Quale preghiera
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La preghiera contemplativa è per tutti
• La contemplazione non è riservata a chi va in clausura?
• Per contemplare ci vuole silenzio, solitudine, condizioni particolari di vita. Volete dire che anche nelle condizioni di vita normali si può fare una preghiera contemplativa?
IL TERMINE "CONTEMPLAZIONE"
La preghiera contemplativa e il termine stesso "contemplazione" hanno nella spiritualità cristiana una storia ricca, delicata e complessa.
Fino a qualche decennio fa, siamo stati abituati a sentire parlare di contemplazione come vertice quasi inaccessibile della preghiera, come dono dall’alto riservato a pochi. Per lunghi secoli poi la contemplazione si è presentata prevalentemente, anche se non esclusivamente, nel suo aspetto, per così dire, "istituzionalizzato". Erano infatti considerati contemplativi gli uomini e le donne che appartenevano a ordini religiosi, come ad esempio carmelitane, clarisse, trappisti eccetera, che portavano la storia, il nome, la missione della contemplazione come testimonianza di lode perenne nella Chiesa.
Il filosofo Maritain osserva che il termine contemplazione è "elastico", perché esprime molte cose. La tradizione cristiana lo ha conservato per dire che la contemplazione è il modo massimo di conoscere Dio. Anche se, osserva ancora il Maritain, nella contemplazione più che conoscere Dio lo si sperimenta.
Usando il linguaggio di ogni giorno, si potrebbe dire che nella contemplazione si fa la conoscenza di Dio volendogli bene. "Pensare a Dio con amore", diceva Charles de Foucauld.
Nel linguaggio comune il termine contemplare è usato per indicare un guardare a lungo, intensamente qualcosa che desta ammirazione o meraviglia: la natura, un’opera d’arte... Questo sguardo, per cogliere la bellezza e per assaporarla, può sospingere al di là di ciò che si contempla alla ricerca dell’autore della bellezza. E’ uno sguardo che contiene in sé un modo di partecipare, di immedesimarsi. Se poi cogliamo lo sguardo di una mamma sul figlio che le dorme in braccio beato o lo sguardo di due che si amano, ci è subito chiaro che il contemplare non esprime solo la facoltà degli occhi. E’ un guardare che comunica intensamente, che esprime un rapporto, che dice quello che uno è per l’altro.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (2715), per descrivere la contemplazione, dice che è "sguardo di fede fissato su Gesù" e cita la risposta del contadino d’Ars al suo santo curato: "Io lo guardo e lui mi guarda". [Per la dottrina sulla contemplazione attiva per tutti i cristiani ci atteniamo a questa linea del Catechismo della Chiesa Cattolica. Il Catechismo degli Adulti invece parla di contemplazione soltanto come esperienza di preghiera straordinaria (998-1000)].
"E’ POSSIBILE LA VITA CONTEMPLATIVA NEL MONDO?"
Era il titolo di un libro uscito negli anni successivi alla seconda guerra mondiale e segnalava un fenomeno emergente. Si aveva l’impressione che la contemplazione potesse calarsi, come dall’alto della cima sulla quale era stata fino ad allora, nella vita di ogni cristiano. Ad alcuni di noi, non più giovanissimi, forse risuonano ancora all’orecchio ricorrenti espressioni del vocabolario spirituale dei tempi immediatamente pre- e post-conciliari: "delegati alla preghiera", "permanenti in preghiera", "contemplativi nell’ azione", "contemplativi sulle strade", "contemplativi nel mondo"... In queste e in altre formulazioni emergevano profili inconsueti della preghiera cristiana e la contemplazione vi si delineava come chiaroscuro o risuonava come contrappunto.
E tutto questo incominciava ad avvenire quando la stragrande maggioranza degli uomini ignorava o misconosceva, come mai nel passato, la vita contemplativa nella sua forma classica e istituzionale. Questo fenomeno affiorava quando il mondo era convulso e preda della violenza, germogliava quando l’uomo era indaffarato a costruire la sua quasi-onnipotenza, dell’avere e dell’agire, che lo rende sempre più sproporzionatamente piccolo e indifeso, perché, tutto compreso in se stesso, si autocontempla. Sembra di dover esclamare: - Ma Signore, hai scelto davvero il momento meno adatto per farti contemplare dall’uomo! -.
Eppure dobbiamo constatare che l’esigenza di contemplazione "viene su" dall’humus cristiano. È lo Spirito Santo che fa emergere la sua azione dall’interno, dal di dentro della Chiesa. L’affiorare della contemplazione di Dio nella vita del cristiano "comune" e anche all’interno degli ordini religiosi cosiddetti "attivi", può far pensare al filo della corrente di un fiume, alla continuità nella frammentarietà. I tempi della Chiesa, mossa dallo Spirito Santo, hanno una fisionomia nuova, nella quale la contemplazione appare, come realmente è, "dimensione" della vita cristiana (Martini). Il cristiano, in certo senso, non può che guardare al di là e al di dentro delle cose, non può che dirigere lo sguardo là dove Dio, Padre - Fratello - Spirito di amore, conduce la storia dell’uomo.
"Se il fuoco della contemplazione e dell’adesione intima a Dio non fosse all’opera nel cuore del mondo e non soltanto negli ordini religiosi, i cristiani dei nostri giorni non saprebbero ‘tener duro’ nella loro esistenza e nelle loro attività quotidiane, né esercitare alcuna azione apostolica veramente feconda. E Dio sembra invitarli con insistenza per mezzo di questa linea di spiritualità e di testimonianza". (Voillaume)
LA PREGHIERA CONTEMPLATIVA NEL SUO SIGNIFICATO PIÙ AMPIO
"Descriviamo la dimensione contemplativa fondamentalmente come la risposta teologale di fede, speranza e amore con cui il credente si apre alla rivelazione e alla comunione del Dio vivente per Cristo nello Spirito Santo" (da "Orientamenti" della S. Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari, 12.8.1980).
Anche qui usiamo la parola "contemplazione" come orazione semplice e affettiva, cioè rapporto amichevole, colloquio diretto che ogni cristiano, con l’aiuto ordinario della grazia di Dio, può praticare. In questo significato, la contemplazione di Dio è il pieno sviluppo della preghiera. Gli elementi della contemplazione cristiana sono dunque perenni: il desiderio, che Dio stesso infonde, di una certa conoscenza-esperienza di lui, del suo mistero di amore, e, da parte del cristiano, un prendere la vita orientandola verso Dio.
"Lo sforzo di fissare in Dio lo sguardo e il cuore, che noi chiamiamo contemplazione, diventa l’atto più alto e più pieno dello spirito, l’atto che ancora oggi può e deve gerarchizzare l’immensa piramide dell’attività umana" (Paolo VI, 7.12.1965).
Anche noi crediamo che "ancora oggi", anzi oggi più che mai, la contemplazione può "gerarchizzare l’attività umana", ossia può mettere bene in fila, in ordine le nostre "cose" quotidiane, secondo il valore che hanno agli occhi di Dio. In questo senso possiamo dire di un cristiano che è un contemplativo quando ha risposto con un "sì" totale a Dio che gli dice: - Guardami, amami -. Un cristiano così mette in cima ai suoi pensieri l’adorazione amorosa di Dio e imposta la sua vita, la giornata e la missione apostolica non solo come una serie di atti sostenuti dalla preghiera, ma come frutto del suo sguardo ininterrotto su Dio.
FINE ULTIMO
Nella teologia possiamo trovare espressioni come questa: "La contemplazione è il fine ultimo della nostra vita", e per fine ultimo si intende la visione di Dio in paradiso. "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1 Cor 2,9). "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Parole magnifiche e misteriose! Il Catechismo (2548), citando un Padre della Chiesa, ci ricorda che "nella Scrittura, vedere equivale a possedere. Chi vede Dio, ha conseguito tutti i beni che si possono concepire".
La liturgia, particolarmente per mezzo dei salmi e nell’Ufficio dei defunti, ci fa gustare la mèta del nostro rapporto con Dio:
•"Io, proprio io, lo vedrò: nella mia carne vedrò Dio mio salvatore". (Ufficio dei defunti; cf Gb 19,25-27)
•"Dio misericordioso, conforta i morenti con la speranza di incontrare il volto mite e festoso del Salvatore e di •godere la sua visione eterna in paradiso". •(Vespri della IV Domenica di Quaresima)
•"L’anima mia ha sete del Dio vivente: quando verrò e vedrò il suo volto?" (Ufficio dei defunti; dal Sal 21)
•"Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare le dolcezze del Signore ed ammirare il suo santuario". (Sal 26,4)
•"Tu che, aprendo gli occhi al cieco, ti sei rivelato allo stupore del suo sguardo, rivela il tuo volto ai defunti". (Ufficio dei defunti)
GERME TEOLOGALE
La vita eterna è mistero, ma tutta la rivelazione ci fa credere che certamente quella che chiamiamo "visione" sarà la compiutezza del rapporto che Dio ha voluto da sempre con noi. Il germe di questo vedere-stare-insieme è già stato deposto in noi, è un cammino che Dio ha già intrapreso in noi donandoci la sua stessa vita. La fede la speranza e la carità, principio e capacità di rapporto con Dio, sono anche principio e capacità di contemplazione. Dal battesimo all’Eucaristia, fede speranza e carità ci sono donate come partecipazione degli atteggiamenti del Figlio incantato del Padre, del Figlio che è tutto del Padre e lo contempla.
SVILUPPO BATTESIMALE
La preghiera del cristiano, di ogni cristiano fedele alla grazia di Dio, è fatta per evolversi e per semplificarsi sempre di più in uno sguardo di amore verso Dio, in una amorosa consapevolezza della sua divina presenza in noi e tra di noi. La preghiera del cristiano è fatta per evolversi e semplificarsi in preghiera contemplativa, cioè per lasciar prevalere Dio, per lasciare che protagonista della preghiera sia lo Spirito di Gesù che adora in noi il Padre. Questa preghiera non è altro che lo sviluppo della grazia battesimale che ci fa partecipi della vita della Trinità divina. L’iniziativa è di Dio, ma come potremmo essere veri figli di Dio, se non ne prendiamo mai coscienza? Quando questa presa di coscienza si fa sempre più intensa e affettuosa, quando non ci accontentiamo più di sapere che siamo figli di Dio, ma vogliamo esserlo davvero con tutte le nostre forze, allora si comincia ad avere quella coscienza nuova di Dio che chiamiamo contemplazione. In questo senso hanno ragione quelli che sostengono che una preghiera non protesa a diventare contemplativa non è neanche preghiera. E si può capire come si possa recitare contemplativamente anche un "Padre nostro" (quanti santi l’hanno fatto!), o le altre preghiere "vocali", quelle con le quali "parliamo" a Dio. Dio fin dal battesimo ci dà i mezzi soprannaturali per una preghiera così, la nutre soprattutto con l’Eucaristia e può ben aspettarsi che rivolgiamo a lui tutta la nostra vita con un’attenzione di amore.
PARLIAMO DI CONTEMPLAZIONE ATTIVA
Parliamo di contemplazione attiva nel senso che dobbiamo protenderci attivamente all’azione di Dio dentro di noi. Dobbiamo impegnare tutte le nostre forze per disporci all’amorosa adorazione di Dio, per praticarla, per esercitarla, per attuarla. Dobbiamo darci da fare perché lo Spirito di Gesù Cristo possa portarci a contemplare il Padre. Il cristiano che prega così con fedeltà è sempre meno ripiegato su di sé e sulle sue cose, ed è sempre più aperto a Dio, aperto all’opera dello Spirito Santo, che comincia a prevalere delicatamente e fortemente nel suo cuore, "avvicinandolo interiormente a Dio" (S.Teresa d’Avila).
Se lo Spirito del Signore previene, attira, dà i mezzi, non si deve dire che il cristiano può anche pregare contemplativamente. Si deve piuttosto dire che, se il cristiano non contempla il suo Signore nel quotidiano della sua vita, lascia cadere un delicato invito, e non usa un mezzo che Dio gli ha dato per trasformare la sua in una vita di vero testimone.
...MA NON C’È IL RISCHIO DI ESTRANIARSI ARISTOCRATICAMENTE?
Vi proponiamo alcune parole di un contemplativo che non può essere sospettato di essersi sottratto alla dedizione ai fratelli: è il fondatore di uno dei rami dei "Piccoli fratelli" di Charles de Foucauld.
"Accontentarsi di cercare Dio amando i fratelli e donandoci ad essi generosamente non è forse in qualche modo restare prigionieri dei limiti stessi dell’umanità? Dovremmo dunque ridurci a contemplare le opere del Signore e a non poter contemplare il Signore in forma diretta? Oserei dire a questo punto che un cristiano che non avesse più la preoccupazione di contemplare il Signore Gesù e di amarlo sopra tutte le cose, non sarebbe più capace, qualunque sia la generosità del suo dono al servizio in favore degli uomini, di amarli come Gesù li ha amati". "L’uomo di fede ha uno sguardo affinato dalla frequentazione del mistero divino ed è in grado più di ogni altro di comprendere l’uomo nella sua totalità e perciò di amarlo in verità" (Voillaume).
Il Vaticano II vede la Chiesa come "fervente nell’azione e dedita alla contemplazione" ("Sacrosanctum Concilium", 2). Se la Chiesa è così, come può il battezzato essere diverso?
PRO MEMORIA
La preghiera è "dono di Dio" "per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5). Ma... attenzione a non fare di questo un alibi, un’evasione dal nostro personale impegno.
• una considerazione dalla quale partire: bisogna avere stima della preghiera personale, non sottovalutare la preghiera rispetto all’attività. Come si fa a dedicarsi a qualcosa che non si apprezza?
• un’osservazione... di buon senso: la spontaneità non basta. Tutto esige un allenamento, una diligente applicazione, un perfezionamento. Pensiamo ai risultati di un atleta: se non si allena mai, per quanto uno sia potenzialmente molto dotato, non otterrà buoni risultati! Non basta che la mano sia munita di uno scalpello per essere la mano di uno scultore (il paragone efficace è di san Tommaso). E il concertista deve avere una completa padronanza del proprio strumento.
• la preghiera è "esercizio". In genere non si prega volentieri, bisogna voler pregare e farlo con fedeltà. La preghiera diventa "semplice" e "libera" se siamo fedeli all’umile "esercizio" quotidiano adeguatamente ampio. Si impara a pregare pregando.
• spazi di silenzio per tempi "puri" di preghiera. tempi sufficientemente prolungati, non "di corsa", da dedicare soltanto alla preghiera (un quarto d’ora, mezz’ora, un’ora..., con buon senso secondo le proprie condizioni di vita), perché il senso del pregare, della presenza di Dio sgorghi poi continuamente durante la giornata.
Il silenzio è la "tenda" interiore nella quale si incontra Dio.
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