La figura di Gesù

nel Vengelo di Giovanni

Don Massimo Cardilli

 

Parlare di Gesù nel quarto Vangelo è certamente entusiasmante, perché il Vangelo di Giovanni è il Vangelo, così chiamato, Teologico; è un Vangelo con un vocabolario più povero dei Sinottici, stranamente, eppure è il Vangelo che cerca di più di entrare nella profondità di questa personalità che è appunto Gesù di Nazareth. Che cosa possiamo dire subito: ogni autore del Nuovo Testamento cerca di guardare alla persona e all'opera di Gesù Cristo da un particolare taglio, da una particolare ottica. Per esempio, Paolo, nelle grandi lettere, Romani Galati Corinzi, si preoccupa particolarmente della morte e della resurrezione di Gesù; nelle lettere della prigionia invece parla del Cristo glorioso, della sua influenza sulla chiesa e sulla comunità nascente. Qual è allora per Giovanni, il quarto evangelista, l'idea che soggiace alla sua presentazione della persona di Gesù: è l'idea della rivelazione. La sintesi che Giovanni presenta riguardo alla figura di Gesù è questa: Gesù, il Cristo è il rivelatore. Ma come Gesù si pone in questo senso di rivelatore; Giovanni dice espressamente che in Gesù, in questo Verbo che si è fatto carne, si rivale non solo la sua gloria di Figlio unigenito, ma anche il suo rapporto con Dio Padre. Quindi è una rivelazione del tutto particolare. Questo taglio specifico di Giovanni è manifestato anche dal vocabolario che Giovanni adopera: per esempio San Giovanni non parla mai di 'rivelare, rivelazione' nel senso dell'Apocalisse. La rivelazione che porta Gesù non è una comunicazione di un mistero che proviene dall'alto, che prima era nascosto. Giovanni, quando parla di Gesù che rivela, o che si rivela, parla più che altro di 'manifestazione'. Gesù si manifesta, si rende visibile. Allora è molto importante in Giovanni, il vocabolario della manifestazione: i termini come testimonianza, parola, comandamento. La manifestazione in Giovanni ha davvero questo senso di rendere aperto, comprensibile ciò che non si vede alla superficie, ciò che non appare al primo sguardo. Altre parole sono molto presenti nel Vangelo come la luce, la verità, la gloria; non siamo qui ad indicare tute le occorrenze, ma solo per fare un esempio il termine parola compare 40 volte nel quarto Vangelo. Naturalmente anche i verbi che Giovanni adopera sono particolari: sono molto frequenti i verbi 'testimoniare, parlare' i verbi cioè che hanno a che fare con la rivelazione. Ecco, qual è allora la nota caratteristica della teologia di San Giovanni sulla rivelazione riguardo alla persona di Gesù? La rivelazione di cui parla Giovanni non è una manifestazione che viene dall'alto come la rivelazione di un mistero calato dalle nubi, un po' come pensavano gli Gnostici, come pensavano i Docetisti o tutta una serie di correnti che sembravano avere influenzato proprio l'autore del quarto Vangelo. A leggere attentamente il testo la teologia che soggiace proprio alla presentazione della figura di Gesù è, per Giovanni, quella dell'Incarnazione. Giovanni non segue uno schema apocalittico per presentarci la figura di Gesù, la sua presentazione è strettamente concreta, fortemente storica, fortemente personale; cioè in questa persona di Gesù si rivela, si manifesta, si rende presente la vita divina. L'uomo Gesù, per Giovanni, Gesù di Nazareth, con un termine che capiamo tutti, è il Sacramento di questa vita divina; in Gesù cioè si rende manifesto anche il mistero di Dio. Guardando l'uomo Gesù si comprende il mistero che egli porta. Capiamo allora perché un Padre della Chiesa, San Massimo il Confessore, dica che Gesù è il Mistero di se stesso. La persona di Gesù per Giovanni, mentre compie e dice delle cose, rivela anche se stesso. Questa è un po' la forza del quarto Vangelo. Cominciamo proprio a guardare alla figura di Gesù, facendo un piccolo itinerario, per comprendere proprio l'uomo Gesù. Per Giovanni l'uomo Gesù non è semplicemente un segno che rimanda a qualcosa di molto elevato, ad un particolare Cristo della fede; per Giovanni l'uomo Gesù diventa 'lo splendore della Rivelazione del Padre'. Spieghiamolo. Per esempio nei Vangeli Sinottici la parola uomo non ha un grosso valore teologico; quando Pietro, nella Passione, rinnega Gesù, abbiamo l'unica volta in cui compare il termine uomo nei Sinottici; Pietro dice: "Io non conosco quest'uomo!" Invece per San Giovanni il termine 'uomo', in greco £nqrwpoj (anthropos), termine a tutti noto per i suoi derivati, antropologia, filantropia, ha un grande valore teologico. Dobbiamo anche dire che tutto, nel Vangelo di Giovanni, anche le più piccole affermazioni ha un valore fortemente rivelativo, fortemente teologico, addirittura le preposizioni. A maggior ragione un termine così importante come quello di uomo riferito a Gesù. Nel capitolo quarto quando Gesù, dopo il colloquio con la Samaritana, che tutti noi ben conosciamo, si è fatto conoscere da lei come Messia, questa donna scappa, fugge, lascia lì la brocca, va al suo villaggio e dice: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto! Non sarà il Cristo? Ed essi uscirono dalla città ed andarono verso di lui." Qui, in questo primo passo del Vangelo di Giovanni dove ricorre il termine 'un uomo', questo significa semplicemente 'qualcuno, una persona', ma nello stesso tempo questo qualcuno si è manifestato come un profeta, perché ha detto alla samaritana che cosa aveva combinato fino a quel momento, perciò comincia a formularsi la domanda: "Chi è Gesù?" Ed è significativo che questo termine uomo sia qui vicino all'altro termine: il Messia. Ecco Giovanni ci fa fare uno 'scoprimento' progressivo della persona di Gesù, un disvelamento della sua persona e del suo mistero. Un uomo, un profeta, il Messia. E Giovanni aggiunge addirittura che la gente di Samaria "va verso di lui". Non è una indicazione semplicemente geografica perché la gente dal villaggio si sposta verso il pozzo dove era Gesù, ma per il Vangelo di Giovanni, 'andare verso Gesù' significa anche credere in lui: Chi viene a me, chi crede in me, nel racconto dei pani. Per Giovanni hanno grande importanza queste semplici strutture grammaticali o lessicali. E infatti si dice alla fine del racconto della Samaritana che furono in molti a credere a causa della sua parola. Quindi un uomo - il profeta - il messia - vanno verso di lui - credono in lui. Non crediamo più in quello che ci hai raccontato, dicono alla samaritana, ma perché abbiamo riconosciuto che egli è davvero il salvatore del mondo. Avete capito l'intenzione di Giovanni? C'è proprio questo progresso verso lo scoprimento della persona di Gesù del suo mistero. Egli è il Salvatore del mondo che invita gli uomini alla fede. Questo enigma posto dalla persona di Gesù ricorre però anche in altre parti del vangelo di Giovanni. Per esempio quando nel capitolo quinto guarisce un infermo alla fontana di Betzaetà, in Gerusalemme, ancora lì risuona la domanda; i Giudei dicono a quest'uomo: "Chi è l'uomo che ti ha detto prendi il tuo lettuccio e cammina?" E il povero uomo risponde che lui non sapeva chi fosse. Anche in altre parti ricorre la domanda "Ma chi è quest'uomo?". Gesù stesso dice alla samaritana: "Se tu sapessi chi è colui che ti dice 'dammi da bere!" Così anche più avanti nel Vangelo, i giudei, in occasione della festa dei Tabernacoli, nel capitolo 8, domandano a Gesù: "Ma chi è il figlio dell'uomo che tu dici?" E così anche più tardi nella guarigione del paralitico si parla ancora una volta del figlio dell'uomo e si formula ancora la domanda, ma chi è mai questo figlio dell'uomo. Questo termine uomo quindi nel quarto vangelo ci invita a scoprire a piccoli passi questo mistero della persona di Gesù. E sarà soprattutto in quell'episodio che secondo gli studiosi di San Giovanni è posto proprio al centro del Vangelo, l'episodio del cieco nato, riportato nel capitolo 9, che si descriverà bene questa progressiva scoperta della persona di Gesù, del suo mistero. Ricordate questo episodio: l'uomo cieco fin dalla nascita viene guarito da Gesù e nasce poi tutta la controversia con i farisei, ma chi ti ha fatto questo? Da dove viene? Ecc.. Alla fine quest'uomo viene addirittura cacciato dalla sinagoga. All'inizio, al versetto 11, c'è una semplice constatazione: " L'uomo che si chiama Gesù, ha fatto del fango, l'ha plasmato, me lo ha posto sugli occhi e mi ha detto 'va a lavarti a Siloe!'" E poi in seguito dirà il cieco nato: " Per me è un profeta!" Ricorre quello stesso itinerario che si era verificato presso il pozzo di Giacobbe e addirittura l'evangelista dirà, per bocca del guarito: "E' il Cristo!" al versetto 22. E poi, ancora una volta, il cieco nato, ormai ex-cieco, dirà al versetto 33 del capitolo 9, con un po' di ironia: "Se non venisse da Dio, quell'uomo non avrebbe potuto far nulla!" E alla fine, espulso dalla sinagoga, incontra Gesù che gli dice: "Credi tu al Figlio di Dio?" E lui dice: " Io credo Signore!" prostrandosi davanti a lui. Quindi all'inizio c'è questa domanda "quell'uomo che si chiama Gesù", alla fine del racconto "è il figlio di Dio, è il Figlio dell'uomo nel quale credo". Ecco in fondo tutto il quarto vangelo è un invito a riconoscere pian piano, nelle sembianze umane di Gesù di Nazareth, la presenza in lui del Figlio di Dio, del Verbo che si è fatto carne ed ha preso una dimora in mezzo a noi. Questo caso del cieco nato simboleggia anche il passaggio dal Giudaismo al Cristianesimo, dalla cecità spirituale alla visione di fede. E la visione di fede si ha quando si riconosce nella figura storica concreta di Gesù in lui il figlio di Dio. L'ultima utilizzazione del termine uomo nella rivelazione pubblica di Gesù è quando, davanti ai Giudei, il Signore viene rimproverato: "Tu che sei solo un uomo ti fai Dio!" Ecco, queste parole pronunciate dai Giudei, anche se contrarie alla sua persona, rappresentano per Giovanni l'apice della rivelazione riguardo a Gesù. Tu che sei un uomo ti fai Dio. In un uomo (Gesù) è presente tra noi, Dio stesso. A partire poi dal capitolo 11 fino alla fine il termine uomo viene sempre riferito alla passione e alla morte di Gesù. Per esempio ricordate tutti l'episodio del sinedrio quando Caifa dice: "E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo e la nazione non perisca tutta. Ecco quindi, secondo il piano di Dio implicitamente manifestato da Caifa, il sommo sacerdote, secondo la spiegazione che ne fornisce l'evangelista, Gesù doveva morire per radunare nell'unità i figli di Dio dispersi. Quest'uomo doveva compiere questo ministero. E ancora una volta, nel corso del capitolo 11 e poi 12, l'evangelista dice che Gesù viene innalzato sulla croce perché possa attirare a sé tutti gli uomini. Quindi quest'uomo viene messo a morte per attirare a sé tutti gli uomini. Allora si capisce in questa prospettiva perché assuma, nel vangelo di Giovanni, tanta importanza la scena dell'ECCE HOMO. Ricordate tutti questo episodio che viene immediatamente dopo quella scena che è centrale nella passione secondo Giovanni, l'incoronazione di spine. Gesù presentato con questi segni regali che sono appunto la corona di spine ed il mantello di porpora, viene presentato da Pilato ai giudei con le parole "Ecco l'uomo" che fanno da parallelo con le altre parole che verranno pronunciate più tardi: "Ecco il vostro re!" E' un momento molto solenne nel racconto della passione di Giovanni in cui quest'uomo messo alla berlina e ridicolizzato e percosso e battuto è l'uomo, ma è anche il re. E di fronte a questa manifestazione la risposta è "via! via! crocifiggilo!" E' il rifiuto appunto della rivelazione della persona di Gesù e della rivelazione che lui è venuto a portare. Vi faccio notare che nel vangelo di Giovanni, nella passione non ci sono segni particolari di oltraggi; anche se si dice che viene coronato di spine non si dice che viene sbeffeggiato, percosso; soltanto uno schiaffo viene dato a Gesù nella passione del quarto vangelo. Come anche qui ad indicare il rifiuto del messaggio , della rivelazione che lui è venuto a portare, il rifiuto del mistero che lui incarna con la sua persona e la sua parola. Ecco quindi tutti questi versetti, anche se citati un po' così a braccio, ci dicono che la rivelazione messianica, per Giovanni, si compie proprio in quest'uomo Gesù; Gesù rappresenta il luogo della presenza di Dio. L'umanità di Gesù è tempio della presenza di Dio: chi vede e accoglie lui e crede in lui entra in un affare molto grande: entra in una situazione nuovissima. Come poi nel Vangelo Giovanni ci presenta Gesù: attraverso quali simboli, quali espressioni. Io ne citerei tre: Gesù la luce del mondo, Gesù verità, Gesù la parola. La parola di Gesù è Gesù stesso che è parola.

Gesù la luce del mondo

Se Gesù nel vangelo di Giovanni è davvero il mediatore delle rivelazione il simbolo della luce diventa importante nel quarto vangelo; in tutte l'ambiente greco ellenistico e in tutte le religioni anche medio-orientali la luce indica sempre Dio. Anche nella 1GV 1,5 Giovanni afferma "Dio è luce" Alla luce si contrappongono le tenebre, il mondo dell'ignoranza, delle cattive abitudini. Per esempio nella tradizione biblica luce sono i precetti che illuminano il cammino dell'uomo, nei Libri dei Proverbi, della Sapienza e dei Salmi; anche nel Nuovo Testamento, in Paolo, è presente il tema della luce legato alla divinità. Negli scritti di San Giovanni il tema della luce acquista una particolare valenza: "la vita eterna che era rivolta verso il Padre, dice nel prologo, ci è apparsa", si è resa manifesta, si è illuminata. Egli, il verbo, era la vera luce che illumina ogni uomo (prologo) Gesù stesso, durante la sua vita pubblica, a Gerusalemme, durante la festa dei tabernacoli: "Io sono la luce del mondo, chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". Come un tempo nel deserto, nell'Esodo, Mosè guidò il popolo di Dio verso la vita, così ora Gesù, come luce del mondo, guida i suoi discepoli verso la vita. Ed è ancora una volta nel racconto del cieco nato che Gesù riprende l'affermazione detta in precedenza: "Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo!" Ecco allora che il contenuto della rivelazione apportata da Gesù, la persona stessa di Gesù nel quarto vangelo è luce per il mondo. Questo mistero segnato dalla luce e dalla persona di Gesù è innanzi tutto quello della sua filiazione divina, cioè del suo rapporto con Dio Padre. La luce venuta nel mondo è per San Giovanni il figlio che Dio ha mandato nel mondo affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui, dirà nel cap. 3 versetto 17. Così anche in 12,46 dice: "Io, la luce, sono venuto nel mondo affinchè chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre" Ma la luce che porta Gesù, che cosa è in definitiva? Abbiamo già detto che è questa sua filiazione divina che si è resa manifesta a noi tramite la sua persona. Allora possiamo dire che la luce, così come San Giovanni la descrive legata alla persona di Gesù, è questa rivelazione del rapporto, della comunione fra Gesù Cristo e il Padre, e Gesù ce la rivela, Gesù diventa luce di questa comunione perché anche noi possiamo entrare in questa luce. Dio è luce dirà nelle lettere, così come Dio è amore; ma perché arriva a noi questa rivelazione? Perché noi possiamo rimanere nella luce, rimanere nel suo amore. Che cosa significa questo rimanere? Significa che attraverso la sua persona, attraverso il credere in lui possiamo anche noi entrare in questa comunione di cui lui gode, la sua filiazione divina, diventare anche noi figli.

Gesù verità

Un altro termine che ci viene presentato nel quarto vangelo per descrivere Gesù è "Io sono la verità". Conoscete tutti il famoso passo "Io sono la via, la verità e la vita" La verità nell'ambiente filosofico dell'Antica Grecia ha a che fare con Dio; allora saremo facilitati in questo dato che tutte le volte che Gesù dice "io sono la verità" è come se dicesse "io sono Dio". Ultimamente però gli studiosi di Giovanni hanno scoperto quello che viene chiamato il retroterra della espressione giovannea: quello dei libri sapienziali dell'Antico Testamento. In questi libri la verità che cosa è? E' la rivelazione dei segreti di Dio, dei misteri di Dio. Allora in questo senso quando Gesù si definisce Verità nel quarto vangelo, significa che lui è venuto a portare una parola di rivelazione; dice infatti: La parola della verità. Fin dall'inizio, per esempio, sulla bocca di Giovanni il Battista, si dice che Giovanni ha reso testimonianza alla verità perché ci ha fatto conoscere Gesù. Lo stesso Giovanni poi a 1,31 dirà: "Io sono venuto a battezzare nell'acqua perché egli fosse reso manifesto in Israele; ho visto e attesto che Lui è il Figlio di Dio". Quindi la verità di cui Giovanni Battista è testimone è appunto questa rivelazione portata da Gesù; in Gesù per Giovanni si manifesta il Messia, l'agnello di Dio, il Re di Israele, addirittura il figlio di Dio. Tutti conosciamo l'episodio dei prime quattro discepoli in cui Giovanni dice "Ecco l'agnello di Dio" e quei quattro cominciano a seguire Gesù. Particolarmente importante a proposito della verità è il processo di fronte a Pilato; lì Gesù più volte insiste su questo aspetto: "Io sono nato e sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità; chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". Questo tema della verità è quindi fondamentale in Giovanni e raggiunge il suo culmine proprio nelle parole che prima citavamo, quando Gesù afferma di se stesso: " Io sono la via, la verità e la vita". Qui occorre spiegare bene: Che cosa è la verità, come dice Pilato nel racconto della Passione. Normalmente si dice che quando Gesù afferma di essere la via egli intenda dire che lui è il tramite, come mezzo verso un fine, cioè verso la verità e la vita. Occorre pensare invece che la parola principale in questa espressione è appunto la via, ma non la via verso la verità e la vita, ma la via verso il Padre e gli altri due termini, la verità e la vita, sono la spiegazione di questo cammino. Per Giovanni cioè Gesù ci conduce, ricordiamo anche le parole del Buon Pastore, io sono la porta, verso la vita che è la comunione col Padre, ma questo perché lui è la verità, cioè perché lui porta la rivelazione dal Padre. Quindi è attraverso questa manifestazione che Gesù proclama non solo di portare la verità ma di essere la verità e ci permette di arrivare alla vita, lui che ci porta la via perché è la verità. E' un po' difficile, dato che occorre un po' di dimestichezza con il quarto vangelo che deve essere letto con attenzione e anche un po' di passione; se riusciamo a tener presente il fatto, che Giovanni ha sempre presente, che Gesù e il rivelatore del Padre, che Gesù uomo e tutti i termini a lui vicini, porta, vita. Hanno questa funzione allora tutto diventa più chiaro: Gesù è nell'uomo il figlio di Dio, è il verbo di Dio venuto nella carne.

Gesù parola

Innanzi tutto le parole di Gesù. Per Giovanni le parole di Gesù hanno una grande importanza perché sono direttamente legate alla sua persona: "Chi si vergognerà di me e delle mie parole -si diceva nel Vangelo di Marco- anch'io mi vergognerò di lui"; nel quarto vangelo si dice invece: "Se rimanete nella mia parola, sarete miei discepoli, conoscerete allora la verità e la verità vi renderà liberi". Che cosa vuol d ire qui Giovanni al cap. 8? Rimanere nella parola di Gesù è il mezzo per diventare discepolo e scoprire la verità, entrare cioè nel mistero della sua persona. Se rimante nella mia parola! Allora questa verità che Gesù è venuto a portare libera l'uomo e tramite questa parola è il Figlio stesso di Dio che libera. Quindi questa libertà che Gesù a portare non è altro che la possibilità data ai credenti di poter entrare nella vita filiale con Dio, per poter avere questa stessa partecipazione che aveva Gesù di essere figlio di Dio. Ecco perché Gesù insiste tanto sulla sua parola che è sua, ma è anche la parola del Padre. Nel cap.17 Gesù insiste "io ho reso manifesto il tuo nome agli uomini, essi hanno osservato la tua parola" C'è uno stretto legame tra Gesù e il padre, "io ho dato loro la tua parola, io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato mi ha ordinato quello che avrei dovuto dire e comunicare; la mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato" sono tutti passi del quarto vangelo dove si nota lo stretto collegamento tra Gesù e il padre; allora il discepolo che accoglie le parole di Gesù che sono anche le parole di Dio padre rimane libero, acquista la vera verità ed entra in comunione con il padre e con Gesù stesso. Ma Gesù nel quarto vangelo viene anche descritto come lui stesso parola, logos personale; il verbo si fece carne Gv.1,14 Anche questo termine parola che è così caratteristico del quarto vangelo, va ricercato nel sottofondo sapienziale dei testi biblici, dell'Antico Testamento. Ancora una volta questo termine designa Gesù come rivelatore del Dio padre, ma la cosa sorprendente è che stavolta il termine parola non si riferisce a qualcosa che esce da Gesù, cioè da una sua rivelazione, ma è Gesù stesso parola. E' quindi un termine importante, prezioso nella intenzione e nella teologia di Giovanni. Infatti egli dice immediatamente al versetto 1 del vangelo: " Egli è il verbo rivolto verso Dio". E' molto importante vi dicevo, in Giovanni, fare attenzione anche alle indicazioni di tempo, di luogo: egli è il Verbo rivolto verso Dio, come i samaritani andavano verso Gesù, come Maria era presso la croce di Gesù; questo insistere sta ad indicare proprio la situazione non solo fisica, ma spirituale e teologica del soggetto in questione. Il verbo era quindi rivolto verso Dio, al v.18 il Figlio unigenito tornato nel seno del Padre, in 1Gv la vita rivolta verso il Padre; in base a queste diverse formulazioni che riguardano Gesù come parola che è rivolto verso il Padre, ci fanno capire proprio il segreto più intimo della vita di Gesù. Qui non si tratta soltanto dei rapporti intratrinitari, ma ci rivela anche qualcosa che deve aver colpito il discepolo amato da Gesù e che ha riportato queste espressioni nel Vangelo. E allora perché Giovanni dice che Gesù è parola? Perché egli era, secondo l'esperienza spirituale di Giovanni, l'inviato del Padre; veniva dal Padre, faceva sempre la volontà del Padre, diceva solo quello che aveva udito dal Padre, era sempre nel Padre. Questa per Giovanni è la condizione di Gesù sulla terra: nonostante fosse un uomo come tutti conservava in sé questo grande mistero di essere unito al Padre, il Verbo rivolto verso il Padre. E naturalmente questa condizione non era esclusiva di Gesù perché rivelandola a noi, ha permesso anche a noi di poter accedere a questa condizione di figliolanza. Vi ricordate nell'episodio dell'ultima cena, quando Piero dice al discepolo amato: "Domanda chi è che lo tradisce!", il discepolo amato si china nel seno di Gesù. Questa espressione del quarto vangelo è alla base di tutte le quelle descrizioni iconografiche che abbiamo nelle nostre chiese; anche nell'icona della Trinità la figura al centro che rappresenta Gesù è rivolto con la testa verso la figura di destra che rappresenta il Padre. E' chiaramente un rimando alle espressioni del quarto vangelo. Il discepolo amato allora, Giovanni o chiunque sia, si china nel seno di Gesù e indica proprio la direzione che il cristiano deve prendere: deve essere rivolto verso Gesù perché Gesù è rivolto come parola eterna nel seno del padre. Giovanni ci fa entrare allora veramente in un mondo entusiasmante: quella della vita divina. Ecco perché la rivelazione che Gesù porta attraverso il mistero della sua persona chiama l'uomo ad una risposta. Non abbiamo più molto tempo, ma bisognerebbe parlare della capacità dell'uomo di poter accedere a questa rivelazione. Allora tutto il discorso di Giovanni sull'ascolto delle parole di Gesù: "chi rimane nelle mie parole", sul fare la verità. Anche qui fare la verità, per Giovanni, non significa fare qualcosa, ma accogliere la verità che Gesù è venuto a portare. Essere dalla verità, un'altra espressione di Giovanni, significa allora vivere secondo la rivelazione di verità che Gesù è venuto a portare. Allora le espressioni luce del mondo, io sono la verità, io sono la parola, ci indicano questo segreto della persona di Gesù. Molte volte il Vangelo di Giovanni è stato visto come un vangelo esoterico, gnostico, perché sembra manifestarci qualcosa di nascosto, di segreto. Questo parlare di Gesù come LOGOS, questo presentare Gesù come un essere divino che piomba sulla terra, così distante dalle descrizioni degli altri evangelisti che sembrano più fresche più immediate in fondo non è altro che lo sforzo di un cristiano e della sua comunità di comprendere il mistero della persona di Gesù in tuta la sua pienezza, in tutta la sua valenza. Questa presentazione che Giovanni ci fa di Gesù non è in contrasto con quelle di Matteo, Marco e Luca, ma si pone in sintonia con loro. Come dice Sant'Ireneo è un vangelo quadriforme di cui Giovanni costituisce il quarto quadro; e naturalmente Gesù è il centro e il cuore della rivelazione. Ecco perché ha tanta importanza per lui la presentazione della umanità di Gesù perché per Giovanni è proprio in questa concreta figura storica, umana che si rivela il Padre e soltanto attraverso di lui possiamo accedere alla vita e alla salvezza. Come chiude il suo vangelo ci dimostra questo. Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. Lo scopo del Vangelo, oltre a darci molte indicazioni storiche ha questo scopo eminente: Credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e avere nel suo nome la vita.