GIOVANNI PAOLO II
Nel libro di Tobia, eros ed ethos confermano
reciprocamnte la verità dell'amore sponsale che unisce nella buona e nella
cattiva sorte
mercoledì, 20 giugno 1984
1. Abbiamo detto in
precedenza che il segno sacramentale del matrimonio si costituisce sulla base
del “linguaggio del corpo”, che l'uomo e la donna esprimono nella verità che
gli è propria. Sotto tale aspetto analizziamo attualmente il libro di
Tobia. Nel fare il confronto tra il
libro di Tobia e il Cantico dei cantici oppure i libri dei profeti, si può
giustamente porre la domanda se il testo che stiamo esaminando parli di questo
“linguaggio”. Tanto il Cantico ci offre tutta la ricchezza del “linguaggio del
corpo”, riletto con gli occhi e il cuore degli sposi, quanto il libro di Tobia
è, sotto questo aspetto, estremamente parco e sobrio. Il fatto che Tobia amò Sara “al punto da non saper più
distogliere il cuore da lei” (Tb 6,19), trova la sua espressione soprattutto
nella prontezza di dividere con lei la sorte e di rimanere insieme “nella buona
e cattiva sorte”. Non è l'eros a caratterizzare l'amore di Tobia verso Sara,
ma, dal principio, questo amore viene confermato e convalidato dall'ethos: cioè
dalla volontà e dalla scelta dei valori. Criterio di questi valori diviene - alla
soglia stessa del matrimonio - quella prova della vita e della morte, che
entrambi debbono affrontare già la prima notte. Entrambi: sebbene la vittima
del demonio debba essere soltanto Tobia, nondimeno è facile immaginare quale
sacrificio di cuore avrebbe dovuto subire anche Sara.
2. Quella prova di vita e di
morte - come ne parla il libro di Tobia - ha anche un altro significato che ci
fa comprendere l'amore e il matrimonio degli sposi novelli. Ecco - unendosi
come marito e moglie - essi debbono trovarsi nella situazione in cui si
combattono e si misurano reciprocamente le forze del bene e del male. Il duetto
degli sposi del Cantico dei cantici sembra non percepire affatto questa
dimensione della realtà. Gli sposi del Cantico vivono e si esprimono in un
mondo ideale o “astratto”, in cui è come se non esistesse la lotta delle forze
oggettive tra il bene e il male. Forse è proprio la forza e la verità interiore
dell'amore ad attenuare la lotta che si svolge nell'uomo e intorno a lui? La pienezza di questa verità e di questa
forza propria dell'amore sembra tuttavia esser diversa; e sembra tendere
piuttosto là dove ci conduce l'esperienza del libro di Tobia. La verità e la
forza dell'amore si manifesta nella sua capacità di porsi tra le forze del bene
e del male, che combattono nell'uomo e intorno a lui, perché l'amore è
fiducioso nella vittoria del bene ed è pronto a far di tutto affinché il bene
vinca.
3. Di conseguenza, la verità
dell'amore degli sposi del libro di Tobia non viene confermata dalle parole
espresse dal linguaggio del trasporto amoroso, ma dalle scelte e dagli atti che
assumono tutto il peso dell'esistenza umana nell'unione di entrambi. Il segno del matrimonio come sacramento si
attua sulla base del “linguaggio del corpo”, riletto nella verità dell'amore.
Nel Cantico dei cantici questa è la verità dell'amore assorbita dallo sguardo e
dal cuore: verità di esperienza e di affetto amoroso. Nel libro di Tobia la
penosa situazione del “limite”, unita alla prova della vita e della morte, fa,
in certo senso, tacere il dialogo amoroso degli sposi. Emerge, invece, un'altra
dimensione dell'amore: il “linguaggio del corpo”, che sembra colloquiare con le
parole delle scelte e degli atti, scaturiti da tale dimensione. La prova della vita e della morte, come
pietra di paragone, non appartiene forse anch'essa al “linguaggio del corpo”?
Non è il termine “morte”, per così dire, l'ultima parola di quel linguaggio,
che parla dell'accidentalità dell'essere umano e della corruzione del corpo,
parola alla quale debbono richiamarsi Tobia e Sara, all'inizio stesso del loro
matrimonio? Quale profondità acquista in questo modo il loro amore, e il
“linguaggio” del corpo” riletto nella verità di tale amore? Il corpo, infatti,
nel segno sacramentale dell'unità coniugale, nella sua mascolinità e
femminilità si esprime anche attraverso il mistero della vita e della morte. Si
esprime attraverso questo mistero forse in modo più che mai eloquente.
4. Da tale ampio, direi
“metafisico” sfondo, è opportuno passare a quella dimensione della liturgia,
che è propria e definitiva per il segno del matrimonio come sacramento. La dimensione della liturgia assume in sé il
“linguaggio del corpo”, riletto nella verità dei cuori umani - così come lo
conosciamo dal Cantico dei cantici. Al tempo stesso però cerca di inquadrare
questo “linguaggio” nella verità integrale dell'uomo, riletta nella parola del
Dio vivo. Lo esprime la preghiera degli sposi novelli del libro di Tobia, che
abbiamo citato all'inizio. Nel libro di
Tobia non c'è né il dialogo né il duetto degli sposi. Nella notte nuziale essi
decidono soprattutto di parlare all'unisono - e questo unisono è appunto la
preghiera. In quell'unisono che è la preghiera l'uomo e la donna sono uniti non
soltanto attraverso la comunione dei cuori, ma anche attraverso l'unione di
entrambi nell'affrontare la grande prova: la prova della vita e della morte.
5. Prima di sottoporre il
testo della preghiera di Tobia e di Sara ad una analisi più particolareggiata,
diciamo ancor una volta che proprio questa preghiera diviene quell'unica e sola
parola, in virtù della quale gli sposi novelli vanno incontro alla prova che è
ad un tempo prova del bene e del male, della sorte buona e cattiva nella
dimensione di tutta la vita. Sono consapevoli che il male che li minaccia da
parte del demonio può colpirli come sofferenza, come morte, distruzione della
vita di uno di essi. Ma per respingere quel male che minaccia di uccidere il
corpo, bisogna impedire allo spirito maligno l'accesso alle anime, liberarsi
interiormente dal suo influsso.
6. In questo drammatico
momento della storia di entrambi, Tobia e Sara, quando la notte nuziale era
loro dovuto, come sposi novelli, parlare reciprocamente col “linguaggio del
corpo”, trasformano quel “linguaggio” in una voce sola. Quell'unisono è la
preghiera. Questa voce, questo parlare all'unisono consente ad entrambi di
varcare la “situazione del limite”, lo stato di minaccia di male e di morte,
aprendosi totalmente, nell'unità di due, al Dio vivo. La preghiera di Tobia e di Sara diviene, in un certo senso, il
più profondo modello della liturgia, la cui parola è parola di forza. E' parola
di forza attinta alle sorgenti dell'alleanza e della grazia. E' la forza che
libera dal male, e che purifica. In questa parola della liturgia si adempie il
segno sacramentale del matrimonio, costruito nell'unione dell'uomo e della
donna, in base al “linguaggio del corpo”, riletto nella verità integrale
dell'essere umano.