GIOVANNI PAOLO II
La funzione positiva della purezza di cuore
mercoledì, 1 aprile 1981
1. Prima di concludere il
ciclo di considerazioni concernenti le parole pronunziate da Gesù Cristo nel
Discorso della Montagna, occorre ricordare queste parole ancora una volta e
riprendere sommariamente il filo delle idee, del quale esse costituirono la
base. Ecco il tenore delle parole di Gesù: “Avete inteso che fu detto: Non
commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla,
ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” Sono parole sintetiche, che
esigono una approfondita riflessione, analogamente alle parole, in cui Cristo
si richiamò al “principio”. Ai Farisei, i quali - rifacendosi alla legge di
Mosè che ammetteva il cosiddetto atto di ripudio - gli avevano chiesto: “E
lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?”, egli
rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e
femmina?... Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una carne sola... Quello dunque che Dio ha congiunto,
l'uomo non lo separi”. Anche queste parole hanno richiesto una riflessione
approfondita, per trarne tutta la ricchezza in esse racchiusa. Una riflessione
di questo genere ci ha consentito di delineare l'autentica teologia del corpo.
2. Seguendo il richiamo fatto
da Cristo al “principio”, abbiamo dedicato una serie di riflessioni ai relativi
testi del libro della Genesi, che trattano appunto di quel “principio”. Dalle
analisi fatte è emersa non soltanto una immagine della situazione dell'uomo -
maschio e femmina - nello stato di innocenza originaria, ma anche la base
teologica della verità dell'uomo e sulla sua particolare vocazione che
scaturisce dall'eterno mistero della persona: immagine di Dio, incarnata nel
fatto visibile e corporeo della mascolinità o femminilità della persona umana.
Questa verità sta alla base della risposta data da Cristo in rapporto al
carattere del matrimonio, e in particolare alla sua indissolubilità. E verità
sull'uomo, verità che affonda le radici nello stato di innocenza originaria,
verità che bisogna quindi intendere nel contesto di quella situazione anteriore
al peccato, così come abbiamo cercato di fare nel ciclo precedente delle nostre
riflessioni.
3. Contemporaneamente,
tuttavia, occorre considerare, intendere ed interpretare la medesima verità
fondamentale sull'uomo il suo esser maschio e femmina, nel prisma di un'altra
situazione: cioè, di quella che si è formata mediante la rottura della prima
alleanza col Creatore, ossia mediante il peccato originale. Conviene vedere
tale verità sull'uomo - maschio e femmina - nel contesto della sua
peccaminosità ereditaria. Ed è proprio qui che c'incontriamo con l'enunciato di
Cristo nel Discorso della Montagna. E' ovvio che nella Sacra Scrittura
dell'antica e della nuova alleanza vi sono molte narrazioni, frasi e parole che
confermano la stessa verità, cioè che l'uomo “storico” porta in sé l'eredità
del peccato originale; nondimeno, le parole di Cristo, pronunziate nel Discorso
della Montagna, sembrano avere - con tutta la loro concisa enunciazione -
un'eloquenza particolarmente densa. Lo dimostrano le analisi fatte in
precedenza che hanno svelato gradualmente ciò che si racchiude in quelle
parole. Per chiarire le affermazioni concernenti la concupiscenza, occorre
cogliere il significato biblico della concupiscenza stessa - della triplice
concupiscenza - e principalmente di quella della carne. Allora, poco a poco, si
giunge a capire perché Gesù definisce quella concupiscenza (precisamente: il
“guardare per desiderare”) come “adulterio commesso nel cuore”. Compiendo le
relative analisi abbiamo cercato, al tempo stesso, di comprendere quale
significato avevano le parole di Cristo per i suoi immediati ascoltatori,
educati nella tradizione dell'Antico Testamento, cioè nella tradizione dei
testi legislativi, come pure profetici e “sapienziali”; e inoltre, quale
significato possono avere le parole di Cristo per l'uomo di ogni altra epoca, e
in particolare per l'uomo contemporaneo, considerando i suoi vari
condizionamenti culturali. Siamo persuasi, infatti, che queste parole, nel loro
contenuto essenziale, si riferiscono all'uomo di ogni luogo e di ogni tempo. In
ciò consiste anche il loro valore sintetico: a ciascuno annunziano la verità
che è per lui valida e sostanziale.
4. Qual è questa verità?
Indubbiamente, è una verità di carattere etico e quindi, in definitiva, una
verità di carattere normativo, così come normativa è la verità contenuta nel
comandamento: “Non commettere adulterio”. L'interpretazione di questo
comandamento, fatto da Cristo, indica il male che bisogna evitare e vincere -
appunto il male della concupiscenza della carne - e in pari tempo addita il
bene al quale il superamento dei desideri apre la strada. Questo bene è la
“purezza di cuore”, di cui parla Cristo nello stesso contesto del Discorso
della Montagna. Dal punto di vista biblico, la “purezza del cuore” significa la
libertà da ogni genere di peccato o di colpa e non soltanto dai peccati che
riguardano la “concupiscenza della carne”. Tuttavia, qui ci occupiamo in modo
particolare di uno degli aspetti di quella “purezza”, il quale costituisce il
contrario dell'adulterio “commesso nel cuore”. Se quella “purezza di cuore”, di
cui trattiamo, va intesa secondo il pensiero di san Paolo come “vita secondo lo
Spirito”, allora il contesto paolino ci offre una completa immagine del
contenuto racchiuso nelle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della
Montagna. Esse contengono una verità di natura etica, mettono in guardia contro
il male ed indicano il bene morale della condotta umana, anzi, indirizzano gli
ascoltatori ad evitare il male della concupiscenza e ad acquisire la purezza di
cuore. Queste parole hanno quindi un significato normativo ed insieme
indicatore. Indirizzando verso il bene della “purezza di cuore” esse indicano,
al tempo stesso, i valori a cui il cuore umano può e deve aspirare.
5. Di qui la domanda: quale
verità, valida per ogni uomo, ècontenuta nelle parole di Cristo? Dobbiamo
rispondere che vi è racchiusa non soltanto una verità etica, ma anche la verità
essenziale sull'uomo, la verità antropologica. Perciò, appunto, risaliamo a
queste parole nel formulare qui la teologia del corpo, in stretto rapporto e,
per così dire, nella prospettiva delle parole precedenti, in cui Cristo si era
riferito al “principio”. Si può affermare che, con la loro espressiva eloquenza
evangelica, alla coscienza dell'uomo della concupiscenza viene in un certo
senso richiamato l'uomo della innocenza originaria. Ma le parole di Cristo sono
realistiche. Non cercano di far tornare il cuore umano allo stato di innocenza
originaria, che l'uomo ha ormai lasciato dietro di sé nel momento in cui ha
commesso il peccato originale; invece, esse gli indicano la strada verso una
purezza di cuore, che gli è possibile ed accessibile anche nello stato della
peccaminosità ereditaria. E questa, purezza dell'“uomo della concupiscenza”,
che tuttavia è ispirato dalla parola del Vangelo ed aperto alla “vita secondo
lo Spirito” (in conformità alle parole di san Paolo), cioè la purezza dell'uomo
della concupiscenza che è avvolto interamente dalla “redenzione del corpo”
compiuta da Cristo. Proprio per questo nelle parole del Discorso della Montagna
troviamo il richiamo al “cuore”, cioè all'uomo interiore. L'uomo interiore deve
aprirsi alla vita secondo lo Spirito, affinché la purezza di cuore evangelica
venga da lui partecipata: affinché egli ritrovi e realizzi il valore del corpo,
liberato mediante la redenzione dai vincoli della concupiscenza. Il significato normativo delle parole di
Cristo è profondamente radicato nel loro significato antropologico, nella
dimensione della interiorità umana.
6. Secondo la dottrina
evangelica, sviluppata in modo così stupendo nelle lettere paoline, la purezza
non è soltanto l'astenersi dalla impudicizia, ossia la temperanza, ma essa, al
tempo stesso, apre anche la strada ad una scoperta sempre più perfetta della
dignità del corpo umano; il che è organicamente connesso con la libertà del
dono della persona nell'autenticità integrale della sua soggettività personale,
maschile o femminile. In tal modo la purezza, nel senso della temperanza,
matura nel cuore dell'uomo che la coltiva e tende a scoprire e ad affermare il
senso sponsale del corpo nella sua verità integrale. Proprio questa verità deve
essere conosciuta interiormente; essa deve, in certo senso, essere “sentita col
cuore”, affinché i rapporti reciproci dell'uomo e della donna - e perfino il
semplice sguardo - riacquistino quel contenuto autenticamente sponsale dei loro
significati. Ed è proprio questo contenuto che nel Vangelo viene indicato dalla
“purezza di cuore”.
7. Se nell'esperienza
interiore dell'uomo (cioè dell'uomo della concupiscenza) la “temperanza” si
delinea, per così dire, come funzione negativa, l'analisi delle parole di
Cristo pronunziate nel Discorso della Montagna e collegate con i testi di san
Paolo ci consente di spostare tale significato verso la funzione positiva della
purezza di cuore. Nella purezza matura l'uomo gode dei frutti della vittoria
riportata sulla concupiscenza, vittoria di cui scrive san Paolo, esortando a
“mantenere il proprio corpo con santità e rispetto”. Anzi, proprio in una
purezza così matura si manifesta in parte l'efficacia del dono dello Spirito Santo,
di cui il corpo umano “è tempio”. Questo dono è soprattutto quello della pietà
(“donum pietatis”), che restituisce all'esperienza del corpo - specialmente
quando si tratta della sfera dei reciproci rapporti dell'uomo e della donna -
tutta la sua semplicità, la sua limpidezza e anche la sua gioia interiore.
Questo è, come si vede, un clima spirituale, assai diverso dalla “passione e
libidine”, di cui scrive Paolo (e che d'altronde conosciamo dalle precedenti
analisi; basti ricordare il Siracide 6). Una cosa è, infatti, l'appagamento
delle passioni, altra la gioia che l'uomo trova nel possedere più pienamente se
stesso, potendo in questo modo diventare anche più pienamente un vero dono per
un'altra persona. Le parole pronunziate
da Cristo nel Discorso della Montagna dirigono il cuore umano appunto verso una
tale gioia. Ad esse occorre affidare se stessi, i propri pensieri e le proprie
azioni, per trovare la gioia e per donarla agli altri.