PAOLO VI
PENSIERI
Premessa
È una grande gioia per me, in questo decennio della morte di Paolo VI,
ricordare, ancora una volta, il grande Papa bresciano raccogliendo alcune delle
molte preziose parole che Egli ha affidato alla Chiesa nei quindici anni del
suo laborioso Pontificato.
E gioia anche più grande fare questo come parroco della Parrocchia che fu
di Giovanni Battista Montini.
Queste sono alcune preghiere tratte prevalentemente dalle Omelie di Paolo
VI, nella Domenica delle Palme, quando Egli parlava soprattutto ai giovani,
indicando ad essi Cristo come il loro Messia.
Preghiere dunque per i giovani, ma che bene interpretano anche le esigenze
degli adulti.
Preparate per l'anno centenario della morte di S. Giovanni Bosco, Apostolo
della gioventù, sono affidate anche a tutti coloro che oggi nella Chiesa hanno
la grande missione di condurre le giovani generazioni alla scoperta di Cristo.
Quel Cristo che Paolo VI, grande credente e grande poeta, ha cantato
innumerevoli volte, nelle forme più entusiaste ed elevate.
In un meraviglioso discorso-preghiera tenuto a Manila il 29 novembre 1970,
Paolo VI confessava: "Io non finirei mai di parlare di Lui".
Ma Paolo VI ci insegna soprattutto a "parlare a Lui": di noi,
della Chiesa, del mondo.
Questo fascicolo è arricchito da un testo introduttivo di Guido Stella e da
cinque acqueforti di don Luigi Salvetti "per un ritratto di Paolo
VI". Ad essi il nostro vivo ringraziamento.
E a Paolo VI amico dei giovani, maestro di preghiera e di vita, la nostra
li conoscente memoria.
Don Angelo Bonetti
Brescia, 21 giugno 1988
nel 25° di elezione di Papa Montini.
Nota
Papa Paolo, apparentemente uomo
solitario e schivo per aristocratica natura ed educazione, per i ruoli che
ricoperse nell'arco di una vita densa di lavoro, in realtà fu di una umanità
aperta, cordiale, conversevole. Era incline alla riflessione, forse amava più
ascoltare che intervenire.
Montini era l'uomo del
colloquio con le singole anime, del dialogo agostiniano "faccia a faccia
con Dio", con gli uomini credenti in Dio e non credenti. La sua ascendenza
è chiarissima: Agostino, Pascal, Newman.
Si è detto di Lui che era
discepolo di Maritain, che era un rigido scolastico; si è detto da storici e
teologi che era un eclettico. Aveva avuto - e li ricordava con affetto molti
maestri che coabitavano nel suo spirito anche se, all'apparenza fra loro
discordi: sant'Ambrogio e Carlo Borromeo, Bonaventura e Tommaso, gli scolastici
e gli spiritualisti. Chiamò "suoi maestri" sia Bevilacqua che i
cardinali Ottaviani e Pizzardo. Nella sua indicibile umiltà - come è detto di
Mosè condottiero del suo popolo, l'uomo più umile sulla terra - riconosceva i
meriti altrui, amava dare agli altri anche maggiori meriti di quanti non ne
avessero. Perché, in realtà, questo autodidatta rimase sempre a scuola ma, nel
suo dovere di assumere posizioni e decisioni, quando aveva superato la
problematico che lo assillava, diveniva Pietro, la "roccia", il
maestro chiamato a confermare i fratelli nella fede.
Per un intellettuale la prova
più dura, a volte invincibile è il dovere di assumere impegni di azione e di
governo. Montini, in tal senso era un finissimo intellettuale. Non a caso,
nella sua biblioteca milanese accanto ai classici cristiani figuravano i
"maestri del dubbio" dell'ottocento e dei nostro secolo.
Mai forse un Papa appartenne
alla cultura del suo tempo come Montini. E mai i due umanesimi, quello della
croce e quello della pura sovrana ragione, si fusero in una guida religiosa. Il
dialogo non fu per lui il tema di una enciclica programmatica, scontata nelle
sue linee maestre. Jean Guitton ricorda la maniera di dialogare di G.B.
Montini: si immergeva nello spirito, nell'anima di chi gli stava davanti,
cercava di comprenderlo, ne assumeva gioie e dolori e poi, nella sua risposta
cercava la strada per salire "insieme" verso la Verità, per le vie
pascaliane della carità.
Perché questo va detto, prima
di ogni altra cosa parlando di Papa Montini: la ricerca assidua, la fedeltà, la
comunicazione della verità: su Dio, sull'uomo, sul mondo. In tal senso, sin da
giovane (e le lettere ai familiari ne sono splendida testimonianza) Montini si
pose paradossalmente agli antipodi della cultura moderna. Per lui, e sempre più
avanzando negli anni, il dubbio aveva valore propedeutico. Era un omaggio alla
ricerca, a volte dolorosa, sempre perseguita sino alla fine. Fu un uomo, in
tutta la sua esistenza, più di affermazioni che di negazioni, e di condanne. Fu
osservato che nel suo pontificato - non emanò alcuna scomunica, pur rimanendo
fedele all'insegnamento di san Paolo che riprendeva, rimproverava, esortava,
supplicava. La piena coscienza di essere "Pietro" si fuse in una
armonia dinamica, in un equilibrio, sottile ed infrangibile ad un tempo, con la
conoscenza dei limiti di ogni umana realtà, anche la più alta religiosamente,
lì dove non intervenga lo Spirito con i suoi doni le lacune della ragione e del
cuore.
I contemporanei non lo
compresero, nella maggioranza. Non compresero che, chiamandolo amletico, davano
a lui un titolo di nobiltà intellettuale perché Paolo VI sapeva che non solo,
secondo Platone, il "bello è difficile" ma ogni verità chiede sudore,
a volte sangue.
In lui, scolastico per volontà,
spiritualista e mistico per dono nativo, il dubbio era veramente ciò che Marx
diceva di apprezzare di più nell'uomo: l'umiltà dell'umana ragione di fronte a
problemi nuovi. Chiamato a decidere lo fece, con bresciana precisione e
concisione, ma è tipico della sua personalità l'esortazione agli uomini di
pensiero, impegnati nelle scienze dell'uomo e della natura, l'invito costante,
accorato, insistente sino all'ossessione, a cercare maggiore luce, più ampia
conoscenza. La fede, in Papa Paolo, ricercava l'intelletto seguendo la formula
classica di Anselmo d'Aosta.
Come aveva un rispetto sovrano
degli uomini, così dal suo maestro padre Bevilacqua aveva imparato a stimare,
ad onorare, a impegnare gli intellettuali. Sin da giovane sacerdote era stato
accanto a loro, universitari e laureati. Aveva fatto propri i loro problemi,
sia speculativi sia pratici. L'uomo solitario non aveva esitato a prendere
posizione contro il fascismo, una posizione che lo portava, non alla lotta
frontale ed immediata ma alla difesa, alla preparazione nei tempi lunghi. E
furono suoi discepoli ed amici coloro che riportarono alla democrazia il Paese,
da De Gasperi (della sua figlia prediletta fu il direttore spirituale) a Moro,
l'amico del cuore per il quale non esitò a scrivere le parole più umili, più
umane che un Papa abbia mai scritto chiedendo che fosse salva la sua esistenza
di uomo "giusto".
Ma, accanto al culto, alla
verità, nello spirito di papa Montini regnò sovrana la carità. t nota
l'affermazione di un suo intimo: "Volete farvi amare da Papa Paolo? Siate
suoi nemici".
Amò gli uomini con rispetto,
stima, trepidazione. Conobbe tutte le ansie di uno spirito sacerdotale per il
quale legge suprema è la salvezza delle anime. Dicevo che non era uomo di
folla, di massa. Prediligeva colloquio dove, faccia a faccia, si misurava con
l'interlocutore davanti a Cristo. Perché, se dobbiamo parlare di Papa Montini
dobbiamo ricordare una verità semplicissima. Cristo per lui - come per
l'apostolo
Paolo - fu tutto. Proprio
imitando Cristo non esitò ad immergersi, con il coraggio dei timidi, fra le
folle, a dialogare con esse. Come Cristo conobbe il rifiuto, lo scerno,
l'indifferenza, anche l'attacco alla sua persona. A Manila ed in Sardegna
esercitò la virtù suprema del perdono.
E per lui la Chiesa era tale
perché apparteneva al Cristo Signore della storia e del mondo. Lo si disse uomo
di Chiesa, formatosi in essa e vissuto sempre e solo per essa. In realtà
quando, in Concilio, il cardinale milanese indicò la direzione da prendere: una
riflessione della Chiesa su se stessa, sulla sua essenza, sui suoi fini, sui
suoi mezzi, aveva chiaro il confronto che la Chiesa doveva compiere con Cristo,
che infinitamente la trascendeva, essa suo corpo e suo popolo, aprendo così due
prospettive di importanza secolare: il colloquio ecumenico, il colloquio con il
mondo. È con Papa Paolo, dopo le intuizioni irripetibili e geniali di Papa
Giovanni, che la Chiesa ha imparato a guardare al mondo con occhi totalmente
nuovi: non più condanna ma medicina, aiuto,
soccorso, supplenza evangelica, lievito nella pasta.
Così l'uomo solitario, dalla
psicologia certamente difficile, immersa nella problematica ma assetato di
certezze e comunicatore di certezze fu il Papa del Concilio. A lui va resa
giustizia come gli venne resa da un protestante dell'altezza intellettuale di
Oscar Cullmann: ebbe il coraggio di chiudere il concilio, un coraggio più
grande di quello occorso nell'aprirlo.
Fu un riformatore all’interno
della Chiesa, con il passo lento ma sicuro del contemplativo. Ma fu anche
l'uomo che, con i suoi viaggi in Palestina, in America Latina, a Ginevra, in
Asia iniziò un'epoca nuova nel papato romano: quella di Pietro che muove alla
conoscenza, al dialogo con le Chiese locali, con le situazioni infinitamente
varie dell'umanità contemporanea. Anche in questo nomen est omen: sulle orme di Paolo mosse incontro al mondo,
"ad gentes", agli uomini cristiani e no, credenti e no invitando
tutti al dialogo. Questo sacerdote che pare chiuso nel suo mistero interiore,
volto a scrutare le vie interiori che conducono alla conoscenza dell'uomo e di
Dio, fu l'uomo - dall'inizio alla fine del suo servizio pontificale - del
dialogo, dell'incontro.
Anche la morte solitaria (ma
nessuno sceglie la propria morte; è assurdo confrontare la morte di Giovanni
XXIII a quella di Paolo VI) fu un colloquio con Dio, con la preghiera sovrana
della Chiesa, quella voluta da Gesù: Padre "nostro".
Papa Paolo non fu un Papa
mesto. Un suo familiare ha affermato che mai egli perse la pace, la
tranquillità interiore, la serenità della coscienza. Era tormentato dai
problemi della Chiesa e del mondo ma ciò è ben altra cosa. Anche l'apostolo
Paolo era turbato sino alle lagrime di fronte alle condizioni delle Chiese da
lui fondate. Ma S. Paolo scriveva anche: "godete sempre ... ". Paolo
VI fu l'unico Papa ad avere scritto un documento sulla gioia cristiana. E padre
Congar ha detto che i documenti di Paolo VI hanno una caratteristica
inconfondibile: nascono da una lenta, profonda, densa e limpida riflessione
interiore. Non possono essere catalogati fra i testi ufficiali della tradizione
romana. Appartengono al genere sapienziale. Anche questo è un tratto di
modernità: un soggettivismo acuto coniugato all'oggettività delle certezze
evangeliche.
Guido Stella
INNO ALLA VITA (IN FACCIA ALLA MORTE)
Dal "Testamento" 30 giugno 1965 e 16 settembre 1972
Fisso lo sguardo verso il
mistero della morte,
e di ciò che la segue, nel lume
di Cristo,
che solo la rischiara, e perciò
con umile e serena fiducia.
Avverto la verità, che per me
si è sempre riflessa
sulla vita presente da questo
mistero,
e benedico il vincitore della
morte
per averne fugate le tenebre e
svelata la luce.
Dinnanzi perciò alla morte,
al totale e definitivo distacco
dalla vita presente,
sento il dovere di celebrare il
dono, la fortuna, la bellezza,
il destino di questa stessa
fugace esistenza.
Signore, Ti ringrazio che mi
hai chiamato alla vita,
e ancora più che, facendomi
cristiano, mi hai rigenerato
e destinato alla pienezza della
vita.
Parimenti sento il dovere di
ringraziare e di benedire
chi a me fu tramite dei doni
della vita,
da te, Signore, elargitimi:
chi nella vita mi ha introdotto
(oh! siano benedetti i miei
degnissimi genitori!),
chi mi ha educato, benvoluto,
beneficato, aiutato,
circondato di buoni esempi, di
cure, di affetto,
di fiducia, di bontà, di
cortesie,
di amicizia, di fedeltà, di
ossequio.
Guardo con riconoscenza ai
rapporti naturali e spirituali
che hanno dato origine,
assistenza, conforto, significato
alla mia umile esistenza:
quanti doni, quante cose belle
ed alte, quanta speranza ho io
ricevuto in questo mondo!
Ora che la giornata tramonta, e
tutto finisce
e si scioglie di questa
stupenda e drammatica
scena temporale e terrena,
come ancora ringraziare Te, o
Signore,
dopo quello della vita
naturale, del dono,
anche superiore, della fede e
della grazia,
in cui alla fine unicamente si
rifugia
il mio essere superstite?
Come celebrare degnamente la
Tua bontà, o Signore,
per essere io stato inserito,
appena entrato in questo mondo,
nel mondo ineffabile della
Chiesa cattolica?
(Come per avere ricevuto nella
Chiesa una vocazione particolare?)
In aetemum Domini Misericordias
cantabo.
Canterò in eterno la
misericordia del Signore!
In manus tua, Domine, commendo
spiritum meum.
Nelle tue mani, Signore, affido
il mio spirito!
Magnificat anima mea Dominum.
L'anima mia magnifica il
Signore! Maria!
Credo. Spero. Amo. In Cristo.
Amen. Alleluia!
RINGRAZIAMENTO
Da "Pensiero alla morte" non datato
Signore, voglio avere
finalmente la nozione
riassuntiva
e sapiente sul mondo e sulla vita:
penso che tale nozione debba
esprimersi in riconoscenza:
tutto è
dono, tutto è grazia.
Come è bello il panorama
attraverso il quale passiamo;
troppo bello, tanto che ci
lasciamo attrarre e incantare,
mentre deve apparire segno e
invito.
In ogni modo, ecco il mio
semplice atto di riconoscenza,
anzi di gratitudine: questa vita
mortale è,
nonostante i suoi travagli, i
suoi oscuri misteri,
le sue sofferenze, la sua
fatale caducità,
un fatto bellissimo, un
prodigio sempre originale e commovente,
un avvenimento degno d'essere
cantato in gaudio e in gloria:
la vita, la vita dell'uomo!
Né meno degno d'esaltazione e
di felice stupore
è il quadro che circonda la
vita dell'uomo:
questo mondo immenso,
misterioso, magnifico,
questo universo dalle mille
forze, dalle mille leggi,
dalle mille bellezze, dalle
mille profondità.
È un panorama incantevole.
Pare prodigalità senza misura.
Assale, a questo sguardo
retrospettivo,
il rammarico di non averlo
ammirato abbastanza questo quadro,
di non aver osservato quanto
meritavano le meraviglie della natura,
le ricchezze sorprendenti del
macrocosmo e del microcosmo.
Perché non ho studiato
abbastanza, esplorato,
ammirato la stanza nella quale
la vita si svolge?
Quale imperdonabile
distrazione,
quale riprovevole
superficialità!
Tuttavia, debbo riconoscere che
questo mondo,
che è stato fatto per mezzo di
Lui, Cristo, è stupendo.
Ti saluto e Ti celebro, sì, con
immensa ammirazione
e, come dicevo, con
gratitudine: tutto è dono.
Dietro la vita, dietro la
natura, l'universo, sta la Sapienza;
e poi (Tu ce lo hai rivelato, o
Cristo Signore) sta l'Amore!
La scena del mondo è un
disegno, oggi tuttora incomprensibile
per la sua maggior parte, d'un
Dio creatore,
che si chiama il Padre nostro
che sta nei cieli!
Grazie, o Dio, grazie e gloria
a Te, o Padre!
In questo sguardo mi accorgo
che questa scena affascinante
e misteriosa è un riverbero, è
un riflesso
della prima e unica Luce; è una
rivelazione naturale
d'una straordinaria ricchezza e
bellezza,
che deve essere una
iniziazione, un preludio,
un anticipo, un invito alla
visione dell'invisibile Sole,
"che nessuno ha visto
mai" (cfr. Jo 1, 18):
"Il figlio Unigenito, che
è nel seno del Padre,
Lui lo ha rivelato".
Così sia, così sia.
PENTIMENTO
Da "Pensiero alla morte" non datato.
Signore, come riparare le
azioni mal fatte,
come ricuperare il tempo
perduto,
come afferrare, nelle mie
possibilità di scelta,
la sola cosa necessaria?
Alla gratitudine succede il
pentimento.
Al grido di gloria verso Dio
Creatore e Padre
succede il grido che invoca
misericordia e perdono.
Che almeno questo io sappia
fare:
invocare la Tua bontà, e
confessare con la mia colpa
la Tua infinita capacità di
salvare.
Kyrie eleison; Christe eleison;
Kyrie eleison.
Signore pietà; Cristo pietà,
Signore pietà.
Qui affiora alla memoria la
povera storia della mia vita,
intessuta, per un verso,
dall'ordito di singolari
e innumerevoli benefici,
derivanti da un'ineffabile bontà
(è questa che spero potrò un
giorno vedere ed "in eterno cantare");
e, per l'altro, attraversata
da una trama di misere azioni,
che si preferirebbe
non ricordare, tanto sono
manchevoli, sbagliate,
insipienti, ridicole.
Dio, Tu conosci la mia
stoltezza (Ps. 68, 6).
Povera vita stentata, gretta,
meschina,
tanto, tanto bisognosa di
pazienza,
di riparazione, d'infinita
misericordia.
Sempre mi pare suprema la
sintesi di S. Agostino:
miseria e misericordia.
Miseria mia, misericordia di
Dio.
Ch'io possa almeno onorare Chi
Tu sei,
il Dio d'infinita bontà,
invocando, accettando,
celebrando
la Tua dolcissima misericordia.
Amen.
CONTEMPLAZIONE E LODE
Da "Pensiero alla morte" non datato
Curvo il capo ed alzo lo
Spirito, Signore.
Umilio me stesso ed esalto Te,
Dio, "la cui natura è bontà" (S. Leone).
Lascia che io renda omaggio a
Te, Dio vivo e vero,
che domani sarai mio giudice,
e che dia a Te la lode che più
ambisci,
il nome che preferisci: sei
Padre.
L'avvenimento fra tutti il più
grande fu per me,
come lo è per quanti hanno pari
fortuna,
l'incontro con Cristo, la Vita.
A nulla infatti ci sarebbe
valso il nascere
se non ci avesse servito ad
essere redenti.
Questa è la scoperta del
preconio pasquale,
e questo è il criterio di
valutazione d'ogni cosa
riguardante l’umana esistenza
ed il suo vero
ed unico destino, che non si
determina se non in ordine a Cristo.
O meravigliosa pietà del Tuo
amore per noi!
Meraviglia delle meraviglie, il
mistero della nostra vita in Cristo.
Qui la fede, qui la speranza,
qui l'amore
cantano la nascita e celebrano
le esequie dell'uomo.
Io credo, io spero, io amo nel
Tuo amore, o Signore.
E poi ancora mi domando:
perché hai chiamato me, perché
mi hai scelto?
così inetto, così renitente,
così povero di mente e di cuore?
Lo so: Dio ha scelto ciò che
nel mondo è debole...
perché nessuno uomo possa
gloriarsi davanti a Dio (1 Cor. 1, 27-28).
La mia chiamata indica due
cose; la mia pochezza
e la Tua libertà,
misericordiosa e potente.
La quale non si è fermata
nemmeno davanti alle mie infedeltà,
alla mia miseria, alla mia
capacità di tradirti.
"Mio Dio, mio Dio, oserò
dire...
In un estatico tripudio di Te
dirò con presunzione:
se non fossi Dio, saresti ingiusto,
poiché abbiamo peccato
gravemente... e Tu ti plachi.
Noi Ti provochiamo all'ira, e
Tu invece ci concedi la misericordia!".
DISPONIBILITÀ AL SERVIZIO
Da "Pensiero alla morte", non datato
Eccomi al Tuo servizio,
Signore,
eccomi al Tuo amore.
Eccomi in uno stato di
sublimazione,
che non mi consente più di
ricadere nella mia
psicologia istintiva di
pover'uomo,
se non per ricordarmi la realtà
del mio essere,
e per reagire nella più
sconfinata fiducia
con la risposta, che da me è
dovuta: Amen; Fiat.
Così sia, così sia. Tu sai che
Ti voglio bene.
Uno stato di tensione subentra,
e fissa
in un atto permanente di
assoluta fedeltà
la mia volontà di servizio per
amore.
Non permettere che io mi separi
da Te.
Fa’ che la mia vita sia uno
sforzo crescente
di vigilia, di dedizione, di
attesa.
Fa’ che la mia morte un giorno,
sigilli la meta
del mio pellegrinaggio terreno
e faccia da ponte per il grande
incontro
con Cristo nella vita eterna.
Raccolgo tutte le mie forze,
e non recedo dal dono totale
compiuto,
pensando al Tuo
"consummatum est", tutto è compiuto.
Ti prego, Signore: dammi la
grazia di fare della mia vita
(e della mia morte) un dono
d'amore alla Chiesa.
Io amo la Tua Chiesa;
fu il suo amore che mi trasse
fuori
dal mio gretto e selvatico
egoismo
e mi avviò al suo servizio.
Per essa, non per altro, voglio
vivere.
Vorrei comprenderla tutta nella
sua storia
nel suo disegno divino, nel suo
destino finale,
nella sua complessa, totale e
unitaria composizione,
nella sua umana e imperfetta
consistenza,
nelle sue sciagure e nelle sue
sofferenze,
nelle debolezze e nelle miserie
di tanti suoi figli,
nei suoi aspetti meno
simpatici,
e nel suo sforzo perenne di
fedeltà,
di amore, di perfezione e di
carità.
Corpo mistico di Cristo.
La tua benedizione, Signore,
sia sopra la Chiesa:
abbia essa coscienza della sua
natura e della sua missione;
abbia il senso dei bisogni veri
e profondi dell’umanità;
e cammini povera, cioè libera,
forte e amorosa verso Cristo.
Amen. Il Signore viene. Amen.
CONVOCATI AL TRIONFO MESSIANICO DI CRISTO
E AL SUO SACRIFICIO DI DOLORE E DI AMORE
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 11 aprile 1965.
Abbiamo in mano i rami di olivo
e di palma,
li agitiamo, quasi per
rievocare e ripetere
l'avvenimento che un giorno, a
Gerusalemme,
dichiarò chi eri Tu, o Gesù.
Nel giorno delle Palme Ti fu
attribuito il nome
che è Tuo, Cristo, che vuol
dire Messia, l'Unto e il Consacrato da Dio,
e che è poi il nome nostro,
poiché ci chiamano Cristiani.
Fu il popolo che quel giorno Ti
riconobbe;
furono i ragazzi e i fanciulli
a gridare:
Osanna al Figlio di Davide!
In quel radioso mattino, la
coscienza del popolo
ha avuto il grande intuito
della realtà:
È il Cristo.
È Lui: l'aspettato, il nostro
Re.
Colui che rende felici le
nostre anime.
Fu tale l'esplosione che Tu,
Gesù, piangesti.
Ma non facesti tacere il
popolo.
Considerasti propizio quel
momento
perché la Tua vera Personalità
si manifestasse.
Cioè la Tua Messianicità, il
Tuo carattere
di Inviato da Dio, la Tua
missione salvatrice.
Ma questa Liturgia è
caratterizzata anche
dalla lettura della Tua
Passione, Signore.
Ecco la Tua Croce dinanzi a
noi.
È visibile, è offerta a tutti,
perché tutti
abbiamo a fissare il nostro
pensiero, i sentimenti,
l'anima sul ricordo solenne,
doloroso, pio
e commovente della Tua Morte.
Due memorie: quella festante
che riconosce in Te
il Trionfatore della storia, il
Centro del genere umano,
Colui che segna le ore del
tempo e dei secoli;
quella luttuosa, funebre del
Tuo processo, della Tua condanna,
riprovazione e crocifissione;
degli schemi da Te subiti;
del Tuo annientamento sino alla
morte.
Difficile connessione,
difficile lezione per noi.
Vuoi dire che dobbiamo
collocare i nostri aneliti,
la nostra sorte, i nostri veri
bisogni, la nostra speranza,
non nel mondo presente, ma
nell'altro, in quello eterno;
non nella supremazia temporale
e materiale, esteriore,
ma in assai diverso trionfo,
quello conseguito da Te, Signore,
con la Tua morte di Croce:
portando cioè a noi un sacrificio.
Se vogliamo perciò comprendere
bene la nostra vita
e l'indirizzo che sempre
intendiamo imprimerle,
dobbiamo guardare a Te: Tu sei
il Re, il Sovrano della storia,
il Centro di ogni aspirazione e
la Meta dell'uomo.
Ma Tu consegui il Tuo trionfo
nel dare quanto hai:
il sangue, l'onore, la libertà,
la vita per noi.
Tu ci hai salvati nel dolore e
nell'amore.
Non crediamo in Te: Tu sei il
Figlio di Dio.
Amen.
INCONTRARE E SCEGLIERE CRISTO, QUI, OGGI
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 3 aprile 1966
Entriamo oggi nella Settimana
detta per antonomasia la "Grande".
Entriamo con Te, Signore, per
ricordare la Tua Passione, la Tua Morte
e poi la Tua Risurrezione.
Celebriamo così la memoria e
l'origine del nostro riscatto,
meditiamo in quale maniera Tu,
o Signore, ci hai salvati,
che cosa hai fatto per
risollevarci dalla nostra miseria personale,
redimerci dal peccato e salvare
tutto il genere umano.
Non si tratta qui di semplice
memoria, di ricordo, di atto celebrativo.
Qui è una continuità viva, è
una specie di reviviscenza,
è un ripetersi del fatto
storico, pur se già finito e consumato.
Si riproduce, rivive
spiritualmente in noi il Tuo Mistero Pasquale.
Partecipiamo così alla Tua
Passione, Morte e Risurrezione,
ricevendo il dono della
salvezza.
Un grido unanime si leva anche
dai nostri cuori
e dalle nostre labbra:
Tu sei il Messia,
il Figlio di Davide,
il Desiderato e l'Atteso
delle genti e dei secoli.
Esultiamo tutti:
Osanna, osanna!
Tu sei l'inviato da Dio,
Ti abbiamo aspettato
e da Te ricaveremo salvezza.
Sei il nostro Re, Profeta e
Salvatore;
sei Colui che riassume il
nostro essere
e la nostra speranza.
E in questa celebrazione, dopo
tanti secoli, anche noi prendiamo
la nostra decisione: dire di si
o di no a Te,
dichiarare se Ti crediamo o
meno.
E come allora furono i giovani,
i fanciulli
ad avere l'intuito della scelta
giusta, così oggi facciamo noi.
Noi scegliamo Te Cristo,
crediamo che Tu sei veramente
il nostro Redentore e
Salvatore.
Come i fanciulli, i giovani di
Gerusalemme, anche noi diciamo:
Tu sei il Cristo!
Tu Benedetto che vieni nel nome
del Signore!
Noi saremo Tuoi seguaci;
sentiremo elevarsi le nostre
anime,
diverremo giganti vicino a Te.
Sentiremo che Tu sei la fonte
della bontà,
di ogni armonia e duratura
letizia.
Tu la Speranza delle nostre
anime.
Accogliamo questa Pasqua
festante,
che ci porta in pienezza Te,
che sei la Via, la Verità e la
Vita,
Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.
A GESÙ GIOIA E PACE PER IL MONDO
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 19 marzo 1967
Rinnovando oggi la tua
proclamazione messianica,
o Cristo, tre convinzioni noi
giovani esprimiamo davanti a Te.
La prima: che Tu sei la vera
gioia della nostra vita.
Sì, Tu sei la gioia del mondo;
la nostra gioia.
Noi certo Ti vediamo in Croce,
vediamo la vita cristiana
contrassegnata
dalla austerità e dalla
penitenza,
vediamo il dolore umano, nostro
e altrui,
entrare nell’essenza della
fedeltà e dell'umanità cristiana.
Non ci nascondiamo questa
drammatica realtà
della nostra fede e della
nostra sequela di Te.
Ma noi ricordiamo altresì che
Tu sei la gioia,
la vera gioia della nostra
vita.
La vita cristiana, Tu ci dici,
non è triste, non è infelice.
È contenta, è lieta, è serena.
È la sola che sappia veramente
godere dei beni onesti
e delle ore buone di questa
vita,
e che sappia, in ogni
condizione dell'umana esistenza,
trovare motivi e forme di
segreta, inesauribile felicità.
Se saremo fedeli nel seguire
Te, ne faremo la prova.
La seconda: che Tu sei il Re
della Pace.
Tu sei proclamato Messia, ma
non come l'attendeva
la fantasia politica ed il
"trionfalismo" di gran parte
del popolo del Tuo tempo: Re,
si, ma senza armi,
senza ricchezza, senza potenza
economica e temporale.
Re, ma il cui Regno non è di
questo mondo,
non in concorrenza, o in
antagonismo con le Potestà civili,
Re dei cuori umani, Re
nell'ordine della Redenzione,
Re mansueto, Re della pace.
Tu sei la nostra Pace, se la
pace è l'ordine stabilito
nella giustizia e nella
sapienza;
se la pace è il risultato
comunitario di sentimenti
collettivi cospiranti ad un
bene comune;
se la pace è il frutto della
libertà, del perdono,
della fratellanza, dell’amore;
se la pace è lo sforzo generoso
e continuo
per generare un bene
ragionevole e forte, a tutti accessibile;
se la pace fra gli uomini è il
riflesso della pace
delle coscienze con Dio.
Ecco, Tu sei la Pace vera.
La terza: che tocca a noi
giovani proclamare
la Tua presenza e la Tua
missione ai nostri giorni.
Tocca noi essere figli della
luce e testimoni della verità cristiana.
Tocca a noi ricostruire il
mondo sulle basi della fede.
Tocca a noi annunciare la Tua
pace nel mondo.
Fa’ che siamo degni e fieri
d'essere i portatori del tuo olivo.
Amen.
A GESÙ MESSIA L’ACCLAMAZIONE DEI GIOVANI
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 7 aprile 1968
L’avvenimento delle Palme si
ripete oggi
nella celebrazione liturgica.
E noi giovani diventiamo in
questo momento,
insieme con la comunità dei
fedeli,
i tuoi araldi, o Cristo.
Noi perpetuiamo nel nostro
tempo, nel nostro ambiente,
l'istante di gloria della Tua
regalità messianica.
Noi rinnoviamo l'atto di fede
nella Tua persona
e nelle Tua missione.
Noi Ti riconosciamo Maestro
dell'umanità.
Noi Ti proclamiamo Profeta dei
destini del mondo.
Noi Ti dichiariamo Re divino
nel quale si incentrano
le sorti di ogni uomo, e
intorno al quale
si compone il disegno totale
della storia.
Tu, Gesù, sei la Verità
dell'esistenza umana,
anzi: Tu sei la stessa Vita,
il Principio della nostra
salvezza, presente e futura.
Noi Ti acclamiamo come il
Cristo,
il Signore dell'umanità, il
Salvatore del mondo.
E l'acclamazione della Tua
gloria
diventa la nostra fortuna, la
nostra felicità.
Perché Tu sei il nostro
Salvatore, il nostro Liberatore;
il nostro Allenatore alla
grandezza dell'eroismo
e alla piccolezza della nostra
umanità;
il nostro Maestro della più
vera, della più beatificante
simpatia umana, cioè della carità.
A noi, talora ammaliati dal
conformismo
che piega inconsciamente la
nostra libertà
al dominio automatico di
correnti estrerne di pensiero,
di opinione, di sentimento, di
azione, di moda;
a noi, così presi da un
gregarismo che ci dà l'impressione
di essere forti e talvolta ci
rende ribelli,
Tu dai nuova coscienza e nuova
forza per aderire a Te,
come noi giovani sappiamo fare:
con energia totale.
Dacci la verità che ci fa
liberi, Signore.
Rivelaci le ragioni supreme
dell'umana esistenza.
Sottraici alla suggestione di
massa.
E nello stesso tempo fa nascere
in noi
la scienza dell'amicizia, della
socialità, dell'amore.
Non saremo degli isolati.
Tu non spegni la nostra
inviolabile personalità.
L'adesione a Te ci insegna
l'adesione ai fratelli,
ci dà l'intelligenza dei meriti
e dei bisogni,
per cui essi devono essere
cercati, amati, serviti.
Una socialità superiore, quella
della carità,
nascerà in noi. E non solo come
ideologia,
ma come imperativo interiore di
bontà,
di dedizione, di unione, di
autentico amore.
Così sia per tutti noi.
Amen.
I GIOVANI ANNUNCIANO CRISTO
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 30 marzo 1969
A noi giovani, soprattutto, Tu,
o Signore, affidi una missione:
annunciare Te, vero, sempre
vivente nella Chiesa,
che Ti predica, Ti personifica,
Ti comunica,
come il Salvatore del mondo.
A noi, figli dei nostro tempo,
sensibilissimi al suo
linguaggio,
al suo genio, al suo spirito,
ma, noi speriamo,
puri dalle sue contaminazioni;
a noi adolescenti, a noi
giovani maturi,
prodigiosamente belli, deliziosamente
intatti,
volutamente semplici, logici,
diritti,
fisicamente e moralmente forti,
giocondi e vivaci, liberi e
docili.
A noi, cresciuti per tua
grazia, nella fede e nella preghiera,
a noi, tuoi alunni, è affidata
la missione
di annunciare al mondo di oggi
che Tu sei il Messia vero, il
Cristo autentico,
il Salvatore insostituibile.
Noi dobbiamo mostrare agli
uomini del nostro tempo
il Tuo volto luminoso, o Gesù:
è il volto dei Figlio di Dio,
è il volto del Figlio
dell'uomo.
Tu, il Prototipo dell'umanità;
Tu, il Maestro, il Fratello, il
Condottiero;
Tu, il Profeta di cui ancora
tutti possiamo fidarci;
Tu, l'Uomo del dolore, la
Vittima d'ogni nequizia umana; Tu, il Redentore;
Tu, l'Amore che si è
sacrificato innocente;
Tu, la Vita in sé stessa;
Tu, la Morte per noi;
Tu, il Risorto per la nostra
salvezza.
E questo annuncio, è un atto
personale:
parte dal fondo libero e
cosciente del nostro cuore.
Ma è insieme un fatto
collettivo.
Non siamo soli. Siamo uniti.
Siamo molti.
E di più, siamo amici, siamo concordi.
E con noi è la Chiesa.
E insieme gridiamo: Cristo è il
Signore!
Amen.
A GESÙ CHE SI RIVELA LA NOSTRA ADESIONE DI FEDE
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 22 marzo 1970
Tu, o Gesù hai dato di Te tante
definizioni
che formano l'oggetto e la delizia
della nostra fede.
È bello qui ricordarle:
Io sono il Pane della vita.
Io sono il buon Pastore.
Io sono la Luce del mondo.
Io sono la Vite e voi i tralci.
Io sono la Via, la Verità e la
Vita...
Entrando in Gerusalemme il
giorno delle Palme,
non con le parole, ma con un
gesto umile e significativo,
definisci Te stesso come
Messia.
Sei Tu l'atteso da secoli,
l'atteso dalla nostra
generazione.
Tu la chiave di tutta la storia
passata e futura.
La curiosità, il dubbio,
l'esitazione, il fascino,
l'ammirazione, che Ti avevano
circondato fino allora,
scoppiano ormai nella sicurezza
delle entusiastiche
acclamazioni: Sei Tu, sei Tu il
Figlio di Davide,
il Cristo, il Signore.
Anche noi abbiamo oggi
l'intuito felice, la freschezza,
il gaudio, l'audacia di
proclamare ancora oggi
che Tu sei la nostra scelta, Tu
il nostro Redentore,
necessario, sufficiente.
Tu venuto per tutti, venuto per
ciascuno di noi.
Tu il Maestro, l'Amico, la
Risurrezione e la Vita.
Sì, Tu sei la Via, la Verità,
la Vita delle nostre
singole esistenze e di tutta la
comunità
di quanti in Te credono, di Te
si fidano,
da Te si sentono amati e a Te
offrono
il loro povero e grande amore.
Tu incroci ancora oggi, sempre
e dappertutto,
i sentieri dell'umanità, e poni
Te stesso
come la grande questione, come
la scelta somma e decisiva,
che ogni uomo, che ogni popolo
è chiamato a fare.
Tu sei la grande responsabilità
nella storia
di ogni umana esistenza.
Tu sei al grado supremo di
tensione
della libertà della vita
cosciente.
Tu sei al nodo ultimo e primo,
dove le sorti si definiscono.
Tu sei l'invito più intimo e
personale
rivolto alla nostra coscienza
lucida e operante.
A Te dunque, Parola che sei
Persona,
Persona che si chiama Luce,
a Te che sei il Nostro
Salvatore,
la testa del nostro Corpo
immenso
che si chiama Chiesa,
a Te la nostra acclamazione
gioiosa,
la risposta inneggiante della
nostra fede e
del nostro ideale.
Amen.
SCEGLIERE E SEGUIRE CRISTO
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 4 aprile 1971
Noi Ti abbiamo già scelto,
Signore,
perché siamo cristiani, siamo
battezzati.
Ma essere cristiani non è cosa
da poco;
vuol dire essere già inseriti
nel dramma della salvezza;
vuol dire avere già una
concezione del mondo
e della nostra esistenza, della
storia passata
e dei destini futuri;
vuol dire avere già un
programma impegnativo di vita,
cioè credere, operare, sperare,
amare.
Si impone, davanti a Te, un
esame dei nostro comportamento.
Noi non vogliamo appartenere
alla categoria dei cristiani
che sceglie il comportamento
"zero": un comportamento che non dà alcun peso
al fatto d'essere cristiano.
Un comportamento nel quale il
carattere
cristiano non significa nulla.
Il cristiano è un uomo logico,
coerente, responsabile,
libero e nello stesso tempo
fedele.
Non un uomo "zero",
indifferente, insignificante,
incosciente, con la testa nel
sacco.
Noi non vogliamo appartenere
alla categoria
che il Vangelo chiama degli
uomini "canna",
delle canne agitate dal vento:
uomini privi
di personalità propria, di
dirittura cristiana.
Uomini disponibili alle idee
altrui,
pronti a curvarsi al dominio
dell'opinione pubblica,
della moda, dell'interesse.
Uomini della paura, uomini del
rispetto umano,
uomini-pecore.
Noi vogliamo essere
"persone", cioè uomini che
vivono secondo dati principi.
Secondo idee-cardine.
Secondo idee-luce. Secondo
idee-forza.
Uomini che hanno fatto la loro
scelta,
e secondo questa scelta,
camminano e vivono.
questa la categoria degna della
gioventù
intelligente e cristiana.
Ma per essere così, occorre una
luce. Una luce per la vita.
La Luce vera, che sei Tu,
Signore Messia.
In Te riconosciamo la vera
Guida spirituale della nostra vita.
Tu sei il "leader' morale
del nostro tempo.
Leviamo dunque in alto le
nostre palme
i nostri rami di pacifico olivo
verso di Te
inneggiamo a Te: Osanna!
Evviva!
La nostra scelta è per Te,
Cristo Gesù.
Amen.
UN APPUNTAMENTO DECISIVO CON CRISTO
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 26 marzo 1972
Siamo venuti, Signore, ancora
una volta,
a questo appuntamento decisivo
delle Palme
per riconoscere e proclamare
che Tu sei il Cristo,
il Salvatore, Colui che solo dà
senso, valore, speranza,
gioia alla vita degli uomini,
alla nostra vita.
Sei Tu, Gesù, che libera gli
uomini dalle catene del peccato
e da quelle altre catene
interne ed esterne di ogni schiavitù.
Sei Tu, Gesù, che ci dai le
ragioni per cui vale la pena
di vivere, di amare, di
lavorare, di soffrire e di sperare.
Sei Tu, Gesù, che ci insegna le
supreme verità,
che ci obbliga a considerarci
fratelli.
Sei Tu, Gesù, che ci soffia nei
cuori il Tuo Spirito
di sapienza, di fortezza, di
gioia e di pace.
Sei Tu, Gesù, che fai di tutti
noi una unità mistica e visibile,
un corpo sociale animato dalla
Tua Parola e dalla Tua Grazia.
Sei Tu, Gesù, che ci fa Chiesa.
Noi abbiamo bisogno di Te.
Noi vogliamo rivelarTi al mondo
e mostrare, per quali ragioni e
con quali modi,
Tu, oggi più che mai, sei il
Polo attraente del mondo
in cerca sempre di capire se
stesso
nella giustizia, nella libertà,
nella Fratellanza, nella pace.
Tu sei la nostra segreta
Aspirazione
a fare della vita una cosa
seria,
un momento di pienezza, un'ora
di sapienza,
un dono d'amore, un inno a Dio.
Questa è l'ora messianica.
Se dietro ai Tuoi passi, Tu ci
farai domani
incontrare nella Tua Croce, non
abbiamo paura.
Là è l'amore che si dona,
là è l'amore che sa il valore
del sacrificio,
là è l'amore che salva,
là è l'amore che ha in se
stesso
l'infallibile promessa della
risurrezione
e della vita eterna.
Amen.
DAVANTI A CRISTO LE INQUIETUDINI E LE SPERANZE DEI GIOVANI
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 15 aprile 1973.
Signore, Tu conosci le nostre
inquietudini.
Esse sono in realtà profonde e
personali aspirazioni
ad una ideale figura di uomo
che sia vero, sincero,
forte, generoso, eroico e
buono.
Migliore insomma dei modelli
umani del passato
e del presente: nuovo e perfetto.
Esse sono desideri grandi e
stupendi
verso un mondo migliore, libero
e giusto,
affrancato dal dominio della
ricchezza egoista
e dell’autorità dispotica e
ingiustamente repressiva,
reso invece fratello da un
comune impegno
di solidarietà e di servizio.
Noi pensiamo all'amore,
quello dell'amicizia lieta,
pacifica,
cortese espressione d'ogni
migliore sentimento;
e noi sogniamo l'amore, quello
interpersonale
e sacro del dono di sé; quello
per la espansione della vita;
quello che merita sacrificio e
che rende felici.
E poi noi, giovani maturi,
per comprendere in sintesi
panoramica
la società, la politica, la
storia, la dignità
del genere umano, attendiamo
una umanità ideale, ma reale,
dove l'unità, la fratellanza,
la pace regnino finalmente fra gli uomini.
Noi, insomma, attendiamo e
auspichiamo un'era messianica;
noi andiamo, forse senza
avvedercene, incontro a un Messia;
si, incontro a Te, Cristo Gesù.
Sei Tu, che può appagare la
sete profonda degli animi nostri.
Gesù! Gesù!
Sei Tu la luce e la salvezza
dei mondo e di ciascuno di noi.
Gesù! Gesù!
Oggi è il giorno, oggi è la
festa della nostra scoperta,
della nostra speranza, della
nostra gioia.
Acclamiamo insieme: Osanna!
Benedetto Colui che viene
nel nome del Signore!
Amen.
A CRISTO GESÙ MESSIA E SALVATORE
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 7 aprile 1974.
Oggi ancora noi, giovani e
ragazzi,
sentiamo il dovere di
proclamare la Tua Gloria,
o Cristo Signore, di svelare la
Tua missione,
di affermare la Tua identità.
Tu sei il Messia,
Tu sei il Centro dei destini
dell'umanità,
Tu sei il Liberatore e il
Salvatore,
perché Tu sei ad un tempo il
Figlio dell'uomo,
cioè l'Uomo per eccellenza, e
Figlio di Dio,
cioè il Verbo di Dio che si è
fatto uomo.
Tu sei il Maestro,
il Pane celeste del mondo:
sei Colui di cui nessuno può
fare senza,
sei Colui di cui tutti dobbiamo
e possiamo essere amici.
Tu ci conosci, Tu ci ami, Tu ci
salvi.
Tu sei la Luce dell'umanità,
Tu la Via, la Verità e la Vita.
L’entusiasmo per Te,
quando si è capito qualcosa di
Te,
non ha limiti.
Tu sei la Gioia del mondo, la
nostra gioia!
Noi vogliamo conoscerei sempre
di più,
noi vogliamo capirti con un
intuito speciale,
noi vogliamo darti
testimonianza,
perché siamo battezzati, perché
siamo cristiani.
Noi vogliamo salire la breve
scala
che sale verso la testimonianza
a Te:
il primo gradino è quello del
coraggio
per il nome cristiano;
il secondo gradino è quello
dell'amore
alla Chiesa, alle sue
strutture, ai suoi uomini;
il terzo gradino è quello
dell'attiva adesione
a qualche istituzione militante
nel campo dell'azione, o della
pietà, o della carità.
Ecco, Signore la nostra
professione cristiana,
non smentita, non simulata, non
indifferente,
ma franca, coerente, gioiosa,
esemplare e convincente.
Leviamo in alto le nostre
palme,
i nostri rami d'ulivo, ed
acclamiamo
Evviva, Evviva Cristo Gesù!
Amen.
IL CRISTO DELLE PALME
Dall’Omelia della Domenica delle Palme, 23 marzo 1975
Noi, giovani del nostro tempo,
vogliamo oggi riconoscere che
Tu, Gesù, sei il Salvatore, il
Maestro,
la Guida e l'Amico della nostra
vita.
Sei Tu, Tu solo, che conosce in
profondità
il nostro essere, il nostro
destino:
Sei Tu, Tu solo, che può
estrarre dalla nostra
oscura coscienza la nostra vera
personalità;
Sei Tu, Tu solo, che autorizza
con efficacia
beatificante, ad aprire il dialogo
trascendente
col mistero religioso e a
rivolgere
al Dio infinito e inaccessibile
il confidente discorso di figli
ad un dolcissimo e verissimo
"Padre nostro", che
stai nei cieli;
Sei Tu, Tu solo, che sai
tradurre
il nostro rapporto religioso
in rapporto sociale autentico,
cioè a fare dell'amore a Dio
il fondamento incomparabile e
fecondo
dell'amore al nostro prossimo,
cioè agli uomini;
e ciò tanto più quanto più
questo nostro interesse per il
bene altrui
è gratuito e universale,
e quanto più gli uomini,
ormai in Cristo qualificati
fratelli,
sono nel bisogno, nella
sofferenza,
e perfino nell'ostilità.
Tu: il Cristo delle Palme.
Un Cristo riscoperto. Un Cristo
acclamato.
Un Cristo umilmente e
fermamente creduto,
non nella perpetua e pigra
penombra del dubbio,
ma nella limpida luce della
dottrina,
che la Chiesa maestra di verità
ci propone.
Un Cristo incontrato
nell'adesione esultante
alla sua parola e alla sua
misteriosa presenza
ecclesiale e sacramentale.
Un Cristo vissuto nella fedeltà
semplice
e lineare al suo Vangelo, sì
esigente fino al sacrificio,
ma solo fonte di inesausta
speranza e di vera beatitudine.
Un Cristo, velato e trasparente
in ogni volto
del collega, del fratello
bisognoso di giustizia,
di aiuto, di amicizia e di
amore.
Un Cristo vivo.
A Te, Cristo, il "si"
della nostra scelta;
il "si" della nostra
esistenza.
Tu sei per noi. Tu sei con noi.
Oggi e domani. Per sempre.
Amen.
LA SCELTA DI CRISTO MESSIA
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 11 aprile 1976.
Noi oggi, Signore, facciamo eco
alle acclamazioni di Gesù,
riconosciuto come Cristo, come
Salvatore e Signore,
il Gesù del Vangelo che
inaugura e apre
a buon diritto il regno della
salvezza.
Sei Tu, o Cristo, che ponendoti
sulla via torrenziale
della civiltà, la divarichi in
due diverse
e spesso opposte correnti:
da una parte, la Tua, la
corrente della pace
e della fratellanza universale
fra gli uomini Tuoi seguaci;
dall'altra la corrente della
violenza, della divisione
e della lotta, e alla fine
della guerra.
Da una parte la corrente dei
"poveri di spirito",
dei cercatori del regno di Dio,
dei credenti nella vita eterna;
dall'altra la corrente degli
egoisti
e dei cercatori del regno della
terra,
degli uomini che solo nel tempo
hanno la loro fiducia.
Da una parte la corrente che fa
dell'amore a Dio
e al prossimo la legge suprema
della vita
individuale e sociale:
dall'altra la corrente che fa
della forza
e della rivoluzione aggressiva
e sopraffattrice
la ragione cieca dei destini
dei popoli.
Da una parte la corrente della
fede e della verità
e perciò della libertà;
dall'altra parte la corrente
delle mille e sfrenate opinioni,
che violando i diritti delle
coscienze
esteriormente si impone...
Due concezioni del mondo, della
verità, della vita.
Noi abbiamo già scelto, e
scelto secondo sapienza
e secondo fortuna, fin dal
giorno del nostro Battesimo,
impegnando la nostra vita a
questa professione globale
e felice: noi saremo cristiani!
Saremo di Cristo,
saremo con Cristo,
in questa vita e in quella
futura!
Ed oggi, agitando le nostre
palme, con rinnovata coscienza,
con più forte energia,
confermiamo la nostra scelta,
la nostra promessa: sì, noi
saremo cristiani!
Due sentimenti riempiono allora
i nostri cuori:
il coraggio e la gioia!
Amen.
ATTO DI FEDE NEL CRISTO
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 3 aprile 1977
Noi riconosciamo in Gesù di
Nazareth il Messia, cioè il Cristo.
Noi accettiamo, anzi noi
esaltiamo il Messia, il Messia!
Il Cristo salvatore nell'umile
Gesù
che nacque a Betlemme,
che fino ai trent'anni visse a
Nazareth come modesto artigiano,
e che poi fu presentato e
battezzato da Giovanni al Giordano,
e cominciò a predicare il Regno
di Dio,
a fare miracoli strepitosi,
a diffondere messaggi
straordinari,
a risuscitare perfino i morti.
Gesù è il Messia,
è il Cristo,
è il Re inviato da Dio,
è il Figlio dell'uomo
ed è il Figlio di Dio!
Noi riconosciamo in Te, Gesù,
il Messia,
l'inviato da Dio, anzi il Verbo
di Dio fatto uomo,
che si mette al centro della
nostra vita,
al cardine dei nostri desideri.
Noi abbiamo scoperto la nostra
ora messianica,
abbiamo capito che la soluzione
vera della vita
è quella offerta dal Tuo
Vangelo, dalla Chiesa che lo predica.
Noi esprimiamo nel cuore e
nell'azione la nostra adesione
al Tuo duplice invito: essere
con Te figli di Dio,
cioè uomini illuminati sul senso
della vita e del mondo,
e così divinamente salvati,
ed essere poi con Te figli
dell'uomo,
cioè fratelli di quanti
condividono la sorte di questa nostra
esistenza ed hanno bisogno di
essere amati, serviti, curati.
Noi abbiamo compreso la verità,
la bellezza, la forza della fede,
che Tu offri alla nostra
singola personalità e alla famiglia umana,
alla società intera a cui
apparteniamo.
Noi agitiamo con verità l'ulivo
della giustizia e della pace.
Tu sei nostro, o Cristo.
Non temiamo più.
Neanche la croce, la Tua Croce
che Tu ci destinerai.
La vita, la vera vita, ci è
così domani assicurata!
Amen.
A CRISTO RISPOSTA AI NOSTRI PROBLEMI
Dall'Omelia della Domenica delle Palme, 19 marzo 1978
Cristo, noi siamo sicuri che
vale la pena
di impegnare la nostra vita per
seguire Te, solo Te,
o pur sapendo che questa nostra
decisione
comporterà rinunce, sacrifici,
rischi, incomprensioni.
Noi giovani cerchiamo
appassionatamente la gioia,
la cerchiamo negli altri, nelle
vicende, nelle cose.
Tu ci prometti la Tua gioia piena.
Noi giovani cerchiamo
autenticità e aborriamo la doppiezza.
Tu hai smascherato l'ipocrisia
di coloro che volevano
strumentalizzare l'uomo,
specialmente nei suoi rapporti con Dio.
Noi giovani vogliamo essere
considerati per quello che siamo
e non per quello che
possediamo.
Tu hai detto: "Guardatevi
e tenetevi lontani da ogni cupidigia,
perché se anche uno è
nell'abbondanza, la sua vita non dipende
dai suoi beni".
Noi giovani abbiamo paura della
solitudine,
che intristisce il cuore e
accentua l'individualismo.
Tu ci partecipi la comunione
che esiste tra Te e il Padre,
e dilati il nostro cuore
all'amore verso tutti gli uomini,
figli dello stesso Padre.
Noi giovani cerchiamo la
libertà dal peccato, che degrada l'uomo,
la libertà dal male, dai
condizionamenti sociali,
dalle tenebre dell'ignoranza.
Tu sei "la luce che
illumina ogni uomo",
sei la nostra liberazione.
Noi giovani vogliamo
trasformare il mondo,
renderlo più bello, più giusto.
Tu, con la Tua Incarnazione,
Passione e Risurrezione
hai rinnovato la realtà e noi
stessi: "Se uno è in Cristo
è una creatura nuova; le cose
vecchie sono passate,
ne sono nate di nuove".
O Cristo sii pertanto al centro
del nostro cuore,
per donarci generosamente agli
altri;
al centro della nostra
intelligenza
per dare una prospettiva
cristiana
alla storia e alla cultura;
al centro della nostra vita di
cittadini
in una società che ha sempre
più bisogno della forza
e delle idee di noi giovani.
Amen.
ALLA MADONNA DEL BUON VIAGGIO
Al vescovo di Montepulciano (Siena)
per dare inizio all'opera a favore dei viandanti della strada, 22 ottobre
1963.
Vergine santa e Madre nostra
dolcissima,
che invochiamo col nome
di "Madonna del buon
viaggio",
noi ci affidiamo a te nel
momento di affrontare la strada.
Tu conosci i pericoli cui
andiamo incontro,
le trepidazioni del percorso,
le consolazioni del ritorno.
Sii tu dunque sempre la nostra
guida,
il nostro sostegno, il nostro
confronto.
Anche tu nei giorni di tua vita
terrena,
provasti i disagi di lunghi
viaggi,
nelle contrade di Palestina,
nelle lande assolate d'Egitto,
mossa soltanto da volere di
Dio,
fiduciosamente in Lui raccolta
con la tua fede e il tuo amore.
Fa' che possiamo seguire il tuo
esempio luminoso,
affinché il nostro viaggio si
compia
nella serenità e nell'ordine,
sia sicuro e tranquillo,
preservato dai pericoli
dell'anima e del corpo.
Tienici per mano,
come una madre fa' coi suoi
figlioli:
assistici quando il duro lavoro
trae lungo le strade
in un servizio faticoso e
monotono:
guidaci anche nello svago
turistico,
affinché sia per noi
arricchimento di doti umane,
sollievo dello spirito,
incoraggiamento a novello
vigore.
E poiché la nostra vita è un
viaggio verso il cielo,
dirigi i nostri passi nella via
della pace,
e portaci un giorno alla meta
finale desiderata,
ove, a te uniti,
con te gioiremo della gioia di
Dio,
dolce madre nostra,
Madonna del buon viaggio.
Con Cristo tuo Figlio e Signore
nostro.
Amen.
Fonti
- Insegnamenti di Paolo VI, Ed. Vaticana, XVI voli.
1963-1978
- Paolo VI, Pensiero alla morte, Ed. Vaticana, 1979
- Paolo VI, Testamento, Ed. Vaticana, 1978
- Enciclica ai giovani che Paolo VI non sapeva di avere scritto, Ed.
LDC, 1982 (a cura di Enzo Bianco).
Altre preghiere di Paolo VI
sono pubblicate nei seguenti volumi:
- Le preghiere di Paolo VI, a cura di A. Bonetti, Ed.
Sardini, Brescia 1982.
- Maria, la Madre, e due Papi in preghiera, a cura
di A. Bonetti, Ed. Dei Moretto, Brescia 1988.