Unitatis Redintegratio
Decreto sull'Ecumenismo
L'apporto più fondamentale del Decreto sull'Ecumenismo alla vita e all'attività della Chiesa sta nell'avere offerto a tutta la Chiesa una nuova visione dei fratelli cristiani non cattolici, richiamando l'antica verità basilare del cristianesimo sul Sacramento del Battesimo e le sue conseguenze.
Infatti, pur ribadendo lealmente che questi fratelli non godono della pienezza dell'unità e della pienezza dei mezzi della salvezza, il Concilio afferma:
*Nondimeno giustificati nel Battesimo dalla fede, sono incorporati a Cristo, e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani, e dai figli delta Chiesa Cattolica sono giustamente riconosciuti quali fratelli nel Signore+ (n. 3). Pertanto essi * sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa Cattolica+.Ne consegue che
*tra gli elementi o beni, dal complesso dei quali la stessa Chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi e segnalati possono trovarsi fuori dei confini visibili della Chiesa Cattolica, come la Parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili+. (ivi).Inoltre non poche azioni sacre compiute da queste Chiese o Comunità,
*possono senza dubbio produrre realmente la vita della grazia, e si devono dire atte ad aprire l'ingresso nella comunione della salute+. (n. 3). Lo Spirito Santo infatti non ricusa di servirsi di loro come strumenti di salvezza (ivi).Il Concilio esorta i cattolici a seguire il suo esempio nel riconoscere e stimare
*i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati+, *i quali rendono testimonianza a Cristo, talora sino all'effusione del sangue+.Ciò significa infatti
*riconoscere le ricchezze di Cristo+. E il Concilioaggiunge:
* Né si deve dimenticare che quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene fatto nei fratelli separati, può pure contribuire alla nostra edificazione+ (n. 4).Il secondo contributo fondamentale del Decreto sta nell'indirizzare tutta la Chiesa con tutti i suoi figli verso l'impegno ecumenico. Anzitutto il Concilio sottolinea solennemente il grave dovere di tutti i membri della Chiesa di lavorare per questa mèta:
*La cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i Pastori e ognuno secondo la propria virtù, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici + (n. 5).A questo scopo si richiede anzitutto il rinnovamento della vita della Chiesa e di ciascuno dei suoi membri
*affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli Apostoli+. Eccone la ragione. Benché sia vero *che la Chiesa Cattolica è in possesso di tutta la verità rivelata da Dio e di tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore, per cui il volto della Chiesa meno rifulge davanti ai fratelli da noi separati e al mondo intero e la crescita del Regno di Dio ne è ritardata+ (n. 4).Di qui la conseguenza:
*Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione cristiana+ (ivi).Donde nasce il principio:
*Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di sé stesso e dal pieno esercizio della carità+ (n. 7) *Questa conversione del cuore e questa santità di vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani, si devono ritenere come l'anima di tutto il movimento ecumenico+ (n. 8)A questi mezzi, per così dire, interiori, s'aggiungeranno
*gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi+ (n. 4). Si aggiungeranno poi gli sforzi per conoscersi meglio reciprocamente. Una migliore mutua conoscenza e la pratica della carità, favoriranno tra i cristiani di diverse confessioni - a seconda che le circostanze lo permetteranno - anche *una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune+ (ivi). Infatti *la cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione, che già vige tra di loro, e pone in più piena luce il volto di Cristo Servo+ (n.12), il quale *non è venuto per essere servito, ma per servire+ (Mt 20,28).Trattandosi di un attività pastorale della Chiesa come tale, è ovvio che l'azione ecumenica deve svolgersi
*sotto la vigilanza dei pastori+ (n. 4), anzi, deve essere dai pastori +promossa industriosamente e con prudenza da loro diretta+ (ivi).Il Decreto sull'Ecumenismo assicura la progressiva realizzazione di una delle principali finalità, per cui Papa Giovanni XXIII ha convocato il Concilio. Che proprio questo aspetto dell'Assise Ecumenica abbia suscitato maggior interesse nell'opinione pubblica mondiale, mostra quante speranze vi annette l'umanità di oggi. Il che non sorprende. E' infatti, nell'unità dei battezzati che il mondo contemporaneo, come quello di ieri, deve riconoscere Cristo suo unico Salvatore (Gv 17,21).
Il Decreto Unitatis Redintegratio fu approvato da 2148 Padri il 21 novembre 1964 con 2137 voti a favore e con 11 voti contrari.
Unitatis Redintegratio
A colloquio con Mons. Eleuterio F. Fortino
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Cosa ha significato la pubblicazione del decreto Unitatis Redintegratio da parte del Concilio Vaticano II ?
Questo documento ha rappresentato l
=ingresso ufficiale della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico che in questo secolo andava sviluppandosi tra gli altri cristiani. Il decreto lo riconosce con obiettività: *Il Signore dei secoli, il quale con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l=interiore ravvedimento e il desiderio dell=unione. Moltissimi in ogni dove sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è sorto, per grazia dello Spirito Santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell=unità di tutti i cristiani+ (U.R. 1).Il decreto fa chiaro riferimento a quanto era avvenuto precedentemente alla formazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Amsterdam 1948), cioè a due movimenti confluiti in quel Consiglio, vale a dire il movimento
*Vita e Azione+, un movimento per il cristianesimo pratico e il movimento più attento agli aspetti dottrinali denominato *Fede e Costituzione+. La confluenza nel Consiglio Ecumenico delle Chiese di questi due movimenti per l=unità, di fatto complementari nei loro metodi, diede un vero dinamismo alla ricerca ecumenica. La Chiesa cattolica che non partecipava ai due movimenti non partecipò neanche alla creazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Dopo la prima guerra mondiale, una delegazione del movimento *Fede e Costituzione+ fece in giro di orizzonte tra le varie Chiese per organizzare una conferenza mondiale per l=unità. Venne anche a Roma e fu ricevuta da Papa Benedetto XV. Il rapporto di quel viaggio afferma che l=accoglienza (16 maggio 1919) fu di una *irresistibile benevolenza+ respingendo però con *irresistibile rigidità+ l=invito alla Conferenza.Dieci anni più tardi, il Papa Pio XI con l
=enciclica *Mortalium animus+ (1928) *sulla vera unità religiosa, a proposito di adunanze cosiddette pan-cristiane+ spiegava perché *non abbia mai permesso ai suoi fedeli di intervenire ai congressi degli acattolici+.Il Papa vi vedeva il rischio di indifferentismo e di modernismo, secondo il quale la verità dogmatica non sarebbe assoluta, ma relativa. Vi si vedeva il rischio di relativismo ecclesiologico. Solamente negli anni seguenti si è avuta una progressiva chiarificazione. Da una parte il movimento ecumenico chiarificò i suoi intenti e i suoi metodi, dall
=altra parte nella Chiesa cattolica si ebbe una migliore conoscenza del movimento ecumenico anche per merito di tanti teologici cattolici che apportarono contributi, all=inizio non sempre compresi, ma che si mostrarono essenziali per una visione sempre più oggettiva del movimento ecumenico.Questo travaglio, vissuto con tensioni ma anche con autentico senso di responsabilità ha creato le condizioni perché il Concilio potesse dichiarare l
=impegno della Chiesa cattolica in campo ecumenico: *Questo Santo Concilio nota con gioia che la partecipazione di fedeli nell=azione ecumenica crebbe ogni giorno, e la raccomanda ai vescovi di ogni paese della terra, poiché dia promossa con sollecitudine e sia con prudenza da loro diretta+ (U.R. 4). Le reticenze della Chiesa cattolica hanno contribuito in modo positivo a trovare un solido fondamento al movimento ecumenico e un atteggimaneto di reciproco rispetto anche quando le varie parti espongono le proprie posizioni.Come è stata accolta la partecipazione della Chiesa cattolica nel movimento ecumenico ?
Con esultanza e con un certo timore. Esultanza, perché la reticenza della Chiesa cattolica nei confronti del movimento ecumenico in realtà in qualche modo mortificava il movimento stesso; inoltre lo rendeva monco, non solo della partecipazione della maggiore comunità cristiana, ma anche della presenza di una posizione teologica determinante nella storia e nella vita del cristianesimo. Al Concilio Vaticano II quasi tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali avevano accettato di inviare osservatori delegati. La loro presenza era stata provvidenziale per stabilire veramente nuove relazioni. Essi avevano partecipato a tutte le sessioni conciliari. Conoscevano quindi dall
=interno i sentimenti della Chiesa cattolica e i principi dottrinali su cui essa fondava il suo impegno ecumenico.Il fatto che la Chiesa cattolica accettasse di partecipare con i propri principi all
=unico movimento ecumenico, era visto come una acquisizione essenziale e vitale per l=intera ricerca della piena unità fra tutti i cristiani.Vi erano anche dei timori, così come rimanevano tra gruppi di altri cristiani forti preconcetti contro la Chiesa cattolica.
I timori riguardavano la Chiesa cattolica come tale, con il suo grande numero di fedeli, con la sua organizzazione su piano mondiale, con la stessa struttura fortemente unitaria e con la sua stessa teologia circa le esigenze della piena unità: unità nella fede, nei sacramenti e nel governo. Ma un movimento che tende alla ricomposizione dell
=unità deve affrontare la situazione reale e le reali divergenze. La Sacra Scrittura e la grande tradizione della Chiesa saranno di indispensabile aiuto alla discussione teologica.Nonostante questi nascosti timori, talvolta pure manifestati, non appena è terminato il Concilio, le diverse Chiese e Comunità ecclesiali hanno chiesto di entrare in dialogo con la Chiesa cattolica. Il desiderio dell
=unità era fondato. Già nel 1965, si è creato il Gruppo Misto di Lavoro (GML) fra la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese che ha fatto da battistrada alla creazione di diverse commissioni miste per i dialoghi bilaterali con le singole Comunioni Cristiane Mondiali:!
con la Comunione anglicana (1966)!
con la Federazione Luterana Mondiale (1967)!
con il Consiglio Mondiale Metodista (1967)!
con Movimenti Internazionali Pentecostali (1972)!
con la Chiesa copta ortodossa (1973)!
con i Discepoli di Cristo (1977)!
con gli Evangelicals (1977)!
con tutte le Chiese ortodosse insieme (1980)!
con l=Alleanza Mondiale battista (1984)!
con la Chiesa sira dell=India (1989).
In tale modo la Chiesa cattolica entrava in dialogo con il resto del mondo cristiano attraverso due strumenti: con il dialogo bilaterale e con il dialogo multilaterale. La sua partecipazione al movimento ecumenico dava nuova vitalità all
=intera ricerca dell=unità soprattutto sul piano teologico.
Quali principi teologici e quali orientamenti pratici ha dato il decreto Unitatis Redintegratio per l
=impegno ecumenico della Chiesa cattolica.Cerco di riassumere alcuni elementi del decreto:
a. La ricerca dell
=unità è un impegno ecclesiale e non una iniziativa privata di singole persone.Essa riguarda l
=intera comunità cattolica proprio perché cattolica. *La cura di ristabilire l=unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici+ (UR 5).Questo orientamento si fonda su una coerente comprensione del mistero stesso della Chiesa, come ha messo in rilievo il Direttorio Ecumenico (1993):
*La fede nel mistero della Chiesa stimola (i cattolici) e li illumina in maniera tale che la loro azione ecumenica possa essere ispirata e guidata da una vera comprensione della Chiesa che è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell=intima unione con Dio e dell=unità di tutto il genere umano+ (n. 9).I due nuovi codici di diritto canonico, per la Chiesa latina (1983) e per le Chiese orientali (1990) hanno assunto questa prospettiva facendone una norma canonica:
*La Chiesa è tenuta a promuovere per volontà di Cristo il ristabilimento dell=unità di tutti i cristiani; spetta in primo luogo a tutto il collegio dei Vescovi e alla Sede Apostolica sostenere e dirigere in mezzo ai cattolici il movimento ecumenico che tende a tale fine+ (CIC, can. 755, '1; cfr. CCEO, can. 902).b. Autocoscienza della Chiesa cattolica e relazioni con le altre Chiese e Comunità ecclesiali.
Al movimento ecumenico, la Chiesa cattolica così come del resto le altre Comunità cristiane, si presenta con i propri principi teologici che per quanto riguarda l
=impegno ecumenico sono stati precisati nel Concilio Vaticano II.Si trattava di affermare la convinzione dei cattolici sulla realtà della stessa Chiesa cattolica e come considerare la realtà cristiana e ecclesiale delle altre Comunità cristiane.
b1. Innanzitutto il decreto ha affermato la fede dei cattolici circa la stessa Chiesa cattolica.
La Chiesa di Cristo
*in questo modo costituita e organizzata come società sussiste (subsistit) nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui+ (LG 8).La Chiesa cattolica ha la coscienza di essere la Chiesa di Cristo e come tale si presenta in campo ecumenico. Questa affermazione conciliare costituisce uno dei punti fermi dei cattolici nella ricerca ecumenica. La divisione tra i cristiani non è pervenuta a far scomparire la Chiesa disgregandola. La divisione tra i cristiani non ha neanche fatto perdere la sua unità. il decreto sull
=ecumenismo parlando della piena unità verso cui si orienta il movimento ecumenico dichiara che i cristiani *per questa via, a poco a poco, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiastica, si riuniscono in quella unità dell=unica Chiesa, che Cristo fin da principio donò alla sua Chiesa e che crediamo sussistere senza possibilità di essere perduta nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno di più, fino alla fine dei secoli+ (UR 4). L=affermazione assertiva e non esclusiva, permette anche di considerare positivamente nella loro realtà le altre Comunità cristiane.b2. Immediatamente dopo e di conseguenza il Concilio fonda le relazioni con gli altri cristiani. Le relazioni con le altre Comunità cristiane si fondano sulla base di una reale comunione parziale esistente e non su un benevolo atteggiamento puramente affettivo o solamente psicologico o culturale. la Costituzione dogmatica sulla Chiesa dichiara:
*Con coloro che, battezzati, sono si insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l=unità di comunione sotto il successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragioni (plure ab rationes) congiunta+ (LG 15). Vengono anche segnalate queste ragioni di comunione reale: tutti mantengono il riferimento alle Sacre Scritture, la fede in Dio Padre e in Cristo, Figlio di Dio e Salvatore, l=unico e comune battesimo; altri gruppi di cristiani conservano anche altri sacramenti e pure l=episcopato, celebrano la Sacra Eucarestia, venerano la madre di Dio. La Lumen Gentium ricorda anche che essi hanno anche *una certa vera unione nello Spirito Santo, poiché anche in loro con la sua virtù santificante opera per mezzo di doni e grazie e ha fortificato alcuni di loro fino allo spargimento del Sangue+ (LG 15). E= su questa base teologica che il Santo Padre, in preparazione al Grande Giubileo del 2000, nella Tertio Millennio Adveniente ha proposto di redigere un *martirologico comune; cioè un antologia di *nuovi martiri+ - cattolici, ortodossi e protestanti - che nel tempo delle persecuzioni nazista o comunista hanno dato testimonianza alla fede cristiana.Il decreto sull
=ecumenismo fa questa sintesi: *Quelli che credono in Cristo ed hanno ricevuto debitamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica+ (UR 3).Come lo ha descritto la Costituzione sulla Chiesa nel luogo sopra citato, questa comunione è diversificata. E
= più ampia la comunione con la Chiese ortodosse e maggiore sono le divergenze con i protestanti. Per le Chiese ortodosse il decreto perviene a fare questa affermazione: *con la celebrazione dell=Eucarestia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce+ (UR 15).Di tutte le altre Chiese e Comunità ecclesiali, il decreto sull
=ecumenismo ha potuto asserire che *lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza+ (UR 3).Questa chiarezza di posizione teologica ed ecclesiologica tanto in relazione alla coscienza dei cattolici circa la Chiesa cattolica, quanto la considerazione seria e responsabile della identità cristiana degli altri cristiani, ha permesso ai cattolici di partecipare in modo positivo al movimento ecumenico.
Quali orientamenti di azione pratica ha dato il Concilio?
L
=intero II1 capitolo del decreto tratta dell=esercizio dell=ecumenismo. Gli orientamenti dati si riferiscono da prima all=interno della Chiesa cattolica e quindi necessariamente al rapporto con gli altri cristiani.Nella piena consapevolezza che il rinnovamento, come accresciuta fedeltà alla propria vocazione, ha un
=importanza singolare per il ristabilimento della piena unità, il decreto sottolinea la conversione personale: *Ecumenismo vero non c=è senza interiore conversione+ (UR 7). Il rinnovamento deve ispirare anche l=intera Chiesa cattolica così come in realtà stava avvenendo C osserva il decreto C con il movimento biblico. liturgico, catechetico, con l=apostolato dei laici e l=attività sociale della Chiesa: *La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo e questa continua riforma, di cui C in quanto istituzione umana e terrena C ha sempre bisogno+ (UR 6).La preghiera per l
=unità viene proposta come strumento privilegiato nella ricerca per l=unità, tanto la preghiera dei cattolici per l=unità quanto la preghiera comune. La preghiera è considerata *come l=anima di tutto il movimento ecumenico+ (UR 8). Nelle indicazioni per i rapporti con gli altri cristiani si rilevano alcune dimensioni essenziali: innanzitutto la formazione ecumenica, l=insegnamento della Sacra teologia e delle altre discipline ecclesiastiche da fare anche sotto l=aspetto ecumenico.*
Infatti dalla formazione dei sacerdoti dipende sommamente la istituzione e la formazione spirituale dei fedeli e dei religiosi+ (UR 10).Nei rapporti con gli altri cristiani, il decreto propone il dialogo diretto con gli altri cristiani, un dialogo leale e sereno proteso esclusivamente alla ricerca ella verità e condotto con un linguaggio comprensibile agli altri cristiani. Lo sviluppo teologico nel secondo millennio con l
=Oriente e da cinque secoli con i protestanti ha avuto luogo senza veri contatti e quindi identiche categorie formali possono nascondere comprensioni diverse. Occorre un grande sforzo di reciproca conoscenza e comprensione. Infine il decreto propone la cooperazione pratica che è una forma di carità fraterna, quella di portare i pesi gli uni e gli altri.Il decreto vi vede anche una importante valenza ecumenica:
*La cooperazione di tutti i cristiani esprime vivamente quella unione, che già vige tra loro, e pone in più piena luce il volto di Cristo Servo+ (UR 12).Quali applicazioni ha avuto il decreto Unitatis Redintegratio ?
L
=entusiasmo con cui è stata accolta la pubblicazione del decreto sull=ecumenismo ha accompagnato l=applicazione di alcuni suoi aspetti, non senza alcune facilonerie, espressione, certo di buona volontà, ma anche di improvvisazione e di qualche dose di incompetenza.Al termine del Concilio, Papa Paolo VI aveva dichiarato che il Segretariato per l
=unione dei cristiani C creato come organismo conciliare C dovesse assumere la fisionomia di dicastero permanente della Curia Romana. Si creava così l=organismo competente per mettere in pratica i principi sull=ecumenismo.Meno di due anni dopo veniva che quel Segretariato pubblicava il Direttorio Ecumenico Ad totam Ecclesiam (AAS 1967, 474-5592). Questo documento precisava diversi aspetti dell
=impegno pratico e dava anche nuova disposizione particolarmente in relazione alla Communicatio in Sacris, che modificavano le norme ristrettive del passato e indicava delle possibilità di parziale partecipazione reciproca alla cose sacre per rispondere ai bisogni spirituali dei fedeli e per promuovere una più intensa convivenza.Il direttorio ecumenico del 1967 comprendeva quattro capitoli su quattro importanti problemi:
Precisamente. Il primo capi tolo trattava della creazione di commissioni ecumeniche a livello diocesano e a quello dei Sinodi delle Chiese orientali cattoliche e delle Conferenze episcopali.
Di queste commissioni e del loro capillare lavoro di promozione, Papa Giovanni Paolo II
C nella recente enciclica Ut Unum Sint (1995) C ha fatto la seguente considerazione: *Tali iniziative attestano il coinvolgimento concreto e generale della Chiesa cattolica nell=applicare gli orientamenti conciliari sull=ecumenismo+ (UUS 31).Il secondo capitolo trattava un elemento essenziale che sta alla base dell
=intero movimento ecumenico e in particolare delle qualità della partecipazione della Chiesa cattolica: *Validità del battesimo amministrato dai ministri delle Chiese e Comunità ecclesiali separate+. Questo capitolo ha dato l=avvio a numerosissimi accordi nei diversi paesi sul reciproco riconoscimento del battesimo rendendo così un servizio considerevole a diverse questioni pastorali, come per esempio, quello dei Matrimoni Misti.Il terzo capitolo su
*L=Ecumenismo spirituale nella Chiesa cattolica+ trattava della preghiera per l=unità.Il quarto capitolo affrontava la questione della
*comunicazione nelle cose spirituali con i fratelli separati+. Questa questione che dal Concilio era stata trattata nei suoi principi generali (UR 8; OE 26) veniva precisata in norme concrete tanto sulle possibilità di communicatio in sacris quanto sui limiti determinati dall=attuale perdurante situazione di divisione.Il direttorio ecumenico ha dato un aiuto sostanziale alla promozione dell
=ecumenismo e non soltanto nella Chiesa cattolica.Nel 1970 è stata pubblicata un
=altra parte dei Direttorio sulla formazione ecumenica nei seminari e nelle facoltà teologiche: *L=ecumenismo nell=insegnamento superiore+ (AAS 1970, 705-724). La ricerca dell=unità penetrava in strati più profondi e delicati. Seguirono da parte del Segretariato per l=unità dei cristiani altri documenti su aspetti particolari come sul dialogo (1970), su casi particolari di ammissione di altri cristiani all=Eucarestia (1972 e 1973), sulla collaborazione ecumenica a livello locale (1973).Non era solo il Segretariato per l
=unione a preoccuparsi della promozione dell=ecumenismo. Il Santo Padre con la sua azione e la sua parola lo aveva sempre presente fino a indicare la ricerca dell=unità come una priorità pastorale.L
=esortazione apostolica Evangelium Nuntiandi (1975), la Catechesi Tradendae (1979) contenevano vitali orientamenti per questi settori così delicati per l=annuncio e la formazione.La preoccupazione ecumenica entrava in documenti normativi della Chiesa cattolica come la Costituzione apostolica Sapientia Christiana (1979) sulle università e le facoltà ecclesiastiche e nella Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis (1985) della Congregazione per l
=Educazione cattolica.Il Direttorio Catechetico Generale (1971) della Congregazione del Clero richiamava l
=attenzione alla dimensione ecumenica.Il recente Direttorio per l
=applicazione dei principi e delle norme sull=ecumenismo (1993) ripropone i principi e le norme rivedute alla luce dei progressi del movimento ecumenico e costituisce una guida sicura nell=impegno ecumenico.Negli stessi anni in cui veniva questa applicazione all
=interno della Chiesa cattolica, si instauravano anche le relazioni con gli altri Cristiani. Mai nella storia come nell=ultimo trentennio, i cristiani sono stati in un così intenso contatto teologico e spirituale. Queste relazioni registravano avvenimenti importanti che segnavano profondamente la sensibilità e la fantasia del popolo cristiano.Così il 7 dicembre 1965 con una cerimonia parallela a Roma, di fronte ai Padri Conciliari e al Patriarca Ecumenico venivano
*condannate all=oblio+ C come si diceva nel testo della dichiarazione comune C le sentenze di scomunica del 1054 fra una delegazione di Roma e il Patriarca con il suo Sinodo di Costantinopoli. Il gesto veniva giustamente visto come il passaggio *dalla scomunica al rapporto di fraternità e di dialogo+. Seguirono le visite del Papa Paolo VI e di Papa Giovanni Paolo II al Fanar (1967 e 1979) e quelle dei Patriarchi ecumenici a Roma (Athenagoras, 1967; Dimitrios, 1987; Bartolomeo I, 1995). Non solo ma molti capi di Chiese si recarono a Roma in circostanze diverse. Anche con le altre Chiese ortodosse e con le Comunioni Cristiane Mondiali di occidente si ebbero sempre più intensi rapporti altre, come si è già detto, all=apertura dei dialoghi teologici bilaterali.Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha pubblicato l
=Enciclica *Ut Unum Sint+ sull=impegno ecumenico. In essa illustrando i principi cattolici in questo campo, confermati e riconsiderati per la loro validità alla luce dell=esperienza fatta, il Papa dedica un capitolo (nn. 41-76) ai *frutti del dialogo+. Quali risultati hanno prodotto i diversi dialoghi teologici.Qui il termine dialogo viene preso in senso lato corrispondente all
=espressione più ampia di movimento ecumenico, che abbraccia due dimensioni essenziali: il dialogo della carità e il dialogo teologico in senso stretto.In realtà occorre avere presenti una molteplicità di frutti prodotti come: la fraternità ritrovata (nn. 41-42), la solidarietà (n. 43), le convergenze nella Parola di Dio e nel culto divino (nn. 44-46), l
=apprezzamento dei beni presenti tra gli altri cristiani (nn. 47-48), la crescita di comunione (n. 49) a motivo delle convergenze determinate dalle conversazioni teologiche, tanto con le Chiese ortodosse (nn. 50-61), quanto con le Antiche Chiese d=Oriente (nn. 62-63), quanto con le altre Chiese e Comunità ecclesiali in Occidente (nn. 64-76).Nell
=indicare e valutare i frutti prodotti da questo complesso movimento l=enciclica persegue un metodo induttivo, fenomenologico e pastorale. Parte da quegli aspetti più macroscopici, come la fraternità e la solidarietà, per pervenire a quelli meno evidenti ma sottostanti e propriamente causanti le manifestazioni dei nuovi rapporti tra i cristiani: cioè le convergenze teologiche o almeno la riscoperta della parziale, ma solida, comunione esistente tra i cristiani. In questo senso più profondo l=enciclica parla di crescita di comunione (n. 49).Su questa base teologica e spirituale vengono presentati i rapporti fra la Chiesa cattolica e gli altri cristiani, nella piena coscienza che la consistenza dei beni condivisi con le diverse Chiese e Comunità cristiane é diversificata in conseguenza delle maggiori o minori divergenze esistenti e che impediscono la piena comunione.
E
= per questa ragione che ai progressi del dialogo l=enciclica dedica sezioni distinte quando parla delle Chiese ortodosse, delle Antiche Chiese d=Oriente, delle Comunioni ecclesiali sorte dalla Riforma?Precisamente. Consideriamole, anche se succintamente.
C
Rapporti con le Chiese ortodosse.L
=enciclica parlando del lavoro svolto dalla commissione mista di dialogo con la Chiesa ortodossa nel suo insieme (1980) recepisce quasi letteralmente lo scopo che quella Commissione si è prefisso e che qualifica l=intero orientamento del dialogo cattolico-ortodosso. Questo dialogo persegue *lo scopo di ristabilire la piena comunione tra le due Chiese. Tale comunione fondata nell=unità di fede, in continuità con l=esperienza e la tradizione della Chiesa antica, troverà la sua espressione piena nella concelebrazione della Santa Eucaristia+ (UUS 59). La commissione mista ha prodotto quattro documenti. L=enciclica dichiara il progresso compiuto: *Con spirito positivo, basandoci su quanto abbiamo in comune, la Commissione mista ha potuto progredire sostanzialmente+ (UUS 59). Il Santo Padre offre degli elementi per esplicitare un tale apprezzamento. Ricorda che con il Patriarca Ecumenico Dimitrios I ha potuto dichiarare insieme che, a quella data (1987), la commissione mista era pervenuta ad esprimere *ciò che la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa possono già professare insieme quale fede comune nel mistero della Chiesa ed il vincolo fra fede e sacramenti+ (ibidem). In seguito, aggiunge il Papa, la commissione mista ha potuto constatare ed affermare che *nelle nostre Chiese la successione apostolica è fondamentale per la santificazione e l=unità del popolo di Dio+ (ibidem). Inoltre l=enciclica registra che più recentemente il dialogo cattolico-ortodosso è pervenuto ad affermare la dottrina delle Chiese-sorelle (UUS 60) di cui la Chiesa cattolica aveva ripreso coscienza dal Concilio Vaticano II in poi (UUS, nn. 55-58). Nell=ultimo documento pubblicato dalla commissione mista si afferma: *Da entrambi le parti si riconosce che ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa - la professione della fede apostolica, la partecipazione agli stessi sacramenti, soprattutto all=unico sacerdozio che celebra l=unico sacrificio di Cristo, la successione apostolica dei vescovi - non può essere considerato come proprietà esclusiva di una delle nostre Chiese+. Da questa constatazione si trae questa conseguenza: *Per questa ragione la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa si riconoscono reciprocamente come Chiese sorelle, responsabili insieme della salvaguardia della Chiesa di Dio nella fedeltà al disegno divino, in modo del tutto speciale per quanto riguarda l=unità+. L=espressione AChiese-sorelle@ quindi è un vertice del progresso realizzato tra cattolici e ortodossi. Non si tratta di una espressione soltanto sociologica o più banalmente convenzionale o di una espressione sentimentale. Si tratta di un concetto teologicamente denso che sta alla base della concezione della Chiesa locale e della visione dell=unità della Chiesa come comunione di Chiese in comunione con il successore di Pietro.Da tutto ciò si evince la fondatezza della valutazione che ne fa l
=enciclica: *Si tratta di punti di riferimento importanti per la continuazione del dialogo. E c=è di più: queste affermazioni fatte insieme costituiscono la base che abilita i cattolici e gli ortodossi a rendere sin da ora, nel nostro tempo, una comune testimonianza fedele e concorde perché il nome del Signore sia annunciato e glorificato+ (UUS 59).C
Rapporti con le Antiche Chiese d=Oriente.Le Antiche Chiese d
=Oriente rimanevano distinte dal tempo del Concilio di Calcedonia (451) e estraniate da barriere culturali. Induriti stereotipi determinavano una sorda incomunicabilità. Anche con queste antiche Chiese, che in situazioni difficili e talvolta tragiche, hanno mantenuto la fede cristiana e le strutture fondamentali della Chiesa di Cristo, dal Concilio Vaticano II in poi si sono allacciate relazioni fraterne e differenziate forme di dialogo. L=enciclica sottolinea i frutti positivi prodotti proprio a proposito della controversia storico-teologica che aveva isolato queste Chiese (sira, copta, etiopica, armena) dal resto della cristianità. Il Santo Padre scrive: *E proprio per quanto riguarda il tema cristologico, abbiamo potuto dichiarare insieme ai Patriarchi di alcune di queste Chiese la nostra fede comune in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo+ (UUS 62).Qui il Papa fa riferimento alle dichiarazioni comuni di Papa Paolo VI con il Patriarca copto di Alessandria S.S. Shenouda III (1973), con i Patriarchi della Chiesa di Antiochia dei Siri e di tutto l
=Oriente, S.S. Mar Ignatio Jacoub III (1971 e 1974); e con il successore S.S. Zakka Iwas I, e più recentemente con la Chiesa Assira allontanatasi già al tempo del Concilio di Efeso (431). Il Santo Padre sottolinea questo risultato veramente maggiore perché chiarifica la professione stessa di fede in Gesù Cristo: *Per le tradizionali controversie sulla cristologia, i contatti ecumenici hanno reso dunque possibili chiarimenti essenziali, tanto da permetterci di confessare insieme quella fede che ci è comune. Ancora una volta si deve constatare che tale importante acquisizione è sicuramente frutto della ricerca teologica e del dialogo fraterno+ (UUS 63). Se a distanza di più di 1500 anni il dialogo ha potuto raggiungere un tale risultato, ciò mostra la validità del metodo di ricerca intrecciato fra contatto reale e discussione senza reticenze.C
Rapporti con le Chiese e Comunità ecclesiali in Occidente.Dal Concilio Vaticano II in poi le riprese relazioni con le singole Comunioni cristiane provenienti dalla Riforma, hanno potuto esprimersi anche in specifici dialoghi bilaterali. Queste Comunioni cristiane differiscono non soltanto dalla Chiesa cattolica
*ma anche non poco tra di loro... per le loro diversità di origine, di dottrina e di vita spirituale+ (UR 19). Di conseguenza i vari dialoghi bilaterali hanno avuto propri sviluppi con relativi risultati differenziati. Il Santo Padre presenta nell=Enciclica una sintesi complessiva, ma che contiene diversi elementi provenienti dai vari dialoghi: *Il dialogo è stato ed è fecondo, ricco di promesse. I temi suggeriti dal Decreto conciliare come materia di dialogo sono stati già affrontati, o lo saranno a breve scadenza. La riflessione dei vari dialoghi bilaterali, con una dedizione che merita l=elogio di tutta la comunità ecumenica, si è concentrata su molte questioni controverse quali il Battesimo, l=Eucaristia, il Ministero ordinato, la sacramentalità e l=autorità della Chiesa, la successione apostolica. Si sono delineate così delle prospettive di soluzione insperate e nel contempo si è compreso come fosse necessario scandagliare più profondamente alcuni argomenti+ (UUS 69).Tutto ciò motiva l
=affermazione che il dialogo ha avuto come effetto globale una crescita di comunione, da una parte ha fatto prendere coscienza della comunione esistente, dall=altra ha ridotto C per così dire C le divergenze?L
=appartenenza di tutti i cristiani a Cristo, la loro incorporazione a Cristo, e la loro vocazione a realizzare l=unità visibile nella piena comunione ecclesiale, appartengono ormai alla coscienza comune dei cristiani nel nostro tempo. Sarà ancora il dialogo teologico, assistito dal magistero, a trovare le forme della comunione e tutte le sue esigenze sulla base della sacra Scrittura e della grande Tradizione cristiana.C
Dialogo aperto su questioni aperte.Il dialogo è stato fecondo anche per un
=altra ragione, altrettanto positiva. Ha aiutato a comprendere che è necessario scandagliare più profondamente alcuni argomenti. Il dialogo quindi passa ad altri livelli.L
=Enciclica segnala un programma di dialogo da espletare. *Sin da ora è possibile individuare gli argomenti da approfondire per raggiungere un vero consenso di fede:1. le relazioni tra sacra Scrittura, suprema autorità in materia di fede e la sacra Tradizione, indispensabile interpretazione della parola di Dio;
2. l
3. l
=Ordinazione, come sacramento, al triplice ministero dell=episcopato, del presbiterato e del diaconato;4. il Magistero della Chiesa, affidato al Papa e ai Vescovi in comunione con lui, inteso come responsabilità e autorità a nome di Cristo per l
=insegnamento e la salvaguardia della fede;5. la Vergine Maria, Madre di Dio e icona della Chiesa, Madre spirituale che intercede per i discepoli di Cristo e tutta l
=umanità+. (UUS 79)Questa problematica si riferisce più generalmente al dialogo con le Comunioni cristiane di occidente. Il dialogo va comunque continuato anche con le Chiese d
=Oriente. Il problema maggiore aperto con queste Chiese è il ministero del Papa nella Chiesa. Questo problema è aperto anche con gli altri cristiani. Nell=enciclica Ut Unum Sint, il Papa lo pone sul tavolo del dialogo con una impostazione che ha suscitato notevole interesse fra gli altri cristiani. Per quanto riguarda il problema l=enciclica rileva: *Il ministero del Vescovo di Roma, il segno visibile e il garante dell=unità, costituisce una difficoltà per la maggiore parte degli altri cristiani, la cui memoria è legata da certi ricordi dolorosi+ (UUS 88). Il Papa esprime da una parte la consapevolezza che la Chiesa cattolica, tra tutte le Chiese e Comunità ecclesiali ha conservato il ministero del successore di Pietro; dall=altra sottolinea, come evento incoraggiante, il fatto che la questione del primato *sia attualmente diventato oggetto di studio, immediato o in prospettiva+. Ma anche il Papa stesso propone uno studio con gli altri cristiani sul primato. La formulazione proposta del problema è questa: *Trovare una forma di esercizio del primato, che pur non rinunciando in nessun modo all=essenziale della sua missione, si apra ad una nuova situazione+ (UUS 95).Di fronte a questo dialogo proposto ai responsabili ecclesiali e ai teologi, il Papa si pone in atteggiamento di preghiera:
*Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, ed illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese, affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo monastero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri+ (UUS, 95). Il dialogo teologico resta quindi aperto.Questo excursus da lei tracciato, con grande amabilità e competenza sull
=impegno ecumenico della Chiesa cattolica dal documento conciliare Unitatis Redintegratio all=enciclica Ut Unum Sint ha voluto mettere in rilievo la validità permanente dei principi cattolici sull=ecumenismo e la loro fecondità. Come potremmo avviarci alla conclusione?Il dialogo ha progredito sostanzialmente
C ha affermato il Papa nell=Enciclica Ut Unum Sint C che rilancia il dialogo rilevando che va intensificato per assolvere pienamente al proprio compito.Nell
=enciclica il Papa segnala un nuovo stadio nel movimento ecumenico, quello della ricezione dei risultati del dialogo.*
Mentre prosegue il dialogo su nuove tematiche o si sviluppa a livelli più profondi, abbiamo un compito nuovo da assolvere. Come recepire i risultati sino ad ora raggiunti. Essi non possono rimanere affermazioni delle commissioni bilaterali, ma debbono diventare patrimonio comune+ (UUS 80).Per questa operazione occorre un ampio e accurato processo critico che analizzi le conclusioni dei vari dialoghi e ne verifichi con rigore la coerenza con la Tradizione di fede ricevuta dagli apostoli e vissuta nella comunità dei credenti radunata attorno al Vescovo, suo legittimo Pastore.
Questa analisi presuppone la divulgazione e la conoscenza di documenti anche da parte dei fedeli, esige il contributo specifico dei teologi e delle facoltà di teologia, e l
=intervento dell=autorità docente nella Chiesa *che ha la responsabilità di esprimere il giudizio definitivo+ (n. 81).Nella prospettiva del Terzo Millennio, il Santo Padre proponendo una preparazione adeguata alla celebrazione del Grande Giubileo, ha indicato l
=esigenza ecumenica come una dimensione necessaria da tenere in particolare considerazione.*
L=avvicinarsi della fine del secondo millennio sollecita tutti ad un esame di coscienza e ad opportune iniziative ecumeniche, cosicché al Grande Giubileo ci si possa presentare, se non del tutto uniti, almeno molto più prossimi a superare le divisioni del secondo millennio+ (TMA 34).