Vita consecrata IT 74
74 Tutto dev'esser fatto in comunione e in dialogo con le altre componenti ecclesiali. Le sfide della missione sono tali da non poter essere efficacemente affrontate senza la collaborazione, sia nel discernimento che nell'azione, di tutti i membri della Chiesa. Difficilmente i singoli posseggono la risposta risolutiva: questa può invece scaturire dal confronto e dal dialogo. In particolare, la comunione operativa tra i vari carismi non mancherà di assicurare, oltre che un arricchimento reciproco, una più incisiva efficacia nella missione. L'esperienza di questi anni conferma ampiamente che «il dialogo è il nuovo nome della carità», specie di quella ecclesiale; esso aiuta a vedere i problemi nelle loro reali dimensioni e consente di affrontarli con migliori speranze di successo. La vita consacrata, per il fatto stesso di coltivare il valore della vita fraterna, si propone come esperienza privilegiata di dialogo. Essa pertanto può contribuire a creare un clima di accettazione reciproca, nel quale i vari soggetti ecclesiali, sentendosi valorizzati per quello che sono, convergono in modo più convinto nella comunione ecclesiale, tesa alla grande missione universale. Gli Istituti impegnati nell'una o nell'altra forma di servizio apostolico devono infine coltivare una solida spiritualità dell'azione, vedendo Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Infatti «bisogna sapere che come la vita ben ordinata tende a passare dalla vita attiva a quella contemplativa, così per lo più l'animo ritorna utilmente dalla vita contemplativa a quella attiva, per conservare in modo più perfetto la vita attiva per quello che la vita contemplativa ha acceso nella mente. La vita attiva deve, quindi, trasferirci nella contemplativa e qualche volta, da ciò che vediamo interiormente, la contemplazione deve richiamarci meglio all'azione». Gesù stesso ci ha dato l'esempio perfetto di come si possa unire la comunione col Padre con una vita intensamente attiva. Senza la costante tensione a questa unità, il pericolo del collasso interiore, del disorientamento, dello scoraggiamento è continuamente in agguato. La stretta unione tra contemplazione e azione permetterà, oggi come ieri, di affrontare le missioni più difficili.
75 «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si alzò da tavola [...] e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto» (Jn 13,1-2 Jn 13,4-5). Nella lavanda dei piedi Gesù rivela la profondità dell'amore di Dio per l'uomo: in Lui Dio stesso si mette a servizio degli uomini! Egli rivela, al tempo stesso, il senso della vita cristiana e, a maggior ragione, della vita consacrata, che è vita d'amore oblativo, di concreto e generoso servizio. Ponendosi alla sequela del Figlio dell'uomo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28), la vita consacrata, almeno nei periodi migliori della sua lunga storia, s'è caratterizzata per questo «lavare i piedi», ossia per il servizio specialmente ai più poveri e ai più bisognosi. Se, da una parte, essa contempla il mistero sublime del Verbo nel seno del Padre (cfr Jn 1,1), dall'altra segue lo stesso Verbo che si fa carne (cfr Jn 1,14), si abbassa, si umilia per servire gli uomini. Le persone che seguono Cristo nella via dei consigli evangelici anche oggi intendono andare dove è andato Cristo e fare ciò che Egli ha fatto. Continuamente Egli chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare loro, mediante l'effusione dello Spirito (cfr Rm 5,5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a servire gli altri nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A Pietro, che estasiato dalla luce della Trasfigurazione esclama: «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17,4), è rivolto l'invito a tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio: «Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore». Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell'apostolo l'impegno per l'uomo; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla storia, per liberarla da quanto la deturpa. La ricerca della divina bellezza spinge le persone consacrate a prendersi cura dell'immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna. La vita consacrata mostra così, con l'eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo dell'amore gratuito ed operoso. Ne era ben convinto S. Vincenzo de' Paoli quando indicava alle Figlie della Carità questo programma di vita: «Lo spirito della Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore e servirlo nella persona dei poveri materialmente e spiritualmente, nelle loro case e altrove, per istruire le povere giovanette, i bambini, in generale tutti coloro che la divina Provvidenza vi manda». Tra i diversi possibili ambiti della carità, certamente quello che a titolo speciale manifesta al mondo l'amore «sino alla fine» è, oggi, l'annuncio appassionato di Gesù Cristo a coloro che ancora non Lo conoscono, a coloro che L'hanno dimenticato e, in modo preferenziale, ai poveri.
76 Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo. Nell'opera della salvezza, infatti, tutto viene dalla partecipazione all'agape divina. Le persone consacrate rendono visibile, nella loro consacrazione e totale dedizione, la presenza amorevole e salvifica di Cristo, il consacrato del Padre, inviato in missione. Esse, lasciandosi conquistare da Lui (cfr Ph 3,12), si dispongono a divenire, in certo modo, un prolungamento della sua umanità. La vita consacrata dice eloquentemente che quanto più si vive di Cristo, tanto meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della missione, e assumendo i più grandi rischi.
77 Chi ama Dio, Padre di tutti, non può non amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti fratelli e sorelle. Proprio per questo egli non può restare indifferente di fronte alla costatazione che molti di loro non conoscono la piena manifestazione dell'amore di Dio in Cristo. Nasce di qui, in obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio missionario ad gentes, che ogni cristiano consapevole condivide con la Chiesa, per sua natura missionaria. E' slancio avvertito soprattutto dai membri degli Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva. Le persone consacrate, infatti, hanno il compito di rendere presente anche tra i non cristiani il Cristo casto, povero, obbediente, orante e missionario. Restando dinamicamente fedeli al loro carisma, esse, in virtù della più intima consacrazione a Dio,non possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione con l'attività missionaria della Chiesa. Il desiderio tante volte espresso da Teresa di Lisieux, «amarti e farti amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che molti, «studiando le scienze, meditassero sul conto che Dio nostro Signore chiederà di loro stessi e del talento loro concesso, si smuoverebbero, ricorrendo a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e sentire dentro le proprie anime la volontà divina e così, uniformandosi ad essa più che non alle proprie inclinazioni, direbbero: ‘Signore, sono qui, che vuoi che io faccia? Mandami dove vuoi'»,ed altre simili testimonianze di innumerevoli anime sante, manifestano l'insopprimibile tensione missionaria, che distingue e qualifica la vita consacrata.
78 «L'amore del Cristo ci spinge» (2Co 5,14): i membri di ogni Istituto dovrebbero poterlo ripetere con l'Apostolo, perché compito della vita consacrata è di lavorare in ogni parte della terra per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche nelle regioni più lontane. Di fatto, la storia missionaria testimonia il grande contributo da essi dato all'evangelizzazione dei popoli: dalle antiche Famiglie monastiche fino alle più recenti Fondazioni impegnate in maniera esclusiva nella missione ad gentes, dagli Istituti di vita attiva a quelli dediti alla contemplazione,innumerevoli persone hanno speso le loro energie in questa «attività primaria della Chiesa, essenziale e mai conclusa», perché rivolta alla moltitudine crescente di coloro che non conoscono Cristo. Anche oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: l'annuncio del Vangelo di Cristo attende da loro il massimo contributo possibile. Anche gli Istituti che sorgono o operano nelle giovani Chiese sono invitati ad aprirsi alla missione fra i non cristiani, all'interno e fuori della loro patria. Nonostante le comprensibili difficoltà che alcuni di essi possono attraversare, è bene ricordare a tutti che come «la fede si rafforza donandola», così la missione rafforza la vita consacrata, le dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni, sollecita la sua fedeltà. Da parte sua, l'attività missionaria offre larghi spazi per accogliere le svariate forme di vita consacrata. La missione ad gentes presenta speciali e straordinarie opportunità alle donne consacrate, ai religiosi fratelli e ai membri di Istituti secolari per un inserimento in un'azione apostolica particolarmente incisiva. Questi ultimi, poi, con la loro presenza nei vari ambiti tipici della vocazione laicale, possono svolgere un'opera preziosa di evangelizzazione degli ambienti, delle strutture e delle stesse leggi che regolano la convivenza. Inoltre, essi possono testimoniare i valori evangelici a fianco di persone che non hanno ancora conoscenza di Gesù, dando così uno specifico contributo alla missione. E' da sottolineare che, nei paesi dove sono radicate religioni non cristiane, la presenza della vita consacrata, tanto con attività educative, caritative e culturali, quanto con il segno della vita contemplativa, assume enorme importanza. Per questo è particolarmente da incoraggiare la fondazione nelle nuove Chiese di comunità dedite alla contemplazione, dato che «la vita contemplativa interessa la presenza della Chiesa nella forma più piena». E', poi, necessario promuovere con mezzi adeguati un'equa distribuzione della vita consacrata nelle varie forme per suscitare un nuovo impulso evangelizzatore, sia con l'invio di missionari e missionarie, sia con il doveroso aiuto degli Istituti di vita consacrata alle diocesi più povere.
79 L'annuncio di Cristo «ha la priorità permanente nella missione della Chiesa»e mira alla conversione, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo ed al suo Vangelo. Nel quadro dell'attività missionaria rientrano anche il processo di inculturazione e il dialogo interreligioso. La sfida dell'inculturazione va accolta dalle persone consacrate come appello a una feconda collaborazione con la grazia nell'approccio con le diverse culture. Ciò suppone seria preparazione personale, mature doti di discernimento, fedele adesione agli indispensabili criteri di ortodossia dottrinale, di autenticità e di comunione ecclesiale. Col sostegno del carisma dei fondatori e delle fondatrici, molte persone consacrate hanno saputo avvicinarsi alle diverse culture nell'atteggiamento di Gesù che «spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Ph 2,7) e, con un paziente ed audace sforzo di dialogo, hanno stabilito contatti proficui con le genti più varie, a tutte annunciando la via della salvezza. Anche oggi quante di loro sanno cercare e trovare, nella storia delle singole persone e di interi popoli, tracce della presenza di Dio, che guida tutta l'umanità verso il discernimento dei segni della sua volontà redentrice. Tale ricerca si rivela vantaggiosa per le stesse persone consacrate: i valori scoperti nelle diverse civiltà possono spingerli, infatti, ad accrescere il proprio impegno di contemplazione e di preghiera, a praticare più intensamente la condivisione comunitaria e l'ospitalità, a coltivare con maggiore diligenza l'attenzione alla persona ed il rispetto per la natura. Per un'autentica inculturazione sono necessari atteggiamenti simili a quelli del Signore, quando si è incarnato ed è venuto, con amore e umiltà, in mezzo a noi. In questo senso la vita consacrata rende le persone particolarmente adatte ad affrontare il complesso travaglio dell'inculturazione, perché le abitua al distacco dalle cose e persino da tanti aspetti della propria cultura. Applicandosi con questi atteggiamenti allo studio e alla comprensione delle culture, i consacrati possono meglio discernere in esse gli autentici valori e il modo in cui accoglierli e perfezionarli con l'aiuto del proprio carisma. Non si deve comunque dimenticare che, in molte antiche culture, l'espressione religiosa è così profondamente integrata, che la religione rappresenta spesso la dimensione trascendente della cultura stessa. In questo caso una vera inculturazione comporta necessariamente un serio e aperto dialogo interreligioso, «che non è in contrapposizione con la missione ad gentes e che non dispensa dall'evangelizzazione».
80 Da parte sua la vita consacrata, di per sé portatrice di valori evangelici, là dove è vissuta con autenticità può offrire un contributo originale alle sfide dell'inculturazione. Essendo infatti un segno del primato di Dio e del Regno, essa diventa una provocazione che, nel dialogo, può scuotere la coscienza degli uomini. Se la vita consacrata mantiene la forza profetica che le è propria, diventa all'interno di una cultura fermento evangelico capace di purificarla e farla evolvere. E' quanto dimostra la storia di numerosi santi e sante, che in epoche diverse hanno saputo immergersi nel loro tempo senza farsene sommergere, ma additando alla loro generazione nuovi cammini. Lo stile di vita evangelico è una fonte importante per la proposta di un nuovo modello culturale. Quanti fondatori e fondatrici, cogliendo alcune esigenze del loro tempo, pur con tutti i limiti da essi stessi riconosciuti, hanno dato loro una risposta che è diventata proposta culturale innovativa! Le comunità degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica possono, infatti, offrire concrete e significative proposte culturali, quando testimoniano il modo evangelico di vivere l'accoglienza reciproca nella diversità e di esercitare l'autorità, la condivisione dei beni sia materiali che spirituali, l'internazionalità, la collaborazione inter-congregazionale, l'ascolto degli uomini e delle donne del nostro tempo. Il modo di pensare e di agire di chi segue Cristo più da vicino, infatti, dà origine ad una vera e propria cultura di riferimento, serve a mettere in luce ciò che è disumano, testimonia che Dio solo dà ai valori forza e compimento. Un'autentica inculturazione aiuterà, a sua volta, le persone consacrate a vivere il radicalismo evangelico secondo il carisma del proprio Istituto e il genio del popolo col quale entrano in contatto. Da questo fecondo rapporto scaturiranno stili di vita e metodi pastorali che potranno rivelarsi un'autentica ricchezza per tutto l'Istituto, se risulteranno coerenti con il carisma di fondazione e con l'azione unificante dello Spirito Santo. In questo processo, fatto di discernimento e di audacia, di dialogo e di provocazione evangelica, una garanzia di retto cammino è offerta dalla Santa Sede, alla quale spetta incoraggiare l'evangelizzazione delle culture nonché autenticarne gli sviluppi e di sancirne gli esiti in ordine all'inculturazione: compito, questo, «difficile e delicato poiché pone in questione la fedeltà della Chiesa al Vangelo e alla tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle culture».
81 Per affrontare adeguatamente le grandi sfide che alla nuova evangelizzazione pone la storia attuale, è necessaria innanzitutto una vita consacrata che si lasci continuamente interpellare dalla Parola rivelata e dai segni dei tempi. Il ricordo delle grandi evangelizzatrici e dei grandi evangelizzatori, che furono prima grandi evangelizzati, rivela che per affrontare il mondo di oggi occorrono persone amorosamente dedite al Signore e al suo Vangelo. «Le persone consacrate, per la loro vocazione specifica, sono chiamate a far emergere l'unità tra autoevangelizzazione e testimonianza, tra rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra essere e agire, evidenziando che il dinamismo promana sempre dal primo elemento del binomio». La nuova evangelizzazione, come quella di sempre, sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto nell'intimità con il Signore. Per essa sono richieste solide personalità, animate dal fervore dei santi. La nuova evangelizzazione esige da consacrati e consacrate piena consapevolezza del senso teologico delle sfide del nostro tempo. Queste sfide vanno esaminate con attento e corale discernimento, in vista del rinnovamento della missione. Il coraggio dell'annuncio del Signore Gesù deve accompagnarsi con la fiducia nell'azione della Provvidenza, che opera nel mondo e che «dispone tutto, anche le umane avversità, per il maggior bene della Chiesa». Elementi importanti per un proficuo inserimento degli Istituti nel processo della nuova evangelizzazione sono la fedeltà al carisma di fondazione, la comunione con quanti nella Chiesa sono impegnati nella stessa impresa, specialmente con i Pastori, e la cooperazione con tutti gli uomini di buona volontà. Ciò esige un serio discernimento degli appelli che lo Spirito rivolge ad ogni Istituto, sia in quelle regioni ove non si prevedono immediatamente grandi progressi, sia nelle altre regioni ove si preannuncia una consolante rinascita. In ogni luogo e situazione, le persone consacrate siano annunciatrici ardenti del Signore Gesù, pronte a rispondere con sapienza evangelica alle domande poste oggi dall'inquietudine del cuore umano e dalle sue urgenti necessità.
82 Agli inizi del suo ministero, nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama che lo Spirito lo ha consacrato per portare ai poveri un lieto messaggio, per annunciare ai prigionieri la liberazione, restituire ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore (cfr Lc 4,16-19). La Chiesa, assumendo come propria la missione del Signore, annuncia il Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna, facendosi carico della loro salvezza integrale. Ma con un'attenzione speciale, una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si trovano in situazione di maggiore debolezza, e pertanto di più grave bisogno. «Poveri», nelle molteplici dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti vengono considerati e trattati come «ultimi» nella società. L'opzione per i poveri è insita nella dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore più da vicino, imitando i suoi atteggiamenti, non possono non sentirsene coinvolti in modo tutto particolare. La sincerità della loro risposta all'amore di Cristo li conduce a vivere da poveri e ad abbracciare la causa dei poveri. Ciò comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l'adozione di uno stile di vita , sia personale che comunitario, umile ed austero. Forti di questa testimonianza vissuta, le persone consacrate potranno, nei modi consoni alla loro scelta di vita e rimanendo libere nei confronti delle ideologie politiche, denunciare le ingiustizie che vengono compiute verso tanti figli e figlie di Dio, ed impegnarsi per la promozione della giustizia nell'ambiente sociale in cui operano. In questo modo, anche nelle attuali situazioni, si rinnoverà, attraverso la testimonianza di innumerevoli persone consacrate, la dedizione che fu propria di fondatori e fondatrici che spesero la loro vita per servire il Signore presente nei poveri. Infatti Cristo «si trova sulla terra nella persona dei suoi poveri [...]. Come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo». Il Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà al Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può considerare una esegesi vivente della parola di Gesù: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Molti Istituti, specie in età moderna, sono nati proprio per venire incontro all'una o all'altra necessità dei poveri. Ma anche quando tale finalità non è stata determinante, l'attenzione e la premura per i bisognosi, espressa attraverso la preghiera, l'accoglienza, l'ospitalità, si sono sempre accompagnate con naturalezza alle varie forme di vita consacrata, anche di quella contemplativa. E come potrebbe essere diversamente, dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri? La storia della vita consacrata è ricca, in questo senso, di esempi meravigliosi e talvolta geniali. San Paolino di Nola, dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri per consacrarsi pienamente a Dio, innalzò le celle del suo monastero sopra un ospizio destinato appunto agli indigenti. Egli gioiva al pensiero di questo singolare «scambio di doni»: i poveri, da lui assistiti, rinsaldavano con la loro preghiera le «fondamenta» stesse della sua casa, tutta dedita alla lode di Dio. S. Vincenzo de' Paoli, da parte sua, amava dire che, quando si è costretti a lasciare la preghiera per assistere un povero in necessità, in realtà non la si interrompe, perché «si lascia Dio per Dio». Servire i poveri è atto di evangelizzazione e, nello stesso tempo, sigillo di evangelicità e stimolo di conversione permanente per la vita consacrata, poiché — come dice san Gregorio Magno — «quando la carità si abbassa amorosamente a provvedere anche agli infimi bisogni del prossimo, allora divampa verso le più alte vette. E quando benignamente si piega alle estreme necessità, allora vigorosamente riprende il volo verso le altezze».
83 Seguendo una gloriosa tradizione, un gran numero di persone consacrate, soprattutto donne, esercitano il loro apostolato negli ambienti sanitari, secondo il carisma del proprio Istituto. Molte, lungo i secoli, sono state le persone consacrate che hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle vittime di malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della vita consacrata. La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante persone consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti, contribuiscono in maniera significativa alla sua missione. Esse continuano il ministero di misericordia di Cristo, che «passò beneficando e sanando tutti» (Ac 10,38). Sulle orme di Lui, divino Samaritano, medico delle anime e dei corpi, e sull'esempio dei rispettivi fondatori e fondatrici, le persone consacrate, che a ciò sono orientate dal carisma del loro Istituto, perseverino nella loro testimonianza d'amore verso i malati, dedicandosi a loro con profonda comprensione e partecipazione. Privilegino nelle loro scelte gli ammalati più poveri e abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malati terminali, le vittime della droga e delle nuove malattie contagiose. Favoriscano nei malati l'offerta del proprio soffrire in comunione con Cristo crocifisso e glorificato per la salvezza di tutti,anzi alimentino in loro la coscienza di essere, con la preghiera e la testimonianza della parola e della condotta, soggetti attivi di pastorale attraverso il peculiare carisma della croce. La Chiesa, inoltre, ricorda ai consacrati e alle consacrate che fa parte della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in cui lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione dei valori evangelici, il modo di vivere, soffrire e morire degli uomini del nostro tempo. E' loro impegno dedicarsi all'umanizzazione della medicina e all'approfondimento della bioetica, a servizio del Vangelo della vita. Promuovano perciò innanzitutto il rispetto della persona e della vita umana dal concepimento al termine naturale, in piena conformità con l'insegnamento morale della Chiesa, istituendo per questo anche centri di formazione e collaborando fraternamente con gli organismi ecclesiali della pastorale sanitaria.
84 Il carattere profetico della vita consacrata è stato messo in forte risalto dai Padri sinodali. Esso si configura come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo , comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio. E' un profetismo inerente alla vita consacrata come tale, per il radicalismo della sequela di Cristo e della conseguente dedizione alla missione che la caratterizza. La funzione di segno, che il Concilio Vaticano II riconosce alla vita consacrata,si esprime nella testimonianza profetica del primato che Dio ed i valori del Vangelo hanno nella vita cristiana. In forza di tale primato nulla può essere anteposto all'amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. La tradizione patristica ha visto un modello della vita religiosa monastica in Elia, profeta audace e amico di Dio. Viveva alla sua presenza e contemplava nel silenzio il suo passaggio, intercedeva per il popolo e proclamava con coraggio la sua volontà, difendeva i diritti di Dio e si ergeva a difesa dei poveri contro i potenti del mondo (cfr 1R 18-19). Nella storia della Chiesa, accanto ad altri cristiani, non sono mancati uomini e donne consacrati a Dio che, per un particolare dono dello Spirito, hanno esercitato un autentico ministero profetico, parlando nel nome di Dio a tutti ed anche ai Pastori della Chiesa. La vera profezia nasce da Dio, dall'amicizia con Lui, dall'ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia. Il profeta sente ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel dialogo della preghiera la parola, la proclama con la vita, con le labbra e con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male ed il peccato. La testimonianza profetica richiede la costante e appassionata ricerca della volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione ecclesiale, l'esercizio del discernimento spirituale, l'amore per la verità. Essa si esprime anche con la denuncia di quanto è contrario al volere divino e con l'esplorazione di vie nuove per attuare il Vangelo nella storia, in vista del Regno di Dio.
85 Nel nostro mondo, dove sembrano spesso smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte testimonianza profetica da parte delle persone consacrate. Essa verterà innanzituttosull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri , quale traspare dalla sequela e dall'imitazione di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli e delle sorelle. La stessa vita fraterna è profezia in atto nel contesto di una società che, talvolta senza rendersene conto, ha un profondo anelito ad una fraternità senza frontiere. Alle persone consacrate è chiesto di offrire la loro testimonianza con la franchezza del profeta, che non teme di rischiare anche la vita. Un'intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza fra l'annuncio e la vita. Le persone consacrate saranno fedeli alla loro missione nella Chiesa e nel mondo, se saranno capaci di rivedere continuamente se stesse alla luce della Parola di Dio. In tal modo potranno arricchire gli altri fedeli dei beni carismatici ricevuti, lasciandosi a loro volta interpellare dalle provocazioni profetiche provenienti dalle altre componenti ecclesiali. In questo scambio di doni, garantito dalla piena sintonia col Magistero e la disciplina della Chiesa, risplenderà l'azione dello Spirito che «la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici».
86 In questo secolo, come in altre epoche della storia, uomini e donne consacrati hanno reso testimonianza a Cristo Signore con il dono della propria vita. Sono migliaia coloro che, costretti alle catacombe dalla persecuzione di regimi totalitari o di gruppi violenti, osteggiati nell'attività missionaria, nell'azione a favore dei poveri, nell'assistenza agli ammalati ed agli emarginati, hanno vissuto e vivono la loro consacrazione nella sofferenza prolungata ed eroica, e spesso con l'effusione del proprio sangue, pienamente configurati al Signore crocifisso. Di alcuni di essi la Chiesa ha già riconosciuto ufficialmente la santità onorandoli come martiri di Cristo. Essi ci illuminano con il loro esempio, intercedono per la nostra fedeltà, ci attendono nella gloria. E' vivo il desiderio che la memoria di tanti testimoni della fede rimanga nella coscienza della Chiesa come incitamento alla celebrazione e all'imitazione. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica contribuiscano a quest'operaraccogliendo i nomi e le testimonianze di tutte le persone consacrate, che possono essere iscritte nel Martirologio del ventesimo secolo.
87 Il compito profetico della vita consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte alla stessa Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme nuove, e forse più radicali, dalla società contemporanea, almeno in alcune parti del mondo. Esse toccano direttamente i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, stimolando la Chiesa e, in particolare, le persone consacrate a metterne in luce e a testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta di questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di valori autenticamente umani, si propone piuttosto come una loro trasfigurazione. I consigli evangelici non vanno considerati come una negazione dei valori inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio di disporre di beni materiali e di decidere autonomamente di sé. Queste inclinazioni, in quanto fondate nella natura, sono in se stesse buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è dal peccato originale, è esposta al rischio di tradurle in atto in modo trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza diventa monito a non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato originale e, pur affermando il valore dei beni creati,li relativizza additando Dio come il bene assoluto. Così coloro che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per se stessi, propongono, per così dire, una «terapia spirituale» per l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in qualche modo visibile il Dio vivente. La vita consacrata, specie nei tempi difficili, è una benedizione per la vita umana e per la stessa vita ecclesiale.
Vita consecrata IT 74