"DIVENTARE FIGLI DI DIO

la "deificazione dell'uomo"

Prof. Bernardo De Angelis

Perché questo tema ? E' stato un impulso subitaneo quello che mi ha spinto ha scegliere questo versetto tratto dal Prologo di Giovanni. Io penso che qui Cristo stia dando una definizione dell'uomo, una definizione anche filosofica, se vogliamo. Sta definendo la persona umana in una maniera molto diversa da quello che normalmente siamo abituati a pensare. Rileggiamo il versetto 12: "Egli venne a casa sua e i suoi non lo ricevettero, ma a quelli che credono diede il potere di diventare figli di Dio, i quali non sono nati dal sangue nè da volere di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio" Primo punto: Qui è usato il verbo "diventare"; non dice semplicemente "quelli che credono in Lui sono figli di Dio", forse ce l'aspetteremmo. Siamo abituati a pensare, ce l'hanno insegnato: " sì, siamo figli di Dio", ma qui usa il verbo "diventare". Sono andato a vedere il greco, c'è "GHENESTAI". Vi segnalo tre parole chiave - (Exusia) POTERE -(Tekna) FIGLI -(Ghenestai) DIVENTARE. La prima cosa che mi ha colpito è stato proprio il termine "DIVENTARE". Dunque noi non siamo quello che siamo. Il nostro essere, la nostra sostanza non si definisce per ciò che è o per ciò che pensiamo di essere. Io come persona, chi sono? Chi sono io? Posso definirmi io, soggetto - soggetto pensante? Qui si sta dicendo che io posso "DIVENTARE" qualcosa di diverso da ciò che sono. La radice di "GHENESTAI" ha a che vedere con "generazione", con "nascere"... ( Il pensiero va alle parole che Gesù rivolge a Nicodemo: "Bisogna rinascere dall'alto (di nuovo)" ) Qui si sta parlando di una nascita reale, si sta parlando di qualcosa per cui veramente ciò che diventiamo è qualcosa di nuovo! E' qualcosa che finalmente, io direi, mi libera da CIO' CHE SONO. In fondo il desiderio che forse tutti abbiamo è di rinascere, di non essere più ciò che siamo, di liberarci da noi stessi. Ognuno di noi, in fondo, è alla ricerca di qualcosa che ci faccia diventare qualcosa d'altro, qualcosa di più bello, qualcosa-qualcuno di più grande, che lo liberi dai LIMITI, chiamiamoli così, con un termine anche banale. I limiti sono qualcosa che ci fanno soffrire, "restare nel limite" mi vincola, mi opprime...Cerco qualcosa che mi renda più libero, più grande. Per prendere sul serio quel che dice Cristo dobbiamo prendere sul serio veramente noi stessi, anche le più piccole sfumature: i moti d'animo, il desiderio che abbiamo di qualcosa di più grande. Quel desiderio che ci porta a studiare, a dipingere... Va preso sul serio! E va fatto oggetto di riflessione. Questo comporta un dolore! Certo ognuno si abitua più o meno a questa vita, si adatta, prende le misure, ci mette una trentina d'anni, poi prende le misure e si accontenta. MA CRISTO NON PROPONE QUESTO! Non dice: "Vabbè, prendete le misure, adattatevi e poi nell'al di là sistemiamo tutto!" Sta dicendo un'altra cosa, sta proponendo veramente una nascita, di diventare "Tekna" (= Figli) - diventare "figli" di Dio, la radice "tk", "tikto" significa "partorire": "tekna" non son figli genericamente ( "si, siamo stati creati da Dio"), no - qui si parla di quelli che son "nati" , "partoriti" da Dio, in senso fisico! Infine c'è questo "Exusia" ( = potere) un termine dalla ampia gamma di significati da "possibilità" ( exestì= è così) arriva a significare "splendore" passando per "potere": "possibilità", quindi "potere", quindi "splendore". Questi tre termini dobbiamo tenerli presenti quando pensiamo a questo passo: Dio dà a quelli che credono lo splendore, il potere oppure la possibilità...(Kierkegaard a riguardo del Cristianesimo parla di possibilità infinita: Abramo può sacrificare suo figlio o no! Può succedere di tutto quando uno ha fede! Ma questa possibilità infinita prelude allo splendore!). Questo emerge dalla semplice analisi dei termini usati. Qui siamo fronte ad un destino di cui non siamo ancora padroni, ma che è nelle nostre mani, in fin dei conti. In che senso è nelle nostre mani? Semplicemente per il modo in cui ci mettiamo in relazione a Cristo. Possiamo intendere questa affermazione in senso ontologico: io come persona, io, Bernardo De Angelis sono la relazione che ho con Cristo. Non sono altro! Io non esisto senza questa relazione! C'è un versetto famoso, quello in cui S.Paolo dice "Tutto sarà ricapitolato in Cristo" - è piuttosto impressionante: se tutto sarà ricapitolato in Cristo, se tutto sarà ricompreso, in un modo per noi incomprensibile, in Cristo, allora di cosa stiamo parlando quando diciamo "essere", "sostanza", "accidenti", di cosa stiamo parlando quando parliamo di noi come persone, quando parliamo di etica, di giustizia ? .... Io dico che questi sono termini diversi, termini simbolici che ci stanno parlando della nostra relazione con Cristo- Il Cristianesimo è la vera categoria metafisica! Perchè se tutto verrà ricapitolato in Cristo, allora che altro c'è? Cos'è il mondo senza Cristo, cosa sono io senza Cristo? Non è l'Essere... E' il Cristianesimo...Allora succede questo: che io non sono io, in un certo senso. Se io sono io, se io sono Bernardo,se questo mi definisce... Se io sono il mio carattere, o se io sono l'insieme del mio corpo, del mio carattere dei miei moti d'animo - tutto questo, che dice di me? Che devo fare, con tutto questo, da che parte vado? Che divento? Se io sono io, io sono io - basta! Chiuso qui, ci vediamo un'altra volta... Che abbiamo da dirci? Quale relazione possibile c'è tra due persone ognuna delle quali è se stessa? Io dico semplicemente non c'è relazione possibile! Se ognuno di noi è se stesso, e basta, allora non c'è nessuna relazione possibile!! Se faccio un esperimento mentale pensandomi isolato da tutto e da tutti, senza aver mai avuto una relazione con nient'altro, penso sia facile capire che non avrei neanche coscienza di me stesso, cioè non esisterei in realtà. La coscienza mi viene data da una relazione con qualcos'altro! Se non c'è un altro a dirmi chi sono, io non sono nessuno. E di me non penso niente. Ora chi può darmi, chi può dare una definizione adeguata e sufficiente di me ? Chi altro ? E' evidente anche questo che nessun altro può darmela, nessuno di noi. Se restiamo a guardarci per tutta la vita, non riusciremo a dare all'altro una definizione sufficiente. Non siamo in grado di fare questo. Non è una questione di intersoggettività: ci mettiamo daccordo, ci mettiamo in relazione, costruiamo una società...L'uomo è un animale sociale? Non è sufficiente! Sì, stiamo insieme, ma perché stiamo insieme? C'è sempre un perché ulteriore. E' evidente che una definizione sufficiente mi viene soltanto da un Assoluto. E' evidente anche un'altra cosa, che se ciò che mi costituisce è la relazione con un Assoluto, io aggiungerei anche, se dovessimo immaginare qualche definizione di Dio, anche Dio è relazione, è una Trinità ( S. Agostino parlava di "relazioni sussistenti")... Se cerchiamo di ripensare Dio ( chi può dire di sapere cosa è Dio?) secondo categorie più o meno logiche per capire qualcosa di Lui, io penso che oggi, al nostro grado di consapevolezza, ciò che più si avvicina è proprio questo, il concetto di RELAZIONE. Relazione assoluta. E' una Trinità in dialogo, che si compenetra. Ecco, l'unità di Dio, possiamo dirla anche così, non so se sto dicendo un'eresia, sono tre Persone che si amano al grado assoluto, ma se è assoluto vuol dire che è Uno. Se l'amore è portato all'assolutezza, allora quell'unità è assoluta. Allora l'amore è unione, evidentemente. Allora quell'unione è assoluta. "DIEDE IL POTERE DI DIVENTARE FIGLI DI DIO", allora questo "diventare" è un'espressione dinamica, noi siamo esseri dinamici. ( Però non alla maniera eraclitea: un divenire che alla fine coincide con l'essere, diviene senza andare da nessuna parte, in fondo. Se una definizione statica, io sono io, non mi dice niente - non mi dice niente neanche "Io sono la relazione con gli altri, sono questo complesso di relazioni". Che ci faccio con questo complesso di relazioni? Mi dice la destinazione verso cui cammino? ) Allora quello che Cristo propone è un dinamismo che ha una direzione, non è un movimento circolare, fine a se stesso, c'è una direzione e direi anche un'intensità. E l'intensità è data dal grado di amore che si ha. Se mi chiedo di nuovo IO CHI SONO ? Io sono...timido, brutto...quello che volete. Questo mi definisce? Se opero una specie di riduzione fenomenologica su me stesso posso eliminare ciò che non è essenziale, a forza di eliminare dove arriviamo? Ci sono due soluzioni: o non arriviamo a niente, nel senso che eliminiamo tutto, o arriviamo semplicemente...all'AMORE, con il quale mi rivolgo-a-tutto. Questo è il mio essere, e questo dice di me ABBASTANZA, è il grado di amore che io raggiungo, che mi fa essere ...più intelligente, addirittura più bello. Mi cambia, mi trasforma. Mi trasforma questa relazione con Cristo. " NON SONO NATI DA SANGUE, VOLONTA' D'UOMO..." A spiegare la mia nascita non è sufficente la volontà di mia madre e mio padre, non basta la volontà di un uomo qualsiasi: IO NON SONO SOLO QUESTO. Se tutto quello che io vedo allo specchio non è essenziale a me stesso, se tutto quello che posso pensare di me non è essenziale a me stesso, se l'essenziale di me è L'AMORE CHE IO SONO, me, QUELLO CHE SONO, non me lo danno mio padre e mia madre evidentemente, non me lo da né la carne né il sangue, allora viene da Dio, non c'è altra origine possibile.Io credo che dovremmo ricordarci più spesso di questo: della nostra origine. Dovremmo intendere molto più normalmente, quotidianamente la memoria della nostra origine. Non posso pensare a me stesso come a un tizio sperduto su questa terra che sta sopravvivendo, e neppure posso pensare a me stesso come, sì una persona onesta che si sforza di agire eticamente, di essere bravo, buono...Anche questo non è sufficiente! Se io penso questo di me stesso, non sto pensando abbastanza bene, non sto pensando ancora la verità. Indipendentemente dal fatto che io possa essere un disgraziato o che possa sentirmi anche l'uomo peggiore di questo mondo, indipendentemente da questo la MIA ORIGINE E' DIVINA. Certo, dal momento in cui mi rendo conto di essere un criminale la scelta sta a me, ho un'altra possibilità di divenire! Un divenire che continuamente mi coinvolge, mi spinge ad inventarMi, e se non riesco ad inventare niente posso comunque sentire l'ansia di inventare la mia esistenza, se non altro posso avere questo anelito, questa aspirazione ad amare di più! Se non altro Dio può essere in me questo anelito. Se non lo vedo in faccia, se non lo conosco, se mi sembra di averlo perduto, se quasi non lo ricordo più, se non altro può essere questo anelito, questo tipo di dolore. Per cui vorrei veramente uscire dai miei confini, vorrei non essere me stesso per essere Lui... Il passo di Giovanni mi sembra ci rimandi a Nicodemo a quel "RINASCERE DALL'ALTO" quell' "ANOTHEN" che io traduco "dall'alto" c'è chi traduce "di nuovo", sono corrette entrambe le traduzioni, ma io vedo nella presenza di quel prefisso -AN( "dall'alto") un significato speciale che arricchisce, indirizza il "di nuovo", e credo che con questo Cristo sta dicendo anche un'altra cosa, che non dovremmo stupirci, questo suo parlare viene dalla terra, dall'esperienza quotidiana, dovremmo avere familiarità, dovrebbe essere esperienza concreta, alla portata di tutti! Questa "RINASCITA DALL'ALTO" dovrebbe essere esperibile, esperita, forse già ne abbiamo esperienza! Con un un po' di attenzione ricordiamo momenti della nostra vita in cui siamo in parte rinati dall'alto, ricordiamo quei momenti in cui abbiamo avuto un'intuizione, un'impressione di qualcosa che non veniva da questo mondo. Credo che ognuno di noi se scava nella memoria, troverà questi momenti. Bene, questi momenti ci richiamano la nostra nascita, ci richiamano ad una rinascita che deve avvenire qui e ora. Deve avvenire e riavvenire mille volte! Devo pensare a me stesso come a un figlio di Dio, come uno che nasce ogni momento da Dio, devo pensare a me stesso come ad uno che non è nato da volere di carne o di sangue, per lo meno come uno che non è definito solamente da quello, ma che lo assume con responsabilità e cerca di elevarlo, di glorificarlo...