Sacramentum caritatis IT 15
16 Il Concilio Vaticano II ha ricordato che « tutti i Sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d'apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create ».(41) Questa relazione intima dell'Eucaristia con tutti gli altri Sacramenti e con l'esistenza cristiana è compresa nella sua radice quando si contempla il mistero della Chiesa stessa come sacramento.(42) A questo proposito il Concilio Vaticano II ha affermato che « la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano ».(43) Essa, in quanto « popolo – come dice san Cipriano – adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo »,(44) è sacramento della comunione trinitaria.
Il fatto che la Chiesa sia « sacramento universale di salvezza »(45) mostra come l'« economia » sacramentale determini ultimamente il modo in cui Cristo, unico Salvatore, mediante lo Spirito raggiunge la nostra esistenza nella specificità delle sue circostanze. La Chiesa si riceve e insieme si esprime nei sette Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio influenza concretamente l'esistenza dei fedeli affinché tutta la vita, redenta da Cristo, diventi culto gradito a Dio. In questa prospettiva desidero qui sottolineare alcuni elementi, messi in evidenza dai Padri sinodali, che possono aiutare a cogliere la relazione di tutti i Sacramenti con il Mistero eucaristico.
(41) Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, PO 5.
(42) Cfr Propositio 14.
(43) Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 1.
(44) De Orat. Dom., 23: PL 4, 553.
(45) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 48; cfr anche ibidem LG 9.
17 Se davvero l'Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, ne consegue innanzitutto che il cammino di iniziazione cristiana ha come suo punto di riferimento la possibilità di accedere a tale sacramento. A questo proposito, come hanno detto i Padri sinodali, dobbiamo chiederci se nelle nostre comunità cristiane sia sufficientemente percepito lo stretto legame tra Battesimo, Confermazione ed Eucaristia.(46) Non bisogna mai dimenticare, infatti, che veniamo battezzati e cresimati in ordine all'Eucaristia. Tale dato implica l'impegno di favorire nella prassi pastorale una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione cristiana. Il sacramento del Battesimo, con il quale siamo resi conformi a Cristo,(47) incorporati nella Chiesa e resi figli di Dio, costituisce la porta di accesso a tutti i Sacramenti. Con esso veniamo inseriti nell'unico Corpo di Cristo (cfr 1Co 12,13), popolo sacerdotale. Tuttavia è la partecipazione al Sacrificio eucaristico a perfezionare in noi quanto ci è donato nel Battesimo. Anche i doni dello Spirito sono dati per l'edificazione del Corpo di Cristo (1Co 12) e per la maggiore testimonianza evangelica nel mondo.(48) Pertanto la santissima Eucaristia porta a pienezza l'iniziazione cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale.(49)
(46) Cfr Propositio 13.
(47) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 7.
(48) Cfr ibidem, 11; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della Chiesa Ad gentes, Ag 9 Ag 13;
(49) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980),7: AAS 72 (1980), 124-127; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, PO 5.
18 A questo riguardo è necessario porre attenzione al tema dell'ordine dei Sacramenti dell'iniziazione. Nella Chiesa vi sono tradizioni differenti. Tale diversità si manifesta con evidenza nelle consuetudini ecclesiali dell'Oriente,(50) e nella stessa prassi occidentale per quanto concerne l'iniziazione degli adulti,(51) rispetto a quella dei bambini.(52) Tuttavia tali differenziazioni non sono propriamente di ordine dogmatico, ma di carattere pastorale. Concretamente, è necessario verificare quale prassi possa in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento dell'Eucaristia, come realtà cui tutta l'iniziazione tende. In stretta collaborazione con i competenti Dicasteri della Curia Romana le Conferenze Episcopali verifichino l'efficacia degli attuali percorsi di iniziazione, affinché il cristiano dall'azione educativa delle nostre comunità sia aiutato a maturare sempre di più, giungendo ad assumere nella sua vita un'impostazione autenticamente eucaristica, così da essere in grado di dare ragione della propria speranza in modo adeguato per il nostro tempo (cfr 1P 3,15).
(50) Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. CIO 710.
(51) Cfr Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, introd. gen. nn. 34-36.
(52) Cfr Rito del Battesimo dei bambini, introd. nn. 18-19.
19 Occorre tenere sempre presente che l'intera iniziazione cristiana è cammino di conversione da compiere con l'aiuto di Dio ed in costante riferimento alla comunità ecclesiale, sia quando è l'adulto a chiedere di entrare nella Chiesa, come avviene nei luoghi di prima evangelizzazione e in tante zone secolarizzate, oppure quando i genitori chiedono i Sacramenti per i loro figli. A questo proposito, desidero portare l'attenzione soprattutto sul rapporto tra iniziazione cristiana e famiglia. Nell'opera pastorale si deve associare sempre la famiglia cristiana all'itinerario di iniziazione. Ricevere il Battesimo, la Cresima ed accostarsi per la prima volta all'Eucaristia sono momenti decisivi non solo per la persona che li riceve ma anche per l'intera famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti.(53) Qui vorrei sottolineare la rilevanza della prima Comunione. In tantissimi fedeli questo giorno rimane giustamente impresso nella memoria come il primo momento in cui, seppur ancora in modo iniziale, si è percepita l'importanza dell'incontro personale con Gesù. La pastorale parrocchiale deve valorizzare adeguatamente questa occasione così significativa.
(53) Cfr Propositio 15.
20 Giustamente, i Padri sinodali hanno affermato che l'amore all'Eucaristia porta ad apprezzare sempre più anche il sacramento della Riconciliazione (54). A causa del legame tra questi sacramenti, un'autentica catechesi riguardo al senso dell'Eucaristia non può essere disgiunta dalla proposta di un cammino penitenziale (cfr 1Co 11,27-29). Certo, constatiamo come nel nostro tempo i fedeli si trovino immersi in una cultura che tende a cancellare il senso del peccato (55), favorendo un atteggiamento superficiale, che porta a dimenticare la necessità di essere in grazia di Dio per accostarsi degnamente alla comunione sacramentale (56). In realtà, perdere la coscienza del peccato comporta sempre anche una certa superficialità nell'intendere l'amore stesso di Dio. Giova molto ai fedeli richiamare quegli elementi che, all'interno del rito della santa Messa, esplicitano la coscienza del proprio peccato e, contemporaneamente, della misericordia di Dio (57). Inoltre, la relazione tra Eucaristia e Riconciliazione ci ricorda che il peccato non è mai una realtà esclusivamente individuale; esso comporta sempre anche una ferita all'interno della comunione ecclesiale, nella quale siamo inseriti grazie al Battesimo. Per questo la Riconciliazione, come dicevano i Padri della Chiesa, è laboriosus quidam baptismus,(58) sottolineando in tal modo che l'esito del cammino di conversione è anche il ristabilimento della piena comunione ecclesiale, che si esprime nel riaccostarsi all'Eucaristia.(59)
(54) Cfr Propositio 7; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), EE 36: AAS 95 (2003), 457-458.
(55) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), RP 18: AAS 77 (1985), 224-228.
(56) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1385.
(57) Si pensi qui al Confiteor o alle parole del sacerdote e dell'assemblea prima di accostarsi all'altare: « Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato! ». Non è senza significato che la liturgia preveda anche per il sacerdote alcune preghiere molto belle, consegnateci dalla tradizione, che richiamano al bisogno di essere perdonati, come ad esempio quella pronunciata sottovoce, prima di invitare i fedeli alla comunione sacramentale: « per il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue liberami da ogni colpa e da ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e non sia mai separato da te ».
(58) Cfr S. Giovanni Damasceno, Sulla retta fede, IV, 9: PG 94, 1124C; s. Gregorio Nazianzeno, Discorso 39, 17: PG 36, 356A; Conc. Ecum. di Trento, Doctrina de sacramento paenitentiae, cap. 2: DS 1672.
(59) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 11; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), RP 30: AAS 77 (1985), 256-257.
21 Il Sinodo ha ricordato che è compito pastorale del Vescovo promuovere nella propria Diocesi un deciso recupero della pedagogia della conversione che nasce dalla Eucaristia e favorire tra i fedeli la confessione frequente. Tutti i sacerdoti si dedichino con generosità, impegno e competenza all'amministrazione del sacramento della Riconciliazione.(60) A questo proposito si deve fare attenzione a che i confessionali nelle nostre chiese siano ben visibili ed espressivi del significato di questo Sacramento. Chiedo ai Pastori di vigilare attentamente sulla celebrazione del sacramento della Riconciliazione, limitando la prassi dell'assoluzione generale esclusivamente ai casi previsti,(61) essendo solo quella personale la forma ordinaria.(62) Di fronte alla necessità di riscoprire il perdono sacramentale, in tutte le Diocesi vi sia sempre il Penitenziere.(63) Infine, alla nuova presa di coscienza della relazione tra Eucaristia e Riconciliazione può essere di valido aiuto una equilibrata ed approfondita prassi dell'indulgenza, lucrata per sé o per i defunti. Con essa si ottiene « la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa ».(64) L'uso delle indulgenze ci aiuta a comprendere che con le nostre sole forze non saremmo capaci di riparare al male compiuto e che i peccati di ciascuno recano danno a tutta la comunità; inoltre, la pratica dell'indulgenza, implicando oltre alla dottrina degli infiniti meriti di Cristo anche quella della comunione dei santi, ci dice « quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri ».(65) Poiché la sua stessa forma prevede, tra le condizioni, l'accostarsi alla confessione e alla comunione sacramentale, la sua pratica può sostenere efficacemente i fedeli nel cammino di conversione e nella scoperta della centralità dell'Eucaristia nella vita cristiana.
(60) Cfr Propositio 7.
(61) Cfr Giovanni Paolo II, Motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002): AAS 94 (2002), 452-459.
(62) Insieme ai Padri sinodali ricordo che le celebrazioni penitenziali non sacramentali, menzionate nel rituale del sacramento della Riconciliazione, possono essere utili per incrementare lo spirito di conversione e di comunione nelle comunità cristiane, preparando così i cuori alla celebrazione del sacramento: cfr Propositio 7.
(63) Cfr Codice di Diritto Canonico, can. CIC 508.
(64) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967), Normae, n.1: AAS 59 (1967), 21.
(65) Ibidem, 9: AAS 59 (1967), 18-19.
22 Gesù non ha soltanto inviato i suoi discepoli a curare gli infermi (cfr Mt 10,8 Lc 9,2 Lc 10,9), ma ha anche istituito per loro uno specifico sacramento: l'Unzione degli infermi.(66) La Lettera di Giacomo ci attesta la presenza di questo gesto sacramentale già nella prima comunità cristiana (cfr Jc 5,14-16). Se l'Eucaristia mostra come le sofferenze e la morte di Cristo siano state trasformate in amore, l'Unzione degli infermi, da parte sua, associa il sofferente all'offerta che Cristo ha fatto di sé per la salvezza di tutti, così che anch'egli possa, nel mistero della comunione dei santi, partecipare alla redenzione del mondo. La relazione tra questi Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte all'aggravarsi della malattia: « A coloro che stanno per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre all'Unzione degli infermi, l'Eucaristia come viatico ».(67) Nel passaggio al Padre, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di vita eterna e potenza di risurrezione: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Jn 6,54). Poiché il Santo Viatico schiude all'infermo la pienezza del mistero pasquale, è necessario assicurarne la pratica.(68) L'attenzione e la cura pastorale verso coloro che si trovano nella malattia ridonda sicuramente a vantaggio spirituale di tutta la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al più piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt 25,40).
(66) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1499-1531.
(67) Ibidem, CEC 1524.
(68) Cfr Propositio 44.
23 Il nesso intrinseco fra Eucaristia e sacramento dell'Ordine risulta dalle parole stesse di Gesù nel Cenacolo: « Fate questo in memoria di me » (Lc 22,19). Gesù, infatti, alla vigilia della sua morte, ha istituito l'Eucaristia e fondato allo stesso tempo il sacerdozio della Nuova Alleanza. Egli è sacerdote, vittima ed altare: mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr He 5,5-10), vittima di espiazione (cfr 1Jn 2,2 1Jn 4,10) che offre se stessa sull'altare della croce. Nessuno può dire « questo è il mio corpo » e « questo è il calice del mio sangue » se non nel nome e nella persona di Cristo, unico sommo sacerdote della nuova ed eterna Alleanza (cfr He 8-9). Il Sinodo dei Vescovi già in altre assemblee aveva messo a tema il Sacerdozio ordinato, sia per quanto riguarda l'identità del ministero (69) sia per la formazione dei candidati.(70) In questa circostanza, alla luce del dialogo avvenuto all'interno dell'ultima Assemblea sinodale, mi preme richiamare alcuni valori relativi al rapporto tra Sacramento eucaristico e Ordine. Innanzitutto è necessario ribadire che il legame tra l'Ordine sacro e l'Eucaristia è visibile proprio nella Messa presieduta dal Vescovo o dal presbitero in persona di Cristo capo.
La dottrina della Chiesa fa dell'ordinazione sacerdotale la condizione imprescindibile per la celebrazione valida dell'Eucaristia.(71) Infatti, « nel servizio ecclesiale del ministro ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore ».(72) Certamente il ministro ordinato « agisce anche a nome di tutta la Chiesa allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa e soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico ».(73) È necessario, pertanto, che i sacerdoti abbiano coscienza che tutto il loro ministero non deve mai mettere in primo piano loro stessi o le loro opinioni, ma Gesù Cristo. Contraddice l'identità sacerdotale ogni tentativo di porre se stessi come protagonisti dell'azione liturgica. Il sacerdote è più che mai servo e deve impegnarsi continuamente ad essere segno che, come strumento docile nelle mani di Cristo, rimanda a Lui. Ciò si esprime particolarmente nell'umiltà con la quale il sacerdote guida l'azione liturgica, in obbedienza al rito, corrispondendovi con il cuore e la mente, evitando tutto ciò che possa dare la sensazione di un proprio inopportuno protagonismo. Raccomando, pertanto, al clero di approfondire sempre la coscienza del proprio ministero eucaristico come umile servizio a Cristo e alla sua Chiesa. Il sacerdozio, come diceva sant'Agostino, è amoris officium,(74) è l'ufficio del buon pastore, che offre la vita per le pecore (cfr Jn 10,14-15).
(69) Cfr Sinodo dei Vescovi, II Assemblea Generale, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre 1971): AAS 63 (1971), 898-942.
(70) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), PDV 42-69: AAS 84 (1992), 729-778.
(71) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 10; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera circa alcune questioni riguardanti il ministro dell'Eucaristia Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983): AAS 75 (1983), 1001- 1009.
(72) Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1548.
(73) Ibidem, CEC 1552.
(74) Cfr In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5: PL 35, 1967.
24 I Padri sinodali hanno voluto sottolineare che il sacerdozio ministeriale richiede, attraverso l'Ordinazione, la piena configurazione a Cristo. Pur nel rispetto della differente prassi e tradizione orientale, è necessario ribadire il senso profondo del celibato sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza inestimabile, e confermato anche dalla prassi orientale di scegliere i Vescovi solo tra coloro che vivono nel celibato e che tiene in grande onore la scelta del celibato operata da numerosi presbiteri. In tale scelta del sacerdote, infatti, trovano peculiare espressione la dedizione che lo conforma a Cristo e l'offerta esclusiva di se stesso per il Regno di Dio.(75) Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito. Pertanto, non è sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in termini meramente funzionali. In realtà, esso rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso. Tale scelta è innanzitutto sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo Sposo che dà la vita per la sua Sposa. In unità con la grande tradizione ecclesiale, con il Concilio Vaticano II (76) e con i Sommi Pontefici miei predecessori (77), ribadisco la bellezza e l'importanza di una vita sacerdotale vissuta nel celibato come segno espressivo della dedizione totale ed esclusiva a Cristo, alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo quindi l'obbligatorietà per la tradizione latina. Il celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e dedizione è una grandissima benedizione per la Chiesa e per la stessa società.
(75) Cfr Propositio 11.
(76) Cfr Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, PO 16.
(77) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii nostri primordia (1 agosto 1959): AAS 51 (1959), 545-579; Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967): AAS 59 (1967), 657-697; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), PDV 29: AAS 84 (1992), 703-705; Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006): L'Osservatore Romano, 23 dicembre 2006, p. 6.
25 A proposito del legame tra sacramento dell'Ordine ed Eucaristia, il Sinodo si è soffermato sulla situazione di disagio che si viene a creare in diverse Diocesi quando ci si trova a dover fare i conti con la scarsità di sacerdoti. Ciò accade non solo in alcune zone di prima evangelizzazione, ma anche in molti Paesi di lunga tradizione cristiana. Certamente giova alla soluzione del problema una più equa distribuzione del clero. Occorre dunque un lavoro di sensibilizzazione capillare. I Vescovi coinvolgano nelle necessità pastorali gli Istituti di Vita Consacrata e le nuove realtà ecclesiali, nel rispetto del carisma loro proprio, e sollecitino tutti i membri del clero a una più grande disponibilità per servire la Chiesa là dove ve ne sia bisogno, anche a costo di sacrificio.(78) Inoltre, all'interno del Sinodo si è anche discusso sulle attenzioni pastorali da mettere in atto per favorire, soprattutto nei giovani, l'apertura interiore alla vocazione sacerdotale. Tale situazione non può trovare soluzione in semplici accorgimenti pragmatici. Si deve evitare che i Vescovi, spinti da pur comprensibili preoccupazioni funzionali per la mancanza di clero, non svolgano un adeguato discernimento vocazionale e ammettano alla formazione specifica e all'ordinazione candidati che non possiedono le caratteristiche necessarie per il servizio sacerdotale.(79) Un clero non sufficientemente formato, ammesso all'ordinazione senza il doveroso discernimento, difficilmente potrà offrire una testimonianza atta a suscitare in altri il desiderio di corrispondere con generosità alla chiamata di Cristo. La pastorale vocazionale, in realtà, deve coinvolgere tutta la comunità cristiana in ogni suo ambito.(80) Ovviamente, in questo capillare lavoro pastorale è inclusa anche l'opera di sensibilizzazione delle famiglie, spesso indifferenti se non addirittura contrarie all'ipotesi della vocazione sacerdotale. Si aprano con generosità al dono della vita ed educhino i figli ad essere disponibili alla volontà di Dio. In sintesi, occorre soprattutto avere il coraggio di proporre ai giovani la radicalità della sequela di Cristo mostrandone il fascino.
(78) Cfr Propositio 11.
(79) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, OT 6; Codice di Diritto Canonico, can. CIC 241, § 1 e can. CIC 1029; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. CIO 342, § 1 e can. CIO 758; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) PDV 11 PDV 34 PDV 50: AAS 84 (1992), 673-675; 712-714; 746-748; Congregazione per il Clero, Dives Ecclesiae (31 marzo 1994), 58: LEV, 1994, pp. 56-58; Congregazione per l'educazione cattolica, Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri (4 novembre 2005): AAS 97 (2005), 1007-1013.
(80) Cfr Propositio 12; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) PDV 41: AAS 84 (1992), 726-729.
26 Infine, è necessario avere maggiore fede e speranza nella iniziativa divina. Anche se in alcune regioni si registra scarsità di clero, non deve mai venire meno la fiducia che Cristo continui a suscitare uomini, i quali, abbandonata ogni altra occupazione, si dedichino totalmente alla celebrazione dei sacri misteri, alla predicazione del Vangelo e al ministero pastorale. In questa circostanza desidero dare voce alla gratitudine della Chiesa intera per tutti i Vescovi e i presbiteri, che svolgono con fedele dedizione ed impegno la propria missione. Naturalmente il ringraziamento della Chiesa va anche ai diaconi, cui sono imposte le mani « non per il sacerdozio ma per il servizio ».(81) Come ha raccomandato l'Assemblea del Sinodo, uno speciale grazie rivolgo ai presbiteri fidei donum, che con competenza e generosa dedizione edificano la comunità annunciandole la Parola di Dio e spezzando il Pane della vita, senza risparmiare energie nel servizio alla missione della Chiesa.(82) Occorre ringraziare Dio per i tanti sacerdoti che hanno sofferto fino al sacrificio della vita per servire Cristo. In essi si rivela con l'eloquenza dei fatti che cosa significhi essere sacerdote sino in fondo. Si tratta di testimonianze commoventi che possono ispirare tanti giovani a seguire a loro volta Cristo ed a spendere la loro vita per gli altri, trovando proprio così la vita vera.
(81) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 29.
(82) Cfr Propositio 38.
27 L'Eucaristia, sacramento della carità, mostra un particolare rapporto con l'amore tra l'uomo e la donna, uniti in matrimonio. Approfondire questo legame è una necessità propria del nostro tempo.(83) Il Papa Giovanni Paolo II ha avuto più volte l'occasione di affermare il carattere sponsale dell'Eucaristia ed il suo rapporto peculiare con il sacramento del Matrimonio: « L'Eucaristia è il sacramento della nostra redenzione. È il sacramento dello Sposo, della Sposa ».(84) Del resto, « tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio, è un mistero nuziale: è per così dire il lavacro delle nozze che precede il banchetto delle nozze, l'Eucaristia ».(85) L'Eucaristia corrobora in modo inesauribile l'unità e l'amore indissolubili di ogni Matrimonio cristiano. In esso, in forza del sacramento, il vincolo coniugale è intrinsecamente connesso all'unità eucaristica tra Cristo sposo e la Chiesa sposa (cfr Ep 5,31-32). Il reciproco consenso che marito e moglie si scambiano in Cristo, e che li costituisce in comunità di vita e di amore, ha anch'esso una dimensione eucaristica. Infatti, nella teologia paolina, l'amore sponsale è segno sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa, un amore che ha il suo punto culminante nella Croce, espressione delle sue « nozze » con l'umanità e, al contempo, origine e centro dell'Eucaristia. Per questo la Chiesa manifesta una particolare vicinanza spirituale a tutti coloro che hanno fondato la loro famiglia sul sacramento del Matrimonio.(86) La famiglia – chiesa domestica(87) – è un ambito primario della vita della Chiesa, specialmente per il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione cristiana dei figli.(88) In questo contesto il Sinodo ha raccomandato anche di riconoscere la singolare missione della donna nella famiglia e nella società, una missione che va difesa, salvaguardata e promossa.(89) Il suo essere sposa e madre costituisce una realtà imprescindibile che non deve mai essere svilita.
(83) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), FC 57: AAS 74 (1982), 149-150.
(84) Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), MD 26: AAS 80 (1988), 1715-1716.
(85) Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1617.
(86) Cfr Propositio 8.
(87) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, LG 11.
(88) Cfr Propositio 8.
(89) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS 80 (1988), 1653-1729; Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004): AAS 96 (2004), 671-687.
28 È propriamente alla luce di questa relazione intrinseca tra matrimonio, famiglia ed Eucaristia che è possibile considerare alcuni problemi pastorali. Il legame fedele, indissolubile ed esclusivo che unisce Cristo e la Chiesa, e che trova espressione sacramentale nell'Eucaristia, si incontra con il dato antropologico originario per cui l'uomo deve essere unito in modo definitivo ad una sola donna e viceversa (cfr Gn 2,24 Mt 19,5). In questo orizzonte di pensieri, il Sinodo dei Vescovi ha affrontato il tema della prassi pastorale nei confronti di chi incontra l'annuncio del Vangelo provenendo da culture in cui è praticata la poligamia. Coloro che si trovano in una tale situazione e che si aprono alla fede cristiana devono essere aiutati ad integrare il loro progetto umano nella novità radicale di Cristo. Nel percorso di catecumenato, Cristo li raggiunge nella loro condizione specifica e li chiama alla piena verità dell'amore passando attraverso le rinunce necessarie, in vista della comunione ecclesiale perfetta. La Chiesa li accompagna con una pastorale piena di dolcezza e insieme di fermezza,(90) soprattutto mostrando loro la luce che dai misteri cristiani si riverbera sulla natura e sugli affetti umani.
(90) Cfr Propositio 9.
29 Se l'Eucaristia esprime l'irreversibilità dell'amore di Dio in Cristo per la sua Chiesa, si comprende perché essa implichi, in relazione al sacramento del Matrimonio, quella indissolubilità alla quale ogni vero amore non può che anelare.(91) Più che giustificata quindi l'attenzione pastorale che il Sinodo ha riservato alle situazioni dolorose in cui si trovano non pochi fedeli che, dopo aver celebrato il sacramento del Matrimonio, hanno divorziato e contratto nuove nozze. Si tratta di un problema pastorale spinoso e complesso, una vera piaga dell'odierno contesto sociale che intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici. I Pastori, per amore della verità, sono obbligati a discernere bene le diverse situazioni, per aiutare spiritualmente nei modi adeguati i fedeli coinvolti.(92) Il Sinodo dei Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell'Eucaristia. I divorziati risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l'impegno educativo verso i figli.
Là dove sorgono legittimamente dei dubbi sulla validità del Matrimonio sacramentale contratto, si deve intraprendere quanto è necessario per verificarne la fondatezza. Bisogna poi assicurare, nel pieno rispetto del diritto canonico,(93) la presenza sul territorio dei tribunali ecclesiastici, il loro carattere pastorale, la loro corretta e pronta attività.(94) Occorre che in ogni Diocesi ci sia un numero sufficiente di persone preparate per il sollecito funzionamento dei tribunali ecclesiastici. Ricordo che « è un obbligo grave quello di rendere l'operato istituzionale della Chiesa nei tribunali sempre più vicino ai fedeli ».(95) È necessario, tuttavia, evitare di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in contrapposizione col diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che fondamentale punto d'incontro tra diritto e pastorale è l'amore per la verità: questa infatti non è mai astratta, ma « si integra nell'itinerario umano e cristiano di ogni fedele ».(96) Infine, là dove non viene riconosciuta la nullità del vincolo matrimoniale e si danno condizioni oggettive che di fatto rendono la convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale. Tale cammino, perché sia possibile e porti frutti, deve essere sostenuto dall'aiuto dei pastori e da adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni caso, di benedire queste relazioni, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del Matrimonio.(97)
Data la complessità del contesto culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima cura pastorale nella formazione dei nubendi e nella previa verifica delle loro convinzioni circa gli impegni irrinunciabili per la validità del sacramento del Matrimonio. Un serio discernimento a questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare.(98) Troppo grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale.
(91) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 1640.
(92) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), FC 84: AAS 74 (1982), 184-186; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati Annus Internationalis Familiae (14 settembre 1994): AAS 86 (1994), 974-979.
(93) Cfr Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, Istruzione sulle norme da osservarsi nei tribunali ecclesiastici nelle cause matrimoniali Dignitas connubii (25 gennaio 2005), Città del Vaticano, 2005.
(94) Cfr Propositio 40.
(95) Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (28 gennaio 2006): AAS 98 (2006), 138.
(96) Cfr Propositio 40.
(97) Cfr ibidem.
(98) Cfr ibidem.
Sacramentum caritatis IT 15