Esegesi dei Padri

Alessandro Cortesi op.

 

 

Testi di riferimento:

P.Grech, Ermeneutica e teologia biblica, Roma

M.Simonetti, Lettera e/o allegoria. Un contributo alla studio dell'esegesi patristica, (Studia Ephemeridis Augustinianum 23), Roma 1985.

M.Simonetti, Esegesi patristica, in Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane, a cura di A. Di Berardino, vol. I, Casale M, 1983, col. 1211-1223.

B.De Margerie, Introduzione alla storia dell'esegesi, vol. I: Padri greci e orientali; vol. II: Padri latini; vol. III: sant'Agostino, tr. It. 3 voll. Roma 1983-1986.

AA.VV., La Bibbia nell'antichità cristiana, I: da Gesù a Origene, (La Bibbia nella storia 15/I) a cura di E. Norelli, Bologna EDB 1993.

 

I Padri continuano un'esegesi che è già presente - si potrebbe dire - sin dal momento della redazione scritta dell'Antico Testamento. In questo processo, durato molti secoli, un testo legale e/o profetico viene letto come Parola di Dio che vive in eterno, quindi è continuamente reinterpretato in una nuova situazione, a partire da due criteri:

- il criterio secondo cui la parola del Signore vale per sempre

- il criterio secondo cui il senso del testo è più ampio delle intenzioni dell'autore di quel testo: il testo rivive ogni volta che mutano le circostanze storico-salvifiche; rivive o nell'interpretazione o nella rilettura che viene compiuta dalla scuola del profeta o da un altro profeta.

 

Il testo, nel mutare delle circostanze, viene riletto nel nuovo contesto. Nella letteratura intertestamentaria non ci sono testi riletti, ma libri interi che vengono riscritti: un libro della Scrittura viene riformulato secondo le nuove circostanze e con l'utilizzo di uno pseudonimo per indicare l'autore. Al tempo di Gesù sono presenti molte scuole di esegesi di tipo rabbinico:

- un primo modo di lettura è il metodo Targumico, ossia la traduzione aramaica della Bibbia compiuta dal metarguman che leggendo il testo biblico lo esprime con sue parole

- talvolta nella liturgia sinagogale si introduce, nel commentare un testo una interpretazione che attualizzi il testo così che l'uditorio avverta che quel testo è indirizzato ai presenti: si tratta della interpretazione midrashica.

- l'esegesi rabbinica fu codificata nelle sete regole di Hillel, poi ampliate da altri rabbini.

L'interpretazione ha una preoccupazione fondamentalmente giuridica e si fonda anche sulla tradizione orale. I rabbini utilizzano molte volte l'analogia (nel confronto tra due testi uno spiega l'altro)

- si ha poi l'interpretazione 'settaria' dei testi dell'Antico Testamento (midrash pesher), particolarmente sviluppata a Qumran (cfr. i midrash sul salmo 37, su Abacuc) che interpreta il testo con riferimento alla loro comunità.

- Fuori della Palestina si sviluppa con Filone di Alessandria un'esegesi con l'intento di presentare il testo biblico ad un uditorio più ampio, che è l'uditorio pagano di Alessandria. Filone utilizza la tecnica dell'interpretazione allegorica, usata per i testi di Omero, applicandola ai testi biblici. Filone per es. Vede in Abramo non solo una figura storica, ma l'allegoria di una virtù e presenta un'etica giudaica rivestita di categorie stoico-platoniche.

- la scuola apocalittica si distingue dal profetismo: è uno sguardo alla storia in tempi di prova, di difficoltà e di persecuzioni, riferendosi alla vittoria ultima di Dio sul male: si tratta di uno sguardo alla storia ma nello specchio del disegno di Dio e le situazioni reali sono descritte attraverso simboli.

 

Nel Nuovo Testamento è possibile ritrovare tutte le forme dell'esegesi sviluppata in ambito giudaico. Negli scritti paolini si possono ritrovare esempi di interpretazione targumica per es. quando cita un testo non alla lettera ma con una parafrasi interpretativa. Si ritrova anche il metodo di interpretazione allegorica: cfr. Gal 4,21-31 e l'interpretazione di Agar e Sara, lette come le due alleanze, così come 1Cor 10, 4. Si ritrova poi nel Nuovo Testamento anche il genere letterario apocalittico: oltre che Apocalisse, Mc 13; 1 e 2 Tess. E 2Pt. Nella lettera agli Ebrei è riscontrabile l'esegesi di tipo allegorico (il riferimento al tempio diviene simbolismo del tempio celeste in cui è entrato Gesù come sommo sacerdote). All'interno degli scritti del Nuovo Testamento sono quindi utilizzati metodi già in uso nel giudaismo con uno scopo diverso, quello cioè di ritrovare nelle Scritture il loro senso cristologico.

In età apostolica si sviluppa anche il metodo della raccolta di testimonia, ossia di gruppi di passi dall'Antico Testamento che sono utilizzati per scopi di tipo catechetico, polemico, o liturgico. I padri ereditano queste varie forme di esegesi che erano presenti in ambito giudaico e che sono riscontrabili anche all'interno del Nuovo Testamento. Nel II secolo sorge il grave problema del valore dell'Antico Testamento per i cristiani. Né Paolo né Barnaba pur compiendo un approccio all'Antico Testamento con atteggiamento diverso da quello del giudaismo, avevano rigettato il valore di questo per la fede cristiana. Compaiono invece correnti in particolare gnostiche, che, a partire dalla loro visione dualistica del mondo e di Dio, rigettano totalmente l'Antico testamento portando alle estreme conseguenze l'atteggiamento paolino di polemica a riguardo della legge. Gnostici, marcioniti, giudeo-cristiani sono vari raggruppamenti che sostengono o il rigetto completo o la distinzione tra parti accettabili e parti inaccettabili dell'Antico Testamento (per es. Il testo gnostico di Tolomeo, 'Lettera a Flora'. Si sviluppa in tale contesto la riflessione per affermare che tutto l'Antico testamento è Parola di Dio e come tale va letto, anche se esige una interpretazione di tipo spirituale, che vi colga l'orientamento di tutto a Cristo. Vi sono elementi che non sono più validi come le determinazioni dell'antica legge e queste norme vanno allegorizzate e lette in riferimento a Cristo (il tempio è il corpo di Cristo, il sacrificio espiatorio è il sacrificio di Cristo); vi sono le profezie che vanno lette come annunci di Cristo e della Chiesa e c'è la storia, la narrazione, che va letta come figura di ciò che ha il suo compimento in Cristo (tipologia). Le radici di questa polemica hanno una profonda portata teologica in quanto l'accettazione o meno di tutto l'Antico testamento da parte della Chiesa implica o meno la fede in Dio uno e unico: il monoteismo dei padri non solo si contrappone al politeismo delle tradizioni religiose pagane, ma si contrappone anche alle affermazioni che vedevano la compresenza di un Dio di bontà e di un demiurgo, oppure di un Dio giusto dell'Antico testamento e di un Dio buono e diverso rivelato da Gesù nel Nuovo Testamento. Il kyrios ossia il nome con cui è tradotto YHWH nella versione dei LXX dell'Antico Testamento, diviene il titolo applicato al Cristo risorto: Cristo ha ereditato quel nome che è al di sopra di ogni altro nome. E' il medesimo Logos colui che ha parlato a Mosé dal roveto e che ha parlato in Cristo.