La solidarietà

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E’ in corso di pubblicazione la "Biblioteca della solidarietà", un’opera editoriale in 37 volumi per oltre seimila pagine, realizzata da Caritas italiana e Piemme. Queste nostre righe che cosa possono essere al confronto? Neanche un breve sommario dell’argomento! Offriamo solo l’occasione di qualche pensiero, spunti da confrontare, passettini di cultura prepolitica...

 

La parola

Solidarietà è una parola viva, dalle molteplici risonanze: morali, sociali, giuridiche, religiose. Pronunciarla è come toccare un nervo sensibilissimo, è come trovare una fonte d’acqua che sgorga in molti zampilli, è come raggiungere un’arteria che irrora con molti capillari molti tessuti del nostro corpo. Se prendete il vocabolario, trovate che quando si parla di solidarietà ci si riferisce sempre a dei legami, in generale legami di reciproco aiuto, che nascono tra i membri appartenenti a un gruppo. Questi legami possono essere di natura affettiva, sociale, soprannaturale. Talvolta sono dettati dal solo interesse. Si può giungere fino a parlare di "governo di solidarietà nazionale", quando forze di diverse e anche contrapposte ideologie sono concordi nell’assumersi solidalmente responsabilità di governo in situazioni di eccezionale gravità. Il vasto orizzonte di significati della parola solidarietà si estende fino a comprendere legami per raggiungere fini malvagi. Basti pensare alla complicità e all’omertà mafiosa.

TRA - CON - PER

Queste tre piccole parole sono come lo schizzo dell’intero disegno, e vengono usate per tratteggiare la solidarietà.

1.tra è condividere con gli altri, stare dentro, non estraniarsi dalla condizione comune "nella buona e nella cattiva sorte"; 2.con è non far mancare il proprio contributo, farsi carico delle cause comuni, ricercare punti di intesa, essere corresponsabili; 3.per è spendersi per gli altri disinteressatamente, non risparmiarsi quando c’è bisogno di noi.

 

LA COSTITUZIONE ITALIANA

La nostra Costituzione (1948), proprio nell’articolo che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, afferma che essi devono essere strettamente congiunti con "l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art 2). Questo articolo ha una storia legata anche al nome di Giuseppe Dossetti, che, tra i padri della Costituzione, ora leva ancora la voce autorevole per sostenere quella Carta che fonda i nostri diritti e doveri di italiani. Nei lavori preparatori c’era stato un intervento di Dossetti, che tendeva a porre in luce

"la precedenza sostanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi bisogni non solo materiali ma anche spirituali) rispetto allo Stato; la necessaria socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e a perfezionarsi a vicenda mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale".

A quel tempo parlamentari di contrapposte posizioni politiche hanno accettato la solidarietà, in questo quadro di princìpi alla base della vita sociale italiana, come un valore dai connotati umani.

 

SOLIDARIETÀ: CHE COSA NON È E CHE COSA È

Alcune parole della "Sollicitudo rei socialis" (38) di Giovanni Paolo II ci sembrano chiare ed efficaci. La solidarietà, dice il Papa,

"NON è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine e lontane;AL CONTRARIO è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti".

E’ un’affermazione sulla quale molti possono concordare, anche quelli che non attingono ai princìpi della fede. Per questi, la solidarietà è un partecipare ai vincoli esistenti nella società, una specie di "coscienza della società". Anche senza una visione idilliaca della realtà attuale, si constata che intorno al significato di solidarietà ci si può ritrovare in molti, anche con il cosiddetto mondo laico, ora che almeno due grandi pregiudiziali sono, in larga misura, cadute. La pregiudiziale del liberalismo infatti guardava con diffidenza alla solidarietà perché il liberalismo poneva le leggi economiche al di sopra di tutto, ma ora deve fare i conti con nuove realtà. Il totalitarismo, per esempio quello comunista, rifiutava la solidarietà perché costituiva un alibi per non affrontare i nodi dei conflitti sociali e delle ingiustizie esistenti.

SCEGLIAMO UNA SOTTOLINEATURA: NELLA SOLIDARIETÀ, LA CORRESPONSABILITÀ

A guardar bene dentro alla solidarietà, dentro alla sua stessa natura, ci si accorge che essa genera non una responsabilità in linea retta, per esempio da chi ha di più a chi ha di meno, dall’istituzione al cittadino ecc. La solidarietà genera una specie di responsabilità circolante, potremmo chiamarla così. Ci pare che questa sottolineatura sia utile particolarmente quando si parla di solidarietà nella politica.

Si può affermare, senza sembrare "duri di cuore", che esistono dei pericoli nel campo della solidarietà? Rispondiamo di sì, che i pericoli ci sono se quella che chiamiamo solidarietà non è vera solidarietà fondata sul valore della persona e protesa a obiettivi pienamente umani. Facciamo solo qualche esempio.

 

• Non è solidarietà pretenderla dagli altri solo a proprio vantaggio o riunirsi in gruppo solo per tutelare meglio i propri interessi, senza badare ai diritti altrui.

• E quando in clima elettorale i candidati si dichiarano solidali con i bisogni degli elettori, è sempre genuina solidarietà? Certamente non lo è quando agli elettori si fanno facili promesse, che si sa di non poter mantenere. Non è solidarietà quando si annienta la coscienza politica di una persona, facendone un "cliente" o un parassita. Con questo genere di caccia al voto, come già scriveva Luigi Sturzo nel 1956, si trattano le persone "come se fossero pecore da mercato".

ALCUNI SPUNTI PER RIFLETTERE

Ci stiamo spingendo, ce ne rendiamo conto, in un tema molto delicato, che dovrebbe essere affrontato con molte più sfumature di quante possiamo permetterci in questi nostri flash. Ma chi vuole sa usare anche solo qualche spunto per riflettere. La persona umana è un essere autonomo, ma vive di relazioni interpersonali. E la società moderna ripropone sotto forme nuove l’interdipendenza anche drammatica tra gli esseri umani. Constatiamo ogni giorno che se da una parte esasperiamo il senso dell’io, dall’altra siamo sempre più un "noi", siamo accomunati dalla necessità di una vicendevole integrazione, abbiamo sempre più bisogno gli uni degli altri per essere più umani. Dipendere gli uni dagli altri non può significare solo la sopravvivenza, non mi posso cioè accontentare che anche l’"altro"... stia al mondo, ma devo puntare al valore di ognuno. Non sono solidarietà, per esempio, le attività che tendono a soggiogare in forme più o meno camuffate. Alla base deve esserci sempre il riconoscimento della dignità dell’altro.

"L’esercizio della solidarietà all’interno di ogni società è valido, quando i suoi componenti si riconoscono tra di loro come persone" ("Sollicitudo rei socialis", 39).

Gli uomini cioè sono interdipendenti non come gli animali in un branco, ma come persone. Tutti devono poter esprimere questo valore di persona umana attiva, nessuno deve poter umiliare l’altro schiacciandolo nella passività. Vi sono, sì, i confini estremi della solidarietà, quelli della gratuità assoluta, quando solidarietà vuol dire soccorrere un fratello che non può far altro che ricevere. A questi confini estremi, il riconoscimento della dignità dell’altro può essere espresso solo dal puro fatto di assistere, nel senso di stare accanto, di stare insieme o di porgere il pane e l’acqua. E’ là dove il rapporto "io - tu" tocca l’essenza misteriosa dell’umano e, per il cristiano, il senso ultimo della carità. Ma nelle sue espressioni più diffuse e consuete la solidarietà fa appello alla responsabilità dei soggetti coinvolti. Le categorie in gioco infatti non sono solo quelle del "dare" e del "ricevere" materialmente, ma sono anche quelle del sostenere, del sollecitare, del promuovere, dell’attivare, del creare possibilità, del fornire occasioni...

Se la radice della solidarietà è la struttura relazionale dell’uomo, anche la persona che, in una determinata situazione, è il destinatario, cioè riceve la solidarietà, deve dimostrare in qualche misura di essere attivo, di solidarizzare con chi (persona o gruppo) lo aiuta. E, l’abbiamo già detto, colui che aiuta non deve opprimere e rendere passivo chi, in quel momento e per determinate circostanze, sta ricevendo aiuto.

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: ALCUNI PUNTI QUALIFICANTI SULLA SOLIDARIETÀ

Il tema della solidarietà occupa un posto di grande rilievo nella tradizione cristiana. Noi non ci immergiamo nel grande mare dei documenti del magistero, dove la Chiesa, specialmente in questi ultimi tempi, fa appello alla solidarietà, ma ne indichiamo alcune connotazioni caratteristiche alla luce di quei documenti. L’idea di solidarietà è tra i princìpi-base della Dottrina sociale della Chiesa e, a sua volta, si ricollega a quei valori-cardine che abbiamo già visto essere anche alla base della politica e del bene comune.

• la persona è al centro e va difesa la sua dignità

• l’uomo ha necessità di integrarsi con altri uomini, ha bisogno di rapporti interpersonali

• l’uomo è creato solidale, è fatto per raggiungere insieme agli altri il bene comune

• la solidarietà è da esercitare privilegiatamente verso i più deboli, gli "ultimi"

Recentemente la Dottrina sociale della Chiesa ha rivolto l’attenzione alla solidarietà che varca i confini delle nazioni, constatando la necessità di una vera e propria solidarietà internazionale. Lo ricorda anche il nuovo Catechismo: "tra le nazioni, le cui politiche sono già interdipendenti, è necessaria la solidarietà" (2438).

"VIRTÙ EMINENTEMENTE CRISTIANA"

Il terreno comune per credenti e non credenti è molto ampio. Non a caso Pio XII parla di "legge di solidarietà umana e di carità". Ma perché nella Dottrina sociale della Chiesa si eleva quasi un inno alla solidarietà? Perché il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce la solidarietà "una virtù eminentemente cristiana" (1948)? La Dottrina sociale della Chiesa, in definitiva, ha una ragione suprema sulla quale fondare la solidarietà: Dio per primo è stato solidale con gli uomini. La storia della salvezza è storia della progressiva rivelazione che Dio fa di se stesso all’uomo come di un Dio che entra nella sua vita, fino a condividerla pienamente in Gesù di Nazaret dato per noi. Il nostro è un Dio che ha la predilezione della paroletta CON, dice un teologo. Ma potremmo anche aggiungere che Dio sta TRA di noi e si dà PER noi. Da qui deriva che il cristiano deve considerare sinonimi solidarietà e carità, in lui solidarietà e carità devono fondersi in un’unica virtù: la carità sospinge verso la solidarietà e la solidarietà risplende del tutto solo nella carità.

SOLIDARIETÀ IN CRISI DI CRESCITA?

Viviamo in una società nella quale si parla molto di solidarietà, ma c’è da chiedersi quale uso se ne fa. Da un lato c’è la cultura individualistica, l’esaltazione del "privato" e della sua efficienza, la solidarietà di chi si riunisce per far valere interessi di gruppo senza apertura sul bene comune. Dall’altro ci sono segni di carattere diverso, che promettono una riscoperta della solidarietà come valore. Basti pensare allo sviluppo del volontariato, impegnato ad affrontare i problemi della marginalità e della devianza o proiettato nel Terzo Mondo. E sul terreno politico si fa largo l’esigenza di affrontare i difficili nodi della convivenza umana con una integrazione di apporti del "pubblico" e del "privato", dell’efficienza e della solidarietà. Ci possono dunque essere operazioni uguali provenienti da motivazioni diverse? Certamente sì. E il cristiano si intenderà tanto più con gli altri sulle operazioni da fare quanto più si alimenterà alle radici della sua fede. E questo non per affermare i princìpi usandoli come colpi di clava sulla testa altrui, ma per incontrarsi sugli orientamenti, su quanto può essere comune. Il cristiano ha avuto in dono il senso ultimo delle cose, il senso che tutto dirige, e perciò deve essere in grado di cogliere e di mettere in risalto, insieme agli altri uomini, il valore dei "significati intermedi" delle realtà umane alla luce dell’incarnazione del Figlio di Dio.

CHE COSA CI PREME

Lo abbiamo potuto constatare: la Dottrina sociale della Chiesa non è un blocco scaraventato nella società civile per provocare uno scontro muro contro muro. Anzi, ci preme far notare (cosa di grandissima attualità nel nostro momento politico italiano) che ci troviamo davanti a un’occasione, quasi impensabile fino a poco tempo fa, di poter andare d’accordo, di poter percorrere insieme un buon tratto di strada, fra cristiani e non cristiani, fra cattolici e "laici", sulla solidarietà. C’è una vasta area della Dottrina sociale della Chiesa nella quale cattolici e non cattolici possono e devono pensare e operare con fruttuosa concordia. Che sia l’inizio di quella concordia che san Tommaso chiama "amicizia politica"? Questo non vuol dire che tutti la devono pensare allo stesso modo. Vuol dire che quelli che hanno a cuore il bene comune, cercheranno di confrontarsi e anche di battersi per le loro idee non con l’arroganza e la violenza, ma in clima di costruttiva "amicizia civica, che della società è il tessuto connettivo e la forza vitale" (Maritain).

TIRIAMO LA RIGA

Solidarietà è dunque parola di grande fascino, ma che si presta anche a sottili e rischiosi fraintendimenti. E’ parola che indica una realtà delicata, che può giungere fino ad essere labile, fino a dissolversi, ma può indicare anche una realtà troppo forte, che può giungere fino all’invadenza, fino a travolgere gli argini della responsabilità altrui. Solidarietà è parola che può essere usata anche come alibi del dire e non fare, e anche di un fare senza chiari orientamenti.

 

SOLIDARIETA’..."sta scritto":

• gareggiare nello stimarsi a vicenda (Rm 12,10)

• avere i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri (Rm 12,16)

• accogliersi gli uni gli altri (Rm 15,7)

• correggersi l’un l’altro (Rm 15,14)

• salutarsi gli uni gli altri con il bacio della pace (Rm 16,16)

• aspettarsi gli uni gli altri (1Cor 11,33)

• aver cura gli uni degli altri (1Cor 12,25)

• essere al servizio gli uni degli altri nell’amore (Gal 5,13)

• portare gli uni i pesi degli altri (Gal 6,2)

• confortarsi a vicenda (1Ts 5,11)

• edificarsi gli uni gli altri (1Ts 5,11)

• vivere in pace gli uni con gli altri (1Ts 5,13)

• cercare il bene gli uni degli altri (1Ts 5,15)

• sopportarsi a vicenda (Ef 4,2)

• essere benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri (Ef 4,32)

• essere sottomessi gli uni agli altri (Ef 5,21)

• perdonarsi a vicenda (Col 3,13)

• pregare gli uni per gli altri (Gc 5,16)

• amarsi intensamente gli uni gli altri (1Pt 1,22)

• praticare l’ospitalità gli uni verso gli altri (1Pt 4,9)

• rivestirsi di umiltà gli uni verso gli altri (1Pt 5,5)

• essere in comunione gli uni con gli altri (1Gv 1,7)

 

(in G. LOHFINK, Gesù come voleva la sua comunità?, Ed. Paoline 1987, p 136-137). E’ un elenco (incompleto, dice l’autore) di passi scritturistici che contengono il pronome di reciprocità: allélon = l’un l’altro. "In questa parolina si esprime una pagina importante della teologia della comunità nel cristianesimo primitivo".