Dottrina Sociale

della Chiesa

Introduzione

1. Importanza e attualità dei problemi sociali

2. Principali fattori dell'acutizzazione della sensibilità sociale nell'era industriale

a) sul piano economico

1. La rivoluzione industriale

2. Effetti del macchinismo industriale

3. Le denunce del Magistero

b) sul piano politico-sociale

c) sul piano culturale

3. La Chiesa di fronte ai problemi sociali

4. Storia dell'azione sociale cristiana nel secolo scorso

in Inghilterra e negli USA

in Francia

in Germania

in Belgio

in Austria

in Svizzera

in Italia

in Olanda

5. Esponenti del pensiero e della vita sociale cattolici nell’Italia del XX sec.

6. La questione sociale nell'era post-industriale

Capo I La dottrina sociale della Chiesa

1. Esistenza di una dottrina sociale (an sit)

Perché ci deve essere una dottrina sociale della Chiesa

2. Natura della Dottrina sociale della Chiesa (quid sit)

Che cosa non è

Che cosa è

3. Ambito, oggetto, fonti e metodo della Dottrina Sociale della Chiesa

4. Genesi e sviluppo della Dottrina sociale della Chiesa (quomodo sit)

5. I principali documenti sociali (ancora"quomodo sit")

Capo II La persona umana e la società

1. La socialità è un portato della natura umana (approccio fenomenologico)

2. La socialità deriva all’uomo dalla sua realtà individuo-personale (approccio metafisico)

3. Caratteristiche dell'essere persona

4. Comunità, società, massificazione

Capo III I principi ordinatori della società

1. Il principio di solidarietà (solidarismo)

Testi del Magistero

2. Il principio del bene comune

a) Il pensiero dei liberali e dei totalitaristi

b) principi fondamentali per determinare la consistenza del bene comune

1. La concezione della persona

2. La consistenza della società umana

3. Consistenza del bene comune

4. L’amicizia fra gli uomini è oggetto del bene comune

Testi del Magistero

3. Il principio di sussidiarietà

1. Che cosa si intende per sussidiarietà

2. Chi svigorisce o non accetta il principio di sussidiarietà

Testi del Magistero

Capo IV Lo Stato sociale

1. Nozione, storia e crisi dello Stato sociale

2. Il pensiero della Chiesa

3. Quali prospettive?

Capo V Necessità della grazia per un perfetto ordinamento sociale

1. Necessità dell'integrazione della grazia

2. Bisogno avvertito da tutti

3. Che cosa deve animare la carità

Testi del Magistero

Capo VI La famiglia

1. Nozione di famiglia

2. La famiglia, comunità di vita dei genitori con i figli

3. La famiglia è cellula della società

a) la famiglia è cellula della società sotto il profilo biologico e di calore umano.

b) La famiglia è cellula della società sotto il profilo morale.

1- Il ruolo dei genitori: trasmettono la vita, sostentano ed educano.

2- Il ruolo dei figli, fratelli e sorelle.

3- I nonni e gli anziani (FC 27).

4. Perdita e cambiamento di funzioni nella famiglia del nostro tempo

a) funzioni istituzionali

b) funzioni personali

5. La promozione della donna

1. È un segno dei tempi

2. Storia del femminismo

3. La dignità della donna secondo la "Mulieris dignitatem"

4. Le caratteristiche della femminilità

caratteristiche generali

caratteristiche specifiche

Capo VII Il lavoro

Premessa

Parte prima: Il lavoro e l’uomo

1. Che cosa è il lavoro

2. Il Vangelo del lavoro

a) la verità sul lavoro

b) lavorando l'uomo di conforma al progetto di Dio e prolunga la sua opera creatrice

c) Gesù Cristo, che proclama il Vangelo del lavoro, è stato "l'uomo del lavoro"

d) L'insegnamento di Gesù si richiama spesso al lavoro umano

e) Una spiritualità cristiana del lavoro

3. I significati del lavoro e della professione

La dignità del lavoro

Testi del Magistero

Parte seconda: I diritti degli uomini del lavoro (occupazione, salario, associazione)

1. Il diritto all’occupazione, al lavoro

Testi del Magistero

2. Il salario

Testi del Magistero

3. Il diritto di associazione (il sindacato)

a) fasi storiche del movimento operaio

b) accanto ai sindacati sorgono le associazioni professionali

c) la libertà dell'organizzazione sindacale e professionale

Testi del Magistero

Lo sciopero

1. Che cosa è

2. Perché è lecito

3. Quando è lecito

Testi del Magistero

Capo VIII L' economia

1. Definizione

2. Il fine oggettivo dell'economia

a) premesse per la determinazione del fine oggettivo dell'economia

b) quale il fine dell'economia

3. L'ordinamento dell'economia

a) l’ordinamento dell'economia secondo il liberalismo

b) l’ordinamento dell'economia secondo il socialismo

Testi del Magistero

4. La dottrina della Chiesa sull'ordinamento dell’economia

5. La destinazione universale dei beni e la proprietà privata

1. l'uso dei beni è un'esigenza della natura umana

2. ragioni che giustificano la proprietà privata

3. forme storiche e discussioni sulla proprietà

6. Le ragioni e gli approfondimenti portati dal Magistero

Capo IX Ambiente e sviluppo: la questione ecologica

1. Status quaestionis

a) perché si pone il problema

b) le cause

2. Principi teologici da tenere presente nella questione ecologica

a) il primato dell'uomo nella creazione

b) i principi morali ordinatori del dominio sulla natura

3. Conseguenze morali

1- La scienza deve progredire

2- L’ambiente è patrimonio universale

3- Attenzione per l'esaurimento di alcuni beni

4- Interdipendenza ecologica

5- Un nuovo umanesimo

6- La nuova questione sociale

Capo X Lo stato

1. Origine e senso dello stato (molteplici interpretazioni)

1. Spiegazioni teocratiche

2. L'ideologia del potere

3. L'interpretazione individualista-illuminista dello stato

4. Origine e senso dello stato secondo la dottrina sociale della Chiesa

Nota sull'Europa

2. L’Autorità: principio promotore e coordinatore del bene comune

1. Necessità dell'autorità

2. Origine dell'autorità

3. Il detentore del potere statale e il diritto di designazione

 

Capo XI La comunità dei popoli

1. L'unità del genere umano quale fondamento della comunità dei popoli

2. Necessità di organizzare la comunità dei popoli

 

 

INTRODUZIONE

0.0.1

1. Importanza e attualità dei problemi sociali

L'uomo è stato definito anche come "animale sociale".

La convivenza ha sempre avuto a che fare con problemi sociali.

Ma da due secoli e mezzo a questa parte essi hanno conseguito un'ampiezza e un'urgenza sempre più grandi.

Il magistero della Chiesa ne ha preso atto individuandone il sintomo nell'interdipendenza e nell'infittirsi dei rapporti in cui sono interessati tutti, individui e collettività.

Nella Mater et Magistra (MeM) Giovanni XXIII osservava: "I progressi delle scienze e delle tecniche in tutti i settori della convivenza moltiplicano e infittiscono i rapporti tra le comunità politiche, e rendono perciò la loro interdipendenza sempre più profonda e vitale. Di conseguenza può dirsi che ogni problema umano di qualche rilievo, qualunque ne sia il contenuto, scientifico, tecnico, economico, sociale, politico, culturale, presenta oggi dimensioni soprannazionali e spesso mondiali"(211-212).

E il Concilio: "Il moltiplicarsi dei mutui rapporti tra gli uomini costituisce uno degli aspetti più importanti del mondo di oggi" (GS 23).

Nella Populorum progressio (PP) Paolo VI ricordava che "oggi il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prendere coscienza, è che la questione sociale ha acquistato una dimensione mondiale"(3).

In Sollicitudo rei socialis (SRS) Giovanni Paolo II constata che gli uomini oggi, forse più che in passato, si rendono conto di essere legati da un comune destino da costruire insieme, se vogliono evitare una catastrofe universale, e indica la necessità di una solidarietà che assuma la "radicale interdipendenza" e la traduca sul piano morale(26).

Ciò che vi è di nuovo, rispetto al passato, è la coscienza del problema mondiale. La coscienza dà vita e urgenza ai problemi stessi.

Gli schiavi ci furono sempre. Ma la loro presenza non costituì problema sociale fino a quando non sorse Spartaco nell'antichità, Bartolomeo Las Casas nel '500, il movimento antischiavista con Abramo Lincoln nei tempi moderni.

Così pure padroni e operai sono sempre esistiti, ma la loro posizione divenne un problema sociale quando allo sfruttamento disumano gli operai reagirono con associazioni, scioperi, violenze, rivendicazioni. Ugualmente popoli dominatori e popoli soggetti, sebbene sotto forme diverse, hanno costituito un fatto ricorrente nella storia. Ma esso dura solo fino a quando i popoli dominati non prendono coscienza dell'ingiustizia del loro stato di inferiorità e di asservimento.

Oggi la coscienza dei problemi sociali è divenuta acuta e generale. Vi hanno contribuito diversi fattori, come il confronto tra le diverse condizioni di vita, le conseguenze negative di uno sviluppo inteso solo in senso economico (come ad es. il soffocamento di valori culturali e tradizioni), il maggior impegno per la giustizia, nonché la corsa generale a migliori condizioni di vita di uomini e di popoli.

Osserva la GS: "Gli uomini del nostro tempo avvertono con sempre più viva coscienza tali sperequazioni, convintissimi come sono che le più ampie possibilità tecniche ed economiche, di cui gode il mondo contemporaneo, potrebbero e dovrebbero correggere questo funesto stato di cose. Conseguentemente perciò vengono richieste da tutti molte riforme nella vita economica e sociale ed un mutamento di mentalità e di abitudini"(63).

Paolo VI focalizza così il nascere e il persistere della questione sociale: "Quando l'idea di progresso entrò nella psicologia delle popolazioni stagnanti nelle loro forme primitive o imperfette di civiltà, prive cioè delle prodigiose risorse economiche e sociali derivanti dalle scoperte scientifiche (pensate ad esempio all'elettricità) e dall'applicazione delle risorse della natura alla macchina, a potenti strumenti cioè ausiliari del lavoro umano fino a moltiplicarne prodigiosamente il rendimento diminuendone in pari tempo la fatica, un'inquietudine enorme sollevò e solleva queste popolazioni, suscitando in esse il desiderio, il bisogno, di diritto di passare dal livello modesto, e spesso miserabile, del loro tenore di vita ad un livello più alto, più degno, più umano.

Quest'operazione è tuttora in piena efficienza; essa fermenta nella maggior parte dell'umanità, producendo gli effetti molteplici che tutti conosciamo: lo sforzo verso l'indipendenza, politica dapprima, economica e culturale poi, mettendo in evidenza condizioni alle volte tristissime di questi popoli nuovi, la fame, la malattia, l'ignoranza, l'incapacità a trasformarsi in meglio con le loro proprie forze; e insofferenti come essi sono d'ogni sfruttamento colonialista, non riconoscono talora nemmeno i vantaggi che l'epoca colonialista recò loro, e misurano così la loro inferiorità al confronto dei popoli progrediti, con sentimenti ribelli ad ogni forma di tutela da parte di popoli ricchi, e ostili a quello stesso benessere che si è fra di loro prodotto per opera altrui, e ancor oggi detenuto da pochi, forestieri o indigeni che siano, a loro esclusivo vantaggio.

Lacrime e collera caratterizzano, per lo più, la psicologia di questi giovani popoli, che soffrono d'un male nuovo, prima inavvertito, oggi intollerabile: l'avvertenza della sperequazione economica e sociale che li separa e li umilia nei confronti dei popoli benestanti.

È un problema cruciale e mondiale. Esso trasferisce la famosa questione sociale dall'interno delle singole comunità alla dimensione internazionale, alla umanità intera"(28.3. 1968).

Nella PP dice: "Oggi, nessuno lo può ignorare, sopra interi continenti, innumerevoli sono gli uomini e le donne tormentati dalla fame, innumerevoli sono i bambini sottonutriti, al punto che molti di loro muoiono in tenera età, che la crescita fisica e lo sviluppo mentale di parecchi altri ne restano compromessi, che intere regioni sono per questo condannate al più cupo avvilimento"(45). "I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza"(3).

E SRS: "Nel cammino della desiderata conversione verso il superamento degli ostacoli morali per lo sviluppo, si può segnalare, come valore positivo e morale, la crescente consapevolezza dell'interdipendenza tra gli uomini e le nazioni. Il fatto che uomini e donne, in varie parti del mondo, sentano come proprie le ingiustizie e le violazioni dei diritti umano commesse in paesi lontani, che forse non visiteranno mai, è un segno ulteriore di una realtà trasformata in coscienza, acquistando così connotazione morale"(38).

0.1.1

2. Principali fattori dell'acutizzazione della sensibilità sociale nell'era industriale

sul piano economico

1. La rivoluzione industriale

È stata prodotta col trapasso dalle strutture economiche e sociali di tipo artigianale e corporative a quelle di tipo industriale capitalistico.

Prima della seconda metà del sec. XVIII, per il carente spirito scientifico, l'insufficienza della tecnica, i limiti della popolazione e la ridotta circolazione, la produzione dei beni e l'organizzazione del lavoro erano molto modeste. Non esistevano grandi stabilimenti con le moltitudini di operai.

La produzione era di tipo artigianale (campagne, tessitura, altri mestieri), oppure era legata alle corporazioni di tipo medievale.

Nella seconda metà del sec. XVIII lo sviluppo del metodo scientifico e alcune invenzioni - particolarmente quella della macchina a vapore ad opera di James Watt (1769) con le sue applicazioni nell'industria estrattiva e metallurgica e soprattutto nella filatura del cotone (Cartwright, 1785) - vennero a porre le premesse di una autentica rivoluzione industriale, che si sarebbe tradotta nel trionfo progressivo della macchina fino all'automazione dei nostri giorni, ponendo fine all'era industriale e aprendo quella cosiddetta "post-industriale".

2. Effetti del macchinismo industriale

Furono molteplici. Tra essi vanno ricordati:

- la costituzione di grandi imprese; l'impresa familiare e artigianale vengono irrimediabilmente colpite;

- la formazione del proletariato moderno; è necessaria la manodopera di massa;

- la sovrapproduzione e la disoccupazione: il mercato non compera sufficientemente, la macchina lavora al posto di molti operai, si causa la disoccupazione tecnologica;

- lo sfruttamento del lavoro. Teoricamente vige la legge del mercato (domanda e offerta). Di fatto l'operaio è costretto ad accettare salari di fame per non rimanere disoccupato. Si diffonde il lavoro delle donne e dei bambini, che rendono ugualmente e vengono pagati di meno. In Inghilterra il Montalambert vide ragazzi di 7-8 anni condannati a 15 ore di lavoro, con le gambe chiuse in stivali di latta per costringerli a tenersi in piedi quando il sonno li opprimeva, e quando si fermavano erano colpiti con verghe di ferro.

3. Le denunce del Magistero

Leone XIII nella Rerum novarum (RN) lamentava che "in poche mani s'era accumulata la ricchezza e si era grandemente estesa la povertà. Un piccolissimo numero di straricchi aveva imposto alla infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile" (2).

Pio XI nella Quadragesimo Anno (QA) constata che sul finire del XIX secolo la società è sempre più recisa in due classi: l'una esigua di numero ma in possesso di tutte le comodità, e l'altra composta di un'immensa moltitudine di operai, i quali, oppressi da rovinosa penuria, invano si affannavano per uscire dalle loro strettezze"(3). Giovanni XXIII in MeM dirà che "mentre ingentissime ricchezze si accumulavano nelle mani di pochi, le classi lavoratrici venivano a trovarsi in condizioni di crescente disagio: salari insufficienti o di fame, logoranti condizioni di lavoro e senza alcun riguardo alla sanità fisica, al costume morale e alla fede religiosa"(14).

Da tanto disordine escono i primi conflitti sociali, con i primi tentativi di tumulti e di scioperi e le prime associazioni operaie.

Così venne sempre più imponendosi la questione sociale, "la cui gravità tiene in trepida aspettazione sospesi gli animi, et affatica l'ingegno dei dotti, i congressi dei savi, le assemblee popolari, i consigli dei principi: in tal guisa che oggi non v'ha questione che maggiormente interessi il mondo" (RN, 1).

0.1.2

b) sul piano politico-sociale

È il periodo in cui si espandono tra la gente gli ideali della Rivoluzione francese:

- viene rovesciato l'assolutismo monarchico, alla nobiltà e al clero succede la borghesia;

- si formano i primi regimi costituzionali: il popolo è nell'entusiasmo, anche se chi ottiene, per ora, è la borghesia;

- si avvia un processo di democratizzazione inarrestabile col suffragio popolare universale.

0.1.3

c) sul piano culturale

Ebbe grande incidenza la pubblicistica che propugnava l'uguaglianza sociale. Essa precedette, accompagnò e seguì la rivoluzione francese. Inoltre una vasta schiera di pensatori e di uomini di azione reagì agli orrori delle teorie e dei misfatti del liberismo.

Tra quelli di tradizione cattolica vanno ricordati in modo particolare Ozanam, fondatore delle "Conferenze di S. Vincenzo", Lacordaire, celebre predicatore, scrittore su LAvvenir e ristabilitatore dell’ordine domenicano in Francia, Montalambert, celebre giornalista e polemista, Le Play, Ketteler, il più attivo esponente della Chiesa tedesca nelle questioni sociali, La Tour du Pin, De Mun, Harmel...

Ve ne sono altri, della corrente del socialismo utopico (così lo chiamava Marx), come Saint-Simon, Fourier, Proudhon.

Altri infine propugnano un socialismo scientifico: Marx, Engels.

Vi si aggiungono le opere di romanzieri (francesi, russi), scrittori e artisti, che esercitano un grande influsso attraverso il teatro e il cinema.

Ma un ruolo tutto particolare è stato svolto dal Magistero della Chiesa, che indubbiamente ha stimolato la coscientizzazione dei problemi sociali. Accanto a teologi, singoli vescovi ed episcopati, i Pontefici con le loro encicliche hanno contribuito a creare una sensibilità nuova nelle idee e nei fatti sia tra i cattolici sia, di riflesso, anche nei non cattolici.

3. La Chiesa di fronte ai problemi sociali

Di primo acchito sembrerebbe che tutta la preoccupazione della Chiesa debba essere rivolta verso la sola meta della salvezza eterna. Sembrerebbe che il vangelo non miri che a questo: ritrarre dalle sollecitudini della terra e proiettare verso il cielo, staccare dagli uomini e veicolare verso Dio. Un messaggio dunque personale ed escatologico.

E di fatto in passato si è rimproverato ai cattolici e alla Chiesa di parlare molto dell'aldilà e di non interessarsi abbastanza delle ingiustizie da eliminare e della società da cambiare.

Tuttavia, a onore della verità, tale rimprovero risulta storicamente ingiusto. Dall'espressione di Cristo "Ho compassione per questa folla" (Mc 8,2 "Misereor super turbam") fino ai giorni nostri la storia della dedizione ai fratelli più bisognosi (si potrebbe dire la storia della carità) si identifica con quella della Chiesa.

Nell'ambiente pagano la Chiesa ha operato il risanamento morale, la nobilitazione della famiglia, la preparazione e la soppressione della schiavitù. Ha poi generato incessantemente fame e sete di giustizia, ha tentato la comunanza di beni in vari modi.

Non è poi affatto un caso che le dottrine socialiste abbiano avuto origine solo nelle nazioni cristiane, mentre grandi nazioni dell'oriente come India, Cina, Giappone, teatro di situazioni infinitamente più tragiche, non hanno avuto nessun socialismo autoctono.

Così ancora non è un caso che la Comunità europea sia storicamente sorta dal nucleo di nazioni che un tempo formavano la cosiddetta "res pubblica christiana" o cristianità.

Né lascia senza pensare il fatto che a soccorrere i popoli del terzo mondo si muovano sempre le nazioni di radici cristiane.

Così non si può dimenticare che la Chiesa nel medioevo ha salvato e promosso la cultura nei monasteri prima, nelle scuole delle cattedrali dopo e infine nelle università.

Il patrimonio artistico del passato è quasi del tutto coestensivo col patrimonio della Chiesa.

Sotto certi aspetti è ancora oggi accettabile l'affermazione di Benedetto Croce "Perché non possiamo non dirci cristiani". In un opuscolo del medesimo titolo, egli elenca i motivi che suffragano il suo dire:" Il cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuto: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, cosi inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono al suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate... E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni... non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primato perché l'impulso originario fu e perdura il suo...

La ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale e si travagliò in modi nuovi tutt’insieme fervida e fiduciosa, col senso del peccato che sempre insidia e col possesso della forza che sempre gli si oppone e sempre lo vince, umile ed alta, e nell'umiltà ritrovando la sua esaltazione e nel servire il Signore la letizia... E il suo affetto fu di amore, amore verso tutti gli uomini, senza distinzione di genti e di classi, di liberi e di schiavi, verso tutte le creature, verso il mondo che è opera di Dio e Dio che è Dio d'amore, e non sta distaccato dall'uomo, e verso l'uomo discende, e nel quale tutti siamo, viviamo e ci muoviamo".vedi nota

È vero tuttavia che le contingenze storiche in cui la Chiesa visse nella seconda metà del '700 e per tutto l'800 (cesaropapismo, rivoluzione francese, spoliazione dei beni, soppressione di ordini religiosi, settarismo massonico, ostilità e ostracismo degli stati verso la Chiesa) le impedirono una più massiccia presenza nelle nazioni e ostacolarono una tempestiva presa di coscienza dei problemi sociali moderni con la relativa ricerca di soluzioni adeguate.

In particolare va notato che la rivoluzione industriale (1760-1832) con i connessi problemi sociali iniziò in paesi in cui i cattolici erano una fortissima minoranza e privati dei diritti civili (Inghilterra). In questo paese solo nel 1829 il parlamento votò l'emancipazione dei cattolici, che dava loro la possibilità di accedere a quasi tutti i pubblici uffici, civili e militari.

Dalla rivoluzione francese, poi, la Chiesa uscì letteralmente sconquassata: chiese distrutte e profanate, religiosi dispersi, incameramento dei conventi, uccisi o impediti molti sacerdoti (cf la questione del giuramento gallicano).

Pio VI muore prigioniero a Valence (29.8.1799). Pio VII, eletto in un fortunoso conclave nell'isola di s. Giorgio a Venezia, fu prima deportato a Savona, poi a Fontainebleau (1809-1814). Napoleone, conquistando l'Europa, impiega un po' dappertutto i suoi metodi.

Più tardi nel '48, quando la questione sociale diventa più incandescente, vi sono nuove rivoluzioni. Nel medesimo anno viene pubblicato il manifesto del partito comunista. Pio IX, sempre in quell'anno, deve fuggire in esilio. E dopo aver perso in fasi successive il dominio temporale (stato pontificio), nel 1870, con la breccia di Porta Pia, interrompe il Concilio ecumenico vaticano I, e deve rinchiudersi in Vaticano.

Nel frattempo l'Italia è colpita da nuove soppressioni di ordini religiosi e incameramento dei beni. Tutti questi fatti portano a comprendere le reali difficoltà in cui viveva la Chiesa, la quale in primo luogo doveva pensare a sopravvivere e a rimettersi in sesto, cercando di rimarginare le ferite, mentre ancora da ogni parte le venivano lotte e attacchi.

La Chiesa si trovava con un clero molto decimato e in genere impreparato per far fronte a una raffica di nuovi errori. Pochi i laici preparati ed impegnati. Nel clima razionalista, essere colti sembrava in antinomia coll'essere religiosi.

In tali congiunture non mancarono però cattolici che sentirono profondamente i problemi sociali del tempo, ponendosi alla ricerca di soluzioni teoriche e impegnandosi nell'azione concreta.

0.2.0

4. Storia dell'azione sociale cristiana nel secolo scorso

L'impegno sociale è stato coesistenziale alla Chiesa dalla comunità cristiana di Gerusalemme (le collette per le vedove) fino ai nostri giorni.

Senza numero sono le opere a favore dei poveri, degli orfani, delle vedove, dei malati, dei pazzi, degli abbandonati e degli schiavi. Interi corpi religiosi hanno trovato nelle opere di assistenza materiale e morale per la gloria dì Dio il loro scopo. Soprattutto dall'ultimo secolo in qua si assiste al sorgere e pullulare di una ridda di congregazioni (soprattutto femminili) impegnate nelle opere di misericordia. Menzioniamo qui i personaggi più famosi che si sono impegnati nelle varie nazioni:

0.2.1

in Inghilterra e negli USA

Abbiamo già visto che essi erano una minoranza. Ma in seguito ebbero una maggiore incidenza.

Tra i personaggi più eminenti figura il Card. Hans Edward Manning (1808-1981). Entrato nella Chiesa cattolica nel 1850, fu fatto arcivescovo di Westminster nel 1865. Difende i dockers di Londra nello sciopero del 1889.

Neppure negli Stati Uniti sono mancati, nel XIX secolo i pionieri cattolici in campo sociale, benché la Chiesa avesse ancora da erigervi la sua propria struttura.

Mons. John Ireland, che durante tutta la sua vita (1838-1918) si sforzò di inserire la dottrina della Chiesa nella vita sociale, scriveva nel 1899: "La democrazia cristiana è il frutto del lavoro del lievito evangelico nell'anima dell'uomo, un tentativo di applicare il Vangelo all'organizzazione sociale".

Ricordiamo inoltre il cardinale-arcivescovo di Baltimora, James Gibbons (1834-l92l), che lavorò incessantemente per l'applicazione delle dottrine sociali cristiane, Questi si distinse per un intervento coraggioso in favore di un'associazione operaia, i "Knights of Labour", (Cavalieri del lavoro), i quali, per evitare la reazione dei padroni, lavoravano in segreto.vedi nota

0.2.2

in Francia

-Nel 1822 inizia l'impegno sociale dei cattolici. Lamennais scrive sul Drapeau Blanc, Chateaubriand nei "Mémoires d'Autre-Tombe";

-l'abbé Lowerbruck fonda a Parigi la società di San Giuseppe, che venne poi sciolta dal governo nel 1830;

-nel giornale "L'Avenir" scrivono Lamennais (1782-1854), Lacordaire (1802-1861), Montalambert (1810-1870), Chateaubriand (1768-1848)...

-dal 1835 Lacordaire pronuncia dal pulpito di Notre Dame le celebri "Conferenze";

-Federico Ozanam (1813-1853) nel maggio 1833 fonda le conferenze di s. Vincenzo de Paoli;

-tra i vescovi sono da ricordare: il card. de Croy, arciv. di Rouen, che in una pastorale del 1838 sul riposo domenicale alza la voce contro il lavoro dei bambini; mons. du Pin, il card. de Bonald (Lione), Mons. Affre, arciv. di Parigi, che muore nelle vie di quella città in un tentativo di pacificazione tra operai e borghesia, Mons. Belmas e Giraud a Cambrai. Quest'ultimo nel 1845 pubblica per il re di Sardegna un "Memoire sur le proletariat".

0.2.3

in Germania

Mentre la questione sociale si attenua in Francia, comincia a risvegliarsi altrove, soprattutto in Germania.

Nell'ottobre 1848 il can. Lewing riunisce a Magonza 400 delegati del Cattolicesimo tedesco: nel programma vi è anche la questione sociale. Emergono: Heinric, Dollinger e il giovane Ketteler.

Di Ketteler sono famose le prediche nella cattedrale di Magonza sulle "grandi questioni sociali del nostro tempo". Mentre Marx pubblica il Manifesto, egli infiamma i tedeschi ai problemi sociali. Tre anni prima della pubblicazione del Capitale, pubblica la sua opera principale: "La questione operaia e il cristianesimo". Egli supera le proteste di Marx contro certe iniquità del regime economico moderno.

Molti laici e preti collaborano con Ketteler. Nel 1867 (anno della pubblicazione del Capitale) l'episcopato tedesco gli affida il compito di far inserire la questione sociale tra i lavori del Concilio Vaticano I.vedi nota

Altri grandi figure del cattolicesimo sociale tedesco sono il barone Burghard von Schorlemer-Alst (1825-1895), l'ex calzolaio divenuto poi sacerdote Adolf Kolping (1813-1865), beatificato da Giovanni Paolo II nel 1991.

0.2.4

in Belgio

 

Abbiamo innanzitutto Philippe Buchez (17961865).

Prima della divulgazione del Manifesto dei comunisti, alcuni cattolici si resero conto che la carità individuale non era sufficiente a porre rimedio ad un male di origine sociale. Ancor più che dagli abusi delle nuove strutture economiche, essi dovettero esser impressionati e colpiti dalla demoralizzazione e dalla scristianizzazione delle masse che ne erano state la conseguenza. Tra questi cattolici si stagliano eminenti tre figure: Eduard Ducpetiaux (1804-1868), François Huet (1814-1869) e Bartels (1802-1862). Vanno menzionate anche la scuola di Liegi e la scuola di Angers, ma soprattutto l’Unione internazionale di Studi sociali, fondata a Malines nel 1920 e postas la presidenza e la direzione effettiva del card. Desiderato Mercier. Va ricordato infine il Movimento operaio cristiano, e in particolare Gioventù operaia cristiana (J.O.C.), fondato da Joseph Léo Cardijn (1882 - 1970,: cardinale dal 1965), con ampia irradiazione in tutto il paese a partire dal 1924, e con successo internazionale nella ripresa postbellica, dopo il 1945.

0.2.5

in Austria

 

L'erede principale in Austria del pensiero di von Ketteler è il barone Karl von Vogelsang (1810-1890).

Contro il socialismo egli sostiene i1 diritto di proprietà, ma ridotta quasi esclusivamente a una funzione sociale. Ammette la proprietà privata dei mezzi di produzione e quindi il contratto salariale, ma su di una base associativa, in modo da sproletarizzare i lavoratori. Propone l'organizzazione corporativa dello Stato mediante "corpi professionali", a cominciare dai contadini, per passare poi all'artigianato e alla piccola industria, senza escludere la grande industria, anche se non si vede come ciò sia attuabile secondo gli schemi tradizionali.

Vanno menzionati anche il conte von Blome e il conte von Kuefstein.

0.2.6

in Svizzera

Due grandi personalità dominano la seconda metà del secolo XIX: un vescovo, Mons. Mermillod (1824-1892) che avrà da Leone XIII la direzione di un comitato di studio di problemi sociali, e un uomo di stato, Gaspar Decurtins (1855-1916).

0.2.7

in Italia

Durante il secolo XIX, e principalmente sotto il pontificato di Pio IX, la Chiesa non ebbe modo di dedicare la sua attenzione al problema sociale sia perché l’industrializzazione è venuta dopo, sia per la situazione in cui si è venuto a trovare con la questione romana.

Fu Leone XIII (1810-1903) a dare una svolta decisiva.

Durante il suo breve soggiorno a Bruxelles, in qualità di nunzio apostolico (1843-1846), egli si era reso conto, per la prima volta, della marea crescente della grande industria e del suo seguito di miserie. Divenuto arcivescovo di Perugia, per trent'anni si dimostrò molto attento ai problemi sociali della sua epoca. Sempre più questi s'imponevano all'attenzione. Inoltre, nel periodo del Concilio Vaticano del 1870, un certo numero di " Padri " aveva proposto che al capitolo che trattava degli errori sociali, venisse aggiunta, assieme alla condanna del socialismo, una positiva dichiarazione che stabilisse i diritti dei lavoratori. La prematura chiusura del Concilio, in seguito all’invasione di Roma, impedì che tali problemi venissero affrontati. Ma l'arcivescovo di Perugia, mons. Gioacchino Pecci - il futuro papa Leone XIII - si pronunciò apertamente, nelle sue lettere pastorali, in favore delle riforme. Egli stigmatizzò lo spirito del regime economico imperante, che generava "il disprezzo della persona umana, come pure lo sfruttamento della povertà e della debolezza, che da esso derivano, e condannò l'abitudine di non vedere "nell'essere umano che una macchina, più o meno preziosa a seconda di quello che può produrre". Deplorò il lavoro dei fanciulli e l'eccessiva durata del periodo lavorativo e auspicò delle immediate riforme.

Divenuto papa, Leone XIII si accinse ad intervenire. Fin dal 1882, fondò un comitato di studi, il Comitato intimo, con l'incarico di esaminare soprattutto i problemi concernenti i lavoratori. All'inizio, questo circolo non si componeva che di alcune personalità romane: mons. Jacobini, segretario di Propaganda Fide; i conti austriaci Blome e Kuefstein, lo storico tedesco H. Denifle, o.p., e colui che ne fu l'anima, mons. Mermillod, l'esule vescovo di Ginevra. Sotto l'impulso di quest'ultimo, il circolo cominciò ad ampliarsi fino a costituire ben presto la celebre Unione di Friburgo che, dal 1884, si riunì annualmente nella sua residenza episcopale di Friburgo. Questa Unione raggruppava i principali responsabili delle correnti sociali cattoliche della Germania, dell’Austria, della Francia e della Svizzera, più tardi anche della Spagna, dell'Italia e del Belgio.

In quel periodo le personalità più qualificate del cattolicesimo sociale in Italia furono padre L. Taparelli d'Azeglio, s.j., e il professor G. Toniolo.

Di quei tempi va ricordata anche la figura di s. Giovanni Bosco (1815-1888), maestro nel campo dell'educazione dei giovani del popolo, il comitato di studi sociali intorno a Mons. Jacobini, e soprattutto l'Opera dei congressi nata a Venezia nel 1881. Essa coordinò moltissime iniziative sociali. Alla sua intraprendenza si devono 69 banche, 835 casse rurali, 774 società operaie (di cui molte sono tuttora operanti nell'archidiocesi di Genova), 21 segretariati del popolo, 43 unioni agricole, 107 cooperative di consumo, 170 unioni professionali e altre centinaia di iniziative varie.

Altri personaggi che influirono sul pensiero sociale cristiano che si andava organizzando furono Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini Serbati

0.2.8

in Olanda

Solo verso il 1870 l'industrializzazione fece la sua entrata in questo paese, provocando quei tipici abusi che costituirono l'ombra nera del capitalismo.

I cattolici, che in seguito alla Riforma erano rimasti in minoranza, dovevano ancora lottare per l'acquisto dell’uguaglianza dei diritti nella vita pubblica, e lavorare al ristabilimento interno della Chiesa, per cui solo verso la fine del secolo essi scopriranno il nuovo problema sociale. Ciononostante, come negli altri paesi, i cattolici dell'Olanda hanno dato esempi di generosità con la creazione di opere di carità: conferenze di san Vincenzo dÈ Paoli, sodalizi della Santa Famiglia ecc. Ma anche qui, la carità tradizionale ha mascherato, agli occhi di molti cattolici, il vero problema sociale, quello dello sfruttamento del proletariato e del pauperismo, conseguenza di una cattiva organizzazione della società.

Nel dare un giudizio complessivo bisogna dire che i cattolici fin dall’inizio si impegnarono nella questione sociale, anche se furono pochi, e molti continuarono a fare la carità.

Tuttavia dalla Rerum novarum in poi, dal momento in cui il Papa coinvolge del problema sociale tutta la chiesa, si assiste ad un impegno più unitario.

0.3.1

5. Esponenti del pensiero e della vita sociale cattolici nell’Italia del XX sec.

Non è possibile seguire lo sviluppo dell’impegno sociale dei cristiani, nelle varie nazioni, in questo secolo. Ci limitiamo pertanto all’Italia.

Grandi pionieri di pensiero sociale e di movimenti politici sono stati soprattutto Luigi Sturzo (1871-1959) e Alcide De Gasperi (1881-1954).

Non sono mancati uomini di pensiero che hanno esercitato il loro influsso. Fra questi ricordiamo Giuseppe Capograssi (1889-1956), Felice Balbo di Vinadio (1913-1964), Attilio Piccioni(1892-1976), Giorgio La Pira(1904-1977), Franco Rodano (1920-1983), Augusto Del Noce (1910-1989), Mariano Rumor(1915-1990), Aldo Moro (1916-1978), Igino Giordani 1894-1980).

Tra gli uomini di Chiesa, oltre a don Sturzo, vanno ricordati Ernesto Buonaiuti (1881-1946), Mariano Cordovani (1883-1950), Francesco Olgiati(1886-1962), Antonio Messineo(1897-1968), il Card. Giuseppe Siri (1906-1989).

Non si può dimenticare infine il ruolo esercitato da il "Codice di Camaldoli" degli anni quaranta del nostro secolo, che nasce come opera collettiva, frutto quasi spontaneo e inevitabile di tutto un intenso clima di studi e di ricerca sviluppato intorno agli anni trenta e agli inizi degli anni quaranta, con principali protagonisti gli intellettuali dell'Azione Cattolica: gli uomini della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e del Movimento Laureati.

Lo spirito con cui nasce l'idea di una settimana di studio e poi dell'elaborazione di un vero e proprio codice sociale è quello di creare una sintesi nuova, una proposta globale, un nuovo ordine cristianamente ispirato per la società italiana post-fascista.

Il "Codice di Malines" diventava, a questo punto, un riferimento obbligato da cui sarebbero partiti i promotori della nuova iniziativa per porre in essere una sorta di manuale di "principi dell'ordinamento sociale" che - appunto come quello sorto dai lavori dell'Unione internazionale di studi sociali - si sarebbe fondato essenzialmente sul Magistero, soprattutto sull'ultima enciclica Quadragesimo anno, e i radiomessaggi di Pio XII.

Alla già di per sé complessa opera di riordino sistematico della dottrina, i giovani intellettuali, rispondendo a una loro specifica vocazione, erano peraltro intenzionati ad aggiungere una originale attività di esegesi e di mediazione storica e culturale per tradurre - come è detto nell'introduzione al Codice -. "principi luminosi e fecondi" del Magistero della Chiesa non solo in "una norma di vita", ma in una "specifica forma di vita individuale e sociale". Ciò grazie alla propria sensibilità, alle singole conoscenze scientifiche e al proprio retroterra culturale.

Nel 1943 pubblicano il documento Per la comunità cristiana. Principi dell'ordinamento sociale a cura di un gruppo di studiosi amici di Camaldoli.

Sono ispiratori del testo di Camaldoli Paronetto, Saraceno, Vanoni, Montini, Bernareggi, Guano, Branca, Capograssi, Taviani, Gonella, La Pira, Zappa, Pergolesi, Andreotti, Bobbio, Ferrari Aggradi, Medici, Feroldi.

Pensatori d’oltralpe hanno il loro grande influsso. Fra questi Jacques Maritain (1882-1973), Gabriel Marcel (1889-1973), Edith Stein (1891-1942), Emanuele Mounier (1905-1950).

0.4.1

6. La questione sociale nell'era post-industriale

Se alla fine del secolo scorso la questione sociale si identificava con quella operaia, ora, alla fine del XX secolo la questione sociale per eccellenza è quella "morale", e riguarda il coniugarsi della scienza e dello sviluppo con l'etica, perché siano sempre a servizio della persona umana.

Lo afferma Giovanni Paolo II: "È lo stesso progresso scientifico a imporre la questione morale come la nuova questione sociale del futuro...

Di fronte alle aspettative aperte dall'ingegneria genetica e alle connesse possibilità di conquiste smisurate, ma anche di degradazione irreversibile della specie, gli scienziati e gli stati non possono non porsi i più gravi interrogativi del pensiero umano: chi è l'uomo e qual è il suo destino? E non sono pochi coloro che cominciano a riscoprire nella risposta della verità cristiana l'unica vera garanzia della modernità e della umanità della società di domani".vedi nota

Nel documento della Cei "Res novae e solidarietà"(4. 10.1989) si legge: "il prezzo che stiamo pagando per l'abuso prolungato delle risorse naturali primarie ci fa avvertire nella loro interdipendenza i problemi legati al potenziale nucleare, ai noti fenomeni dell'inquinamento, all'effetto serra, alla desertificazione, alla continua distruzione di specie viventi"(n.6).

E ancora: "Il dato più rilevante e più nuovo di tutte queste emergenze è il loro carattere mondiale, che rende impossibile una loro soluzione a livello continentale e, tanto meno, nazionale.

L'umanità va prendendo coscienza di essere legata a un comune destino, perché tutta assieme può salvare il giardino che la Provvidenza le ha affidato, custodendolo e coltivandolo (Gn 2,15) o devastarlo in modo irreparabile.

Tutto si mondializza. L'impatto dei problemi ecologici, delle scelte economiche o politiche si avverte, sempre più immediatamente, su scala mondiale (n.7)...

La nostra è, dunque, un'epoca dominata da problemi di dimensioni planetarie, che esigono risposte e soluzioni a livello planetario"(n.9).

In SRS il Papa indica alcuni problemi concreti che affliggono il nostro tempo:

- Il divario sempre più grande tra Nord e Sud, l'uno sviluppato e l'altro in via di sviluppo: "la diversa velocità di accelerazione porta ad allargare le distanze"(n.14);

- l'incapacità (dovuta a carenze d'istruzione) di partecipare alla costruzione della propria nazione è occasione di sfruttamento e oppressione economica, sociale, politica e anche religiosa(n.15);

- il processo di retrocessione anche nelle zone più progredite;

- la disoccupazione e la sottoccupazione sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, dovuta da una parte al processo di automazione e dall'altra ad una concezione di sviluppo puramente economico;

- la questione del debito internazionale, che lega in una comune morsa sia i paesi ricchi che quelli poveri (n.19) e che nei paesi più poveri ha accentuato il sottosviluppo;

- il commercio delle armi che è senza frontiere: oltre ad impoverire le nazioni e causare un pericolo tremendo, rivela quanto un certo tipo di sviluppo, anziché portare ad una vita più umana, sembri destinato ad avviarci più rapidamente alla morte (n.24);

- il problema demografico che per diverse fattori pone difficoltà allo sviluppo del Sud (eccessiva natalità) e al Nord (invecchiamento della popolazione e incapacità di rinnovarsi biologicamente) (n.25).

1.4.1

5. I principali documenti sociali (ancora"quomodo sit")

Gregorio XVI(1831-1846):

- enciclica Mirari vos (15.8.1832) contro l'indifferentismo e gli abusi della libertà di "coscienza", di stampa e di pensiero. Occasione di questa enciclica fu la posizione di F. de Lamennais, il quale nel giornale L’Avenir, da lui fondato nel 1830, diffondeva idee liberali, che Gregorio XVI respingeva come "indifferentismo". Lammennais e il suo giornale non vengono mai nominati. Lamennais prima si sottomise, poi uscì dalla chiesa e difese la sua decisione nel libro Paroles d’un croyant (1834, in cui ripeteva le dottrine antecedenti. Gregorio XVI rispose con un’altra encliclica, la Singulari Nos (25.7.1834).

Pio IX (1846-1878):

- le encicliche Qui pluribus (9.11.1846) e Noscitis et nobiscum (8.12.1848) sui moti rivoluzionari e le tendenze estremiste;

- l'allocuzione "Maxima quidem": sugli errori del secolo, l'autorità e la libertà nella Chiesa;

- l’enciclica Quanta cura (8.12.1864) con l'annesso Sillabo con la condanna degli errori moderni.

Leone XIII (1878-1903):

Le encicliche

- Arcanum (18.6.1880) sui fondamenti della società umana, la famiglia, il matrimonio;

- Diuturnum (29.6.1881) sull'origine del potere civile;

- Immortale Dei (1.11.1885) sulle relazioni del potere civile con la Chiesa.(vedi nota)

- Quod apostolici muneris (28.12.1878) contro gli errori del socialismo;

- Sapientiae christianae (10.1.1890) sui principali doveri del cittadino cristiano;

- Libertas (20.6.1888) sulla prava dottrina intorno all'umana libertà.

Ma l’enciclica più celebre di Leone XIII e nello stesso tempo il documento che da avvio in senso positivo alla dottrina sociale della Chiesa è la Rerum novarum (15.5.1891), che porta come sottotitolo "La questione sociale".

Le linee direttrici sono due:

- da una parte denuncia gli errori del socialismo materialista e le conseguenze del liberismo economico;

- dall'altra espone con magistrale chiarezza i principi atti a migliorare le condizioni materiali e spirituali dell'operaio.

Nell'introduzione, che precede la trattazione divisa in tre parti, il Papa, come dirà in seguito PIO XI (QA, 3) "prende a tutelare egli stesso di persona la causa degli operai ... senza chiedere aiuto alcuno né al liberismo né al socialismo: l’uno dimostratosi incapace di risolvere la questione sociale; l'altro proponendo un rimedio peggiore del male".

Nella I parte il Papa espone la dottrina sulla proprietà privata e i suoi fondamenti: la dignità della persona umana, il lavoro, la necessità della famiglia e la pace sociale, e ne rivendica la legittimità contro coloro che la vogliono considerare un furto.

Nella II parte espone la dottrina cattolica circa le diverse classi sociali: origine e funzione delle diverse classi, il lavoro, i rapporti tra le classi (che devono essere di collaborazione e non di lotta), gli obblighi dei padroni e degli operai; gli obblighi di giustizia e di carità. In particolare:

- propone la conciliazione tra le classi, e afferma che nella presente condizione "lo sconcio maggiore è questo supporre l’una classe sociale nemica naturalmente dell’altra... come lo volesse la natura". Dice che "la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi (il socialismo vuole attutire la vita sociale)... l’una ha bisogno dell’altra; né il capitale senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale" (9).

- circa il lavoro: "Agli occhi della ragione e della fede non è il lavoro che degrada l’uomo, ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di campare con l’opera propria onestamente la vita: quello che veramente è indegno è abusare d’un uomo, come cosa a scopo di guadagno, né stimarlo più di quello che valgano i suoi nervi e le sue forze"

- circa la giusta mercede: "Ma in generale ricordino i capitalisti e i padroni che né le divine né le umane leggi permettono opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e trafficare sulla miseria del prossimo.

Defraudare poi la dovuta mercede è colpa sì enorme che grida vendetta al cospetto di Dio" (10).

- circa il possesso e uso delle ricchezze fa sua la dottrina di S. Tommaso: "L’uomo non deve avere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che li comunichi all’altrui necessità" (12).

Nella III parte vengono indicati i compiti dei diversi soggetti preposti alla soluzione del problema sociale: l'apporto della Chiesa con la sua opera spirituale e sociale, l'apporto dei pubblici poteri, e quello delle parti (operai e padroni).

Il papa intende scendere "in aiuto dei proletari, che per maggior parte si trovano indegnamente ridotti ad assai misere condizioni".

Rileva che la causa del conflitto sta nel liberalismo che ha sciolto le antiche corporazioni. Così gli operai si sono trovati soli e indifesi, in balia della cupidigia die padroni e di una sfrenata concorrenza.

Il socialismo vuole porvi rimedio, ma lo fa attizzando odio nei poveri contro i padroni e abolendo la proprietà privata. Così danneggia gli stessi operai.

In particolare, ricorda la necessità:

- dell’intervento dello stato a favore dei deboli: "Il ceto dei ricchi, forte per se stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misere plebi, che mancano di sostegno proprio, hanno specialmente necessità di trovarlo nel patrocinio dello stato. E però agli operai, che sono nel numero dei deboli e bisognosi, deve lo stato a preferenza rivolgere le cure e la provvidenza sua" (20).

- della tutela del lavoro degli operai: "Quanto alla tutela dei beni corporali ed esteriori, prima di tutto è dovere di sottrarre il povero operaio alla inumanità di avidi speculatori, che per il guadagno abusano senza alcuna discrezione delle persone come di cose. Non è giusto né umano esigere dall’uomo tanto lavoro da farne per troppa fatica istupidre la mente e da fiaccarne il corpo" (25).

"Quanto ai fanciulli si ha da stare ben cauti di non ammetterli all’officina prima che l’età ne abbia sufficientemente sviluppato le forze fisiche, intellettuali e morali. Le forze, che nella puerizia sbocciano sono simili all’erba in fiore, un movimento precoce le sciupa; e allora si rende impossibile la stessa educazione dei fanciulli" (26).

- circa il giusto salario dice che deve dare la possibilità di mettere da parte il risparmio, e lo propone come mezzo di conciliazione tra le classi: cresca il numero dei proprietari

- circa le associazioni private: "Non può lo stato proibirne la formazione. Perché il diritto di unirsi in società l’uomo l’ha da natura, e i diritti naturali lo stato deve tutelarli, non distruggerli" (30). Se lo stato le proibisce, la sua legge è ingiusta e pertanto non obbliga in coscienza: "Poiché le leggi non obbligano se non in quanto sono conformi alla retta ragione e perciò stesso alla legge eterna di Dio" (30).

Lo stato difenda queste legittime associazioni, "non si intrometta però nell’intimo della organizzazione e disciplina, perché il movimento vitale nasce da intrinseco principio, e gli impulsi esterni lo soffocano" (32).

- si appella a tutti per un sollecito intervento: "Si agita oggidì la questione operaia, la cui buona o cattiva soluzione interessa sommamente lo stato. Gli, operai cristiani la scioglieranno bene, se uniti in associazioni, e saggiamente diretti, si metteranno per quella medesima strada, che con tanto pro di loro stesso e della società, tennero i loro antenati" (34). "Che ciascuno faccia la parte che gli conviene; e non indugi, perché il ritardo potrebbe rendere più malagevole la cura di un male già tanto grave" (35).

Sono di Papa Leone ancora:

- lettere e discorsi sui problemi operai;

- l'enciclica "Depuis le jour" (8.9.1898) ai vescovi e al clero di Francia;

- l'enc. "Graves de communi" (18.1.1901) sul giusto concetto di democrazia cristiana e la sua azione sociale. La democrazia cristiana è presentata come un partito direttamente soggetto alla gerarchia. Don Sturzo, con intento innovativo, a suo tempo farà della democrazia cristiana (chiamata partito popolare) un partito laico di ispirazione cristiana. Non sarà un partito cattolico, ma un partito di cattolici.

- l'enc. "Fin dal principio" (8.12.1902) ai Vescovi d'Italia sulla istruzione sociale del clero.

San Pio X (1903-1914):

- motu proprio "L'azione cristiana popolare o di democrazia cristiana" (18.12.1903);

- l'enc. "Il fermo proposito" (11.6.1905) ai vescovi d'Italia sull'azione cattolica e sociale;concede ai cattolici di intervenire nella vita politica dopo il non expedit di Pio IX (13.X.1874). Questi l’aveva intimato perché ai deputati veniva chiesto di "giurare di sancire lo spoglio della Chiesa" (vedi nota). È di don Morgatti lo slogan: "né eletti, né elettori". "Ragioni gravissime ci dissuadono dallo scostarci da quella norma già decretata da Leone XIII, secondo la quale rimane vietata in Italia la partecipazione dei cattolici al potere legislativo. Sennonché altre ragioni parimenti gravissime, tratte dal supremo bene della società, che ad ogni costo deve salvarsi, possono richiedere che nei particolari si dispensi dalla legge" (13).

Con la deroga di Pio X si ebbero in Italia i primi "cattolici deputati" e non "deputati cattolici", segno non che si voleva allora un partito cattolico (cf Giordani, ib.).

- la lettera "Notre charge apostolique" (25.8.1910) ai vescovi di Francia a proposito del movimento egalitario "Le Sillon";

- l'enc. "Singulari quadam" (24.9.1912) ai vescovi di Germania sui sindacati cristiani e sulle associazioni professionali.

Benedetto XV (1914-1922):

- l'enc. "Ad beatissimi" (1.11.1914) sui principi della carità e della giustizia cristiana;

- l'esortazione ai popoli belligeranti e loro capi (28.7.1915);(vedi nota)

- la nota ai capi dei popoli belligeranti (1.8.1917);

- l'enc. "Pacem Dei munus" (23.5.1920) sulla riconciliazione cristiana e la pace;

- la lettera "Intelleximus" (17.6.1920) ai vescovi del Veneto, sui principi cattolici in campo sociale.

Pio XI (1922-1939):

Il suo è un pontificato caratterizzato dal periodo interbellico, dalla crisi economica del '29 (il venerdì nero, 18.10.1929), e l'affermazione delle dittature nel mondo. Sue sono le encicliche:

- Ubi arcano(13.12.1922): ricostruzione di un ordine sociale cristiano;

- Divini illius magistri (31.12.1929) sull'educazione cristiana dei giovani;

- Casti connubii (31.12.1930) sul matrimonio cristiano;

- ma sopra tutte le altre spicca la Quadragesimo anno (1.5.1931): sulla restaurazione dell'ordine sociale in piena conformità con le norme della legge evangelica.

Nella I parte: elenca i frutti della Rerum novarum:

- é nata una vera sociologia cattolica;

- vi sono stati benefici effetti anche in ambienti estranei alla chiesa, perché Camere legislative e tribunali assumono i principio di Leone XIII;

- fiorire delle associazioni dei lavoratori (osteggiate dalle leggi liberali),

- miglioramento delle condizioni dei lavoratori;

- la Rerum novarum va considerata la magna carta del movimento cristiano sociale.

Nella II parte:

- precisa la competenza della Chiesa in materia economica e sociale, ribadendo il diritto e il dovere di intervenire;

- chiarisce e completa la dottrina sulla proprietà privata, riaffermandone il carattere di diritto naturale e la funzione sociale.

Ricorda la distinzione già fatta da Leone XIII sul diritto di proprietà e l’uso di esso.

Si guardi al sapientissimo Autore della natura, che non abolisce né abolisce la proprietà privata, ma la assicura.

- chi ne attenua o nega la funzione sociale cade nell’individualismo; chi nega o attenua il carattere privato, cade nel collettivismo.

Due eccessi di cui è afflitto il modernismo giuridico, morale, sociale.

Lo stato non può abolire la proprietà privata né strangolarla con eccessiva tassazione. I doveri dei ricchi verso i poveri: il lavoro ha bisogno del capitale e il capitale ha bisogno del lavoro.

Gli utili vanno distribuiti fra tutte le classi: "resti salva quella comune utilità perché si serbi integro il bene comune e dell’intera società (n.27).

- espone la dottrina cattolica sul lavoro e sul capitale;

- prende posizione sul regime salariale: dopo aver detto che di sua natura non è ingiusto, dice "nelle odierne condizioni sociali, stimiamo cosa più prudente che, quanto è possibile, il contratto del lavoro venga temperato alquanto col contratto di società. Come si è già cominciato a fare in diverse maniere, con non poco vantaggio degli operai stessi e dei padroni. Così gli operai diventano cointeressati o nella proprietà o nella amministrazione, e compartecipi in certa misura dei lucri percepiti" (30).

- Indica ciò che occorre fare per la riforma delle istituzioni e la restaurazione dell'ordine sociale: la riforma delle istituzioni (lo stato, gli ordini professionali, in cui i datori di lavoro e gli operai attendano tutti insieme al bene comune), l'economia ispirata non semplicemente alla libera concorrenza, ma alla giustizia e alla carità sociale;

Esprime il giudizio sulle corporazioni fasciste: "Per nulla negligere in argomento di tanta importanza, e in armonia con i principi generali qui sopra richiamati, dobbiamo pur dire che vediamo non mancare chi teme che lo stato si sostituisca alla libera attività invece di limitarsi alla necessaria e sufficiente assistenza e aiuto, che il nuovo ordinamento sindacale e corporativo abbia carattere eccessivamente burocratico e politico, e che, non ostante gli accennati vantaggi generali, possa servire a particolari interessi politici piuttosto che all’avviamento ed inizio di un migliore assetto sociale" (38).

Nella III parte analizza le mutazioni o trasformazioni dalla RN:

- Prima mutazione: strapotere assunto dalla finanza, che arriva a dominare l’economia e la politica. È la plutocrazia: lo stato le è asservito, diviene strumento e si abbrutisce.

Nei rapporti internazionali è sorto l’imperialismo economico.

- Seconda mutazione: è quella subita dal socialismo, spaccatosi in due tendenze fra loro ostili: la comunista rivoluzionaria, che mira all’abolizione della proprietà privata e la socialista vera e propria, moderata, tendenza soluzioni che si avvicinano a quelle cristiane.

- Giudizio sul capitalismo. Dopo aver fatto sua l'affermazione di Leone XIII: "Non può sussistere capitale senza lavoro né lavoro senza capitale" (RN, 15), dice che il capitale non è di sua natura vizioso: "allora però viola il retto ordine quando il capitale vincola a sé gli operai ossia la classe proletaria col fine o con la condizione di fruttare a suo arbitrio e vantaggio l'economia tutta, senza far caso né alla dignità umana degli operai, né del carattere sociale dell'economia, né della stessa giustizia sociale e del bene comune" (101).

E inoltre: "Ultime conseguenze dello spirito individualista nella vita economica sono poi quelle che voi stessi vedete e deplorate: alla libertà di mercato è sottentrata l'egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata ambizione del potere, e tutta l'economia è cosi diventata orribilmente dura, inesorabile, crudele..., l'abbassarsi della dignità dello stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizioni umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento solo al bene comune e alla giustizia"(108).

- Giudizio sul comunismo: "insegna e persegue due cose, né già per vie occulte o per rigiri, ma alla luce aperta e con tutti i mezzi, anche più violenti: una lotta di classe la più accanita e l'abolizione assoluta della proprietà privata. E nel perseguire i due intenti non v'ha cosa che esso non ardisca, niente che rispetti; e dove si è impadronito del potere, si dimostra tanto crudele e selvaggio, che sembra cosa incredibile e mostruosa. Di ciò sono prova le stragi spaventose e le rovine che esso ha accumulati sopra vastissime regioni dell'Europa orientale e dell'Asia. Quanto poi sia nemico dichiarato della Santa Chiesa e di Dio stesso, è cosa purtroppo dimostrata dall'esperienza e a tutti notissima. Noi crediamo perciò premunire i figli buoni e fedeli della Chiesa contro la natura empia e ingiusta del comunismo" (111).

- Giudizio sul socialismo: "Più moderato è l'altro partito che ha conservato il nome di socialismo, giacché non solo professa di rigettare il corso della violenza, ma tempera con alcuni ragionamenti la stessa lotta di classe e l'abolizione della proprietà privata, anche se non le ripudia"(112).

Lamenta che alcuni cattolici siano passati al socialismo. Non si capacita di come questo possa essere avvenuto e li esorta a tornare alla casa paterna (n.51).

E poiché molti cattolici chiedevano se fosse stato lecito militare nel socialismo e in qualche modo battezzarlo, il Papa "proclama che il socialismo, sia considerato come dottrina, sia come fatto storico e azione, se resta vero socialismo... non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché il suo concetto di società è quanto mai opposto alla verità cristiana"(1 16). "Infatti, secondo la dottrina cristiana, lo scopo per cui l'uomo dotato di una natura socievole, è stato messo sulla terra, è che, vivendo in società e sotto un'autorità sociale ordinata da Dio, coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà, a lode e gloria del Creatore; e adempiendo fedelmente i doveri della sua professione o della sua vocazione, qualunque sia, giunga alla felicità temporale ed insieme all'eterna. Il socialismo al contrario, ignorando o trascurando del tutto questo sublime fine, sia dell'uomo come della società, suppone che l'umano consorzio non sia istituito se non in vista del solo benessere"(117).

- Rimedi: ritorno alla dottrina evangelica; ai principi della giustizia e della carità. Tutti devono sentirsi coinvolti: operai, agricoltori, professionisti, industriali ed esorta alla formazione cristiana del laicato.

Di Pio XI sono anche:

- Nova impendent (2.10.1931) sulla crisi finanziaria;

- Caritate Christi compulsi (3.5.1932) sulle calamità del tempo nella famiglia umana.

Scrisse poi contro le varie dittature:

- contro il fascismo: "Non abbiamo bisogno" (29.6.1931): la Chiesa si difende contro la limitazione della libertà religiosa in uno Stato totalitario; in particolare difende l'"Azione Cattolica", che è organizzazione ecclesiale e non politica, e critica la monopolizzazione della vita spirituale della società e specialmente della gioventù.

La Non abbiamo bisogno è una delle Encicliche emesse direttamente in lingua moderna, anziché in latino, perché ai destinatari più chiara e diretta arrivasse la parola del Papa; e come la Mit brennender Sorge e la No es muy conocida, porta un tono vivacemente polemico: presa di posizione, coraggiosa e tranquilla, di fronte a uno di quei regimi totalitari che nei tempi moderni han tentato di confiscare anche lo spirituale, a fini politici, sicché lo Stato, e cioè il capo dello Stato, potesse trattare i popoli come massa senza volontà al di fuori d'una legge morale eteronoma e servirsene di strumento per la lotta internazionale.

Questa statolatria derivata dalla filosofia hegeliana dello Stato etico e piantata sulla distruzione della coscienza, da per tutto si urtò contro la Chiesa e contro le sue mura si fracassò. Poté incarcerare, calunniare, uccidere preti e laici, chiudere santuarii, confiscare scuole e collegi, ma non riuscì a flettere l'anima cattolica : appena volle usurpare i diritti di Dio - la libertà delle coscienze, il diritto naturale, la razionalità della vita - la Chiesa si rifiutò di obbedire, e le poterono ostruire la bocca, ma non poterono captare lo spirito. Verso la Chiesa si manifestò l'impotenza - e l’insipienza - di tali regimi. Negli anni del nazifascismo la sola voce, spesso, che si levò a sostenere gli spiriti e a ricordare i limiti del potere statale da una parte e i diritti dei singoli, delle famiglie e delle associazioni particolari dall'altra, fu quella di preti, vescovi e sopra tutti del Papa:

la voce della Chiesa, e in quel duello del potere armato contro il potere inerme dello spirito, quei pastori d'anime scrissero una loro patrologia che per tanti tratti è degna di quella vergata nei secoli III- VII della nostra storia cristiana.

Di quei regimi il fascismo fu uno. Conclusa la Conciliazione con la Santa Sede l’11 febbraio 1929, il Governo fascista parve pentirsi del suo atto d'intelligenza, che tutto il mondo civile aveva applaudito, e Mussolini parve spaventarsi della gloria che Cavour aveva vaticinata per chi quell’atto avesse compiuto. E cominciò prima a menomarlo con un discorso del maggio nel quale indulse a motivi tra razionalisti e anticlericali: poi provocò una campagna di stampa contro l'Azione Cattolica.

Alla fine di marzo del 1931, il Lavoro Fascista iniziò le ostilità sopra tutto contro le Associazioni Giovanili, minacciando suon di legnate (31 marzo), col pretesto che, sotto copertura di religione. esse facessero azione politica, sullo stampo del Partito Popolare, di cui alcuni dirigenti avrebbero fatto parte dell'organizzazione. Pretesto una circolare dell'avv. Traglia, presidente della Federazione romana della Gioventù Cattolica, il quale raccomandava l'istituzione di gruppi professionali.

Altri giornali intervennero rincarando la dose. L'8 aprile la Giunta Centrale dichiarò che la circolare Traglia non corrispondeva alle direttive degli organi responsabili, e l'autore si dimise. Non finì però la polemica, rinforzata da atti governativi contro la vita delle Associazioni, di cui si vietarono importanti convegni. Non si volevano associazioni cattoliche particolari, trovandovi che esse fossero superflue in regime di religione di Stato. In un discorso dell'on. Giuriati, segretario politico del Partito Fascista, il 19 aprile a Milano, si chiamò inutile e forse pericolosa l'Azione Cattolica, dicendo che il Concordato era stato dalla Santa Sede stipulato col Regime totalitario e con lo Stato corporativo fascista

Replicò il Papa il 19 aprile con un discorso sugli scopi dell'Azione Cattolica, chiamando questa non solo legittima e necessaria, ma anche insurrogabile.

La polemica ridivampò alla fine di maggio, accompagnata da intensificate violenze contro membri ed istituzioni di Azione Cattolica a Roma e altrove. La Santa Sede, in data 30 maggio, affidò personalmente e immediatamente ai Vescovi la tutela e la direzione dell'Azione Cattolica nelle rispettive diocesi. Il Papa, reiteratamente, in discorsi. confutò accuse e protestò contro le violenze, esortando paternamente i cattolici a resistere sulle linee della loro buona causa, e finalmente, riassunse ragioni e vicende nell'enciclica Non abbiamo bisogno.

- sul totalitarismo educativo, come era proposto dal fascismo, il Papa dice: "Una concezione dello stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta, non è conciliabile per un cattolico con la dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia.

Non è per un cattolico conciliabile con la dottrina pretendere che la Chiesa, il papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente allo Stato "(36).

Un problema grosso era costituito dal giuramento fascista. L’enciclica dice al n. 38 che "un tale giuramento non è lecito".

Il testo del giuramento era il seguente: "Giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di difendere con tutte le mie forze e, se necessario col mio sangue la causa della Rivoluzione fascista".

Gli ordini del Duce non si dovevano discutere. In molte pareti era scritto: "Il duce ha sempre ragione".

Nel n. 40 il Papa scrive: "Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per la carriera, per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le difficoltà esteriori.

E ci sembra potrebbe essere tale mezzo per i già tesserati fare essi stessi davanti a Dio e alla propria coscienza la riserva:" Salve le leggi di Dio e della Chiesa" oppure "salvi i doveri di buon cristiano"; col fermo proposito di dichiarare anche esternamente una tal riserva, quando ne venisse il bisogno".

La reazione fu tale che la Gazzetta, organo ufficiale del Partito fascista per la Sicilia e Calabria, il 12 luglio poté scrivere: "se il Duce ci ordinasse di fucilare tutti i vescovi, non esiteremmo un istante".(vedi nota)

In piena polemica, il 14 luglio si riunì a Palazzo Venezia il Direttorio del Partito Fascista, sotto la presidenza del suo duce. Si fece una rassegna delle forze tesserate: fasci, nuclei, squadre, milizia, gruppi, balilla ecc. ecc.: totale, 2.126.186 unità, quindi si protestò contro l'Enciclica, specie per l'accenno al giuramento e contro quel vero e proprio appello allo straniero,, che la cattolicità del documento agli occhi dei fascisti significava... Poi il Partito si mise a far ripetere il giuramento fascista senza riserve; sciolse tutti i sodalizi di Azione Cattolica e dichiarò incompatibile l'appartenenza a questa e al Partito.

Il 2 settembre infine, sedata la polemica e interpostesi personalità eminenti, Santa Sede e Governo italiana addivennero a nuovi accordi.

"Dilectissima nobis" (3.6.1933; contro i rossi di Spagna): dopo le elezioni amministrative del 12.4.1931, dalle quali erano usciti vittoriosi i partiti antimonarchici, il Re di Spagna abdicò e fu instaurata la Repubblica. La Santa Sede fu la prima a riconoscere la nuova forma istituzionale; ma questo non valse a impedire esplosioni di anticlericalismo, iniziate con incendi di comunità religiose. Furono prese disposizioni inique e liberticide nei confronti della Chiesa e dei cattolici. L’enciclica di Pio XI è una protesta, fatta con forza e moderazione ad un tempo, contro le conseguenze fatali della separazione tra Stato e Chiesa e indica la posizione della Chiesa dinanzi alle diverse forme di ordinamento statale, nonché i vantaggi derivanti alle democrazie dai buoni rapporti con la Chiesa.

La mit brenneder Sorge (con viva ansia) 14.3.1937 (sulle condizioni della Chiesa nel Reich germanico):

durante il marzo 1937 papa Pio XI, appena riavutosi da una grave malattia, emanò, nel giro di 15 giorni, tre Encicliche di contenuto prevalentemente politico, ma ricche anche d'insegna. menti sociali, per far fronte alle situazioni determinatesi nella Germania, nella Russia e nel Messico nei riguardi della Chiesa cattolica. Per questi due ultimi paesi prevalevano ancora correnti e istituzioni dirette a scalzare ogni religione; in Germania invece stavano sempre più affermandosi tendenze filosofiche e politiche, che traevano con sé riforme legislative e usi nuovi, diretti a sostituire una nuova religione - una nuova deità - alla religione cristiana della stragrande maggioranza del popolo. Aspirazione effettiva di Hitler e dei suoi più intimi collaboratori, nel loro odio contro tutto ciò che sapesse di ebraico, era di espellere il cristianesimo dalla Germania, sostituendolo con una religione razziale, del sangue nordico la cui deità. variamente denominata. fosse in effetti il Führer, che frattanto si produceva come l’incarnazione di essa o l'Eletto per i trionfi della razza scelta. Il maggiore ostacolo all'affermazione di queste teorie, insegnate coattivamente in scuole, conferenze, caserme, giornali, ecc., era naturalmente la Chiesa cattolica; donde una politica di graduale soffocazione di essa, senza far martiri, come esigeva l'ipocrisia del sistema. E questo dopo che, nel 1933, era stato stipulato con la Santa Sede un Concordato, che garantiva l'esercizio libero della fede cattolico nel III Reich. Il ministero sacerdotale veniva di giorno in giorno più intralciato, tutto il sistema scolastico confessionale a pezzo a pezzo demolito, la gioventù stornata a principii d'una religione etnica, cioè pagana, molte case di religiosi chiuse, la stampa cattolica soppressa, una propaganda calunniatrice del sacerdozio e del cristianesimo incoraggiata, l'apostasia sollecitata in vari modi, ecc.

L'atto di Pio XI, che nella sua fermezza è sereno e nel suo magistero dottrinale è paterno, produsse in tutto il mondo un effetto enorme: e poiché venne insieme alle altre due Encicliche menzionate dimostrò meridianamente come il Papa non nutrisse né preferenze né antipatie, ma da Padre di tutti i fedeli intervenisse su ogni fronte minacciato a difendere, com'era suo dovere, l'integrità del dogma con gl'interessi della Chiesa e a ricordare le verità genuine dell'Evangelo contro denigratori e alteratori superficiali e settari.

Il lungo e drammatico conflitto tra la Chiesa e il nazionalsocialismo fu documentariamente rievocato da Pio XII in un'Allocuzione al Sacro Collegio il 2 giugno 1945; Allocuzione tanto più importante in quanto di quel tempo la Radio Mosca con le Radio satelliti e la stampa sovietica andava ripetendo che la Chiesa cattolica, almeno nelle sue alte gerarchie, fosse stata connivente col nazismo e tuttora tentasse di salvarne i capi, dopo la sconfitta militare. E invece Pio XII mostrò come, anche nei territori occupati dalle truppe del terzo Reich, il nazismo avesse costantemente per seguitato i cattolici, appunto perché sentiva nella Chiesa la sua formidabile antagonista la più costante e formidabile, come aveva già riconosciuto in America Einstein.

"Quanto più, - disse Pio XII, - si alzano i veli, che nascondevano finora la dolorosa passione della Chiesa sotto il regime nazionalsocialista, tanto più si palesa la fermezza, incrollabile spesso fino alla morte, d' innumerevoli cattolici e la parte gloriosa che in tale nobile agone ha avuto il Clero". (vedi nota)

Si legge nella Mit brennender sorge: "solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore do parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale, e intraprendere il fole tentativo di imprigionare nei limiti di un solo popolo, nella ristrettezza etnica di una sola razza, Dio, Creatore del mondo, re e legislatore dei popoli, davanti alla cui grandezza le nazioni sono piccole come gocce in un catino d’acqua" (n.2; il riferimento al Deutchland über alles è evidente).

Igino Giordani, nel 1946, ha scritto "Parasiteggiò in quel tempo una letteratura anticattolica e pagana con cui si tirarono in campo deità fittizie d’ogni specie, che erano rivestimenti anticristiani, nietscheani, di un ateismo autentico. Il generale Ludendorf, che con sua moglie capeggiava una delle correnti scristianizzatrici, diceva: "Con tutta la forza della mia anima teutonica, io odio il cristianesimo, questa religione orientale predicata da un giovane ebreo idealista, e nella quale l’Antico Testamento ebraico, sebbene rimaneggiato, resta sempre un’opera odiosa e disprezzabile. Tutte le miserie sofferte dal popolo tedesco, crepuscolo della storia, sono dovute alla razza ebraica e al cristianesimo, al quale ha dato vita". Ragion per cui fu scatenata la seconda guerra mondiale che ha dato al popolo tedesco e a tutti la... felicità che si sa: questi anticristiani sono stati anche i più grandi collettori di disastri militari e politici.(vedi nota)

Va ricordata ancora la scuola di Rosenberg, autore del Mito del XX secolo, la quale diffondeva l’idea che l’amore con l’umiltà cristiana fosse espressione di debolezza propria di razze pallide, inferiori (le latine per esempio), mentre l’onore sarebbe stato il sentimento, tipico delle razze nordiche, fiere e dominatrici".(vedi nota)

La Divini Redemptoris (19.3.1937, sul comunismo ateo)

"E quanto al comunismo, già fin dal 1846 il venerato nostro predecessore Pio IX pronunciò solenne condanna, confermata poi nel Sillabo, contro quella "nefanda dottrina del così detto comunismo, sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale una volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti, delle cose, delle proprietà, di tutti e della stessa società umana. Più tardi l’altro nostro predecessore Leone XIII, nell’enc. Quod Apostolici muneris lo definiva "peste distruggitrice, la quale, intaccando il midollo della società umana, la condurrebbe alla rovina"; e con chiara visione indicava che i movimenti atei delle massa

Ne parla come di "satanico flagello"(7).

Dice che è un falso ideale: "Il comunismo di oggi, in modo più accentuato che altri simili movimenti del passato, nasconde in sé una idea di falsa redenzione. Un pseudo ideale di giustizia, di uguaglianza e di fraternità nel lavoro, pervade tutta la sua dottrina e tutta la sua attività d'un certo falso misticismo, che alle folle adescate da fallaci promesse comunica uno slancio e un entusiasmo contagioso, specialmente in un tempo come il nostro, in cui da una distribuzione difettosa delle cose di questo mondo risulta una miseria non consueta. Si vanta anzi questo pseudo-ideale come se fosse stato iniziatore di un certo progresso economico, il quale, quando è reale, si spiega con ben altre cause, come con l’intensificare la produzione industriale in paesi che ne erano quasi privi, valendosi anche di enormi ricchezze naturali, e con l'uso di metodi brutali per fare ingenti lavori con poca spesa"(8).

Si fonda sul materialismo evoluzionistico di Marx: "La dottrina che il comunismo nasconde sotto apparenze talvolta così seducenti, in sostanza oggi si fonda sui principii già predicati da Marx del materialismo dialettico e materialismo storico. di cui i teorici del bolscevismo pretendono possedere l'unica genuina interpretazione. Questa dottrina insegna non esserci che una sola realtà, la materia, con le sue forze cieche, la quale evolvendosi diventa pianta, animale, uomo. Anche la società umana non è altro che un'apparenza e una forma della materia che si evolve nel detto modo, e per ineluttabile necessità tende in un perpetuo conflitto delle forze, verso la sintesi finale: una società senza classi. In tale dottrina, com'è evidente, non vi è posto per l'idea di Dio, non esiste differenza fra spirito e materia, nè tra anima e corpo; non si dà sopravvivenza dell'anima dopo morte, e quindi nessuna speranza di un'altra vita. Insistendo sull'aspetto dialettico del loro materialismo i comunisti pretendono che il conflitto che porta il mondo verso la sintesi finale, può essere accelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di rendere più acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse classi della società, e la lotta di classe con i suoi odi e le sue distruzioni, prende l'aspetto d'una crociata per il progresso dell'umanità. Invece tutte le forze, quali che esse siano, che resistono a quelle violenze sistematiche, debbono essere annientate come nemiche del genere umano"(9).

Affascina con abbaglianti promesse: "Ma come mai può avvenire che un tale sistema, scientificamente da lungo tempo sorpassato, confutato dalla realtà pratica; come può avvenire, diciamo, che nn tale sistema possa diffondersi cosi rapidamente in tutte le parti del mondo? La spiegazione sta nel fatto che assai pochi hanno potuto penetrare la vera natura del comunismo; i più invece cedono alla tentazione abilmente presentata sotto le più abbaglianti promesse. Sotto pretesto che si vuole soltanto migliorare la sorte delle classi lavoratrici. togliere abusi reali prodotti dall'economia liberale e ottenere una più equa distribuzione dei beni terreni (scopi senza dubbio pienamente legittimi>, e profittando della mondiale crisi economica, si riesce ad attirare nella sfera d'influenza del comunismo anche quei ceti della popolazione che per principio rigettano ogni materialismo e ogni terrorismo. E siccome ogni errore contiene sempre una parte di vero, questo lato della verità che abbiamo accennato, messo astutamente in mostra a tempo e luogo per coprire, quando conviene, la crudezza ributtante e inumana dei principii e dei metodi del comunismo, seduce anche spiriti non volgari, fino a diventarne a loro volta gli apostoli presso giovani intelligenze ancora poco atte ad avvertirne gli intrinseci errori. I banditori del comunismo sanno inoltre profittare anche degli antagonismi di razza, delle divisioni od opposizioni di diversi sistemi politici, perfino della disorientazione nel campo della scienza senza Dio, per infiltrarsi nelle Università e corroborare i principii della loro dottrine con argomenti pseudo-scientifici" (15).

Il liberalismo gli ha preparato la strada: "Per spiegare poi come il comunismo sia riuscito a farsi accettare senza esame da tante masse di operai, conviene ricordarsi che questi vi erano già preparati all’abbandono religioso e morale nel quale erano stati lasciati dall'economia liberale. Con i turni di lavoro anche domenicale non si dava loro tempo neppur di soddisfare ai più gravi doveri religiosi nei giorni festivi non si pensava a costruire chiese presso le officine né a facilitare l'opera del sacerdote; anzi si continuava a promuovere positivamente il laicismo. Si raccoglie dunque ora l'eredità di errori dai Nostri predecessori e da noi stessi tante volte denunziati, e non è da meravigliarsi che in un mondo già largamente scristianizzato dilaghi l’errore comunista"(16).

(secondo strumento: propaganda astuta e vastissima)

congiura del silenzio nella stampa: "Un terzo potente aiuto al diffondersi del comunismo è una vera congiura del silenzio in una grande parte della stampa mondiale non cattolica. Diciamo congiura, perché non si può altrimenti spiegare che una stampa cosi avida di mettere in rilievo anche i piccoli incidenti quotidiani, abbia potuto per tanto tempo tacere degli orrori commessi in Russia, nel Messico ed anche in gran parte della Spagna, e parli relativamente cosi poco d'una si vasta organizzazione mondiale quale è il comunismo di Mosca. Questo silenzio è dovuto in parte a ragioni di una politica meno previdente, ed è favorito da varie forze occulte, le quali da tempo cercano di distruggere l'ordine sociale cristiano(18).

conseguenza: la persecuzione anticristiana che si esprime soprattutto in Russia e in Messico: " Intanto i dolorosi effetti di quella propaganda ci stanno dinanzi. Dove il comunismo ha potuto affermarsi e dominare - e qui Noi pensiamo con singolare affetto paterno ai popoli della Russia e del Messico. - ivi si è sforzato con ogni mezzo di distruggere (e lo proclama apertamente fin dalle sue basi la civiltà e la religione cristiana. spegnendone nel cuore degli uomini, specie della gioventù, ogni ricordo. Vescovi e sacerdoti sono stati banditi, condannati ai lavori forzati, fucilati e messi a morte in maniera inumana; semplici laici. per aver difeso la religione, sono stati sospettati, vessati, perseguitati e trascinati nelle prigioni e davanti ai tribunali"(19.).

Gli orrori del comunismo nella Spagna: "Anche là dove, come nella Nostra carissima Spagna, il flagello comunista non ha avuto ancora il tempo di far sentire tutti gli effetti delle sue teorie, vi si è, in compenso, scatenato purtroppo con una violenza più furibonda. Non si è abbattuta l'una o l'altra chiesa, questo o quel chiostro, ma quando fu possibile si distrusse ogni chiesa e ogni chiostro e qualsiasi traccia di religione cristiana, anche se legata ai più insigni monumenti d'arte e di scienza Il furore comunista non si è limitato ad uccidere Vescovi e migliaia di sacerdoti, di religiosi e religiose, cercando in modo particolare quelli e quelle che proprio si occupavano con maggior impegno degli operai e dei poveri; ma fece un numero molto maggiore di vittime tra i laici di ogni ceto, che fino al presente vengono, si può dire ogni giorno, trucidati a schiere per il fatto di essere buoni cristiani o almeno contrari all'ateismo comunista. E una tale spaventevole distruzione viene eseguita con un odio, una barbarie e una efferatezza che non si sarebbe creduta possibile nel nostro secolo. - Non vi può essere uomo privato, che pensi saggiamente, né uomo di Stato. consapevole della sua responsabilità, che non rabbrividisca al pensiero che quanto oggi accade in Ispagna non abbia forse a ripetersi domani in altre nazioni civili"(20.).

Il comunismo cerca di spegnere l'anelito religioso. "Ma se si strappa dal cuore degli uomini l'idea stessa di Dio, essi necessariamente sono dalle passioni sospinti alla più efferata barbarie"(21).

Lotta contro tutto ciò che è divino: " È quello che purtroppo stiamo vedendo per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta e accuratamente preparata dall’uomo contro tutto ciò che è divino. Il comunismo è per sua natura antireligioso, e considera la religione come l'oppio del popolo perché i principii religiosi che parlano della vita d'oltre tomba, distolgono il proletario dal mirare al conseguimento del paradiso sovietico, che è di questa terra(22).

Il terrorismo: "Ma non si calpesta impunemente la legge naturale e l’Autore di essa: il comunismo non ha potuto nè potrà ottenere il suo intento neppur nel campo puramente economico. È vero che nella Russia ha potuto contribuire a scuotere uomini e cose da una lunga e secolare inerzia, e ottenere con ogni sorta di mezzi, spesso senza scrupoli, qualche successo materiale ma sappiamo per testimonianze non sospette, anche recentissime, che di fatto neppur là ha raggiunto lo scopo che aveva promesso; senza contare poi la schiavitù che il terrorismo ha imposto a milioni di uomini. Anche nel campo economico è pur necessaria qualche morale, qualche sentimento morale della responsabilità, che invece non trova posto in un sistema prettamente materialistico come il comunismo. Per sostituirlo non rimane che il terrorismo, quale appunto vediamo ora nella Russia, dove gli antichi compagni di congiura e di lotta si dilaniano a vicenda; un terrorismo, il quale per altro non riesce ad arginare non che la corruzione dei costumi, ma neppure il dissolvimento della compagine sociale "(23).

Il Papa espone il corretto ordinamento di uno stato:

- Suprema realtà è Dio!: "Al di sopra di ogni altra realtà sta il sommo. unico supremo Essere, Dio, Creatore onnipotente di tutte le cose, Giudice sapientissimo e giustissimo di tutti gli uomini. Questa suprema realtà, Dio, è la condanna più assoluta delle impudenti menzogne del comunismo. E in verità, non perché gli uomini credono, Dio è: ma perché Egli è, perciò lo crede e lo prega chiunque non chiuda volontariamente gli occhi di fronte alla verità" (26).

Che cosa sono l’uomo e la famiglia secondo la ragione e la fede: "Quanto all'uomo, ciò che la ragione e 'a fede dicono di lui, Noi ne abbiamo esposto i punti fondamentali nell'enciclica sull'educazione cristiana (Il. L'uomo ha un'anima spirituale e immortale; è una persona, dal Creatore ammirabilmente fornita di doni di corpo e di spirito, un vero microcosmo come dicevano gli antichi, un piccolo mondo, che vale d. gran lunga più di tutto l'immenso mondo inanimato. Egli ha in questa e nell’altra vita solo Dio per ultimo fine, è dalla grazia santificante elevato al grado di figlio di Dio e incorporato al regno di Dio nel mistico corpo di Cristo. Conseguentemente Dio l'ha dotato di molteplici e svariate prerogative: diritto alla vita, alla integrità del corpo, ai mezzi necessari alla esistenza diritto di tendere al suo ultimo fine nella via tracciata da Dio : diritto all'associazione, alla proprietà e all'uso della proprietà"(27.).

Che cosa è la società;

Mutui diritti e doveri tra l'uomo e la società: "Ma Dio ha in pari tempo ordinato l'uomo anche alla società civile. richiesta dalla sua stessa natura. Nel piano del Creatore la società è un mezzo neutrale, di cui l'uomo può e deve servirsi per il raggiungimento del suo fine, essendo la società umana per l'uomo, e non viceversa. Ciò non è da intendersi nel senso del liberalismo individualistico, che subordina la società all'uso egoistico dell'individuo; ma solo nel senso che. mediante l'unione organica con la società, sia a tutti resa possibile per la mutua' collaborazione l'attuazione della vera felicità terrena: inoltre nel senso che nella società trovano sviluppo tutte le doti individuali e sociali, inserite nella natura umana, le quali sorpassano l'immediato interesse del momento, rispecchiano nella Società la perfezione divina, ciò che nell'uomo isolato non può verificarsi. Ma anche quest'ultimo scopo è in ultima analisi in ordine all uomo, perché riconosca questo riflesso della perfezione divina, e lo rimandi Cosi in lode e adorazione al Creatore. Solo l'uomo, la persona umana, è dotato di ragione e di volontà moralmente libera"(29).

"Pertanto come l'uomo non può esimersi dai doveri voluti da Dio verso la società civile, e i rappresentanti dell'autorità hanno il diritto, quando egli si rifiutasse illegittimamente, di costringerlo al compimento del proprio dovere, cosi la società non può frodare l'uomo dei diritti personali, che gli sono stati concessi dal Creatore, i più importanti dei quali sono Stati da Noi sopra accennati, nè rendergliene impossibile per principio l'uso. È quindi conforme alla ragione e da essa voluto che al]a fin fine tutte le cose terrestri siano ordinate alla persona umana, affinché per mezzo suo esse trovino la via verso il Creatore. E si applica all'uomo, alla persona umana, ciò che l'apostolo delle Genti scrive ai Corinti sull'economia della salvezza cristiana: Tutto è vostro. voi siete di Cristo, Cristo è di Dio (1 Cor 3,23). Mentre il comunismo impoverisce la persona umana capovolgendo i termini della religione dell'uomo e della società, la ragione e la rivelazione la elevano cosi in alto!"(30).

È vero che la Chiesa non ha agito conforme a tale dottrina? " Ma i nemici della Chiesa, pur costretti a riconoscere la sapienza della sua dottrina, rimproverano alla Chiesa di non aver saputo agire in conformità di quei principii, e perciò affermano di doversi cercare altre vie. Quanto questa accusa sia falsa e ingiusta lo dimostra tutta la storia del cristianesimo. Per non accennare che a qualche punto caratteristico, fu il cristianesimo a proclamare per primo, in una maniera e con una ampiezza e convinzione sconosciute ai secoli precedenti, la vera e universale fratellanza di tutti gli uomini di qualunque condizione e stirpe, contribuendo così potentemente all'abolizione della schiavitù non con sanguinose rivolte, ma per l'interna forza della sua dottrina, che alla superba patrizia romana faceva vedere nella sua schiava una sua sorella in Cristo. Fu il cristianesimo, che adora il Figlio di Dio fattosi uomo per amor degli uomini e divenuto come Figlio del Fabbro.. anzi Fabbro Egli stesso, fu il cristianesimo ad innalzare il lavoro manuale alla sua vera dignità quel lavoro manuale prima tanto disprezzato, che perfino il discreto Marco Tullio Cicerone, riassumendo l'opinione generale del suo tempo, non si peritò di scrivere queste parole di cui ora si vergognerebbe ogni sociologo: Tutti gli artigiani si occupano in mestieri spregevoli, perché l’officina non può avere alcunché di nobile"(36) .

"Fedele a questi principii la Chiesa ha rigenerato la società umana; sotto il suo influsso sorsero mirabili opere di carità, potenti corporazioni di artigiani e lavoratori di ogni categoria, derise bensì dal liberalismo del secolo scorso come cose da Medio Evo, ma ora rivendicate all'ammirazione dei nostri contemporanei che cercano in molti paesi di farne in qualche modo rivivere il concetto. E quando altre correnti intralciavano l'opera e ostacolavano l'influsso salutare del]a Chiesa, questa fino ai giorni nostri non desisteva dall'ammonire gli erranti. Basti ricordare con quanta fermezza, energia e costanza il Nostro Predecessore Leone XIII rivendicasse all'operaio il diritto di associazione, che il liberalismo dominante negli Stati più o meno potenti si accaniva a negargli. E questo influsso della dottrina della Chiesa anche al presente e.. più grande che non sembri, perché grande e certo, benché invisibile e non facilmente mensurabile, è il predominio delle idee sui fatti"(37).

"Si può ben dire con tutta verità che la Chiesa, a somiglianza di Cristo, passa attraverso i secoli facendo del bene a tutti. Non vi sarebbe né socialismo né comunismo se coloro che governano i popoli non avessero disprezzati gli insegnamenti e i materni avvertimenti della Chiesa; essi invece hanno voluto sulle basi del liberalismo e del laicismo fabbricare altri edifici sociali. che sulle prime parevano potenti e grandiosi, ma ben presto si videro mancare di solidi fondamenti, e vanno miseramente crollando l'uno dopo l'altro, come deve crollare tutto ciò che non poggia sull'unica pietra angolare che è Gesù Cristo"(38).

Premunirsi contro le insidie del comunismo: "Su questo argomento abbiamo già insistito nella Nostra Allocuzione del 12 maggio dell'anno scorso, ma crediamo necessario, Venerabili Fratelli, di dover in modo particolare richiamarvi sopra di nuovo la vostra attenzione. Il comunismo nel principio si mostrò quale era in tutta la sua perversità, ma ben presto si accorse che in tale modo allontanava da sé i popoli, e perciò ha cambiato tattica e procura di attirare le folle con vari inganni nascondendo I propri disegni dietro idee che in sé sono buone ed attraenti. Così, vedendo il comune desiderio di pace, i capi del comunismo fingono di essere i più zelanti fautori e propagatori del movimento per la pace mondiale; ma nello stesso tempo eccitano a una lotta di classe che fa correre fiumi di sangue, e sentendo di non avere interna garanzia di pace, ricorrono ad armamenti illimitati. Così sotto vari nomi che neppure alludono al comunismo, fondano associazioni e periodici che servono poi unicamente a far penetrare le loro idee in ambienti altrimenti a loro non facilmente accessibili; anzi procurano con perfidia di infiltrarsi in associazioni cattoliche e religiose. Così altrove, senza punto recedere dai loro perversi principii, invitano i cattolici a collaborare seco sul campo così detto umanitario e caritativo, proponendo talvolta anche cose del tutto conformi allo spirito cristiano e alla dottrina della Chiesa. Altrove poi spingono l'ipocrisia fino a far credere che il comunismo in paesi di maggior fede o di maggior cultura assumerà un altro aspetto più mite, non impedirà il culto religioso e rispetterà la libertà delle coscienze. Vi sono anzi di quelli che riferendosi a certi cambiamenti introdotti recentemente nella legislazione sovietica, ne concludono che il comunismo stia per abbandonare il suo programma di lotta contro Dio"(57).

"Procurate, Venerabili Fratelli, che i fedeli non si lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo di collaborazione con lui da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana. E se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per i primi come vittime del loro errore e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l'antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastatore vi si manifesterà l'odio dei senza Dio"(58).

No es muy conoscida (28.3.1937) sulla situazione religiosa in Messico.

Il Papa deplora la dispersione violento del clero, la laicizzazione coatta delle scuole, i tentativi per colpire l'esistenza stessa del clero e della Gerarchia, ecc.

La persecuzione più violenta s'era iniziata con l'entrata in vigore della Costituzione del 1917. In sei anni ricordava il Times (citato dall'Avvenire d'Italia del 14 aprile 1935) - i preti furono schiacciati, le chiese chiuse, i fedeli vessati e dispersi. Trecento preti e cinquemila laici assassinati; vescovi arrestati o costretti a fuggire. Il partito socialista instaurò una dittatura odiosa (così la defluì quel giornale), comprimendo la libertà di coscienza, impedendo le vocazioni religiose, sopprimendo o rubando le scuote cattoliche, bandendo il nome di Dio dall’insegnamento scolastico. Scuole, seminari, orfanotrofi, istituzioni varie della Chiesa furono confiscati; lasciati, in alcuni Stati, i sacerdoti in ragione di uno su ogni 100.000 abitanti e vessati con limitazioni grottesche. In tre Stati, Tabasco, Chihuhana, Vera Cruz, le chiese furono chiuse e il clero tutto espulso.

Secondo un resoconto del dottor Nicholas M. Butler, presidente dell' Università di Columbia, New York (vedi nota), nel Messico, l'autorità esecutiva, che si chiama Capo Supremo (e allora era Calles) ha dichiarato di recente che il Governo deve entrare nelle coscienze e prenderne possesso. I figli del fanatico e gradasso governatore di Tabasco, Garrito Canabal, portavano i nomi di Lenin, Lucifero e Satana: tutto un programma! Egli poi disponeva di ‘camicie rosse’ per compiere le sue sopraffazioni.

Mons. Leopoldo Ruiz, delegato apostolico del Messico, in una documentata lettera rivolta ai vescovi di tutto il mondo, definiva lo Stato impostosi, contro la volontà dello maggioranza, ateo in religione, comunista in politica, materialista in sociologia.

La persecuzione raggiunse il punto più alto di nequizia sotto i presidenti Calles e Cardenas, il quale ultimo prese a suo motto: Guerra a Cristo! e intraprese una furiosa opera d'impossessamento delle coscienze mediante l'educazione anticristiana nelle scuole.

Quella persecuzione ha una semente, come sempre. Il sangue di padre Pro, ucciso nel 1917 dalle armi del sanguinario Calles, fruttificò; il suo grido di morte, Viva Cristo Re! divenne, in pochi anni, il grido di numerose masse.-

- contro l'euforia dell'asse Roma-Berlino e "la recente apoteosi in questa stessa Roma preparata ad una croce nemica della Croce di Cristo" (24.12.1938).

Il 29.6.1936 scrisse la prima enciclica sul cinematografo, la Vigilanti cura.

Pio XII (1939-1958):

Esercita il pontificato in un periodo caratterizzato prima dalla guerra, poi dalla ricostruzione e infine dal rilancio mondiale.

Non scrisse nessuna grande enciclica sociale, affidandosi invece ai radiomessaggi, che sono pero ditale ampiezza e portata da essere come delle encicliche.

Del periodo bellico sono da ricordare:

- l'omelia pasquale per la pace (9.4.1939);

- Summi Pontificatus (20.X.1939). È l’enciclica programmatoria del Pontificato.

Circa la statolatria: "La concezione che assegna allo stato un’autorità illimitata, non è soltanto un errore pernicioso alla vita interna delle nazioni, alla loro prosperità e al maggiore e ordinato incremento del loro benessere, ma arreca così nocumento alle relazioni tra i popoli, perché rompe l’unità della società soprannaturale, toglie fondamento e valore al diritto delle genti, apre la via alla violazione dei diritti altrui e rende difficile l’intesa e la convivenza pacifica.

Infatti, il genere umano, quantunque per disposizioni dell’ordine naturale stabilito da Dio, si diva in gruppi sociali, nazionali o stati indipendenti gli uni dagli altrui, in quanto riguarda il modo di organizzare e di dirigere la loro vita interna, è tuttavia legato da mutui vincoli morali e giuridici, in una grande comunità, ordinata al bene di tutte le genti e regolata da leggi speciali, che ne tutelano la unità e ne promuovono la prosperità.

Ora non è chi non veda come l’affermata autonomia assoluta dello stato si pone in aperto contrasto con questa legge immanente e naturale, la nega anzi radicalmente, lasciando in balìa della volontà dei reggitori la stabilità delle relazioni internazionali,, e togliendo la possibilità di una vera unione e di una collaborazione feconda in ordine all’interesse generale" (28).

"No, venerabili fratelli, la salvezza non viene ai popoli dai mezzi esterni, dalla spada; che può imporre condizioni di pace ma non crea la pace. Le energie, che devono rinnovare la faccia della terra, devono procedere dall’interno, dallo spirito"(n.31).

- l'enc. Sursum laetitiae(10. 11.1939): ai vescovi Usa sui problemi sociali;

- l'allocuzione natalizia (24.12. 1939): cinque punti per una giusta pace internazionale;

- Radiomessaggio di Pentecoste del 1941 (1.6.1941): per il 50° della RN;

Il Papa accenna al suo desiderio di fare della Radio "un rapidissimo ponte di unione" e trasmettere dalle antenne del Vaticano la pace, pur nell’infuriare della guerra.

Bilancio dalla RN in qua: Rende "grazie a Dio che largì alla Chiesa quell’enciclica del suo Vicario in terra, per lodarlo del soffio dello spirito rinnovatore che da allora, in modo sempre crescente, effuse sull’umanità intera" (4).

La RN "penetrò nei cuori e nelle menti....a tal segno che la potenza dell’attivo suo influsso venne, con lo scorrere degli anni, così efficacemente esplicandosi da far diventare le sue norme quasi comune patrimonio della famiglia umana"(6).

"L’uso dei beni materiali: che i beni da Dio creati per tutti gli uomini, equamente affluiscano a tutti, secondo i principi della giustizia e della carità"(7).

- Radiomessaggio di Natale del 1941: Cinque punti fondamentali per l’ordine e la pacificazione della società umana:

1° Dignità e diritti della persona umana:

Chi vuol che la stella della pace spunti e si fermi sulla società, concorra da parte sua a ridonare alla persona umana la dignità concessale da Dio fin dal principio;

2° Difesa della unità sociale e particolarmente della famiglia: Chi vuol che la stella della pace spunti e si fermi sulla società, rifiuti ogni forma di materialismo, che non vede nel popolo se non un gregge di individui, i quali, scissi e senza una interna consistenza, vengono considerati come materia di dominio e di arbitrio;

3° Dignità e prerogative del lavoro: Chi vuol che la stella della pace spunti e si fermi sulla società, dia al lavoro il posto assegnatogli da Dio fin dal principio. Come mezzo indispensabile al dominio del mondo, voluto da Dio per la sua gloria, ogni lavoro possiede una dignità inalienabile, e in pari tempo un intimo legame col perfezionamento della persona;

4° Reintegrazione dell’ordinamento giuridico: Chi vuol che la stella della pace spunti e si fermi sulla società, collabori ad una profonda reintegrazione dell’ordinamento giuridico;

Il sentimento giuridico è spesso alterato e sconvolto dalla proclamazione e dalla prassi di un positivismo e di un utilitarismo ligi e vincolati al servizio di determinati gruppi, ceti e movimenti, i cui programmi tracciano e determinano la via alla legislazione e alla pratica giudiziale. Il risanamento di questa situazione diventa possibile a ottenersi quando si ridesti la coscienza di un ordinamento giuridico, riposante nel sommo dominio di Dio e custodita da ogni arbitrio umano;

5° Concezione dello stato secondo lo spirito cristiano: Chi vuol che la stella della pace spunti e si fermi sulla società, collabori al sorgere di un a concezione e prassi statale, fondate su ragionevole disciplina, nobile umanità e responsabile spirito cristiano; aiuti a ricondurre lo Stato e il suo potere al servizio della società, al pieno rispetto della persona umana e della sua operosità per il conseguimento dei suoi scopi eterni".

- discorso del 1.6.1943: per la pace del mondo e la collaborazione delle classi;

- radiomessaggio 1.9.1944: per la civiltà cristiana;

- radiomessaggio 24.12.1944: il problema della democrazia.

- radiomessaggio sul sindacalismo cristiano (11.3.1945) Del periodo post-bellico sono da ricordare:

- radiomessaggio sulla missione della donna (21.10.1945)

- radiomessaggio per il Natale (1947): il nuovo ordine internazionale; Del periodo del rilancio tutti i radiomessaggi natalizi e altri discorsi.

Giovanni XXIII (1958-1963):

Il magistero sociale di Papa Giovanni si caratterizza soprattutto per due importanti encicliche: la Mater et magistra e la Pacem in terris. Ma il suo influsso è ancora più grande se si pensa alla indizione e all’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II (11.10.1962).

- la Mater et magistra (15.5.1961), pubblicata nel 70° della RN. Per la prima volta il Papa si rivolge non solo ai vescovi e ai fedeli laici, ma a tutti gli uomini di buona volontà.

Nell'introduzione il papa spiega perché la Chiesa entra nelle questioni sociali.

Nella prima parte passa in rassegna di documenti pontifici in materia sociale dalla RN in qua.

Nella seconda parte precisa e sviluppa gli insegnamenti della RN:

- l'iniziativa personale e i pubblici poteri in campo economico,

- la socializzazione,

- la rimunerazione del lavoro,

- le esigenze di giustizia e le strutture produttive da rendere conformi alla dignità dell'uomo,

- la proprietà privata.

Nella terza parte affronta i nuovi aspetti della questione sociale, la quale non riguarda solo i rapporti tra lavoratori e imprenditori, ma anche:

- i rapporti tra differenti settori economici, tra zone economicamente più sviluppate (a livello nazionale e internazionale),

- l'esigenza di giustizia tra i diversi settori produttivi, dove l'agricoltura è settore depresso,

- l'esigenza di giustizia nei rapporti tra paesi a sviluppo economico di grado diverso,

- sullo sviluppo demografico: "Dio ha diffuso nella natura risorse inesauribili e ha dato agli uomini intelligenza e genialità per creare strumenti idonei a impadronirsi di esse e a volgerle a soddisfazione dei bisogni e delle esigenze della vita.

Per cui la soluzione di fondo del problema non va ricercata in espedienti che offendono l’ordine morale stabilito da Dio e intaccano le stesse sorgenti della vita umana, ma in un rinnovato impegno scientifico-tecnico da parte dell’uomo ad approfondire es estendere il suo dominio sulla natura.

I progressi già realizzati dalle scienze o dalle tecniche aprono su questa vita orizzonti sconfinati’ (197).

- la collaborazione su un piano mondiale, che presuppone fiducia tra i popoli, e che non può aversi senza che sia riconosciuto l'ordine morale fondato da Dio.

Nella quarta parte parla della ricomposizione dei rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia e nell'amore. Mentre tante ideologie si sono dissolte o vanno dissolvendosi, la Chiesa presenta la sua dottrina sociale. Occorre diffonderla, educare ad essa, realizzarla.

- sulle ideologie: "Nell’epoca moderna varie ideologie sono state elaborate e diffuse a tale scopo (ordinamento della convivenza): alcune si sono già disciolte, come nebbia al sole; altre hanno subìto e subiscono revisioni sostanziali e altre hanno attenuato di molto e vanno ulteriormente perdendo le loro attrattive sull’animo degli uomini. La ragione è che sono ideologie che dell’uomo considerano soltanto alcuni aspetti e, spesso, i meno profondi. Giacché non tengono conto delle inevitabili imperfezioni umane, come la malattia e la sofferenza; imperfezioni che i sistemi economico sociali anche più progrediti non possono eliminare. Vi è poi la inestinguibile esigenza religiosa che si esprime ovunque e costantemente, anche quando è conculcata con la violenza o abilmente soffocata.

Infatti l’errore più radicale nell’epoca moderna è quello di ritenere l’esigenza religiosa dello spirito umano come espressione del sentimento o della fantasia; oppure un prodotto di una contingenza storica da eliminare quale elemento anacronistico e quale ostacolo al progresso umano; mentre in quell’esigenza gli esseri umani si rivelano per quello che veramente sono: esseri creati da Dio e per Dio, come esclama S. Agostino: "Ci hai creati per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te".

- La Pacem in terris pubblicata l’11.4.1963 a meno di due mesi dalla morte. Costituisce, insieme con l’appena iniziato Concilio, il suo testamento consegnato alla Chiesa e all’umanità.

Il Papa "compendia sul tema della pace gli insegnamenti dei predecessori, da Leone XIII a Pio XII". È una sintesi di filosofia sociale cristiana.

Nell'introduzione afferma che la pace non può venire instaurata e consolidata se non nel pieno rispetto dell'ordine stabilito da Dio, ordine che all'uomo si rivela e impone nella coscienza.

Nella prima parte ricorda che le leggi naturali poste da Dio per regolare i rapporti umani riguardano:

- l'ordine dei rapporti tra gli esseri nella convivenza in genere;

- la persona umana: sua natura e dignità, i diritti e i corrispettivi doveri;

- dà infine uno sguardo alle tendenze attuali della società.

Nella seconda parte tratta dell'ordine tra gli uomini e i pubblici poteri all'interno delle singole comunità politiche, e in particolare:

- della natura e della funzione dell'autorità,

- della sua necessità, origine e potere obbligante,

- del fine dell'autorità: il bene comune,

- conclude con uno sguardo alle tendenze attuali.

Nella terza parte espone l'ordine dei rapporti tra le diverse comunità politiche:

- i loro diritti e i doveri,

- loro rapporti nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante e nella libertà,

- conclude con uno sguardo alle tendenze attuali;

Nella quarta parte precisa l'ordine dei rapporti degli uomini e delle comunità politiche con la comunità mondiale (concezione internazionale cristiana):

- fondamento della comunità mondiale e interdipendenza tra le comunità politiche,

- necessità di un'autorità pubblica mondiale,

- fine della comunità mondiale e dell'esercizio dell'autorità: il bene comune mondiale,

- sguardo alle tendenze attuali.

Nella quinta parte stimola i cattolici all'impegno e ricorda:

- il dovere di partecipare alla vita pubblica,

- il dovere di immettere nella società i valori spirituali,

- le regole per una collaborazione con i non cattolici.(vedi nota)

Infine conclude con un esortazione ad agire affinché si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca la desideratissima pace.

sui Segni dei tempi:

"Tre fenomeni caratterizzano l’epoca moderna. Anzitutto l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici.

Nelle prime fasi del loro movimento di ascesa i lavoratori concentravano la loro azione nel rivendicare diritti a contenuto soprattutto economico-sociale; la estendevano quindi ai diritti di natura politica; e infine al diritto di partecipare in forme e gradi adeguati ai beni della cultura. Ed oggi, in tutte le comunità nazionali, nei lavoratori è vividamente operante l’esigenza di essere considerati e trattati non mai come esseri privi di intelligenza e libertà, in balìa dell’altrui arbitrio, ma sempre come soggetti o persone in tutti i settori della convivenza, e cioè nei settori economico-sociali, in quelli della cultura e in quelli della vita pubblica.

In secondo luogo viene un fatto a tutti noto, e cioè l’ingresso della donna nella vita pubblica: più accentuatamente, forse, nei popoli di civiltà cristiana; più lentamente, ma sempre su larga scala, tra le genti di altre tradizioni o civiltà. Nella donna infatti diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. sa di non poter permettere di essere considerata o trattata come istrumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica.

Infine la famiglia umana, nei confronti di u passato recente, presenta una configurazione sociale-politica profondamente trasformata. Non più popoli dominatori e popoli dominati: tutti i popoli si sono costituiti o si stanno costituendo in comunità politiche indipendenti"(n.18).

Ebbe grande risonanza l’affermazione fatta al n. 57 sulle ideologie e i movimenti che ad esse si ispirano: "Va altresì tenuto presente che non si possono neppure identificare false dottrine filosofiche sulla natura, l'origine e il destino dell'universo e dell'uomo, con movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite, rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti, nella misura in cui sono conformi alla retta ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, vi siano elementi positivi e meritevoli di approvazione?" (57).

Il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) pubblica diversi documenti che hanno attinenza con i propri sociali. In particolare:

-"Gravissimum educationis" (28.10.1965): sull'educazione cristiana;

-"Nostra aetate" (28.10.1965): sulla Chiesa e le religioni non cristiane;

-"Apostolicam actuositatem" (18.11.1965): sull'apostolato dei laici;

-"Dignitatis humanae"(7. 12.1965): sulla libertà religiosa;

Ma sopra tutti emerge la Costituzione pastorale Gaudium et spes (7.12.1965).

Nel proemio si spiega perché la Chiesa si interessa dei problemi sociali (unità e solidarietà col mondo).

Nell'introduzione si dichiara che la Chiesa assolve tale compito scrutando i segni dei tempi.

Nella prima parte viene detto:

- che cosa la Chiesa pensa dell'uomo;

- cosa sembra doversi raccomandare per la edificazione della società attuale;

- quale il significato ultimo dell'attività umana nell'universo;

- quali i rapporti tra Chiesa e mondo contemporaneo.

Nella seconda parte vengono affrontati alcuni problemi particolari:

- il matrimonio e la famiglia;

- la cultura;

- la vita economica e sociale;

- la vita politica;

- la solidarietà tra le nazioni e la pace.

Paolo VI (1963-1978):

- l’enciclica "Ecclesiam suam"(6.8. 1964) sul dialogo;

- La Populorum progressio (26.3.1967): è dedicata allo sviluppo dei popoli sul piano economico e culturale, secondo i principi di un umanesimo plenario

Nell'introduzione invita:

- a prendere coscienza della dimensione mondiale acquistata dalla questione sociale e

- a rispondere sollecitamente alle esigenze vitali dei popoli della fame. Nella prima parte (dottrinale) espone il concetto di sviluppo:

- la Chiesa offre ai popoli del terzo mondo ciò che possiede in proprio, e cioè una visione globale dell'uomo e dell'umanità;

- il significato dello sviluppo: non si riduce alla crescita economica, ma è crescita integrale;

- si fa il punto sulla dottrina economico-sociale della Chiesa: i beni e la loro destinazione universale; il diritto e il giusto uso della proprietà; l'uso dei redditi e l'espropriazione; l'industrializzazione e il capitalismo liberale; la dignità del lavoro; le riforme e le tentazioni della violenza e della rivoluzione; la programmazione e pianificazione; la lotta contro l'analfabetismo; la tutela della famiglia e i problemi demografici; l'organizzazione professionale; le istituzioni culturali verso un umanesimo plenario.

Nella seconda parte presenta alcune direttive concrete per lo sviluppo solidale dell'umanità: doveri di solidarietà (assistenza, destinazione del superfluo, programmazione, costituzione di un fondo mondiale), doveri di giustizia sociale e di equità, doveri di carità universale. Conclude l'enciclica con un appello urgente all'azione.

Tra gli interventi di Paolo VI vanno ricordati inoltre:

- il messaggio alla Sacra Gerarchia e a tutti i popoli d'Africa (29.10.67);

- l'enciclica Humanae vitae (25.7.1968), sulla regolazione della natalità;

- i discorsi a Bogotà (ai campesinos), a Ginevra (OIT), a Roma (Fao).

- la lettera apostolica Octogesima adveniens(14.5.1971) nell'80° della RN.

In essa il Papa riprende e prolunga l'insegnamento della RN. Nell'introduzione dà uno sguardo alle diverse situazioni del mondo.

Nella prima parte, dopo aver individuato nell'urbanesimo la radice dei problemi moderni, attira l'attenzione su alcuni di essi (i giovani, il posto della donna, i lavoratori, le vittime dei mutamenti, le discriminazioni, le migrazioni, i problemi demografici, il potere dei mezzi di comunicazione sociale, i problemi ecologici).

Nella seconda parte presenta la duplice aspirazione degli uomini all'uguaglianza e alla partecipazione e indica le linee direttrici per i cristiani in riferimento alle ideologie e ai movimenti politici che ne derivano (socialismo, marxismo, liberalismo), alle utopie, alle scienze dell'uomo e al progresso.

Nella terza parte richiama alcune linee di fondo della dottrina sociale. Nella quarta parte invita all'azione.

Sotto il pontificato di Paolo VI si celebrò il 3° Sinodo dei vescovi (3.9-7.11.1971) che ebbe per tema "La giustizia nel mondo".

Giovanni Paolo II (1978- ):

sotto il profilo del magistero sociale questo pontificato si caratterizza come una strenua difesa dei diritti della persona umana.

Di particolare importanza i seguenti documenti:

- l'enciclica Laborem exercens (15.8.1981) sul lavoro umano, nel 90° della RN. In questa enciclica i problemi sociali vengono abbordati con un approccio nuovo.

Mentre nelle precedenti si partiva sempre dall'analisi della realtà, e in ordine ad essa veniva effusa la luce della Chiesa, qui il discorso è impostato direttamente sulla Rivelazione.

Il lavoro, tema principale del documento, è considerato non solo dal punto di vista oggettivo, ma anche soggettivo.

Il Papa propone "Il Vangelo del Lavoro", e lo sviluppa su quattro temi:

- il lavoro è voluto da Dio,

- Gesù Cristo ha lavorato,

- il lavoro è strumento di perfezione nell'amore,

- la virtù della laboriosità.

Vengono inoltre affrontati alcuni problemi (associazionismo, salario, proprietà, rivalutazione sociale della maternità).

- L’esortazione apostolica Familiaris consortio (22.11.1981) pubblicata in seguito al Sinodo sulla famiglia (1980). È un documento "di pari valore a quello di un'enciclica per il contenuto e l'autorevolezza". (vedi nota)

Vengono innanzitutto delineate le luci e le ombre sulla famiglia di oggi.

Successivamente si espone il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia (è la parte più dottrinale).

Vengono presentati infine i compiti e le metodiche della pastorale familiare (tempi, strutture, operatori, situazioni) .

- L’Istruzione su libertà cristiana e liberazione (22.3.1986), della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Preceduta da un altro documento "Libertatis nuntius", critico su alcuni aspetti della teologia della liberazione, è la risposta positiva ai problemi sollevati da alcuni teologi dell'America latina.

Tutta incentrata sulla libertà, esamina anzitutto la sua consistenza oggi anche sul piano fenomenologico, il dramma del peccato che la diminuisce, la liberazione portata da Cristo e continuata dalla Chiesa e gli apporti della sua dottrina per una prassi cristiana di liberazione.

- L’enciclica Sollicitudo rei socialis (30.10.1987).

Pubblicata nel XX anniversario della PP, segue la medesima tematica, approfondendola ulteriormente e insistendo con particolare forza sul concetto di "interdipendenza" (sembra essere il concetto chiave dell'enciclica).

Dopo aver considerato gli sviluppi e i peggioramenti delle condizioni delle popolazioni del terzo mondo, il Papa indica i punti critici della situazione: l'allargamento del fossato, delle distanze, tra l'area del cosiddetto Nord sviluppato e il Sud in via di sviluppo, dovuta soprattutto alla diversa velocità di accelerazione del progresso; l'impossibilità di accedere ai livelli superiori di istruzione e quindi all'incapacità di partecipare alla costruzione della propria nazione; le diverse forme di sfruttamento e di oppressione economica, sociale, politica e anche religiosa; le discriminazioni di ogni tipo, specialmente quella più odiosa fondata sulla differenza razziale; il soffocamento del diritto di iniziativa economica, e molte altre forme di povertà. "A questo punto occorre domandarsi se la realtà così triste di oggi non sia, almeno in parte, il risultato di una concezione troppo limitata, ossia prevalentemente economica, dello sviluppo"(15).

Successivamente il Papa presenta il concetto di autentico sviluppo. Dopo aver fatto la sconcertante constatazione che, accanto alle miserie del sottosviluppo, ci si trova di fronte ad una sorta di supersviluppo, egualmente inammissibile, perché contrario al bene e alla felicità autentica (28), e che porta per la sua cieca sottomissione al puro consumo ad una radicale insoddisfazione, ricorda che lo sviluppo non si misura semplicemente sotto il profilo economico, ma secondo la realtà e la vocazione dell'uomo, visto nella sua globalità, ossia di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. Viene poi presentata una lettura teologica dei problemi moderni (la solidarietà da assumere come categoria morale).

Infine per attuare la solidarietà tra i popoli, il Papa chiede l'accoglienza della dottrina sociale della Chiesa, perché lo sviluppo "non può ridursi a problema tecnico"(41) e che simile riduzione svuoterebbe lo sviluppo stesso dei suoi veri contenuti e costituirebbe "un atto di tradimento verso l'uomo e i popoli, al cui servizio deve essere messo" (ib.).

- La lettera apostolica "Mulieris dignitatem"(15.8. 1988) sulla dignità e la vocazione della donna.

- L'enciclica Centesimus annus (1.5.1991), nel centenario della RN.

In essa, dopo aver messo il risalto i temi affrontati da Leone XIII, espone quali siano "le cose nuove di oggi", e cioè i problemi sociali del nostro tempo. Fatte in seguito alcune considerazioni sull’anno 1989 (caduta del comunismo), riprende e sviluppa ancora il tema della proprietà privata e della destinazione universale dei beni.

Ecco una sintesi della Centesimus Annus:

Nella prima parte il Papa presenta i tratti caratteristici della RN. Leone XIII intende sanare il conflitto sociale tra capitale e lavoro che al tempo non era regolato da alcuna norma, e rivendica i diritti dei lavoratori:

- al lavoro, "attività umana volta a provvedere ai bisogni della vita";

- alla proprietà privata, come valore per l'individuo e per la società;

- a formare associazioni: diritto inalienabile che lo stato deve tutelare e non già distruggere;

- a condizioni di lavoro che rispettino la dignità della persona:

durata, riposo, diverso trattamento per i più deboli, igiene;

- al giusto salario;

In particolare si legge:

"In campo economico... era apparsa una nuova forma di proprietà, il capitale, e una uova forma di lavoro, il lavoro salariato, caratterizzato da gravosi ritmi di lavoro, senza i dovuti riguardi per il sesso, l’età o la situazione familiare, ma unicamente determinato dall’efficienza in vista dell’incremento del profitto.

Il lavoro diventava così una merce, che poteva essere liberamente acquistata e venduta sul mercato e il cui prezzo era regolato dalla legge della domanda e dell’offerta, senza tenere conto del minimo vitale necessari per il sostentamento della persona e della sua famiglia...

Conseguenza di questa trasformazione era la divisione della società in due classi separate da un abisso profondo" (n.4).

"Si presenta qui la prima riflessione, che l’enciclica suggerisce per il tempo presente. Di fronte a un conflitto che opponeva quasi come lupi l’uomo all’uomo fin sul piano della sussistenza fisica degli uni e dell’opulenza degli altri, il papa non dubitò di dover intervenire in virtù del suo ministero apostolico. Sua intenzione era certamente quella di stabilire la pace... Ma era ben consapevole del fatto che la pace si edifica sul fondamento della giustizia...La nuova evangelizzazione di cui il mondo moderno ha urgente necessità, e su ciò ho più volte insistito, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della dottrina sociale della chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, a indicare la retta via per rispondere alle grandi sfide dell’età contemporanea.

Come allora, bisogna ripetere che non c’è vera soluzione della questione sociale fuori del vangelo (n.5).

"Il papa (Leone XIII) è ben cosciente del fatto che la proprietà privata non è un valore assoluto, né tralascia di proclamare i principi di necessaria complementarità, come quello della destinazione universale dei beni della terra" (n.6).

"La rilettura dell’e. alla luce delle realtà contemporanee permette di apprezzare la costante preoccupazione e dedizione della chiesa verso quelle categorie di persone, che sono oggetto di predilezione da parte del Signore Gesù. Il contenuto del testo è un’eccellente testimonianza della continuità, nella chiesa, della cosiddetta opzione preferenziale per i poveri, opzione che ho definito come "una forma speciale di primato nell’esercizio della carità cristiana" (n.11).

Papa Leone critica il socialismo e il liberalismo e fa emergere il filo conduttore del magistero sociale della Chiesa: la dignità incomparabile di ogni persona con i suoi diritti, anteriori e superiori a quelli acquisiti col lavoro.

In un secondo capitolo il Papa indica le cose nuove di oggi:

- il fallimento del socialismo reale, dovuto alla negazione della proprietà privata; "Papa Leone previde le conseguenze negative sotto tutti gli aspetti, politico, sociale ed economico, di un ordinamento della società quale proponeva il socialismo, che allora era allo stadio di filosofia sociale e di movimento più o meno strutturato.

Qualcuno potrebbe meravigliarsi del fatto che il papa cominciava dal socialismo la critica delle soluzioni che si davano alla questione operaia, quando esso non si presentava ancora, come poi accadde, sotto la forma d uno stato forte e potente con tutte le risorse a disposizione. Tuttavia egli valutò esattamente il pericolo che rappresentava per le masse l’attraente presentazione di una soluzione tanto semplice quanto radicale della questione operaia di allora. Ciò risulta tanto più vero se viene considerato in relazione con la paurosa condizione di ingiustizia in cui giacevano le masse proletarie nelle nazioni da poco industrializzate....

Il rimedio si sarebbe così rivelato peggiore del male" (n.12).

- l'errore fondamentale del socialismo è antropologico: "Approfondendo ora la riflessione, .. bisogna aggiungere che l’errore fondamentale del socialismo è di carattere antropologico. Esso, infatti, considera il singolo uomo come un semplice elemento e una molecola dell’organismo sociale, di modo che il bene dell’individuo viene del tutto subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale, mentre ritiene, d’altro canto, che quel medesimo bene possa essere realizzato prescindendo dalla sua autonoma scelta, dalla sua unica ed esclusiva assunzione di responsabilità davanti al bene e al male. L’uomo così è ridotti a una serie di relazioni sociali, scompare il concetto di persona come soggetto autonomo di decisione morale...

Se ci si domanda poi donde nasca quell’errata concezione della natura della persona e della soggettiva della società, bisogna rispondere che la prima causa è l’ateismo. È nella sua risposta all’appello di Dio, che l’uomo diventa consapevole della sua trascendente dignità... La negazione di Dio priva la persona del suo fondamento, e di conseguenza induce a riorganizzare l’ordine sociale prescindendo dalla dignità e responsabilità della persona" (n.13).

- Si deve distinguere tra lotta o conflittualità per la giustizia e lotta di classe, che in certi termini è inaccettabile:

"Dalla medesima radice ateistica scaturisce anche la scelta dei mezzi di azione propria del socialismo, che è condannato nella Rerum novarum. Si tratta della lotta di classe. Il papa, beninteso, non intende condannare ogni e qualsiasi forma di conflittualità sociale: la chiesa sa bene che nella storia i conflitti di interessi tra diversi gruppi sociali insorgono inevitabilmente e che di fronte a essi il cristiano deve spesso prender posizione con decisione e coerenza. L'enciclica Laborem exercens, del resto, ha riconosciuto chiaramente il ruolo positivo del conflitto, quando esso si configuri come "lotta per la giustizia sociale"; e già la Quadragesimo anno scriveva: "La lotta di classe, infatti, quando si astenga dagli atti di violenza e dall'odio vicendevole, si trasforma a poco a poco in una onesta discussione, fondata nella ricerca della giustizia".

Ciò che viene condannato nella lotta di classe è, piuttosto, l'idea di un conflitto che non è limitato da considerazioni di carattere etico o giuridico, che si rifiuta di rispettare la dignità della persona nell'altro (e, di conseguenza, in se stesso), che esclude, perciò, un ragionevole accomodamento e persegue non già il bene generale della società, bensì un interesse di parte che si sostituisce al bene comune e vuol distruggere ciò che gli si oppone. Si tratta, in una parola, della ripresentazione - sul terreno del confronto interno tra i gruppi sociali - della dottrina della "guerra totale", che il militarismo e l'imperialismo di quell'epoca imponevano nell'ambito dei rapporti internazionali. Tale dottrina alla ricerca del giusto equilibrio tra gli interessi delle diverse nazioni sostituiva quella dell’assoluto prevalere della propria pane mediante la distruzione del potere di resistenza della pane avversa, distruzione attuata con ogni mezzo, non esclusi l'uso della menzogna, 1i terrore contro i civili, le armi di sterminio (che proprio ]in quegli anni cominciavano a essere progettate). Lotta di classe in senso marxista e militarismo, dunque, hanno le stesse radici: l'ateismo e il disprezzo della persona umana, Che fan prevalere il principio della forza su quello della ragione e del diritto" (n. 14).

- Il giusto rapporto tra statalizzazione e iniziativa privata: doverosità e limiti dell'intervento dello stato:

"Le riforme in parte furono realizzate dagli stati, ma nella lotta per ottenerle ebbe un ruolo importante l'azione del Movimento operaio. Nato come reazione della coscienza morale contro situazioni di ingiustizia e di danno, esso esplicò una vasta attività sindacale, riformista, lontana dalle nebbie dell'ideologia e più vicina ai bisogni quotidiani dei lavoratori e, in questo ambito, i suoi sforzi si sommarono spesso a quelli dei cristiani per ottenere il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. In seguito, tale movimento fu, in certa misura, dominato proprio da quella ideologia marxista, contro la quale si volgeva la Rerum novarum.

Le stesse riforme furono anche il risultato di un libero processo di auto-organizzazione della società, con la messa a punto di strumenti efficaci di solidarietà, atti a sostenere una crescita economica più rispettosa dei valori della persona. E da ricordare qui la multiforme attività, con un notevole contributo dei cristiani, nella fondazione di cooperative di produzione, di consumo e di credito, nel promuovere l'istruzione popolare e la formazione professionale, nella sperimentazione di varie forme di partecipazione alla vita dell'impresa e, in generale, della società.

Se dunque, guardando al passato, c'è motivo di ringraziare Dio perché la grande enciclica non e rimasta priva di risonanza nei cuori e ha spinto a una fattiva generosità, tuttavia bisogna riconoscere che l'annuncio profetico, in essa contenuto, non è stato compiutamente accolto dagli uomini di quel tempo, e proprio da ciò sono derivate assai gravi sciagure" (n.16).

- L'errata concezione della libertà è causa di egoismo nei rapporti economici, di odio e di guerre:

"Leggendo l'enciclica in connessione con tutto il ricco magistero leoniano, si nota come essa indichi, in fondo, le conseguenze sul terreno economico-sociale di un errore di più vasta portata. L'errore - come si è detto - consiste in una concezione della libertà umana che la sottrae all’obbedienza alla verità e, quindi, anche al dovere di rispettare i diritti degli altri uomini. Contenuto della libertà diventa allora l'amore di sé fino al disprezzo di Dio e del prossimo, amore che conduce all'affermazione illimitata del proprio interesse e non si lascia limitare da alcun obbligo di giustizia.

Proprio questo errore giunse alle estreme conseguenze nel tragico ciclo delle guerre che sconvolsero l'Europa e il mondo tra il 1914 e il 1945. Furono guerre derivanti dal militarismo e dal nazionalismo esasperato e dalle forme di totalitarismo, a essi collegate, e guerre derivanti dalla lotta di classe, guerre civili e ideologiche. Senza la terribile carica di odio e di rancore, accumulata a causa delle tante ingiustizie sia a livello internazionale che a quello interno ai singoli stati, non sarebbero state possibili guerre ditale ferocia, in cui furono investite le energie di grandi nazioni, in cui non si esitò davanti alla violazione dei diritti umani più sacri, e fu pianificato ed eseguito lo sterminio di interi popoli e gruppi sociali. Ricordiamo qui, in particolare, il popolo ebreo, il cui terribile destino è divenuto simbolo dell'aberrazione cui può giungere l'uomo, quando si volge contro Dio.

Tuttavia, l'odio e l'ingiustizia si impossessano di intere nazioni e le spingono all'azione solo quando vengono legittimati e organizzati da ideologie che si fondano su di essi piuttosto che sulla verità dell'uomo49. La Rerum novarum combatteva le ideologie dell'odio e indicava le vie per distruggere la violenza e il rancore mediante la giustizia. Possa il ricordo di quei terribili avvenimenti guidare le azioni di tutti gli uomini e, in particolare, dei reggitori dei popoli nel nostro tempo, in cui altre ingiustizie alimentano nuovi odi e si delineano all'orizzonte nuove ideologie che esaltano la violenza" (n.17).

- La situazione creatasi dopo il 1945 più che di pace è di non-guerra: mezza Europa e gran parte del mondo si difendono dal pericolo comunista; folle corsa agli armamenti.

""Certo. dal 1945 le armi tacciono nel continente europeo; tuttavia, la vera pace - si ricordi - non è mai il risultato della vittoria militare, ma implica il superamento delle cause della guerra e l'autentica riconciliazione tra i popoli. Per molti anni, invece, si è avuta in Europa e nel mondo una situazione di non-guerra più che di autentica pace. Metà del continente è caduta sotto il dominio della dittatura comunista, mentre l'altra metà si organizzava per difendersi contro un tale pericolo. Molti popoli perdono il potere di disporre di se stessi, vengono chiusi nei confini soffocanti di un impero, mentre si cerca di distruggere la loro memoria storica e la secolare radice della loro cultura. Masse enormi di uomini, in conseguenza di questa divisione violenta, sono costrette ad abbandonare la loro terra e forzatamente deportate.

Una folle corsa agli armamenti assorbe le risorse necessarie per lo sviluppo delle economie interne e per l'aiuto alle nazioni più sfavorite. Il progresso scientifico e tecnologico, che dovrebbe contribuire al benessere dell'uomo, viene trasformato in uno strumento di guerra: scienza e tecnica sono usate per produrre armi sempre più perfezionate e distruttive, mentre a un'ideologia, che è perversione dell'autentica filosofia, si chiede di fornire giustificazioni dottrinali per la nuova guerra. E questa non è solo attesa e preparata, ma è anche combattuta con enorme spargimento di sangue in varie parti del mondo. La logica dei blocchi, o imperi, denunciata nei documenti della chiesa e di recente nell'enciclica Sollicitudo rei socialis, fa sì che le controversie e discordie insorgenti nei paesi del terzo mondo siano sistematicamente incrementate e sfruttate per creare difficoltà all'avversario.

I gruppi estremisti, che cercano di risolvere tali controversie con le armi, trovano facilmente appoggi politici e militari, sono armati e addestrati alla guerra, mentre coloro che si sforzano di trovare soluzioni pacifiche e umane, nel rispetto dei legittimi interessi di tutte le pani, rimangono isolati e spesso cadono vittima dei loro avversari. Anche la militarizzazione di tanti paesi del terzo mondo e le lotte fratricide che li hanno travagliati, la diffusione del terrorismo e di mezzi sempre più barbari di lotta politico-militare trovano una delle loro principali cause nella precarietà della pace che è seguita alla seconda guerra mondiale. Su tutto il mondo, infine, grava la minaccia di una guerra atomica, capace di condurre all'estinzione dell'umanità. La scienza, usata ai fini militari, pone a disposizione dell'odio, incrementato dalle ideologie, lo strumento decisivo. Ma la guerra può terminare senza vincitori né vinti in un suicidio dell'umanità, e allora bisogna ripudiare la logica che conduce a essa, l'idea che la lotta per la distruzione dell'avversario, la contraddizione e la guerra stessa siano fattori di progresso e di avanzamento della storia. Quando si comprende la necessità di questo ripudio, devono necessariamente entrare in crisi sia la logica della "guerra totale" sia quella della "lotta di classe" (n.18).

- Impegno per la democrazia e la giustizia sociale, maggiore sensibilità per i diritti umani dei singoli e dei popoli.

"Alla fine della seconda guerra mondiale, però, un tale sviluppo è ancora in formazione nelle coscienze, e il dato che si impone all'attenzione è l'estensione del totalitarismo comunista su oltre metà dell'Europa e su parte del mondo. La guerra, che avrebbe dovuto restituire la libertà e restaurare il diritto delle genti, si conclude senza aver conseguito questi fini anzi in un modo che per molti popoli specialmente per quelli che più avevano sofferto apertamente li contraddice Si può dire che la situazione venutasi a creare ha dato luogo a diverse risposte

In alcuni paesi e sotto alcuni aspetti si assiste a uno sforzo positivo per ricostruire dopo le distruzioni della guerra una società democratica e ispirata alla giustizia sociale, la quale priva il comunismo del potenziale rivoluzionario costituito da moltitudini sfruttate e oppresse. Tali tentativi in genere cercano di mantenere i meccanismi del libero mercato, assicurando mediante la stabilità della moneta e la sicurezza dei rapporti sociali le condizioni di una crescita economica stabile e sana, in cui gli uomini col loro lavoro possano costruire un futuro migliore per sé e per i propri figli. Al tempo stesso, essi cercano di evitare che i meccanismi di mercato siano l'unico termine di riferimento della vita associata e tendono ad assoggettarli a un controllo pubblico, che faccia valere il principio della destinazione comune dei beni della terra." (n. 19).

In un terzo capitolo il Papa parla dell'anno 1989, che ha segnato la storia del mondo.

- Fattori della crisi dell'impero comunista: la violazione dei diritti dei lavoratori, l'inefficienza del sistema economico, il vuoto dell'ateismo che ha spinto alla ricerca di Dio e di nuovi orientamenti.

- Il 1989 è esempio per superare col negoziato i conflitti umani; ed è monito per ricordare i limiti dell'uomo ferito col peccato originale.

- La fine del marxismo non coincide con la fine dei mali dell'uomo.

-" L'impossibile compromesso tra marxismo e cristianesimo".

- L'Europa deve ritrovare nuova unità.

- Per diversi paesi e iniziato il vero dopoguerra: solidarietà.

- Occorre mirare allo sviluppo integrale dell'uomo.

Ecco alcuni passaggi:

"23. Tra i numerosi fattori della caduta dei regimi oppressivi alcuni meritano di essere ricordati in particolare.

Il fattore decisivo che ha avviato i cambiamenti, è certamente la violazione dei diritti del lavoro. Non si può dimenticare che la crisi fondamentale dei sistemi, che pretendono di esprimere il governo e anzi la dittatura degli operai, inizia con i grandi moti avvenuti in Polonia in nome della solidarietà. Sono le folle dei lavoratori a delegittimare l'ideologia, che presume di parlare in loro nome, e a ritrovare e quasi riscoprire, partendo dall'esperienza vissuta e difficile del lavoro e dell'oppressione, espressioni e principi della dottrina sociale della chiesa.

Merita. poi, di essere sottolineato il fatto che alla caduta di un simile "blocco", o impero, si arriva quasi dappertutto mediante una lotta pacifica. che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia. Mentre il marxismo riteneva che solo portando agli estremi le contraddizioni sociali fosse possibile arrivare alla loro soluzione mediante lo scontro violento, le lotte che hanno condotto al crollo del marxismo insistono con tenacia nel tentare tutte le vie del negoziato, del dialogo, della testimonianza della verità, facendo appello alla coscienza dell'avversario e cercando di risvegliare in lui il senso della comune dignità umana.

Sembrava che l'ordine europeo, uscito dalla seconda guerra mondiale e consacrato dagli Accordi di Yalta, potesse essere scosso soltanto da un'altra guerra. È stato, invece, superato dall'impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità. Ciò ha disarmato l'avversario, perché la violenza ha sempre bisogno di legittimarsi con la menzogna, di assumere, pur se falsamente, l'aspetto della difesa di un diritto o della risposta a una minaccia altrui. Ringrazio ancora Dio che ha sostenuto il cuore degli uomini nel tempo della difficile prova, pregando perché un tale esempio possa valere in altri luoghi e in altre circostanze. Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, come alla guerra in quelle internazionali.

"24. Il secondo fattore di crisi è certamente l’inefficienza del sistema economico che non va considerata come un problema soltanto tecnico ma piuttosto come conseguenza della violazione dei diritti umani all’iniziativa, alla proprietà e alla libertà nel settore dell’economia. A questo aspetto va poi associata la dimensione culturale e nazionale non è possibile comprendere l’uomo partendo unilateralmente dal settore dell’economia, né è possibile definirlo semplicemente in base all appartenenza di classe L'uomo è compreso in modo più esauriente se viene inquadrato nella sfera della cultura attraverso il linguaggio la storia e le posizioni che egli assume davanti agli I eventi fondamentali del esistenza, come il nascere, l'amare, il lavorare, il morire. Al centro di ogni cultura sta l'atteggiamento che l'uomo assume davanti al mistero più grande: il mistero di Dio. Le culture delle diverse nazioni sono, in fondo, altrettanti modi di affrontare la domanda circa il senso dell'esistenza personale: quando tale domanda viene eliminata, si corrompono la cultura e la vita morale delle nazioni. Per questo, la lotta per la difesa del lavoro si è spontaneamente collegata a quella per la cultura e per i diritti nazionali.

La vera causa delle novità, però, è il vuoto spirituale provocato dall'ateismo, il quale ha lasciato prive di orientamento le giovani generazioni e in non rari casi le ha indotte, ,nell’insopprimibile ricerca della propria identità e del senso della vita, a riscoprire le radici religiose della cultura delle loro nazioni e la stessa persona di Cristo, come risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo. Questa ricerca è stata confortata dalla testimonianza di quanti, in circostanze difficili e nella persecuzione, sono rimasti fedeli a Dio. Il marxismo aveva promesso di sradicare il bisogno di Dio dal cuore dell'uomo, ma i risultati hanno dimostrato che non è possibile riuscirci senza sconvolgere il cuore.

25. Gli avvenimenti dell'89 offrono l'esempio del successo della volontà di negoziato e dello spirito evangelico contro un avversario deciso a non lasciarsi vincolare da principi morali: essi sono un monito per quanti, in nome del realismo politico, vogliono bandire dall'arena politica il diritto e la morale. Ceno la lotta, che ha portato ai cambiamenti dell'89, ha richiesto lucidità, moderazione, sofferenza e sacrifici; in un certo senso, essa è nata dalla preghiera, e sarebbe stata impensabile senza un'illimitata fiducia in Dio, Signore della storia, che ha nelle sue mani il cuore degli uomini. E unendo la propria sofferenza per la verità e per la libertà a quella di Cristo sulla croce che l’uomo può compiere il miracolo della pace ed è in grado di scorgere il sentiero spesso angusto tra la viltà che cede al male e la violenza che, illudendosi di combatterlo, lo aggrava.

Non si possono, tuttavia, ignorare gli innumerevoli condizionamenti, in mezzo ai quali la libertà del singolo uomo si trova a operare: essi influenzano, sì, ma non determinano la libertà; rendono più o meno facile il suo esercizio, ma non possono distruggerla. Non solo non è lecito disattendere dal punto di vista etico la natura dell'uomo che è fatto per la libertà, ma ciò non è neppure possibile in pratica Dove la società si organizza riducendo arbitrariamente o addirittura sopprimendo la sfera in cui la libertà legittimamente si esercita il risultato e che la vita sociale progressivamente si disorganizza e decade.

Inoltre l’uomo creato per la libertà porta in se la ferita del peccato originale che continuamente lo attira verso il male e lo rende bisognoso di redenzione Questa dottrina non solo è parte integrante della rivelazione cristiana, ma ha anche un grande valore ermeneutico, in quanto aiuta a comprendere la realtà umana. L'uomo tende verso il bene ma è pur capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere a esso legato. L’ordine sociale sarà tanto più solido, quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà l'interesse personale a quello della società nel suo insieme ma cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa coordinazione Difatti dove l’interesse individuale e violentemente soppresso esso e sostituito da un pesante sistema di controllo burocratico che inaridisce le fonti dell’iniziativa e della creatività Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di un organizzazione sociale perfetta che rende impossibile il male ritengono anche di potenziare tutti i mezzi, anche la violenza o la menzogna per realizzarla. La politica diventa allora una "religione secolare" che si illude di costruire il paradiso in questo mondo Ma qualsiasi società politica che possiede la sua propria autonomia e le sue proprie leggi non potrà mai esser confusa col regno di Dio. La parabola evangelica del buon grano e della zizzania (cf Mt 13 24 30 36 43) insegna che spetta a Dio separare i soggetti del regno e i soggetti del maligno e che siffatto giudizio avrà luogo alla fine dei tempi Pretendendo di anticipare fin d'ora il giudizio 1 uomo si sostituisce a Dio e si oppone alla sua pazienza

Grazie al sacrificio di Cristo sulla croce, la vittoria del regno di Dio è acquisita una volta per tutte; tuttavia la condizione cristiana comporta la lotta contro le tentazioni e le forze del male. Solo alla fine della storia il Signore ritornerà nella gloria per il giudizio finale (c{ Mt 25,31) con l'instaurazione dei cieli nuovi e della terra nuova (c{ 2 Pt 3,13; Ap 21, 1), ma, mentre dura il tempo, la lotta tra il bene e il male continua fin nel cuore dell'uomo.

Ciò che la sacra Scrittura ci insegna in ordine ai destini del regno di Dio non è senza conseguenze per la vita delle società temporali, le quali - come dice la parola - appartengono alle realtà del tempo con quanto esso comporta di imperfetto e di provvisorio. Il regno di Dio, presente nel mondo senza essere del mondo, illumina l'ordine dell'umana società, mentre le energie della grazia lo penetrano e lo vivificano. Così son meglio avvertite le esigenze di una società degna dell'uomo, sono rettificate le deviazioni, è rafforzato il coraggio dell'operare per il bene. A tale compito di animazione evangelica delle realtà umane sono chiamati, unitamente a tutti gli uomini di buona volontà, i cristiani e in special modo i laici.

26. Gli avvenimenti dell'89 si sono svolti prevalentemente nei paesi dell'Europa orientale e centrale; tuttavia, hanno un'importanza universale, poiché ne discendono conseguenze positive e negative che interessano tutta la famiglia umana. Tali conseguenze non hanno un carattere meccanico o fatalistico, ma sono piuttosto occasioni offerte alla libertà umana per collaborare col disegno misericordioso di Dio che agisce nella storia.

Prima conseguenza è stato, in alcuni paesi, l'incontro tra la chiesa e il Movimento operaio, nato da una reazione di ordine etico ed esplicitamente cristiano contro una diffusa situazione di ingiustizia. Per circa un secolo detto movimento era finito in parte sotto l’egemonia del marxismo, nella convinzione che i proletari, per lottare efficacemente contro l'oppressione, dovessero far proprie le teorie materialistiche ed economicistiche.

Nella crisi del marxismo riemergono le forme spontanee della coscienza operaia, che esprimono una domanda di giustizia e di riconoscimento della dignità del lavoro, conforme alla dottrina sociale della chiesa. Il Movimento operaio confluisce in un più generale movimento degli uomini del lavoro e degli uomini di buona volontà per la liberazione della persona umana e per l'affermazione dei suoi diritti; esso investe oggi molti paesi e, lungi dal contrapporsi alla chiesa cattolica. guarda a essa con interesse.

La crisi del marxismo non elimina nel mondo le situazioni di ingiustizia e di oppressione a cui il marxismo stesso, strumentaIizzandole, traeva alimento. A coloro che oggi sono alla ricerca di una nuova e autentica teoria e prassi di liberazione, la chiesa offre non solo la sua dottrina sociale e in generale il suo insegnamento circa la persona redenta in Cristo, ma anche il concreto suo impegno e aiuto per combattere l'emarginazione e la sofferenza.

Nel recente passato il sincero desiderio di essere dalla parte degli oppressi e di non esser tagliati fuori dal corso della storia ha indotto molti credenti a cercare in diversi modi un impossibile compromesso tra marxismo e cristianesimo. Il tempo presente, mentre supera tutto ciò che c'era di caduco in quei tentativi, induce a riaffermare la positività di un' autentica teologia dell' integrale liberazione umana>. Considerati da questo punto di vista, gli avvenimenti del 1989 risultano importanti anche per i paesi del terzo mondo, che sono alla ricerca della vita del loro sviluppo, come lo sono stati per quelli dell'Europa centrale e orientale.

27. La seconda conseguenza riguarda i popoli dell’Europa. Molte ingiustizie, individuali e sociali, regionali e nazionali, sono state commesse negli anni in cui dominava il comunismo e anche prima; molti odi e rancori si sono accumulati E reale il pericolo che questi riesplodano dopo il crollo della dittatura provocando aravi conflitti e lutti se verranno meno la tensione morale e la forza cosciente di rendere testimonianza alla verità che hanno animato gli sforzi nel tempo passato. E da auspicare che l'odio e la violenza non trionfino nei cuori soprattutto di coloro che lottano per la giustizia, e cresca in tutti lo spirito di pace e di perdono.

Occorrono, però, passi concreti per creare o consolidare strutture internazionali capaci di intervenire, per il conveniente arbitrato, nei conflitti che insorgono tra le nazioni, sicché ciascuna di esse possa far valere i propri diritti e raggiungere il giusto accordo e la pacifica composizione con i diritti delle altre. Tutto ciò è particolarmente necessario per le nazioni europee, unite intimamente tra loro nel vincolo della comune cultura e storia millenaria. Occorre un grande sforzo per la ricostruzione morale ed economica nei paesi che hanno abbandonato il comunismo. Per molto tempo le relazioni economiche più elementari sono state distorte, e anche fondamentali virtù legate al settore dell'economia, come la veridicità, l'affidabilità, la laboriosità, sono state mortificate. Occorre una paziente ricostruzione materiale e morale, mentre i popoli stremati da lunghe privazioni chiedono ai loro governanti risultati tangibili e immediati di benessere e adeguato soddisfacimento delle loro legittime aspirazioni.

La caduta del marxismo naturalmente ha avuto effetti di grande portata in ordine alla divisione della terra in mondi chiusi l’uno all’altro e in gelosa concorrenza tra loro. Essa mette in luce più chiaramente la realtà dell’interdipendenza dei popoli, nonché il fatto che il lavoro umano per sua natura è destinato a unire i popoli, non già a dividerli. La pace e la prosperità, infatti sono beni che appartengono a tutto il genere umano, sicché non è possibile goderne correttamente e durevolmente se vengono ottenuti e conservati a danno di altri popoli e nazioni, violando i loro diritti o escludendoli dalle fonti del benessere.

28. Per alcuni paesi di Europa inizia, in un certo senso, il vero dopoguerra. Il radicale riordinamento delle economie, fino a ieri collettivizzate, comporta problemi e sacrifici, i quali possono essere paragonati a quelli che i paesi occidentali del continente si imposero per la loro ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale È giusto che nelle presenti difficoltà i paesi ex comunisti siano sostenuti dallo sforzo solidale delle altre nazioni ovviamente essi devono essere i primi artefici del proprio sviluppo ma deve esser data loro una ragionevole opportunità di realizzarlo e ciò non può avvenire senza l’aiuto degli altri paesi. Del resto la presente condizione di difficoltà e di penuria la conseguenza di un processo storico di cui i paesi ex comunisti sono stati spesso oggetto e non soggetto: essi perciò si trovano in tale situazione non per libera scelta o causa di errori commessi ma in conseguenza di tragici venti storici imposti con la violenza i quali hanno loro impedito di proseguire lungo la via dello sviluppo economico e civile.

L'aiuto degli altri paesi soprattutto europei, che hanno voto parte della medesima storia e ne portano la responsabilità, corrisponde a un debito di giustizia. Ma corrisponde anche all'interesse e al bene generale dell’Europa, che non potrà vivere in pace, se i conflitti di diversa natura, che emergono come conseguenza del passato, saranno resi più acuti da una situazione di disordine economico, di spirituale insoddisfazione e disperazione. Questa esigenza, però, non deve indurre a rallentare gli forzi per il sostegno e l'aiuto ai paesi del terzo mondo, che soffrono spesso di condizioni di insufficienza e di povertà assai più gravi. Sarà necessario uno sforzo straordinario per mobilitare le risorse, di cui il mondo nel suo insieme non è privo, verso fini di crescita economica di sviluppo comune, ridefinendo le priorità e le scale di 'valori, in base alle quali si decidono le scelte economiche 'politiche. Ingenti risorse possono essere rese disponibili col disarmo degli enormi apparati militari, costruiti per il 'conflitto tra Est e Ovest. Esse potranno risultare ancora più ingenti, se si riuscirà a stabilire affidabili procedure per la 'soluzione dei conflitti, alternative alla guerra. e a diffondere, quindi, il principio del controllo e della riduzione degli armamenti anche nei paesi del terzo mondo, adottando opportune misure contro il loro commercio>. Ma soprattutto sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri han prodotto. I poveri chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero. L'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale e anche economica dell'intera umanità.

29. Lo sviluppo, infine, non deve essere inteso in un modo esclusivamente economico, ma in senso integralmente umano. Non si tratta solo di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i paesi più ricchi, ma di costruire nel lavoro solidale una vita più degna, di far crescere effettivamente la dignità e la creatività di ogni singola persona, la sua capacità di rispondere alla propria vocazione e, dunque, all'appello di Dio, in essa contenuto. Al culmine dello sviluppo sta l'esercizio del diritto-dovere di cercare Dio, di conoscerlo e di vivere secondo tale conoscenza. Nei regimi totalitari e autoritari è stato portato all'estremo il principio del primato della forza sulla ragione. L'uomo è stato costretto a subire una concezione della realtà imposta con la forza, e non conseguita mediante lo sforzo della propria ragione e l'esercizio della propria libertà. Bisogna rovesciare quel principio e riconoscere integralmente i diritti della coscienza umana. legata solo alla verità sia naturale che rivelata. Nel riconoscimento di questi diritti consiste il fondamento primario di ogni ordinamento politico autenticamente libero. E importante riaffermare tale principio per vari motivi:

a) perché le antiche forme di totalitarismo e di autoritarismo non sono ancora del tutto debellate, ed esiste anzi il rischio che riprendano vigore: ciò sollecita a un rinnovato sforzo di collaborazione e di solidarietà tra tutti i paesi;

b) perché nei paesi sviluppati si fa a volte un'eccessiva propaganda dei valori puramente utilitaristici, con la sollecitazione sfrenata degli istinti e delle tendenze al godimento immediato, la quale rende difficile il riconoscimento e il rispetto della gerarchia dei veri valori dell'umana esistenza;

c) perché in alcuni paesi emergono nuove forme di fondamentalismo religioso che, velatamente o anche apertamente, negano ai cittadini di fedi diverse da quelle della maggioranza il pieno esercizio dei loro diritti civili o religiosi, impediscono loro di entrare nel dibattito culturale, restringono il diritto della chiesa a predicare il vangelo e il diritto degli uomini, che ascoltano tale predicazione, ad accoglierla e a convertirsi a Cristo. Nessun autentico progresso è possibile senza il rispetto del naturale e originario diritto di conoscere la verità e di vivere secondo essa. A questo diritto è legato, come suo esercizio e approfondimento, il diritto di scoprire e di accogliere liberamente Gesù Cristo, che è il vero bene dell’uomo.

In un quarto capitolo parla della proprietà privata e l'universale destinazione dei beni.

- Legittimità e limiti della proprietà privata: "L'uomo non deve possedere i beni esterni come propri, ma come comuni''

- origine della proprietà: il lavoro e il sapere;

- molti sono gli emarginati per mancanza di sapere;

- libero mercato e diritti inalienabili dell'uomo: "esiste qualcosa che è dovuto all'uomo in quanto uomo";

- l'alternativa al socialismo e al capitalismo egemone si trova in una libera società del lavoro, delle imprese e della partecipazione aperta al bene di tutti gli uomini;

- i rischi del consumismo;

- la questione ecologica è antropologica e morale;

- l'alienazione dell'uomo marxista o consumista sta nell'invertire l'ordine dei mezzi con quello dei fini;

- la Chiesa non propone nuovi sistemi socioeconomici, ma una dottrina sociale che orienti secondo la dignità dell'uomo e le necessità contemporanee.

Il quinto capitolo ha per tema lo Stato e il suo ruolo nell’organizzazione della società.

- Lo stato di diritto, il totalitarismo e il sistema democratico ;

- ruolo dello stato nel settore dell'economia di mercato, "stato del benessere" e stato assistenziale;

- la promozione della cultura e della pace.

Nel sesto capitolo tratta dell’uomo che è la via della Chiesa.

- La cura dell'uomo è il movente della dottrina sociale;

- la dottrina sociale è strumento di evangelizzazione (54) ed è parte della teologia morale;

- la diffusione della dottrina sociale è stimolo per l'azione, la promozione della giustizia e del bene comune;

- appello alla collaborazione di tutti.

"Oggi più che mai la chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sia coerenza e logica interna. Anche da questa consapevolezza deriva la sua opzione preferenziale per i poveri, la quale non è mai esclusiva né discriminante verso altri gruppi. Si tratta infatti di opzione che non vale soltanto per la povertà materiale, essendo noto che specialmente nella società odierna, si trovano molte forme di povertà non solo economica, ma anche culturale e religiosa. L’amore della chiesa per i poveri, che è determinante e appartiene alla sua costante tradizione, la spinge a rivolgersi al mondo nel quale, nonostante il progresso tecnico-economico, la povertà minaccia di assumere forme gigantesche. Nei paesi occidentali, c’è la povertà multiforme dei gruppi emarginati, degli anziani e malati, delle vittime del consumismo, e più ancora, quella dei tanti profughi ed emigrati: nei paesi in via di sviluppo si profilano all’orizzonte crisi drammatiche, se non si prenderanno in tempo misure internazionalmente coordinate" (n.57).