Il Presbitero Pastore
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ISBN 88-209-1967-2 (Jn 4,35)
1 « Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura » (Jn 4,35). Queste parole del Signore hanno la virtù di mostrare l'immenso orizzonte della missione d'amore del Verbo incarnato. « Il Figlio eterno di Dio è stato inviato perché “il mondo si salvi per mezzo di lui” (Jn 3,17) e tutta la sua esistenza terrena, di piena identificazione con la volontà salvifica del Padre, è una costante manifestazione di quella volontà divina che tutti si salvino, tutti siano raggiunti dalla salvezza voluta eternamente dal Padre. Questo progetto storico lo lascia in consegna ed eredità a tutta la Chiesa e, in maniera particolare, all'interno di essa, ai ministri ordinati. Davvero grande è il mistero di cui siamo stati fatti ministri. Mistero di un amore senza limiti, giacché “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Jn 13,1) ».1
Abilitati, dunque, dal carattere e dalla grazia del sacramento dell'Ordine e diventati testimoni e ministri della misericordia divina, i sacerdoti ministri di Gesù Cristo si sono volontariamente impegnati a servire tutti nella Chiesa. In qualsiasi contesto sociale e culturale, in tutte le circostanze storiche, anche nelle odierne in cui si avverte il clima pesante del secolarismo e del consumismo che appiattisce il senso cristiano nelle coscienze di molti fedeli, i ministri del Signore sono consapevoli che « questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede » (1Jn 5,4). Le odierne circostanze sociali costituiscono, infatti, una occasione opportuna per richiamare l'attenzione sulla forza vincente della fede e dell'amore in Cristo e per ricordare che, nonostante le difficoltà e le « freddezze », i fedeli cristiani – nonché, in un altro modo, anche tanti non credenti – contano molto sull'attiva disponibilità pastorale dei sacerdoti. Gli uomini desiderano trovare nel sacerdote l'uomo di Dio, che con Sant'Agostino dica: « La nostra scienza è Cristo e la nostra sapienza è ancora Cristo. È lui che infonde in noi la fede riguardo alle realtà temporali ed è lui che ci rivela quelle verità che riguardano le realtà eterne ».2 Siamo in un tempo di nuova evangelizzazione: dobbiamo saper andare a cercare le persone che attendono anch'esse di poter incontrare Cristo.
1 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2001 (25 marzo 2001), n. 1.
2 Sant'Agostino, De Trinitate, 13, 19, 24: NBA 4, p. 555.
2 Nel sacramento dell'Ordine Cristo ha trasmesso, in diversi gradi, la propria qualità di Pastore delle anime ai Vescovi e ai presbiteri, rendendoli capaci di agire nel suo nome e di rappresentare la sua potestà capitale nella Chiesa. « L'unità profonda di questo nuovo popolo non esclude la presenza, al suo interno, di compiti diversi e complementari. Così, a quei primi apostoli sono legati, a titolo speciale, coloro che sono stati posti a rinnovare in persona Christi il gesto che Gesù compì nell'Ultima Cena, istituendo il sacrificio eucaristico, “fonte e apice di tutta la vita cristiana” (Lumen gentium LG 11). Il carattere sacramentale che li distingue, in virtù dell'Ordine ricevuto, fa sì che la loro presenza e il loro ministero siano unici, necessari e insostituibili ».3 La presenza del ministro ordinato è condizione essenziale della vita della Chiesa e non solo di una sua buona organizzazione.
3 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2000 (23 marzo 2000), n. 5.
3 Duc in altum! 4 Ogni cristiano che sente nel cuore la luce della fede e vuole camminare al ritmo impresso dal Sommo Pontefice, deve cercare di tradurre in fatti questo urgente invito decisamente missionario. Dovrebbero saperlo captare e porlo in pratica con premurosa prontezza specialmente i pastori della Chiesa, dalla cui sensibilità soprannaturale dipende la possibilità di capire le vie lungo le quali Iddio vuole guidare il suo popolo. « Duc in altum! Il Signore ci invita a riprendere il largo, fidandoci della sua parola. Facciamo tesoro dell'esperienza giubilare e proseguiamo nell'impegno di testimonianza del Vangelo con l'entusiasmo che suscita in noi la contemplazione del volto di Cristo! ».5
4 Cf. Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. NM 15: AAS 93 (2001), p. 276.
5 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 2001 (25 marzo 2001), n. 2.
4 Appare importante ricordare come le prospettive di fondo stabilite dal Santo Padre al termine del Grande Giubileo dell'anno 2000, sono state da lui intese e presentate per essere realizzate dalle Chiese particolari, chiamate dal Papa a tradurre in « fervore di propositi e concrete linee operative » 6 la grazia ricevuta durante l'anno giubilare. Questa grazia chiama in causa la missione evangelizzatrice della Chiesa, per la quale urge la santità personale di pastori e fedeli ed un fervido senso apostolico da parte di tutti, nello specifico delle proprie vocazioni, al servizio delle proprie responsabilità e dei propri doveri, nella consapevolezza che la salvezza eterna di molti uomini dipende dalla fedeltà nel manifestare Cristo con la parola e con la vita. Emerge l'urgenza di dare maggior slancio al ministero sacerdotale nella Chiesa particolare e in specie nella parrocchia, sulla base dell'autentica comprensione del ministero e della vita del presbitero.
Noi sacerdoti « siamo stati consacrati nella Chiesa per questo specifico ministero. Siamo chiamati, in vari modi, a contribuire, laddove la Provvidenza ci colloca, alla formazione della comunità del popolo di Dio. Il nostro compito (...) è pascere il gregge di Dio che ci è affidato, non per forza ma di buon animo, non atteggiandoci a padroni, ma offrendo una testimonianza esemplare (cf. 1P 5,2-3) (...). È questa per noi la via della santità (...). È questa la nostra missione di servizio al popolo cristiano ».7
6 Giovanni Paolo II, Lett. apostolica Novo Millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. NM 3: l.c., p. 267.
7 Giovanni Paolo II, Omelia in occasione del Giubileo dei presbiteri (18 maggio 2000), n. 5.
8 Cf. Congregazione per il Clero, (19 marzo 1999).
5 L'identità del sacerdote deve essere meditata nell'ambito della divina volontà di salvezza, perché frutto dell'azione sacramentale dello Spirito Santo, partecipazione dell'azione salvifica di Cristo e perché orientata pienamente al servizio di tale azione nella Chiesa, nel suo continuo sviluppo lungo la storia. Si tratta di una identità tridimensionale, pneumatologica, cristologica ed ecclesiologica. Non bisogna perdere di vista questa architettura teologica primordiale del mistero del sacerdote, chiamato ad essere ministro della salvezza, per poter chiarire poi, in modo adeguato, il significato del suo ministero pastorale concreto in parrocchia.9 Egli è il servo di Cristo per essere, a partire da lui, per lui e con lui, servo degli uomini. Il suo essere ontologicamente assimilato a Cristo costituisce il fondamento dell'essere ordinato per il servizio della comunità. La totale appartenenza a Cristo, così convenientemente potenziata ed evidenziata dal sacro celibato, fa sì che il sacerdote sia al servizio di tutti. Il dono mirabile del celibato,10 infatti, riceve luce e motivazione dall'assimilazione alla donazione nuziale del Figlio di Dio crocifisso e risorto all'umanità redenta e rinnovata.
L'essere e l'agire del sacerdote – la sua persona consacrata e il suo ministero – sono realtà teologicamente inseparabili ed hanno come finalità il servizio allo sviluppo della missione della Chiesa: 11 la salvezza eterna di tutti gli uomini. Nel mistero della Chiesa – rivelata come Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio che cammina nella storia, stabilita come sacramento universale di salvezza12–, si trova e si scopre la ragione profonda del sacerdozio ministeriale. « Tanto che la comunità ecclesiale ha assoluto bisogno del sacerdozio ministeriale per avere Cristo Capo e Pastore presente in essa ».13
9 In questo senso è importante riflettere, come verrà fatto in seguito in queste stesse pagine, su ciò che Sua Santità Giovanni Paolo II ha chiamato: « La coscienza di essere ministro di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa » (Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis [25 marzo 1992], n. PDV 25: AAS 84 [1992] PP 695-696).
10 Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia : Libreria Editrice Vaticana, 1994.
11 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 70 : l.c., pp. 778-782.
12 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. LG 48.
13 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001): AAS 94 (2002), pp. 214-215.
6 Il sacerdozio comune o battesimale dei cristiani, come reale partecipazione al sacerdozio di Cristo, costituisce una proprietà essenziale del Nuovo Popolo di Dio.14 « Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato... » (1P 2,9); « Ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre » (Ap 1,6); « Li ha costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti (Ap 5,10)... saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui » (Ap 20,6). Questi passi richiamano ciò che è detto nell'Esodo, trasferendo al Nuovo Israele quanto lì era affermato dell'antico Israele: « Tra tutti i popoli... voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa » (Ex 19,5-6); e più ancora richiamano quanto è detto nel Deuteronomio: « Tu sei un Popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo Popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra » (Dt 7,6).
« Se il sacerdozio comune è conseguenza del fatto che il popolo cristiano è scelto da Dio come ponte con l'umanità e riguarda ogni credente in quanto inserito in questo popolo, il sacerdozio ministeriale invece è frutto di una elezione, di una vocazione specifica: “Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici” (Lc 6,13-16). Grazie al sacerdozio ministeriale i fedeli sono resi consapevoli del loro sacerdozio comune e lo attualizzano (cf. Ef Ep 4,11-12); il sacerdote infatti ricorda loro che sono popolo di Dio e li abilita all'“offerta di quei sacrifici spirituali” (cf. 1P 2,5), mediante i quali Cristo stesso fa di noi un eterno dono al Padre (cf. 1P 3,18). Senza la presenza di Cristo rappresentato dal presbitero, guida sacramentale della comunità, questa non sarebbe in pienezza una comunità ecclesiale ».15
Nel seno di questo popolo sacerdotale il Signore ha istituito dunque un sacerdozio ministeriale, a cui sono chiamati alcuni fedeli perché servano tutti gli altri con carità pastorale e per mezzo della sacra potestà. Il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, si differenziano per essenza e non solo per grado: 16 non si tratta soltanto di una maggiore o minore intensità di partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo ma di partecipazioni essenzialmente diverse. Il sacerdozio comune si fonda sul carattere battesimale, che è il sigillo spirituale dell'appartenenza a Cristo che « abilita ed impegna i cristiani a servire Dio mediante una viva partecipazione alla sacra Liturgia della Chiesa e ad esercitare il loro sacerdozio battesimale con la testimonianza di una vita santa e con una operosa carità ».17
Il sacerdozio ministeriale, invece, si fonda sul carattere impresso dal sacramento dell'Ordine, che configura a Cristo sacerdote, in modo da poter agire in persona di Cristo Capo con la sacra potestà, per offrire il Sacrificio e per rimettere i peccati.18 Ai battezzati, che hanno ricevuto in seguito il dono del sacerdozio ministeriale, è stata conferita sacramentalmente una nuova e specifica missione: quella di impersonare nel seno del popolo di Dio il triplice ufficio – profetico, cultuale e regale – dello stesso Cristo in quanto Capo e Pastore della Chiesa.19 Pertanto, nell'esercizio delle loro specifiche funzioni agiscono in persona Christi Capitis e, allo stesso modo, di conseguenza, in nomine Ecclesiae.20
14 Cf. Costituzioni Apostoliche, III, 16, 3: SC 329, p. 147; Sant'Ambrogio, De mysteriis 6, 29-30: SC 25 bis, p. 173; San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, III 63,3; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, nn. LG 10-11; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 2; C.I.C., can. CIC 204.
15 Giovanni Paolo II, Allocuzione ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero (23 novembre 2001), l.c., p. 215.
16 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. LG 10; Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 2; Pio XII, Lett. Enc. (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), p. 555; Alloc. Magnificate Dominum : AAS 46 (1954), p. 669; Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), : AAS 89 (1997), pp. 860-861.
17 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. CEC 1273.
18 Cf. Conc. Ecum. Trid., Sessione XXIII, Doctrina de sacramento Ordinis (15 luglio 1563): DS 1763-1778; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, nn. PO 2 PO 13; Decr. Christus Dominus, n. CD 15; Missale Romanum: ; Pontificale Romanum: ; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. CEC 1366-1372 CEC 1544-1553 CEC 1562-1568 CEC 1581-1587.
19 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), nn. PDV 13-15 : l.c., pp. 677-681.
20 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. SC 33; Cost. dogm. Lumen gentium, nn. LG 10 LG 28 LG 37; Decr. Presbyterorum Ordinis, nn. PO 2 PO 6 PO 12. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia ; San Tommaso d'Aquino, S. Th., III 22,4.
7 « Il nostro sacerdozio sacramentale, quindi, è sacerdozio “gerarchico” ed insieme “ministeriale”. Costituisce un particolare “ministerium”, cioè è “servizio” nei riguardi della comunità dei credenti. Non trae, però, origine da questa comunità, come se fosse essa a “chiamare” o a “delegare”. Esso è, invero, dono per questa comunità e proviene da Cristo stesso, dalla pienezza del suo sacerdozio (...) Consapevoli di questa realtà, comprendiamo in che modo il nostro sacerdozio sia “gerarchico”, cioè connesso con la potestà di formare e reggere il popolo sacerdotale (cf. Ivi), e proprio per questo “ministeriale”. Compiamo questo ufficio, mediante il quale Cristo stesso “serve” incessantemente il Padre nell'opera della nostra salvezza. Tutta la nostra esistenza sacerdotale è e deve essere profondamente pervasa da questo servizio, se vogliamo compiere adeguatamente il sacrificio eucaristico “in persona Christi' ».21
Negli ultimi decenni la Chiesa ha fatto esperienza di problemi di « identità sacerdotale », derivati, talvolta, da una visione teologica meno chiara tra i due modi di partecipazione al sacerdozio di Cristo. In alcuni ambienti si è venuto a rompere quel profondo equilibrio ecclesiologico, così proprio del Magistero autentico e perenne.
Oggi si danno tutte le condizioni per superare tanto il pericolo della « clericalizzazione » dei laici 22 quanto quello della « secolarizzazione » dei ministri sacri.
Il generoso impegno dei laici negli ambiti del culto, della trasmissione della fede e della pastorale, in un momento anche di scarsità di presbiteri, ha indotto talvolta alcuni ministri sacri e laici nella tentazione di andare più al di là di quello che consente la Chiesa ed anche di quello che supera la loro capacità ontologica sacramentale. Ne è conseguita anche una sottovalutazione teorica e pratica della specifica missione dei laici di santificare dall'interno le strutture della società.
D'altra parte, in questa crisi d'identità, si ingenera pure la « secolarizzazione » di alcuni ministri sacri, per un offuscamento del loro specifico ruolo, assolutamente insostituibile, nella comunione ecclesiale.
21 Giovanni Paolo II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979 Novo incipiente (8 aprile 1979), n. 4: AAS 71 (1979), p. 399.
22 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1998), n. CL 23: AAS 81 (1989), p. 431; Congregazione per il Clero, Pontificio Consiglio per i Laici, Congregazione per la Dottrina della Fede, Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Congregazione per i Vescovi, Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei Testi Legislativi, Istruzione su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997), : l.c., pp. 860-861; Congregazione per il Clero, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano .
8 Il sacerdote, alter Christus, è nella Chiesa il ministro delle azioni salvifiche essenziali.23 Per il suo potere sacrificale sul Corpo e sul Sangue del Redentore, per la sua potestà di annunciare autorevolmente il Vangelo, di vincere il male del peccato mediante il perdono sacramentale, egli – in persona Christi Capitis – è fonte di vita e vitalità nella Chiesa e nella sua parrocchia. Il sacerdote non è la sorgente di questa vita spirituale, ma colui che la distribuisce a tutto il popolo di Dio. È il servo che, nell'unzione dello Spirito, accede al santuario sacramentale: Cristo Crocifisso (cf. Gv Jn 19,31-37) e Risorto (cf. Gv Jn 20,20-23), dal quale sgorga la salvezza.
In Maria, Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, il sacerdote prende coscienza di essere con Lei, « strumento di comunicazione salvifica fra Dio e gli uomini », anche se in modo differente: la Santa Vergine mediante l'Incarnazione, il sacerdote mediante i poteri dell'Ordine.24 La relazione del sacerdote con Maria non è solo bisogno di protezione e di aiuto; si tratta piuttosto di una presa di coscienza di un dato oggettivo: « la vicinanza della Madonna », quale « presenza operante, insieme con la quale la Chiesa vuol vivere il mistero di Cristo ».25
23 Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
24 Cf. Paolo VI, Catechesi nell'Udienza Generale del 7 ottobre 1964: Insegnamenti di Paolo VI 2 (1964), p. 958.
25 Cf. Paolo VI, Esort. Marialis cultus (2 febbraio 1974), nn. 11, 32, 50, 56: AAS 66 (1974), pp. 123, 144, 159, 162.
9 In quanto partecipe dell'azione direttiva di Cristo Capo e Pastore sul suo Corpo,26 il sacerdote è specificamente abilitato ad essere, sul piano pastorale, l'« uomo della comunione »,27 della guida e del servizio a tutti. Egli è chiamato a promuovere e a mantenere l'unità delle membra col Capo e di tutti tra loro. Per vocazione egli unisce e serve nella duplice dimensione della stessa funzione pastorale del Cristo (cf. Mt 20,28 Mc 10,45 Lc 22,27). La vita della Chiesa richiede, per il suo sviluppo, energie che soltanto questo ministero della comunione, della guida e del servizio può offrire. Esige sacerdoti che, totalmente assimilati a Cristo, depositari di una vocazione originaria alla piena immedesimazione con Cristo, vivano “in” e “con” lui l'insieme delle virtù manifestate in Cristo Pastore, e che, fra l'altro, riceve luce e motivazione dall'assimilazione alla donazione nuziale del Figlio di Dio crocifisso e risorto all'umanità redenta e rinnovata. Esige che ci siano sacerdoti che vogliano essere fonti di unità e di donazione fraterna a tutti – specialmente ai più bisognosi –, uomini che riconoscano la loro identità sacerdotale nel Buon Pastore28 e che tale immagine sia vissuta internamente e manifestata esternamente, in modo che tutti possano coglierla, ovunque.29
Il sacerdote rende presente Cristo Capo della Chiesa mediante il ministero della Parola, partecipazione alla sua funzione profetica.30 In persona et in nomine Christi, il sacerdote è ministro della parola evangelizzatrice, che invita tutti alla conversione e alla santità; è ministro della parola cultuale, che magnifica la grandezza di Dio e rende grazie per la sua misericordia; è ministro della parola sacramentale, che è efficace fonte di grazia. In queste molteplici modalità il sacerdote, con la forza del Paraclito, prolunga l'insegnamento del divino Maestro in seno alla sua Chiesa.
26 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 21: l.c., p. 689.
27 Ibid., n. 18: l.c., p. 684; cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
28 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 13.
29 Cf. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
30 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 26: l.c., p. 698; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei Presbiteri Tota Ecclesia .
10 La configurazione sacramentale a Gesù Cristo impone al sacerdote un nuovo motivo per raggiungere la santità,31 a causa del ministero che gli è stato affidato, che è santo in se stesso. Non significa che la santità, a cui sono chiamati i sacerdoti, sia soggettivamente maggiore della santità a cui sono chiamati tutti i fedeli cristiani a motivo del battesimo. La santità è sempre la stessa,32 seppur con diverse espressioni,33 ma il sacerdote deve tendere ad essa per un nuovo motivo: per corrispondere a quella nuova grazia che lo ha configurato per rappresentare la persona di Cristo, Capo e Pastore, come strumento vivo nell'opera della salvezza.34 Nel compimento del suo ministero, quindi, colui che è “sacerdos in aeternum”, deve sforzarsi di seguire in tutto l'esempio del Signore, unendosi a Lui « nella scoperta della volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge ».35 Su tale fondamento di amore alla volontà divina e di carità pastorale si costruisce l'unità di vita,36 vale a dire, l'unità interiore 37 tra vita spirituale e attività ministeriale. La crescita di questa unità di vita si fonda sulla carità pastorale 38 nutrita da una solida vita di preghiera, sicché il presbitero sia inseparabilmente testimone di carità e maestro di vita interiore.
31 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 12; C.I.C., can. CIC 276 § 1.
32 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. LG 41.
33 Cf. San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota, parte 1, cap. 3.
34 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 12; C.I.C., can. CIC 276, § 1.
35 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 14.
36 Cf. ibid.
37 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 72: l.c., p. 786.
11 L'intera storia della Chiesa è illuminata da splendidi modelli di donazione pastorale veramente radicale; si tratta di una numerosa schiera di santi sacerdoti, come il Curato d'Ars, patrono dei parroci, che sono giunti ad una riconosciuta santità attraverso la generosa ed instancabile dedizione alla cura delle anime, accompagnata da una profonda ascesi e vita interiore. Questi pastori, divorati dall'amore di Cristo e dalla conseguente carità pastorale, costituiscono un Vangelo vissuto.
Qualche corrente della cultura contemporanea fraintende la virtù interiore, la mortificazione e la spiritualità come forme di intimismo, di alienazione e, quindi, di egoismo incapace di comprendere i problemi del mondo e della gente. Si è pure verificata, in taluni luoghi, una tipologia multiforme di presbiteri: dal sociologo al terapeuta, dall'operaio al politico, al manager... fino al prete “pensionato”. Al proposito si deve ricordare che il presbitero è portatore di una consacrazione ontologica che si estende a tempo pieno. La sua identità di fondo va ricercata nel carattere conferitogli dal sacramento dell'Ordine, sul quale si sviluppa feconda la grazia pastorale. Perciò il presbitero dovrebbe saper fare tutto ciò che fa, sempre in quanto sacerdote. Egli, come diceva S. Giovanni Bosco, è sacerdote all'altare e al confessionale come a scuola, per strada e dovunque. Talvolta gli stessi sacerdoti, da alcune situazioni attuali, sono indotti quasi a pensare che il loro ministero si trovi alla periferia della vita, mentre, in realtà, esso si trova nel cuore stesso di essa, poiché ha la capacità di illuminare, riconciliare e di fare nuove tutte le cose.
Può capitare che alcuni sacerdoti, dopo essersi avviati nel proprio ministero con un entusiasmo carico di ideali, possano provare disaffezione, disillusione, fino ad arrivare al fallimento. Molteplici sono le cause: dalla deficiente formazione alla mancanza di fraternità nel presbiterio diocesano, dall'isolamento personale al mancato interesse e sostegno da parte del Vescovo 39 stesso e della comunità, dai problemi personali, anche di salute, fino alla amarezza di non trovare risposta e soluzioni, dalla diffidenza per l'ascesi e l'abbandono della vita interiore alla mancanza di fede.
Infatti il dinamismo ministeriale senza una solida spiritualità sacerdotale si tradurrebbe in un attivismo vuoto e privo di qualsiasi profetismo. Risulta chiaro che la rottura dell'unità interiore nel sacerdote è conseguenza, innanzi tutto, del raffreddamento della sua carità pastorale, ossia, del raffreddamento del « vigile amore del mistero che porta in sé per il bene della Chiesa e dell'umanità ».40
Trattenersi in colloquio adorante e intimo davanti al buon Pastore presente nel Santissimo Sacramento dell'altare, costituisce una priorità pastorale di gran lunga superiore a qualsiasi altra. Il sacerdote, guida di una comunità, deve attuare tale priorità per non inaridirsi interiormente e non trasformarsi in un canale secco, che non potrebbe più dare nulla a nessuno.
L'opera pastorale di maggior rilievo risulta decisamente essere la spiritualità. Qualsiasi piano pastorale, qualsiasi progetto missionario, qualsiasi dinamismo nell'evangelizzazione, che prescindesse dal primato della spiritualità e del culto divino sarebbe destinato al fallimento.
38 Ibid.
39 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus, n. CD 16: « (I Vescovi) trattino sempre con particolare carità i sacerdoti, perché essi si assumono una parte dei loro ministeri e delle loro preoccupazioni, e vi si consacrano nella vita quotidiana con tanto zelo. Li considerino come figli ed amici e perciò siano disposti ad ascoltarli e a trattarli con fiducia e benevolenza, allo scopo di incrementare l'attività pastorale in tutta la diocesi. Dimostrino il più premuroso interessamento per le loro condizioni spirituali, intellettuali e materiali, affinché essi, con una vita santa e pia, possano esercitare il loro ministero fedelmente e fruttuosamente ».
40 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 72: l.c., p. 787.
12 Il sacerdozio ministeriale, nella misura in cui configura all'essere e all'operare sacerdotali di Cristo, introduce una novità nella vita spirituale di chi ha ricevuto questo dono. È una vita spirituale conformata attraverso la partecipazione alla capitalità di Cristo nella sua Chiesa e che matura nel servizio ministeriale alla Chiesa: una santità nel ministero e per il ministero.
13 L'approfondimento della « coscienza di essere ministro » 41 è, pertanto, di grande importanza per la vita spirituale del sacerdote e per l'efficacia del suo stesso ministero.
La relazione ministeriale con Gesù Cristo « fonda ed esige nel sacerdote un ulteriore legame che è dato dalla “intenzione”, ossia dalla volontà cosciente e libera di fare, mediante il gesto ministeriale, ciò che intende fare la Chiesa ».42 L'espressione: « avere l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa » illumina la vita spirituale del sacro ministro invitandolo a riconoscere la personale strumentalità al servizio di Cristo e della Chiesa e ad attuarla nelle concrete azioni ministeriali. L'« intenzione », in questo senso, contiene necessariamente una relazione con l'agire di Cristo Capo nella e tramite la Chiesa, adeguamento alla sua volontà, fedeltà alle sue disposizioni, docilità ai suoi gesti: l'agire ministeriale è strumento dell'operare di Cristo e della Chiesa, suo Corpo.
Si tratta di una volontà personale permanente: « Un simile legame tende, per sua natura, a farsi il più ampio e il più profondo possibile, investendo la mente, i sentimenti, la vita, ossia una serie di disposizioni morali e spirituali corrispondenti ai gesti ministeriali che il sacerdote pone ».43
La spiritualità sacerdotale esige di respirare un clima di vicinanza al Signore Gesù, di amicizia e di incontro personale, di missione ministeriale « condivisa », di amore e servizio alla sua Persona nella « persona » della Chiesa, suo Corpo, sua Sposa. Amare la Chiesa e donarsi ad essa nel servizio ministeriale richiede di amare profondamente il Signore Gesù. « Questa carità pastorale scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero, cosicché lo spirito sacerdotale si studia di rispecchiare ciò che viene realizzato sull'altare. Ma ciò non è possibile se i sacerdoti non penetrano sempre più a fondo nel mistero di Cristo con la preghiera ».44
Nella penetrazione di tale mistero ci viene in aiuto la Vergine Santissima, associata al Redentore, poiché « quando celebriamo la Santa Messa, in mezzo a noi sta la Madre del Figlio di Dio che ci introduce nel mistero della sua offerta di redenzione. In questo modo Ella diventa mediatrice delle grazie che scaturiscono per la Chiesa e per tutti i fedeli da quest'offerta ».45 Infatti, « Maria è stata associata in modo unico al sacrificio sacerdotale di Cristo, condividendo la sua volontà di salvare il mondo mediante la Croce. Essa è stata la prima e più perfetta partecipe spirituale della sua oblazione di Sacerdos et Hostia.Come tale essa può ottenere e donare a coloro che partecipano sul piano ministeriale al sacerdozio di suo Figlio la grazia dell'impulso a rispondere sempre più alle esigenze dell'oblazione spirituale che il sacerdozio comporta: in modo particolare, la grazia della fede, della speranza e della perseveranza nelle prove, riconosciute come stimoli ad una partecipazione più generosa all'offerta redentrice ».46
L'Eucarestia deve occupare per il sacerdote « il luogo veramente centrale del suo ministero »,47 perché in essa è contenuto tutto il bene spirituale della Chiesa ed è di per sé fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione.48 Di qui l'importanza quanto mai rilevante della preparazione alla Santa Messa, della sua celebrazione quotidiana,49 del ringraziamento e della visita a Gesù Sacramentato sull'arco della giornata!
41 Ibid., n. PDV 25: l.c., p. 695.
42 Cf. ibid.
43 Ibid.
44 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 14.
45 Giovanni Paolo II, Introduzione alla S. Messa in occasione della memoria liturgica della Madonna di Czestochowa, « L'Osservatore Romano », 26 agosto 2001.
46 Giovanni Paolo II, Catechesi nell'Udienza Generale del 30 giugno 1993, Maria è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote: « L'Osservatore Romano », 30 giugno - 1 luglio 1993.
47 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), n. PDV 26: l.c., p. 699.
48 Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, n. PO 5.
49 Ibid., n. 13; cf. C.I.C., cann. CIC 904 CIC 909.
14 Il sacerdote oltre il Sacrificio eucaristico, celebra quotidianamente la sacra Liturgia delle Ore, che egli ha liberamente abbracciato con obbligo grave. Dall'immolazione incruenta di Cristo sull'altare, alla celebrazione dell'Ufficio divino insieme con tutta la Chiesa, il cuore del sacerdote intensifica il suo amore al divino Pastore, rendendolo evidente dinanzi ai fedeli. Il sacerdote ha ricevuto il privilegio di « parlare a Dio a nome di tutti », di diventare « quasi la bocca di tutta la Chiesa »; 50 adempie nell'ufficio divino ciò che manca alla lode di Cristo e, in quanto ambasciatore accreditato, la sua intercessione è tra le più efficaci per la salvezza del mondo.51
50 San Bernardino da Siena, Sermo XX: Opera omnia, Venetiis 1591, p. 132.
51 Beato Colomba Marmion, Le Christ idéal du prêtre, cap. 14: Maredsous 1951.
Il Presbitero Pastore