Vangelo di Giovanni
Dato della Tradizione.
Essa è molto confusa, perché i dati sono molteplici. Al di fuori di una sola eccezione (gli Alogi), si considera il quarto vangelo di origine apostolica. Ireneo dice anche che Giovanni, quando era ad Efeso, pubblicò un vangelo, verso la fine del I sec. Il quarto vangelo è messo in relazione con Giovanni, il quale visse ad Efeso, circondato da anziani, fino al periodo dell’imperatore Traiano (98-117 d.C.). Permanenza ad Efeso di Giovanni. All’opera di Giovanni è associata quella di un gruppo di discepoli, tra cui Papia. Clemente Alessandrino (morto nel 215) afferma che Giovanni, spinto dai suoi discepoli e illuminato dallo Spirito, fece un vangelo spirituale, diverso da quelli precedenti, considerati più materiali. Si costata che l’evangelista non è mai rappresentato come solitario. Questione della comunità giovannea. Tradizione giovannea = attività della comunità in un certo lasso nel tempo.
La critica interna.
Giovanni l’apostolo è più volte menzionato nei testi del Nuovo Testamento. Negli Atti (1,13; 3,1.11; 4,13.19) Giovanni è sempre presentato a fianco di Pietro. In At 12,1-2 si parla della morte di Giacomo, fratello di Giovanni. Giovanni è presente al concilio di Gerusalemme (At 15; cfr. Gal 2,9). Siamo nel 49 d.C. At 21,17-18 menziona solo Giacomo, non parlando più di Giovanni. Paolo quindi a Gerusalemme non incontra più Giovanni. Siamo nell’anno 57 d.C. È certo che Giovanni non era ad Efeso quando Paolo vi soggiorna (53-56 d.C.) e quando Timoteo fu posto a capo di quella chiesa (65 d.C.). Vi è un lasso di tempo (57-67 d.C.), in cui non si sa dove Giovanni avesse abitato. L’ipotesi è che egli si trovava in Samaria (cfr. Gv 4 e l’attenzione del suo vangelo ai samaritani).
L’autore.
Il vangelo di Giovanni non porta il nome dell’autore. Questo vangelo ci presenta la questione del discepolo che Gesù amava (cfr. Gv 21,24). Distinzione tra il discepolo testimone e i "noi", la sua cerchia. Questo discepolo che rende testimonianza è il discepolo che Gesù amava (cfr. Gv 21,7.20). Questa formula è presente in vari passi, ma tutti di molta importanza:
•Gv 13,23-25: ultima cena. •Gv 19,26: la madre è affidata al discepolo. •Gv 20,2: corre con Pietro al sepolcro. •Gv 20,8: è il primo a credere. •Gv 21,7.20: riconoscimento del Signore e sua longevità.
Chi è questo discepolo? Alcuni hanno parlato di Lazzaro, di Giovanni detto Marco, di un sacerdote di Gerusalemme, oppure di un discepolo proveniente dal giudaismo eterodosso appartenente al gruppo battista, di una figura puramente simbolica (Bultmann), dell’apostolo Giovanni. Non è possibile che un semplice pescatore possa raggiungere l’alto livello spirituale del quarto vangelo. Si è sospinti, inoltre, a credere che quel discepolo che Gesù amava conoscesse bene Gerusalemme, che egli fosse intimo e legato alla classe sacerdotale, cosa molto difficile per Giovanni, figlio di Zebedeo, il Galileo. Attribuire però ad una persona sconosciuta un così grande influsso è molto difficile da sostenere. Poteva inoltre la tradizione cristiana permettere una simile ipotesi? Da che cosa attinge il suo forte carattere apostolico? Egli è sempre accostato a Pietro, è presente nei momenti chiave, topici della vicenda di Gesù. Era possibile attribuire ciò ad una persona al di fuori della cerchia dei Dodici? Per contro l’identificazione del discepolo che Gesù amava con Giovanni è possibile:
•Continuo accostamento con Pietro. •I figli di Zebedeo sono assenti in Gv 20 e compaiono solo nel cap. 21. L’omissione è possibile solo se è uno dei figli di Zebedeo. •Gv 1,39: è possibile che uno dei due discepoli del Battista sia uno dei figli di Zebedeo. •Gv 21,1-2 (aggiunta): nomina sette discepoli tra cui i figli di Zebedeo.
Pescatore = classe media, relativamente benestante (avevano dei garzoni). La sapienza di cui si parla è di genere diverso da quell’intellettuale. Bisogna stabilire delle tappe successive a quella che è chiamata la tradizione giovannea: non è detto che Giovanni, all’origine, sia l’autore materiale del libro così come c’è giunto. C’è un tempo di maturazione della fede ecclesiale nel rapporto dialogico tra l’apostolo che ricorda e la sua comunità che medita. Il riferimento a Giovanni è legittimo e sostanzialmente confermato dalla critica interna. Questa tradizione giovannea ha cristallizzato in opera la testimonianza fondamentale di cui l’apostolo era garante ed origine. Passi nel vangelo che appaiono aggiunti, in rapporto stridente con il resto dell’opera:
•Gv 8,1-11. •Gv 10,1-ss. •Gv 15,1-ss. •Gv 21.
Opera che mette in luce delle chiare inserzioni successive. La determinazione delle tappe redazionali può essere ravvisata sotto diverse forme, con articolazioni aventi diverso carattere. Cammino di formazione del testo in rapporto con la comunità dell’apostolo Giovanni à tradizione giovannea.
R. Schakenburg: 3 stadi.
•Tradizione vera e propria (pregiovannea), di cui l’apostolo era garante. •Redazione. È l’opera dell’evangelista che è da ritenere discepolo dell’apostolo. •Edizione. Ulteriore intervento con inserimento di nuovi brani che sconvolgono l’ordine primitivo
R. Brown: 5 tappe.
•Predicazione orale di Gv figlio di Zebedeo. •Predicatori teologi che danno origine a discorsi e racconti. •L’evangelista che scrive in greco e compone un’opera unitaria. •Inserimento d’elementi antigiudaici (9,22-ss; 16,2-ss), che portano ad una seconda redazione dell’evangelista. •Il redattore finale che recupera ulteriori elementi lasciati da parte.
X. Leon-Dofour: 1 + 3 tappe.
•Giovanni figlio di Zebedeo. •Teologi predicatori o scuola giovannea. •Evangelista–scrittore. •Redattore compilatore.
Luogo e data.
È verosimile collocare la fase finale della tradizione giovannea ad Efeso. Non è da escludere un soggiorno ad Antiochia. È un periodo molto esteso, quindi si può procedere solo per ipotesi: redazioni già presenti verso l’anno 80 ma solo alla fine del secolo si ebbe l’edizione finale. Il quarto vangelo, così come noi lo conosciamo, fu redatto ad Efeso tra il 100 e il 110 d.C..
Lo scopo.
È presentato in 20,30-31 e in 21,24: l’intenzione fondamentale non è quell’apologetica per i non credenti, ma piuttosto di perfezionamento della fede per i credenti, perfezionamento che non ha fine.
Genere letterario.
Teologia narrativa con intento pastorale. È un vangelo di narrazione: svelamento del mistero divino insito nell’uomo Gesù, nel suo essere e nel suo agire. È necessario un approfondimento della fede nel mistero personale di Gesù, figlio di Dio, perché da questa fede dipende la vita eterna.
Giovanni e i sinottici.
Cfr. testimonianza di Clemente Alessandrino. C’è un’atmosfera completamente diversa, senza che gli avvenimenti raccontati perdano valore storico. Differenza nello sfondo geografico: in Giovanni, Gesù va quattro volte nella città santa, il ministero si svolge soprattutto in Giudea. Inoltre in Giovanni sono raccontati solo pochi miracoli (dei ventinove miracoli raccontati nei sinottici solo due sono ripresi come tali, due sono presentati in maniera differente e tre miracoli sono esclusivi di Giovanni). La maggior parte delle pericopi sinottiche non sono presenti in Giovanni. Anche nel racconto della passione le diversità sono molte.
L’insegnamento.
In Giovanni si trovano lunghi discorsi che sviluppano un tema determinato, definito ad ondate. Scompaiono le parabole e aumentano le allegorie. Parlare più uniforme e meno concreto. Gesù, inoltre, si rivolge o al gruppo indeterminato dei Giudei o ai singoli. I suoi dialoghi si trasformano impercettibilmente in monologhi. Si parla con nozioni vaghe (vita, luce, gloria, verità), con una forte concentrazione cristologica. La questione con i Giudei è quella del riconoscimento di Gesù come inviato dal Padre. Tutto è ricondotto alla necessità della fede in Gesù e in conseguenza alla carità. Giovanni insiste solo su di un titolo: figlio di Dio che rivela Dio e si rivela come Dio. In questo senso è Verità, è Logos. Uso dell’espressione assoluta "Io sono" (Egw eimi). Cfr. De la Potterie:
•Testimonianza. •Vangelo teologico. •Vangelo simbolico.
Testimonianza.
Cfr. 21,24. Ricorrono spesso i termini martureiw e marturia. Questi termini, a loro volta, s’inseriscono in una serie ampia di parole a carattere giuridico che qualificano il confronto escatologico Cristo-mondo cui consegue il giudizio. In molti casi il testimone è colui che ha visto (cfr. Gv 1,32.34; 19,35; 3,11.32; 1Gv 4,14). Vedere ha un senso parzialmente nuovo. Sono usati 4 verbi :
•oraw = vedo •qewrew = osservo •blepw = osservo •qeaomai = contemplo
Questo vedere significa precisamente contemplare Gesù come inviato da parte del Padre. Ciò che è visto è quindi una realtà nascosta ai sensi e comprensibile con la fede. È implicato però anche il vedere sensibile: fenomeno che nel contempo si vede e si contempla. Due livelli:
1.quello storico-empirico: Gesù, la sua persona, il suo parlare, il suo agire. 2.verità teologica: gloria del verbo che traspare nell’umanità storica di Gesù (cfr. Gv 1,14; 11,40).
La stessa testimonianza ha due livelli:
•fatti narrati. •realtà che questi fatti contengono.
La testimonianza è quindi intorno al mistero della persona di Gesù, è peri autou à cfr. 15,33; 18,37. In Giovanni il numero dei testimoni aumenta: il Battista, le Scritture, le opere di Gesù, Gesù stesso, lo Spirito, il Padre, i discepoli. Si testimonia ciò che Gesù ha visto e udito presso il Padre e il Padre stesso, come lo Spirito, testimoniano su Gesù. La testimonianza consiste nell’attestare la realtà nascosta e misteriosa di Gesù che è nascosta nella sua umanità. Confessione di fede nella gloria del Logos, che si è rivelata in Gesù. Alla testimonianza si contrappone il rifiuto. Chi non riconosce questa testimonianza entra nel giudizio, rifiuta la luce (1,18; 3,32) e precipita nelle tenebre. Contrasto Gesù-mondo. Comportamento del mondo che è di autogiudizio e di autocondanna. Vangelo teologico. Frutto di una lunga meditazione nello Spirito e culmine della riflessione di fede della Chiesa primitiva sul mistero di Gesù. Come il vangelo presenta le parole e le opere di Gesù e come insiste sul termine "ricordo". Due termini che qualificano le azioni di Gesù:
•erga: opere potenti •shmeia: segni.
Il primo mette in luce l’aspetto ontologico: in esse si dispiegano la potenza di Dio (5,36; 10,25). Esse presentano Gesù come una sola cosa con il Padre. Il secondo termine qualifica le opere di Gesù come eloquenti, rivelatrici, simboliche. Così ad esempio la guarigione del cieco nato (9,16) rivela Gesù come la luce del mondo. Cfr. anche 6,35 (Gesù pane di vita); 2,1-12. Ogni azione rivela qualcosa di lui e della sua identità. Ampi discorsi di Gesù che sono sviluppati in modo analogo a quello delle opere:
•enunciazione di un detto enigmatico à richiesta di spiegazione. •Gesù spiega le sue parole che vanno intese alla luce dello Spirito (cfr. Gv 3: Nicodemo e Gv 4: la Samaritana).
Riempire il senso nascosto del suo dire. È questo il senso teologico delle parabole, ereditato dalla tradizione. Tanto le opere che le parole richiedono una comprensione più profonda di quella che si dà immediatamente:
•Livello fenomenico immediato. •Teologico recondito.
Giovanni parla volentieri del ricordo (anamnhesis). Lo Spirito ha il compito di ricordare. Cfr. Gv 14,26. L’intero vangelo di Giovanni è il frutto di questo ricordo: rilettura nello Spirito della vita di Gesù da parte di Giovanni e della sua comunità. Due piani:
•Fatti storici. •Loro senso profondo che si è svelato dal ricordo dello Spirito.
La compenetrazione tra eventi storici e realtà gloriosa in essi non può mai essere scissa (cfr. 1,14).
Vangelo simbolico.
Giovanni non inventa il simbolismo per illustrare pensieri teologici. Il quarto vangelo ci presenta simboli che sono tutt’uno con la realtà, rimando a un mistero che evoca. Parlare di una storia che nel contempo è una teologia. Termini che sono ambivalenti.
•Tempio
•Quello di Gerusalemme •Corpo del Risorto
•Spirito
•Soffio, vento •Spirito Santo (3,8; 20,22)
•Essere innalzato (uyow)
•Innalzamento sul patibolo •Essere esaltato (3,14; 8,28; 12,32)
•Acqua viva
•Acqua di sorgente (4,14; 7,39) •Forza che viene da Gesù
•Notte
•Buio •Essere sotto il dominio di Satana
Struttura.
1,1-18: prologo
1,19-12,50: il libro dei segni (shmeia)
13,1-20,31: il libro della gloria ("ora")
21,1-25: epilogo