PAOLO VI

PENSIERI

 

Premessa

 

 

È una grande gioia per me, in questo decennio della morte di Paolo VI, ricordare, ancora una volta, il grande Papa bresciano raccogliendo alcune delle molte preziose parole che Egli ha affidato alla Chiesa nei quindici anni del suo laborioso Pontificato.

E gioia anche più grande fare questo come parroco della Parrocchia che fu di Giovanni Battista Montini.

Queste sono alcune preghiere tratte prevalentemente dalle Omelie di Paolo VI, nella Domenica delle Palme, quando Egli parlava soprattutto ai giovani, indicando ad essi Cristo come il loro Messia.

Preghiere dunque per i giovani, ma che bene interpretano anche le esigenze degli adulti.

Preparate per l'anno centenario della morte di S. Giovanni Bosco, Apostolo della gioventù, sono affidate anche a tutti coloro che oggi nella Chiesa hanno la grande missione di condurre le giovani generazioni alla scoperta di Cristo.

Quel Cristo che Paolo VI, grande credente e grande poeta, ha cantato innumerevoli volte, nelle forme più entusiaste ed elevate.

In un meraviglioso discorso-preghiera tenuto a Manila il 29 novembre 1970, Paolo VI confessava: "Io non finirei mai di parlare di Lui".

Ma Paolo VI ci insegna soprattutto a "parlare a Lui": di noi, della Chiesa, del mondo.

Questo fascicolo è arricchito da un testo introduttivo di Guido Stella e da cinque acqueforti di don Luigi Salvetti "per un ritratto di Paolo VI". Ad essi il nostro vivo ringraziamento.

E a Paolo VI amico dei giovani, maestro di preghiera e di vita, la nostra li conoscente memoria.

 

 

Don Angelo Bonetti

Brescia, 21 giugno 1988

nel 25° di elezione di Papa Montini.

 

 

Nota

 

 

Papa Paolo, apparentemente uomo solitario e schivo per aristocratica natura ed educazione, per i ruoli che ricoperse nell'arco di una vita densa di lavoro, in realtà fu di una umanità aperta, cordiale, conversevole. Era incline alla riflessione, forse amava più ascoltare che intervenire.

Montini era l'uomo del colloquio con le singole anime, del dialogo agostiniano "faccia a faccia con Dio", con gli uomini credenti in Dio e non credenti. La sua ascendenza è chiarissima: Agostino, Pascal, Newman.

Si è detto di Lui che era discepolo di Maritain, che era un rigido scolastico; si è detto da storici e teologi che era un eclettico. Aveva avuto - e li ricordava con affetto molti maestri che coabitavano nel suo spirito anche se, all'apparenza fra loro discordi: sant'Ambrogio e Carlo Borromeo, Bonaventura e Tommaso, gli scolastici e gli spiritualisti. Chiamò "suoi maestri" sia Bevilacqua che i cardinali Ottaviani e Pizzardo. Nella sua indicibile umiltà - come è detto di Mosè condottiero del suo popolo, l'uomo più umile sulla terra - riconosceva i meriti altrui, amava dare agli altri anche maggiori meriti di quanti non ne avessero. Perché, in realtà, questo autodidatta rimase sempre a scuola ma, nel suo dovere di assumere posizioni e decisioni, quando aveva superato la problematico che lo assillava, diveniva Pietro, la "roccia", il maestro chiamato a confermare i fratelli nella fede.

Per un intellettuale la prova più dura, a volte invincibile è il dovere di assumere impegni di azione e di governo. Montini, in tal senso era un finissimo intellettuale. Non a caso, nella sua biblioteca milanese accanto ai classici cristiani figuravano i "maestri del dubbio" dell'ottocento e dei nostro secolo.

Mai forse un Papa appartenne alla cultura del suo tempo come Montini. E mai i due umanesimi, quello della croce e quello della pura sovrana ragione, si fusero in una guida religiosa. Il dialogo non fu per lui il tema di una enciclica programmatica, scontata nelle sue linee maestre. Jean Guitton ricorda la maniera di dialogare di G.B. Montini: si immergeva nello spirito, nell'anima di chi gli stava davanti, cercava di comprenderlo, ne assumeva gioie e dolori e poi, nella sua risposta cercava la strada per salire "insieme" verso la Verità, per le vie pascaliane della carità.

Perché questo va detto, prima di ogni altra cosa parlando di Papa Montini: la ricerca assidua, la fedeltà, la comunicazione della verità: su Dio, sull'uomo, sul mondo. In tal senso, sin da giovane (e le lettere ai familiari ne sono splendida testimonianza) Montini si pose paradossalmente agli antipodi della cultura moderna. Per lui, e sempre più avanzando negli anni, il dubbio aveva valore propedeutico. Era un omaggio alla ricerca, a volte dolorosa, sempre perseguita sino alla fine. Fu un uomo, in tutta la sua esistenza, più di affermazioni che di negazioni, e di condanne. Fu osservato che nel suo pontificato - non emanò alcuna scomunica, pur rimanendo fedele all'insegnamento di san Paolo che riprendeva, rimproverava, esortava, supplicava. La piena coscienza di essere "Pietro" si fuse in una armonia dinamica, in un equilibrio, sottile ed infrangibile ad un tempo, con la conoscenza dei limiti di ogni umana realtà, anche la più alta religiosamente, lì dove non intervenga lo Spirito con i suoi doni le lacune della ragione e del cuore.

I contemporanei non lo compresero, nella maggioranza. Non compresero che, chiamandolo amletico, davano a lui un titolo di nobiltà intellettuale perché Paolo VI sapeva che non solo, secondo Platone, il "bello è difficile" ma ogni verità chiede sudore, a volte sangue.

In lui, scolastico per volontà, spiritualista e mistico per dono nativo, il dubbio era veramente ciò che Marx diceva di apprezzare di più nell'uomo: l'umiltà dell'umana ragione di fronte a problemi nuovi. Chiamato a decidere lo fece, con bresciana precisione e concisione, ma è tipico della sua personalità l'esortazione agli uomini di pensiero, impegnati nelle scienze dell'uomo e della natura, l'invito costante, accorato, insistente sino all'ossessione, a cercare maggiore luce, più ampia conoscenza. La fede, in Papa Paolo, ricercava l'intelletto seguendo la formula classica di Anselmo d'Aosta.

Come aveva un rispetto sovrano degli uomini, così dal suo maestro padre Bevilacqua aveva imparato a stimare, ad onorare, a impegnare gli intellettuali. Sin da giovane sacerdote era stato accanto a loro, universitari e laureati. Aveva fatto propri i loro problemi, sia speculativi sia pratici. L'uomo solitario non aveva esitato a prendere posizione contro il fascismo, una posizione che lo portava, non alla lotta frontale ed immediata ma alla difesa, alla preparazione nei tempi lunghi. E furono suoi discepoli ed amici coloro che riportarono alla democrazia il Paese, da De Gasperi (della sua figlia prediletta fu il direttore spirituale) a Moro, l'amico del cuore per il quale non esitò a scrivere le parole più umili, più umane che un Papa abbia mai scritto chiedendo che fosse salva la sua esistenza di uomo "giusto".

Ma, accanto al culto, alla verità, nello spirito di papa Montini regnò sovrana la carità. t nota l'affermazione di un suo intimo: "Volete farvi amare da Papa Paolo? Siate suoi nemici".

Amò gli uomini con rispetto, stima, trepidazione. Conobbe tutte le ansie di uno spirito sacerdotale per il quale legge suprema è la salvezza delle anime. Dicevo che non era uomo di folla, di massa. Prediligeva colloquio dove, faccia a faccia, si misurava con l'interlocutore davanti a Cristo. Perché, se dobbiamo parlare di Papa Montini dobbiamo ricordare una verità semplicissima. Cristo per lui - come per l'apostolo

Paolo - fu tutto. Proprio imitando Cristo non esitò ad immergersi, con il coraggio dei timidi, fra le folle, a dialogare con esse. Come Cristo conobbe il rifiuto, lo scerno, l'indifferenza, anche l'attacco alla sua persona. A Manila ed in Sardegna esercitò la virtù suprema del perdono.

E per lui la Chiesa era tale perché apparteneva al Cristo Signore della storia e del mondo. Lo si disse uomo di Chiesa, formatosi in essa e vissuto sempre e solo per essa. In realtà quando, in Concilio, il cardinale milanese indicò la direzione da prendere: una riflessione della Chiesa su se stessa, sulla sua essenza, sui suoi fini, sui suoi mezzi, aveva chiaro il confronto che la Chiesa doveva compiere con Cristo, che infinitamente la trascendeva, essa suo corpo e suo popolo, aprendo così due prospettive di importanza secolare: il colloquio ecumenico, il colloquio con il mondo. È con Papa Paolo, dopo le intuizioni irripetibili e geniali di Papa Giovanni, che la Chiesa ha imparato a guardare al mondo con occhi totalmente nuovi: non più condanna ma medicina, aiuto, soccorso, supplenza evangelica, lievito nella pasta.

Così l'uomo solitario, dalla psicologia certamente difficile, immersa nella problematica ma assetato di certezze e comunicatore di certezze fu il Papa del Concilio. A lui va resa giustizia come gli venne resa da un protestante dell'altezza intellettuale di Oscar Cullmann: ebbe il coraggio di chiudere il concilio, un coraggio più grande di quello occorso nell'aprirlo.

Fu un riformatore all’interno della Chiesa, con il passo lento ma sicuro del contemplativo. Ma fu anche l'uomo che, con i suoi viaggi in Palestina, in America Latina, a Ginevra, in Asia iniziò un'epoca nuova nel papato romano: quella di Pietro che muove alla conoscenza, al dialogo con le Chiese locali, con le situazioni infinitamente varie dell'umanità contemporanea. Anche in questo nomen est omen: sulle orme di Paolo mosse incontro al mondo, "ad gentes", agli uomini cristiani e no, credenti e no invitando tutti al dialogo. Questo sacerdote che pare chiuso nel suo mistero interiore, volto a scrutare le vie interiori che conducono alla conoscenza dell'uomo e di Dio, fu l'uomo - dall'inizio alla fine del suo servizio pontificale - del dialogo, dell'incontro.

Anche la morte solitaria (ma nessuno sceglie la propria morte; è assurdo confrontare la morte di Giovanni XXIII a quella di Paolo VI) fu un colloquio con Dio, con la preghiera sovrana della Chiesa, quella voluta da Gesù: Padre "nostro".

Papa Paolo non fu un Papa mesto. Un suo familiare ha affermato che mai egli perse la pace, la tranquillità interiore, la serenità della coscienza. Era tormentato dai problemi della Chiesa e del mondo ma ciò è ben altra cosa. Anche l'apostolo Paolo era turbato sino alle lagrime di fronte alle condizioni delle Chiese da lui fondate. Ma S. Paolo scriveva anche: "godete sempre ... ". Paolo VI fu l'unico Papa ad avere scritto un documento sulla gioia cristiana. E padre Congar ha detto che i documenti di Paolo VI hanno una caratteristica inconfondibile: nascono da una lenta, profonda, densa e limpida riflessione interiore. Non possono essere catalogati fra i testi ufficiali della tradizione romana. Appartengono al genere sapienziale. Anche questo è un tratto di modernità: un soggettivismo acuto coniugato all'oggettività delle certezze evangeliche.

 

 

Guido Stella

INNO ALLA VITA (IN FACCIA ALLA MORTE)

Dal "Testamento" 30 giugno 1965 e 16 settembre 1972

 

 

Fisso lo sguardo verso il mistero della morte,

e di ciò che la segue, nel lume di Cristo,

che solo la rischiara, e perciò con umile e serena fiducia.

Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa

sulla vita presente da questo mistero,

e benedico il vincitore della morte

per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinnanzi perciò alla morte,

al totale e definitivo distacco dalla vita presente,

sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza,

il destino di questa stessa fugace esistenza.

Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita,

e ancora più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato

e destinato alla pienezza della vita.

Parimenti sento il dovere di ringraziare e di benedire

chi a me fu tramite dei doni della vita,

da te, Signore, elargitimi:

chi nella vita mi ha introdotto

(oh! siano benedetti i miei degnissimi genitori!),

chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato,

circondato di buoni esempi, di cure, di affetto,

di fiducia, di bontà, di cortesie,

di amicizia, di fedeltà, di ossequio.

Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali

che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato

alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle

ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!

Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce

e si scioglie di questa stupenda e drammatica

scena temporale e terrena,

come ancora ringraziare Te, o Signore,

dopo quello della vita naturale, del dono,

anche superiore, della fede e della grazia,

in cui alla fine unicamente si rifugia

il mio essere superstite?

Come celebrare degnamente la Tua bontà, o Signore,

per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo,

nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica?

(Come per avere ricevuto nella Chiesa una vocazione particolare?)

In aetemum Domini Misericordias cantabo.

Canterò in eterno la misericordia del Signore!

In manus tua, Domine, commendo spiritum meum.

Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito!

Magnificat anima mea Dominum.

L'anima mia magnifica il Signore! Maria!

Credo. Spero. Amo. In Cristo.

Amen. Alleluia!

 

 

RINGRAZIAMENTO

Da "Pensiero alla morte" non datato

 

Signore, voglio avere finalmente la nozione

riassuntiva e sapiente sul mondo e sulla vita:

penso che tale nozione debba esprimersi in riconoscenza:

tutto è dono, tutto è grazia.

Come è bello il panorama attraverso il quale passiamo;

troppo bello, tanto che ci lasciamo attrarre e incantare,

mentre deve apparire segno e invito.

In ogni modo, ecco il mio semplice atto di riconoscenza,

anzi di gratitudine: questa vita mortale è,

nonostante i suoi travagli, i suoi oscuri misteri,

le sue sofferenze, la sua fatale caducità,

un fatto bellissimo, un prodigio sempre originale e commovente,

un avvenimento degno d'essere cantato in gaudio e in gloria:

la vita, la vita dell'uomo!

Né meno degno d'esaltazione e di felice stupore

è il quadro che circonda la vita dell'uomo:

questo mondo immenso, misterioso, magnifico,

questo universo dalle mille forze, dalle mille leggi,

dalle mille bellezze, dalle mille profondità.

È un panorama incantevole.

Pare prodigalità senza misura.

Assale, a questo sguardo retrospettivo,

il rammarico di non averlo ammirato abbastanza questo quadro,

di non aver osservato quanto meritavano le meraviglie della natura,

le ricchezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo.

Perché non ho studiato abbastanza, esplorato,

ammirato la stanza nella quale la vita si svolge?

Quale imperdonabile distrazione,

quale riprovevole superficialità!

Tuttavia, debbo riconoscere che questo mondo,

che è stato fatto per mezzo di Lui, Cristo, è stupendo.

Ti saluto e Ti celebro, sì, con immensa ammirazione

e, come dicevo, con gratitudine: tutto è dono.

Dietro la vita, dietro la natura, l'universo, sta la Sapienza;

e poi (Tu ce lo hai rivelato, o Cristo Signore) sta l'Amore!

La scena del mondo è un disegno, oggi tuttora incomprensibile

per la sua maggior parte, d'un Dio creatore,

che si chiama il Padre nostro che sta nei cieli!

Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre!

In questo sguardo mi accorgo che questa scena affascinante

e misteriosa è un riverbero, è un riflesso

della prima e unica Luce; è una rivelazione naturale

d'una straordinaria ricchezza e bellezza,

che deve essere una iniziazione, un preludio,

un anticipo, un invito alla visione dell'invisibile Sole,

"che nessuno ha visto mai" (cfr. Jo 1, 18):

"Il figlio Unigenito, che è nel seno del Padre,

Lui lo ha rivelato".

Così sia, così sia.

 

 

PENTIMENTO

Da "Pensiero alla morte" non datato.

 

Signore, come riparare le azioni mal fatte,

come ricuperare il tempo perduto,

come afferrare, nelle mie possibilità di scelta,

la sola cosa necessaria?

Alla gratitudine succede il pentimento.

Al grido di gloria verso Dio Creatore e Padre

succede il grido che invoca misericordia e perdono.

Che almeno questo io sappia fare:

invocare la Tua bontà, e confessare con la mia colpa

la Tua infinita capacità di salvare.

Kyrie eleison; Christe eleison; Kyrie eleison.

Signore pietà; Cristo pietà, Signore pietà.

Qui affiora alla memoria la povera storia della mia vita,

intessuta, per un verso, dall'ordito di singolari

e innumerevoli benefici, derivanti da un'ineffabile bontà

(è questa che spero potrò un giorno vedere ed "in eterno cantare");

e, per l'altro, attraversata

da una trama di misere azioni, che si preferirebbe

non ricordare, tanto sono manchevoli, sbagliate,

insipienti, ridicole.

Dio, Tu conosci la mia stoltezza (Ps. 68, 6).

Povera vita stentata, gretta, meschina,

tanto, tanto bisognosa di pazienza,

di riparazione, d'infinita misericordia.

Sempre mi pare suprema la sintesi di S. Agostino:

miseria e misericordia.

Miseria mia, misericordia di Dio.

Ch'io possa almeno onorare Chi Tu sei,

il Dio d'infinita bontà,

invocando, accettando, celebrando

la Tua dolcissima misericordia.

Amen.

CONTEMPLAZIONE E LODE

Da "Pensiero alla morte" non datato

Curvo il capo ed alzo lo Spirito, Signore.

Umilio me stesso ed esalto Te, Dio, "la cui natura è bontà" (S. Leone).

Lascia che io renda omaggio a Te, Dio vivo e vero,

che domani sarai mio giudice,

e che dia a Te la lode che più ambisci,

il nome che preferisci: sei Padre.

L'avvenimento fra tutti il più grande fu per me,

come lo è per quanti hanno pari fortuna,

l'incontro con Cristo, la Vita.

A nulla infatti ci sarebbe valso il nascere

se non ci avesse servito ad essere redenti.

Questa è la scoperta del preconio pasquale,

e questo è il criterio di valutazione d'ogni cosa

riguardante l’umana esistenza ed il suo vero

ed unico destino, che non si determina se non in ordine a Cristo.

O meravigliosa pietà del Tuo amore per noi!

Meraviglia delle meraviglie, il mistero della nostra vita in Cristo.

Qui la fede, qui la speranza, qui l'amore

cantano la nascita e celebrano le esequie dell'uomo.

Io credo, io spero, io amo nel Tuo amore, o Signore.

E poi ancora mi domando:

perché hai chiamato me, perché mi hai scelto?

così inetto, così renitente, così povero di mente e di cuore?

Lo so: Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole...

perché nessuno uomo possa gloriarsi davanti a Dio (1 Cor. 1, 27-28).

La mia chiamata indica due cose; la mia pochezza

e la Tua libertà, misericordiosa e potente.

La quale non si è fermata nemmeno davanti alle mie infedeltà,

alla mia miseria, alla mia capacità di tradirti.

"Mio Dio, mio Dio, oserò dire...

In un estatico tripudio di Te dirò con presunzione:

se non fossi Dio, saresti ingiusto,

poiché abbiamo peccato gravemente... e Tu ti plachi.

Noi Ti provochiamo all'ira, e Tu invece ci concedi la misericordia!".

DISPONIBILITÀ AL SERVIZIO

Da "Pensiero alla morte", non datato

Eccomi al Tuo servizio, Signore,

eccomi al Tuo amore.

Eccomi in uno stato di sublimazione,

che non mi consente più di ricadere nella mia

psicologia istintiva di pover'uomo,

se non per ricordarmi la realtà del mio essere,

e per reagire nella più sconfinata fiducia

con la risposta, che da me è dovuta: Amen; Fiat.

Così sia, così sia. Tu sai che Ti voglio bene.

Uno stato di tensione subentra, e fissa

in un atto permanente di assoluta fedeltà

la mia volontà di servizio per amore.

Non permettere che io mi separi da Te.

Fa’ che la mia vita sia uno sforzo crescente

di vigilia, di dedizione, di attesa.

Fa’ che la mia morte un giorno, sigilli la meta

del mio pellegrinaggio terreno

e faccia da ponte per il grande incontro

con Cristo nella vita eterna.

Raccolgo tutte le mie forze,

e non recedo dal dono totale compiuto,

pensando al Tuo "consummatum est", tutto è compiuto.

Ti prego, Signore: dammi la grazia di fare della mia vita

(e della mia morte) un dono d'amore alla Chiesa.

Io amo la Tua Chiesa;

fu il suo amore che mi trasse fuori

dal mio gretto e selvatico egoismo

e mi avviò al suo servizio.

Per essa, non per altro, voglio vivere.

Vorrei comprenderla tutta nella sua storia

nel suo disegno divino, nel suo destino finale,

nella sua complessa, totale e unitaria composizione,

nella sua umana e imperfetta consistenza,

nelle sue sciagure e nelle sue sofferenze,

nelle debolezze e nelle miserie di tanti suoi figli,

nei suoi aspetti meno simpatici,

e nel suo sforzo perenne di fedeltà,

di amore, di perfezione e di carità.

Corpo mistico di Cristo.

La tua benedizione, Signore, sia sopra la Chiesa:

abbia essa coscienza della sua natura e della sua missione;

abbia il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità;

e cammini povera, cioè libera, forte e amorosa verso Cristo.

Amen. Il Signore viene. Amen.

 

 

CONVOCATI AL TRIONFO MESSIANICO DI CRISTO

E AL SUO SACRIFICIO DI DOLORE E DI AMORE

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 11 aprile 1965.

 

Abbiamo in mano i rami di olivo e di palma,

li agitiamo, quasi per rievocare e ripetere

l'avvenimento che un giorno, a Gerusalemme,

dichiarò chi eri Tu, o Gesù.

Nel giorno delle Palme Ti fu attribuito il nome

che è Tuo, Cristo, che vuol dire Messia, l'Unto e il Consacrato da Dio,

e che è poi il nome nostro, poiché ci chiamano Cristiani.

Fu il popolo che quel giorno Ti riconobbe;

furono i ragazzi e i fanciulli a gridare:

Osanna al Figlio di Davide!

In quel radioso mattino, la coscienza del popolo

ha avuto il grande intuito della realtà:

È il Cristo.

È Lui: l'aspettato, il nostro Re.

Colui che rende felici le nostre anime.

Fu tale l'esplosione che Tu, Gesù, piangesti.

Ma non facesti tacere il popolo.

Considerasti propizio quel momento

perché la Tua vera Personalità si manifestasse.

Cioè la Tua Messianicità, il Tuo carattere

di Inviato da Dio, la Tua missione salvatrice.

Ma questa Liturgia è caratterizzata anche

dalla lettura della Tua Passione, Signore.

Ecco la Tua Croce dinanzi a noi.

È visibile, è offerta a tutti, perché tutti

abbiamo a fissare il nostro pensiero, i sentimenti,

l'anima sul ricordo solenne, doloroso, pio

e commovente della Tua Morte.

Due memorie: quella festante che riconosce in Te

il Trionfatore della storia, il Centro del genere umano,

Colui che segna le ore del tempo e dei secoli;

quella luttuosa, funebre del Tuo processo, della Tua condanna,

riprovazione e crocifissione; degli schemi da Te subiti;

del Tuo annientamento sino alla morte.

Difficile connessione, difficile lezione per noi.

Vuoi dire che dobbiamo collocare i nostri aneliti,

la nostra sorte, i nostri veri bisogni, la nostra speranza,

non nel mondo presente, ma nell'altro, in quello eterno;

non nella supremazia temporale e materiale, esteriore,

ma in assai diverso trionfo, quello conseguito da Te, Signore,

con la Tua morte di Croce: portando cioè a noi un sacrificio.

Se vogliamo perciò comprendere bene la nostra vita

e l'indirizzo che sempre intendiamo imprimerle,

dobbiamo guardare a Te: Tu sei il Re, il Sovrano della storia,

il Centro di ogni aspirazione e la Meta dell'uomo.

Ma Tu consegui il Tuo trionfo nel dare quanto hai:

il sangue, l'onore, la libertà, la vita per noi.

Tu ci hai salvati nel dolore e nell'amore.

Non crediamo in Te: Tu sei il Figlio di Dio.

Amen.

 

 

INCONTRARE E SCEGLIERE CRISTO, QUI, OGGI

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 3 aprile 1966

 

Entriamo oggi nella Settimana detta per antonomasia la "Grande".

Entriamo con Te, Signore, per ricordare la Tua Passione, la Tua Morte

e poi la Tua Risurrezione.

Celebriamo così la memoria e l'origine del nostro riscatto,

meditiamo in quale maniera Tu, o Signore, ci hai salvati,

che cosa hai fatto per risollevarci dalla nostra miseria personale,

redimerci dal peccato e salvare tutto il genere umano.

Non si tratta qui di semplice memoria, di ricordo, di atto celebrativo.

Qui è una continuità viva, è una specie di reviviscenza,

è un ripetersi del fatto storico, pur se già finito e consumato.

Si riproduce, rivive spiritualmente in noi il Tuo Mistero Pasquale.

Partecipiamo così alla Tua Passione, Morte e Risurrezione,

ricevendo il dono della salvezza.

Un grido unanime si leva anche dai nostri cuori

e dalle nostre labbra:

Tu sei il Messia,

il Figlio di Davide,

il Desiderato e l'Atteso

delle genti e dei secoli.

Esultiamo tutti:

Osanna, osanna!

Tu sei l'inviato da Dio,

Ti abbiamo aspettato

e da Te ricaveremo salvezza.

Sei il nostro Re, Profeta e Salvatore;

sei Colui che riassume il nostro essere

e la nostra speranza.

E in questa celebrazione, dopo tanti secoli, anche noi prendiamo

la nostra decisione: dire di si o di no a Te,

dichiarare se Ti crediamo o meno.

E come allora furono i giovani, i fanciulli

ad avere l'intuito della scelta giusta, così oggi facciamo noi.

Noi scegliamo Te Cristo, crediamo che Tu sei veramente

il nostro Redentore e Salvatore.

Come i fanciulli, i giovani di Gerusalemme, anche noi diciamo:

Tu sei il Cristo!

Tu Benedetto che vieni nel nome del Signore!

Noi saremo Tuoi seguaci;

sentiremo elevarsi le nostre anime,

diverremo giganti vicino a Te.

Sentiremo che Tu sei la fonte della bontà,

di ogni armonia e duratura letizia.

Tu la Speranza delle nostre anime.

Accogliamo questa Pasqua festante,

che ci porta in pienezza Te,

che sei la Via, la Verità e la Vita,

Gesù Cristo nostro Signore.

Amen.

 

A GESÙ GIOIA E PACE PER IL MONDO

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 19 marzo 1967

 

Rinnovando oggi la tua proclamazione messianica,

o Cristo, tre convinzioni noi giovani esprimiamo davanti a Te.

La prima: che Tu sei la vera gioia della nostra vita.

Sì, Tu sei la gioia del mondo; la nostra gioia.

Noi certo Ti vediamo in Croce,

vediamo la vita cristiana contrassegnata

dalla austerità e dalla penitenza,

vediamo il dolore umano, nostro e altrui,

entrare nell’essenza della fedeltà e dell'umanità cristiana.

Non ci nascondiamo questa drammatica realtà

della nostra fede e della nostra sequela di Te.

Ma noi ricordiamo altresì che Tu sei la gioia,

la vera gioia della nostra vita.

La vita cristiana, Tu ci dici, non è triste, non è infelice.

È contenta, è lieta, è serena.

È la sola che sappia veramente godere dei beni onesti

e delle ore buone di questa vita,

e che sappia, in ogni condizione dell'umana esistenza,

trovare motivi e forme di segreta, inesauribile felicità.

Se saremo fedeli nel seguire Te, ne faremo la prova.

La seconda: che Tu sei il Re della Pace.

Tu sei proclamato Messia, ma non come l'attendeva

la fantasia politica ed il "trionfalismo" di gran parte

del popolo del Tuo tempo: Re, si, ma senza armi,

senza ricchezza, senza potenza economica e temporale.

Re, ma il cui Regno non è di questo mondo,

non in concorrenza, o in antagonismo con le Potestà civili,

Re dei cuori umani, Re nell'ordine della Redenzione,

Re mansueto, Re della pace.

Tu sei la nostra Pace, se la pace è l'ordine stabilito

nella giustizia e nella sapienza;

se la pace è il risultato comunitario di sentimenti

collettivi cospiranti ad un bene comune;

se la pace è il frutto della libertà, del perdono,

della fratellanza, dell’amore;

se la pace è lo sforzo generoso e continuo

per generare un bene ragionevole e forte, a tutti accessibile;

se la pace fra gli uomini è il riflesso della pace

delle coscienze con Dio.

Ecco, Tu sei la Pace vera.

La terza: che tocca a noi giovani proclamare

la Tua presenza e la Tua missione ai nostri giorni.

Tocca noi essere figli della luce e testimoni della verità cristiana.

Tocca a noi ricostruire il mondo sulle basi della fede.

Tocca a noi annunciare la Tua pace nel mondo.

Fa’ che siamo degni e fieri d'essere i portatori del tuo olivo.

Amen.

 

A GESÙ MESSIA L’ACCLAMAZIONE DEI GIOVANI

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 7 aprile 1968

 

L’avvenimento delle Palme si ripete oggi

nella celebrazione liturgica.

E noi giovani diventiamo in questo momento,

insieme con la comunità dei fedeli,

i tuoi araldi, o Cristo.

Noi perpetuiamo nel nostro tempo, nel nostro ambiente,

l'istante di gloria della Tua regalità messianica.

Noi rinnoviamo l'atto di fede nella Tua persona

e nelle Tua missione.

Noi Ti riconosciamo Maestro dell'umanità.

Noi Ti proclamiamo Profeta dei destini del mondo.

Noi Ti dichiariamo Re divino nel quale si incentrano

le sorti di ogni uomo, e intorno al quale

si compone il disegno totale della storia.

Tu, Gesù, sei la Verità dell'esistenza umana,

anzi: Tu sei la stessa Vita,

il Principio della nostra salvezza, presente e futura.

Noi Ti acclamiamo come il Cristo,

il Signore dell'umanità, il Salvatore del mondo.

E l'acclamazione della Tua gloria

diventa la nostra fortuna, la nostra felicità.

Perché Tu sei il nostro Salvatore, il nostro Liberatore;

il nostro Allenatore alla grandezza dell'eroismo

e alla piccolezza della nostra umanità;

il nostro Maestro della più vera, della più beatificante

simpatia umana, cioè della carità.

A noi, talora ammaliati dal conformismo

che piega inconsciamente la nostra libertà

al dominio automatico di correnti estrerne di pensiero,

di opinione, di sentimento, di azione, di moda;

a noi, così presi da un gregarismo che ci dà l'impressione

di essere forti e talvolta ci rende ribelli,

Tu dai nuova coscienza e nuova forza per aderire a Te,

come noi giovani sappiamo fare: con energia totale.

Dacci la verità che ci fa liberi, Signore.

Rivelaci le ragioni supreme dell'umana esistenza.

Sottraici alla suggestione di massa.

E nello stesso tempo fa nascere in noi

la scienza dell'amicizia, della socialità, dell'amore.

Non saremo degli isolati.

Tu non spegni la nostra inviolabile personalità.

L'adesione a Te ci insegna l'adesione ai fratelli,

ci dà l'intelligenza dei meriti e dei bisogni,

per cui essi devono essere cercati, amati, serviti.

Una socialità superiore, quella della carità,

nascerà in noi. E non solo come ideologia,

ma come imperativo interiore di bontà,

di dedizione, di unione, di autentico amore.

Così sia per tutti noi.

Amen.

 

I GIOVANI ANNUNCIANO CRISTO

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 30 marzo 1969

 

A noi giovani, soprattutto, Tu, o Signore, affidi una missione:

annunciare Te, vero, sempre vivente nella Chiesa,

che Ti predica, Ti personifica, Ti comunica,

come il Salvatore del mondo.

A noi, figli dei nostro tempo,

sensibilissimi al suo linguaggio,

al suo genio, al suo spirito, ma, noi speriamo,

puri dalle sue contaminazioni;

a noi adolescenti, a noi giovani maturi,

prodigiosamente belli, deliziosamente intatti,

volutamente semplici, logici, diritti,

fisicamente e moralmente forti,

giocondi e vivaci, liberi e docili.

A noi, cresciuti per tua grazia, nella fede e nella preghiera,

a noi, tuoi alunni, è affidata la missione

di annunciare al mondo di oggi

che Tu sei il Messia vero, il Cristo autentico,

il Salvatore insostituibile.

Noi dobbiamo mostrare agli uomini del nostro tempo

il Tuo volto luminoso, o Gesù:

è il volto dei Figlio di Dio,

è il volto del Figlio dell'uomo.

Tu, il Prototipo dell'umanità;

Tu, il Maestro, il Fratello, il Condottiero;

Tu, il Profeta di cui ancora tutti possiamo fidarci;

Tu, l'Uomo del dolore, la Vittima d'ogni nequizia umana; Tu, il Redentore;

Tu, l'Amore che si è sacrificato innocente;

Tu, la Vita in sé stessa;

Tu, la Morte per noi;

Tu, il Risorto per la nostra salvezza.

E questo annuncio, è un atto personale:

parte dal fondo libero e cosciente del nostro cuore.

Ma è insieme un fatto collettivo.

Non siamo soli. Siamo uniti. Siamo molti.

E di più, siamo amici, siamo concordi.

E con noi è la Chiesa.

E insieme gridiamo: Cristo è il Signore!

Amen.

 

A GESÙ CHE SI RIVELA LA NOSTRA ADESIONE DI FEDE

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 22 marzo 1970

 

Tu, o Gesù hai dato di Te tante definizioni

che formano l'oggetto e la delizia della nostra fede.

È bello qui ricordarle:

Io sono il Pane della vita.

Io sono il buon Pastore.

Io sono la Luce del mondo.

Io sono la Vite e voi i tralci.

Io sono la Via, la Verità e la Vita...

Entrando in Gerusalemme il giorno delle Palme,

non con le parole, ma con un gesto umile e significativo,

definisci Te stesso come Messia.

Sei Tu l'atteso da secoli,

l'atteso dalla nostra generazione.

Tu la chiave di tutta la storia passata e futura.

La curiosità, il dubbio, l'esitazione, il fascino,

l'ammirazione, che Ti avevano circondato fino allora,

scoppiano ormai nella sicurezza delle entusiastiche

acclamazioni: Sei Tu, sei Tu il Figlio di Davide,

il Cristo, il Signore.

Anche noi abbiamo oggi l'intuito felice, la freschezza,

il gaudio, l'audacia di proclamare ancora oggi

che Tu sei la nostra scelta, Tu il nostro Redentore,

necessario, sufficiente.

Tu venuto per tutti, venuto per ciascuno di noi.

Tu il Maestro, l'Amico, la Risurrezione e la Vita.

Sì, Tu sei la Via, la Verità, la Vita delle nostre

singole esistenze e di tutta la comunità

di quanti in Te credono, di Te si fidano,

da Te si sentono amati e a Te offrono

il loro povero e grande amore.

Tu incroci ancora oggi, sempre e dappertutto,

i sentieri dell'umanità, e poni Te stesso

come la grande questione, come la scelta somma e decisiva,

che ogni uomo, che ogni popolo è chiamato a fare.

Tu sei la grande responsabilità nella storia

di ogni umana esistenza.

Tu sei al grado supremo di tensione

della libertà della vita cosciente.

Tu sei al nodo ultimo e primo,

dove le sorti si definiscono.

Tu sei l'invito più intimo e personale

rivolto alla nostra coscienza lucida e operante.

A Te dunque, Parola che sei Persona,

Persona che si chiama Luce,

a Te che sei il Nostro Salvatore,

la testa del nostro Corpo immenso

che si chiama Chiesa,

a Te la nostra acclamazione gioiosa,

la risposta inneggiante della nostra fede e

del nostro ideale.

Amen.

 

SCEGLIERE E SEGUIRE CRISTO

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 4 aprile 1971

 

Noi Ti abbiamo già scelto, Signore,

perché siamo cristiani, siamo battezzati.

Ma essere cristiani non è cosa da poco;

vuol dire essere già inseriti nel dramma della salvezza;

vuol dire avere già una concezione del mondo

e della nostra esistenza, della storia passata

e dei destini futuri;

vuol dire avere già un programma impegnativo di vita,

cioè credere, operare, sperare, amare.

Si impone, davanti a Te, un esame dei nostro comportamento.

Noi non vogliamo appartenere alla categoria dei cristiani

che sceglie il comportamento "zero": un comportamento che non dà alcun peso

al fatto d'essere cristiano.

Un comportamento nel quale il carattere

cristiano non significa nulla.

Il cristiano è un uomo logico, coerente, responsabile,

libero e nello stesso tempo fedele.

Non un uomo "zero", indifferente, insignificante,

incosciente, con la testa nel sacco.

Noi non vogliamo appartenere alla categoria

che il Vangelo chiama degli uomini "canna",

delle canne agitate dal vento: uomini privi

di personalità propria, di dirittura cristiana.

Uomini disponibili alle idee altrui,

pronti a curvarsi al dominio dell'opinione pubblica,

della moda, dell'interesse.

Uomini della paura, uomini del rispetto umano,

uomini-pecore.

Noi vogliamo essere "persone", cioè uomini che

vivono secondo dati principi. Secondo idee-cardine.

Secondo idee-luce. Secondo idee-forza.

Uomini che hanno fatto la loro scelta,

e secondo questa scelta, camminano e vivono.

questa la categoria degna della gioventù

intelligente e cristiana.

Ma per essere così, occorre una luce. Una luce per la vita.

La Luce vera, che sei Tu, Signore Messia.

In Te riconosciamo la vera Guida spirituale della nostra vita.

Tu sei il "leader' morale del nostro tempo.

Leviamo dunque in alto le nostre palme

i nostri rami di pacifico olivo verso di Te

inneggiamo a Te: Osanna! Evviva!

La nostra scelta è per Te, Cristo Gesù.

Amen.

 

UN APPUNTAMENTO DECISIVO CON CRISTO

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 26 marzo 1972

 

Siamo venuti, Signore, ancora una volta,

a questo appuntamento decisivo delle Palme

per riconoscere e proclamare che Tu sei il Cristo,

il Salvatore, Colui che solo dà senso, valore, speranza,

gioia alla vita degli uomini, alla nostra vita.

Sei Tu, Gesù, che libera gli uomini dalle catene del peccato

e da quelle altre catene interne ed esterne di ogni schiavitù.

Sei Tu, Gesù, che ci dai le ragioni per cui vale la pena

di vivere, di amare, di lavorare, di soffrire e di sperare.

Sei Tu, Gesù, che ci insegna le supreme verità,

che ci obbliga a considerarci fratelli.

Sei Tu, Gesù, che ci soffia nei cuori il Tuo Spirito

di sapienza, di fortezza, di gioia e di pace.

Sei Tu, Gesù, che fai di tutti noi una unità mistica e visibile,

un corpo sociale animato dalla Tua Parola e dalla Tua Grazia.

Sei Tu, Gesù, che ci fa Chiesa.

Noi abbiamo bisogno di Te.

Noi vogliamo rivelarTi al mondo

e mostrare, per quali ragioni e con quali modi,

Tu, oggi più che mai, sei il Polo attraente del mondo

in cerca sempre di capire se stesso

nella giustizia, nella libertà, nella Fratellanza, nella pace.

Tu sei la nostra segreta Aspirazione

a fare della vita una cosa seria,

un momento di pienezza, un'ora di sapienza,

un dono d'amore, un inno a Dio.

Questa è l'ora messianica.

Se dietro ai Tuoi passi, Tu ci farai domani

incontrare nella Tua Croce, non abbiamo paura.

Là è l'amore che si dona,

là è l'amore che sa il valore del sacrificio,

là è l'amore che salva,

là è l'amore che ha in se stesso

l'infallibile promessa della risurrezione

e della vita eterna.

Amen.

 

DAVANTI A CRISTO LE INQUIETUDINI E LE SPERANZE DEI GIOVANI

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 15 aprile 1973.

 

Signore, Tu conosci le nostre inquietudini.

Esse sono in realtà profonde e personali aspirazioni

ad una ideale figura di uomo che sia vero, sincero,

forte, generoso, eroico e buono.

Migliore insomma dei modelli umani del passato

e del presente: nuovo e perfetto.

Esse sono desideri grandi e stupendi

verso un mondo migliore, libero e giusto,

affrancato dal dominio della ricchezza egoista

e dell’autorità dispotica e ingiustamente repressiva,

reso invece fratello da un comune impegno

di solidarietà e di servizio.

Noi pensiamo all'amore,

quello dell'amicizia lieta, pacifica,

cortese espressione d'ogni migliore sentimento;

e noi sogniamo l'amore, quello interpersonale

e sacro del dono di sé; quello per la espansione della vita;

quello che merita sacrificio e che rende felici.

E poi noi, giovani maturi,

per comprendere in sintesi panoramica

la società, la politica, la storia, la dignità

del genere umano, attendiamo una umanità ideale, ma reale,

dove l'unità, la fratellanza, la pace regnino finalmente fra gli uomini.

Noi, insomma, attendiamo e auspichiamo un'era messianica;

noi andiamo, forse senza avvedercene, incontro a un Messia;

si, incontro a Te, Cristo Gesù.

Sei Tu, che può appagare la sete profonda degli animi nostri.

Gesù! Gesù!

Sei Tu la luce e la salvezza dei mondo e di ciascuno di noi.

Gesù! Gesù!

Oggi è il giorno, oggi è la festa della nostra scoperta,

della nostra speranza, della nostra gioia.

Acclamiamo insieme: Osanna! Benedetto Colui che viene

nel nome del Signore!

Amen.

 

A CRISTO GESÙ MESSIA E SALVATORE

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 7 aprile 1974.

 

Oggi ancora noi, giovani e ragazzi,

sentiamo il dovere di proclamare la Tua Gloria,

o Cristo Signore, di svelare la Tua missione,

di affermare la Tua identità.

Tu sei il Messia,

Tu sei il Centro dei destini dell'umanità,

Tu sei il Liberatore e il Salvatore,

perché Tu sei ad un tempo il Figlio dell'uomo,

cioè l'Uomo per eccellenza, e Figlio di Dio,

cioè il Verbo di Dio che si è fatto uomo.

Tu sei il Maestro,

il Pane celeste del mondo:

sei Colui di cui nessuno può fare senza,

sei Colui di cui tutti dobbiamo e possiamo essere amici.

Tu ci conosci, Tu ci ami, Tu ci salvi.

Tu sei la Luce dell'umanità,

Tu la Via, la Verità e la Vita.

L’entusiasmo per Te,

quando si è capito qualcosa di Te,

non ha limiti.

Tu sei la Gioia del mondo, la nostra gioia!

Noi vogliamo conoscerei sempre di più,

noi vogliamo capirti con un intuito speciale,

noi vogliamo darti testimonianza,

perché siamo battezzati, perché siamo cristiani.

Noi vogliamo salire la breve scala

che sale verso la testimonianza a Te:

il primo gradino è quello del coraggio

per il nome cristiano;

il secondo gradino è quello dell'amore

alla Chiesa, alle sue strutture, ai suoi uomini;

il terzo gradino è quello dell'attiva adesione

a qualche istituzione militante

nel campo dell'azione, o della pietà, o della carità.

Ecco, Signore la nostra professione cristiana,

non smentita, non simulata, non indifferente,

ma franca, coerente, gioiosa, esemplare e convincente.

Leviamo in alto le nostre palme,

i nostri rami d'ulivo, ed acclamiamo

Evviva, Evviva Cristo Gesù!

Amen.

 

IL CRISTO DELLE PALME

Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 23 marzo 1975

 

Noi, giovani del nostro tempo,

vogliamo oggi riconoscere che

Tu, Gesù, sei il Salvatore, il Maestro,

la Guida e l'Amico della nostra vita.

Sei Tu, Tu solo, che conosce in profondità

il nostro essere, il nostro destino:

Sei Tu, Tu solo, che può estrarre dalla nostra

oscura coscienza la nostra vera personalità;

Sei Tu, Tu solo, che autorizza con efficacia

beatificante, ad aprire il dialogo trascendente

col mistero religioso e a rivolgere

al Dio infinito e inaccessibile

il confidente discorso di figli

ad un dolcissimo e verissimo

"Padre nostro", che stai nei cieli;

Sei Tu, Tu solo, che sai tradurre

il nostro rapporto religioso

in rapporto sociale autentico,

cioè a fare dell'amore a Dio

il fondamento incomparabile e fecondo

dell'amore al nostro prossimo,

cioè agli uomini;

e ciò tanto più quanto più

questo nostro interesse per il bene altrui

è gratuito e universale,

e quanto più gli uomini,

ormai in Cristo qualificati fratelli,

sono nel bisogno, nella sofferenza,

e perfino nell'ostilità.

Tu: il Cristo delle Palme.

Un Cristo riscoperto. Un Cristo acclamato.

Un Cristo umilmente e fermamente creduto,

non nella perpetua e pigra penombra del dubbio,

ma nella limpida luce della dottrina,

che la Chiesa maestra di verità ci propone.

Un Cristo incontrato nell'adesione esultante

alla sua parola e alla sua misteriosa presenza

ecclesiale e sacramentale.

Un Cristo vissuto nella fedeltà semplice

e lineare al suo Vangelo, sì esigente fino al sacrificio,

ma solo fonte di inesausta speranza e di vera beatitudine.

Un Cristo, velato e trasparente in ogni volto

del collega, del fratello bisognoso di giustizia,

di aiuto, di amicizia e di amore.

Un Cristo vivo.

A Te, Cristo, il "si" della nostra scelta;

il "si" della nostra esistenza.

Tu sei per noi. Tu sei con noi.

Oggi e domani. Per sempre.

Amen.

 

LA SCELTA DI CRISTO MESSIA

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 11 aprile 1976.

 

Noi oggi, Signore, facciamo eco alle acclamazioni di Gesù,

riconosciuto come Cristo, come Salvatore e Signore,

il Gesù del Vangelo che inaugura e apre

a buon diritto il regno della salvezza.

Sei Tu, o Cristo, che ponendoti sulla via torrenziale

della civiltà, la divarichi in due diverse

e spesso opposte correnti:

da una parte, la Tua, la corrente della pace

e della fratellanza universale fra gli uomini Tuoi seguaci;

dall'altra la corrente della violenza, della divisione

e della lotta, e alla fine della guerra.

Da una parte la corrente dei "poveri di spirito",

dei cercatori del regno di Dio,

dei credenti nella vita eterna;

dall'altra la corrente degli egoisti

e dei cercatori del regno della terra,

degli uomini che solo nel tempo hanno la loro fiducia.

Da una parte la corrente che fa dell'amore a Dio

e al prossimo la legge suprema della vita

individuale e sociale:

dall'altra la corrente che fa della forza

e della rivoluzione aggressiva e sopraffattrice

la ragione cieca dei destini dei popoli.

Da una parte la corrente della fede e della verità

e perciò della libertà;

dall'altra parte la corrente delle mille e sfrenate opinioni,

che violando i diritti delle coscienze

esteriormente si impone...

Due concezioni del mondo, della verità, della vita.

Noi abbiamo già scelto, e scelto secondo sapienza

e secondo fortuna, fin dal giorno del nostro Battesimo,

impegnando la nostra vita a questa professione globale

e felice: noi saremo cristiani!

Saremo di Cristo,

saremo con Cristo,

in questa vita e in quella futura!

Ed oggi, agitando le nostre palme, con rinnovata coscienza,

con più forte energia, confermiamo la nostra scelta,

la nostra promessa: sì, noi saremo cristiani!

Due sentimenti riempiono allora i nostri cuori:

il coraggio e la gioia!

Amen.

 

ATTO DI FEDE NEL CRISTO

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 3 aprile 1977

 

Noi riconosciamo in Gesù di Nazareth il Messia, cioè il Cristo.

Noi accettiamo, anzi noi esaltiamo il Messia, il Messia!

Il Cristo salvatore nell'umile Gesù

che nacque a Betlemme,

che fino ai trent'anni visse a Nazareth come modesto artigiano,

e che poi fu presentato e battezzato da Giovanni al Giordano,

e cominciò a predicare il Regno di Dio,

a fare miracoli strepitosi,

a diffondere messaggi straordinari,

a risuscitare perfino i morti.

Gesù è il Messia,

è il Cristo,

è il Re inviato da Dio,

è il Figlio dell'uomo

ed è il Figlio di Dio!

Noi riconosciamo in Te, Gesù, il Messia,

l'inviato da Dio, anzi il Verbo di Dio fatto uomo,

che si mette al centro della nostra vita,

al cardine dei nostri desideri.

Noi abbiamo scoperto la nostra ora messianica,

abbiamo capito che la soluzione vera della vita

è quella offerta dal Tuo Vangelo, dalla Chiesa che lo predica.

Noi esprimiamo nel cuore e nell'azione la nostra adesione

al Tuo duplice invito: essere con Te figli di Dio,

cioè uomini illuminati sul senso della vita e del mondo,

e così divinamente salvati,

ed essere poi con Te figli dell'uomo,

cioè fratelli di quanti condividono la sorte di questa nostra

esistenza ed hanno bisogno di essere amati, serviti, curati.

Noi abbiamo compreso la verità, la bellezza, la forza della fede,

che Tu offri alla nostra singola personalità e alla famiglia umana,

alla società intera a cui apparteniamo.

Noi agitiamo con verità l'ulivo della giustizia e della pace.

Tu sei nostro, o Cristo.

Non temiamo più.

Neanche la croce, la Tua Croce che Tu ci destinerai.

La vita, la vera vita, ci è così domani assicurata!

Amen.

 

A CRISTO RISPOSTA AI NOSTRI PROBLEMI

Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 19 marzo 1978

 

Cristo, noi siamo sicuri che vale la pena

di impegnare la nostra vita per seguire Te, solo Te,

o pur sapendo che questa nostra decisione

comporterà rinunce, sacrifici, rischi, incomprensioni.

Noi giovani cerchiamo appassionatamente la gioia,

la cerchiamo negli altri, nelle vicende, nelle cose.

Tu ci prometti la Tua gioia piena.

Noi giovani cerchiamo autenticità e aborriamo la doppiezza.

Tu hai smascherato l'ipocrisia di coloro che volevano

strumentalizzare l'uomo, specialmente nei suoi rapporti con Dio.

Noi giovani vogliamo essere considerati per quello che siamo

e non per quello che possediamo.

Tu hai detto: "Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia,

perché se anche uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende

dai suoi beni".

Noi giovani abbiamo paura della solitudine,

che intristisce il cuore e accentua l'individualismo.

Tu ci partecipi la comunione che esiste tra Te e il Padre,

e dilati il nostro cuore all'amore verso tutti gli uomini,

figli dello stesso Padre.

Noi giovani cerchiamo la libertà dal peccato, che degrada l'uomo,

la libertà dal male, dai condizionamenti sociali,

dalle tenebre dell'ignoranza.

Tu sei "la luce che illumina ogni uomo",

sei la nostra liberazione.

Noi giovani vogliamo trasformare il mondo,

renderlo più bello, più giusto.

Tu, con la Tua Incarnazione, Passione e Risurrezione

hai rinnovato la realtà e noi stessi: "Se uno è in Cristo

è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate,

ne sono nate di nuove".

O Cristo sii pertanto al centro del nostro cuore,

per donarci generosamente agli altri;

al centro della nostra intelligenza

per dare una prospettiva cristiana

alla storia e alla cultura;

al centro della nostra vita di cittadini

in una società che ha sempre più bisogno della forza

e delle idee di noi giovani.

Amen.

 

ALLA MADONNA DEL BUON VIAGGIO

Al vescovo di Montepulciano (Siena)

per dare inizio all'opera a favore dei viandanti della strada, 22 ottobre 1963.

 

Vergine santa e Madre nostra dolcissima,

che invochiamo col nome

di "Madonna del buon viaggio",

noi ci affidiamo a te nel momento di affrontare la strada.

Tu conosci i pericoli cui andiamo incontro,

le trepidazioni del percorso,

le consolazioni del ritorno.

Sii tu dunque sempre la nostra guida,

il nostro sostegno, il nostro confronto.

Anche tu nei giorni di tua vita terrena,

provasti i disagi di lunghi viaggi,

nelle contrade di Palestina,

nelle lande assolate d'Egitto,

mossa soltanto da volere di Dio,

fiduciosamente in Lui raccolta

con la tua fede e il tuo amore.

Fa' che possiamo seguire il tuo esempio luminoso,

affinché il nostro viaggio si compia

nella serenità e nell'ordine,

sia sicuro e tranquillo,

preservato dai pericoli dell'anima e del corpo.

Tienici per mano,

come una madre fa' coi suoi figlioli:

assistici quando il duro lavoro trae lungo le strade

in un servizio faticoso e monotono:

guidaci anche nello svago turistico,

affinché sia per noi arricchimento di doti umane,

sollievo dello spirito,

incoraggiamento a novello vigore.

E poiché la nostra vita è un viaggio verso il cielo,

dirigi i nostri passi nella via della pace,

e portaci un giorno alla meta finale desiderata,

ove, a te uniti,

con te gioiremo della gioia di Dio,

dolce madre nostra,

Madonna del buon viaggio.

Con Cristo tuo Figlio e Signore nostro.

Amen.

 

 

Fonti

 

- Insegnamenti di Paolo VI, Ed. Vaticana, XVI voli. 1963-1978

- Paolo VI, Pensiero alla morte, Ed. Vaticana, 1979

- Paolo VI, Testamento, Ed. Vaticana, 1978

- Enciclica ai giovani che Paolo VI non sapeva di avere scritto, Ed. LDC, 1982 (a cura di Enzo Bianco).

Altre preghiere di Paolo VI sono pubblicate nei seguenti volumi:

- Le preghiere di Paolo VI, a cura di A. Bonetti, Ed. Sardini, Brescia 1982.

- Maria, la Madre, e due Papi in preghiera, a cura di A. Bonetti, Ed. Dei Moretto, Brescia 1988.