiglie. Il fenomeno della povertà e del sottosviluppo colpisce duramente l’istituzione della famiglia. Varie limitazioni e privazioni rendono molto difficile la missione che Dio ha voluto per i genitori e per i figli. Esistono problemi riguardanti l’alimentazione, le abitazioni, l’igiene e l’istruzione. Essi sono aggravati dalla disoccupazione e dalla mancanza di una remunerazione adeguata che permetta alle famiglie di vivere con dignità. In molti Paesi i sistemi fiscali penalizzano le famiglie o peggiorano le loro condizioni economiche.
Nelle società occidentali in particolare, i giovani, di fronte alle gravi incertezze economiche, sono frequentemente tentati di rimandare il momento del matrimonio e della formazione di una propria famiglia. Non potete trascurare nelle vostre riflessioni gli effetti negativi che la disgregazione della famiglia sortisce sul tessuto sociale, con gli ingenti costi che ciò provoca. È paradossale che in questa situazione spesso le autorità politiche sembrano incapaci di adottare delle misure, inclusi gli investimenti economici, che rafforzino l’istituzione familiare e rendano le famiglie ancora una volta le principali protagoniste delle politiche familiari.
3. Trattando del rapporto fra la famiglia e l’economia, non potete non affrontare il problema del lavoro delle donne al di fuori del focolare domestico. Oggi, in generale il problema non consiste nel diritto delle donne a far parte della forza lavoro o a fare carriera. Il problema urgente consiste nel dare la possibilità alle mogli e alle madri che lavorano di prestare il loro insostituibile servizio all’interno della famiglia in quanto comunità di amore e santuario di vita.
69 4. Un altro motivo di interesse per voi deve essere quello dell’istruzione che rappresenta un elemento di grande importanza per la vita economica della famiglia e della società. Pur implicando una serie di condizioni e un investimento di beni e di energie che hanno un grande peso sull’economia, l’istruzione non può essere subordinata a esigenze meramente economiche, poiché essa riguarda lo sviluppo integrale e il benessere degli individui e della società. In questa prospettiva dovrebbe essere presa in considerazione l’importanza dei valori morali e religiosi per la vitalità economica delle famiglie e delle comunità. È sufficiente menzionare i valori morali e religiosi che sono alla base dell’unità e della pace nelle famiglie, dell’integrità morale, dell’amore per il lavoro e per il risparmio, del progresso culturale e della solidarietà sociale, così come della forza spirituale e morale necessaria per evitare uno sperpero edonistico ed egoistico delle risorse economiche e delle energie umane.
5. Sono certo che capirete che il problema fondamentale su cui la Chiesa intende ascoltare la vostra opinione di esperti è il seguente: in che modo la società può organizzare l’economia cosicché i coniugi possano avere il tempo e la tranquillità necessari per stare insieme, per avere e per allevare i figli, per tutte quelle cose che rendono la casa e la vita familiare il luogo della realizzazione umana? Vi ringrazio perché ponete la vostra saggezza e la vostra esperienza al servizio della soluzione di questo grave problema.
Che il Signore benedica voi e i vostri sforzi. Che effonda su di voi e sulle vostre famiglie la sua grazia e la sua pace.
Venerdì, 8 marzo 1996
Cari Fratelli nell’Episcopato,
1. È con grande gioia che vi ricevo in questa dimora in occasione della vostra visita ad limina.Attraverso di voi, Pastori della Chiesa nel Mali, desidero salutare tutto il vostro popolo, serbando ancora il ricordo della calorosa accoglienza che mi fu riservata durante la mia visita a Bamako. Rivolgo un saluto particolare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i laici delle vostre diocesi che, esigua minoranza fervente, testimoniano con generosità il Vangelo di Cristo in mezzo a tutti i loro fratelli e le loro sorelle maliani. Le cordiali parole che Monsignor Julien-Marie Sidibe, Vescovo di Ségou, mi ha rivolto a vostro nome testimoniano l’attaccamento delle vostre comunità al Successore di Pietro. Ve ne rendo vivamente grazie.
2. Il pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli è un’occasione per i Pastori della Chiesa, in comunione con il Vescovo di Roma, per ravvivare il loro impegno missionario affinché il Vangelo di Cristo sia annunciato fino ai confini della terra. Quest’anno, il nostro incontro ha luogo all’indomani della vostra solenne celebrazione del centenario della diocesi di Ségou. Sono lieto di unirmi alla gioia e alla speranza del suo Vescovo e di tutti i suoi diocesani. La vostra visita costituisce anche il proseguo di quel grande avvenimento della Chiesa universale che è stata l’Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, che avete preparato e vissuto con molto zelo, associandovi le vostre comunità. Auspico che l’Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa, che ho promulgato l’anno scorso durante il mio viaggio nel vostro continente nel corso della fase celebrativa di questo Sinodo, sia, per ognuna delle vostre diocesi, una fonte di rinnovamento nell’attaccamento a Cristo e nell’impegno missionario di tutti i cristiani e, per la vostra nazione, un appello fraterno a guardare al futuro con fiducia.
3. La vitalità della Chiesa nel vostro Paese si esprime in particolare attraverso lo sviluppo di Comunità ecclesiali di base che adempiono ogni giorno all’impegno espresso nella vostra Lettera Pastorale del 1990 intitolata Une Eglise communion fraternelle; successivamente avete opportunamente tracciato il cammino con diversi altri documenti pastorali.
Mentre la Chiesa nel Mali entra nel suo secondo secolo di esistenza, esortate i vostri fedeli a farsi carico del presente e del futuro del Vangelo nella vostra terra. Ciò comporta un’autentica conversione del cuore e profondi cambiamenti di mentalità. Gli ostacoli all’accoglienza della fede sono spesso considerevoli a causa dell’influenza di alcune pratiche tradizionali, delle difficoltà socio-economiche, o anche delle distanze tra i luoghi dove vivono le comunità cristiane o i cristiani isolati.
Cari Fratelli, vi incoraggio a edificare comunità ecclesiali che siano vive, radiose e aperte agli altri. Che in esse si manifesti l’amore universale di Cristo che trascende le barriere delle solidarietà naturali (cf. Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 89)! Che ovunque si trovino i discepoli di Cristo siano visibili i segni dell’amore di Dio per gli uomini di oggi! L’impegno dei cristiani nella società, per una vita più fraterna, in collaborazione con tutti i loro concittadini, è un’espressione particolarmente significativa di ciò.
Nell’attuale fase di cambiamento della società, la gioventù, malgrado la tentazione di scoraggiarsi o di rifugiarsi in una vita facile, cerca di costruire un mondo più umano e più giusto, più conforme alle sue aspirazioni. Siate per i giovani un sostegno fraterno, consentendo loro di scoprire il valore del dono di sé per il bene di tutti, e aiutateli a occupare il loro posto nella vita della Chiesa e della nazione.
70 4. Come ho ricordato nell’Esortazione Post-sinodale, "il Sinodo considera l’inculturazione come una priorità e un’urgenza nella vita delle Chiese particolari per un reale radicamento del Vangelo in Africa, "un’esigenza dell’evangelizzazione", "un cammino verso una piena evangelizzazione", una delle maggiori sfide per la Chiesa nel continente all’approssimarsi del terzo millennio" (Ivi, n. 59). Il radicamento del Vangelo nella vostra cultura è un compito difficile che esige la fedeltà al messaggio evangelico in tutta la sua forza, rispettando al contempo i valori africani autentici.
In questa prospettiva, la famiglia è uno dei luoghi più importanti in cui si può svolgere questa inculturazione. L’attenzione che voi rivolgete da diversi anni al matrimonio per permettere alle realtà della vostra società di venire profondamente permeate dai valori cristiani, è un felice contributo all’evangelizzazione della vita familiare. Nelle vostre diocesi, in collaborazione con i sacerdoti e le religiose, si sta compiendo uno sforzo apprezzabile per preparare le future coppie agli impegni che assumeranno per tutta la loro vita. Invito i giovani cristiani a seguire con generosità questo orientamento. È il loro futuro che vi viene delineato. Vorrei sottolineare qui la missione particolare affidata alle famiglie dei catechisti, soprattutto in rapporto ai giovani, di mostrare la grandezza del matrimonio cristiano come via di santità in risposta alla vocazione battesimale. L’esempio quotidiano dei coniugi uniti suscita spesso il desiderio di imitarli. Che essi siano in ogni occasione autentici difensori della vita! Che essi siano dei modelli per il loro rispetto della dignità della donna e rendano testimonianza del senso di responsabilità dei genitori nell’educazione umana e cristiana dei figli!
5. Cari Fratelli, "un’altra sfida evidenziata dai Padri sinodali riguarda le diverse forme di divisione che occorre comporre grazie ad una sincera pratica del dialogo. È stato a ragione rilevato che, all’interno delle frontiere ereditate dalle potenze coloniali, la coesistenza di gruppi etnici, di tradizioni, di lingue e anche di religioni diverse incontra spesso ostacoli dovuti a gravi ostilità reciproche . . . Ecco perché la Chiesa in Africa si sente interpellata dal preciso compito di ridurre tali fratture" (Ivi, n. 49). A tale proposito, come Pastori di tutto il gregge che vi è stato affidato, voi siete attenti a tutte le forme di divisione che nel vostro Paese possono costituire degli ostacoli alla pace e sapete ricordare i doveri di giustizia verso coloro che non possono ancora ritornare in patria e conducono la difficile vita dei rifugiati.
Fortunatamente, i rapporti tra la comunità cristiana e i credenti dell’Islam sono fatti, quasi sempre, di pacifica convivenza e di stima reciproca. Il cammino dell’autentico incontro con l’altro è indubbiamente difficile. Gli ostacoli che possono sorgere dovrebbero invitare i credenti a conferire ai loro rapporti reciproci una maggiore intensità capace di superare le cause della discordia. Come voi avete spesso sottolineato, il dialogo di vita che i cristiani intrattengono con i musulmani va molto al di là della semplice coabitazione, convinti come siete della comunanza del vostro destino radicata nella vostra tradizione. Negli impegni che assumete in comune per sviluppare la solidarietà nella società, il significativo superamento di una tolleranza confusa, intesa come mera accettazione dell’altro, porta poco a poco alla creazione di una comunità di fratelli che si stimano e si amano.
I credenti testimoniano infatti Dio ". . . nel rispetto dei valori e delle tradizioni religiose proprie di ognuno, lavorando insieme per la promozione umana e lo sviluppo a tutti i livelli. Lungi dal desiderare di essere colui in nome del quale si uccidono altri uomini, Egli impegna i credenti a mettersi insieme al servizio della vita nella giustizia e nella pace" (Ivi, n. 66). La testimonianza della Chiesa deve pertanto manifestare la gratuità dell’amore di Dio offerto a tutti senza distinzione, in particolare attraverso i rapporti di amicizia e di collaborazione instaurati nel corso del tempo e degli avvenimenti della vita.
6. Perché le comunità siano sempre più forti nella fede e più generose nella carità, voi date giustamente grande spazio alla formazione. Nelle vostre diocesi, avete grande cura delle vocazioni sacerdotali e religiose, in particolare nella pastorale della gioventù e grazie alla preghiera assidua di tutti i fedeli. La formazione permanente dei vostri collaboratori nella pastorale è una necessità crescente in tutti gli ambiti che riguardano la vita del popolo di Dio, la sua evangelizzazione e la sua testimonianza. Siate vicini ai vostri sacerdoti, affinché trovino in voi dei Pastori pronti ad ascoltarli, in un rapporto di fiducia e di amicizia (cf. Christus Dominus CD 16). La formazione dei laici animatori deve essere una delle preoccupazioni principali delle vostre comunità. Lasciate che mi congratuli con voi per le numerose strutture e iniziative che avete messo in atto a diversi livelli: la formazione primaria dei bambini e dei catecumeni, la formazione dei catechisti e dei responsabili di comunità, senza dimenticare l’avvio al dialogo tra cristiani e musulmani. Una buona conoscenza delle lingue e delle culture locali permette anche un autentico incontro con il messaggio evangelico, poiché ogni cristiano, in definitiva, deve ricevere ciò di cui ha bisogno, a seconda della sua vocazione particolare in seno alla comunità, per conoscere la sua fede e viverla pienamente. "La Chiesa in Africa, per essere evangelizzatrice, deve "cominciare con l’evangelizzare se stessa... Essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell’amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di Dio" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 15)" (Giovanni Paolo II, Ecclesia in Africa, n. 76).
7. Mentre si profila la celebrazione del grande Giubileo dell’anno 2000, vorrei invitarvi a guardare al nuovo millennio impegnandovi risolutamente a rinnovare la vostra adesione a Cristo, l’unico Redentore dell’uomo. In lui trovano compimento le attese e le speranze di tutta l’umanità. Che la preparazione di questo anniversario sia un’occasione per la Chiesa nel Mali per rafforzare la sua fede e la sua testimonianza in Cristo! Sono questi i voti che affido alla materna sollecitudine della Vergine Maria, Nostra Signora del Mali, tanto venerata nel vostro Paese. Le chiedo in particolare di essere la vostra guida nel ministero episcopale che esercitate con abnegazione al servizio del popolo che vi è stato affidato. Di tutto cuore imparto la mia Benedizione Apostolica a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli del Mali.
Sabato, 9 marzo 1996
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Sono lieto di accogliervi e porgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi, convenuti così numerosi da molte diocesi italiane, in occasione del primo pellegrinaggio nazionale degli "amici" della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo.
Rivolgo il mio deferente saluto al Signor Cardinale Jozef Tomko, ai venerati Fratelli nell’episcopato, al Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie, Mons. Enzo Serenelli, al Segretario Nazionale dell’Opera di San Pietro Apostolo e ai loro collaboratori, che si dedicano con generoso zelo all’animazione missionaria in Italia.
71 2. Le Comunità diocesane italiane si distinguono nel sostegno alla promozione ed alla formazione del Clero nelle terre di missione. È un’opera preziosa, per la quale esprimo tutto il mio apprezzamento: "Senza sacerdoti la Chiesa non potrebbe vivere quella fondamentale obbedienza che è al cuore stesso della sua esistenza e della sua missione nella storia:... annunciare il Vangelo e rinnovare ogni giorno il sacrificio del suo corpo dato e del suo sangue versato per la vita del mondo" (Giovanni Paolo II , Pastores dabo vobis PDV 1). Insieme con voi desidero rendere grazie al Signore "per il dono inestimabile della vocazione sacerdotale, che Dio ha concesso a tanti giovani in mezzo a popoli convertiti di recente al Cristo" (Ad gentes AGD 16).
La Chiesa, il mondo, hanno bisogno di sacerdoti santi e ben preparati, missionari inviati ad annunciare il Vangelo alla propria gente, dalla quale sono presi e scelti per servire i fratelli.
3. La Chiesa e, in essa, ogni singolo battezzato, è missionaria per natura e per "mandato" del Signore. "Anche se non tutti sono personalmente chiamati ad andare in terra di missione, ognuno nella Chiesa e con la Chiesa ha il compito di propagare la luce del Vangelo" (Giovanni Paolo II, Udienza, 19 aprile 1995: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1009).
Voi siete la grande famiglia della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo, presente in moltissimi Paesi del mondo, che costituisce come una straordinaria rete di solidarietà missionaria. Cooperate così alla missione universale della Chiesa, contribuendo con la preghiera, i sacrifici e l’aiuto materiale all’erezione di numerosi seminari e alla formazione di candidati e candidate alla vita religiosa.
Con il vostro apostolato "missionario", a servizio dell’intero popolo di Dio, rendete testimonianza alla cattolicità che abbraccia il mondo intero, in comunione con la Sede Apostolica ed il Successore di Pietro che, grazie anche al vostro contributo, può adempiere al suo peculiare ministero.
4. Voi siete "padrini e madrine", cioè padri e madri nella fede, di sacerdoti e seminaristi da voi "adottati". Nei miei viaggi apostolici ho avuto la gioia di incontrare numerosi vescovi, sacerdoti, seminaristi, religiosi e religiose che sono il frutto più bello della vostra cooperazione spirituale e materiale.
Vi esprimo, carissimi Fratelli e Sorelle, il mio ringraziamento per quanto fate e ripeto a voi quanto già, alla fine del secolo scorso, il Vescovo missionario Giulio Alfonso Cousin, ispiratore dell’Opera di San Pietro Apostolo, scriveva ai suoi primi benefattori: "Grazie amici, grazie amici del buon Dio", cooperatori di Cristo e del suo Vangelo.
Possa l’Opera di San Pietro Apostolo per il Clero Indigeno essere maggiormente conosciuta, specialmente dai giovani, affinché aprano il cuore all’ideale missionario e si dedichino a sostenere i loro coetanei che hanno scelto il sacerdozio e le diverse forme di vita consacrata.
5. Incontrando voi, carissimi, il pensiero va naturalmente a Giovanna e Stefania Bigard, espressioni significative del "genio femminile" missionario: due donne, due laiche; madre e figlia dal cuore veramente "cattolico", "universale". Con il loro intuito spirituale diedero origine all’Opera di San Pietro Apostolo, che i miei venerati Predecessori hanno fatto propria, ponendola al servizio del ministero universale di Pietro.
Veramente profetica fu l’intuizione di queste due donne. Esse indirizzarono il loro impegno alle persone chiamate alla Missione, seminaristi e sacerdoti indigeni, consacrando se stesse ed offrendo quanto possedevano alla loro formazione spirituale e culturale.
Questa scelta "profetica" la sentiamo, oggi, sempre più attuale e urgente. L’Opera di San Pietro Apostolo, dunque, è ben lontana dall’aver esaurito la sua missione nel momento in cui le giovani Chiese vedono felicemente aumentare il numero delle vocazioni sacerdotali e religiose sorte dal loro seno (cf. Giovanni Paolo II, En ce temps, N. 5, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII/2 [1989], PP 721-722).
72 6. Carissimi Fratelli e Sorelle, vi invito a proseguire con entusiasmo e generosità in questo vostro apostolato. Coinvolgete sempre nuove persone, perché condividano con voi l’anelito missionario della Chiesa.
Vi assista Maria Santissima, Stella della nuova evangelizzazione; vi protegga santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle Missioni e, in particolare, dell’Opera di San Pietro Apostolo. In tale compito vi accompagno con la mia Benedizione, che volentieri imparto a voi, alle vostre famiglie ed a quanti sostenete col vostro aiuto.
Domenica, 10 marzo 1996
Ti chiami Carlo? Anche io mi chiamo Carlo di nome, allora siamo della stessa famiglia, di quella cui appartengono tutti quelli che si chiamano Carlo. Ma voi avete lavorato per costruire questa chiesa? Sì? Vi siete sforzati immagino. Ma io vi dico che anche voi costruite ancora questa chiesa. Perché la chiesa non è costruita soltanto con i mattoni; ma è costruita anche e soprattutto con le pietre vive. Le pietre vive sono tutti i battezzati. Voi siete battezzati e dunque siete anche voi pietre vive. Con queste pietre vive si costruisce una Chiesa viva, la Chiesa abitata dallo Spirito Santo, la Chiesa di Cristo. Io spero che voi bambini con la catechesi, con il vostro comportamento cristiano costruirete sempre di più la Chiesa. Voi siete il futuro, voi siete l'avvenire della patria, della Chiesa, di questa parrocchia della quale oggi edifichiamo la chiesa. Vi ringrazio.
Domenica, 10 marzo 1996
Ecco ho letto il discorso che mi hanno consegnato. Mi auguro che sia vero quello che mi hanno scritto e che nel futuro della vostra parrocchia ci sia la vostra presenza, il vostro coraggio, il vostro entusiasmo giovanile. La Chiesa non si costruisce con i mattoni, sì certamente anche con i mattoni, ma soprattutto si costruisce con le pietre vive che siamo noi cristiani. Vi chiedo di essere queste pietre vive.
Oggi la Chiesa di Roma ha acquistato un'altra chiesa, quella dedicata al fondatore dell' «Opus Dei», il Beato Josemaría Escrivá. Auguro a questa parrocchia di trovarsi bene con la Chiesa di Roma, con questo patrono e con questa comunità. Quando io incontro le persone dell'« Opus Dei » mi dicono sempre « Prego per te ». Bene allora vi dico: « Pregate per me ».
Domenica, 10 marzo 1996
Mi congratulo con la parrocchia di Josemaría, per questa bella giornata di fede, per questa bella chiesa. E mi congratulo con il Consiglio Pastorale. Vi auguro di continuare a costruire ora la Chiesa delle pietre vive.
Sala del Concistoro - Venerdì, 22 marzo 1996
Signor Presidente,
73 Signore e Signori Accademici,
1. La seconda sessione plenaria della Pontifica Accademia delle Scienze Sociali, con la quale inaugurate il lavoro normale della vostra istituzione dopo un primo periodo di organizzazione, mi dà l’opportunità di esprimervi tutta la mia gratitudine. Ringrazio innanzitutto lei, Signor Presidente, per le cordiali parole che mi ha rivolto. Desidero esprimerle la mia stima per l’impegno da lei posto nell’applicazione di un metodo di lavoro rigoroso e di una collaborazione intensa fra i membri dell’Accademia, per promuovere una ricerca feconda. Rivolgo i miei cordiali saluti a tutti i membri della vostra nuova istituzione; li ringrazio per avere accettato di esaminare, con competenza e con una grande disponibilità intellettuale, le realtà sociali moderne al fine di aiutare la Chiesa a svolgere la sua missione presso i nostri contemporanei.
2. Constatando il rapido aumento delle disuguaglianze sociali, fra il Nord e il Sud, fra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, ma anche in seno alle nazioni normalmente considerate ricche, voi avete scelto come primo tema di riflessione quello dell’impiego. Scelta molto opportuna nella società contemporanea in cui i profondi cambiamenti politici, economici e sociali esigono una nuova distribuzione del lavoro. Apprezzo la vostra scelta che risponde a una preoccupazione costante della Chiesa; come ho ricordato nell’Enciclica Laborem exercens, mediante il lavoro "l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso "diventa più uomo"" (n. 9). Questa preoccupazione è stata uno dei temi principali dell’Enciclica Rerum novarum, in cui Papa Leone XIII affermava con forza che, nella vita economica, è fondamentale rispettare la dignità dell’uomo (cf. n. 32).
Nella vostra attività vi preoccupate di collegare la dottrina sociale della Chiesa agli aspetti scientifici e tecnici. Manifestate così l’autentico statuto della dottrina sociale che non ha proposte concrete da presentare e che non si confonde "con atteggiamenti tattici né col servizio di un sistema politico" (Paolo VI, Evangelii nuntiandi EN 38). La Chiesa non intende sostituirsi alle autorità politiche o ai responsabili economici per intraprendere azioni concrete che corrispondono alle loro competenze e alla loro responsabilità nella gestione del bene pubblico. Il Magistero vuole ricordare le possibili condizioni, sul piano antropologico ed etico, di un cammino sociale che deve incentrarsi sull’uomo e sulla collettività, affinché ogni persona si realizzi pienamente. Esso offre "’principi di riflessione", "criteri di giudizio" e "direttrici di azione"" mostrando che la Parola di Dio si applica "alla vita degli uomini e della società così come alle realtà terrene, che ad esse si connettono" (Giovanni Paolo II, Sollecitudo rei socialis, n. 8).
3. Si tratta quindi, in primo luogo, di un’antropologia che appartiene alla lunga tradizione cristiana che gli scienziati e i responsabili della società devono poter accogliere, in quanto "ogni azione sociale implica una dottrina (Paolo VI, Populorum progressio PP 39). Ciò non esclude la legittima pluralità delle soluzioni concrete, purché i valori fondamentali e la dignità dell’uomo siano rispettati. L’uomo di scienza o colui che ha una responsabilità nella vita pubblica non può fondare la sua azione unicamente su principi presi dalle scienze positive. Questi infatti prescindono dalla persona umana e considerano le strutture e i meccanismi sociali. Essi non possono spiegare l’essere spirituale dell’uomo, il suo desiderio profondo di felicità e il suo divenire soprannaturale, trascendendo gli aspetti biologici e sociali dell’esistenza. Limitarsi a questo atteggiamento, legittimo come istanza epistemologica, significherebbe trattare l’uomo "come uno strumento di produzione" (PioXI, Quadragesimo anno). Tutto ciò che si riferisce al Bene, ai valori e alla coscienza trascende l’attività scientifica e riguarda la vita spirituale e la responsabilità delle persone che, per loro natura, sono portate a ricercare il bene.
Pertanto la prosperità e la crescita sociale non possono realizzarsi a detrimento delle persone e dei popoli. Se il liberalismo o qualsiasi altro sistema economico privilegia solo quanti possiedono capitali e fa del lavoro un mero strumento di produzione diviene fonte di gravi ingiustizie. La concorrenza legittima che stimola la vita economica, non deve andare contro il diritto fondamentale di qualsiasi uomo ad avere un lavoro che gli consenta di vivere con la sua famiglia. Come può infatti una società considerarsi ricca se, al suo interno, molte persone non hanno il necessario per vivere? Finché un essere umano sarà ferito e sfigurato dalla povertà, sarà la stessa società, in un certo senso, ad essere ferita.
4. Per quanto riguarda il lavoro, tutti i sistemi economici devono avere come principio primo il rispetto dell’uomo e della sua dignità. "Lo scopo del lavoro... rimane sempre l’uomo stesso" (Giovanni Paolo II, Laborem exercens LE 6). A coloro che, per un qualsiasi motivo, offrono impiego, è opportuno ricordare i tre grandi valori del lavoro. Innanzitutto il lavoro è il mezzo principale per esercitare un’attività specificatamente umana. È una "dimensione dell’umano esistere con la quale la vita dell’uomo è costruita ogni giorno, dalla quale essa attinge la propria specifica dignità" (Laborem exercens, n. I,1). È dunque per ogni persona il mezzo normale per soddisfare i suoi bisogni materiali e quelli dei suoi fratelli posti sotto la sua responsabilità.Il lavoro ha inoltre una funzione sociale. Esso è una testimonianza della solidarietà fra tutti gli uomini: ognuno è chiamato ad apportare il suo contributo alla vita comune e nessun membro della società dovrebbe essere escluso dal mondo del lavoro o emarginato. In effetti l’esclusione dai sistemi di produzione comporta quasi ineluttabilmente un’esclusione più ampia accompagnata in particolare da fenomeni di violenza e da disgregazioni familiari.
Nella società contemporanea, in cui l’individualismo è sempre più forte, è importante che gli uomini prendano coscienza del fatto che la loro azione personale, anche la più umile e discreta, soprattutto nel mondo del lavoro, è un servizio ai propri fratelli in umanità e un contributo al benessere della comunità intera. Questa responsabilità deriva dal dovere di giustizia. In effetti, ogni persona riceve molto dalla società e deve essere in grado di dare a sua volta in funzione delle proprie capacità.
5. L’assenza di lavoro, la disoccupazione e la sottoccupazione portano molti dei nostri contemporanei sia nelle società industriali sia in quelle basate su un’economia tradizionale, a dubitare del senso della loro esistenza e a perdere la speranza nel futuro. È opportuno riconoscere che, affinché il progresso sia veramente al servizio dell’uomo, è necessario che tutti gli uomini siano organicamente inseriti nei processi di produzione o di servizio al corpo sociale, per esserne gli artefici e condividerne i frutti. Ciò è particolarmente importante per i giovani che desiderano giustamente guadagnarsi da vivere, inserirsi nel tessuto sociale e fondare una famiglia. Come possono essi acquistare fiducia in se stessi e venire riconosciuti dagli altri se non vengono dati loro i mezzi per inserirsi nei circuiti professionali? Nei periodi in cui la piena occupazione non è possibile, lo Stato e le imprese hanno il dovere di effettuare una migliore ripartizione dei compiti fra tutti i lavoratori. Le istituzioni professionali e gli stessi lavoratori devono saper accettare per il bene di tutti questa ripartizione e forse una relativa perdita dei vantaggi acquisiti. È un principio di giustizia umana e di morale sociale e al contempo di carità cristiana. Nessuno può ragionare in un’ottica puramente individualistica e con uno spirito troppo corporativistico; ognuno è invitato a tener presente l’insieme dei suoi fratelli. Bisogna dunque educare i nostri contemporanei affinché possano prendere coscienza del carattere limitato della crescita economica per non favorire la prospettiva erronea e illusoria che il mito del progresso permanente sembra offrire.
6. Voi avete voluto estendere la vostra ricerca alle sue implicazioni politiche e demografiche. I vostri giudizi sulla situazione internazionale contribuiranno notevolmente a individuare i numerosi fattori legati allo sviluppo economico. Di fronte alla universalizzazione dei problemi, apprezzo il vostro sforzo per proporre un cammino che tenga in grande conto la ripartizione demografica del lavoro e la situazione dei Paesi in via di sviluppo che non possono essere ignorati nella scelta di strategie internazionali. Dinnanzi alle difficoltà che essi incontrano nelle loro lente transizioni politiche ed economiche non si può cessare di essere solidali.
7. Signore e Signori accademici, in occasione della vostra seconda sessione plenaria desidero rinnovarvi la mia fiducia e la mia stima. La Chiesa conta su di voi per essere illuminata su settori in cui si fanno sempre più sentire l’urgenza e il bisogno di decisioni che inaugureranno un futuro più solidale e più fraterno in seno alle nazioni e fra tutti i popoli della terra. Nel farvi i miei più fervidi auguri per il vostro lavoro, invoco su di voi l’assistenza dello Spirito di verità e le benedizioni del Signore.
GP2 Discorsi 1996 67