IL PRESBITERO NELLA MISSIONE
DELLA CHIESA
di Christian Wiyghan Tumi
Introduzione
Il Vaticano II (cf LG 42 e
44) afferma che la natura della Chiesa è legata a un doppio mistero (la santità
e la missione salvifica). Tutto il popolo di Dio è chiamato alla santità, così
come il Padre celeste santo. Ed è tutta la Chiesa che è missionaria. Essa
continua e attualizza la missione del Cristo redentore. " Il Signore Gesù
ha inviato i suoi Apostoli a tutti, a tutti i popoli e a tutti i luoghi della
terra. Nella persona degli apostoli, la Chiesa ha ricevuto una missione
universale, che non conosce limiti e comprende la salvezza in tutta la sua
ricchezza, secondo la pienezza di vita che Cristo è venuto a portare (cfr. Gv
10,10): essa (la Chiesa) è stata inviata per rivelare e comunicare l'amore di
Dio a tutti gli uomini e a tutti i popoli della terra " (AG10). Questa
missione è unica, perché essa ha una sola origine e un solo fine, ma (allo
stesso tempo) comporta compiti e attività diverse (cf RM 31).
La missione comune e
fondamentale della Chiesa non elimina la missione particolare di ogni
battezzato secondo il suo stato di vita. Esiste la varietà e la specificità
nella vocazione e nella consacrazione, allo stesso modo che questo esiste nella
missione. La missione della Chiesa, nella sua realizzazione, suppone la
diversità. L'unità nella diversità si manifesta anche a questo livello. In
questa prospettiva, il prete, in quanto collaboratore del vescovo e in virtù
della sua consacrazione, ha un ruolo specifico da realizzare nella missione
comune della Chiesa. £ questo mistero missionario specifico che vogliamo
tentare di mettere ora in rilievo in questo esposto in tre parti. Vedremo mano
a mano la funzione particolare del prete diocesano nella sua missione, quella
di prete-religioso (contemplativo e attivo) e l'educazione allo spirito
missionario dei candidati al sacerdozio.
Il
sacerdote diocesano e la missione
Ogni sacerdote è prima di
tutto un uomo scelto, consacrato e inviato da Dio per mezzo della Chiesa di
Gesù Cristo, per insegnare, santificare e guidare il popolo di Dio verso la sua
vera felicità (il Dio di Gesù Cristo).Ordinato per essere collaboratore del suo
vescovo, il prete gli è associato nella funzione sacerdotale al servizio del
popolo di Dio. Sulla figura di Cristo, sovrano prete eterno, il prete diocesano
è consacrato per annunciare il vangelo, per essere il pastore del popolo di Dio
e per celebrare la liturgia (soprattutto offrendo il sacrificio eucaristico del
Signore). Potremmo definirlo come il servitore disinteressato di Dio e del
vangelo attraverso la parola e la testimonianza della santità sacerdotale per
la salute delle anime (cominciando dalla sua).
In virtù del sacramento
dell'ordine, ogni sacerdote è chiamato a partecipare alla preoccupazione dei
vescovo, di cui è il collaboratore, per la missione: " Il dono spirituale
che i sacerdoti hanno ricevuto all'ordinazione li prepara, non ad una missione
di salvezza limitata e ristretta, ma ad una missione di salvezza di ampiezza
universale, "fino alle estremità della terra"; in effetti qualsiasi
ministero sacerdotale partecipa delle dimensioni universali della missione che
Cristo ha affidato agli apostoli" (cf PO 10, AG 39; RM 67).
Il sacerdote viene associato
allo Spirito Santo (protagonista della missione) per diventare responsabile e
agente principale della pastorale missionaria. Essa ha bisogno di un
"cuore e di una mentalità missionaria ". Questo esige che i preti
siano aperti ai bisogni della Chiesa mondiale, attenti verso i più lontani e
soprattutto verso ì gruppi non cristiani del loro ambiente" (cf RM 67). La
pastorale missionaria comprende una duplice attività salvifica della Chiesa:
l'annuncio del vangelo e la " fondazione di nuove chiese presso i popoli e
gruppi di persone dove ancora non ce ne sono " (RM 34).
Il dinamismo missionario
interno che si sviluppa dalla carità pastorale e dall'evangelizzazione in
profondità dei fedeli, porta verso la missione ad gentes. Esiste una
interdipendenza fondamentale tra la missione ad intra (verso l'interno) e la
missione ad extra (verso l'esterno). Così " ... lo spirito missionario ad
intra è un segno sicuro e stimolante per lo spirito missionario ad extra e
reciprocamente" (RM 34). Ci sono dei mezzi che aiutano i pastori di anime
a realizzare la missione ad intra per suscitare nelle comunità cristiane il
dinamismo interno che porta verso la missione ad gentes (verso le genti).
Nel suo messaggio in
occasione della giornata mondiale delle missioni (11 giugno 1995), il papa
Giovanni Paolo II definisce ancora una volta la missione essenziale del
cristiano in generale e quella del prete in particolare. Si tratta di
annunciare Gesù Cristo con la parola e la vita. L'ordinazione sacerdotale
configura il prete a immagine di Cristo, capo e sposo della Chiesa. Questa fonte
interiore lo fa agire in nome di Cristo e come sacramento del Cristo. Così,
egli deve cercare di rispondere, attraverso il suo ministero, in maniera
conseguente alla missione profetica della Chiesa. Quest'ultima si manifesta
attraverso la carità pastorale che lo spinge a dare la sua vita per le sue
pecorelle (la comunità cristiana che gli è affidata). E’ quindi chiamato a
servire i suoi fratelli e sorelle, senza eccezione, amandoli dell'amore stesso
di Cristo.
Ciò è possibile solamente se
il sacerdote compie il suo compito pastorale nello spirito di Cristo, inviato
dal Padre celeste. Per fare ciò, gli viene chiesto di prestare attenzione
all'azione dello Spirito Santo nel ministero della parola, dei sacramenti,
della preghiera, dell'accoglienza, dell'ascolto, delle visite, ecc. Particolare
importanza deve essere accordata alla celebrazione eucaristica, fonte,
fondamento e sommità della spiritualità sacerdotale missionaria. Il sacerdote
vi porta la preoccupazione di tutta la Chiesa per l'intera umanità.
La fonte della missione è
trinitaria. Ma questa realtà non nega il dono dello Spirito Santo che si chiama
il ministero dell'autorità nella Chiesa (vescovo, sacerdote, diacono). Si
tratta di un servizio specifico che porta alcuni uomini scelti a vivere la missione
come un atto della loro fede. Così essi accettano di fare della loro vita una
comunione intima con l'essere e l'agire di Cristo. Nelle gioie, nelle pene o
nelle sconfitte, essi si sforzano di confidare nella missione stessa (opera
dello Spirito Santo) e di avere una volontà tenace di condurre l'attività
missionaria come lo stesso Cristo l'ha vissuta. Questo sottintende che oggi la
priorità assoluta o la preoccupazione centrale di ogni sacerdote nella
pastorale parrocchiale è la preoccupazione per l’animazione e la cooperazione
missionaria. Come ha detto il cardinale Josef Tomko in occasione della
presentazione della Redemptoris missio alla stampa, i sacerdoti (secolari e
religiosi) devono essere gli agenti principali della "rivoluzione
missionaria della Chiesa".
I loro compiti essenziali
non si limitano ad amministrare i sacramenti, all’istruzione cristiana e alla
buona testimonianza della vita consacrata. Essi includono anche l'informazione
e la formazione missionaria dei popolo di Dio. Viene loro chiesto di aiutare
tutti i battezzati ad acquistare lo spirito missionario e ad aprire la loro
vita spirituale, culturale e sociale su dimensioni universali. Questa
animazione missionaria viene facilitata dalle associazioni o movimenti d'azione
cattolica e dai gruppi (soprattutto i giovani). Esso suscita e promuove non
solamente le vocazioni missionarie "ad gentes", ma anche una buona
cooperazione all’evangelizzazione (cf RM 83).
Il prete vi comunica (vi
mette dentro) prima di tutto una vita, o meglio una esperienza di vita. E’ la
sua esperienza vitale di Dio e il suo amore appassionato verso Gesù Cristo
(vero Dio e vero uomo, unico mediatore, redentore, signore e maestro). Ma se
lui stesso non vive di Cristo, come può comunicarlo agli altri uomini? Da qui
la chiamata alla santità per una buona realizzazione della missione." Ogni
missionario non è missionario se non si impegna nella via della santità ... lo
slancio rinnovato verso la missione ad gentes richiede missionari santi. Non è
sufficiente rinnovare i metodi pastorali, e nemmeno organizzare meglio,
coordinare meglio le forze della Chiesa, nemmeno esplorare con più acume ì
fondamenti biblici e teologici della fede: bisogna suscitare un nuovo slancio
di fede nei missionari e in tutta la comunità cristiana, in particolare in
coloro che sono i collaboratori più prossimi dei missionari" (cf RM 90).
Il sacerdote, per essere veramente missionario, deve sforzarsi di essere santo.
Deve diventare "un contemplativo in azione" che prende (attinge) la
forza del suo agire nella parola divina e nella preghiera individuale e
comunitaria. In effetti, egli evangelizza molto di più con la sua vita, con i
fatti, in breve, più attraverso la sua testimonianza che non con le teorie.
Come disse il papa Giovanni Paolo II, "l'uomo contemporaneo crede di più
ai testimoni che ai maestri ". Effettivamente, la teoria può convincere
solo intellettualmente; invece la testimonianza di Cristo tocca il cuore
dell'uomo, suscita le sue emozioni e lo stimola alla conversione. Di
conseguenza, per compiere bene la sua missione, ogni sacerdote deve far vedere
che non è altro che il testimone dell'unico maestro: Gesù Cristo, che tutta
l'umanità è chiamata a riconoscere come Signore.
Noi possiamo affermare che
la qualità della vita e del ministero del sacerdote ai fini di una missione
fruttuosa è anche in rapporto alla sua testimonianza del radicalismo delle
esigenze e dei consigli evangelici. E’ uno stile di vita conseguente
nell'ambiente dove viene esercitato il ministero sacerdotale. Questo si manifesta
attraverso una vita segnata dall'obbedienza apostolica, la povertà evangelica,
la castità nel celibato consacrato e l'unità sacerdotale attorno al vescovo
diocesano " con Pietro e sotto di Pietro ". L'unità sacerdotale
determina in parte la qualità del ministero del presbiterio e la buona
realizzazione (riuscita) della missione. Pastores dabo vobis (17) sottolinea in
effetti che " ogni sacerdote, sia religioso che diocesano, in funzione del
sacramento dell'ordine, è unito agli altri membri del presbiterio, con dei
particolari legami di carità apostolica, di ministero e di fraternità ".
Il direttorio per il ministero della vita dei preti afferma inoltre che ogni
prete di una diocesi è caratterizzato dalla fraternità sacerdotale e
dall'appartenenza a un presbiterio. L'ordinazione e l'incardinazione integrano
qui il prete, che non potrà avere un'esistenza isolata. Tutti i sacerdoti sono
partecipi nella stessa maniera del ministero e non possono realizzare
efficacemente la missione se non all'interno del presbiterio costituito dai
confratelli. Questo corrisponde alla volontà del Signore, che non ha inviato i
suoi apostoli isolatamente in missione, ma invece due a due (Mc 6,7). Si
comprende perché il corpo presbiterale sia necessario per tutti i sacerdoti che
operano per la missione comune (LG 28), in una diocesi, luogo di santificazione
e di evangelizzazione. L'ordine dei presbiteri di una diocesi integra con un
sano pluralismo, che arricchisce di spiritualità e di carismi sacerdotali.
Tutto ciò ispira i sacerdoti a lavorare in unità di vedute, di cuori e
d'azione, animati dallo stesso amore di Cristo, nella stessa fedeltà alla
stessa dottrina evangelica di cui la Chiesa è depositaria.
La carità pastorale in
favore dei confratelli e dei fedeli non può far dimenticare l'esigenza
missionaria del dialogo o dell'evangelizzazione con gli
"scristianizzati", i non cattolici, o i non cristiani presenti nel
loro ambiente di vita (dialogo ecumenico, dialogo con i musulmani e credenti di
altre religioni tradizionali).
D’altra parte, è vero che
l'incardinazione obbliga moralmente o giuridicamente all'appartenenza o alla
dedizione dei prete a una Chiesa particolare (cf PDV 31 e 74); essa sviluppa la
coscienza d'essere membro della Chiesa particolare; ma l'insistenza sul valore spirituale
dell'incardinazione l'appartenenza alla Chiesa particolare non potrà far
dimenticare che il prete, in quanto pastore, non è consacrato solamente per una
diocesi. Egli è per la salvezza del mondo intero (AG 38).Per questo, egli deve
essere disponibile per la missione ad gentes al di là delle frontiere, dei
limiti della diocesi e dello stesso paese. La missione ad gentes rende
manifesta la logica del dono e della gratuità della Chiesa. Essa aiuta chi è
nel bisogno spirituale o materiale. Essa esprime la crescita verso la maturità
della fede. Si va al di là della tentazione di ripiegarsi su se stessi per
aprire il proprio spirito e il proprio cuore non solamente agli orizzonti
infiniti della missione, ma anche alle dimensioni ecclesiali essenziali qui
sotto elencate:
a) La comunione che deve
sussistere fra le diverse chiese particolari esige lo scambio di doni, e
specialmente di doni viventi e personali, cioè i preti. L'esempio che conferma
la regola è oggi l'esperienza dei preti fidei donum (dono della fede). "
... Essi forniscono un apporto prezioso alla crescita delle comunità ecclesiali
nel bisogno, e, da parte loro, essi ricevono da queste la freschezza e la
vitalità della loro fede" (RM 68). Questa esperienza esige fra l'altro:
- maturità nella vocazione;
- capacità coraggiosa di
staccarsi dalla patria, dall'etnia, dalla tribù, dal clan e dalla famiglia;
- notevole attitudine a
integrarsi nel nuovo ambiente ecclesiale che lo accoglie e in altre culture,
con intelligenza e rispetto, segno di uno spirito di servizio missionario
aperto e fraterno.
b) L'uso razionale degli
strumenti classici d'animazione missionaria (Direzione nazionale delle
pontificie opere missionarie, istituti missionari, gruppi missionari di
giovani, riviste ed esposizioni missionarie, pubblicazioni, documentari e film
missionari, campi vocazionali, ecc.) e delle forme classiche di cooperazione
con le missioni: preghiere , sacrifici per le missioni e vocazioni; offerte,
gemellaggi; adozioni a distanza, ecc.
c) " ... Le
associazioni sacerdotali interdiocesane, le società clericali di vita
apostolica, gli istituti secolari di sacerdoti, come anche le congregazioni di
religiosi-sacerdoti i cui carismi specifici e ministeri qualificati assicurano
un beneficio innegabile alla missione della Chiesa" (PDV 31). Questo ci
porta a cercare di scoprire il posto specifico del religioso-sacerdote nella
missione della Chiesa.
Il
religioso -sacerdote e la missione
Lo stato religioso è un modo
di vita organizzato in vista della santità. La vita religiosa non fa parte
della struttura gerarchica della Chiesa, ma appartiene fermamente alla sua vita
e alla sua santità. Elemento essenziale della santità della Chiesa, essa è
caratterizzata dalla professione dei consigli evangelici. In virtù del loro
distacco, di una consacrazione totale in una vita di castità, povertà e
obbedienza, i religiosi realizzano un apostolato fecondo, generoso e creatore.
" L'apostolato di ogni
religioso consiste in primo luogo nella testimonianza della propria vita
consacrata, che essi sono tenuti a portare avanti con la preghiera e la
penitenza" (can. 673). La vita religiosa, in quanto scuola di santità, ha
in se stessa una importanza missionaria innegabile, se si accetta che i santi
sono gli attori più efficaci dell'evangelizzazione, come da poco ha ricordato
il papa Giovanni Paolo II nella sua Ecclesia in Africa (VII).
Così la dimensione
missionaria della vita religiosa non potrebbe fare a meno di una pastorale
della santità (l'esperienza personale e intima del Cristo attraverso la vita di
preghiera e di carità evangelica). La missione principale del sacerdote
religioso deve consistere nella testimonianza della sua vita consacrata. Il
sinodo dei vescovi sulla vita consacrata (ottobre 1994) afferma che esiste una
interdipendenza fondamentale fra la consacrazione e la missione.
"La persona consacrata
riceve questa grazia d'unità con la quale la consacrazione e la missione non
sono due momenti giustapposti; essi infatti si integrano scambievolmente in
profondità. Il membro di vita consacrata riceve la consacrazione per la
missione della Chiesa seguendo il carisma di un particolare Istituto"
(Messaggio, 4). Al di là della diversità dei carismi, c'è anche il fatto della
diversità degli statuti giuridici o canonici. Come sottolinea lo stesso sinodo,
i membri degli istituti contemplativi devono organizzare la loro vita e la loro
missione dando la priorità assoluta al mistero del Cristo che prega. La loro
missione specifica è quella di far conoscere nella Chiesa la dimensione del
Cristo orante (p. 6). Si tratta di una vita di adorazione e di intercessione
per il mondo. Con " la preghiera e il sacrificio si accompagnano le opere
apostoliche dei fratelli" e delle sorelle (6). Qui viene sottolineato il
servizio efficace della preghiera per la Chiesa e per le anime.
I membri degli istituti di
vita apostolica non potrebbero fare un apostolato attivo fuori dalla gerarchia.
"Per ciò che riguarda la cura delle anime, l'esercizio pubblico del culto
divino e le altre opere di apostolato, ì religiosi sono sottoposti al potere
dei vescovi ai quali essi devono testimoniare rispetto devoto e riverenza"
(cari. 678, 1). Ma lo statuto giuridico dei religiosi (autonomia di vita)
protegge la loro specificità e li aiuta a rispondere non solamente ai bisogni di
singole chiese particolari, ma anche a quelli della Chiesa universale. Questo è
un punto di vantaggio che li mette spesso "negli avamposti della
missione" (EN 69). Questo si manifesta tanto più vero in quanto la loro
vocazione "è il paradigma dell'impegno missionario della Chiesa, che ha
bisogno sempre che alcuni si donino radicalmente e totalmente, che ha sempre
bisogno di slanci nuovi e audaci" (RM 66).Questo impulso missionario
inerente alla vocazione religiosa deve trovare il suo posto nell'impegno di
evangelizzazione in profondità delle chiese diocesane. Da qui la necessità di
creare delle relazioni sane fra religiosi-preti e preti diocesani da una parte
e dall'altra, fra progetti delle diocesi e carismi degli istituti.
Infine i religiosi-preti
come il prete diocesano, in breve il pastore di anime, devono fuggire il
pericolo di un attivismo coinvolgente nella missione evangelizzatrice. Lo
slancio o zelo missionario trova la sua fonte e le sue forze nella preghiera e
nell'unione intima con Dio. Bisogna arrivare a trovare una sintesi vitale fra
la consacrazione e la missione. Questa dinamica si alimenta e si rafforza
nell'ascolto della parola di Dio, la preghiera personale (l’officio divino,
ecc.) e soprattutto il sacrificio eucaristico (fonte e fondamento della
spiritualità sacerdotale).Così ogni pastore è chiamato a imitare Gesù Cristo,
modello supremo di vita pastorale. Nostro Signore e maestro, anche nei periodi
più intensi del suo ministero, riservava se dei momenti privilegiati al dialogo
esclusivo con il Padre, nella solitudine della preghiera (Me 1,35; Le 5,16;
6,12). L'assiduità nella preghiera permette di esercitare il proprio apostolato
in profonda comunione col Cristo salvatore. E come viene sottolineato dal
sinodo dei vescovi sulla vita consacrata, "la preghiera è una delle
espressioni più belle di spiritualità della comunione fraterna con tutti i
membri del Popolo di Dio" (p. 28).
Non ci resta che vedere come
si può sviluppare la spiritualità sacerdotale missionaria nei nostri seminari e
nelle altre case di formazione sacerdotale.
L'educazione
allo spirito missionario dei candidati al sacerdozio
Per ciascun prete, la
spiritualità missionaria si sviluppa a partire dal seminario o da qualsiasi
altra istituzione di formazione sacerdotale. In Camerun abbiamo sottolineato
nella Ratio nationalis che il seminario deve formare degli uomini che abbiano
una sensibilità pastorale apostolica e missionaria (uomini del loro popolo,
discepoli di Gesù Cristo e veri pastori di tutti a immagine di Cristo). Si
tratta di iniziare i futuri preti allo spirito apostolico e missionario. Alcuni
mezzi possono aiutare nel raggiungimento di questo obiettivo fondamentale della
formazione sacerdotale:
a) la preghiera che sostiene
i bisogni del mondo;
b) le conferenze spirituali
basate sull'ermeneutica degli avvenimenti del mondo e degli spazi missionari;
c) l'insegnamento della
spiritualità missionaria e della missiologia;
d) l'iniziazione pastorale
missionaria (legame fra la teologia e la pastorale; stages; animazione
missionaria);
e) l'insegnamento della
dottrina sociale della Chiesa;
f) gli incontri con i
sacerdoti, veri apostoli e missionari;
g) incontri frequenti con i
propri vescovi o con gli incaricati delle vocazioni che parlino loro delle
orientazioni pastorali delle diocesi, ecc.
Conclusioni
Anche se solo alcuni
sacerdoti sono preparati per la missione ad gentes, tutti però " devono
avere un cuore e una mentalità missionaria, essere aperti ai bisogni della
Chiesa e del mondo, attenti verso i più lontani e soprattutto verso i gruppi
non cristiani del loro ambiente" (RM 67).
Nel suo messaggio in
occasione della giornata mondiale delle missioni (11 giugno 1995), il papa
Giovanni Paolo II afferma che: " dono del Padre all'umanità e
prolungamento della missione del Figlio, la Chiesa sa di esistere per portare
fino alle estremità della terra l’annuncio gioioso del Vangelo, finché durerà
il mondo " (cf Mt 28,19-20). La Chiesa è essenzialmente missionaria, e
nessuno è padrone della missione. La missione quindi non può essere un'impresa
privata di un prete; quest'ultimo però ne è l'animatore e agente principale.
Per il sacerdote, la missione è un movimento che lo porta verso l'altro come
suo servo, per e a seguito di Cristo. Di conseguenza, deve lasciare che la sua
personalità sia modellata progressivamente dallo spirito di Cristo e dal
vangelo di cui è portatore. Diventa con Cristo il servo sofferente che è "
venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per il
riscatto di tutti " (Mc 10,45), perché gli uomini abbiano la vita e
l'abbiano con abbondanza (Gv 10,10). E’ per questo che l'avvertimento
dell'apostolo deve riecheggiare perpetuamente in ogni sacerdote: "Sono
maledetto se non annuncio il Vangelo" (1Cor 9,16) a tutti e per tutta la
vita (ad gentes et ad vitam).