Lumen Gentium
Costituzione Dogmatica sulla Chiesa
Tra i documenti emanati da Concilio Vaticano II, la Costituzione dogmatica Lumen Gentium costituisce per il magistero della Chiesa e per la sua attività un testo di straordinaria importanza.
Esso rappresenta la continuità con il Concilio precedente, che - com'è noto - non poté terminare i suoi lavori a causa degli eventi che portarono alla presa di Roma e alla fine dello stato pontificio. La sospensione impedì al Concilio Vaticano I di portare a compimento la formulazione della dottrina cattolica sulla Chiesa, che pure era stata in gran parte preparata. L'Assise si limitò alla pubblicazione della costituzione Pastor Aeternus.
La costituzione Lumen Gentium raccoglie quell'eredità, integrata - tra l'altro dall'Enciclica Mistici Corporis del 29 giugno 1943 - e la completa con tutti gli elementi di cui si serve la Rivelazione nel prefigurare e presentare il mistero della Chiesa.
La maturazione della magna charta del Vaticano II è stata lenta, faticosa, talvolta addirittura drammatica. Nel secondo periodo del Concilio un mese intero fu dedicato alle discussioni in aula del primitivo testo De Ecclesia. Anche se la valutazione fu complessivamente positiva, gli emendamenti proposti furono assai numerosi e alcuni anche di grande rilievo. Sulla falsariga delle indicazioni emerse dagli interventi dei Padri, fu elaborato un nuovo schema, in cui i quattro capitoli del precedente divennero otto sia per la suddivisione di due di essi, sia per l'aggiunta di altri due. I nuovi capitoli trattano della relazione della Chiesa pellegrinante con la Chiesa celeste e della Beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa (7
E e 8E); divisi furono i capitoli 3E e 4E dello schema precedente, in quanto si preferì trattare del popolo di Dio prima che della costituzione gerarchica della Chiesa, separandone la trattazione del tema sui Laici, che diventò così il capitolo 4E nel nuovo schema. E si preferì, inoltre trattare dei Religiosi in maniera distinta; così al capitolo *vocazione universale alla santità+ se ne aggiunse uno successivo - il 6E nel nuovo schema - sui Religiosi.Lo schema in otto capitoli fu così quasi pronto, anche se non pochi emendamenti sono stati ancora introdotti per dare soddisfazione ai rilievi più significativi dei Padri conciliari. Alcuni emendamenti furono suggeriti direttamente da Paolo VI.
L'impostazione della Costituzione Lumen Gentium è tutta positiva; tutta preoccupata del Mistero considerato in se stesso, delle ricchezze in esso contenute e che dovevano essere offerte al popolo fedele e al mondo perché divenissero spirito e vita.
Il primo carattere che emerge dall'esposizione del Concilio sulla Chiesa è la sua ispirazione biblica. E ciò porta all'esaltazione di un altro aspetto assai importante della ecclesiologia: quello della storia della salvezza. Con questo metodo è resa più evidente la fedeltà del Vaticano II nel trasmettere il messaggio della Divina Rivelazione; la presentazione della verità risulta più efficace, più suadente, più piena di grazia.
La Rivelazione, infatti, presenta il mistero della Chiesa essenzialmente nel mistero della redenzione: essa è la continuazione di quegli avvenimenti originari che hanno condotto e conducono l'umanità alla salvezza.
In questa luce biblica e in questa visione storica deve esser compreso il secondo capitolo della Costituzione, che è anche la chiave di tutta la sua prima parte: la Chiesa è il popolo di Dio; quel popolo che il Redentore ha raccolto da terre disperse, che lo Spirito vivifica nell'unità e che riconduce definitivamente al Padre.
Nella prospettiva della redenzione deve essere compreso anche il carattere sacramentale della Chiesa. E' la prima volta che in un documento del Magistero solenne viene usata questa espressione. La Chiesa è il segno [sacramento] che collega con l'evento salvifico centrale: incarnazione, vita e mistero pasquale di Cristo. E' segno commemorativo dell'evento salvifico passato; è segno indicativo della sua efficace e molteplice presenza, è segno profetico che annuncia e prepara il compimento ultimo della salvezza e ravviva in noi l'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore.
Il Concilio recupera così il pieno e più vasto significato della categoria di sacramento e di mistero così familiare all'antico linguaggio dei Padri e al linguaggio perenne della liturgia.
La Chiesa si attua e vive i suoi momenti originari attraverso i sacramenti: per questo è il sacramento fontale della nostra salvezza, il segno, cioè, che trasmette alla comunità umana la parola di Dio che salva.
Anzi, in un certo senso essa stessa - la Chiesa - è questa Parola, diversamente formulata nel tempo e nello spazio, secondo le diverse esigenze dell'umanità, ma sempre immutata e immutabile. Tale dimensione profonda del mistero della Chiesa non coincide perfettamente con la sua struttura giuridica, ma ha la sua fonte originaria nella potenza operante dello Spirito Santo. Ovunque è lo Spirito di Dio che opera l'unità, ivi è la Chiesa che sorge e prende vita.
Le strutture giuridiche, anche quelle di origine divina, sono solo in funzione di questa vitalità essenziale della Chiesa, che è la salvezza in atto.
Sono queste considerazioni che hanno portato il Concilio a mettere in rilievo il ministero dell'episcopato e della gerarchia, come servizio offerto alla comunità degli uomini. A essa spetta originariamente il compito apostolico di diffondere e alimentare la vita dei figli di Dio per mezzo dell'amministrazione dei sacramenti e della predicazione della Parola, sotto la guida del Pastore eterno e del Suo Vicario, il Vescovo di Roma.
Come successori del Collegio degli Apostoli, i Vescovi hanno la cura pastorale del regime della Chiesa universale in una profonda unità di disciplina, di fede, di speranza e di carità con il loro Capo: il successore di Pietro.
Lumen Gentium considera nella stessa luce la natura dei laicato, che nella Chiesa non rappresenta una parte passiva o accidentale, ma è un aspetto essenziale della sua vita e della sua missione.
L'inserimento della forza di salvezza in tutte le dimensioni della creazione e della storia non può avvenire senza la presenza attiva dei laici. Dove questi vengono meno, la Chiesa è messa in condizione di non poter espletare in tutta la sua pienezza la missione affidatale.
Questa concezione di Chiesa, presenza visibile dello Spirito e non solo societas perfecta, ha offerto l'opportunità al Concilio di esaltare il ruolo della Madonna, Madre della Chiesa. Il titolo non è stato usato nella Costituzione, che invece ne ricorda vari altri, tra cui quello di Mediatrice.
I Padri conciliari, tuttavia e tutti i presenti alla conclusione della terza sessione del Concilio, hanno espresso il loro consenso, tributando una calorosa ovazione al Papa Paolo VI, quando questi ha solennemente attribuito a Maria il titolo di Madre della Chiesa. L'entusiastica approvazione è sembrata riecheggiare nella solenne cornice della Basilica Vaticana come l'eco di esultanza del popolo cristiano, che nel 431 a Efeso, portò in trionfo i Padri dopo la proclamazione di Maria theotocos: Madre di Dio.
La Costituzione Lumen Gentium fu approvata da 2156 Padri il 21 novembre 1964 con 2151 voti favorevoli e 5 contrari.
Lumen Gentium
A colloquio con s.e. mons. Marcello Semeraro
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Fra tutti i concili ecumenici, il Vaticano II è stato l'unico ad avere affrontato esplicitamente il tema ecclesiologico. Al riguardo K. Rahner disse subito ch'era stato un Concilio della Chiesa sulla Chiesa.
Ed è stato detto, altresì, che Lumen Gentium non è un documento conciliare fra gli altri ma, piuttosto, come l'architrave del Vaticano II. In che senso è da intendersi quest'affermazione?
Per capire l'espressione si potrebbe ricordare che già nel dicembre 1962, quando ancora si ricercava un centro attorno a cui organizzare l'ingente materiale disposto dalle Commissioni preparatorie, il cardinale J. L. Suenens e l'allora arcivescovo di Milano cardinale G. B. Montini, onde offrire armonia e unitarietà ai lavori conciliari, proposero di articolare il tutto attorno a due domande fondamentali: Chiesa, che cosa dici di te stessa? Chiesa, cos'hai da dire al mondo? Attorno al duplice interrogativo: che cos'è la Chiesa e qual'è la sua missione, è articolata pure l'Ecclesiam suam, pubblicata il 6 agosto 1964, cioè proprio nel momento di passaggio dal secondo al terzo periodo dei lavori conciliari. In quest'enciclica
C programmatica per l'intero pontificato di Paolo VI C si legge: *Questa è l'ora in cui la Chiesa deve approfondire la coscienza di se stessa, meditare sul mistero che le è proprio... la Chiesa deve in questo momento riflettere su se stessa per confermarsi nella scienza dei divini disegni su di sé, per ritrovare maggiore luce, nuova energia e migliore gaudio nel compiere la propria missione...+.Quest'impostazione iniziale dei lavori conciliari dà conto, in qualche modo, della concentrazione ecclesiologica verificatasi nel Vaticano II. L'ecclesiologia è davvero il centro prospettico della sua teologia. Per questo, fra i documenti conciliari, la costituzione dogmatica Lumen Gentium ha un posto centrale. Vent'anni dopo, nel 1985, quando i padri del Sinodo straordinario dei Vescovi hanno voluto sintetizzare tutte le tematiche conciliari, lo hanno fatto con una breve espressione, che sottolinea come davvero la Chiesa sia il soggetto dell'azione e della stessa spiritualità del Vaticano II:
*la Chiesa, nella sua piena sottomissione alla Parola di Dio, celebra i misteri di Cristo per la salvezza del mondo+.Lumen Gentium è, dunque, l'asse portante della costruzione conciliare e la sua magna charta?
A me pare che si possa rispondere positivamente. Commentando questa Costituzione nei volumi di appendice al Lexico'' fiir Theologie und Kirche, H. Vorgrimler attribuisce a Karl Rahner una sistemazione coerente dei documenti del Vaticano II attorno al binomio ecclesia ad intra e ecclesia ad extra. Personalmente trovo suggestiva l'articolazione presentata da mons. Luigi Sartori in un suo recente e agile commento alla costituzione sulla Chiesa. Egli scrive che, ponendo Lumen Gentium al centro dei testi conciliari, si potrebbe raffigurare un diagramma che visualizza due affluenti, da cui essa attinge, e quattro defluenti, che essa alimenta. Si tratta, quanto ai primi, delle fonti di cui vive la Chiesa, ossia la Parola di Dio [Dei Verbum] e la sacra liturgia [Sacrosanctum Concilium]; quanto ai secondi, della sua missionarietà [Ad Gentes], del dialogo ecumenico [Unitatis Redintegratio] e inter-religioso [Nostra Aetate] e del dialogo col mondo contemporaneo [Gaudium et Spes]. Quanto agli altri documenti del Vaticano è facile vedere come gran parte di essi siano di fatto testi applicativi di capitoli interni alla Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Questo lo si dirà, ad esempio, per i decreti Christus Dominus e Presbyterorum Ordinis in rapporto al capitolo terzo; per Apostolicam Actuositatem, in relazione al capitolo quarto sui laici e al Perfectae Caritatis riguardo al capitolo sesto sui religiosi.
L'ecclesiologia presente in Lumen Gentium non sorge dal nulla ma, pur aprendo nuove prospettive, pone al tempo stesso il suo sigillo ad una lunga riflessione. Per meglio contestualizzare la costituzione Lumen Gentium, è possibile ricordare, almeno per sommi capi, quali erano, alla vigilia del Concilio, le attese in campo ecclesiologico?
I Padri conciliari, in effetti, hanno potuto beneficiare del rinnovamento ecclesiologico compiuto in ambito cattolico già a partire dagli anni '20 del nostro secolo. E' nota l'espressione formulata in quegli anni da R. Guardini:
*si sta realizzando un processo d'incalcolabile valore ed è il risveglio della Chiesa nelle anime+. Egli alludeva all'emergente intuizione della profonda solidarietà del proprio essere con quello della Chiesa, sentendosene partecipi al punto di fare del suo tu il proprio io. Giovanni Paolo II riprende in qualche modo quest'affermazione quando, nel n. 9 dell'esortazione Christifideles Laici, riprendendo analoghe parole usate da Pio XII, scrive ch'è necessario avere la chiara consapevolezza *non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere Chiesa+.Ricordando l'impostazione apologetica prevalente nei manuali di ecclesiologia del momento, vorrei mettere in luce almeno due tendenze, che ne hanno agevolato il superamento. Anzitutto il passaggio da una concezione della Chiesa come societas perfecta (l'espressione è da intendersi in un senso giuridico) a quella della Chiesa come corpo mistico di Cristo. Un'altra tendenza destinata a riequilibrare la precedente impostazione è stata quella che considera la Chiesa attraverso la categoria della sacramentalità. Come Cristo nella sua umanità è sacramento del Padre, analogamente la Chiesa è sacramento di Cristo.
A queste due tendenze si potrebbero aggiungere il decollo, soprattutto in area francofona, di una teologia dell'episcopato e il crescente interesse per il tema della Chiesa particolare. Aggiungerei, infine, la proposta, sempre più insistente a partire dagli anni '40, di accostare il mistero della Chiesa attraverso la nozione di Popolo di Dio e l'altra di strutturare la conoscenza della Chiesa attraverso il principio di comunione. Con la prima s'intende evidenziare soprattutto la continuità tra Israele e la Chiesa e la sua dimensione storica; attraverso l'altra ci si muove, quasi per interiore dinamica, verso la formulazione di un'ecclesiologia eucaristica. Ometto, per ragioni di brevità, la menzione di nomi e di opere specifiche ma vorrei concludere dicendo che l'ecclesiologia del Vaticano II, e della Lumen Gentium in particolare, ha tratto enormi vantaggi dai movimenti biblico, patristico, liturgico ed ecumenico, che hanno positivamente segnato la prima metà del ventesimo secolo.
La storia della redazione del testo permette di segnalare almeno due passaggi, dai quali è possibile desumere il disegno globale di Lumen Gentium, quale appare nel suo risultato finale.
Osservando dall'interno il nostro Documento, vuole descriverne i contenuti e mostrare il suo impianto logico?
La rifusione del progetto iniziale di undici capitoli in una nuova bozza sviluppata in quattro capitoli (il mistero della Chiesa, l'episcopato, il popolo di Dio e in modo speciale i laici, la santità come dono e compito di tutti i cristiani), segna il primo passaggio. Il secondo è caratterizzato da un processo di divisioni e di addizioni di capitoli, che ha come esito conclusivo l'attuale sistemazione della Costituzione. Per quest'ultimo mi riferisco anzitutto alla collocazione del tema del popolo di Dio dopo il primo capitolo sul mistero della Chiesa e quindi alla sistemazione del capitolo sui religiosi, distaccato da quello sulla chiamata universale alla santità e collocato dopo di esso. In secondo luogo accenno alla trasformazione di un precedente schema sulla devozione verso i santi nel capitolo settimo dedicato all'indole escatologica della Chiesa e alla definitiva scelta di chiudere il De ecclesia con un capitolo mariologico.
Alla luce di questo processo redazionale è possibile osservare l'architettura generale della Costituzione?
Mi pare di sì. Come prima proposta indicherei la pista offerta da Mons. G. Philips, che nella redazione del documento ha avuto un ruolo di primo piano lasciandocene pure un autorevolissimo commento. Egli ha suggerito la distinzione nell'intera costituzione di quattro coppie tematiche. La prima contiene i primi due capitoli, che spiegano la natura misterica della Chiesa, ossia la Chiesa nell'eterno disegno della Trinità, e la sua storica attuazione. La seconda coppia è composta dai successivi due capitoli, che riguardano la struttura in cui si articola storicamente il popolo di Dio, cioè i sacri ministri e i fedeli laici. Essa è radicata nella duplice partecipazione al sacerdozio di Cristo attuata nella forma del sacerdozio comune o battesimale e del sacerdozio ministeriale o gerarchico. I capitoli quinto e sesto presentano la santità come il fine della Chiesa e indicano la vita religiosa come una via specifica per giungere alla perfezione. La quarta e ultima coppia descrive in concreto la fase finale della Chiesa e ce ne indica i modelli nella Madonna e nel Santi.
In Lumen Gentium è anche possibile individuare un movimento pendolare che, procedendo dal generale al particolare, ne scopre l'interno dinamismo. Starei per dire ch'è il movimento dal tutti ad alcuni. Così, riguardano tutti nella Chiesa, i capitoli primo e secondo che, considerati in unità, presentano la Chiesa come mistero (cap. I) e come soggetto storico (cap. II); il capitolo quarto, che tratta dell'universale vocazione alla santità, e il capitolo settimo dove, come s'è detto, si tratta dell'indole escatologica della Chiesa e della sua unione con la Chiesa celeste. Riguardano, invece, alcuni nella Chiesa il capitolo sulla costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare l'episcopato (cap. III), quello sui laici (cap. IV), sui religiosi (cap. VI) e sulla Beata Vergine Maria (cap. VIII).
Il suggerimento implicito è quello di riscoprire il polo comunitario della Chiesa, al cui interno si comprendono tutte le vocazioni particolari. E' la Chiesa (ekklesìa vuol dire, in ultimo, convocazione, come ci ricorda lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 751) la grande chiamata da Dio. Al suo interno vivono tutte le personali e originali chiamate.
E' già stato fatto un riferimento all'ultimo capitolo di Lumen Gentium, dedicato alla Madonna. Il definitivo inserimento del tema mariologico nel De Ecclesia ha conosciuto a un iter abbastanza complesso nella fase dei dibattiti conciliari. Fin dal principio infatti, si discusse molto se farne un documento a se stante oppure se un capitolo inserito nello schema sulla Chiesa.
Alla fine prevalse questa proposta, i cui risultati sono da ritenersi senza dubbio positivi. Il titolo del capitolo ottavo è eloquente. Pur nelle sue altissime prerogative personali di Madre di Dio e benché unica nella sua vocazione perché chiamata a realizzare in sé la più intima partecipazione all'umanità salvifica del Figlio di Dio quale sua vera Madre, Maria non è un'isolata. Ella vive, piuttosto, nel mistero di Cristo e della Chiesa e ha il suo posto precipuo nell'unico Cristo totale [l'espressione è di S. Agostino] quale
*membro sovreminente e singolarissimo, sua figura e modello eccellentissimo nella fede e nella carità+ (Lumen Gentium 53).Mai un Concilio Ecumenico aveva dedicato così ampio spazio alla Vergine Santa, come ha fatto il Vaticano II. La caratteristica di questo capitolo è quella di avere saldato in unità due correnti mariologiche, solo apparentemente opposte. La prima è chiamata cristotipica perché insiste sul legame di Maria con Cristo; l'altra, invece, è detta ecclesiotipica perché preferisce lumeggiare in Lei il ruolo di tipo e di modello della Chiesa. Si potrebbe sintetizzare quest'ultima tendenza, e al tempo descrivere il nucleo della dottrina di Lumen Gentium, col titolo scelto dal p. R. Cantalamessa per un suo bel volume sulla Madonna: Maria uno specchio per la Chiesa; o anche, per usare un'espressione cara a S. Francesco d'Assisi, Maria è la Vergine diventata Chiesa.
Il capitolo ottavo della nostra Costituzione salda e armonizza queste due tendenze nella categoria del
*mistero di Cristo e della Chiesa+. C'è chi ritiene che questo, insieme col capitolo primo sul mistero della Chiesa, è fra i più armonici e chiari di tutta la Lumen Gentium. In effetti è un testo avvincente, anche per il suo stile narrativo e per la sua ispirazione biblica. Il suo cuore è costituito dalle parti dedicate alla relazione di Maria col mistero di Cristo (nn. 55-59) e col mistero della Chiesa ((nn. 60-65). Conclude una sezione dedicata al culto mariano, che dieci anni dopo sarà ampliata da Paolo VI con la bella esortazione apostolica Marialis Cultus, pubblicata nel 1974. Ricordando Paolo VI vorrei aggiungere che il 21 novembre 1964 (dunque nel giorno stesso in cui promulgava la costituzione sulla Chiesa e chiudeva il terzo periodo conciliare) egli ha proclamato Maria *Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima+ e ha voluto *che con tale titolo soavissimo d'ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano+.Tutto questo pone all'ecclesiologia l'esigenza di essere più sensibile e attenta al volto mariano della Chiesa. Mi pare che abbia ragione il p. S. De Fiores, noto mariologo italiano, quando scrive che
*nell'ecclesiologia postconciliare si percepisce un vuoto mariologico, che è stato giustamente chiamato scandalo teologico e deplorevole omissione+.
Quali sono, dunque, le più importanti acquisizioni dottrinali presenti nella costituzione sulla Chiesa?
Nel rispondere mi limiterò a sottolineare a tre punti. Al primo posto metterei la scelta della prospettiva trinitaria. Credo che questo sia un elemento fondamentale. Quando la costituzione esordisce nel suo primo capitolo col proclamare il mistero della Chiesa non intende affatto dire ch'essa è una realtà inconoscibile o astratta ma piuttosto ch'essa appartiene al progetto di salvezza che Dio Padre, nella sua bontà, ha voluto da sempre e ha realizzato nella storia mediante la missione del Figlio e dello Spirito Santo. Si tratta, perciò, del mistero inteso secondo l'accezione che il termine stesso ha nell'epistolario paolino. Questo descrizione della Chiesa a partire dal Dio Trinitario o, meglio, dalla comunione del Padre col Figlio nell'amore dell'unico Spirito è l'effettiva svolta copernicana presente nella ecclesiologia di Lumen Gentium, peraltro ripresa del decreto Ad Gentes sull'attività missionaria della Chiesa. Anche qui, infatti, si legge al n. 2 che
*la Chiesa peregrinante trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo secondo il disegno di Dio Padre+. Dicevo poc'anzi che nella precedente impostazione dei manuali la Chiesa era descritta secondo l'idea della società perfetta, ch'è una categoria sociologica. Per autocomprendersi, invece, la Chiesa ha bisogno prima d'ogni cosa di riferirsi alla sua origine dall'Alto e al suo supremo modello trinitario.S'è vero, come ormai si ripete abitualmente, che l'ecclesiologia del Vaticano II è una ecclesiologia di comunione, lo è fondamentalmente sulla base di questa prospettiva trinitaria.
La Chiesa è comunità di uomini e donne convocati da ogni popolo e nazione ma non sorge da nessun popolo perché è de unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata. E' l'ormai famosissima espressione di S. Cipriano, che chiude il n. 4 di Lumen Gentium. Formula quasi intraducibile, poiché la preposizione latina de dice al tempo stesso imitazione e partecipazione, come si trova spiegato in Unitatis Redintegratio 2:
*il supremo modello e principio di questo mistero è l'unità nella Trinità delle persone in un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo+.Seguendo idealmente la successione dei capitoli della Costituzione sottolineerei
C come secondo punto C la scelta di fare precedere il capitolo sul popolo di Dio a quello sulla costituzione gerarchica della Chiesa. Essa fu importantissima e fu decisiva per il superamento di un'ecclesiologia divenuta, di fatto, per usare una parola di Y. Congar, una gerarcologia, ossia un'ecclesiologia centrata sui poteri e sul ruolo del clero. Il tema del popolo di Dio, peraltro, è la base necessaria per una piena comprensione della figura del fedele laico descritta dal capitolo quarto. In più la nozione di popolo di Dio aiuta a mettere in risalto la condizione storica della Chiesa e la sua apertura al futuro di Dio. In quest'ottica il capitolo secondo della Costituzione si apre sul penultimo sull'indole escatologica della Chiesa, analogamente a come il primo capitolo innalza un'arcata che si chiude con l'ultimo capitolo: la Chiesa vede il suo stesso mistero guardando Maria, un po' alla maniera di come ciascuno di noi scopre la sua effigie osservandosi ad uno specchio. Aggiungerei almeno un accenno alle possibilità offerte dalla nozione di popolo di Dio al dialogo ecumenico.Terzo elemento importante presente in Lumen Gentium è la dottrina sulla sacramentalità dell'episcopato e sul collegio episcopale.
Questi due temi sono strettamente congiunti e portano con sé la teologia della Chiesa locale o particolare. Già da tempo una delle istanze dell'ecclesiologia era quella di equilibrare e completare la dottrina definita dal Vaticano I sul primato del Romano Pontefice. Lo stesso Paolo VI, inaugurando il secondo periodo conciliare, aveva detto che tra i vari problemi da affrontare, salve restando le dichiarazioni dogmatiche del Concilio Vaticano I, era quello che riguardava la dottrina sull'episcopato, sulle sue funzioni e sui suoi rapporti con Pietro. Promulgando Lumen Gentium lo stesso Paolo VI poteva dire:
*è stata così compiuta l'opera dottrinale del Concilio Ecumenico Vaticano I+.Riguardo a quest'ultimo punto, tuttavia. c'è da dire che nel corso dei dibattiti conciliari si ebbero delle discussioni molto vive. In realtà la discussione sul capitolo terzo della Lumen Gentium conobbe alcuni momenti di forte tensione. Un certo numero di Padri conciliari, che non era la maggioranza, ma comprendeva un numero non esiguo di Vescovi, aveva il timore che le affermazioni riguardo alla realtà del Collegio episcopale e alla sua potestà su tutta la Chiesa compromettessero il dogma del Vaticano I sul primato del Romano Pontefice.
Il segno di queste discussioni può ritrovarsi nelle precisazioni della Nota esplicativa previa, che tutte le edizioni dei Documenti del Vaticano II riportano al termine della Costituzione sulla Chiesa, e anche nella ripetuta affermazione che tanto il Collegio quanto la sua autorità possono essere concepiti sempre e solo insieme col Romano Pontefice, che n'è il capo. Si veda
C a tal proposito C il n. 22 della Costituzione.Oggi, a promulgazione avvenuta, la dottrina sulla collegialità episcopale è di fatto acquisita. Ciò non vuol dire che tutte le questioni siano state risolte. Lo stesso Concilio ne ha lasciate aperte alcune, affidandone l'approfondimento al lavoro teologico. Ad esempio, quella riguardo al rapporto tra la piena e suprema potestà su tutta la Chiesa che il Vaticano I riconosce al Papa e quella, anch'essa piena e suprema, che il Vaticano II attribuisce al collegio episcopale. Il riferimento è ad alcuni passaggi del n. 22 di Lumen Gentium. Più in generale direi che sul tema della collegialità il Vaticano II ha aperto un nuovo capitolo e ch'è compito della ecclesiologia post conciliare svilupparne tutte le implicanze presenti. ln altre parole, le relazioni tra primato e collegialità episcopale devono essere ulteriormente approfondite. In tale contesto è da leggere l'istituzione del Sinodo dei Vescovi, annunciata da Paolo VI il 14 settembre 1965 e poi realizzata. Tra queste implicanze c'è il bisogno d'indagare ancora sullo status teologico delle Conferenze episcopali, una struttura ecclesiastica la cui importanza è andata crescendo negli ultimi decenni e della cui utilità pastorale non v'è chi dubita.
Lumen Gentium ha portato a maturazione fondamentali tendenze ecclesiologiche ma ha pure lasciato dei capitoli aperti, che potremmo definire aperti. Infatti, tra le prospettive ecclesiologiche aperte da Lumen Gentium, che hanno conosciuto e conoscono approfondimenti e sviluppi nel dopo Concilio è annoverato il tema della teologia della Chiesa particolare e l'ecclesiologia di comunione.
Riguardo al primo argomento è stato detto
C ed è vero C che Lumen Gentium ha riconosciuto la soggettualità della Chiesa locale o particolare. Tralasciando le questioni terminologiche sulle quale esiste un'abbondante bibliografia, mi riferisco esplicitamente all'emergenza della Chiesa diocesana, descritta dal n. 11 del decreto Christus Dominus come *porzione del popolo di Dio che è affidata alle cure pastorali del Vescovo coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui per mezzo del Vangelo e dell'Eucaristia unita nello Spirito Santo costituisca una Chiesa particolare, nella quale è veramente presente e attiva la Chiesa di Cristo Una, Santa, Cattolica e Apostolica+. Il testo è molto importante e recepisce la dottrina presente in Lumen Gentium, dove, ad esempio, il n. 22 insegna che *i singoli Vescovi sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate a immagine della Chiesa universale e in esse e da esse è costituita l'unica Chiesa cattolica+.Ambedue questi brani sono molto densi. Non è possibile commentarli nel dettaglio ma, almeno dall'ultimo citato, appare chiaramente che la teologia della Chiesa locale è conseguente e intimamente congiunta alla teologia sull'episcopato. Ora, è precisamente questo un punto sul quale si è mossa l'ecclesiologia dopo il Vaticano II. E' un argomento di viva attualità, come dimostra un recente Simposio svoltosi nel 1991 a Salamanca sul tema Chiese locali e cattolicità
+. Esso è di primaria importanza anche per il dialogo ecumenico.La comunione, poi, è divenuta un'idea-chiave e un filo conduttore per interpretare l'ecclesiologia del Vaticano II. Si tratta di un concetto che Lumen Gentium presenta già nel suo Proemio:
*La Chiesa è, in Cristo, come sacramento dell'intima unione dell'uomo con Dio e dell'unità del genere umano+. La stessa dottrina sul popolo di Dio si apre al tema della communio, ad esempio quando, in Lumen Gentium 9, si afferma ch'esso è stato *costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità+. L'ecclesiologia postconciliare si è mossa in questa direzione e la comunione è oggi al centro della riflessione ecclesiologica. In particolare si sottolineano le chances che ha questo concetto al fine di unificare la diversità, sia all'interno della Chiesa cattolica sia nell'ambito del dialogo ecumenico.Il tema della comunione conduce di per sé a quello della partecipazione. In qualche modo sono due parole che indicano una medesima realtà.
Quanto a ciò, dall'ecclesiologia del Vaticano II n'è derivato un grande impulso. La sua base è quella ontologia di grazia che lega tutti i battezzati e li inserisce come membra vive nel mistico corpo di Cristo, dotate ciascuna di vocazioni e di carismi propri. Nella sua esortazione Christifideles laici Giovanni Paolo II parlerà della Chiesa come di un tutto organico e vivente, di una comunione organica, che comprende i doni interni dello Spirito Santo e delle virtù teologali e i doni esterni, come la professione della fede, i sacramenti e il ministero gerarchico. Gli uni sono indissolubilmente uniti agli altri e mediante tutti è edificato e animato il popolo di Dio. La comunione organica della Chiesa è vita di ciascuno in continuo scambio con quella degli altri, con vivo senso della fraternità, nella gioia della uguale dignità e facendo fruttificare insieme i tesori ricevuti da Dio. Un termine che descrive questo scambio vitale è quello di partecipazione
Per indicare le forme espressive della communio nella vita della Chiesa nel post concilio è invalso l'uso di ricorrere al concetto di sinodalità, ritenuto più adatto di altri ad esprimere la peculiarità delle relazioni ecclesiali e la partecipazione alla vita della Chiesa nel modo proprio a ciascuno, secondo i propri ministeri, carismi e uffici. In pratica, la sinodalità comporta il dialogo e la comunicazione fra i diversi soggetti ecclesiali e la partecipazione a un'opera comune secondo il proprio stato di vita nella Chiesa. Ad esempio, all'interno di una Chiesa particolare, esso rispetta il ruolo proprio del Vescovo cooperato dal suo presbiterio e lo specifico apporto dei fedeli laici. Per dirla diversamente, la sinodalità coniuga in armonia, alla maniera di S. Cipriano di Cartagine, il nihil sine episcopo dei fedeli e il nihil sine consilio vestro et sine consensu plebis del vescovo. Mi pare si possa leggere in questa prospettiva quanto ha scritto Giovanni Paolo II nel n. 21 della Tertio Millennio Adveniente, quando inserisce nel cammino di preparazione all'appuntamento del 2000 la serie dei Sinodi iniziata dopo il Vaticano II. Essi, scrive il Papa,
*nascono dalla visione del Concilio Vaticano II sulla Chiesa; aprono un ampio spazio alla partecipazione dei laici, dei quali definiscono la specifica responsabilità nella Chiesa; sono espressione della forza che Cristo ha donato a tutto il Popolo di Dio, facendolo partecipe della propria missione messianica, missione profetica sacerdotale e regale+.Alla vigilia della chiusura del Concilio, il 18 novembre 1965 Paolo VI tenne in Aula un discorso durante il quale individuava, nel suo svolgimento, tre differenti momenti spirituali: quello dell'entusiasmo, dello stupore, della gioia e della speranza; poi, il momento della problematicità, della critica, dell'impazienza della novità, delle audacie, dei timori, del dubbio e degli arbitrii; infine, quello della comprensione e della serena recezione.
Quali sono state alcune difficoltà del post-concilio, con particolare riferimento alla recezione di Lumen Gentium?
*
All'aratura sovvertitrice del campo C diceva C succede la coltivazione ordinata e positiva+. J. H. Newman a suo tempo aveva affermato che ogni concilio nella storia della Chiesa ha sempre provocato grandi sommovimenti. Questo può dirsi anche del Vaticano II e dei primi tre decenni che lo hanno seguito, per quanto concerne sia la dottrina sulla Chiesa sia l'attuazione del suo progetto di aggiornamento [è un termine usato da Giovanni XXIII].Alcune difficoltà sono legate a fattori esterni e ai grandi cambiamenti avvenuti nella società e nella Chiesa stessa. Si pensi, ad esempio, al ritmo vertiginoso conosciuto dall'espansione economica e scientifica, alla messa in discussione dei modelli classici di società, ai processi di liberazione nel cosiddetto Terzo Mondo, ai movimenti di emancipazione della donna, al diffondersi di nuovi modelli culturali. Sono state tutte gravi interpellanze (o sfide) poste alla Chiesa del dopo Concilio. In alcune aree geografiche-culturali esse hanno avuto forti ripercussioni. Si pensi al contenente Latino-americano, dove la riflessione ecclesiologica ha assunto dei tratti particolari le cui espressioni più autentiche si trovano accolte sia nell'istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede sia nei Documenti dell'episcopato latino-americano a Medellìn, Puebla e Santo Domingo.
In tale situazione il cammino post conciliare ha conosciuto inevitabili difficoltà. Fra queste quelle derivate da una concentrazione unilaterale sulla nozione di Popolo di Dio al punto che, in talune interpretazioni, questo concetto teologico ha assunto i contorni (se non addirittura il contenuto) di un dato sociologico. Squilibri di questo genere furono denunciati già nel 1984 in un documento della Commissione Teologica Internazionale e anche il Sinodo straordinario del 1985 avvertì che le varie descrizioni della Chiesa presenti in Lumen Gentium quali sono quella di Popolo di Dio, Corpo di Cristo e sua Sposa, Tempio dello Spirito Santo e famiglia di Dio...
*si completano a vicenda e devono intendersi alla luce del mistero di Cristo o della Chiesa in Cristo+.Quasi di conseguenza altri equivoci sono sorti riguardo alla concezione della missione salvifica della Chiesa, in talune formulazioni quasi ridotta ad un progetto intramondano. Nella sua esortazione Evangelii Nuntiandi Paolo VI portò l'attenzione su questo punto e reagì alla tentazione
*di ridurre la missione della Chiesa alle dimensioni di un progetto puramente temporale, di ridurre i suoi obiettivi a una prospettiva antropocentrica...+. Riaffermando la finalità specificamente religiosa dell'evangelizzazione il Papa ribadì il carattere integrale della salvezza o liberazione cristiana, che deve abbracciare tutto l'uomo, nelle sue varie dimensioni, inclusa la sua apertura all'Assoluto, ch'è Dio.Proprio nella linea di queste ultime affermazioni, come Giovanni Paolo II ha incoraggiato la Chiesa cattolica nella recezione della Lumen Gentium?
Giovanni Paolo II, come già il suo predecessore il servo di Dio Paolo VI, può essere chiamato il grande catechista del Concilio. La sua prima enciclica Redemptor Hominis del marzo 1979 iniziava con un ampio riferimento all'Ecclesiam Suam e col richiamo al principio della collegialità presente nella costituzione sulla Chiesa. Riguardo alla prima scriveva che
*il concilio Vaticano II ha compiuto un lavoro immenso per formare quella piena ed universale coscienza della Chiesa, di cui scriveva papa Paolo VI nella sua prima enciclica... ha dato un impulso fondamentale per formare l'autocoscienza della Chiesa+ (n. 11). Del secondo affermava ch'è la fonte dell'impegno della Chiesa *nella comunione di servizio e nella coscienza dell'apostolato+ (n. 5).Tra gli atti di Giovanni Paolo II che hanno incoraggiato la Chiesa a percorrere le vie tracciate dalla costituzione Lumen Gentium vorrei ricordare anzitutto la promulgazione del nuovo Codice di Diritto Canonico per la Chiesa latina nel 1983 e del Catechismo della Chiesa Cattolica. Nella costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges il Papa ricordava esplicitamente che il nuovo Codice doveva intendersi
*come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico+ I'ecclesiologia conciliare e ch'esso deve sempre riferirsi proprio all'immagine di Chiesa presentata dal Vaticano II. Più diretto richiamo a Lumen Gentium si trova in queste espressioni: *Fra gli elementi che caratterizzano l'immagine vera e genuina della Chiesa, dobbiamo mettere in rilievo soprattutto questi: la dottrina secondo la quale la Chiesa viene presentata come il popolo di Dio e l'autorità gerarchica proposta come servizio; la dottrina per cui la Chiesa è vista come comunione, e che, quindi determina le relazioni che devono intercorrere fra le Chiese particolari e quella universale, e fra collegialità e primato; la dottrina, inoltre, per la quale tutti i membri del popolo di Dio, nel modo proprio a ciascuno, sono partecipi del triplice ufficio di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. A questa dottrina si riconnette anche quella che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, e particolarmente dei laici; e, finalmente, l'impegno che la Chiesa deve mettere nell'ecumenismo+. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, poi, il Papa volle promulgarlo nella stesso giorno in cui, trent'anni prima, Giovanni XXIII aveva aperto il Concilio Ecumenico. Lo stesso testo è indicato come redatto dopo questo Concilio. Chiunque potrà vedere come l'intero articolo dedicato al tema della Chiesa (cfr. CCC 748-975) attinge a piene mani dalla Lumen Gentium, di cui ne ripete pure la struttura esteriore della successione dei temi.Diceva del Papa catechista del Concilio. Potremmo pensare alle esortazioni apostoliche, da Christifideles Laici a Vita Consecrata, che riguardano capitoli vari di Lumen Gentium. Ma non ometterei, un richiamo alle Catechesi che sono tenute abitualmente ogni mercoledì da Giovanni Paolo II.
Anche in questo caso Giovanni Paolo II s'è fatto commentatore e attualizzatore della Costituzione. Dal 10 luglio 1991, infatti, egli ha iniziato il ciclo dedicato alla Lumen Gentium che, si potrebbe dire, continua ancora ai nostri giorni, con le catechesi sulla Beata Vergine Maria. Sul tema mariologico egli aveva già pubblicato nel 1987 l'enciclica Redemptoris Mater, che anche materialmente, con la citazione di Gal 4, 4-ó, si collega all'inizio del capitolo VIII di Lumen Gentium. Commenti ai vari capitoli di questa Costituzione sono da ritenersi, ad esempio, pure le catechesi sui fedeli laici prolungatesi per un anno, dall'ottobre 1993 al settembre 1994.
Poiché sarebbe lungo proseguire nei richiami a testi magisteriali di Giovanni Paolo II, aggiungerei un cenno allo stile e all'esercizio del suo pontificato portando attenzione, ad esempio, ai suoi pellegrinaggi. Nel n. 24 della lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente egli stesso dice che essi
*sono divenuti elemento importante di realizzazione del Concilio Vaticano II+. Con questi viaggi il Papa si fa segno per una Chiesa pellegrina nel mondo e si pone a servizio di quella comunione che, prima che una ecclesiologia, dev'essere la vita stessa della Chiesa.Vorrei, infine, citare un passo dall'enciclica Dominum et vivificantem dove il Santo Padre sviluppa la dottrina sulla presenza e l'azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo. Esso mi sembra molto attuale. Dopo avere citato molteplici passi della Lumen Gentium il Papa così conclude:
* I passi riportati... ci dicono che, con la venuta dello Spirito Santo, ebbe inizio il tempo della Chiesa. Essi ci dicono pure che questo tempo, il tempo della Chiesa, perdura. Perdura attraverso i secoli e le generazioni. Nel nostro secolo, in cui l'umanità si è ormai avvicinata al termine del secondo millennio dopo Cristo, questo tempo della Chiesa si è espresso in modo speciale mediante il concilio Vaticano II, come concilio del nostro secolo. Si sa, infatti, che questo è stato in maniera speciale un concilio ecclesiologico: un Concilio sul tema della Chiesa. Al tempo stesso, l'insegnamento di questo Concilio è essenzialmente pneumatologico: permeato della verità sullo Spirito Santo, come anima della Chiesa+ (n. 26). Questi temi si ritrovano nei nn. 44-47 della Lettera Tertio Millennio Adveniente.
Alcuni appunti fatti all'ecclesiologia di Lumen Gentium da parte di alcuni teologi, anche cattolici, sottolineano che il nostro Documento conciliare appare un poco carente sul piano pneumatologico.
Certo, un'affermazione non è una argomentazione, tuttavia non sarebbe difficile mostrare come quegli appunti siano alquanto ingenerosi. E' vero che l'ecclesiologia del Concilio è prima d'ogni cosa cristocentrica. Anche qui s'avverte il segno di Paolo VI. Si ricorderà, per questo, il suo discorso di apertura del secondo periodo conciliare:
*abbia questo Concilio piena avvertenza di questo molteplice e unico, fisso e stimolante, misterioso e chiarissimo, stringente e beatificante rapporto tra noi e Gesù benedetto, fra questa santa e viva Chiesa, che noi siamo, e Cristo da cui veniamo, per cui viviamo e a cui andiamo+. Altrettanto vero, pero, è che il Vaticano II ha superato il cristomonismo di alcune espressioni ecclesiologiche precedenti col fatto stesso di avere collegato il mistero della Chiesa alle due missioni trinitarie del Figlio e dello Spirito.Vorrei citare un solo esempio con Lumen Gentium 8, dove si afferma un'analogia di struttura tra il mistero del Verbo incarnato e il mistero della Chiesa:
*La società costituita di organismi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una non debole analogia, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura umana serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo+. Si tratta di una dichiarazione fondamentale per la comprensione della Chiesa come sacramento. E', questa, un'altra delle idee-chiave della ecclesiologia di Lumen Gentium, legata a quella di mistero.In questo brano il Concilio attribuisce allo Spirito nei riguardi della Chiesa un ruolo analogo a quello svolto dal Verbo nei riguardi dell'umanità assunta. In tal senso la Chiesa non è semplicemente il sacramento di Cristo ma pure, come si legge nella Dominum et vivificantem, il sacramento dell'azione dello Spirito. Su questo tema H. Mühlen pubblicò nel 1967 un'opera molto interessante dove presentava una fondamentale formula ecclesiologica: il mistero della Chiesa è il mistero della presenza di una Persona (lo Spirito Santo) in molte persone, Cristo e noi.
Viceversa, il post-concilio ha conosciuto, e ancora conosce, espressioni di tendenze ecclesiologiche unilateralmente pneumatologiche, che nei casi più estremi giungono a riproporre antiche contrapposizioni fra ministero e carisma, chiesa dello Spirito e Chiesa dell'istituzione... In proposito occorre, invece, ricordare che una buona ecclesiologia dipende sempre dall'equilibrio tra la cristologia e la pneumatologia. Come diceva Y. Congar,
*la cristologia segna lo stato di salute della pneumatologia+. Egli stesso ripeteva che se Cristo è l'istitutore della Chiesa, lo Spirito ne è il coistitutore. L'ecclesiologia, perciò, dev'essere equilibratamente cristologica e pneumatologica.Nella storia delle idee ecclesiologiche il Vaticano II segna, com'è lei ha già osservato, il punto più alto di un lungo periodo, che ha avuto i suoi prodromi negli ultimi decenni del secolo XIX e il suo periodo aureo negli anni che vanno dal primo al secondo dopoguerra. In quegli anni lo sviluppo della dottrina sulla Chiesa è stato davvero enorme. Qualcuno ha parlato in proposito di panecclesiologismo o di ecclesiologia conseguente. Qual è, dunque, il punto della situazione, con riferimento alla costituzione conciliare sulla Chiesa?
In effetti per tutto questo tempo non soltanto è prodotta un'enorme bibliografia su temi ecclesiologici ma anche quello che non è ecclesiologia è studiato in prospettiva ecclesiologica. Ciò ha avuto il suo riflesso nel Concilio, che ha consegnato in eredità alla Chiesa del XX secolo una teologia centrata sul mistero della Chiesa come
*comunità di fede, di speranza e di carità+ e *quale organismo visibile+, attraverso il quale l'unico Mediatore, Cristo Signore, *diffonde su tutti la verità e la grazia+. Queste parole si trovano all'inizio del n. 8 di Lumen Gentium e si riferiscono alla Chiesa quale universale sacramento di salvezza.Oggi la situazione è profondamente mutata. Nel panorama teologico l'ecclesiologia non è più al centro e l'attenzione della riflessione teologica si è spostata gradualmente dalla Chiesa ad altri problemi. Si osserva, non senza ragione, che la Chiesa non è tutto, che ci sono la questione di Gesù, il mistero di Dio, il significato stesso della cose create.... Paradossalmente, poi, mentre ci si attendeva un incremento dell'amore per la Chiesa, il dopo concilio ha conosciuto un'inversione di tendenza proprio in quelle aree nelle quali si erano sviluppate le nuove proposte ecclesiologiche. Nella sua relazione finale il Sinodo straordinario del 1985 domanda
*perché, nel cosiddetto primo mondo, dopo una dottrina sulla Chiesa spiegata in modo tanto ampio e profondo, si manifesti abbastanza spesso una disaffezione per la Chiesa+?Il fatto non era sfuggito all'occhio attento di Paolo VI il quale nella Evangelii Nuntiandi osservava:
*E' bene accennare a un momento come questo, quando avviene di sentire, non senza dolore, persone, che vogliamo credere bene intenzionate, ma certamente disorientate nel loro spirito, ripetere che esse desiderano amare il Cristo, ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo, ma non la Chiesa, appartenere al Cristo, ma al di fuori della Chiesa+. In breve, il secolo che R. Guardini aveva entusiasticamente salutato come quello del *risveglio della Chiesa nelle anime+ sembra mostrarsi alla fine come il secolo della defezione della masse dalla Chiesa. E' questa la grande sfida raccolta da Giovanni Paolo II nella Tertio Millennio Adveniente e rilanciata alla Chiesa in termini di missionarietà e di dialogo: *Più l'Occidente si stacca dalle sue radici cristiane, più diventa terreno di missione, nella forma di svariati areopaghi+.
Non mancano quelli che individuano, all'origine di queste difficoltà post conciliari, alcune lacune o fragilità insite nell'ecclesiologia del Vaticano II e nello stesso progetto conciliare.
Quanto alle prime si lamenta, ad esempio, che in testi fondamentali di Lumen Gentium vi sia una certa giustapposizione (e comunque una sintesi non perfettamente riuscita) di una ecclesiologia giuridica e di una ecclesiologia di comunione. Quanto alle seconde ci si riferisce spesso alla dichiarata finalità pastorale del Concilio, quasi che ciò abbia comportato un'assenza di valore dottrinale. Il nota bene posto all'inizio di Gaudium et Spes, dice, invece, che l'intenzione pastorale e quella dottrinale si implicano mutuamente.
Non è possibile approfondire qui tali questioni ma si deve ammettere che il Concilio Vaticano II con la sua ecclesiologia è legato inevitabilmente al momento storico in cui è stato celebrato. Esso certamente è l'evento ecclesiale più importante di questo nostro secolo ma non è sicuramente l'ultima parola che lo Spirito ha dettato alla Chiesa. Egli, lo Spirito, continua invece a parlarle attraverso i tempi e, come si legge in Lumen Gentium 4, continua a guidarla
*verso tutt'intera la verità+.Si deve pure ammettere che non poche difficoltà sono derivate da un'esegesi difettosa o unilaterale o anche arbitrariamente selettiva dei testi conciliari, come pure dalla mancata o non piena accoglienza dell'impostazione ecclesiologica del Concilio. Il fatto stesso che nel dopo concilio si sia imposta l'esigenza di sviluppare una ecclesiologia di comunione è un fatto già di per se stesso eloquente. Non è l'unico tema per il quale l'ecclesiologia conciliare è ancora da realizzare. Ad esempio, introducendo l'esortazione Christifideles laici Giovanni Paolo II avvertiva che per la questione del laicato la grande dottrina insegnata dal Concilio è ancora una profezia. Se, dunque, è giusto prendere atto dei mutamenti e anche doveroso, laddove è il caso, annotare eventuali limiti, disarmonie e carenze della sistemazione ecclesiologica conciliare, ancora più doveroso è domandarsi se la visione del Vaticano II sulla Chiesa è stata sino ad ora colta e compresa in tutta la sua ampiezza e profondità.
Al di là dei suoi Documenti, però, il Concilio ci ha lasciato in eredità un metodo che conserva intatta la sua validità e la sua attualità. Per parlare della Chiesa il Vaticano II ha fatto ricorso alle fonti, cioè alla Parola di Dio viva nella Chiesa e trasmessa vitalmente sotto l'assistenza dello Spirito Santo nella dottrina dei Padri, del Magistero dei Pastori, nella testimonianza della liturgia e della vita cristiana del popolo di Dio.
Per quanto possa apparire in contrasto
C ma non lo è C con quanto è stato detto in principio, vorrei aggiungere che nella sistemazione coerente dei testi conciliari alcuni teologi, come A. Grillmeier e C. Pozo, hanno indicato come previa e fondamentale per la comprensione della stessa ecclesiologia del Vaticano II la costituzione Dei Verbum. Se, in effetti, la Chiesa in Concilio ha meditato sul mistero che le è proprio, lo ha fatto alla luce della Parola di Dio, Dei verbum religiose audiens et fidenter proclamans. Ora, proprio al n. 8 della costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione si legge che la *Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La Chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio+.