ERASMO DA ROTTERDAM

 

 

 

Nato nel 1467 e morto nel 1536. Umanista di fama mondiale, pensò di poter incanalare la polemica sollevata da Lutero in funzione di una riforma della Chiesa che non arrivasse però ad una rottura lacerante con il papa.

Nel corso del 1520, in attesa della dieta imperiale, Lutero pubblicò quattro brevi trattati sui problemi della riforma ecclesiastica, rapidamente diffusi dalla stampa presso il pubblico colto. Essi dimostravano che tra le idee di Erasmo - e quindi il tipo di riforma a cui pensavano gli umanisti - e quelle di Lutero vi era una qualche concordanza. Nel primo di questi (Del papato romano) si affermava che il papa non può essere considerato superiore alle Scritture, che essere cristiano è fatto dell'interiorità e non ha niente a che fare con la sudditanza a un corpo politico come la curia romana. Nel 1516 Erasmo aveva pubblicato un'accurata edizione a stampa del Nuovo Testamento, che includeva il testo originale in greco e la sua traduzione in latino: non poteva esistere religiosità cristiana senza un contatto diretto con la parola di Dio. Il significato del cristianesimo si dispiega a chiare lettere senza bisogno della mediazione dell'opera o della mente di altre persone: questa era l'idea di fondo di Erasmo, che doveva condurre ad esaltare la fede spontanea, pura, fondata sull'esperienza tutta individuale della parola divina, pronunciata per essere ascoltata da tutti e non da pochi privilegiati. Come il messaggio di Gesù andava ricondotto alla sua purezza liberandolo dalle sovrapposizioni dottrinarie, allo stesso modo la vita del cristiano aveva bisogno di essere liberata da tutto ciò che di estraneo e deformante vi aveva aggiunto il corso dei secoli. E così Erasmo scriveva pagine dense di ironia contro tutto ciò che sapeva di superstizione, feticismo, formalismo e che era stato abusivamente scambiato con il vero cristianesimo: dal culto delle reliquie a quello dei santi, con i loro eccessi e le stravaganze.

 

La divergenza di fondo tra l'umanesimo di Erasmo e la riforma di Lutero appare con evidenza nel 1525. Non solo la concezione dell'uomo era diversa nei due casi, ma ancora di più ciò era vero per l'immagine della storia, della società e del destino umano. Erasmo credeva a una società umana capace di migliorare e vedeva nei principi dei funzionari che dovevano promuovere il bene sociale; per Lutero lo stato era solo la spada dell'ira di Dio, nato per colpire la malvagità congenita dell'uomo. Certezza e libertà abitano solo nella sfera interiore della fede, che non ha nessuna possibilità di influire sulla realtà umana esteriore. L'evoluzione del clima spirituale europeo dette ragione, a conti fatti, a Lutero. La possibilità di vittoria del progetto culturale così ben rappresentato da Erasmo, e che influenzò certamente sia Carlo V che un Papa come Leone X, non fece che declinare dopo il 1525. La concezione pessimistica dell'uomo di Machiavelli, scrittore disincantato e del tutto privo di interessi religiosi, sembra dar ragione a Lutero contro Erasmo.