Filosofia
Filosofia antica

Vita di Socrate

Quello che oggi sappiamo del pensiero di Socrate ci è pervenuto solo per via indiretta, attraverso le testimonianze dei filosofi a lui contemporanei o posteriori. Socrate infatti non scrisse mai niente: preferì comunicare il proprio pensiero attraverso le discussioni orali con gli altri filosofi o con i giovani, per questo motivo egli non si ritenne maestro di nessuno; soltanto, se c'era una persona che quando parlava desiderava ascoltarlo, egli non si rifiutava mai.
Riguardo all'avvio di Socrate verso la filosofia esiste uno strano aneddoto. Si dice che l'oracolo di Delfi, interrogato da un amico di Socrate, rispose che "di tutti gli uomini Socrate è il più sapiente". Non credendosi sapiente e sapendo tuttavia che l'oracolo del Dio non poteva mentire, decise di andare a interrogare coloro che credeva i più sapienti della città, si accorse così che il sapere di costoro appariva specialistico e ristretto, incapace cioè di dire cosa è l'uomo e quali sono i principi in base ai quali egli vive. Arrivò così alla prima conclusione: la cultura del suo tempo ignora la verità poiché è una falsa cultura. Fu interrogando se stesso che chiarì le parole dell'oracolo, quello che il Dio intendeva dire è che la sapienza umana vale poco o nulla, il più sapiente di tutti è proprio colui che sa di non sapere. Da questo momento Socrate accentuò la sua posizione critica nei confronti della religione e della cultura ateniese e spostò il suo interesse dal mondo della natura a quello degli uomini. Socrate non si accontentò per studiare l'uomo di un metodo di indagine naturalistica (essa infatti era adatta solo nel suo ambito specifico) ma volle trovare un altro metodo, rispetto al quale non ci bastasse la conoscenza che ci proviene dai sensi, ma è invece più conveniente considerare la realtà delle cose attraverso i ragionamenti e i discorsi.
Socrate fu cittadino di estrazione non aristocratica e si avvicinò alla politica con cautela. Dopo la sconfitta ateniese nella guerra del Peloponneso, visse in disparte, poco interessato alle lotte politiche nel periodo della dittatura dei trenta tiranni (capeggiata da Crizia). Quando fu restaurato il regime democratico da Trasibulo la figura di Socrate era irreparabilmente compromessa (aveva mantenuto legami di amicizia con famiglie aristocratiche e specialmente con quella di Crizia e Alcibiade) e il suo insegnamento troppo spregiudicato e innovativo per una classe politica che intendeva restaurare i valori della polis democratica. Nel fragile regime democratico di Trasibulo Socrate puntava il dito verso la corruzione della vita politica e risultava tanto più pericoloso quanto più si rivolgeva, nella sua denuncia, ai giovani.
Socrate, che sembrava così pericolosa per la politica, era invece uno degli intellettuali più stimati e apprezzati per l'equilibrio e la saggezza delle risposte. Quando predicava nelle case degli amici si raccoglievano attorno a lui moltissime persone con le quali era solito discutere riguardo alle questioni più importanti della morale e della coscienza. Si serviva per fare ciò di esempi e poneva, in modo insistente e quasi irritante, dubbi e domande. Socrate non faceva altro che denunciare il malessere che si diffondeva nel costume ateniese, come almeno in parte facevano anche i sofisti. Contro ogni accusa la sua fedeltà verso le leggi era indiscutibile, tanto da essere riaffermata durante il processo e perfino in punto di morte quando non volle fuggire. Le accuse invece furono:
- corrompere i giovani;
- indagare la natura giungendo a conclusioni empie;
- non riconoscere gli dei della polis.
La filosofia di Socrate e quella dei sofisti sono paragonabili sotto diversi aspetti, ad esempio hanno come centro delle loro indagini l'uomo e si fondano sul linguaggio e sul ragionamento, ma per Socrate il logos non è uno strumento di persuasione, ma il mezzo attraverso il quale l'uomo può raggiungere la verità. Contro il relativismo sofistico, Socrate pensa che l'uomo possa arrivare ad una verità universale, condivisa e accettata da tutti. L'uomo tuttavia non perviene alla verità spontaneamente né tramite una visione, essa viene guadagnata attraverso un lungo processo di educazione che si costruisce per mezzo della dialettica, la conoscenza del bene. Il metodo dialettico è quindi uno strumento di purificazione intellettuale per le anime, la conoscenza di sé e la cura dell'anima diventano lo scopo principale della vita.

La struttura della dialettica socratica si costruisce su due momenti: quello critico - negativo dell'ironia e quello costruttivo - positivo della maieutica. L'ironia svolge la critica e la distruzione delle opinioni e dei pregiudizi, attraverso la confutazione del presunto sapere dell'interlocutore. La maieutica invita il dialogante ad avere una visione chiara della verità che egli porta in sé senza saperlo, la verità non può essere infatti data all'uomo dall'esterno. Per questo Socrate non ha poi nulla da insegnare ai propri discepoli, saranno essi stessi a scoprire la verità che hanno dentro. Socrate può solo aiutarli maieuticamente a generarla dalla loro anima.
Nell'ambito della dialettica socratica si apre la distinzione tra discorso lungo, usato dai sofisti, e discorso corto, proprio di Socrate. Il primo si fonda su argomenti reperibili nell'opinione, limitandosi a porre una tesi e un'antitesi, senza interrogarsi sul valore di verità del concetto di cui si parla. Il secondo, al contrario, consiste nello spezzare l'argomentazione dell'interlocutore, mettendo in dubbio le premesse che questo dà invece per scontate, egli è quindi indotto passo per passo a trovare la giusta definizione di ciò di cui si sta parlando. Si arriva così ad una definizione che non è più opinabile, è universale! La dialettica socratica sente quindi la necessità di individuare il significato universale di termini e concetti. Ad esempio si discute di giustizia e ingiustizia, ma non si è capaci di dare una definizione di giustizia e ingiustizia. Si crede di saperlo, poiché si possono riportare degli esempi di azioni giuste o meno, ma la giustizia e l'ingiustizia non sono nessuna di queste azioni. Solo sapendo cosa è la giustizia in se stessa posso decidere se l'azione che sto per compiere è giusta o ingiusta. Aristotele chiamerà questo processo (che dai casi particolari giunge, attraverso generalizzazione, al concetto) induzione. Superando le opinioni e i pregiudizi, gli uomini possono dialogare non più per mezzo della persuasione ma per mezzo della ragione.

Socrate, pur dialogando con i suoi discepoli della virtù, non diede mai alcuna definizione di essa allo scopo di rendere consapevoli ancora una volta gli uomini della loro ignoranza (io penso che anche lui non lo sappia). Socrate pensa che solo chi conosce il bene può agire in modo virtuoso, il suo insegnamento si fonda sulla convinzione che la conoscenza del bene sia anche la condizione perché gli uomini agiscano pubblicamente in conformità ad esso. La comprensione della verità, cioè che il bene è il vero fine della nostra esistenza, motiva necessariamente l'uomo a una condotta moralmente buona. Per Socrate nessun uomo commette il male volontariamente e quindi è cattivo, è l'ignoranza della verità che porta a commettere azioni cattive, nessuno infatti agirebbe in modo malvagio, se sapesse che cosa è veramente il bene. Pertanto il bene è l'oggetto della virtù, di quell'unica e universale virtù, che è anche scienza, in quanto è attraverso il sapere che l'uomo giunge ad essa.
Per Socrate ognuno ha dentro di se un demonio, ossia una voce divina che gli avverte fin da fanciullo nella sua anima e che lo distoglie dal commettere cattive azioni e lo indirizza verso una vita virtuosa. Questo demone è in pratica un oracolo interiore che lo spinge a ricercare il bene, è ascoltando il demone che Socrate capisce che è parte integrante della sua missione anche l'accettazione del verdetto di morte posto dai giudici.