LA COLLABORAZIONE
DEI FEDELI NON ORDINATI
AL MINISTERO PASTORALE DEI SACERDOTI
di Guzman Carriquiry
Nel processo di attuazione degli insegnamenti del concilio Vaticano II nella vita della Chiesa, sì possono considerare sorpassate, oggi, quelle forme storiche e culturali di un certo " clericalismo ", nelle quali i laici sembravano costituire una massa amorfa di fedeli in condizione di minorità e con un passivo possesso della fede.
Tende anche al superamento un rapporto tra sacerdote e laici come tra rappresentanti di settori corporativi in lotta per una rigorosa e gelosa delimitazione di sfere di azione, per la ridistribuzione di diritti, poteri e mansioni, per la conquista di spazi, in un clima contaminato da sospetti, manovre e tensioni.
Un terzo tipo di situazioni vissute e sofferte nei tempi postconciliari si manifesta nello scivolamento verso forme di "secolarizzazione dei sacerdoti e di clericalizzazione dei laici". Tale clericalizzazione si manifesta quando i laici vengono considerati soltanto come collaboratori parrocchiali e pastorali, tanto più necessari quanto più mancano i sacerdoti. Manifestazioni più estreme sono quelle di una inflazione di " ministeri non ordinati " che finisce per renderli banali, quelle di una istituzionalizzazione di compiti laicali " professionali " di gestione di istituzioni e di servizi ecclesiastici e, peggio ancora, le tentazioni e le pretese di sostituirsi ai sacerdoti in funzioni e compiti che sono a essi proprie e che derivano essenzialmente dal ministero ordinato. Si entra così in conflitto con la dottrina e la disciplina della Chiesa cattolica.
Grazie a Dio, l'esperienza più diffusa e feconda della collaborazione tra fedeli laici e sacerdoti si dà nell'autocoscienza e nell'autorealizzazione della Chiesa come mistero di comunione missionaria. Già l'assemblea straordinaria del sinodo dei vescovi, radunata nel XX anniversario del Concilio Vaticano II, riprendeva e sottolineava questa " ecclesiologia di comunione ". Alla sua luce, acquisisce pienezza l'affermazione per la quale nel popolo sacerdotale profetico e regale dei christifideles, "comune è la dignità dei membri ( ... ), comune le grazie dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola la salvezza, una sola la speranza, e indivisa la carità " (cf LG 32). Prima di tutto, christifideles, per cui il paolino " en Christoi " esprime il segno essenziale e distintivo dell'esistenza ecclesiale dei cristiano, più originario, radicale e decisivo che qualsiasi distinzione negli stati di vita. Fratelli tutti, " come membra dello stesso e unico corpo di Cristo, la cui edificazione è compito di tutti " (PO, 9), però, allo stesso tempo, alcuni di essi, diventati padri, maestri e pastori perché scelti da Dio, unti dallo Spirito con il sacramento dell'ordine, configurati a Gesù Cristo come capo e pastore che dà la vita per la sua Chiesa, partecipando alla sua potestas e animati dalla sua carità pastorale (cf PO 2; PDV 11). Le relazioni tra laici e sacerdoti vengono illuminate nel quadro di questa comunità viva dei christifideles che, a sua volta, il sacerdote è chiamato a formare e condurre, in spirito di totale donazione di servizio.
E’ necessario che queste relazioni siano essenzialmente caratterizzate dalla gratuità e dalla gratitudine, che provengono dalla grazia - molto di più che da criteri funzionali - in seno alla comunione ecclesiale, fondata e arricchita dai doni gerarchici, sacramentali e carismatici che le sono co-essenziali. Questo mistero di comunione non può essere ridotto a una semplice divisione di ruoli in un'ottica di meccanica funzionalistica. E’ la sacramentalità della Chiesa, i doni e carismi che la edificano e sempre la rinnovano, la grazia che si chiede nella preghiera comune e personale, ciò che deve animare intimamente qualsiasi collaborazione dei fedeli laici ai sacerdoti e distingue ciò che spetta agli uni e agli altri nell'unica comunione e missione.
Nel concreto campo della collaborazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei sacerdoti, si deve tenere conto e apprezzare l'impegno generoso di molti laici che sono stati chiamati ad assumere speciali responsabilità di servizio nelle comunità cristiane, con una certa durata, richiesta da una specifica formazione, che è stata loro affidata da parte dei pastori, per rispondere a dei bisogni di tali comunità. L'esercizio dei ministeri " istituiti " del lettorato e dell'accolitato, il lavoro come catechisti a molti diversi livelli, impegni vari nell'animazione comunitaria e liturgica, collaborazione nei campi dell'amministrazione, della stampa e dell'educazione cattoliche, servizio di carità verso i più poveri e coloro che soffrono, dedizione missionaria ad gentes: in tutti questi compiti si esprime una corresponsabilità ecclesiale derivata dallo stesso sacerdozio battesimale, che arricchisce la diaconia di tutta la Chiesa. Precisi testimoni di gratuità e di servizio apostolico si vedono al riguardo, soprattutto in situazioni di persecuzione delle comunità cristiane, di presenza nelle sue frontiere missionarie, sia territoriali che in ambienti dove la Chiesa non è ancora pienamente impiantata, di risposta a bisogni pastorali lì dove la presenza del sacerdote è soltanto saltuaria. Per questo, il Codice di diritto canonico ha offerto nuove possibilità, anche per casi di supplenza da parte dei fedeli laici nell'esercizio di alcune funzioni proprie dei chierici: esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione " (CIC 230) - affidate dai pastori in caso di "bisogno"; possibilità che vanno applicate con rettitudine e in modo stretto, per non cadere nell'equivoco di considerare normali e ordinarie le norme che sono state previste per situazioni straordinarie, di assenza di sacerdoti. Lo svolgimento di tutte queste mansioni non fa, evidentemente, dei fedeli laici dei " pastori " e meno ancora possono comportare, " in qualunque modo o misura ... una comprensione teorica o pratica dell'irriducibile diversità, voluta dallo stesso Cristo e dallo Spirito per il bene della Chiesa" tra il sacerdozio battesimale e il sacerdozio ordinato.
La collaborazione dei laici, personalmente o in forma associata, è oggi fondamentale alla dimensione missionaria del ministero pastorale del sacerdote. I presbiteri "hanno innanzi tutto il dovere di annunciare a tutti il vangelo di Dio " (PO 4), in quanto cooperatori dei vescovi. Questa responsabilità, che è propria della natura missionaria della Chiesa, acquisisce oggi una speciale esigenza e urgenza, data la convocazione dell'attuale pontificato a una nuova evangelizzazione, " nuova nel suo ardore, nei suoi modi, nella sua espressione " .
Spesso, però, lo stile dell'azione pastorale, sacerdotale, sembra caratterizzato da e per " società cristiane " che non ci sono più. Più per una " pastorale di conservazione " che non " di evangelizzazione ", limitati a essere operatori del culto, sovraccaricati di compiti burocratico-ecclesiastici di vecchio o di nuovo marchio.
Per questo, è indispensabile la collaborazione dei fedeli laici, che sono testimoni di Cristo e portatori della sua buona novella, che aprono vie alla carità, negli ampi e diversificati ambienti e attività della convivenza sociale, generalmente molto secolarizzati e lontani da qualsiasi presenza di istituzioni o di persone "ecclesiastici".
Questa testimonianza di vita nuova nella consistenza concreta e ordinaria della secolarità non è la modalità primordiale e singolare della collaborazione dei laici alla missione di tutta la Chiesa? A ciò si riferisce anche il decreto Presbyterorum Ordinis quando chiede ai sacerdoti che rispettino la " giusta libertà " dei laici nella città terrena (cf PO 9). Infatti non spetta al sacerdote sostituirsi al laico in pubblici incarichi o in militanza politica o sindacale, né pretendere di plagiarli a partire dalle proprie passioni politiche. Ciò non significa lasciare i laici abbandonati a loro stessi.
La collaborazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei sacerdoti si esprime anche nella responsabilità di seguire e di offrire appoggio al sacerdote nella sua risposta alla vocazione e alla grazia ricevuta, nella sua donazione a Cristo e alla comunità, nell'apprezzamento e rinnovamento dei suo ministero. Essi non sono "superuomini", bensì degli uomini bisognosi come noi, peccatori come noi, che assumono la fatica di una solitudine, di pesanti responsabilità, di sovraccarico di compiti, sprovvisti oggi giorno dai supporti dello status e del prestigio sociale, tentati dai poteri mondani per accomodarsi come semplici assistenti sociali e morali di società che rifiutano qualsiasi costruzione che ponga Cristo come "pietra d'angolo", spesso emarginati e perseguitati quando pretendono di vivere tutte le esigenze della testimonianza e del servizio cristiano nella loro missione sacerdotale. La loro fortezza è donata - dal profondo radicamento in Cristo-eucaristia, nella vita liturgica e di preghiera personale, nel faccia a faccia davanti a Iddio, nella paternità del vescovo e nella fraternità sacerdotale. Ma dipende molto pure dalla loro incorporazione a comunità vive, che non siano soltanto oggetti dei loro servizi, bensì compagnia in cui tutti i fedeli si edificano e si sostengono vicendevolmente nella verità e nella carità.
Oggi giorno, infine, i fedeli laici affermano chiaramente ciò che può sembrare, in prima istanza, banale e che è invece fondamentale: il bisogno che loro hanno dei sacerdoti, sempre di più, e di sacerdoti santi (cf PDV 3). Tanto più si cresce nella coscienza del proprio sacerdozio battesimale, come partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo per l'offerta di tutta la vita, tanto più si avverte quel bisogno. Collaborazione preziosa dei laici, quindi, è, a partire da una tale coscienza e gratitudine, essere molto aperti e spinti a favore delle vocazioni sacerdotali. Le famiglie cristiane, i movimenti e le associazioni, le diverse comunità cristiane debbono mostrarsi terra fertile, accogliente e feconda per queste vocazioni, per queste grazie, che, a loro volta, saranno motivo del loro proprio arricchimento e della loro collaborazione al dilatarsi del corpo di Cristo tra gli uomini.