L'Apostolo delle Genti
Archimandrita Damaskinos Kokkinis
Paolo, l'Apostolo delle genti, è considerato, lungo i secoli e fino ad oggi, un personaggio significativo, sia per la letteratura sia per la teologia greca.
Era nato a Tarso, città ellenica della Cilicia, da genitori ebrei della diaspora, sotto l'imperatore Augusto. Appartenendo all'impero, la sua famiglia e lui fruivano della cittadinanza romana. Di questo legame esistenziale alla Grecia e a Roma, Paolo andava fiero (cfr. Atti 21,37-39; 22,25.29).
Pur essendo d'origine ebraica, la lingua, l'educazione, come pure i primi amici, rimasero greco-ellenisti. Probabilmente l'apprendimento dell'ebraico non era iniziato per lui che a partire dai cinque anni, allorché ogni bambino ebreo, anche nella diaspora, doveva imparare a memoria lo Shema (cfr. Dt ai capitoli 5-6), preghiera da recitarsi ogni giorno, e il Grande Hallel (i salmi dal 113 al 118) che si cantavano nella solenne celebrazione, in famiglia, della festa di pasqua.
All'età di 10 anni, un bambino ebreo imparava oralmente anche storie famose e leggende del suo popolo. Forse all'età di 15 anni, il giovane Saul (era questo il suo nome ebraico) partì per Gerusalemme, per frequentare la scuola superiore, presso il tempio, ai piedi del noto rabbino Gamaliele, che insegnava Scritti e Profeti, Leggi e Tradizioni. Questo tipo di studi normalmente terminava con il conferimento del titolo di rabbino, per il quale si esigeva però il matrimonio da parte del neo-maestro. È possibile che anche Saul-Paolo si sia sposato, come ancora avviene nella tradizione ortodossa per i sacerdoti cristiani.
Il giovane rabbino presumibilmente annoverava nella cerchia degli amici anche greci pagani, oltre ad ellenisti (che erano ebrei della diaspora) o ad altre persone di cultura greca che lo conoscevano come "Paolo", un nome che significa "poco" o "di poco conto", richiamando, almeno etimologicamente, una bassa statura. Greco, o meglio ancora "ellenista", Saul lo era diventato grazie alle circostanze. Di grecità era imbevuto il linguaggio, il modo di pensare e quindi la sua stessa psicologia. Greco era la sua passione per la conoscenza o il sapere (in greco "filosofia"). Sicuramente conosceva anche la religione pagana, se non altro per difendersene e controbatterla. Com'ebreo, però, la distinzione tra panteon (divinità greche) e monoteismo (ebraico) era e restava molto forte; la sua appartenenza al vero Dio era indiscutibile.
Nel panteon esisteva anche un altare a un dio ignoto, sconosciuto ma non negato, di cui già i filosofi antichi evidenziavano aspetti o nomi concreti, come "acqua" (il cristiano pensi all'acqua del battesimo), "vento" (in greco, 'pneuma', che si traduce anche "spirito" nelle lingue moderne), "fuoco" (il cristiano pensi alle fiammelle di fuoco dello Spirito Santo del giorno di Pentecoste), o nomi più astratti come il numero (che indica proporzione, misura, armonia) o l'iperuranio, il mondo delle idee (il credente pensi alla sapienza che pre-esiste, come modello o idea vera, a tutte le cose create).
Quel dio ignoto, insegnato anche da Socrate nell'agora, era stato anche il motivo più autentico della condanna, per "ateismo", di questo grande filosofo. Ateo era considerato chiunque rifiutasse i tanti idoli del potere politico e religioso appunto per cercare il dio ignoto.
Questo dio era lo stesso di cui parlò Paolo nell'agora di Atene, come il più importante di tutti gli altri conosciuti, fino a quel momento, dai Greci di Atene.
Possiamo immaginare che entrando in questa grande e colta città, l'ellenista Paolo, che veniva dalla nativa Tarso, sia rimasto stupito dalla ricchezza e dalle numerosissime sculture e statue dedicate agli dei dell'Olimpo. Una reazione di rigetto sarebbe stata anche dettata dalla sua fedele appartenenza alla sinagoga di Tarso, e allo splendido Tempio di Erode a Gerusalemme.
Però, dopo il folgorante incontro con il Gesù Risorto sulla strada di Damasco, Paolo si è avvicinato ai vari popoli della terra. Si è aperto ai Romani, per quanto pagani essi fossero come a tanti altri ai quali, come ebreo zelante, non avrebbe osato neppure rivolgere il saluto.
Paolo ha iniziato rapporti amichevoli, facendosi tutto a tutti, pur di portarne qualcuno a Gesù, il Cristo, cioè alla salvezza. Con tutti stabiliva relazioni a partire dal Vangelo del Figlio di Dio (la Parola o il logos incarnato) che all'umanità aveva aperto la strada alla liberazione, o a nuove terre e a nuovi cieli.
La predicazione di Paolo non si esauriva quindi a Tarso, tra amici e conoscenti, o tra gli Ebrei della Palestina, nelle loro sinagoghe. Piuttosto, arrivava agli uomini di cultura, la sua voce risuonava nelle agora delle città che egli intenzionalmente e sistematicamente visitava. Ad Ebrei che conoscevano la Bibbia insegnava che il Messia era presente come potenza di salvezza per tutti in Gesù di Nazaret. Ai Greci parlava del Cristo come sapienza vera di Dio, alla base della coscienza dell'uomo nuovo. A tutti annunciava la morte e la resurrezione di Gesù come vera cura di ogni male. A tutti indicava la via della salvezza anche dalla morte fisica.
Non conosciamo ciò che ha effettivamente detto nelle agora, ma dalle sue lettere traspira l'amore che egli nutriva per tutti, il suo zelo cioè per costruire un'unica Chiesa. Alcune città l'accolgono con affetto, prendendosi cura di lui; altri lo considerano un nemico e lo scacciano o lo fanno fuggire dalle loro mura.
Paolo ha subito flagellazioni, lapidazioni e altri patimenti che però non lo hanno logorato, né hanno spento la sua entusiastica predicazione della grande misericordia di Dio. Le reazioni contro di lui erano a volte violente sia da parte dei pagani che degli ebrei. Sia agli uni che agli altri dava fastidio il suo Vangelo.
Le donne, fino ad allora scarsamente considerate, sono raggiunte dal messaggio di Gesù che Paolo porta con sé, non facendo più distinzioni fra uomini e donne, fra Giudei e Greci, essendo tutti diventati una sola persona in Gesù Cristo.
A Filippi, egli non ha esitato a parlare con la ricca catecumena greca, Lidia, proveniente dalla città di Tiatìra. Aveva perfino accettato l'ospitalità in casa di questa donna.
Il messaggio di Paolo, soprattutto ai Greci, è considerato difficile e anche filosofico. È stato così perché Paolo aveva a che fare con persone che conoscevano bene la filosofia e spesso si ponevano con lui in un rapporto dialettico molto sofisticato.
Valevano tutti coloro che, attraverso di lui, potevano conoscere Cristo. Le città antiche, famose per le loro ricchezze, i loro templi, le loro mura di cinta, erano per Paolo cose passate, inutili. Noi predichiamo - egli diceva - Cristo crocefisso, che è considerato scandalo dai Giudei e stoltezza dai Greci, ma potenza e sapienza di Dio per i credenti, sia di origine giudaica che gentile (Cfr. 1 Cor. 1, 22. 26)
Paolo è Apostolo e, in quanto tale, sa parlare con franchezza e competenza sia agli ebrei, che conoscono l'Antico Testamento, sia ad amici o nemici gentili che seguono la filosofia e gli dèi della Grecia; trovava una parola adatta per tutti; sapeva affrontare e chiarire i problemi di fede sia per gli Ebrei che per i Greci, usando il linguaggio di entrambi.
Tutte le 13 lettere di Paolo (e anticamente gli era attribuita anche quella agli Ebrei) sono scritte in greco, evidentemente perché tutti i destinatari conoscevano questa lingua, che è anche quella del Vangelo.
Famose città come Salonicco (Tessalonica) che aveva il monopolio commerciale della Macedonia, non lo impressionavano gran che, non essendo la Parola di Dio per lui una merce, ma un dono gratuito di salvezza per tutti.
Neanche alla bella città di Filippi, la prima sul territorio europeo, Paolo ha venduto Gesù Cristo, come non l'ha fatto ad Atene, dove nell'agora, si mercanteggiavano le idee o le scienze. Athena Minerva stupiva tutti, fuorchè Paolo, ma neppure dal Cristo di Paolo essa si lasciò affascinare. Tuttavia il migliore giudice della città, Dionisio, grazie a Paolo, divenne un colto discepolo di Gesù, e uno dei figli e fratelli più cari dell'Apostolo.
Noi Greci di Atene consideriamo Paolo e Dionisio le nostre più grandi benedizioni, e siamo orgogliosi che la lingua greca e la filosofia siano stati suoi mezzi per comunicare.
Ci chiediamo sempre se Paolo sia ebreo, greco o romano. Per rispondere, non dovremmo dimenticare alcune cose:
1. che Paolo è nato in una città ellenica;
2. che ha parlato e studiato il greco fin da bambino;
3. che la sua predicazione al 99% è avvenuta in città elleniche;
4. che tutte le lettere del corpus paulinum, sono state scritte originariamente in greco.
Per questo è giustificabile ritenere Paolo l'Apostolo delle nazioni. Non ha ancora conquistato tutto il mondo a Cristo, ma continua a farlo, nella Chiesa, insieme ad Andrea ed a Pietro.
Per noi Greci è un vanto avere Paolo per compaesano, e per tutti gli anni trascorsi da lui in territorio greco.