Dalla Trinità alla Chiesa

Don Alessandro Doni

Obiettivo di fondo di questa riflessione è: avvicinarsi a Dio cercando di comprendere come Dio sia vicino a noi, perché noi non arriveremmo lontano se Lui non ci venisse incontro; come Dio si comunica, si dona a noi e quindi come possiamo accoglierlo e farne esperienza, come possiamo entrare penetrare partecipare alla vita trinitaria, alla vita di Dio, alla vita dell'amore Trinitario che è in Dio, che è Dio. E infine come possiamo partecipare alla salvezza, alla redenzione, a questo rinnovamento-rigenerazione operato da Dio in Cristo. Mi sembra che la prospettiva dell'itinerario che state facendo in questi incontri sia dalla sorgente, la Trinità e la redenzione in Cristo, alla vita cristiana, dopo questo incontro i prossimi saranno sulla Chiesa e sullo Spirito Santo, la vita nello Spirito.

La riflessione di stasera può costituire un po' una cerniera tra una riflessione più teologica in Dio, che cerca di parlare di chi è Dio, come è Dio, ed una riflessione più esperienziale, più vicina alla nostra quotidiana esperienza di fede. La questione che sta al centro della mia esposizione è questa: in che rapporto stanno, il far parte della Chiesa, il partecipare della realtà ecclesiale, della comunità cristiana, il vivere nello Spirito, lasciarsi guidare dalla Spirito di Dio e, terzo elemento, la comunione con Cristo, l'incontro con Cristo, la sua sequela. Sono tre aspetti di un'unica realtà, di un'unica esperienza che è quella della fede, distinti, ma profondamente uniti; è la stessa cosa, anche se diversa per certi aspetti, vivere nella Chiesa, vivere nello Spirito, vivere uniti a Cristo. Parlare di Trinità e Chiesa in fin dei conti vuol dire questo: come noi incontriamo la Trinità, il Dio trinitario, nella vita della Chiesa, nella vita cristiana, che è vita comunitaria, che è vita ecclesiale.

Come si realizza dunque concretamente l'incontro, l'accesso al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito. Il Padre ci viene incontro offrendoci il Figlio nella potenza dello Spirito e noi andiamo a Lui per mezzo di Cristo nello Spirito. E questo dentro alla comunità ecclesiale; vogliamo vedere il rapporto di questa esperienza trinitaria di Dio, del Padre per mezzo di Cristo nello Spirito, in quanto esperienza comunitaria, ecclesiale. Per concludere questa premessa vogliamo parlare e riflettere sull'esperienza di Cristo nella Chiesa in virtù dello Spirito. Il punto di vista che vorrei adottare è un po' quello genetico, che parte dall'origine, come si diventa cristiani, come si incontra Cristo, come si scopre Cristo, come si entra e si vive nella comunione con Cristo, tenendo conto che quello che succede all'inizio è quello che succede ogni giorno; come si diventa cristiani è esattamente come si resta e si cresce come cristiani. L'evento che sta all'origine della fede è l'evento che sta alla crescita nella fede al rinnovamento, all'approfondimento nella fede; non c'è distinzione! Non è che una volta diventati cristiani si resta certamente cristiani; si diventa cristiani ogni giorno, ogni momento in modo nuovo, grazie allo Spirito, in modo sempre più profondo. Vediamo come è diventato cristiano Paolo, san Paolo, che come è noi non ha conosciuto Gesù nella carne, non ha conosciuto Gesù di Nazareth. Mentre era in viaggio verso Damasco, leggo alcuni versetti del racconto del suo incontro con Cristo, avvenne all'improvviso che lo avvolse una luce dal cielo, e cadendo a terra udì una voce che gli diceva. Luce e voce; luce lo Spirito, voce il Cristo. Saulo, Saulo! Perché mi perseguiti? E rispose Saulo: Chi sei o Signore? Una voce che lo interpella, che lo apre che gli fa porre una domanda, una domanda da cui sembra che qualcosa abbia già capito, e qualcosa no. Lo chiama Signore, Kùrios, che è una parola fondamentale nel Nuovo Testamento; c'è già come una percezione confusa che quella voce viene dal Signore, ma non sa chi è. All'origine della fede c'è questa percezione confusa di qualcuno senza sapere chi è. E la voce rispose: Io sono Gesù che tu perseguiti! "Io sono Gesù" che Paolo non aveva conosciuto nella carne, ma che Paolo aveva conosciuto perseguitandolo nella Chiesa; Paolo perseguitava la Chiesa, la Chiesa dice a Paolo, "io sono Gesù", questa voce di cui fa esperienza e che ode nel profondo di se stesso Saulo. C'è quindi un rapporto stretto tra Cristo e la Chiesa. Paolo non aveva conosciuto Gesù, ma aveva conosciuto i cristiani e probabilmente li aveva conosciuti abbastanza bene tenendo conto di quanto si accaniva nel perseguitarli; forse più di tanti altri ebrei si rendeva conto del capovolgimento operato da Cristo in seno al suo popolo, alla sua tradizione religiosa, e per questo era accanito persecutore. Non conosceva Gesù di Nazareth, ma conosceva la Chiesa; in questa esperienza di luce e di voce la Chiesa gli manifesta Cristo, il Signore che lui non aveva conosciuto. Sembra quindi che la fede sia incontro con Cristo, perché qui Paolo, cadendo a terra, incontra Cristo, per mezzo della Chiesa, perché è quella Chiesa che lui perseguitava che gli si rivela come il Signore, nella luce dello Spirito. La mediazione della Chiesa nel racconto si vede anche dal fatto che Paolo, guidato per mano, è condotto da Anania, che gli permette di ottenere di nuovo la vista. Anche lui, avvertito dallo Spirito, lo aspetta e lo accoglie e gli dice: Saulo, fratello mio, mi ha mandato da te il Signore Gesù che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo dello Spirito Santo. Vedete che la Chiesa, che Anania in certo modo rappresenta, il fratello, il cristiano, il rappresentante della Chiesa, conferma, ratifica l'esperienza che Paolo ha fatto e dice: " La voce che hai sentito Colui che ti è apparso è il Signore Gesù, che adesso mi ha mandato a Te, perché tu possa vedere, comprendere e tu sia pieno di Spirito Santo, perché quello Spirito che ti ha investito ti possa riempire e colmare. Vi invito a cogliere e individuare questo ruolo della Chiesa nell'esperienza che fa Paolo; Chiesa che sembra assente in questa che sembra quasi l'esperienza più intima, più personale che un uomo possa fare; cammina per la strada, cade a terra, una luce, una voce, tutto si svolge nell'interiorità, e ad ogni uomo, anche a ciascuno sembra che l'esperienza più vera di Dio sia quella che abbiamo fatto una volta su un monte, in una Chiesa o chissà dove, nell'assenza di qualsiasi mediazione umana storica di segni o di parole. E invece in questa esperienza profondamente interiore e personale la Chiesa, la comunità, il Cristo ecclesiale, di cui poi parleremo, è presente.

E' lui che agisce, è lui che parla a Paolo, è lui che illumina e si rivela a Paolo. C'è un altro testo, non solo Paolo ha incontrato così Gesù, ma è interessante vedere anche come hanno incontrato Gesù, il Cristo, i Galati, i membri della comunità cristiana della Galazia. A loro, ad un certo punto, Paolo dice: O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati? Proprio voi agli occhi dei quali fu rappresento al vivo il Cristo crocifisso! Che strano, la Galazia è molto distante dalla Palestina e come ben saprete Gesù non è mai uscito dalla Palestina, che è una piccola striscia di terra grande più o meno come la Toscana. Allora come i Galati hanno visto "al vivo" Gesù Cristo crocifisso? I Galati hanno incontrato Paolo, e avranno incontrato gli amici e collaboratori di Paolo, e avranno incontrato i cristiani di Corinto e di qualche altra città o almeno i rappresentanti, c'era un certo interscambio. Ma Paolo invece sembra proprio riferirsi a questo fatto: che in Lui, nella sua testimonianza di apostolo, nella testimonianza della Chiesa che lui o si suoi inviati rappresentano, è stato reso presente al vivo Gesù Cristo, e l'umanità di Cristo, Gesù Cristo crocifisso e quindi non solo il Cristo glorioso, ma il Cristo risorto che porta le ferite, il Cristo redentore salvatore. Quindi anche i Galati hanno incontrato Cristo, e essendo un po' in crisi perché erano tentati di dare nuova importanza alla legge e alle tradizioni ebraiche, vengono richiamati alla fede da Paolo tramite il ricordo di come essi lo hanno incontrato: attraverso la mediazione della Chiesa, la testimonianza dell'apostolo, che ha rappresentato al vivo davanti a loro Gesù. Si diventa cristiani quindi, come dice Giovanni nel prologo della sua prima lettera, per mezzo della testimonianza della Chiesa che è testimonianza di una esperienza personale, dice un pensatore, non vi dico il nome perché troppo difficile, testimonianza dell'esperienza personale che suscita negli altri la gioia di fare anche loro la stessa esperienza, e questa testimonianza si attua mediante la presentazione, il racconto vivo, attraverso la vita cioè e non solo attraverso le parole, dell'evento di cui è parte integrante la descrizione di Cristo e della sua attività, dell'evento cioè della fede in Cristo, fede che gli apostoli hanno maturato nel loro cammino con Gesù di Nazareth e nella loro esperienza del Cristo risorto. Questa testimonianza però come tale non è mai solo una testimonianza individuale e personale; noi tutti siamo diventati cristiani, abbiamo incontrato Cristo per mezzo della testimonianza, ma mai di una sola persona in quanto tale, individuale, che ha fatto cioè una esperienza unica e eccezionale, ma sempre attraverso la testimonianza di uno, di tanti, come testimonianza di un popolo, comunitaria. E non solo in questo momento perché in tutto il mondo ci sono dei cristiani e delle comunità cristiane, ma di un popolo che attraversa la storia; io testimonio la mia fede in quanto appartenente ad una tradizione, a un popolo che attraversa il tempo e lo spazio. Infatti San Giovanni dice: quello che noi abbiamo visto, noi abbiamo udito; c'è un noi che un noi ecclesiale. Questa testimonianza è in fondo la traduzione attuale della comprensione memoriale, la traduzione adesso, nella vita in gesti scelte, opere, parole, in un vissuto di una comprensione memoriale, cioè del Cristo del Vangelo, del Gesù di cui ci racconta il Vangelo. Questa comprensione memoriale, fin dall'inizio, si è sviluppata in una imitazione creativa, si è coagulata in una imitazione creativa, gli apostoli cioè hanno rappresentato al vivo, la Chiesa rappresenta al vivo Gesù Cristo crocifisso e risorto. Proprio grazie a questa imitazione creativa la testimonianza è una testimonianza viva, non solo un ricordo del passato, ma rende presente, accessibile, contemporaneo Cristo, la sua parola, il suo agire. In che senso questa testimonianza è sempre una testimonianza comunitaria, è la testimonianza del Cristo ecclesiale, come dicevo prima? Perché l'esperienza personale è sempre parziale, frammentaria, è bisognosa di integrazione; è la Chiesa che media l'accesso a Cristo, il rapporto con Cristo, la comunione con Cristo, la comunità cristiana nella sua globalità, nella sua struttura, nella sua diversità e ampiezza, nello spazio e nel tempo, perché nella Chiesa si realizza l'integrazione del parziale e del frammentario nell'unità, nella totalità. La Chiesa in questo senso ripresenta l'immagine di Cristo, il volto di Cristo, la copia di Cristo, ma come Chiesa in quanto nella Chiesa c'è questa integrazione, l'integrazione di tante esperienze, di tanti modi, di tanti tratti del volto di Cristo. Ciascuno di noi nel suo modo di vivere il Vangelo, di seguire Gesù, di imitare creativamente il cammino e la missione di Gesù, realizza l'immagine del Cristo, ma solo nell'unità con gli altro si può concedere la pienezza a questa esperienza singola nella quale ciascuno però viene ripresentato un tratto del volto di Cristo. Solo nell'insieme si può dare vita e testimonianza all'immagine, all'impressione, alla figura, alla forma di Cristo nella sua totalità, anche se questa immagine di Cristo che la Chiesa presenta è dinamica, non è statica, non è già fatta, anche perché la Chiesa è semper reformanda sempre da riformare, sempre da migliorare, questa immagine va sempre perfezionata, va sempre ripulita, sempre ringiovanita, rinfrescata e approfondita. E questo può avvenire solo attraverso questa integrazione dell'esperienza di ciascuno. Si accede allora a Cristo solo attraverso la Chiesa; pensate anche che cosa sono gli scritti del Nuovo Testamento, in fondo il profilo di Gesù c'è arrivato attraverso l'esperienza della Chiesa, degli apostoli, dei primi cristiani, che come ci testimonia il NT vivevano in integrazione reciproca tra le varie chiese ed i vari apostoli. Quindi già quello che troviamo nel Vangelo è il Cristo ecclesiale che continua a vivere nella storia, ad essere accessibile nella storia a tutti gli uomini per mezzo della Chiesa che lo testimonia e lo rappresenta la vivo. Quindi se per incontrare Cristo, come Paolo, come i Galati, come i Pontederesi, come tutti, c'è bisogno della Chiesa, la testimonianza ecclesiale, allora vuol dire che questa testimonianza ecclesiale appartiene costitutivamente alla fede. Non è che la Chiesa mi parla di Gesù e mi permette di incontrare Gesù e poi rimaniamo solo io e lui, la Chiesa si mette da parte. Non, perché, come dicevo prima, come si nasce così si vive. Se si nasce grazie alla Chiesa, per mezzo della Chiesa, per la mediazione della Chiesa si può rigenerare continuamente, vivere continuamente la fede solo nella comunione con la Chiesa, nella mediazione della Chiesa, che è una mediazione permanente. Io anche oggi posso incontrare Cristo solo nella comunione della Chiesa per mezzo di essa. Un piccolo esempio concreto. Io, non so don Angelo, vivo così; io sento tantissimo, per tenere viva la mia fede, e magari anche per crescere un po' se Dio mi aiuta, ho bisogno della comunità, della parrocchia, della gente. Quando la comunità parrocchiale, la mia gente è un po' più stanca, zoppicante, io sento che anche la mia fede è zoppicante, fatico di più anche io a rinnovare ogni giorno la mia fede, approfondirla, viverla, a seguire sempre più autenticamente Gesù, e il suo Vangelo e la sua missione. Quando invece c'è più brio e vivacità nella comunità anche io personalmente mi sento stimolato tantissimo. Ed io non giudico questo fatto un semplice evento psicologico, quando io sento che c'è risposta alle mie proposte allora sono più contento, non è solo questo; è un discorso di cammino insieme ed ho bisogno della mediazione ecclesiale, io come ogni altro cristiano, e per me la mediazione ecclesiale è soprattutto la mia parrocchia. E non solo, c'è anche la diocesi: quando nella diocesi c'è più entusiasmo, c'è più vita anche la mia fede, la mia vita di fede ha più animo, e così via. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e ciascuno ha bisogno della Chiesa e della testimonianza e della mediazione della Chiesa, non solo per cominciare a credere, ma, secondo me, soprattutto per continuare a credere e per crescere nel credere e nel seguire Gesù. Allora la mediazione ecclesiale si trasforma in una dimensione della fede, una dimensione che è costitutiva della fede. Questo anche perché la salvezza che ci è donata in Cristo, come avete già ascoltato nei precedenti incontri penso, è storica, è un evento che ha un frutto storico, che è la Chiesa, frutto storico della croce, che continua l'agire di Gesù. E come l'agire di Gesù è storico, attraverso i suoi gesti i suoi miracoli, i sui gesti, la sua capacità di incontro e soprattutto attraverso la sua morte e resurrezione, così ancora oggi il Cristo ecclesiale continua a vivere ed agire storicamente nella Chiesa per mezzo della Chiesa. Allora io posso incontrare Cristo solo nella sfera di influenza di Cristo che è storica e che è la comunità ecclesiale. Quindi è una cosa sola incontrare Cristo ed essere dentro a questo corpo, a questa totalità vivente. La Chiesa infatti è una unità e una totalità vivente perché è costituita dal cooperare e dall'interagire, sottolineo questi due verbi. La Chiesa è fatta da un agire insieme, comune; questo non significa che occorra fare tutte le cose insieme per essere Chiesa, alcune sì perché è bello, ma un agire che è animato da uno stesso spirito, da uno stesso stile, da una stessa meta, ognuno nella sua famiglia, nel suo lavoro. Questo agire è ecclesiale proprio perché animato da questa comune volontà di accogliere e costruire il regno di Dio, animati dallo Spirito. Questa totalità vivente che è la Chiesa è fatta da un cooperare e da un interagire perché ognuno agisce sugli altri, e ci correggiamo a vicenda e non solo con la correzione fraterna . Insieme infatti ci ridimensioniamo; l'esperienza personale di Cristo che ciascuno fa, secondo il suo modo di ascoltare il Vangelo e di viverlo, interagendo con gli altri, si corregge e ridimensiona, perfeziona e ritocca. Solo in questo modo possiamo insieme sempre di più e sempre meglio, per dono di Dio, rappresentare nel mondo il volto di Cristo e il Cristo ecclesiale, la sua presenza viva e operante, la sua immagine. Noi partecipiamo alla vita della Chiesa e viviamo la nostra comunione in Cristo attraverso questa partecipazione perché essa è, San Paolo lo dice spesso, il corpo di Cristo, cioè quella totalità vivente e organica, nuova, che è quella energia di amore che viene dalla Trinità e che per mezzo di Cristo ha fatto irruzione nella storia e ha preso corpo in questa nuova totalità vivente che è la Chiesa e che dentro alla vecchia totalità vivente dell'umanità dominata dal peccato, dall'inclinazione al peccato, fa avanzare la storia verso il Regno, e la rinnova di giorno in giorno dal di dentro. E' anche questa una totalità vivente organica, nuova e dinamica. Dinamica perché è estroversa, aperta al di fuori, missionaria, va verso sempre, va verso gli altri; è fatta sempre a cerchi concentrici. Allora c'è il cerchio di coloro che vivono più esplicitamente la loro fede, la loro partecipazione alla vita della Chiesa perché fanno catechismo, puliscono la Chiesa, perché vengono ad ascoltare Don Alessandro quando parla, non si sa se sono più santi o no, perché questo lo sa solo Dio, e via via cerchi che maggiormente si allontanano da un rapporto diretto con la Chiesa. Ci sono questi cerchi di vicinanza esplicita al Vangelo di Gesù, alla missione di salvezza di Gesù il cui senso, come il senso del nostro ritrovarci stasera, come soprattutto il ritrovarsi nella celebrazione, nella catechesi o nella carità, è quello di irradiare sul cerchio un po' più esterno perché questo a sua volta irradi sul cerchio a lui contiguo; come anche Dio ha gettato in Cristo questo sasso nell'acqua perché questi cerchi che si generano possano propagarsi sempre più fino ai confini della terra, fino ai confini del tempo. Noi siamo in uno di questi cerchi e allora questa totalità vivente organica che è la Chiesa è fatta per allargarsi, per propagarsi, per aprirsi, per irradiare, per riversarsi. L'esperienza esplicita, consapevole, come in qualche forma è la nostra, di Dio per mezzo di Cristo nello Spirito nella comunione ecclesiale, nel progetto di Dio ha questo scopo: di arrivare, attraverso noi e la nostra testimonianza, agli altri cerchi, ai cerchi di quelli che stasera sono a casa o che la pensano in maniera diversa. La comunione con Cristo si vive per la mediazione della Chiesa, si incontra Cristo per mezzo della Chiesa e si rimane in rapporto con Cristo rimanendo dentro la Chiesa; che sia il cerchio più interno o più esterno non importa, ma comunque collegati alla Chiesa. Anche la missione della Chiesa non è forse di far entrare tutti dentro al cerchio più interno, ma è quella di essere presente in tutto il mondo come un anello che unisce a Cristo e che irradia, che propaga; allora il fine della Chiesa è quello di essere presenta dovunque come comunità che celebra, che annuncia, che irradia, che testimonia, pur poveramente o incoerentemente, ma che sempre per grazia dello Spirito può renderlo presente, rappresentarlo al vivo nel mondo e permettergli di continuare a rivelarsi, ad agire, a salvare. Vengo alla parte successiva della mia riflessione che riguarda più la vita nello Spirito, per poi trarre alcune conclusioni. Ci possiamo chiedere questo: come può la Chiesa esprimere, riflettere, nella sua vita, i tratti del volto di Cristo, del Figlio di Dio, del redentore, noi poveri uomini e donne? Come si può ripresentare non solo il ricordo di Dio, l'idea di Cristo, ma rappresentare al vivo Gesù Cristo nella nostra storia, nel nostro tempo, nelle nostre case, nei nostri ambienti di lavoro? Il Cristo vivente! Come può la Chiesa non solo dare accesso al Gesù di Nazareth raccontando la sua vita, la sua parola, i suoi gesti, ma dare accesso al Cristo risorto, al Cristo glorificato? Come può la Chiesa essere varia, diversa, molteplice, per l'esperienza singolare di ciascuno, perché è singolare l'esperienza che ciascuno fa e la testimonianza che ciascuno fornisce e l'opera che ciascuno svolge, ed essere invece una unità vivente, una cosa sola, un'anima sola, un solo Spirito? Come può? Tutto questo lo può in virtù dello Spirito Santo, del dono dello Spirito. Il Cristo ecclesiale, il Cristo che vive nella Chiesa, per mezzo della Chiesa, che può essere incontrato grazie alla Chiesa, è anche il Cristo, potremmo dire, spirituale. Questa parola però non mi piace perché suggerirebbe un senso spiritualistico, questa parola ha un po' perso la sua forza evocativa. Dovremo usarne un'altra, anche se meno abituale, Il cristo pneumatico. Pneuma che in greco dice il soffio vitale dello Spirito. Il Cristo risorto è il Cristo riempito dello Spirito del Padre e che agisce nello Spirito, ed è presente nella Chiesa nello Spirito, nella luce, nella forza nella potenza dello Spirito. Che rapporto c'è tra Cristo e lo Spirito, tra l'esperienza ecclesiale di Cristo e, lo Spirito Santo? Come Gesù è stato riconosciuto dagli apostoli e dai primi cristiani come il Messia ultimo, escatologico, l'inviato da Dio, il Figlio di Dio, nello stesso modo, in modo parallelo, i cristiani hanno capito se stessi, la propria comunità, come la comunità ultima, germe , primizia della comunità del genere umano, dell'unità del genere umano che nel Regno giungerà a compimento. Come la comunità messianica degli ultimi tempi. Gli antichi profeti dicevano che questa comunità degli ultimi tempi, che inaugurava i tempi nuovi, il mondo nuovo, il Regno di Dio, sarebbe stata riempita dallo Spirito Santo di Dio, pensate alla profezia di Gioele ripresa negli Atti, nel discorso di Pentecoste di Pietro. Questa pienezza dello Spirito, nel NT, è indicata segnalata in corrispondenza, si realizza, si verifica con l'Ascensione; Gesù ascende al cielo e lo Spirito riempie la Chiesa, perché è lui che rende presente il Cristo pneumatico, il Cristo che agisce nello Spirito. Leggiamo Ef. 4,10 dove si dice: Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli per riempire tutte le cose. Nello Spirito, per mezzo dello Spirito. Quindi Cristo, il crocifisso risorge, cioè entra nella gloria del Padre, ascende al cielo, nel più alto dei cieli, per riempire con il suo spirito, per riempire di sé, della sua potenza tutte le cose. Lo Spirito è il principio di unità della Chiesa e anche il principio di attività della Chiesa. E' per Luca il protagonista della esperienza e dell'avventura della Chiesa, lo Spirito è la potenza, anche Gesù operava miracoli con la potenza dello Spirito. Questa potenza, questa dinamis, dinamismo potente dello Spirito Santo viene partecipato ai credenti per mezzo della fede in Gesù. Vi faccio solo un esempio: il miracolo di Pietro e Giovanni alla porta bella del tempio; At. 3,12 dice: Uomini di Israele perché vi meravigliate? Continuate a fissarci come se per nostro potere avessimo fatto camminare costui che era storpio? Cioè Pietro non agisce con il suo potere, ma con un altro potere. La Chiesa non agisce con il suo potere, noi non agiamo con il nostro potere, ma con un altro. Con il potere e la potenza di Gesù e il potere di Gesù è la potenza dello Spirito. Infatti dice subito dopo: Proprio per la fede riposta in lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest'uomo che voi vedete e conoscete. La fede in Lui ha dato a quest'uomo la perfetta guarigione, è una potenza che guarisce, che salva e che è partecipata ai credenti in Gesù. Lo spirito è questa potenza ed anche la guida della esperienza missionaria della Chiesa come prima della Pasqua lo Spirito guidava Gesù, lo spinge nel deserto. Ci sono pochi accenni ma indicano come lo Spirito fa capire a Gesù il progetto del Padre e sostiene la sua fedeltà e la sua obbedienza al progetto del Padre, è il suo legame con il Padre. Dopo la Pasqua lo Spirito guida la Chiesa verso Cristo nella realizzazione del progetto del padre. Lo Spirito è il protagonista della vita ecclesiale, la potenza nella quale la Chiesa vive e opera, è la guida, il capo, è il principio interno dell'orientamento della Chiesa. Ma soprattutto lo Spirito è quello che guida a Cristo, ricorda le parole di Gesù. Dice Giovanni: Ci guida alla verità tutta intera, e la verità è Cristo. Ci permette di penetrare nel mistero di Cristo, ci permette di conoscere Cristo in modo diverso, in un odo nuovo. Gli apostoli hanno creduto e riconosciuto profondamente il senso della vita di Gesù, della sua identità e della sua missione, con il dono dello Spirito dopo la Pasqua. Dice San Paolo: Non conosciamo più Cristo secondo la carne, quindi nella concretezza storica di che cosa ha detto, fatto ecc., ma secondo lo Spirito. Abbiamo una conoscenza nuova, più profonda, più ampia, più universale. E' una conoscenza interiore. Lo Spirito interiorizza Cristo, potremmo dire. Interiorizza in quanto, da una parte ci permette di riconoscere in Lui il Salvatore, il figlio di Dio, la redenzione operata da Dio, dall'altra lo Spirito ci rende conformi a Cristo, ci fa assomigliare a Cristo sempre di più, ci cristifica. Questo rapporto stretto tra Cristo e lo Spirito è per San Paolo, molto forte. Ad esempio nella lettera ai Romani c'è quasi uno scambio tra Cristo e lo Spirito spesso, sono quasi interscambiabili. Voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi, se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene (lo Spirito è di Dio e di Cristo). Se Cristo è in voi ( ora non è più Spirito ma è Cristo è in voi, anche noi facciamo un po' di confusione, il Cristo e lo Spirito sono un po' la stessa cosa). In un certo senso è vero: il cristo risorto è il Cristo pneumatico, il Cristo vivo nello Spirito, Spirito che ci rende simili a Cristo, e che lo stesso Cristo ci dona. Eppure c'è anche una differenza tra il Cristo risorto e lo Spirito, c'è qualche differenza: Cristo agisce attraverso lo Spirito e non è lo Spirito che agisce per mezzo di Cristo! Lo Spirito è colui nel quale e per mezzo del quale Cristo continua ad agire nella Chiesa. Cristo è la forma della Chiesa, dei credenti, lo Spirito è colui che rende conformi, che opera questa conformità, ma non è lui la forma. Cristo, anche il Cristo risorto, glorificato, resta il crocifisso, è l'umanità di Cristo che è glorificata e conserva le ferite della passione, i tratti inconfondibili del Gesù terreno. Lo Spirito invece riempie tutte le cose, unisce a Cristo, trasfigura la realtà, ma in se stesso non è definibile; definisce i tratti di Cristo nella nostra esistenza, ma in se stesso non è definibile, non sai da dove viene e non sai dove va, dice Gesù stesso. Lo Spirito è la primizia dei tempi nuovi e soprattutto attualizza la salvezza di Cristo la salvezza di Cristo, l'incontro con Cristo, rende presente ed attivo l'evento della croce, la redenzione operata da Cristo. Lo Spirito è quasi l'ambito nel quale noi possiamo unirci a Cristo ed unirci tra noi in Cristo nell'essere Chiesa. Si potrebbe continuare, ma a me preme soprattutto sottolineare questo rapporto tra Cristo e lo Spirito; altri aspetti li vedrete in seguito. Vediamo di trarre alcune conclusioni: Dire che noi facciamo esperienza di Dio Trinità nella Chiesa vuol dire che noi ci avviciniamo al Padre, a Dio che è mistero infinito, per mezzo di Cristo, del Cristo del Vangelo, ma anche del Cristo ecclesiale, nella potenza dello Spirito dentro la Chiesa, nell'alveo della Chiesa, nella comunione della Chiesa. C'è un legame intimo e una distinzione sempre da cogliere ed approfondire, una unità e una distinzione tra partecipare alla vita della Chiesa e vivere con Cristo nella luce, nella forza, nella potenza dello Spirito. Questa esperienza che noi nella Chiesa possiamo fare più esplicitamente, più consapevolmente, forse anche più intensamente, non è esclusiva, non la facciamo solo noi! Non è esclusiva, ma è inclusiva di molte cose che avvengono nel cuore di ogni uomo. Ogni uomo può fare esperienza di Dio per mezzo di Cristo che è rivelazione del Padre, nella luce, nella potenza dello Spirito e in qualche collegamento con la Chiesa. Anche abbastanza invisibile; il Concilio dice che c'è una ordinazione al mistero della Chiesa di ogni uomo, un collegamento a questa nuova totalità vivente, non fosse altro che quella comunione dei giusti che solo Dio conosce, la Chiesa di Abele, la Chiesa dei giusti che è più estesa della Chiesa di Pietro nella quale noi viviamo la nostra esperienza. La Chiesa c'è come una falda sotterranea che vivifica e rigenera tutta la storia, che salva tutta la storia e fa crescere il regno in tutta la storia, ma che solo nella Chiesa diventa una fontana, perché tutti possano bere, perché tutti possano riconoscere che c'è un acqua di salvezza, un'acqua che promette la vita eterna e mantiene le sue promesse. In questa esperienza ecclesiale di Dio per mezzo dello Spirito, un aspetto importante è l'unità e la diversità; ecco io vorrei sottolineare come questa esperienza di Dio attraverso Cristo nello Spirito unisce ciò che è diverso. Paolo, in quel testo famoso in cui dice: Un solo spirito, un solo Signore un solo Battesimo, dove quindi afferma questo principio di unità, subito dopo parla della varietà di carismi. 1Cor.12 In Dio, nella Trinità di Dio, la Trinità di Dio è proprio l'unità della diversità, del Padre del Figlio e dello Spirito che è lo spazio infinito, il grembo infinito di ogni unità nella diversità. Noi nella Chiesa, in questo cooperare e interagire reciproco, in questa ricerca comune guidati dallo stesso spirito, possiamo fare questa esperienza. Quella della diversità, che vuol dire della irripetibilità, io sono io e sono sempre più io, con il mio modo di fare esperienza di Cristo, che vive in una appartenenza più grande, che mi supera, che avvolge ogni diversità e gli conferisce il suo senso, come in un mosaico, che mette in armonia la diversità di ciascuno. Questo senso profondo di comunione mi viene dall'incontro con Cristo, per mezzo della Chiesa in virtù dello Spirito che è lo Spirito del Padre e lo Spirito di Cristo.